Notiziario del Mosca Club Treviso 4° Trimestre 2017

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Notiziario del MOSCA CLUB TREVISO

Anno di fondazione 1971

4° TRIMESTRE 2017

ANNO 43 N° 160

Mosca Club Treviso c/o Circolo Sportivo “La Gemma”, via Marie, 1 - 31030 Dosson (TV) tel. 0422490294 Direttore responsabile: Rizzo Sebastiano Registrazione al Tribunale di Treviso n° 55 del 01/03/2007 Presidente: Fabio Calore, via Alleghe, 2 - 30175 Marghera (VE) tel. 335 6245002 H.U. Segretario: Nicola Sacchetto 3403608828 Sito internet: www.moscaclubtreviso.it

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IL PUNTO (a cura del Presidente)

BUON ANNO A TUTTI

Vorrei segnalarvi per questo primo trimestre due importanti appuntamenti: il 4 marzo la giornata di apertura a Ponte della Priula, e vedremo cosa ci preparerà il nostro cambusiere Michele Golfetto; il 9 marzo l’assemblea ordinaria al club; appunto due importanti appuntamenti dove e’ auspicabile la presenza di tutti, o quasi ,i soci. Inoltre vi anticipo che la Regione Veneto ha approvato un nuovo bando per la presentazione di progetti anche per il 2018, ne parleremo in occasione dell’assemblea. Intanto cominciamo a pensare se aderire anche quest’anno presentando un progetto ed eventualmente su che argomento puntare si accettano quindi pareri e consigli. Altra cosa importante…….. ricordo che sono aperte le iscrizioni al club,come già detto in occasione della cena sociale, per una migliore gestione del club sarebbe utile poter contare sul rinnovo di tutti i soci entro fine marzo/aprile, cosi da poter pianificare per tempo tutte le nostre attivita’. Vi aspetto tutti i venerdì……..intanto buon anno nuovo a tutti Fabio Calore

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Il fronte del Piave

Da qualche tempo tra le pagine dei giornali trova spazio la questione dell’acqua nel fiume Piave, a parlare: Consorzio di Bonifica, le associazioni ambientaliste, il distretto delle Alpi Orientali, gli agricoltori unltimi ma non per ultimi i sindaci delle città rivierasche e non solo. Tutti parlano di deflusso minimo vitale, deflusso ecologico, direttive, posti di lavoro e agricoltura. Insomma attorno all’acqua e all’acqua del Piave in particolare si sta disputando una vera e propria battaglia a 100 anni da quella della prima Guerra Mondiale. Ma questa sovrabbondanza d’interesse mediatico rischia di colpire unicamente la pancia della popolazione, che rimane impressionata dai titoli (spesso fuorvianti) sui giornali, dai servizi in Tv, il tutto amplificato dal chiacchericcio sui social ma la sostanza della questione rimane sepolta. Lo avevamo già scritto su queste pagine in occasione delle ripetute asciutte cui è stato costretto il fiume Sacro alla Patria attorno al Piave si sta giocando il futuro delle acque del bellunese trevigiano e veneziano. Incominciamo con il proporre una serie di articoli sulle acque del Piave, non mancheremo di dire anche la nostra per cercare di far chiarezza sui temi esposti perché a volte i fatti e le citazioni non sono, così come le agenzie di stampa riportano. Iniziamo con un articolo dello scorso anno tratto da La Nuova di Venezia di Mercoledì 28 giugno 2017 (pagine 10 e 11)

Le centrali bancomat che si bevono il Piave

Tre tronconi, per tre racconti diversi ma uniti da un solo filo: il fiume malato. Come tutti i fiumi che soffrono la mancanza d’acqua, l’incuria, il disinteresse pubblico e l’interesse privato. Il Piave, dalla sorgente alla foce, ha malattie diverse. A nord il prelievo della sua ricchezza per lo sfruttamento delle centraline. Nel medio Piave le escavazioni e in generale l’insediamento agricolo poco rispettoso dell’equilibrio biologico. A sud, gli effetti del mare che risale con il cuneo salino e il fenomeno delle alghe. In questa prima puntata, nella discesa dal Peralba al Montello, fino a Ponte del1a Priula. raccontiamo come lo sfruttamento delle centraline idroelettriche, che gli ambientalisti non esitano a definire macchine-bancomat per chi le possiede, stia trasformando il fiume e il flusso delle sue acque. (1. Continua)

