PUGLIA & MARE - n21/22 - giugno 2018

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editoriale

IL VECCHIO, IL MARE E LA PESCA ELETTRICA di Giuseppe Albahari

’Unione Europea ha detto no alla “pesca elettrica”. Scampato pericolo? Forse; perché ciò che è successo prima di tale decisione dice senza ombra di dubbio che dalle lobby non si è mai al sicuro e che comportamenti politicamente scorretti sono già stata posti in essere, proprio su tale argomento e per di più accompagnati da una beffa per i cittadini. Vediamo come è successo e perché preoccuparsi ancora. La “pesca elettrica” consiste nell’immettere nei fondali marini scariche elettriche che uccidono i pesci, non prima di avere provocato loro fratture e ustioni che intaccano anche la qualità delle carni; i pesci fulminati sono poi raccolti con reti a strascico. Di fatto, una doppia devastazione dell’ecosistema: per l’accelerazione della desertificazione indotta dall’impossibilità di selezionare le taglie delle specie ittiche colpite dall’elettrocuzione; per il ricorso allo strascico, atteso che la rete distrugge indiscriminatamente tutto ciò che vive sui fondali, arrecando così un duro colpo alla biodiversità. Danni evidenti per chiunque abbia un minimo di buonsenso. Ma, almeno nel recente passato, non per l’Unione Europea. Dopo avere vietato la “pesca elettrica” nel 1998, nel 2006 la Commissione Europea e il Consiglio dell’Ue concessero una deroga limitata al 5 per cento delle flotte pescherecce dei diversi Paesi. Di tale dispensa, ha beneficiato soprattutto l’Olanda. Infatti, ambientalisti francesi della Bloom Association hanno documentato che tale tecnica sarebbe stata praticata dal 28 per cento della flottiglia olandese. A supporto delle deroghe, fu detto che il parere del comitato tecnico-scientifico per la pesca era favorevole; salvo scoprire, l’anno scorso per merito degli stessi ambientalisti francesi, che il parere scientifico era stato invece nettamente contrario. Non solo: c’è anche il sospetto che l’Olanda abbia sostenuto tale tecnica di pesca – questa la beffa – con i fondi stanziati dall’Europa per la sperimentazione di “buone pratiche”; che al contrario sono quelle mirate a valorizzare il pescato e migliorare l’organizzazione del lavoro.

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Nei mesi scorsi, finalmente, il Parlamento europeo ha imposto lo stop a tale tecnica di pesca, a maggioranza con poco più del 60 per cento dei voti. Gli altri eurodeputati si sono trincerati dietro la poco plausibile motivazione della ricerca scientifica e addirittura della sostenibilità. Per questo, è necessario che gli ambientalisti – cittadini e associazioni – tengano alta l’attenzione durante i negoziati tra l’Unione europea e i parlamenti nazionali che precederanno la prevista adozione d’una sorta di testo unico europeo sulla pesca. A proposito della “pesca elettrica”, commenti di ambientalisti, giornalisti e imprenditori hanno riguardato i danni ambientali e socio-economici legati alla crescente pressione della pesca industriale su quella artigianale. Hanno inoltre sollevato un problema di benessere animale, anche se gli scienziati non sono ancora in grado di dare una risposta esauriente al quesito se i pesci soffrano e se la scarica elettrica sia peggiore della morte per soffocamento che segue lo stress della cattura con reti o con ami. C’è però un altro aspetto della vicenda che merita considerazione e può essere ben esemplificato dal confronto tra un vecchio pescatore e un grosso Marlin raccontato da Hemingway. Riconduce al motivo che suggerisce al vecchio Santiago, dopo avere preso il più grosso pesce che abbia mai visto, di esprimere la propria solidarietà e il proprio rispetto per la preda catturata. Sulla quale è riuscito a prevalere dopo un lungo confronto senza ricorrere a trucchi e scorciatoie, bensì forte solo della sua capacità, del suo coraggio e della sua lealtà. Altri tempi, certo; ma c’è forse un tempo per l’etica della pesca?

N o to electrical fishing! That is what European Union decided: it is not allowed to use electrical discharge to shoot dead fishes that are later caught into trawl nets. Somebody should pay attention to lobbies’ actions when the Big Ones will reunite to write down guidelines of a European Agreement on fishing. Hard not to think about Hemingways’s tale about the conflict between old fisherman Santiago and fat Marlin. Old times, but, is ethichs an old fashioned topic?

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SOMMARIO Giugno 2018

FOCUS

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TURISMO&AMBIENTE 37 ISCHITELLA ph: Rocco Martella

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NAUTICA & MARE

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PUGLIA & MARE

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LE IMMAGINI E I TESTI

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Puglia di notte Antonio Errico | Notturni di Puglia ...................................................................................................................................................................................... 07 | ISCHITELLA, respiri di mare & di lago......................................................................................................................................................................... 08 Matteo di Iorio* | VICO del GARGANO, felici di innamorarsi............................................................................................................... 09 Francesca Da Ponte* | PESCHICI, la vita come da favola.............................................................................................................................. 11 Antonella Quarto* | VIESTE, imponenza rocciosa sul Mediterraneo.............................................................................................. 12 Miriam Lasciarrea* | MATTINATA, zagare & falesie.......................................................................................................................................... 13 Marika Palmieri* | MARGHERITA di SAVOIA, un tesoro di sale......................................................................................................... 14 Donatella Rendine* | TRANI, suggestioni di mare e di pietra................................................................................................................. 15 Alessio Manzari* | GIOVINAZZO, tra bellezza e cultura................................................................................................................................ 17 Marta La Forgia* | BISCEGLIE, “sospiri” dolci e di mare............................................................................................................................. 18 Giovanna Spagnolo* | POLIGNANO A MARE, magie blu sul gemello mare......................................................................... 19 Eleonora Rossellini e Elena Lisco* | BARI, tra sogno ed arte................................................................................................................... 20 Michele Esposito | I CLICK | GALLIPOLI at night............................................................................................................................................... 22 | CAROVIGNO, olivi & torri sul mare.................................................................................................................................................................................. 23 Maria Gabriella de Judicibus | LECCE & LE SUE MARINE, memorie d’un porto e cento torri...................... 24 | OTRANTO, ponte con l’Oriente........................................................................................................................................................................................... 25 Maria Gabriella de Judicibus | CASTRO, la fortezza di Minerva........................................................................................................... 26 Lucia Fiammata | GALLIPOLI, arte, mare & nostalgia..................................................................................................................................... 27 Antonio Romano | SANTA MARIA di LEUCA, fascino, mito e mistero......................................................................................... 29 Maria Gabriella de Judicibus | SANTA MARIA al BAGNO, quattro colonne di storia sul mare........................ 30 Maria Gabriella de Judicibus | PORTO CESAREO, trasparenze azzurre & sabbie bianche.................................... 31 Salvatore Selvaggi* | TARANTO, due mari di mito e di storia................................................................................................................. 33 Teresella Consonni | NOTTI al MARE................................................................................................................................................................................ 34

ANTONIO ERRICO ha pubblicato libri di narrativa e di saggistica collabora a quotidiani e riviste letterarie e scolastiche

ALLIEVI ITS* Allievi Istituto Tecnico Superiore per l’industria dell’ospitalità e del turismo allargato Sede di Bari

MICHELE ESPOSITO Fotografo professionista, appassionato di tradizioni, autore di video e reportage fotografici

MariA GABRIELLA de judicibus Docente di Lingue, Letteratura Italiana e Storia, scrittrice e giornalista

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LUCIA FIAMMATA Insegnante in pensione, presidente della Pro Loco di Gallipoli

Antonio ROMANO Scrittore, già docente di lettere nei licei e professore a contratto presso Unisalento, autore tra l’altro di una guida a grotte e caverne di Leuca

TERESELLA CONSONNI Giornalista, formatrice, esperta di pubbliche relazioni, docente dell’Associazione italiana pubblicitari professionisti


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focus

Notturni di Puglia di Antonio Errico

Notturni di Puglia.

Orizzonti di blu segnati da un faro, da un’intermittenza di luce, un ritmo scandito, e fuochi d’artificio, ritagli nel cielo, stelle fra stelle, colorate figure dell’universo e del tempo non ancora venuto.

Notturni di Puglia.

Un disegno geometrico dell’illimitato. Uno sguardo che slarga i confini e il pensiero. Il mistero irrisolto del desiderio. Costellazioni formate dall’immaginazione, come su un foglio bianco sopra un banco di scuola. Notturni di Puglia. (Arrivavano lente sul lungomare. I capelli diramazioni di raggi di stelle. I fianchi come le onde pacate del mare. Assolute e

lontane. Terrestri e celesti. Passioni innocenti. Sorrisi fluttuanti. Morbidezze di nuvole inesistenti. Indugi di luce: smagliante. Miraggi.)

Notturni di Puglia.

Rassomiglianti ad una quartina dei Phares di Baudelaire: quella che richiama Leonardo e che dice di specchi opachi e profondi, dove angeli col fascino di un ambiguo sorriso sono avvolti nell’ombra, un paese per sfondo. L’azzurro che traluce è l’inenarrabile, l’invocazione. Un pacato delirio e uno strabilio di forme indefinite in trasparenza.

Notturni di Puglia.

La voce, il racconto. Quando la calura assale i letti e fa impazzire i grilli. Poi l’oltre, l’altrove. Irraggiungibili e sognate apparizioni. Riflessi di sensi e di fate morgane. Passaggi di tempo. Affabulazioni fra la terra ed il cielo. (Suonava la fisarmonica sui bordi del terrazzo mentre le lampare brulicavano lontano. Dentro gli occhi ciechi stringeva l’infinito. Suonava la fisarmonica e scrutava l’invisibile).

Notturni di Puglia. Albeggia di notte, con il sole e la luna che si stanno di fronte. La vita e la morte che non hanno confine: come il sonno e il risveglio, come la cenere e il fuoco, come la voce e il silenzio, l’oblio e la memoria, l’odore degli oleandri e del sudore. Notturni di Puglia. Figurate passioni. Compagnie spensierate e solitudini ansiose, e attese smisurate di affettuosi ritorni.

Notturni di Puglia.

A s placid inebration, as proximity and separation, darkness and brightness, silence and speech, landing place and offing, a comeback and a farewall. Landscapes with no shadows, shadows with no shape, boundless, lying on sand beaches, on tired faces, lost in “Nocturnes” of Puglia. Blue horizon lighted up by a lighthouse, an intermittence signal, a beat, fireworks, a cutting in the sky, stars among stars, colorful shapes of the universe and of a time that has not yet come. “Nocturnes” of Puglia.

ph Alessandro Magni

ome ebbrezza pacata, come melancholia. Come prossimità e lontananza, buiore e lucore, come silenzio e parola, approdo e deriva, increspatura e fondale, un ritorno e un addio. Paesaggi senz’ombre e ombre senza contorni, sconfinate, distese sulle spiagge, sui volti senza sonno, sperduti nei notturni di Puglia.

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FOCUS

ISCHITELLA, respiri di mare & di lago o scatto rappresenta lo scenario affascinante del lungomare e del molo di Foce Varano, frazione balneare di Ischitella. Comune di 4500 abitanti situato nel Parco Nazionale del Gargano, dal cui centro abitato la vista spazia dalle colline circostanti al mare Adriatico, fino alle isole Tremiti e al lago di Varano. Sono molti i motivi per i quali i nostri luoghi entrano facilmente nella mente e nel cuore di chi viene a farci visita: la natura incontaminata delle riserve naturali di Isola Varano e di Ischitella e Carpino; le acque dell’Adriatico e del Lago; la storia

del centro storico di Ischitella, il cui nome si ritrova per la prima volta in una bolla di Papa Stefano IX del 1058; i monumenti come Palazzo Pinto e Palazzo De Cata; le chiese come quella della SS. Annunziara, meglio nota

come Crocifisso di Varano perchĂŠ situata sulle rive del lago; le prelibatezze della tradizione enogastronomica ischitellana che riflette la sua posizione geografica e propone originali ricette di terra e di mare.

F irst time you can find its name is in 1058 Stefano Ix Pope’s seal. Ischitella has so much to offer, you can even imagine: uncontaminated nature of Varano Isle, Ischitella and Carpino protected area, wonderflu blue crystal clear waters, historical downtowns, Palaces, Churches, typical recipes in which you can taste genuine food farming or seafood as well.

ph Rocco Martella

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focus

VICO del GARGANO, felici di innamorarsi ph Carlos Solito

di Matteo di Iorio*

ico del Gargano sorge su di un colle, tra mare e foresta. Il nome deriva dal latino: Vicus, Villaggio. Città dalle antichissime origini, custodisce nel suo territorio testimonianze archeologiche di inestimabile valore.

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Nell’alto medioevo subì numerose incursioni e saccheggi, fino a ridursi allo stato di villaggio. Fu l’imperatore Federico II a favorirne la rinascita. Testimonianza di quel periodo, è il caratteristico centro storico, che è senza dubbio uno dei più suggestivi e pittoreschi, non solo del promontorio del Gargano, ma dell’intera Puglia.

Il merito di ciò va ai suoi monumenti, come il Castello normanno-svevoaragonese, la Chiesa Matrice dell’Assunta e le altre chiese, ma anche alle sue strade strette e tortuose ed alle sue abitazioni dall’architettura spontanea. Inoltre non mancano i trappeti (antichi frantoi), scavati nella roccia al di sotto delle abitazioni, per la molitura delle olive. Le caratteristiche urbanistiche ed architettoniche del centro storico “vichese” si sono tuttora conservate in massima parte intatte e non è un caso che sia entrato a fare parte del circuito dei Borghi Più Belli d’Italia Conosciuto come il “paese degli agrumi”, Vico del Gargano è interessante sotto più aspetti: religioso, artistico, naturalistico, e storico; per la stupenda

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Pineta Marzini; perché è la città degli innamorati, grazie al patrono San Valentino. Luogo magico, borgo storico, paese degli innamorati: Vico del Gargano è una meta tutta da vivere… non come turisti, ma come ospiti.

