ANNO VI
Febbraio 2013
SOSTENIBILITA’ RICICLO ARTE
Domenica 24 marzo la prima del 2013
3 1 0 2
r l i
o t i
o n r
LEONARDO D’A L’ a r t e d e l l e f o r m e e d e l l a l
Leonardo D'Anneo ha iniziato la sua carriera di ceramista quasi per gioco manipola sa in modo irruente e creativo, ma al tempo stesso generosamente senza mai risp cosa di s Le sue f energia e per ciò c osservan to di qua creatività ro accade La mater sante, av tanti form fonde co niale follia Immagini interseca
circonda e colpisce per il grande fascino che emana. L’abilità con cui Leonardo D’Anneo modella le sue creature, l'incessanstancabile misurarsi in prima persona con ciò che le sue mani manipofanno di lui un artista la cui contemporaneità non passa inosservata, un creativo che riesce ad imporsi con veemenza, che osa, che trasmette re l’opera come scultura di nuova tendenza. Sì perché le ceramiche di Leonardo D'Anneo si sono evolute a tal punto a tutti gli effetti in quanto la loro plasticità compositiva e il prezioso giodesign unici e particolari, realizzati e concepiti per essere guardati e
NNEO uce.
ando la materia, misurandosi con esparmiarsi nel trasformarla in qualche sorprendentemente emozionante. forme sono cariche di prorompente e possono apparire a volte audaci che evocano al primo sguardo, ma ndole con attenzione ci si rende connto siano l'espressione di una libera à, avversa ad ogni imposizione o meemismo. ria nelle sue mani diventa viva, pulvvincente, si trasforma in mille esalme nelle quali l’equilibrio plastico si on grande forza ad un pizzico di gea. i pensate e scolpite ove la realtà si a con la fantasia, le riflessioni con i sogni, i desideri con le memorie, ma in modo così vibrante che l'opera riesce a fondersi con l’atmosfera che la te ricerca di nuove forme, il suo inlano, l’abile padronanza gestuale, artista forte di un grande eclettismo potenti emozioni, che arriva ad imporda poter essere considerate sculture co di ritmi e di luci, le rende oggetti di ammirati. Emozionandosi.
A ARTESTUDIO INVERNIZZI La genesi del fare La galleria A arte Studio Invernizzi presenta, in occasione di Flash Art Event, il progetto “Genesi del fare” a cura di Daria Ghirardini. Le opere esposte sono state selezionate a partire da una riflessione più articolata, costituita dal “corpus” di lavori esposti per la mostra “Genesi del fare”, in corso negli spazi della galleria. La relazione tra fare artistico e spazialità è stata più volte indagata dagli artisti sin dagli anni Cinquanta ed è stata il focus di ricerche che hanno portato alla decostruzione semantica dei codici stessi della rappresentazione, modificando sistemi percettivi consueti come nel caso di François Morellet, che in “Farandole blanche” porta la tensione luminosa della fisicità del neon oltre il confine della tela. Analogamente il ritmo delle campiture monocrome bianche e nere di Bruno Querci e la velocità del segno di Nelio Sonego non si esauriscono nella bidi-
Galleria: A arte Studio Invernizzi Via Domenico Scarlatti 12, Milano orari: da lunedì a venerdì 10.00/13.00 - 15.00/19.00 sabato su appuntamento Informazioni: tel. 02.29402855 info@aarteinvernizzi.it www.aarteinvernizzi.it
mensionalitĂ del tratto e non delineano completamente una forma, ma la suggeriscono, spingendola oltre il limite fisico del proprio supporto. Una riflessione affine si rivela nelle forature praticate su diversi materiali da Riccardo De Marchi, in una continua contrapposizione tra superficie e volume, e diviene introiezione, “appropriazioneâ€? degli aspetti del mondo esterno, nelle immagini fotografiche riportate in trasparenza sulle lastre di plexiglass di Francesco Candeloro.