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di Toni Frigo - TREVISO Ci pensa ogni tanto Giove Pluvio a dare l’impressìone che la Piave (così si chiamano i fiumi-madre: al femminile) sia fatta d’acqua. In effetti l’enciclopedia Treccani dice che si tratta di un fiume, il quinto d’Italia, la cui “portata è soggetta a forti variazioni; si hanno infatti magre invernali, seguite da piene primaverili-estive che si esauriscono in agosto-settembre, per riprendere poi col periodo delle piogge autunnalì”. Sarebbe vero se le piene primaveriliestive non avessero lasciato posto a secche memorabili, l’ultima terminata due giorni fa. La Piave nasce dal monte Peralba, al confine tra Bellunese e Austria. E di là del confine il Peralba si chiama Hockweissstein, ovvero Pietra Accucciata sull ‘Acqua, ma meglio sarebbe un’aggiunta riferita al prezioso liquido: “quando c’è ... “. La Piave viaggia, più o meno visibile, per 220 chilometri e vanta un bacino di 4 mila 100 chilometri quadrati, sbuca a Cortellazzo e da qualche anno è irriconoscibile, lo pensano un sacco di associazioni di tutela e di comitati locali che si stanno battendo conto i motivi che stanno riducendo il fiume sacro alla Patria a una distesa di sassi sacra ... nemmeno a chi lo priva dell’ elemento indispensabile per essere chiamato fiume. Tanto sta a cuore agli ambientalisti, che il circolo trevigiano di Legambiente si fregia, come secondo nome, di un tonante “Piavenire”, lo presiede Fausto Pozzobon che, in questa prima puntata di un viaggio che abbiamo deciso di compiere lungo il celebrato confine tra Italia e Austria -Ungheria, ci aiuta a riassumere le malattie della Piave semplificando così: <<A Nord ci pensano le centraline idroelettriche, vere e proprie macchinette stampa soldi per chi le pensa, le progetta e le posiziona o ne detiene i “diritti”. Poi ci sono i consorzi di bonifica e l’agricoltura, cui importa poco o nulla dell’ equilibrio biologico e faunistico del fiume, a vantaggio dei ricavi derivati da coltivazioni di pregio ma anche di basso profilo. La parte bassa del fiume, non godendo della spinta verso il basso della falda, è in balia di un mare che risale con le sue acque fino a impossessarsi ddel territorio, dettando perfino le colture: le uniche che sopportano l ‘acqua salsa, ovvero mais e soja. Danni, naturalmente, anche per la popolazione ittica, ridotta di varietà e indebolita nelle caratteristiche». Parliamo dunque delle tre Piave. Partendo da quella più alta e quindi, in teoria, più incontaminata grazie alla fitta rete fli afferenti i cui nomi sono Boite, Ansiei, Maè e Cordevole. La verità è che la prima penuria d’acqua è dovuta innanzitutto alle allora “necessarie” - e quindi già digerite - grandi centrali e oggi a una infinita rete di mini-centraline idroelettriche che fagocitano una parte del fiume e la trasformano in corrente “privata” e quindi appetitissima sul libero mercato. «Il tutto travestito da operazione meritoria e benedetto da un ipocrita finanziamento pubblico, perché l’acqua dei fiumi è una fonte pulita e rinnovabile di energia». Per avere smentita di questa giustificazione basta scorrere, passo passo, un cahier de doleance voluto dalle associazioni Acqua Bene Comune, Wwf Terre del Piave Belluno e Treviso, Italia Nostra sezione di Belluno e Comitato Per altre strade Dolomiti che s’intitola significativamente “Centraline, come distruggere l’ambiente per mettere le mani sul pubblico denaro”. Il pubblico denaro è rappresentato dagli incentivi. Incentivi che non trovano riscontro nella convenienza, tant’è vero che (dati 2004) i 2034 mini-impianti idroelettrici in Italia producono appena 0,19, Mtep rispetto a un consumo finale lordo di 118,6 Mtep e un consumo finale di energia elettrica di 26,80. «Incentivi che arrivano velocemente nelle mani di chi avvia l’apertura delle centraline. Il meccanismo è tale per cui non occorre nemmeno arrivare in fondo: dal progetto ai permessi, tutto regala valore a queste piccole e redditizie “imprese” che, non a caso,hanno tra i loro titolari tycoon dell’edilizia e consorzi pubblici, gruppi bancari e altri potenti economici - svela Lucia Ruffato, ex presidente di Piave Bene Comune, che di mestiere fa l’infermiera, ma ama anche occuparsi della salute della sua “fìuma-mamma” e aggiunge - Non a caso noi le chiamiamo centraline-bancomat: a seconda del grado di avanzamento del progetto, crescono di valore in modo esponenziale>>. In genere queste piccole centraline arrivano buone ultime quando sui fiumi afferenti del Piave sono già piazzate le sorelle maggiori e, magari, resta libero il tratto iniziale, più bello a vedersi e più certo e puro nelle acque, nella presenza di animali e di flora e quindi più a rischio di contaminazione o cancellazione. Queste, che tecnicamente si chiamano “derivazioni”, consistono in un invaso, una conduttura e una turbina. Oppure è la conduttura stessa, che all’interno nasconde una struttura elicoidale che gira su se stessa e produce energia, a fare la parte “produttiva”». Lucia e i suoi amici, non si lasciano però trarre in inganno da questa missione ecologica. E snocciolano i nomi e i numeri: Cismon, 100%; Ansiei, 82%; Maé, 84%; Boite, 62%; Cordevole, 91%; Biois, 100%; Pettorina, oltre il 100%. I nomi sono quelli di corsi d’acqua del Bellunese, e fanno parte del bacino del Piave, ne costituiscono insomma le acque al di là della sorgente. I secondi rappresentano un “indice di sfruttamento”; dettagliano, insomma, in che misura la loro portata verrebbe intaccata se venissero realizzate tutte le nuove centrali idroelettriche per le quali è stata richiesta l’autorizzazione. «Sono 220 i corsi d’acqua censiti in Provincia,e ben 198 sono già ‘derivati’ - spiega l’infermiera-ecologista di Forni di Zoldo -. Dal 2004 ad oggi sono state presentate ben 200 domande per il rilascio di nuove concessioni -aggiunge-: questo non significa che verranno realizzati duecento impianti idroelettrici. Sul Boìte, ad esempio, ci sono ben dieci progetti in concorrenza, e la situazione è (continua a pag. 4 )

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fuori controllo. Sono comunque 105 le centraline che potrebbero essere autorizzate>>. Sua la “mappa del rischio idroelettrico” che si può scaricare dal sito www.acquabenecomnebelluno.it/idroelettrico (<<Di fronte alla nostra richiesta, la Regione Veneto ha risposto che non poteva elaborare i dati così la mappa l’abbiamo costruita da soli>> aggiunge in modo significativo; in quanto presidente del Comitato è sua anche la firma in calce alla “Denuncia alla Commissione delle Comunità europee” nei confronti dello stato italiano della Regione Veneto, della Provincia di Belluno e dell’Autorità di Bacino dei fiumi dell’alto Adriatico inoltrata a Bruxelles nel giugno del 2013 per contestare la violazione di una serie di direttive, tra cui la 2000/60, la “Direttiva quadro acque”, la 2011/92, relativa alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti, e la 92/43, quella sulla conservazione degli habitat naturali. «Le nuove norme sono sempre fatte a concessioni rilasciate e quindi risultano coprire le spalle ai soliti noti che hanno aperto la strada e non vogliono concorrenza». Tutto questo riguarda anche la Marca? «E come no - sono molti coloro che, nei fiumi e nei canali irrigui di pianura, stanno tentando la speculazione delle centraline-bancomat. Lo fanno anche i consorzi irrigui, tanto per essere chiari. La notizia di una centralina (con cementificazione relativa) nella periferia Nord di Treviso è stata scritta da poco, mentre altri mini impianti, ad esempio sul Meschio, sono noti da tempo. Quelle acque “flebili” con cui facciamo i conti d’estate, potrebbero venire usate ulteriormente e disperse nell’aria e nel terreno, anche se l’assessore regionale Bottacin ci tiene a sottolineare che l’acqua non “può essere mangiata” e quindi - a suo giudizio - rimane in circolazione. Di certo non si vede, sennò i torrenti sarebbero rigogliosi’e traboccanti e la Piave non avrebbe il problema della difesa del “minimo flusso vitale”, che poi è il quantitativo medio d’acqua (in transitò al secondo) necessario per tenere in vita il fiume e il suo habitat. Il risultato è un fiume depauperato, rappresentato visivamente, sempre più spesso, da dune di sassi, ghiaia e sabbia, con poche concessioni al verde e all’ azzurro. Siamo scesi fino al Montello e fino al Ponte della Priula. Qui comincia un’altra storia. La seconda Piave, insomma. Dal Gazzettino 30 novembre 2017