V ico del Gargano has inestimable value traces of archeological life, its charm is also in its position on Gargano hill, Norman Aragon Castle, Assunta Church, curvy and tight streets. Magical place, historical village, “lovers city” as here its inhabitants pay devotion to Saint Valentino… Vico is a place where you should come and visit as a resident, nor a mere tourist.


VIVERE L'ESTATE NEL CUORE DI GALLIPOLI

BAR TELLINI Piazza Tellini -10Gallipoli - LE


ph Vanda Biffani

focus

PESCHICI, la vita come favola di Francesca Da Ponte* gosto ‘92. Il mare era cristallino, soffiava un caldo scirocco che mi accarezzava la pelle ed io mi sentivo coccolata da quella litoranea avvolgente, mentre alle mie spalle sovrastava imponente quella costa rocciosa che come un mantello avvolgeva la spiaggia. Mi stavo divertendo, mi sentivo protetta come a casa. Ero nel mio piccolo angolo di Paradiso. – Mamma, dove siamo ora? come si chiama “qui”?– –A Peschici, amore mio. Vieni qui ad asciugarti altrimenti ti raffreddi!– ...quell’angolo di Paradiso, la famosa perla del Gargano, si chiamava Peschici. Sono stata sulla parte alta della roccia dove c’è il bellissimo Castello Medievale. Ricordo il tragitto, le camminate nei vicoli tra fiori e botteghe colorate, il profumo di gerani e basilico misto a quello di forno caldo e olio d’oliva... archi, piazze, piccoli portoni e poi an-

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cora vicoli... ogni tanto si scorgevano, tra una curva e l’altra, dei pittoreschi scorci di mare. Mi sembrava di essere in un libro… Le cose che ti entrano nel cuore quando hai 8 anni, te le ritrovi dentro a più di 30 senza neanche sapere perché. Ci sono tornata molti anni dopo, ed anche la scorsa estate. Molte cose sono sicuramente cambiate a livello strutturale, ma non quelle che mi sono rimaste nel cuore. Ho ritrovato tutto e molto di più. L’accoglienza dei residenti e la sublime ospitalità offerta dalle raffinate strutture ricettive dotate di ogni confort, la prelibatezza della cucina tipica che vanta vere e proprie delizie culinarie, frutto della sapiente raccolta

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dei prodotti di un territorio così ricco e florido, e poi ancora la poesia del mare e dei riflessi di luci nelle acque cristalline, la morbida eleganza del borgo, la dura maestosità dei costoni rocciosi che abbracciano delicatamente la foresta. A Peschici ho ritrovato Evasione, Benessere, Protezione. A Peschici ho ritrovato la parte più bella di Me. P eschici, 25 years later. That is the period I have been far away from this enchanted town. I missed its inhabitants’s hospitality, polish hotels full of comforts, typical food delicacy, the poetry of its beaches reflected into its crystal clear blue water. Peschici gave me back a sense of freedom, beneath, protection and the most beautiful side of myself.


ph Carlos Solito

FOCUS

VIESTE,

imponenza rocciosa sul Mediterraneo di Antonella Quarto* opolata sino dal Paleolitico poiché miniera di selce, poi abitata da greci, romani e bizantini, è stata vittima di incursioni turche e veneziane. Ricostruita dopo il disastroso terremoto del 1646, fu sede vescovile.

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Oggi, Vieste è territorio di profonda e delicata bellezza: bandiera blu per le sue preziose acque è fondamentale punto di contatto con le Isole Tremiti, fa parte dell’area protetta del Gargano e possiede una stazione meteorologica, un’antica necropoli paleocristiana detta “La salata”, grotte scavate dal mare nella roccia e dalle forme più strambe e l’immenso patrimonio della Foresta Umbra, meta perfetta per appassionati di trekking e mountain bike. La sua penisola quasi simmetrica è madre di tre sorelle: le baie, separate ad est dal-

la Punta di San Francesco con le sue rocce severe, il centro medievale e la sabbiosa spiaggia del Pizzomunno, monolite calcareo di indefinibile maestosità (inevitabilmente diventato simbolo della città), protagonista della tradizionale corsa dei cavalli durante la festa di San Giorgio; a nord dalla punta di Santa Croce, pianeggiante, con il suo notevole porto dedito ad attività internazionali (formato dal porto peschereccio con il molo di 750 metri e dal porto rifugio dell’Isola di S.Eufemia) e la lunga spiaggia di San Lorenzo. Tra le due punte c’è la Marina Piccola, rivolta verso il faro. Vieste inoltre, per il suo clima mediterraneo si offre come luogo ideale per la pratica di sport come kitesurf, vela, windsurf e triathlon. Elementi cardine delle coste sono i trabucchi, antiche installazioni peschiere, composte da lunghi bracci in legno che sostengono reti; vi sono poi il castello Svevo, oggi sede della Marina Militare, la Concattedrale romanica

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di Santa Maria Assunta, il santuario di Santa Maria di Merino e la Porta ad Alt, antico ingresso cittadino. Colma di sfumature mozzafiato, nate per avvolgere i sensi col profumo delle sue rocce imponenti, i suoi docili mari e la sua natura felice... la magica Vieste è una perla tra le perle.

V ieste has been populated since the Paleolithic, because of its flint mines, and then Greeks, Romans and Byzantines lived there and later victim of Turks and Venetian attacks. Rebuilt after the terrible 1646 earthquake, it was an Episcopal abode. Nowadays Vieste is a deep and delicate beauty land: blue flag for its precious water, touch point with Tremitis Islands, it has got a weather station, an ancient Christian necropolis, sea-dug caves and an endless value as Umbra forest.


focus

MATTINATA,

ph Carlos Solito

zagare & falesie

di Miriam Lasciarrea* ra pinete di pino d’Aleppo, verdeggianti piane alluvionali dominate dagli Ulivi, falesie, grotte marine, mare di un azzurro cristallino tra i più belli d’Italia, leggende, storia e tradizione, Mattinata merita di essere così ammirata, con la meraviglia che sa regalarci. Ubicata nell’area meridionale del promontorio, all’interno del Parco Nazionale del Gargano, la sua è una natura collinare e montana con le sue ripide pareti che discendono verso il mare.

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Le meravigliose falesie di Vignarotica, i faraglioni di Baia delle Zagare e le sue grotte, ci conducono in un luogo magico in cui lasciarsi cullare dalla brezza marina. Le sue pianure costellate da rigogliosi uliveti, dalla varietà di orchidee, Monte Saraceno con le sue antichis-

sime testimonianze daune, la villa di epoca romana, i “pagghiari” del quartiere Junno, ci parlano di un territorio antichissimo, ricco di storia. Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, cita la città con il nome di Matinates ex Gargani, tale nome deriva dalla tribù dauna che la popolava. Le loro tracce sono visibili sul Monte Saraceno, nell’ importante necropoli del VI secolo a. C, la quale ci ha restituito una serie di reperti lapidei oggi esposti presso il Museo Civico, Storico ed Archeologico della città. Le pagghiére (pagliaio), antiche dimore di probabile origine preistorica, costruite con muretti a secco, sono connotative della civiltà contadina di questa zona da secoli, e se ne trovano di molto antiche soprattutto in campagna. Con la colonizzazione romana, la città prenderà il nome di Matinum, ed è a questo periodo che dobbiamo pensare quando saremo

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M attinata will enchant you with its beauties: an Aleppo pine forest, huge alluvial plains where olive trees dominate, cliffs, maritime caves, crystal clear blue sea water, orange blossoms, legends, tradition tales and historical roots. You can find a lot of traces of Dauna tribe that used to live here in the past: on Saraceno Mountain, in VI century before Christ necropolis. Do not miss Civic Historical and Archaeological Museum either: here you can appreciate a lot stone finds.

davanti ai resti della villa rustica, risalenti al I secolo a.C., tuttora visibili in contrada Agnulli. Sulla leggenda del naufragio del filosofo Archita, il quale toccò le sue sponde, e le parole del poeta Orazio che la descrive come “paesaggio aprico e fiorito”, salutiamo questo luogo magico, con la certezza di rincontrarlo.


ph Vanda Biffani

FOCUS

MARGHERITA di SAVOIA, un tesoro di sale

di Marika Palmieri* a città di Margherita di Savoia si presenta con una forma allungata ed è immersa in un paesaggio fatto di bellezze naturali. Come le saline, le più grandi d’Europa, oggi riserva naturale dove svernano e vivono stabilmente centinaia di specie avicole, che hanno trovato l’habitat ideale per la propria vita.

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Si tratta di una salina naturale in cui si estrae il minerale grazie al processo di evaporazione dell’acqua; il sale ottenuto risulta puro e questo effetto è dovuto al processo di salinazione. È possibile ammirare la natura, vedere cosa riservano questi specchi

d’acqua i cui riflessi si confondono con il cielo e le tonalità di colore variano dall’azzurro intenso al rosa, è un’esperienza emozionante e interessante. In molti non sanno che in Italia esiste un luogo simile: la Puglia è sempre pronta a stupire. Le saline di Margherita di Savoia sono il luogo ideale per un birdwatching per ammirare i fenicotteri rosa, un tempo migratori e che oggi vivono in tale riserva. Margherita di Savoia è un centro turistico ben attrezzato che attualmente vanta un crescente turismo termale, l’acqua utilizzata proviene direttamente dalle saline. È un comune ricco di arte, religione e storia, testimone il “Torrione”, una struttura del XVI secolo che in passato aveva la funzione di avvistamento e difesa dalle incursioni turche.

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La città offre un ricco ventaglio di eventi a carattere eno-gastronomico, dando così la possibilità ai visitatori di conoscere i sapori locali, come la sagra dedicata alla seppia che esordisce nei primi giorni di maggio, quando ancora la stagione balneare non è iniziata, ed è poi replicata diverse volte nel corso dei mesi estivi.

I f you say Margherita di Savoia maybe the first thing that jumps into your mind is salt pans. These are the biggest in Europe, nowadays it is a protected area where a lot of winged animals nest here, such as pink flamingo. Salt pan is a resource for tourism as well, the wellness one (spa and thermal centre).


focus

TRANI,

suggestioni di mare e di pietra di Donatella Rendine* tagonista di una grande espansione economica e commerciale determinata dal porto, strategico per gli scambi commerciali con il Medio Oriente. Pertanto, dal XII secolo il centro storico divenne la destinazione prediletta per mercanti provenienti da tutta Europa con sedi consolari dell’Inghilterra, Danimarca e Venezia. Si stabilì anche una comunità ebraica nel quartiere della Giudecca, in cui fu costruita la Sinagoga di Sant’Anna. Percorrendo il porto, con lo sguardo si può godere di una visuale suggestiva, quella che fa innamorare il turista di questa città e per la quale le è stato attribuito il termine di “Perla dell’Adriatico”. Nello specifico, ci si riferisce all’area scenografica che si estende tra il molo di Santa Lucia e quello di Sant’Antonio, caratterizzato dai

W alking through the welcoming streets of Trani historical centre, visitors will immediately jump back to the past in the city that still keeps the elegance of its ancient noble Palaces. City walls have been built by Peter I the Norman during XI Century and majestic Cathedral dates back to the same time. This one, nearly suspended on the sea, represents one of the most important examples of Apulian Romanic style and it is a tangible proof of Medieval Trani.

colorati pescherecci e dalla brulicante vita di mare i cui protagonisti sono pescatori, passanti e compratori di pesce durante il giorno. Mentre di notte diventa uno dei ritrovi più amati dai giovani per i numerosi e vivaci locali.

ph Franco Cappellari

asseggiando per le sue accoglienti stradine del centro storico, sin dai primi momenti il visitatore farà un salto nel passato della città che conserva ancora l’eleganza dei suoi antichi palazzi signorili. Le mura della città furono costruite da Pietro I il Normanno nell’XI secolo e allo stesso periodo risale la costruzione dell’imponente Cattedrale. Quest’ultima, quasi sospesa sul mare, rappresenta uno degli esempi più significativi del romanico pugliese ed è testimonianza viva della Trani medievale. Progettata su una splendida ed ampia piazza affacciata direttamente sul mare, al tramonto assume sfumature calde e affascinanti dettate dalla pietra bianca calcarea utilizzata per la sua costruzione. è proprio a partire da questo periodo che la città fu pro-

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focus

GIOVINAZZO,

ph Michele Terlizzi

tra bellezza e cultura

di Alessio Manzari* on sono certe le origini storiche di questa cittadina in provincia di Bari, i ricercatori confermano la data storica intorno al IV sec. a.C.

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Si dice che Giovinazzo fu fondata da Perseo, figlio di Giove, che la chiamò “Jovis Natio”. Il paese è un delizioso borgo medievale sull’Adriatico, con il caratteristico porticciolo e lo splendido lungomare fortificato, tra Molfetta e Bari, da cui dista meno di 20 chilometri. Le sensazioni provate appena si entra nella zona alta (da poco ristrutturata), sono di stupore e magnificenza. Si viene travolti continuamente da varie sensazioni, il profumo del mare che pro-

viene da destra, il suono dei fruscii delle fronde dei cespugli rampicanti visibili sulla immensa muraglia in tufo (tipica pietra del territorio barese). Camminando ci si accorge di quanta minuziosità ci sia nei dettagli, anche nelle panche in pietra che si trovano al centro del viale che porta al Braccio di sottovento del porto, da dove è possibile ammirare il mare. Proseguendo il cammino, si giunge nella zona dove la bellezza della cittadina sprigiona tutta la sua magnificenza. Una piazza molto piccola e semplice, ma che apre l’orizzonte ad una splendida spiaggetta incontaminata, dove il mare è cristallino e la vista è sublime. Da quel punto esatto è possibile ammirare uno degli scorci più emozionanti che possiate mai vedere,

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Mare e Terra che si fondono insieme, cultura, architettura e Natura, che è colei che fa da padrona. Il porticciolo di Giovinazzo è poesia visiva, è Arte. Giovinazzo è il perfetto riassunto visivo del territorio pugliese, tra storia e natura, in un turbinìo di emozioni che solo chi l’ha visitata può capire. I t seems that Giovinazzo has been founded by Perseo, Jupiter’s son, who named it after “Jovis Natio”. This gorgeous Medieval village will enchant you thanks to its little harbor, a poem for eyes, and its fortified seafront. Breathtaking views of land and sea, nature and architecture will await for you, in a sublime dream of reality.