Ministero della creatività: lo strano ossimoro Si chiama ossimoro la figura retorica che consiste nell’accostare due termini antitetici. Alcuni ossimori hanno un loro senso sbieco: per esempio, affrettati lentamente. Oppure illustre sconosciuto, silenzio eloquente, fuoco amico, lucida follia. Altri, anche a pensarci bene, proprio non ce l’hanno, un senso: per esempio, brutta bellezza, o corretto errore, o notte assolata. Magari sbaglio, ma “Ministero della creatività” mi sembra un concetto ossimorico riconducibile più alla seconda categoria (assenza di senso) che alla prima (senso sbieco). Eppure si sta parlando di un possibile Ministero della creatività con frequenza crescente, e nonostante il baccano elettorale. Ma cominciamo dall’inizio. - Nel settembre 2012 la Commissione europea presenta un piano strategico di valorizzazione delle industrie culturali e creative, che individua nella creatività e nella cultura elementi fondamentali di identità e di crescita economica. Con questo dà seguito alle evidenze e alle istanze emerse in un consistente studio del 2006, che NeU vi ha già presentato. I dati sono impressionanti: il settore culturale e creativo fattura, nel 2003, più di 654 miliardi di euro: oltre il doppio dell’intera industria automobilistica (271 miliardi). Contribuisce al pil UE più di tutte le attività immobiliari. E cresce, in cinque anni, del 12,3 per cento in più della crescita economica globale. - Tra l’altro: il 2009 è stato l’anno europeo della creatività e dell’innovazione. Se non ve ne siete accorti è perché in Italia, sul tema, è stato fatto poco o niente. Così come si è fatto poco e male con l’utilizzo dei fondi strutturali UE per lo sviluppo delle creative and cultural industries: il documento UE che ne parla afferma, fra l’altro, che il dibattito politico ancora soffre di una interpretazione scadente e ingannevole del ruolo della cultura e della creatività… il paese non ha una strategia nazionale… l’azione politica appare male orientata e/o inefficace rispetto alle reali priorità di sviluppo. Seguono una sessantina di pagine che analizzano nel dettaglio le politiche caotiche e l’assenza di prospettive. - Ma adesso c’è in ballo un sacco di soldi: Europa creativa è un progetto-quadro che prevede lo stanziamento di quasi un miliardo e mezzo di euro tra il 2014 e il 2020. In altri paesi europei si stanno già attrezzando (qui un articolo che vi offre una sintesi dello stato dei fatti). Ed ecco venir fuori la proposta di istituire un Ministero della creatività. In favore di quest’idea si pronuncia Sel. Intanto la Fondazione Rosselli, con il XIV Rapporto sull’economia dei media, segnala la necessità di mettere a sistema l’intero settore. Intanto sul Corriere Ernesto Galli della Loggia chiede l’istituzione di un “vero” ministero della cultura. E la brava europarlamentare Silvia Costa domanda al governo di non perdere anche questo treno (ha ottime ragioni per farlo, visti i pregressi). A questo punto, vorrei esprimere un dubbio e fare una domanda. Premesso (chi mi legge sul web o ha letto La trama lucente lo sa bene) che credo con tutta me stessa nel ruolo imprescindibile che la creatività svolge non solo per lo sviluppo economico e sociale di un paese, ma tout court per il progresso dell’umanità. Premesso che credo con tutta me stessa che lo sviluppo delle imprese culturali e creative sia una fertile e fondamentale prospettiva per l’Italia. Premesso che continuo a scandalizzarmi per il modo in cui il tema da noi continua a essere ignorato, bistrattato, frainteso, sottovalutato. Ecco: premesso tutto questo, mi prende il dubbio che la risposta (temo, per certi versi, automati-
ca) “creiamo un ministero della creatività” possa non essere la risposta giusta. È davvero questa la forma della struttura amministrativa che può gestire e promuovere un comparto complicatissimo e dai confini sfuggenti, a cui fanno capo musei e aziende che progettano videogame o siti web, moda e biblioteche, teatri e studi di graphic design, case di produzione audiovideo e orchestre, agenzie pubblicitarie e case editrici, siti archeologici e cinema, fotografi, ideazione e produzione di festival e grandi eventi, pittori e cantanti e musicisti… Siete mai stati in un ministero? A me è capitato, per lavoro, di aver a che fare sia col ministero della Pubblica Istruzione, sia col Ministero dei trasporti. è stata un’esperienza mistica, in entrambi i casi. Ed ecco la domanda: non si dovrebbe, forse, affrontare in modo creativo la sfida di mettere a sistema e promuovere, nei suoi mille aspetti, la creatività italiana? Il che significa: affrontare il tema senza pregiudizi e soluzioni precostituite. Raccogliere best practices e dati aggiornati. Andare a sentire quali sono i bisogni reali di chi fa lavori creativi (un universo frammentatissimo, variegatissimo a livello territoriale, con imprese minuscole e alte dosi di autoimpiego, e condizioni di lavoro peculiari nei diversi comparti – pensate alle differenze fra un attore di teatro, il curatore di un museo, un fotografo che fa reportage, un webmaster e un illustratore). Capire quali sono i nodi maggiori (dai contratti di lavoro al diritto d’autore, alla difficoltà per moltissime imprese creative, che spesso hanno commesse da enti pubblici, di farsi pagare prima di andar fallite). E poi, forse, non converrebbe immaginare una struttura di coordinamento centrale più leggera di un ministero, integrata da una forte rete di presidi territoriali capaci di intercettare le diverse vocazioni e le diverse opportunità e di interfacciarsi con le imprese, i professionisti e le istituzioni locali – qualcosa, per esempio, sul modello delle film commission? E non converrebbe (sembra un dettaglio, ma non lo è) proporsi di formare bene sia i pianificatori sia gli addetti, dicendogli che “creatività” è un’attività dotata di proprie caratteristiche che vanno rispettate, di necessità che vanno comprese. E, infine, ricordando che c’è bisogno (anche in vista dei fondi europei, se riusciremo a non perderceli), non di produrre ulteriore burocrazia ma, possibilmente, di aiutare a ridurla? Te s t i e i m m a g i n i t r a t t i d a ‘ N u o v o e u t i l e ’ F o n t e : w w w. n u o v o e u t i l e . i t Concessione ‘Nuovo e Utile’ - redazione@nuovoeutile.it.