Acqua al Piave, agricoltura a secco

Una direttiva europea intima di lasciare al Fiume una portata che assicuri la vita dell’ecosistema. Ma il consorzio di Bonifica avverte: se limitano i prelievi per l’irrigazione a rischio 10mila posti. Nel letto del Piave deve rimanere più acqua. Molta di Più. Lo chiede l’Europa. La quota del flusso minimo

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da garantire all’interno del fiume va alzata. In altre parole: bisogna dare una stretta ai rubinetti di prelievi e derivazioni. Una forte stretta. E il consorzio di bonifica lancia l’allarme: c’è il rischio che l’acqua prelevabile non basti più nemmeno per irrigare i campi, che potrebbero ritrovarsi a secco addirittura per tre mesi all’anno. << Le conseguenze sul Pil del settore primario dell’area, che vale 1,5 miliardi, sono facilmente immaginabili – avvertono dal consorzio Piave – stesso discorso per l’occupazione con 10mila posti di lavoro a rischio>>. Con le nuove regole anche i canali delle città potrebbero rimanere a secco: quelli di Treviso, Conegliano, Oderzo, il fossato attorno alle mura di Castelfaranco e il fiume Monticano. Per non parlare dei rischi legati al mancato collegamento tra gli scarichi e i depuratori LA DIRETTIVA Nello specifico la direttiva quadro sulle acque prevede che nel Piave non venga garantito solo il deflusso minimo vitale, cioè la quota di acqua indispensabile a non far morire il fiume, come accade oggi, ma un deflusso ecologico, cioè una quota sufficiente per preservare i processi biologici e l’ecosistema lungo tutto il corso del fiume. La nuova quota deve essere definita entro dicembre. Le proposte sul tappeto prevedono di lasciare nel Piave il doppio o anche il triplo dell’acqua garantita oggi. A Nervesa, per esempio, la portata potrebbe passare da 10,3 metri cubi al secondo a oltre 30 metri cubi al secondo. E per arrivare a questa soglia i rubinetti dei prelievi dovrebbero subire una grossa stretta. Dalle stime fatte dal consorzio, applicando il deflusso ecologico all’anno scorso emerge che nel periodo invernale, tra il 16 settembre e il 31 dicembre non si sarebbe riusciti a derivare nemmeno le portate minime per 89 giorni dalla traversa di Nervesa e per 84 giorni da quella di Fener (su un totale di 243 giorni). Sarebbe andata anche peggio d’estate. Dal 15 maggio al 15 settembre, periodo fondamentale per l’agricoltura, non sarebbe stato possibile prelevare l’acqua necessaria per irrigare i campi per 80 giorni da Nervesa e per 68 giorni da Fener. (su di un totale di 122 giorni). GRADUALITÀ <<In quest’ultimo mese abbiamo condiviso con i sindaci, Provincia, associazioni, Parco Sile e altre categorie produttive una proposta finalizzata a salvare il Piave e a tutelare il terriotrio da possibili impatti devastanti – spiega Giuseppe Romano, presidente del consorzio di bonifica – a cominciare dal cambio del sistema di irrigazione in 30mila ettari di terreno. Passando dall’irrigazione a scorrimento al pluvirriguo (sistema a pressione ndr) si ridurrebbe il relievo dal Piave di circa 15 metri cubi al secondo e si garantirebbe l’economia agricola di produzione di prodotti di pregio e tradizionali>>. L’intervento vale corfca 300 milioni. Allo stesso tempo il consorzio chiede che le cave esaurite della Marca vengano per legge trasformate in bacini di invaso per l’accumulo dell’acqua. E sopratutto che il passaggio dalla quota del deflusso minimo vitale a quello ecologico avvenga dopo una attenta fase di sperimentazione e in forma graduale, seguendo l’andamento dei finanziamenti per la trasformazione dei sistemi di irrigazione. Ammesso che vengano Trovati. Mauro Favaro.

<< Non penalizzare i terreni>>.

TREVISO <<E’ importante garantire il deflusso vitale al Piave. Ma è fondamentale che ciò non vada a discapito delle funzioni irrigue>>. Stefano Marcon, presidente della Provincia, indica la via: sostanzialmente bisogna trovare un nuovo equilibrio: da una parte si deve fare in modo che il livello del Piave non scenda mai troppo e dall’altra bisogna ottimizzare gli attuali sistemi di irrigazione dei campi. Se la nuova quota deve essere troppo elevata o sen non si riuscisse a modernizzare gli impianti a breve, allora l’agricoltura della Marca rischierebbe di trovarsi boccheggiante. La provincia ha già espresso tutta la sua preoccupazioni in merito. Nel cosnglio di martedì ha condiviso formalmente tutte le richieste avanzate dala consorzio di bonifica Piave. L’ordine del giorno presentato

Stampato con il contributo della Regione Veneto Contributi a favore delle Associazioni di pesca sportiva-amatoriale del Veneto per iniziative di valorizzazione, informazione e promozione del settore.

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da Marianella Tormena, sindaco di Crocetta del Montello e consigliere provinciale con delega all’Ambiente, è stato approvato all’unanimità. <<L’applicazione del deflusso ecologico potrebbe avere un impatto rilevante per le derivazioni – si legge nel documento – mettendo in dubbio la possibilità di soddisfare i fabbisogni irrigui del territorio>>. Dal Gazzettino 2 dicembre 2017

Allarme per la città << Troppa acqua nel Piave, Sile e canali a secco>>

I consorzi di bonifica e il Parco temono la direttiva europea e avvertono: ci sono conseguenze non solo per l’agricoltura.