FOCUS

BISCEGLIE, “sospiri” dolci e di mare di Marta La Forgia* mancate di Lucrezia Borgia, in cui gli invitati sospirarono consumando questo prelibatissimo dolce dalla forma di un “seno” femminile, ricoperto di glassa, la giulebba, e farcito con crema pasticcera, una vera felicità per il palato. Il centro storico di Bisceglie è circoscritto dalle cinquecentesche mura aragonesi con gli angolari torrioni circolari ancora ben visibili. Entrando nel cuore del tessuto storico, è possibile visitare il castello Svevo con l’annessa torre normanna in cui è allestito oggi il Museo Etnografico. A poca distanza dal castello, è situata, fuori dalle mura, la chiesa medievale, piccolo tempietto, dedicato a Santa Margherita, oggi un bene dato in concessione al Fondo Ambiente Italiano. Un unicum da segnalare è l’edificio ecclesiastico, situato all’interno del centro storico, a poca distanza dalla Cattedrale, dedicato ad un Santo di origine normanna, Sant’Adoeno.

ulla costa Nord di Bari, si erge Bisceglie, città portuale che è contestualmente considerata uno dei centri agricoli, tessili e manifatturieri più produttivi della provincia di Barletta-Andria-Trani. La città è ricca di un bellissimo water front lungo quasi otto chilometri, da cui è possibile, percorrendolo inte-

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ramente, godere di un panorama mozzafiato. Gradevole è soffermarsi presso i tipici locali situati lungo la litoranea (vecchie botteghe marittime in cui si legavano le reti per la pesca, oggi adibite a caffè o wine bar) per degustare le specialità del territorio biscegliese. Tipico dolce biscegliese è il Sospiro, chiamato cosi per le nozze

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D espite Bisceglie is a maritime town, it is considered as one of the most important agricultural, textile, handcrafting productive centre of the Province of Bari. Please, appreciate its 8 meters long water front, where you can enjoy breathtaking views. Historical town is enclosed by Aragonese walls and angular towers dating back to the sixteenth century. You can visit Svevo castle and a Norman tower, location of an ethnographical Museum.


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POLIGNANO A MARE, magie blu sul gemello mare

ph Leonardo D’Angelo

di Giovanna Spagnolo*

splorando la Puglia, ci si imbatte sicuramente nella ormai sempre più nota “Costa dei trulli”, parte del litorale pugliese conosciuto per le sue varietà di colore: dal blu delle acque cristalline della costa al verde delle immense distese di ulivi secolari. Tra le varie località di questa zona riconosciamo subito Polignano a Mare, considerata anche la “Perla dell’Adriatico”, una città che sorge sospesa su una scogliera a strapiombo sul mare. Suggestivo è il suo borgo antico a cui si accede attraversando l’Arco marchesale che conduce subito nella sua antica piazza conosciuta per il Palazzo dell’orologio, struttura di origine medievale il cui orologio è ancora oggi caricato a mano come nel passato. Passeggiando tra gli affascinanti vicoli che si diramano dalla piazza, si viene subito colpiti

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dalle caratteristiche case bianche con balconi fioriti, dalla presenza di poesie e aforismi su muri, porte e scale del borgo volute fortemente da uno dei suoi abitanti, “Guido il Flâneur”. Una delle sue poesie recita: “Qui il mio gemello mare ha ingigantito la mia libertà”. E poi, quei secondi di pura libertà provati ascoltando, dalle bellissime terrazze panoramiche del borgo, il rumore delle onde che si infrangono sulla roccia. Queste rime si mescolano perfettamente con tutti i colori, i profumi e i suoni rendendo l’atmosfera quasi magica, regalano la sensazione di passeggiare in un paese che sembra uscito da un romanzo. Polignano a mare è conosciuta anche per essere la città natale di Domenico Modugno, cui gli abitanti hanno dedicato un

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monumento, una statua con le braccia aperte rivolte verso il borgo che sembra quasi lo abbracci calorosamente. “Nel blu dipinto di blu” recita il cantautore in una delle sue canzoni, citazione che ha fatto sognare intere generazioni e, ancora oggi, lo immaginiamo tra le vie del borgo, con gli occhi sognanti, ad intonare i suoi versi... P olignano a Mare, known also as “Trulli Coast”, rises on a coastbeach cliff. It will enchant you with its beauty: you will access historical centre through a Marquis Arch, and stare at “Clock Palace”, along the seafront you will stop and take a picture in front of Domenico Modugno Sculpure, as huge as its fame and love for its natal place.


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ph Carlo Elmiro Bevilacqua

BARI,

tra sogno ed arte

di Eleonora Rossellini & Elena Lisco* ari, la terza città più grande del Mezzogiorno, affiora dall’Adriatico e continua ad essere ancora oggi un punto nevralgico per gli scambi commerciali, culturali e politici tra Occidente ed Oriente.

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Il capoluogo pugliese vanta una storia secolare narrata nei vicoli del centro storico di Bari vecchia che ospita la Cattedrale di San Nicola, patrono di Bari. Proprio grazie a questo culto la città ospita ogni anno migliaia di turisti ortodossi che popolano le strade del centro storico. E non sono gli unici! Durante le belle giornate primaverili ed estive, la piazza principale della città, ossia Piazza Ferrarese, si riempie di visita-

tori affascinati dall’arte e dagli odori che impregnano il quartiere. Il quartiere Murat, in pieno centro, è una vetrina di gioielli architettonici. Qui emergono palazzi in stile razionalista e tardo Liberty ed è possibile ammirare un primato barese: il Teatro Margherita, unico in Europa per la particolare costruzione su palafitte. Non lontano, il fascino del teatro Petruzzelli, il quarto teatro più grande d’Italia e simbolo culturale della città. Qui è d’obbligo lasciarsi trasportare dalle melodie delle pièce teatrali che regolarmente vengono messi in scena. Immancabile è una passeggiata sul lungomare della città, il più lungo d`Europa, che con innumerevoli lampioni e panchine costeggia il capoluogo ed unisce i poli opposti della città. Emotivamente di gran pregio, la possibilità di vedere stagliate

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all’orizzonte piccole imbarcazioni di pescherecci locali che rientrano nel porto stanche dopo lunghe giornate di lavoro. Tramonti mozzafiato lasciano così spazio a cieli illuminati di stelle. La sera tutta la città si accende di luci soffuse che evidenziano il grande fascino delle città di mare.

B ari is the third biggest city of South Italy, set up on the Adriatic cost, it is still an important hub for commercial, cultural and politic exchanges between East and West. Please, take a walk on the seafront that joins the opposite areas of the town. Take a deep breath, enjoy fishing boats sailing towards its harbor, admire breathtaking sunsets, starry sky and street lights giving the city a new charming shape.



FOCUS

I CLICK

di Michele Esposito

GALLIPOLI at night

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CAROVIGNO, olivi & torri sul mare

arovigno, una cittadina vissuta e riscoperta da numerosi popoli, è una realtà ricca di fascino e cultura, che riesce a far vivere antiche tradizioni. La Proloco di Carovigno,

ph studio Ladogana

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da anni, custodisce storia e cultura facendo rivivere queste tradizioni. Fra le tante meraviglie che promuove è doveroso ricordare il Santuario di Belvedere cui è legata la festa degli sbandieramenti detta Nzegna, cui è anche legato un patto di Pace mariana fra la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa riconosciuto da Papa Francesco e dal Patriarca Bartolomeo I. Non meno importante è la lunga costa ricca di torri saracene, di cui la più significativa è Torre Guaceto, che presidia l’omonima zona marina protetta, ma anche Torre Santa Sabina a forma stellare.

Si trova in prossimità del luogo dove sorgeva una stazione di posta dell’antica via Traiana, utilizzata anche in tempi successivi dai viandanti diretti in Terra Santa. La Pro Loco in collaborazione con il fotografo Ladogana ha promosso una sorta di censimento fotografico degli olivi millenari esistenti sul suo territorio, memoria evidente dell’eredità che ci hanno tramandato i nostri antenati greci.

C arovigno is a little town full of charm and culture, where ancient traditions take life. Please do not miss “Belvedere Shrine”, famous also for flag waving festival known as “Nzegna” and Marian Peace Agreement between catholic and orthodox churches legitimised By Francis Pope and Bartolomeso 1st Patriarc.

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LECCE & LE SUE MARINE memorie d’un porto e cento torri di Maria Gabriella de Judicibus ecce e il Salento sono stati prima dimora dei Messapi, poi hanno concorso a dare vita alla Magna Grecia, infine sono stati Romani a fare del Salento l’approdo ideale. Per il viaggiatore, infatti, come capoluogo della “penisola della penisola”, Lecce appare la città più orientale d’Italia, protesa verso due continenti, crocevia di razze e popoli che hanno attraversato il mare per scrivere la propria storia. Presso il Museo Provinciale Sigismondo Castromediano, di proprietà della Provincia di Lecce, attraverso l’esposizione di interessanti reperti archeologici è possibile approfondire la conoscenza del Salento fin dai tempi preistorici ed in particolare della dominazione messapica e romana le cui vestigia sono attestate anche dall’anfiteatro e dal teatro che si trovano nei pressi della piazza principale della città e dai resti del Porto Adrianeo, re-

centemente riportato in auge presso la località marittima di San Cataldo. Il fil rouge che lega impercettibilmente ma stabilmente la città alle sue marine (San Cataldo, Frigole, Torre Chianca, Spiaggiabella, Torre Rinalda) è proprio la Storia,

dal già citato porto voluto dall’imperatore Adriano fino alle torri costiere fatte erigere da Carlo V per difendere il territorio dagli attacchi dei pirati saraceni. Tutte le marine di Lecce offrono al visitatore spiagge con attrezzati e ospitali stabilimenti, pinete ed oasi naturali (le Cesine e Rauccio), ristoranti vista mare dove gustare ottimi piatti a base di pesce freschissimo e frutti di mare.

ph Amleto Lala

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Grazie al Progetto Delfino ideato e portato avanti da Pro loco Lecce fin dal 2009, in tutte le marine leccesi è possibile per i disabili fare il bagno gratuitamente e facilmente con l’ausilio Job, una sedia speciale leggera e colorata, dotata di grandi ruote galleggianti.(info www.prolocolecce.it).

D o not make the mistake to think that Lecce has no beaches!! It has its “marine”: San Cataldo, Frigole, Torre Chianca, Spiaggiabella, Torre Rinalda where you can find good bathing establishments, restaurants and place where to enjoy drinks and music. A special historical net connects all these places: coast towers made up by Carlo V to protect from pirates invasions or a huge harbor erected by Adrian Emperor.


ph Dino Longo

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OTRANTO, ponte con l’Oriente

tranto (Hydruntun dei Romani), situata tra la valle dell’Idro e l’Adriatico, fu per molti secoli il centro politico, culturale e commerciale del Salento, che continua a chiamarsi anche “Terra d’Otranto”. Le sue origini e il suo nome risalgono alla prima colonizzazione magnogreca, che fece di questa città, la più orientale d’Italia, il ponte d’unione tra l’Oriente e l’Occidente mediterraneo. Prima che i Turchi la radessero al suolo (1480), Otranto svolse un ruolo di primaria importanza nella storia del Mezzogiorno italiano, specialmente durante il Medioevo e le Crociate e nei lunghi periodi di lotta tra papato e impero, tra Bizantini, Goti e Longobardi, e poi in età normanna (ne resta la testimonianza della grandiosa cattedrale), sveva e

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angioina fino all’avvento degli Aragonesi. Nella città sono rimaste tracce, più o meno evidenti, del passaggio di tutte queste civiltà. Oltre ad un inestimabile patrimonio artistico, Otranto ha la fortuna di godere di un clima di eccezionale mitezza in quasi tutti i mesi dell’anno. Una didascalia per l’immagine: segna il percorso pedonale illuminato che da piazza All’Umanità Migrante, situata nell’area portuale, introduce i visitatori nel centro storico. o tranto name has its origins in the first Magna Greek colonization: thanks to them Otranto became a communication bridge between Mediterranean East and West population. You can still stare at historical traces of an important past, in which it was a prominent role during Middle Age, Crusades, eternal fights between Pope end Emperors, Bizantines, Goths, Longobards, Angevins, Aragons.

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ph Amleto Lala

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CASTRO,

la fortezza di Minerva

di Maria Gabriella de Judicibus i spingiamo innanzi sul mare (...) quando da lungi scorgiamo oscuri colli e il basso lido dell’Italia (...) Le invocate brezze rinforzano, e già più vicino si intravede un porto, e appare un tempio di Minerva su una rocca. I compagni ammainano le vele e volgono a riva le prore. Il porto è incurvato ad arco dalla corrente dell’Euro; i suoi moli rocciosi protesi nel mare schiumano di spruzzi salati, e lo nascondono; alti scogli infatti lo cingono con le loro braccia come un doppio muro, e ai nostri occhi il tempio si allontana dalla riva”.(Virgilio, Eneide, Libro III)

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Nel 2007, sull’acropoli di Castro, tracce di un luogo di culto dedicato dai Romani alla dea Minerva, confermano il centro salentino come la mitica Castrum Minervae, approdo dell’eroe Enea, protagonista del poema virgiliano e mitico progenitore del fondatore di Roma.