La direttiva europea sui fiumi impone di lasciare più acqua nel letto del Piave e mette paura agli agricoltori, che hanno già lanciato l’allarme per le conseguenze negative sull’irrigazione dei campi, ed ora l’allarme si allarga anche al Sile, e alla città. I consorzio di bonifica avverte se si lascia troppa acqua nel Piave c’è il rischio si trovi con una portata dimezzata e che il reticolo di canali secondari a valle, in primis quelli che attraversano Treviso, finiscano in secca. E i canali senza acqua, vista la presenza di numerosi scarichi si trasformerebbero in fognature a cielo aperto. Il Parco del Sile ha timbrato una delibera urgente che verrà spedita in Regione per chiedere il rinvio delle scadenze imposte dalla direttiva europea sulle acque. La nuova quota di acqua da lasciare nel Piave deve essere decisa entro la fine di questo mese, per applicarla a partire dal 2021. Le proposte prevedono di lasciare nel fiume il doppio o anche il triplo dell’acqua garantita sino ad oggi. A Nervesa, per esempio, la portata potrebbe passare da 10.3 metri cubi al secondo a oltre 30 metri cubi al secondo. Ci vuole più tempo. <<C’è bisogno di più tempo -avverte Nicola Torresan, presidente del Parco del Sile – prima dell’applicazione della nuova quota riguardante il livello del Piave devono essere eseguiti studi precisi sugli effetti che ci sarebbero sul Sile e sul reticolo di canali >>. << C’è il problema dei canali che con molto meno acqua rispetto a oggi rischierebbero di trasformarsi in fognature a cielo aperto – aggiunge – ma non solo. Nel territorio protetto abbiamo molte zone umide. Farle andare in secca vorrebbe dire perderle. Per questo è fondamentale studiare gli impatti dal punto di vista ecologico sull’intero sistema idraulico.>> Una preoccupazione che il consorzio di bonifica condivide appieno. Perchè è un dato di fatto che le risorgive del sile si ricaricano grazie all’acqua del Piave. Più quella che arriva nel fiume che attraversa Treviso tramite i canali secondari. -Il 50% dell’acqua del Sile arriva da canali di derivazione – spiega Giuseppe Romano, presidente del consorzio di bonifica Piave – se questa parte venisse meno, cosa succederebbe a Treviso? - La stessa domanda vale anche per Conegliano, Oderzo e Castelfranco. Notiziario dei soci del Mosca Club Treviso


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L’irrigazione Ma non va dimenticata l’agricoltura. Se dovesse essere definito un nuovo livello del Piave troppo elevato, si ridurrebero i prelievi per irrigare i campi, con gravi conseguenze sul settore primario. Per Romano bisogna correre ai ripari rivedendo il sistema di irrigazione in 30 mila ettari di terreno: <<Passando dall’irrigazione a scorrimento al sistema a pressione si ridurrebbe il prelievo dal Piave di circa 15 metri cubi al secondo>>. Vorrebbe dire passare dalla portata attuale a Nervesa di 10,3 metri cubi al secondo a una portata di circa 25 metri cubi al secondo. Si sarebbe vicini alla souzione. L’intervento, però, costa circa 300 milioni di euro Che al momento non ci sono. “Lanciamo un appello anche al ministri dell’ambiente Gian Luca Galletti – conclude Romano – non si può dire di punto in bianco che l’acqua deve restare in Piave senza varare un programma di investimenti per fare in modo che questo sia realmente sostenibile”. Mauro Favaro. La tribuna di Treviso 7 dicembre 2017

<< Pianura a secco per salvare il Piave>>

Allarme del Consorzio di Bonifica: direttiva UE impone di raddoppiare la portata del fiume, campi e canali senza acqua. TREVISO. Salvare il Piave, o salvare i campi? In cinque anni, secondo l’indagine di Enel e Consorzio di Bonifica,

per la Marca rischia di profilarsi uno scenario apocalittico. Laghi alpini d’invaso a secco. Canalette vuote, colture in ginocchio, perdita di posti di lavoro. Portata del Sile dimezzata, Treviso da città d’acqua e città del fango. Il motivo? La direttiva 2000/60/CE, recepita dal governo a febbraio di quest’anno, impone di sostituire l’attuale “deflusso minimo vitale” del Piave (circa 10 metri cubi al secondo a Nervesa) con il “deflusso minimo ecologico”, pari a 20,3 metri cubi al secondo. Più del doppio. Acqua che, necessariamente, non sarebbe più deviate sulle colture. «La situazione è drammatica, rischiamo di dover dare al Piave l’acqua necessaria a tutte le altre funzioni socioambientali ed economiche» spiega Giuseppe Romano, presidente del Consorzio di Bonifica Piave. «Il governo ha recepito una direttiva europea con 17 anni di ritardo. Le analisi nostre e dell’Enel sono chiare. Raddoppiare l’acqua destinata al Piave comporterà una serie di problemi insostenibili. Il rischio di non riempire i laghi d’invaso raddoppierà, significa avere gli invasi vuoti in 5 anni su 11. In estate, in due giornate su tre non avremo l’acqua per il fabbisogno delle colture. In inverno, l’acqua sarebbe garantita soltanto un giorno su due. A Treviso arrivano tutti i giorni 6 metri cubi al secondo di acqua dal Piave, la “città dell’acqua” rischia di scomparire». Il problema principale sarebbe per le colture: il settore primario della Marca vale 1,5 miliardi di euro di Pil, e 10 mila posti di lavoro. Prosecco, radicchio, asparago: come se i “tesori” di Marca da qui al 2021 dovessero lentamente morire di sete, per salvare il grande fiume. L’impatto economico sarebbe devastante. Dalle colture il Consorzio di Bonifica propone di partire, per trovare una soluzione: «A Treviso ci sono 30 mila ettari che oggi sono irrigati a scorrimento, se riuscissimo a trasformare gli impianti in pluvirrigui, cioè a pioggia, potremmo risparmiare 15 metri cubi al secondo. Per la ristrutturazione degli impianti, tuttavia, servono 300 milioni di euro, soldi che non sono nel bilancio di alcun ente se si esclude lo Stato italiano». (continua a pag. 8)

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Romano ha proposto a sindaci ed enti, altrettanto preoccupati per le conseguenze che può avere la direttiva sul deflusso minimo ecologico, anche di destinare a grandi invasi d’acqua le cave dismesse o poco utilizzate. Il tempo stringe. Le simulazioni del Consorzio dicono che in inverno le derivazioni da Fener e Nervesa potrebbero ridursi o interrompersi del tutto per un certo numero di giorni. «Parliamoci chiaro: salvare il Piave e il suo ecosistema, pure tramite la riduzione dei prelievi, è una missione anche nostra» conclude Romano, «ma non si può farlo mettendo in ginocchio un intero sistema economico. Prima bisogna trovare delle alternative, e avere i contributi giusti per metterle in pratica». Tra gli enti sollecitati a cercare una soluzione al problema c’è la Provincia. Il presidente, Stefano Marcon, è sulla stessa linea di pensiero di Romano: «Il quadro che si prospetta è catastrofico. Le proposte del Consorzio ci trovano d’accordo: l’attuazione della direttiva europea va condizionata a un programma di conversione di 30 mila ettari di colture all’irrigazione pluvirrigua, al posto della più dispendiosa irrigazione a scorrimento. Quei 300 milioni necessari all’attuazione del progetto li deve mettere lo Stato. Un’annualità come questa, assai poco piovosa, potrebbe far restare a secco le nostre più importanti colture».

Tribuna di Treviso 8 dicembre 2017

Piave, la battaglia per l’acqua Gli agricoltori: «Aiuti subito»

Coldiretti e Confagricoltura lanciano l’allarme: 300 milioni per gli impianti a pioggia o sarà crisi Legambiente ribatte: «Oggi il fiume si svuota per alimentare le centraline idroelettriche private» I campi della pianura rischiano di restare a secco, perché una direttiva europea (la 2000/60/Ce) chiede di salvare il Piave raddoppiandone la portata entro il 2021, e gli agricoltori insorgono. Coldiretti e Confagricoltura sposano le tesi del Consorzio di Bonifica, chiedendo 300 milioni per impianti a pioggia che sostituiscano la vecchia irrigazione da canalette. Da affiancare, magari, a bacini d’invaso permanenti ricavati nelle ex cave. Ma anche Legambiente alza la voce: i canali di derivazione sono stracolmi anche in questo periodo in cui l’attività nei campi è ferma, per alimentare non i campi ma centraline idroelettriche private che spuntano come funghi. La battaglia sull’acqua è quindi entrata nel vivo con l’allarme del Consorzio di Bonifica Piave, che segnalava come il rispetto della direttiva europea comporterà un deflusso minimo ecologico del fiume di 20,3 metri cubi (a Nervesa), più del doppio rispetto agli attuali 10 metri cubi. «Significa compromettere tutta l’attività agricola, in questo siamo d’accordo con il Consorzio» spiega Walter Feltrin, presidente Coldiretti Treviso, «servono investimenti per trasformare gli impianti di irrigazione in pluvirrigui, ma serve anche una profonda ristrutturazione delle canalette, che sono obsolete e hanno perdite importanti». E anche da Confagricoltura, con il presidente provinciale e regionale Lodovico Giustiniani, arriva un grido d’allarme: «I livelli minimi richiesti per il Piave dalla direttiva saranno oltre il doppio di quelli attuali. Questo desta parecchia preoccupazione: se il fiume non avrà ricarica d’acqua grazie a pioggia o neve, scenario che negli ultimi anni è sempre più frequente, non potremo più fare prelievi per l’agricoltura. È difficile trovare altre equazioni: o aumenta la portata per cause naturali o calano i prelievi, il tema dell’acqua e del risparmio idrico diventeranno sempre più importanti. Ci sono forme di irrigazione con consumi molto più bassi, investiamo su quelle». In quanto a risparmio idrico, però, anche Legambiente vuole dire la sua, evidenziando come il Piave sia sfruttato, oggi, anche da attività diverse rispetto all’agricoltura: «I canali di derivazione sono stracolmi, ma il Piave è in secca, come mai?» chiede Fausto Pozzobon. «Perché ci sono gli impianti idroelettrici, in molti casi privati, a valle, che riforniscono soprattutto imprese, ma non solo» continua il referente per l’area del Piave di Legambiente, «il Consorzio non dovrebbe permetterlo, a costo di rinunciare alle concessioni. Negli ultimi due anni ne ho contate cinque di nuove lungo la Piavesella. Non ha senso che Enel e Consorzio di Bonifica lancino messaggi catastrofici, quando la portata del fiume potrebbe essere rimpinguata evitando di installare centraline ovunque». (continua a pag. 9)

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Legambiente - fermamente convinta della necessità di raddoppiare il deflusso minimo del Piave per salvarne l’ecosistema - è scettica sui calcoli fatti da Enel e Consorzio, secondo cui il rispetto della direttiva metterebbe in ginocchio l’agricoltura. «Non è giusto fare terrorismo» spiega Pozzobon, «il problema vero è un altro: in una situazione di questo tipo, con il cambiamento climatico in atto, non possiamo più permetterci colture ad altissimo consumo d’acqua come mais e soia. Apriamo un tavolo sul futuro dell’agrico ltura».(a.d.p.)

Tribuna di Treviso 5 dicembre

Piave a secco, è strage di piccoli pesci Allarme ecologico nella zona del ponte tra Nervesa e Susegana. All’origine le secche a monte per le centrali idroelettriche di Gino Zangrando

NERVESA. La riduzione dell’acqua del Piave che scende dalla montagna alla pianura, soprattutto nei fine settimana, provoca il prosciugamento delle pozze più piccole con la conseguente moria dei pesciolini. Il fenomeno è stato notato dai pescatori nella zona del ponte della Priula, tra Nervesa e Susegana, e nella zona vicino all’invaso idroelettrico di Nervesa. Immagini del disastro ecologico sono state pubblicate sul gruppo Facebook del “Pesca club Nervesa”, presieduto da Marco Casella. La situazione ambientale preoccupa Paolo Cescon, presidente della Fps (Federazione pescatori sportivi) La Piave che riunisce i pescatori di Nervesa, Ponte della Priula e Fontane di Falzè e gestisce la concessione ittico-sportiva dalla congiungente tra osteria “da Mario” via X Armata a Nervesa della Battaglia con il campanile di Fontigo fino a Ponte della Priula in corrispondenza del ponte della linea ferroviaria Venezia Udine. «La situazione è dannosa per l’ecosistema. Si riducono i pesci delle specie più piccole che vivono nelle buche prosciugate, con loro si riduce anche il novellame (i pesci ai primi stadi di sviluppo dopo la nascita, ndr) e ci sono problemi anche per i microrganismi», spiega Cescon. Non si sa il motivo della diminuzione della portata d’acqua nei fine settimana, ma la possibilità più accreditata (continua a pag. 10) Notiziario dei soci del Mosca Club Treviso