Il toponimo “Castro”, infatti, deriva dal latino Castrum, porto militare fortificato e strategico dominato da un alto promontorio. Il nucleo antico di Castro costituisce l’unico esempio, nell’intera provincia, di cittadella fortificata situata su un’altura rocciosa prospiciente il mare. La cinta muraria che racchiude il centro storico, rafforzata dal poderoso castello e da alcune torri, è stata, in gran parte, utilizzata come fondamenta delle case perimetrali dell’antico abitato: restano tratti di cortina e quattro tra torri e bastioni mentre la cosiddetta Porta Terra è andata distrutta. Ma Castro non è solo fonte di storia e cultura, è anche luogo straordinario per le bellezze naturali che offre

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a partire dal mare, con le sue grotte costiere quali la Zinzulusa, la “stracciata”, unico sito carsico italiano tra i dieci mondiali segnalati dal Karst Waters Institute (KWI) e la grotta Romanelli, con resti d’arte parietale risalenti al Paleolitico. E dopo una mattinata di sole accecante e mare azzurrissimo, è bello trovare riposo nel vicino bosco, il Parco delle Querce o dello Scarra.

C astro is known as romans Minerva’s worship centre, Enea’s landing place, the hero of Virgilio’s poem ancestor of Rome founder. Castro is not famous only fo its historical roots, but for its natural beauties: breathtaking coast beaches, landscapes, beach caves, such as Zinzulusa and Romanelli ones, in where prehistorical art traces can be found.


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GALLIPOLI, arte, mare & nostalgia di Lucia Fiammata ialogo di fine estate sulla spiaggia della Purità. Una donna piange sommessamente. Perché? Ha bisogno di aiuto? Grazie, no. È solo malinconia… Devo partire, è finita la vacanza e non so lasciare questo splendido mare, il suo profumo, le sue bianche spiagge, questo volteggiare di gabbiani nell’azzurro cielo. Ma come si fa!? Lo vedete voi stessa di cosa parlo. Ah, se potessi infilare tutto in valigia, anzi no, nelle mie tasche! Ma potrà tornare la prossima estate. Sì, ma mi mancheranno molto i colori meravigliosi dei tramonti, la vista di quel bianco faro sull’isola. Mio marito è dispiaciuto quanto me. Ormai i suoi discorsi sono fatti di mignani, capitelli, tele, pale

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d’altare, edicole sacre, facciate barocche, giardini nascosti, palazzi fortificati, vicoli stretti, cinta muraria, quasi da esperto conoscitore delle vostre bellezze artistiche e architettoniche. Sa cosa mi ha colpito di più della parte antica della città, al di là di ogni aspetto? La socialità di voi gallipolini. Mi sono chiesto la ragione e penso che sia dovuto al fatto che nelle corti, dove si affacciano le case con quelle caratteristiche scale esterne, si è dovuto condividere spazio pubblico e privato. L’estate è lontana, ma può sempre fare un salto a Gallipoli a Natale e poi a Pasqua. Si, penso proprio che lo farò. Ho visto fotografie su riti pasquali e tradizioni natalizie.

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Posso immaginare l’atmosfera che si crea tra pastorale, presepi artistici, spari di “pupi, “caremme” e “pupe” e “caddhuzzi” dolci a Pasqua. Sì, sì, ci rivediamo presto.

A dialogue in Gallipoli between a sad leaving tourist and a inhabitant will let you dream about this charming maritime town: its blu sea, white sandbeaches, baroque façades, fortified castles, surrounding walls, little streets, warming people. And a thought over all: a sad heart can be healed by the guarantee that you can come back home during holy holidays.



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SANTA MARIA di LEUCA

ph Orazio Coclite

fascino, mito e mistero

di Antonio Romano anta Maria di Leuca si trova sulla punta estrema della Penisola Salentina… finis terrae. Guardando a sud, solo mare, il centro del mediterraneo; a oriente una striscia indica la costa greca, ma la foschia spesso confonde l’orizzonte. Questa punta estrema meridionale della penisola resterà sempre in parte misteriosa, perché Leuca ha le sue origini che si perdono nella notte dei tempi: Promontorium Japigium, Promontorium Sallentinum per i romani, Sacra Japigia secondo Plinio il Vecchio, Scopulus Japigiae secondo Strabone. Le origini sono avvolte da racconti mitologici che riescono ad evocare il fascino e la suggestione del luogo. Una leggenda narra che al tempo dei Messapi, si ergeva sul promontorio Ja-

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pigio, dove oggi è situata la Basilica di S.Maria de Finibus Terrae, un tempio dedicato alla dea Minerva. Nell’ultima parte del secolo scorso archeologi di chiara fama si sono dedicati allo studio del consistente patrimonio archeologico di Leuca, in prevalenza sulla Punta Ristola, nelle terrazze di Punta Meliso (Scopulus Japigiae), nella Porcinara (santuario messapico-grecolatino), nella Grotta del Diavolo, nella Grotta dei Giganti, nella Tre Porte, dove è stato identificato il primo reperto fossile neandertaliano del Salento. Nella fascia costiera orientale le acque carsiche, sommando la loro azione di erosione a quella marina, hanno creato e modellato anfratti, caverne, grotte, la cui spettacolarità riesce a destare fortissime emozioni.

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Un grande patrimonio naturale. Allineate, a pochi passi dal mare, le ville. Verso la fine dell’800 se ne contavano 50, negli stili più vari e sofisticati; “un bazar di stili”, gotico, toscano, pompeiano, moresco, francese, cinese; oggi, quasi tutte, fanno bella mostra sul Lungomare.

S anta Maria di Leuca is the further to the south city of Apulia, the end of land. Karstic waters shaped the coast giving birth to stunning caves. This charming town is known also for its wonderful villas that combine different styles: Gothic, Tuscan, Pompeian, Moorish, French and Chine as well.


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SANTA MARIA al BAGNO, quattro colonne di storia sul mare di Maria Gabriella de Judicibus ’è una località deliziosa, frazione di Nardò, distesa nel verde Ionio: Sancta Maria De Balneo o Sancta Maria ad Balneum. Chi ama fare il bagno, infatti, in una caletta sempre riparata dal vento e dotata di tutti i confort e di un arenile perfetto per i più piccoli, può scendere nella piccola spiaggia su cui si affaccia la piazzetta del paese. Chi invece ama la scogliera bianca e calcarea, i tuffi e le nuotate in mare aperto, può spostarsi lungo tutta la costa ad essa prospiciente, verso Gallipoli o verso Santa Caterina. Andando verso Gallipoli, all’uscita di Santa Maria, svettano maestose le cosiddette “quattro colonne”, così chiamate dalla gente del posto, resti di una antica torre di avvistamento fatta erigere da Carlo V, nel XVI secolo, per difendere il territorio dagli assalti dei pirati Saraceni che qui venivano a rifornirsi di acqua dolce presso il

fiume Galatena. La Torre del Fiume di Galatena, alta 16 metri, presentava, anticamente, una struttura tronco piramidale a base quadrata con bastioni angolari a pianta pentagonale. La parte centrale dell’antica torre crollò e ne restarono solo i quattro bastioni angolari. Abitata fin dalla preistoria, si sviluppò come porto romano, Emporium Nauna, corredato da edifici termali con vasche per i bagni e fu dimora dei Cavalieri Teutonici, luogo di sosta per i pellegrini provenienti dalle crociate. I Saraceni distrussero edifici, chiesa e impianti, finché Carlo V, nell’ambito del programma di difesa delle coste, fece costruire la già citata Torre del Fiume di Galatena. Tra il 1943 e il 1947, l’esercito Alleato decise di ospitare a Santa Maria oltre centomila Ebrei

ph Amleto Lala

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scampati ai campi di sterminio nazisti e in viaggio verso il nascente Stato di Israele. A testimonianza di quel periodo, restano ancora tre murales che hanno offerto lo spunto per la realizzazione del Museo della Memoria e dell’Accoglienza, con annessa biblioteca, emeroteca e documentazione visiva e multimediale.

S anta Maria al Bagno is an ideal bathing town also when it is too windy, and perfect for who loves sand and who loves rocks as well. In this charming place you will be enchanted by “Quattro Colonne”, a huge monumental fortified tower structure, set up by Carlo V in XV century. Santa Maria al Bagno has a historical trace of Second World War: a Museum in which you can find traces of Jewish people saved by the Allies.


ph Amleto Lala

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PORTO CESAREO, trasparenze azzurre & sabbie bianche di Maria Gabriella de Judicibus rea Marina Protetta. Quella di Porto Cesareo è la terza, per estensione, in Italia.

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Grazie alla mappatura dei fondali, abbiamo informazioni dettagliate su tipologia, distribuzione ed estensione degli oltre 15 habitat mediterranei, come le praterie di Posidonia oceanica, il coralligeno e, infine, le grotte sommerse dovute al fenomeno del carsismo che genera cavità sotterranee, in alcuni casi, visibili in superficie a causa del franare della volta da cui deriva il dialettismo di spunnulata sprofondata). Un sito affatto originale è la Palude del Capitano, specchio acqueo in cui si mescolano acqua salata marina e acqua dolce della falda freatica. Ma tutta la costa di Porto Cesareo è un incanto: l’acqua è particolarmente

trasparente con chilometri di spiaggia dalla finissima sabbia bianca. Porto Cesareo o Cesarea romana, come testimonia il suo aulico toponimo, prima di Cristo costituiva un emporium che durante il periodo romano si avvalse dei collegamenti favoriti dalla prospiciente Via Traiana o Sallentina. Agli inizi del 1500, porto ed emporio divennero punto di riferimento per il commercio di olio e grano verso Napoli, Venezia e Genova, così come in precedenza lo era stato verso la Sicilia. A partire dalla metà del XVI secolo, con la fortificazione della costa, fu ultimata la torre di Cesarea, ricostruita

nel 1622, la comarca, dove risiedeva il castellano, comandante delle guarnigioni di altre torri costiere della fascia ionica. Verso la fine del sec. XVIII, sorse la prima tonnara, in grado di attirare l’attenzione, oltre che dei pescatori tarantini che vennero ad abitarvi, anche della ricca borghesia leccese. Con la bonifica dell’Arneo, durante il periodo fascista, l’incremento demografico fece del centro, denominato Porto Cesareo, la meta di turismo balneare. Ciò indusse infine i residenti a chiedere l’autonomia dal Comune di Nardò, di cui era frazione, conseguita il 20 maggio 1975.

P orto Cesareo has the third biggest Protected Area in Italy, a charming and wonderful kilometers of white sand. Do not miss Palude del Capitano, a mysterious and charming area where fresh and sea waters flow into. After Porto Cesareo has been reclaimed, it grew as important touristic hub.

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TARANTO,

due mari di mito e di storia di Salvatore Selvaggi* di età ellenistica, la cattedrale di San Cataldo. È la più antica cattedrale pugliese, perfetto connubio di romanico e barocco con elementi bizantini e normanni e possiede al suo interno il meraviglioso cappellone di San Cataldo: un trionfo del barocco, ricchi marmi e una serie di statue realizzate dal Sanmartino, sormontato da una superba cupola affrescata dal napoletano Paolo De Matteis. Tra le chiese maggiori per il loro valore storico artistico, sono da annoverare la romanica chiesa di San Domenico e la gotica San Francesco di Paola; vi sono inoltre cripte, monasteri ed edicole votive. Sempre nella città vecchia, vi è la casa natale del celebre compositore Giovanni Paisiello autore della prima versione della celeberrima opera “Il barbiere di Siviglia”. Oltre la città vecchia, vi è il Borgo umbertino con i bellissimi palazzi neoclassici e liberty e la Concattedrale Gran Madre di

Dio progettata dall’archistar milanese Gio Ponti. Ma Taranto è anche paesaggio, mare e natura. Le isole Cheradi nella baia del mar grande e la fauna marina che annovera anche i delfini, rendono Taranto una città straordinaria tutta da scoprire.