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è un trattenimento a monte delle risorse idriche per preservarle, visto lo scarso utilizzo dell’energia idroelettrica da parte delle industrie che sono chiuse in quei giorni. Cescon non vuole accusare nessuno e pone l’accento sulla scarsità dell’acqua. «Ci sono state purtroppo poche precipitazioni e durante l’inverno la pioggia in montagna sarà probabilmente neve e quindi non andrà a rimpinguare il Piave», continua il responsabile dell’ambito di pesca. «Vista la situazione ci sarebbero varie soluzioni come la costruzione di vasche d’espansione o un forte risparmio idrico in agricoltura passando all’irrigazione con i sistemi a goccia», conclude il presidente della Fps La Piave. A subire la morìa sono i piccoli pesci della famiglia dei ciprinidi come l’alborella, il cavedano e la sanguinerola che vivono anche in buche con pochi centimetri d’acqua. Queste pozze si prosciugano molto facilmente a causa delle asciutte provocate dalla chiusura degli invasi nel Bellunese e questo danneggia tali specie ittiche. Pesci più grandi come le trote e i lucci invece non sono direttamente interessati al problema perché il loro habitat è in acque più profonde. Il 17 ottobre l’improvviso prosciugamento del torrente Musonello in via Poggiana a Ramon di Loria aveva provocato anche lì una morìa di pesci. In quel caso il problema era dovuto a dei lavori che doveva eseguire il Consorzio Piave, la questione sul Piave invece dovrebbe essere un problema strutturale da risolvere al più presto per i pescatori e per le persone a cui e caro l’ambiente.

Moschettata

L’edizione 2017 della Moschettata si è tenuta nella sede del club il 24 novembre, quest’anno abbiamo cambiato la formula, sempre una manifestazione non competitiva di costruzione aperta a tutti i soci, questa volta abbiamo voluto ricordare Gianni Zanata, nostro indimenticato amico socio e segretario. Per commemorare Gianni a fine manifestazione tra tutti i partecipanti è stato estratto a sorte un box con i filati appartenuti a Gianni. La manifestazione ha visto la partecipazione di parecchi soci, alcuni già pronti alle 21:30 altri arrivati fin sul tardi dopo la conclusione del corso di lancio che solitamente si tiene il venerdì. Molti partecipanti, molte mosche tante chiacchere e scherzi, ma anche tanti “trucchetti” svelati al folto pubblico che ha preferito assistere alle performance dei costruttori. Era da due anni che non mi cimentavo nella costruzione, a dirla tutta in due anni non ho raccolto nemmeno una mezza dozzina di

uscite di pesca, e mi sono “prodigato” nella costruzione di una V2! Due piume di cdc avvolte su di un amo del 14 a formare il corpo e le ali. Capirai che fatica! Ma l’importante era onorare la memoria del nostro amico Gianni. Al termine il sorteggio con l’estrazione del mio nome! A fronte di un piccolo impegno, un graditissimo premio e una grande emozione nel poter esporre sul tavolo di costruzione il set di filati appartenuti a Gianni. Ciao Gianni ti ricorderemo sempre

Enos Bortolozzo

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Norvegia, namsen e gaula

I fiumi norvegesi già dalla seconda metà dell’Ottocento rappresentavano un sogno per i pescatori britannici, sia perla quantità di salmoni e sopratutto per la taglia enorme che potevano raggiungere. Ben presto si organizzarono e cominciarono una vera e propria colonizzazione, chiamiamola piscatoria, lungo quei fiumi. Molte case dell’epoca costruite dai britannici sono ancora massicciamente presenti e spesso ancora abitabili o abitate. Infatti molte vengono date in affitto a pescatori i quali in qualche modo rivivono le gesta di quel periodo d oro della pesca al salmone. Sia il Gaula che soprattutto il Namsen sono infatti intrisi di quella storia, la cittadina di Grong per il Namsen e Støren per quanto riguarda il Gaula, sono due centri storici della pesca al salmone . In Norvegia si pescano tratti di fiume privati o dati in concessione a delle associazioni. Nel Namsen grazie alla vasta conoscenza da parte del nostro amico svedese Lasse, abbiamo pescato sia nell Agosto di due anni fa e sia nello scorso Luglio, nelle beat Vaeium e Top Vaeium, la prima lunga circa un chilometro , la seconda praticamente un isola in mezzo al fiume lunga a seconda dei livelli dello stesso che la possono parzialmente coprire , da 500 metri a circa 300 metri. Per quanto riguarda il Gaula abbiamo affittato per una settimana la beat dell associazione GFFF che consta di dieci beats ognuna delle quali si pesca per sei ore a rotazione per un massimo di due pescatori. Scalo per entrambi i fiumi la città di Trondheim. La prima volta in Namsen, seppur abituato alla vastità dei fiumi scandinavi, specie quelli svedesi come il Kalix o il Tornio, rimasi comunque colpito dalla sua maestosità . La larghezza del fiume può tranquillamente superare in alcuni tratti i trecento metri. Ecco perché è stato fin dagli albori, il fiume prediletto dai britannici per la tecnica ad Harling, una specie di traina a remi in favore di (continua a pag. 12) Notiziario dei soci del Mosca Club Treviso


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corrente che si fa zigzagando da una riva all altra con canne da Mosca dove il rematore deve essere bravo a girare la barca controcorrente in prossimità della riva creando un largo giro dove la mosca produce di solito un efficace swing che attira l attacco del salmone. Il nostro amico Lasse e la sua compagna Birgitta sono dei veri maestri in questa tecnica. Infatti durante le due gite fatte in Namsen, hanno pescato per lo più ad Harling chiaramente le barche sono date in dotazione in ogni beat. durante la prima spedizione in Namsen nell Agosto 2016, eravamo io, il Ginger ,Nicola Sacchetto e Roberto Musuruana. Sia il Ginger che Nicola non avevano avuto ancora il piacere di catturare un salmone atlantico, Nicola perché ovviamente alla prima esperienza, il Ginger perché nelle volte precedenti era stato sfortunato perdendo tre Salar. Nella prima gita il fiume era in condizioni pessime per la pesca per i livelli troppo bassi, per fortuna dopo due giorni una forte pioggia portò una bella piena che sebbene non ci permise di pescare quel giorno, portò invece i livelli ottimali il giorno seguente e i salmoni non si fecero attendere. Il “Ginger” aprì subito le danze con un Grilse di circa un chilo, sebbene un pesce non di taglia era comunque un Salar e quindi la soddisfazione sempre tanta. Da li a poco Nicola urlò di felicità quando si accorse che lo aveva anche lui in canna..e un altro bel grilse fece bella mostra di se..questo più grande circa un due Notiziario dei soci del Mosca Club Treviso


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chili due chili e mezzo e pieno di pulci di mare, pesce che il giorno prima sguazzava in mare aperto e che aveva risalito circa cinquanta chilometri.di fiume in un giorno. Anche Roberto subito dopo ebbe la soddisfazione di un bel grilse più o meno della stessa taglia di quello di Nicola. Lasse e Birgitta avevano anche loro attaccato due grilse quel giorno. E avevano perso quello che Lasse considerava un pesce serio e cioè oltre gli otto chili. Il mio turno del contatto con il Salar avvenne due giorni dopo con una maestosa creatura di circa dodici chili che mi fece sudare le proverbiali sette camicie, un ricordo che mi resterà per sempre e che sempre provo emozione quando lo rivivo. Lo scorso Luglio eravamo invece un gruppo diverso, Aurelio e Franco al posto di Nicola e Roberto, ovviamente Lasse e Birgitta erano sempre con noi nella stessa antica casa inglese dell’anno precedente. Questo giro le condizioni erano esattamente l opposto , livelli altissimi e che purtroppo continuarono ad aumentare per la pioggia incessante che a parte brevi momenti , fu costante per tutta la settimana alcuni giorni fu impossibile pescare, addirittura Lasse e Brigitta in barca non riuscivano ad entrare in pesca. La tecnica Harling in quelle condizioni so rivelò comunque decisiva, infatti Lasse e Brigitta presero molti salmoni più di una dozzina e alcuni anche dei signori pesci attorno ai dieci chili. noi dalla riva non riuscivamo ad entrare in pesca perché i salmoni (continua a pag. 14 Notiziario dei soci del Mosca Club Treviso


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risalivano ,con i livelli in quelle condizioni, la parte destra del fiume che per noi era impraticabile perché scoscesa con massi enormi messi come frangi flutti e anche impossibile da pescare in wading perché subito molto fonda . Solo Aurelio e Franco riuscirono comunque ad aggiudicarsi un Grilse a testa.

Per tutti noi ad Agosto fu invece il battesimo nel Gaula. Ne io ne Umberto, Aurelio , Carlo e Stefano avevamo mai prima bagnato le nostre mosche in quel meraviglioso fiume dall’acqua color oro, dovuta chiaramente al fondo dal colore variamente dorato. Il Gaula rispetto al Namsen è molto più piccolo ma ugualmente suggestivo e presenta delle pool pazzescamente belle, dove al solo vederle vorresti stare li a pescare per l eternità. Niente casa inglese sto giro ma dei confortevoli lodge nel campeggio di Støren. All’inizio abbiamo trovato anche li i livelli molto bassi. Comunque la fortuna mi arrise alla grande riuscendo ad agganciare un magnifico maschio di Salar al mio terzo lancio nel fiume dorato. Non vi dico gli improperi dei miei amici presenti nella pool quella mattina con me che già pescavano il Gaula da due giorni e io appena arrivato .......io mi ero aggiunto al gruppo due giorni.dopo.con un volo last second. Nei giorni precedenti l’unico contatto lo aveva avuto Stefano Regazzo ma purtroppo dopo poche testate il salmone si libera slamato. Anche qui al’improvviso le condizioni climatiche cambiarono di brutto, portando la portata del fiume da 45 metri cubo al secondo, a oltre 300 . Fortissime piogge contraddistinsero i giorni seguenti, e l agognata pioggia si trasformò anche qui in un incubo, solo il penultimo giorno il fiume tornò accettabile per la pesca e l’Umberto da vecchio volpone ne approfittò catturando un magnifico maschio colorato. L’ultimo giorno invece la disattenzione fu fatale ad Aurelio che perso nei suoi pensieri durante gli ultimi lanci prima del commiato, ferrò subito d istinto appena avvertito il take e. ome succede nel.novanta per cento dei casi, il salmone non si ferra...... Non una pesca facile, difficile di suo e ancora di più con le mille varianti che ne influiscono la resa ma la pesca al salmone atlantico è qualcosa di magico chi l’ha provata o abbandona subito perché troppo difficile o ne resta stregato per sempre. Stefano Duprè

Tesseramento Sociale 2018 (((( AVVISO AI SOCI )))) ... E’ tempo di rinnovare la tessera Rivolgiti a Alessio o Nicola ...

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RELAZIONE PROGETTO BANDO REGIONALE 2017

Come già de�o nel precedente no�ziario il club ha presentato un proge�o,PROMOZIONE DELLA PESCA A MOSCA, rela�vo al primo obie�vo del bando regionale 2017 ,obie�vo riguardante la valorizzazione del mondo associa�vo della pesca spor�va/amatoriale che opera nelle acque interne e nelle acque mari�me interne. Per il restante finanziata dalla Regione Veneto e sostanzialmente si puo’ dividere in due par�. La prima parte,quella logis�ca,ha previsto: • La ristampa in 850 copie del Libro “A pesca di emozioni “ e la stampa di depliant informa�vi • L’acquisto di un computer e di un videoproie�ore da u�lizzare nelle nostre uscite dida�che • L’acquisto di materiale da u�lizzare per i corsi,canne,code e mulinelli • L’acquisto di una par�ta di maglie�e da distribuire come gadget • Un contributo per la stampa dei no�ziari per il 2018 • La seconda parte, quella dida�co informa�va, e’ stata il cuore del proge�o e ha previsto : • L’organizzazione di due corsi • -Tre uscite dida�che presso le scuole • La presentazione del libro “A pesca di emozioni”

Per quanto riguarda i corsi,il primo si e’ tenuto il 26-27-28 maggio ed e’ gia stato ampiamente illustrato nello scorso no�ziario dall’amico Alessio Ber�,il secondo invece si e’ tenuto nel mese di novembre e ha alternato lezione di lancio tecnico su prato e in palestra ,lezioni di costruzione di ar�ficiali , una lezione di lancio sul fiume Piave a dicembre e una a gennaio 2018. Il primo corso e’ stato curato dall’amico Giampietro Bartolini, il secondo da istru�ori del club. Le uscite dida�che sono state tre. L a prima si e’ tenuta presso l’Is�tuto Berna di Mestre il 20 novembre con le classi di 4” e 5” elementare La seconda presso la scuola elementare Vespucci di Campocroce di Mogliano il 24 novembre con la classe di 5” elementare E la terza sempre nella scuola elementare Vespucci il 30 novembre con la classe di 4” elementare Durante ques� incontri abbiamo proie�ato un nostro video , abbiamo illustrato il nostro �po di pesca dando informazioni sulla tecnica, sui materiali e sugli a�rezzi. Illustrato leggi e regolamen�,dando informazioni sulle acque presen� nel nostro territorio,sui �pi di pesci e inse�

(continua a pag. 16)