T aranto is the two-sea city, with its mythical origins, the only Spartan colony and heir. The old city, an island linked to the mainland by two bridges, is filled with art and history, having one of the richest architectural landscapes in Italy: the Aragon castle, a majestic defensive endeavour, two columns once part of an Ancient Greek temple, and then palaces, crypts, monasteries and Churches, such as San Cataldo Cathedral and Gio Ponti one in the Umbertino Borgo.

ph Maria Gravina

ituata al centro dell’omonimo Golfo, Taranto è la città dei due mari, dalle origini mitiche legate a Taras, figlio di Poseidone alla sua fondazione storica per mano di Falanto, la rendono l’unica colonia ed erede di Sparta. Adagiata su un istmo che separa il mar piccolo dal mar grande, Taranto ha una lunga storia da raccontare, il suo splendore magno greco rivive nei suoi famosi “ori”, raffinate produzioni dell’arte orafa locale tra il IV e il II secolo a.C. custoditi insieme ad altri inestimabili reperti archeologici nel museo archeologico nazionale il MArTA, uno dei più importanti in Italia. La città vecchia, isola collegata alla terraferma da due ponti, trabocca di arte e storia che fanno di essa uno dei panorami architettonici più ricchi e vari dell’intera penisola: il castello aragonese, imponente opera difensiva, le due colonne superstiti del tempio dorico

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FOCUS

All’insegna di uno stile di vita italiano apprezzato in tutto il mondo

NOTTI al MARE di Teresella Consonni

ggi, rispetto a pochi anni fa, sono davvero molteplici le possibilità di svago e di divertimento, sia nelle città sia nei piccoli centri o nei borghi italiani. In Italia non mancano e sono particolarmente diffusi nelle località di mare e di vacanza tutti tipi di locali destinati alla socialità e a una pausa in relax: ristoranti, osterie, pizzerie, locali per spuntini spesso ispirati alla gastronomia e alla tradizione culinaria locali, botteghe vegane, cioccolaterie, paninerie, furgoni con street food, gelaterie, birrerie anche artigianali, bar alla moda, pub, bar, discoteche, circoli sportivi e culturali, consorzi e così via, secondo mode che nascono per intercettare chi ha voglia di riposare ma, soprattutto, di svagarsi e di divertirsi in ambienti diversi, alla moda e gratificanti. Tutti questi luoghi di aggregazione restano aperti facilmente fino a tarda notte, in particolar modo nel momento della vacanza. E le località di mare li vedono sempre affollati e facilmente per entrare bisogna affrontare code nei momenti di maggiore afflusso di residenti e vacanzieri. Una moda,

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anche, ma soprattutto una modalità di ispirarsi allo stile di vita italiano, tanto apprezzato nel mondo per la sua piacevolezza. La “vita nella rete”, come testimonia il Rapporto Giovani 2018 curato dall’Istituto Toniolo, è uno spazio permanente di incontro per giovani italiani che si rivelano sempre connessi con il cellulare in mano, ma in maniera autonoma, attenta e con una chiara tendenza a rifiutare forme di violenza e di odio che si trovano in rete. La connessione pressoché permanente diventa anche un forte facilitatore per migliorare forme di relazione e di aggregazione, in persona e non solo virtuali, nei luoghi deputati al ritrovo e all’uso sociale del tempo libero. Whatsapp, Facebook, Snapchat, Twitter, Instagram, Pinterest... diventano tramite per aggregare e condividere momenti di vacanza, viaggi, gite,

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eventi ed esperienze di ogni genere, vissuti fisicamente anche in quanto partecipati sulla rete in tempo reale, attraverso il cellulare, spesso con foto e filmati a documentazione della realtà. Nuovi strumenti di forte rilevanza per orientare i consumi turistici nel web, specie tra i più giovani, ma non solo. Molte sono le risposte oggi rese accessibili con immediatezza, anche attraverso l’uso costante di app e di social, specie per giovani che stanno cercando di divertirsi o di ritrovarsi in svaghi condivisi tra coetanei e amici. Musica, locali di vario genere, discoteche, pub, birrerie, paninerie, gelaterie, cioccolaterie, pizzerie, a volte anche purtroppo alcol, o peggio, ingurgitato per sballarsi. Tutto questo è disponibile sempre nelle località di mare, ma anche altro: come le passeggiate serali e notturne lungo il corso principale con la sosta per un gelato o una granita, la condivisione di selfie nella compagnia attraverso i social, la ritualità di un aperitivo o di un drink da declinare secondo mode ed emozioni del momento.


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Una linea di tendenza che si manifesta da qualche anno va nella ricerca di un benessere conquistato in vacanza e da conservare durante tutto l’anno, facendo ricorso anche a piccole pause piacevoli da intervallare alla routine lavorativa e di abitudini, attraverso weekend più o meno prolungati, secondo calendario, in ogni stagione dell’anno anche grazie alle buone condizioni climatiche del nostro territorio. Altra fonte tradizionale di svago, relax e divertimento è lo stare insieme agli altri. Ed ecco uno dei motivi per cui tanti locali sono luoghi frequentatissimi dai giovani, soprattutto nelle ore tarde della giornata e nella notte, specie nei periodi di vacanza quando le regole della solita vita sembrano allentarsi e si riguadagnano tempi più personali. Si vedono poi giovani numerosi (e persone di ogni età) passeggiare insieme nelle strade in gruppi e comitive, passare il tempo socializzando tra loro, oltre che attraverso social e messaggistica fidati compagni di ogni attività. Le città italiane sono quasi sempre antiche, molto belle per la presenza di monumenti storici, chiese, palazzi e di solito gravitano intorno al centro storico: una piazza, di norma, nella quale d’estate e d’inverno si svolge la vita sociale della comunità e i turisti, anche stranieri, amano passeggiare ed entrare a fare parte di quello che appare come uno stile di vita italiano, molto relazionale, gradevole e socializzante al massimo grado. Il tempo della vacanza si apre in modo meno convenzionale e spontaneo per tutti, in ogni fascia di età, alla conoscenza più immediata di altre persone, senza troppe regole o consuetudini limitanti come spesso accade durante il tempo dell’anno che non è destinato al relax, allo svago, al divertimento come quello della vacanza: tempo destinato maggiormente a sé e ai bisogni personali. E un anticipo di prenotazioni di vacanze cresce quest’anno, nel segno di una sorta di carpe die alla Italiana,

come sottolinea una ricerca di GfK presentata alla Bit - Borsa Internazionale del Turismo. Chiunque, in Italia, apprezza sempre la capacità di accoglienza, la sincera curiosità e interesse che accolgono un ospite temporaneo del luogo, sia italiano sia straniero: una caratteristica che ci fa preferire - oltre all’ottima enogastronomia e alla capacità di relazionarsi con facilità - nelle classifiche del turismo globale, con una sicura attrattività per i turisti più lontani, come i cinesi alla ricerca in Italia di città d’arte, ma anche di esperienze in luoghi diversi, caratteristici, ricchi di tradizioni e di storia come nel caso di tutte le località, già famose o meno note, della Puglia. Un’abitudine molto condivisa, specialmente durante l’estate e nelle località di mare, in particolare, è quella di incontrarsi, prima oppure dopo cena, nel centro storico con una comitiva o gruppo sia fisso sia mobile di amici e di amiche e lì poi decidere insieme che cosa fare, dove andare a passare insieme la serata. Così ci si aggrega, si passeggia, si parla, si discute, si condividono emozioni ed esperienze in un tempo relazionale che spesso si prolunga fino a notte fonda, in un prolungato piacere di stare insieme in un luogo di bellezza e di relax. Nascono così, facilitate dall’atmosfera rilassata e gratificante, senza fretta, nuove conoscenze e amicizie che si prolungano negli anni grazie alla condivisione di esperienze anche inconsuete: il giro in barca nella notte, l’osservazione di un panorama affascinante sempre, ma particolarmente suggestivo alla luce della luna quando la natura sembra volere indurre anche a ritmi più riflessivi e riposanti e maggiormente orientati a un benessere complessivo. Non bisogna dimenticare - come sostengono ricercatori e sociologi di Eumetra Monterosa - che un obiettivo di buona parte degli italiani è quello di riuscire a stare bene, o almeno il meglio possibile. La differenza, rispetto al passato, è che ora siamo di fronte

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a minori rassegnazione e fatalismo e si dimostra maggiore progettualità, anche se si tiene conto delle risorse, spesso precarie. Tutta la popolazione italiana è coinvolta in questo diverso orientamento, ma soprattutto sono due grandi segmenti a ispirare il cambiamento in atto: i nuovi giovani adulti, colti, critici, con meno soldi dei genitori, ma che non si rassegnano a stare peggio, anzi, molto attenti al proprio stile di vita; e nuovi segmenti che stanno entrando nella cosiddetta terza età, ma con desideri di giovanilità irrinunciabile: sono le nuove “pantere grigie” con una nuova attenzione al loro benessere. Vivere bene, aspirare a un benessere che si articola in modo differente, anche se con meno soldi a disposizione, può volere dire moltissime cose, oltre a quelle più scontate come: lavoro, risorse sufficienti, salute, affetti, relazioni... Può volere dire anche (o forse soprattutto) aspirare a vivere in un contesto più sano e sostenibile con una nuova immersione nella bellezza di un territorio, non soltanto dal punto di vista dell’ambiente ma anche sotto il profilo relazionale ed etico. E in uno scenario così mutevole ecco che il mare, con la sua infinita e immutabile bellezza, configura una fonte di rasserenante positività cui ispirarsi e da cui trarre benessere e vitalità, sia di giorno alla luce del sole sia di notte al chiarore della luna. Mare: perenne sorgente d’ispirazione.

P ubs, restaurants, disco, more and more places where you can enjoy and have fun are set up in maritime Apulian centres, polisher and polisher, more and more sophisticated, where a marine landscape is not only a secondary element, but an element of the design and part of the beneath, a nice joyful evening among friends can give: our sea is a source of positivity and relax, by night and day as well, a source of endless inspiration.



Turismo&Ambiente Rita de Bernart | Orchidee di Puglia.................................................................................................................................................39 Massimo Vaglio | La scapece Gallipolina.......................................................................................................................................40 Imma Petìo | WEEKEND A... | OTRANTO.................................................................................................................................42 Gino Schirosi | La città di Manfredi di Svezia nel cuore della Daunia.........................................................46 | LA SPORTA | Trattoria Rosinella........................................................................................................................................................48 Alfredo Albahari | Osservatorio Ambiente..................................................................................................................................50 Michela Mazzali | Adriatico: un’antica ricchezza marina da recuperare...................................................53

RITA de BERNART Coltiva la passione per scrittura e giornalismo collaborando a diversi periodici su temi di cronaca e cultura

Massimo vaglio Giornalista pubblicista, scrittore, esperto di gastronomia e dei mari di Puglia

IMMA PETìO Laureata in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, fa parte del Centro Studi Relazioni Atlantico-Mediterranee di Lecce, si occupa di comunicazione

GINO SCHIROSI Scrittore, umanista, cultore di storia patria, già docente di latino e greco nei licei

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ALFREDO ALBAHARI Docente emerito di Navigazione negli istituti Nautici

MICHELA MAZZALI giornalista, da anni segue con passione tematiche ambientali. Tra le altre attività si occupa della comunicazione dell’Adriatic Recovery Project.


Maestro macellaio nel mondo |VIA LECCE, 29 | LEQUILE | | +39 339 7416856 | ginoamato1989@libero.it | LECCE - SALENTO - ITALY


TURISMO

PASSEGGIATE FLOREALI

ORCHIDEE di PUGLIA di Rita de Bernart ecine di minuscoli autentici capolavori della natura. Nascoste tra l’erba alta della macchia, le orchidee spontanee rappresentano un patrimonio di grande valore per il Salento e per la Puglia intera che a ragion veduta può essere definita terra di orchidee. Sono presenti decine di specie, catalogate e classificate dai ricercatori, ed ad ogni primavera se ne scoprono di nuove. Coloratissime, eleganti, alte non più di tre centimetri, perfette nelle loro forme e nella bellezza. È sufficiente passeggiare tra i parchi e le aree protette della nostra regione puntando lo sguardo tra la vegetazione per scorgerne una moltitudine di forme e colori differenti. Fra le scoperte più recenti la Ophris Mattinatae, esemplare di Ophrys oestrifera rinvenuto a Mattinata sul Gargano e catalogata dal team del professore Pietro Medagli, del Laboratorio di Botanica del dipartimento scienze e tecnologie biologiche e ambientali dell’Università del Salento, che insieme al collega Febo Lumare ha pubblicato diversi studi sulla presenza di queste creature, recentissimo quello sullo “Stagno di Acquatina” di Lecce. Sempre recentemente è stata descritta la Ophrys pseudomelena trovata sia sul Gargano che nel Salento.

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Candica

Ophyrys Apulica

H idden among Mediterranean scrub, spontaneous orchids are part of a high-valued heritage for Apulia. Indeed Apulia can be defined as the “orchids land”. Researchers have catalogued and classified a lot of species and every spring new types are discovered. While you walk through parks and protected areas, you may spot a lot of them, not higher than three centimetres, elegant and in different shapes and colours.

ph Maurizio Manna

Ophyrys Mattinatae

Nel parco di Porto Selvaggio lo scorso anno è stata invece scoperta e catalogata, dallo studio ambientale Avanguardie, una Orchis italica, già raro esempio nelle nostre zone, e qui addirittura albina. Scoperta eccezionale che rappresenta per Porto Selvaggio la 24esima orchidea e la prima del genere Orchis. Tra le specie endemiche di Puglia, le più note sono la Ophrys Apulica e la Candica. Anche nel Parco Regionale Punta Pizzo e Isola di SAnt’Andrea a Gallipoli se ne incontrano numerose; a studiarle è il circolo locale di Lega Ambiente. Se vi è sorto il desiderio di andarle a cercare, per godere della loro delicata e profumata bellezza, ricordate di camminare con il naso all’ingiù.

Ophyrys Pseudomelena

Orchis Italica Albina

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TURISMO

La Scapece Gallipolina di Massimo Vaglio uesta fra le varie tipologie di scapece, è senza ombra di dubbio la più elaborata, frutto di una tecnica raffinatissima anticamente codificata e gelosamente custodita da pochissimi artigiani quasi tutti gallipolini, che svolgono la loro opera in solitudine o al massimo coadiuvati da qualche collaboratore familiare. Si tratta, caso ancora più singolare, di artigiani girovaghi che propongono questa specialità esclusivamente nelle feste e fiere paesane del Salento, discendono quasi tutti in linea retta da antiche famiglie di scapeciari e applicano tutti indistintamente, con estrema ortodossia, il sotto descritto protocollo di produzione, cosa di cui è facile sincerarsi per l’estrema omogeneità sia nella presentazione merceologica sia facendo una valutazione organolettica dell’offerta. I pesci che vengono tradizionalmente impiegati per questa preparazione sono lo zerro, (Maena smaris L.) localmente denominato pupiddhru, e il garizzo (Maena chryselis Val.) conosciuto come mascularu; quest’ultima specie in particolare possiede un notevole dimorfismo sessuale, tanto che gli esemplari vengono comunemente distinti in masculari e fimmineddhre. Le specie di pesci sinora elencate sono peraltro oggetto, nel Salento, d’originali sistemi artigianali di pesca che vengono praticati in alcuni periodi dell’anno su particolari tratti di fondale atti alla riproduzione, denominati vati. Vengono impiegati anche i latterini, in particolare quelli della specie più pregiata (Atherina boyery Risso), fra le tre di latterino presenti nelle ac-

ph Nunzio Pacella

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que salentine, denominata localmente minocia gentile, e le boghe (Boops boops L.) di piccola taglia, chiamate localmente ope, ma esclusivamente quelle catturate durante gli erratismi propri di questa specie, ope te corsa, poiché solo in questa circostanza si presentano con la pancia vuota, condizione essenziale per questo utilizzo. Il pesce, che deve essere freschissimo, viene semplicemente ispezionato e selezionato per taglia, scartando pesci di altra specie o maltrattati; quindi mondato dalle alghe e da altre impurità, infarinato e fritto in abbondante olio da frittura onde galleggi facilmente a cottura avvenuta. Una volta fritto, il pesce viene poggiato in un unico strato, in cassette basse di legno foderate con carta assorbente, allineato tutto in un senso, in modo che si freddi e perda l’unto in eccesso. Una volta che il pesce si è raffreddato e asciugato dell’unto, comincia la delicata operazione dell’arringatura (generalmente riservata al maestro), che consiste nell’allineare in modo perfettamente ordinato, e tutti nelle stesso senso, alternandoli a strati di pangrattato, i

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pesci, selezionandoli contemporaneamente in modo che abbiano tutti la stessa taglia. I contenitori adoperati sono rigorosamente ed esclusivamente le cosiddette calette, che sono dei caratteristici mastelli in castagno con una spina per il drenaggio alla base. Ad ogni strato di pesce, ne succede quindi uno di pane grattugiato, anche questo particolare, poiché ottenuto da grandi pezzi di pane salentino, di farina di grano duro, cotti nei tradizionali forni di pietra alimentati con ramaglia d’ulivo. Questi vengono perfettamente decorticati, essiccati e diligentemente grattugiati, lentamente e rigorosamente a mano, onde evitare che il pangrattato si surriscaldi andando incontro a fermentazione. Questo, viene lasciato ulteriormente essiccare ben disteso, rivoltandolo spesso, quindi, accuratamente setacciato onde eliminare le particelle più


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le strumentazione dello scapeciaro), che si lascia uscire poco dopo spillandolo dal fondo. Come si evince dal testo, tutte le fasi di lavorazione sono estremamente meticolose ed artigianali, financo la preparazione e la decolorazione dell’aceto, che è anche questo particolare, in quanto si tratta esclusivamente d’aceto di forte acidità ricavato artigianalmente da robusti vini rossi e rosati, acetificati con l’ausilio della cosiddetta “madre” e decolorato mescolandolo con della farina 00 che viene lasciata lentamente decantare; operazione, che se ben eseguita rende l’aceto completamente incolore, condicio sine qua non, per non alterare il colore del prezioso zafferano. Inutile, cercare la scapece al di fuori delle feste e delle fiere paesane del Salento. Potrete trovare al massimo delle patetiche imitazioni. Classico cibo da strada, viene venduta esclusivamente durante tali ricorrenze, sulle tradizionali bancarelle costituite da assi di legno tinteggiate a

colori vivaci e munite dei particolari bilancioni con i lucidi piatti di rame stagnato. Nessuno scapeciaro affiderebbe la sua “creatura” ad altri, ve la servirà personalmente e con meritato orgoglio prelevandola con maniacale cura, dai mastelli. Dal contesto, si evince la peculiarità e l’estrema originalità di questa antica produzione, autentico capolavoro della gastronomia salentina miracolosamente sopravvissuto sino ai nostri giorni.

S capece is a local specialty made with an ancient hone technique, only known by a few special artisans: firstly, fish is flourcovered, then fried in boiling oil and dried from its redundant grease. It is then alternately squished in wooden containers with vinegar and saffron flavoured breadcrumbs. Seen as a classic street food, it is exclusively sold during local town celebrations, on traditional stalls with their particular tinplated copper scales.

ph Alessandro Magni

grosse, infine colorato con aceto in cui sono stati stemperati degli stimmi di zafferano sino a fargli acquisire la tipica, abbagliante colorazione giallo acceso. Una volta colmata - l’ultimo strato deve essere di pane - la caletta viene allagata delicatamente con dell’altro aceto colorato, quindi, viene leggermente compresso il tutto, gravandolo in superficie, con un apposito pesante coperchio di legno, infine, il mastello, viene riposto in luogo fresco ove in qualche giorno, a seconda della taglia dei pesci impiegati, si otterrà la perfetta marinatura della scapece, rilevabile dallo stato di ammorbidimento della lisca dei pesci. A questo punto, può essere consumata da subito, ma mantenuta in luogo fresco, si conserva inalterata per molti giorni, in questo caso, per ravvivarne la fragranza, all’ultimo momento viene nuovamente rinfrescata con dell’aceto tenuto in fresco nei tradizionali ‘mbili (orci di argilla non vetrificati anche questi facenti rigorosamente parte della peraltro minima-

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TURISMO

ph Nunzio Pacella

weekEnd a

OTRANTO

mare, arte e botteghe... a tutto swing di Imma Petìo n assoluto una delle più raffinate città di mare, ma senza sofisticazioni, autentica e vera, in uno splendore capace di incantare chiunque. Se volessimo racchiudere la nostra proposta in una frase, la città di Otranto è questo, e lo è in un modo indiscusso, che la contraddistingue da altri luoghi simili presenti in zona o altrove. Vanta, infatti, una fama di altissimo livello, eppure, alla notorietà di cui la città è già così meritatamente degna, vorremmo abbinare il racconto

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di un’occasione più unica che rara, quella che, nel weekend dal 15 al 17 giugno, l’ha vista trasformarsi per tre giorni nella capitale dello swing, in occasione del “Salento Swing Festival”. Ma partiamo dalle “basi”… una cittadina, Otranto, davvero molto nota per svariate ragioni, legate a: - la sua ubicazione: il Capo d’Otranto, già Punta Palascia, che è il punto più orientale d’Italia ed il faro lì collocato, ristrutturato di recente, è compreso tra i cinque fari del Mar Mediterraneo

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tutelati dalla Commissione Europea. Ogni 31 dicembre richiama moltitudini di persone che desiderano assistere alla prima alba del nuovo anno visibile in Italia, proprio ai piedi del faro. Interessante anche che, secondo alcune convenzioni nautiche, questo luogo costituisce il punto di separazione tra il Mare Adriatico e lo Ionio. - Episodi storici peculiari, le cui testimonianza è visibile e tangibile quasi nel vero senso della parola in una teca di vetro posta in un altare laterale


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ammirare il panorama mozzafiato che si affaccia sul porto e sull’intera costa. Tutto questo, e molto altro, è stato lo scenario di un evento inedito in Salento, grazie al quale è venuta fuori tutta la straordinaria attrattività di Otranto anche quale location degna dei più grandi eventi culturali internazionali. La magia di uno stile di musica ricercato, ma allo stesso tempo autentico e genuino, esattamente come la città, ha condotto i più fortunati alla scoperta di una Otranto dove il mare, il castello, il Lungomare degli Eroi, il porto e alcuni lidi hanno rappresentato lo scenario ideale non solo per tutti gli appassionati, gli artisti, i musicisti di fama internazionale e i lindy hoppers (Il Lindy hop è il ballo swing per eccellenza), ma anche per i turisti, i visitatori occasionali e gli stessi cittadini idruntini.

L’atmosfera riprodotta dalla band e dalle esibizioni di grandi ballerini, insieme al tocco vintage degli accessori e dei vestiti che i partecipanti hanno sfoggiato, ha rivestito i suoi luoghi di una luce particolare, quella della freschezza, della genuinità, ed anche di quel tocco di romanticismo caratterizzava le bellissime serate anni

ph Nunzio Pacella

del Duomo, dove sono custoditi i teschi degli 800 Martiri che resistettero all’invasione ad opera dei Turchi, che assediarono Otranto dal mare, la conquistarono e la saccheggiarono nel 1480, nel tentativo di costituire un presidio ottomano in terra cristiana. - L’architettura e l’arte che la caratterizzano: per esempio, la sua Cattedrale custodisce da quasi nove secoli un mosaico unico al mondo, un grande mistero di arte e di fede, che ricopre tutto il pavimento della chiesa come un ricco tappeto di pietre e tasselli colorati. Si distende per 16 metri, dall’ingresso all’altare. Realizzato fra il 1163 e il 1165, è il più grande d’Europa, quasi integro, resiste da quasi 900 anni ai danni e all’usura del tempo. - Un mare cristallino, i vicoli del centro storico dove addentrarsi per apprezzare raffinati negozi e botteghe o assaggiare le specialità tipiche nei numerosi ristoranti e bistrot, che sorgono in gran parte lungo il percorso creato dalle mura difensive idruntine del Castello aragonese (location per mostre ed eventi culturali durante tutto l’anno), sulle quali si ergono maestosi i bastioni, ritrovo della movida e punto da cui

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’40 di un pezzo di storia americana. Una storia in cui il piacere di stare insieme, la spontaneità e la buona musica rappresentavano il vero divertimento! L’evento, primo ed unico nel suo genere, è nato con l’obiettivo di ospitare Lindy Hopper provenienti da tutta Europa ed è stato promosso dalla community di Salento Swing People, (a cui ha dato vita l’Associazione JazzAllJazz) nata e cresciuta qualitativamente e numericamente negli ultimissimi anni insieme ai corsi di Lindy Hop e Charleston e ai vari eventi a tema in giro per il Salento.

W ith its exhibitions and cultural events, Otranto is well-known for several reasons: it is the most eastern place in Italy; in its Cathedral you can still stare at its 800 Martyrs bones, who fought against Turks invasion in 1480; it has a crystal blue clear sea and beautiful streets where you can appreciate typical shops or taste local specialties. You can also witness a breathtaking view on the harbour and the coast from the Aragonese Castle walls and their majestic strongholds.


TURISMO

Sulla ciclovia dell’acquedotto pedalando nella natura di puglia

“ C

iclovia dell’acquedotto pugliese. Cicloesplorazione da Caposele a Santa Maria di Leuca” è la singolare guida del giornalista leccese Roberto Guido, uscita per Ediciclo, editore specializzato in cicloturismo e turismo sostenibile. La Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese è uno straordinario itinerario, tra storia e natura, nell’Italia interna del Sud, tra Campania, Basilicata e Puglia. Si pedala “sull’acqua” per 500 chilometri, dall’Irpinia al Salento, passando per il Vulture, l’Alta Murgia e la Valle d’Itria, attraverso un percorso che mette insieme il fascino dei luoghi con l’opera dell’uomo, producendo bellezza. Si segue la condotta storica dell’Acquedotto Pugliese, realizzata tra il 1906 e il 1939, un’opera magnifica di pregiata archeologia industriale. Pedalando su strade secondarie e sentieri sterrati, un perfetto itinerario gravel, si attraversano borghi arroccati e incantevoli città del Mezzogiorno, ma anche straordinari ambienti naturali. Da Caposele a Santa Maria di Leuca è un susseguirsi di emozioni, suddivise in nove tappe, che culminano nell’arrivo trionfale davanti alla Cascata Monumentale, nel cuore del Mediterraneo. “Crediamo che la ciclovia sia a tutti gli effetti un itinerario per la scoperta del Sud, non a caso c’è grandissimo interesse per questo progetto”, afferma Roberto Guido, “e non solo tra gli appassionati. Questo sia perché l’itinerario è bello dal punto di vista ambientale sia per la storia che esso racconta. La guida è un itinerario narrativo di un Sud che da solo, con le proprie forze, ha cambiato il corso della storia, è la storia di un popolo che grazie all’Acquedotto Pugliese si è liberato dall’atavica sete e ha modificato il suo destino. E oggi offre l’opportunità di pedalare in libertà nella natura e nella storia di Puglia”.

Le dolci colline verdi punteggiate dal bianco dei trulli circondano il ponte canale più lungo della condotta: è il ponte Galante, lungo ben 559 metri. È alto quanto basta per assicurare un punto di vista unico sulla Valle d’Itria, con le ringhiere decorate da motivi d’acqua. Si pedala a qualche metro di altezza dal fondo valle, con lo sguardo che spazia a 360 gradi, dominando un paesaggio bellissimo.

T he Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese (literally “Apulian Aqueduct cycle path”) – following water conducts built between 1906 and 1936 and considered as a precious industrial archaeological piece – is a stunning itinerary, between history and nature, in Southern Italy backcountry, in Campania, Basilicata and Apulia. You can cycle “on water” for 500 kilometres, from Irpinia to Salento, passing through Vulture, Alta Murgia and Itria Valley, along a path that combines beautiful landscapes and human endeavours.

A Caposele c’è il chilometro zero dell’Acquedotto Pugliese. Qui, in Alta Irpinia, ci sono le sorgenti del Sele che per il 90 per cento vengono captate per essere immesse nella condotta storica dell’Acquedotto Pugliese che attraverso gallerie, sifoni e ponti canale assicura l’acqua potabile a un’intera regione. L’opera, iniziata nel 1906, vide il suo completamento nel 1939 con l’arrivo dell’acqua a Santa Maria di Leuca.