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presen� nei nostri fiumi. Gli alunni si sono dimostra� molto a�en� e estremamente interessa� facendo molte domande e richieste di informazioni. E’ stato questo , mo�vo di soddisfazione da parte nostra, e visto l’interesse suscitato abbiamo preso accordi per ulteriori incontri. La presentazione del libro “A pesca di emozioni” si e’ tenuta il 22 novembre presso la libreria Lovat di Villorba

TV. Durante questa serata abbiamo presentata anche il libro “Inse� del Piave” ,inu�le ricordare che entrambe i libri sono fru�o del nostro lavoro. Relatore della serata, visto l’aiuto datoci nella stesura di Inse� del Piave, non poteva che essere l’amico Do�. Gianluca Girardi,e ha visto la presenza di una sessan�na di persone. Relazione precisa e puntuale arricchita da numerose domande da parte del pubblico e seguita poi a fine serata da un ricco rinfresco offerto dal Mosca club Treviso. Come già’ de�o, portare a termine il proge�o non e’ stata una passeggiata,ma visto il risultato ne ha sicuramente valsa la pena. Non mi resta altro che ringraziare per la preziosa collaborazione gli amici Giampietro Bartolini per l’organizzazione del corso ,Gianluca Girardi per la presentazione dei libri, Alvaro De Anna per l’organizzazione della presentazione alla libreria Lovat,la Regione Veneto che ci ha dato l’opportunità di realizzare il proge�o e non per ul�mi tu� i soci del Mosca club Treviso che con la loro partecipazione hanno reso possibile tu�o questo IL PRESIDENTE CALORE FABIO

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Cena Sociale 2017

Come da tradizione nei primi giorni del mese di dicembre si tiene la tradizionale cena sociale, momento conviviale che raccoglie attorno ad un tavolo molti soci del club, presenti anche quelli che per svariati motivi sono stati impossibilitati a presenziare durante gli appuntamenti del Venerdì. Così è stato: Venerdì 1 dicembre alle 20.00 tutti pronti per gettarsi sulle cibarie in attesa della tanto agognata lotteria. Negli intervalli la consegna degli ambiti premi: Pinocchietto a Michele, maialetto rosa Umberto e tapiro a Marco. Menzione speciale a Alessio per il suo costante impegno nel portare avanti le attività sociali. Al termine al solito la lotteria con ricchi premi e cotillon. E’ stata proprio una bella serata.

Enos Bortolozzo

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VITA DEL CLUB

Ø Il giorno 24 novembre asi è svolta la “moschettata”, gara di costruzione non competitiva intitolata al nostro socio segretario e amico Gianni Zanata. Ø Il 24 e 25 febbraio il Mosca Club Treviso parteciperà al Pescare Show a Vicenza Ø Domenica 4 Marzo apertura a Ponte della Priula prenotare la partecipazione a Michele (gran cambusiere)

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COSTRUIAMO COSTRUIAMO INSIEME INSIEME Magico Capriolo

Già nel 1978, in una delle serate di costruzione al MCTV ho avuto modo di conoscere questo splendido pelo animale. Ricordo al morsetto c’era il maestro Bianco Faggian che si cimentava nella costruzione di una sedge. Al contrario però di una abituale montaggio con piume di pernice incollate usava a mò di ali dei peli di capriolo. Da allora il capriolo è sempre stato presente nelle mie scatole di costruzione. Non è però di sedge che vi voglio parlare, ma dell’utilizzo del capriolo nella costruzione di un artificiale che ho provato per curiosità due anni fa. Pensando ad una famiglia di insetti come le Heptageniidae mi son detto “oltre al fagiano perché non ci posso aggiungere il capriolo?” Da là è nato l’imitazione allo stadio di Spent. In particolare il capriolo lo uso per imitare le code e le ali e, cosa molto importante se voglio cercar di imitare un Ecdionurride o una Rhithrogena, utilizzo il manto estivo o quelloi nvernale che presentano rispettivamente una colorazione più scura e una più chiara. Le due imitazioni naturalmente sono state impiegate con ottimi risultati in Piave, con catture importanti specie quando non si vede nessun insetto in acqua nonostante le trote che banchettano con bollate continue. Il suo migliore utilizzo è nei correntoni dove schiudono i nostri sopraccitati insetti.

Imitazione di Ecdyonurus Amo n 8/10 Filo di montaggio rosso Code fibre di capriolo manto estivo Ribbing filo di montaggio arancio Ali fibre di capriolo manto estivo Hackle una di gallo rosso scuro Testa in filo di montaggio

Imitazione di Rhitrogena Amo n 12/14 Filo di montaggio giallo Addome e torace fibre di fagiano mongolia Code fibre di capriolo manto invernale Ribbing filo tondo oro Ali fibre di capriolo manto invernale Hackle una di gallo ginger Testa in filo di montaggio Note: le fibre delle ali e della coda vanno montate sparse e non raccolte, questo per una e una migliore galleggiabilità dell’imitazione.

brillantezza maggiore

Petri heil

Franco Pistolato Notiziario dei soci del Mosca Club Treviso


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Programma attività e serate Gennaio 2018

Venerdì 05

Serata informale

Venerdì 12

Serata Costruzione

Venerdì 19

Serata Video

Venerdì 26

Serata nodi a cura di Giorgio Cazziola

Febbraio

Venerdì 02

Serata ospite Matteo Lavezzini: costruzione e presentazione materiali

Venerdì 09

Serata video: Franco Pistolato viaggio nella penisola di Kola

Venerdì 16

Serata ospite: i coniugi Pozzolini presenteranno le ultime novità di casa Pozzolini

Venerdì 23

Serata organizzativa per la fiera di Vicenza

Sabato 24 domenica 25

Il MCTV al Pesca Show fiera di Vicenza

Venerdì 02

Marzo

Serata costruzione: Mosche per l’apertura a cura di Marco Cason

Domenica 04 Apertura a Ponte della Priula prenotare la partecipazione a Michele 3495160027 Venerdì 09

Assemblea ordinaria dei soci del Mosca Club Treviso ore 20:00 in prima convocazione ore 21:30 in seconda

Venerdì 16

Serata ospiti: Silver Salmon

Venerdì 23

Serata ospite con Francesco Palù

Venerdì 30

Serata costruzione: Mosche Birichine a cura di Andrea Conte

La serata con l’ospite è preceduta dalla cena che si terrà al club. Chi volesse partecipare è pregato di dare l’adesione contattando il curatore della serata con un congruo anticipo.

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