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TURISMO

Il Ponte canale Bradano è uno dei più imponenti: ce ne sono ben 91, realizzati insieme alle 99 gallerie, per consentire all’acqua di scorrere “a pelo libero”, sfruttando una lieve pendenza. La ciclovia segue le tracce di questa straordinaria opera, veri e propri monumenti di archeologia industriale che si fondono nella natura di luoghi incontaminati, come in questo caso, nel cuore dell’Irpinia. Dopo aver toccato Castel del Monte, patrimonio mondiale dell’Unesco, la Ciclovia attraversa l’intera Alta Murgia, un itinerario nella natura selvaggia, incontrando il Ponte dell’Acquedotto (o Ponte canale Scoparella), lungo ben 231 metri ed è alto non meno di 15, con ben 17 arcate. Nel corso del tempo la natura lo ha letteralmente inglobato. Ai piedi del ponte, lo Jazzo del Demonio, considerato uno dei gioielli dell’architettura rurale delle Murge. A segnare il percorso sono gli storici edifici di ispezione della condotta, delle eleganti “casette”, per lo più di un solo piccolo ambiente, che recano sempre la targa incisa in pietra con il chilometraggio della condotta. Molte delle targhe esterne sono “adornate” con il fascio littorio, anche se la condotta è stata terminata ben prima dell’avvento del Fascismo, come d’altronde si deduce dalla stessa data impressa sull’arco della porta d’ingresso, che solitamente è il 1914.

Nell’Arneo si segue un’altra via dell’acqua: è la strada di servizio del Consorzio di Bonifica dell’Arneo che serve la condotta principale della rete di irrigazione. Costruita negli anni Settanta, la condotta porta l’acqua dalla Basilicata verso il Salento. La pista di servizio, costruita proprio accanto alla condotta, è tutta asfaltata e attraversa i paesaggi più selvaggi del Salento, tra una macchia mediterranea selvaggia. È un torrino dell’Acquedotto Pugliese a indicare la direzione della pista, lungo la nuova condotta dell’acquedotto del Sinni, nella campagna di Nardò. Si tratta del serbatoio che su questa lieve altura assicura il flusso costante dell’acqua a tutta la zona. Il torrino è una caratteristica del Grande Sifone Leccese: è l’elemento chiave di un complesso sistema, disegnato dai geniali progettisti per evitare sprechi. La targa che riassume i numeri della condotta principale dell’Acquedotto Pugliese, ai piedi della scenografica Ca-

scata Monumentale di Santa Maria di Leuca.

Lunga oltre 250 metri, con un dislivello di 120 metri e una portata di 1.000 litri al secondo, la cascata viene accesa d’estate ogni venerdì. Chi l’ha progettata ha voluto cristallizzare il messaggio che la Puglia aveva vinto la sete per sempre, e con essa una sfida della storia.

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NATA NEL MARE: MANFREDONIA

LA CITTÀ DI MANFREDI DI SVEVIA nel cuore della Daunia di Gino Schirosi fu un notevole insediamento daunio, la cui civiltà è attestata da numerose lastre funebri (VIII-VI sec. a.C.). Il territorio, attraversato dai fiumi Candelaro, Cervaro e Carapelle, è stato interessato da vari fenomeni sismici. L’antica città, sede vescovile dal 465, fu centro importante tra IV e V sec. intorno ad una basilica paleocristiana. A lungo contesa fra Longobardi e Bizantini, fu distrutta nel VII sec. Ricostruita, divenne sede di una contea normanna. Subì pesanti

distruzioni per i terremoti del 1223 e del 1255. Nel gennaio 1256 Manfredi, giunto a Siponto durante una battuta di caccia sul Gargano, trovò la città distrutta e gli abitanti costretti a vivere in un’area malarica. Decise di rifondarla due miglia a nord per presidiare i traffici sull’Adriatico da Venezia all’Oriente. Per la posizione strategica il re intese farne “una delle città più belle del mondo” e le conferì il proprio nome in segno di prestigio, onore e potenza.

ph Vito Manzari - Flickr

anfredonia è stata germinata dall’antica Siponto e i suoi abitanti si dicono Sipontini. Deve il nome a Manfredi di Svevia, re di Sicilia e di Napoli, figlio di Federico II e nipote di Enrico VI e Costanza d’Altavilla, pronipote di Federico I Barbarossa Hohenstaufen. Manfredi la fondò tre anni prima di cadere a Benevento sconfitto dalle forze pontificie e angioine guidate da Carlo I (1266). Siponto, oggi inglobata nell’area urbana residenziale,

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TURISMO

In marzo i lavori furono affidati al maestro Marino Capece, che riutilizzò i ruderi della diruta città importando dalla Schiavonia legname, calce, pietre e sabbia. Nel 1258 erano già costruite metà delle mura, torri, fortini e baluardi. Nel 1264 Manfredi inaugurò solennemente la nuova città dotandola di franchigie che la resero un porto franco. Nel 1269 Carlo I confermò i privilegi e il 7-2-1270 iniziarono i lavori del nuovo duomo sotto l’Arcivescovo Giovanni VII. Tra il 1279 e il 1282 fu completato il castello con bastioni, mura e fossato. Nel 1292 Carlo II stabilì i confini sistemando le difese e nel 1299 avviò i lavori per la costruzione del porto. La città, persa una parte dei privilegi, s’avviava a divenire il centro commerciale più attivo della Daunia in una posizione assai felice per i traffici marittimi. Dalla metà del Quattrocento re Alfonso d’Aragona iniziò a gravare gli abitanti di vessazioni, ma Carlo V per ricompensarla della fedeltà le riconfermò nel 1533 gli antichi favori per un facile progresso. Il 16-8-1620 l’Armata di Alì Pascià sbarcò nei pressi e, trovando impreparati i difensori, riuscì a conquistare mura e bastioni. Gli abitanti si rifugiarono nel Castello e dopo aver resistito tre giorni capitolarono il 18-8-1620 lasciando 500 vittime. Saccheggiato il centro medie-

vale, fu distrutta la cattedrale gotica, bruciato il corpo del patrono S. Lorenzo Maiorano, mentre gli archivi furono deteriorati dalle fiamme. Ingenti le perdite: 36 cannoni bronzei, le campane delle chiese, la statua argentea del patrono, oro, argento, vestiti, libri, provviste alimentari. Nel 1640 s’iniziò la costruzione del Duomo completata grazie all’arcivescovo cardinale Orsini, (papa Benedetto XIII), che resse la diocesi dal 1675 al 1680. Nel 1835 fu ultimata la strada per Foggia e aperta quella per Monte Sant’Angelo. Solo all’alba del XIX secolo, migliorate le vie di comunicazione per il porto e con una situazione favorevole al commercio, la città riprese a crescere. Fu sede del Tribunale del Consolato di Terra e di Mare per vertenze inerenti il commercio marittimo. Il 14-7-1876 nacque la prima società operaia di mutuo soccorso per le classi meno agiate ed un’altra per concessione di prestiti e fornitura di mezzi per la pesca. All’inizio del 1900 si costituirono le prime società cooperative (edilizia, pesca e agricoltura). Lo sciopero del 1902 evidenziò come i braccianti

agricoli di Manfredonia non sfuggivano al duro destino della Capitanata e del Mezzogiorno. Fu la prima città ad essere bombardata da navi austriache nella grande guerra. Nel secondo conflitto mondiale fu sede di un campo d’internamento allestito nell’ex Macello Comunale e nel 1943 vi si registrarono i primi episodi di Resistenza. Lo stemma civico, con l’effigie di Manfredi a cavallo, ha la scritta “S. P. Q. S.” (Senatus Populusque Sipontinus). Altri simboli comuni sono il delfino e la tartaruga caretta a testimoniare la costante presenza di tali specie nel golfo di Manfredonia.

M anfredonia takes its origins from ancient Siponto and its inhabitants are called Sipontini. In January 1256 Manfredi, arrived in Siponto during a hunt on Gargano mountains, found a destroyed city and its citizens stuck in a malarious area. He decided to rebuild it further, two miles north to oversee the Adriatic sea commercial paths from Venice to eastern lands. Thanks to its strategic position, king Manfredi wanted to make it “one of the most beautiful cities in the world” and he named it after himself as a symbol of prestige, honour and power.

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SPORTA

AL MERCATO DELLE GOLOSITÀ CON...

La Sporta Trattoria Rosinella

Vibrazioni di sapori a Gallipoli in via Incrociata La trattoria è situata nel cuore della città vecchia di Gallipoli, a due passi dal porto, dove è facile parcheggiare l’auto e poi, salita la scalinata che conduce al livello da cui il centro storico si propone come balcone sullo Jonio, basta imboccare proprio la prima stradina che si incontra (Via XXIV Maggio, perché la città ricorda i suoi eroi con la fatidica data dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, il 24 maggio 1915) e proseguire per qualche decina di metri. La tradizione gastronomica abita qui. Cucina tipica gallipolina e salentina la fanno da padrone e con una peculiarità affatto densa di significati: la cucina di questa trattoria è declinata tutta al femminile - Mina e Antonella rappresentano il binomio vincente - perché le ricette sono quelle della tradizione della donna che conosceva ogni segreto dei fornelli, ma con innovazioni tutte da scoprire nella presentazione dei piatti e soprattutto “nelle vibrazioni dei sapori”. Testuale di un estimatore.

I nostri piatti

LINGUINE ALLA POLPA DI RICCI

SPAGHETTI AL NERO DI SEPPIA

ZUPPA DI PESCE ALLA GALLIPOLINA

Linguine cremose alla polpa di ricci dello Jonio gallipolino con sentore di pomodorino “a pendula”

Spaghetti al nero di seppia su vellutata di cime di rapa, vongole e gambero viola di Gallipoli

Zuppa di pesce al sentore d’aglio, con pane casareccio tostato, pescatrice, gamberi viola, scampi, aragostina, scorfano, seppia, cozze e vongole

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SPORTA

A TUTTO MARE C’é una costante, da Rosinella, e si chiama: pesce freschissimo. E c’é anche la prova provata di questa verità incontrovertibile: il menù non è sempre, immancabilmente uguale, ma talvolta si accorcia. Succede se il pescatore, che sa bene cosa portare al mercato e cosa riservare alla “esigente” cucina della trattoria, non ha la “materia prima” giusta da portare in via Incrociata. Giusta come freschezza, che poi la qualità dell’olio d’oliva e degli ingredienti - passati ai raggi X dell’esperienza - esalta a prescindere dalla specie o dalla misura del pescato. Perché ogni pesce ha “la sua morte”: e in questa frase, così approssimativamente tradotta dal dialetto gallipolino, si ritrova tutta la saggezza antica. Come dire, che la tradizione può conferire spessore e carattere ad ogni piatto, ma il pesce deve essere rigorosamente fresco e pescato nelle acque gallipoline. Poi, naturalmente, ci deve anche essere attenzione alle esigenze di chi non può magiare di tutto e di più, e da Rosinella si può tranquillamente mangiare senza glutine, ma non - vivaddio - senza sapore. “Provare” - alias assaggiare - per credere.

i vini

• Ottimi vini, con un comune denominatore: produzione salentina e pugliese. Non è una scelta di… campanile: etichette come Mjere e Tormaresca, Teresamanara e Bolina e altri, assicurano scelte sempre appropriate con echi di rovere, eleganza gustativa, aroma fruttati, morbidezza, sapidità e sentori della brezza di mare che circonda il Salento.

ROSY & NELLA La perfezione? Non è, si è soliti dire, di questo mondo. Esiste, però, l’equilibrio perfetto che si raggiunge quando le varie componenti di un insieme sono distribuite con le giuste proporzioni. Rosy Coltura, a sinistra nella foto, e Antonella Bianco, hanno raggiunto questo equilibrio nella perfetta suddivisione di compiti che ha un solo obiettivo: mettere a proprio agio il cliente, che loro - è da notare - chiamano ospite. Con tutta la sacralità che questo comporta, perché in tutte le cultura del mondo l’ospite è protetto dalla divinità e Rosy e Nella vogliono conservare coscienza di questa dimensione che è stata sempre peculiare della città. Ed ecco, allora, che mentre Nella attualizza questo principio dietro ai fornelli, con attenzione ai profumi e ai sapori, all’aggiunta di un aroma nuovo o alla giusta temperatura d’una frittura, alla fragranza che è componente essenziale del gusto o alla presentazione che esalta l’essenza del gusto, Rosy si “coccola” l’ospite in sala. Perché, non è solo presente, non solo suggerisce i migliori abbinamenti tra pietanze e vini, ma previene - proprio così - ogni desiderio.

i dolci

• Se intendete la dieta come astensione dai dolci e semmai si può fare solo “una tantum” un’eccezione, ebbene, l’occasione giusta la propone Rosinella con dessert esclusivamente artigianali. In ogni caso, la produzione è propria, si tratti di tiramisù o panna cotta o di torta pasticciotto, il dolce della tradizione del buccunottu.

PIRAMIDE DI FRITTURA

POLPO SPADELLATO

STRACCETTI DI SEPPIA

Piramide di frittura mista di paranza: gamberi rosa, merluzzetti e totani di Gallipoli

Polpo padellato al rosmarino su vellutata di patate

Straccetti di seppia croccanti su riduzione di pomodoro bunda

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AMBIENTE

Osservatorio Ambiente di Alfredo Albahari

È di un paio di mesi fa la notizia del ritrovamento su una spiaggia di Murcia, in Spagna, di un capodoglio ucciso dai rifiuti: nel suo stomaco 29 chilogrammi di plastica. Non è la prima volta che questa rubrica si interessa dei danni che provoca la massiccia presenza di plastica nel mare. Lo abbiamo fatto in un’ottica ottimistica sperando che in un futuro non molto lontano l’uomo comprenda il male che sta facendo all’ambiente e a se stesso e corra ai ripari. In verità sono molteplici le campagne di sensibilizzazione sul tema. Rilevante la collaborazione tra Sky e National Geographic, che hanno istituito borse di studio e ricerca, nonché fondi per finanziare progetti con l’obiettivo di eliminare l’inquinamento marino, specie quello dovuto alle plastiche. Un primo deciso intervento sarà mirato alle industrie e alle aziende tutte, per fare ridurre l’utilizzo di materiali plastici, investendo in tecnologie innovative. E Sky ha dato il buon esempio, atteso che l’azienda si è impegnata di

ph horia varlan - flickr

PLASTICK BANK: trasformare (di fatto) la plastica in risorsa

abolire, entro il 2020, l’utilizzo della plastica monouso, eliminando, in questo modo, dalla sua catena di approvvigionamento, 1000 tonnellate di plastica. Non è di facile soluzione smaltire milioni di tonnellate di plastica presenti negli oceani, aggregate in isole galleggianti come quelle nel Pacifico, una delle quali grande per diversi milioni di chilometri quadrati. Servono, come detto, investimenti per permettere studi mirati, tanta buona volontà e tanta inventiva. E certo quest’ultima non è mancata a David Katz e a Shaun

Frankson, cofondatori della Plastic Bank, con un triplice scopo: ambientale, per ridurre considerevolmente l’inquinamento da plastica, sociale ed economico, perché si prefiggono con il loro progetto di ridurre la povertà nel mondo e di favorire la crescita economica nei Paesi sottosviluppati. Il progetto consiste nel dare valore alla plastica. Disseminati nel mondo, specie nelle aree più povere, ci sono ormai migliaia di centri di raccolta della plastica che viene successivamente riciclata. L’Ibm ha sviluppato con Plastic Bank un sistema per trasformare i rifiuti recuperati nei fondali, in bonifici destinati ai poveri, ai quali fornisce anche un portafoglio digitale in modo che possano custodire i loro guadagni. E ciò non è di poco conto per tante persone che non posseggono un conto bancario e che non possono andare in giro col denaro contante. Attualmente lo scambio plastica-moneta è stato fissato a 50 centesimi di euro a chilo. Meraviglia quanto questa semplice idea abbia prodotto in termini di sostenibilità e si comprende perché Papa Francesco li abbia voluti ricevere in udienza durante la Prima Giornata Mondiale dei Poveri.

ACQUAPONICA, per promuovere sostenibilità Acquaponica, è un nuovo termine che è possibile non trovare in alcuni dizionari, ma che oramai ha fatto il suo ingresso tra le nuove tecnologie che interessano l’agricoltura mista. Si basa su una combinazione di acquacoltura e coltivazione idroponica. Quest’ultima, detta anche idrocoltura, consiste in una coltivazione in acqua o, meglio, senza terra, perché questa viene sostituita da un substrato inerte, quale può essere l’argilla espansa o la fibra di cocco. Le piante vengono irrigate con acqua e composti, quasi sempre inorganici. Per l’acquaponica servono, quindi, una vasca per l’allevamento dei pesci, pompe per il ricircolo dell’acqua, un sistema di filtraggio e, per l’appunto, le vasche idroponiche. Le piante traggono nutrimento dalle sostanze di scarto dei pesci, opportunamente decomposte mediante

l’introduzione di batteri e, a loro volta, svolgono una funzione di filtro, creando un ambiente sano per i pesci. L’acqua, filtrata, è reimmessa nelle vasche per acquacoltura. Agricoltura sostenibile, quindi, con un evidente risparmio idrico, atteso che l’acquaponica richiede molta meno acqua rispetto all’agricoltura tradizionale e senza alcun utilizzo di pesticidi e fertilizzanti. Vanno però ricordati i limiti dell’acquaponica: le competenze richieste agli addetti e i costi di produzione che non sono contenuti in quanto il sistema va allocato in serre opportunamente condizionate. I consumatori, però, stanno sempre più prendendo coscienza del bisogno di incentivare la crescita delle aziende impegnate nella sostenibilità ambientale e sono disposti a pagare un maggior prezzo per i prodotti sostenibili.

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AMBIENTE

L’ULTIMO DISASTRO: l’affondamento della “Sanchi” un’operazione che può dare ottimi risultati in assenza di onde e corrente, mentre dà risultati per niente apprezzabili in alto mare; ciò al di là dei differenti tipi di panne galleggianti utilizzate: meccaniche, pneumatiche o assorbenti. Prova ne sia, il fatto che la zona interessata all’inquinamento, inizialmente ampia all’incirca un miglio, si è estesa per 3-4 miglia. Per l’eliminazione del greggio, è stata utilizzata la tecnica della dispersione, che si basa sul principio di accelerare la velocità di biodegradazione dell’olio mediante sostanze a basso impatto ambientale che aumentano la superficie di contatto olio/acqua, facilitando l’azione di microrganismi presenti nell’acqua di mare. È la prima volta che si verifica una perdita di questa entità di petrolio ultraleggero, ed è quindi difficile fare stime e previsioni sull’impatto ambientale. Gli esperti stanno continuamente monitorando

P lastic Bank is a system to transform sea retrievered garbage in resources for poor people. Aquaponics is a new agriculture technique based on a merge between aquaculture and hydroponics. Iranian tanker Sanchi shipwreck, happened off China shores on January 14th 2018, is the last sea disaster. Recently, in Taranto first steps for public and private partnership to project and act innovative interventions for environmental reclamation have been set up, for an initial cost of 32 million euros.

l’intera zona interessata e sono moderatamente ottimisti che a motivo della volatilità di questi idrocarburi, la gran parte si sia dispersa nell’atmosfera, riducendo così i danni all’ambiente marino, ma non all’atmosfera.

ph pxhere

14 gennaio 2018, una data che ricorderemo per l’ennesimo disastro in mare e conseguente danno ambientale: la petroliera iraniana Sanchi è affondata al largo della costa orientale della Cina, dopo una collisione, avvenuta il 6 gennaio, con un mercantile cinese. Trasportava 136 mila tonnellate di petrolio ultraleggero, che in parte ha preso fuoco e in gran parte si è riversata in mare. Sono intervenute dapprima due navi cinesi, poi altre, ancora cinesi, sud coreane e giapponesi; tredici in tutto, specie per cercare di salvare qualche membro dell’equipaggio, nel rispetto della normativa internazionale, ma soprattutto per la grande solidarietà che contraddistingue la gente di mare. Hanno tentato di domare le fiamme a bordo, senza riuscirci del tutto, atteso che la nave è affondata mentre ancora bruciava e di “pulire”, con solventi chimici, la superficie marina interessata. Le operazioni sono state ostacolate dal maltempo e dall’incendio che dalla petroliera si è diffuso anche in acqua, soprattutto a motivo della facile volatilità del carico. I 32 membri dell’equipaggio sono tutti morti, probabilmente a causa di una prima, forte esplosione che si è avuta a bordo. È stato praticamente impossibile trovare i corpi dei 29 dispersi. Non ci sono notizie dettagliate circa le modalità d’intervento per ridurre il rischio d’inquinamento; questo solitamente consiste in tre fasi: il confinamento dello spandimento, il contenimento e l’abbattimento del greggio. Si sarà tentato dapprima di prelevare il carico dalle cisterne e di restituire alla nave la sua galleggiabilità; operazione non riuscita, atteso che la Sanchi è affondata. Si sarà creata tempestivamente una barriera superficiale per ridurre la superficie liquida su cui operare, anche se questa è

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AMBIENTE

Osservatorio Ambiente TARANTO: Bonifica e innovazione Si apprende dal sito del Commissario Straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto, che è stata avviata la procedura per l’instaurazione di un partenariato di progettazione e realizzazione di un intervento di circa 32 milioni di euro mirato al risanamento ambientale e alla messa in sicurezza, mediante dimostrazione tecnologica, dei sedimenti nelle aree prioritarie del Primo Seno del Mar Piccolo di Taranto. La zona interessata, quella del Primo Seno, è la più inquinata di tutto il Mar Piccolo e una delle più inquinate d’Europa. Gli interventi da realizzare dovranno mirare all’abbattimento del livello di contaminazione riscontrato nei sedimenti marini, utilizzando tecniche altamente innovative (e in realtà innovativa è anche la procedura di gara nel settore delle bonifiche ambientali). Le proposte competono ai concorrenti, ma ci sono due tecniche che si prevede possano essere efficacemente utilizzate: il biorisanamen-

to, che prevede l’uso di microorganismi per neutralizzare le sostanze inquinate da idrocarburi; e il capping, che consiste nel confinamento dei sedimenti contaminati in un sito ricadente nell’ambito della bonifica. Il risvolto importante consiste nel fatto che tali procedure evitano di dovere spostare materiale inquinato e quindi abbattono il potenziale rischio di diffusione della contaminazione.

Sono aperte le preiscrizioni al biennio 2018-2020

della Fondazione ITS per l’Industria dell’Ospitalità e del Turismo Allargato della Puglia, nuovo canale di alta formazione terziaria professionalizzante istituito dal MIUR nel settore del Turismo e dei Beni Culturali! L’Offerta Formativa prevede l’attivazione, in ottobre, di quattro percorsi biennali post-diploma, della durata di 2000 ore (previa approvazione da parte della Regione Puglia). I temi dei corsi sono i seguenti:

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Hospitality Management Sport Tourism, Event & MICE Management Destination Management Destination Management e valorizzazione della filiera delle eccellenze territoriali per info ed iscrizioni: www.itsturismopuglia.gov.it c/o Mediateca Officine Cantelmo, Corte dei Mesagnesi - 73100 Lecce Mob. 388.4376077 - 338.7585139 segretariatogenerale@itsturismopuglia.gov.it

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AMBIENTE

Adriatic Recovery Project, un’alleanza internazionale sta tentando di salvarlo

Adriatico:

un’antica ricchezza marina da recuperare di Michela Mazzali ’era una volta un mare, l’Adriatico, custode di abbondanza e ricchezza incredibili che, ricoprendo meno del 5 per cento della superficie totale del Mediterraneo, ha sempre rappresentato una delle aree con la maggiore diversità di specie marine. Tra queste, la Posidonia oceanica, altre 550 specie di alghe bentoniche e habitat a coralligeno. All’inizio del secolo scorso vi vivevano numerose specie ormai drasticamente diminuite: squali (come lo squalo angelo, anche detto “squatina”), delfini, grandi cetacei, come il capodoglio, mante giganti, e fino agli anni ’50 era un mare costellato di banchi di ostriche che fungevano da habitat per la vita e la riproduzione di molte specie. Oggi, purtroppo, l’Adriatico è seriamente malato e gran parte di quell’antica ricchezza è andata perduta. Non solo quella più evidente, come gli abbondanti stock di alici e sardine, di naselli e scampi o i banchi di ostriche sottocosta, ma anche quella più nascosta, come la biodiversità dei suoi fondali. Non è un caso che la Convenzione sulla Diversità Biologica abbia individuato nell’Adriatico una delle zone più critiche per gli ecosistemi marini del Mediterraneo. Tra i principali motivi di questo impoverimento (oltre

C

ai cambiamenti climatici e all’inquinamento) c’è l’eccessivo impatto esercitato da metodi di pesca aggressivi, come lo strascico di fondo, i cui effetti sugli ambienti marini sono stati paragonati al disboscamento delle foreste sulla terraferma. L’intensa attività di pesca ha causato lo sfruttamento eccessivo degli stock ittici, oggi in forte declino, ha alterato gli ecosistemi marini e prodotto, di conseguenza, anche una profonda crisi nel comparto della pesca. L’Adriatico, infatti, sostiene da solo il 50 per cento della pesca italiana, la più importante in Mediterraneo, ma dal 2007 le catture sono diminuite del 21 per cento. Così, proprio per contribuire al recupero degli ecosistemi e delle risorse dell’Adriatico, è nato, a fine 2016, l’Adriatic Recovery Project, con l’obiettivo di promuovere la tutela di alcune zone in alto mare particolarmente importanti per la riproduzione e l’accrescimento delle specie ittiche e per la presenza di ecosistemi vulnerabili. Un’ adeguata protezione di queste aree, consentirebbe di costituire delle “riserve” per le

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T he conjunction of many reasons has severely damaged Adriatic Sea trough the years: a big part of its richness has vanished, the most visible area, such as its abundant fish stocks, and the hidden area as well, such as biodiversity in its depths. At the end of 2016, the Adriatic Recovery Project has been set up: its main aim is protecting some particular open sea areas, that are fundamental for fish species reproduction and growth and the presence of vulnerable ecosystems.

specie ittiche nonché sarebbe una vera e propria “boccata d’ossigeno” per il ripristino della biodiversità. Il progetto è promosso da un’alleanza di organizzazioni della società civile ed enti di ricerca, tra cui la Politecnica delle Marche, l’Università di Stanford, Legambiente e Marevivo, ed è coordinato da MedReAct, associazione non governativa impegnata nel recupero degli ecosistemi marini del Mediterraneo. Il suo primo risultato è stata l’istituzione, nell’ottobre 2017, di una zona di restrizione alla pesca nell’area della Fossa di Pomo, forse la più importante zona di riproduzione degli scampi in Adriatico, e per questo fortemente soggetta alla pesca a strascico. “Si tratta - ha affermato Domitilla Senni, di MedReAct – della prima area chiusa alla pesca demersale in Adriatico, dove per oltre 15 anni i ricercatori avevano chiesto norme di tutela. Costituisce, quindi, un risultato storico che dimostra come si possono raggiungere progressi importanti nella tutela del mare anche in aree pesantemente sfruttate dalla pesca”.


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L’OMBRINA BOCCADORO, REGALE OSPITE MEDITERRANEO

Specie alternativa nell’acquacoltura firmata “Reho Mare” ed idea per un acquario La bocca con contorno color giallo da cui il nome comune. La livrea grigia con riflessi argentei e ventre bianco. Pinna caudale molto ampia. Raggiunge i 2 metri di lunghezza e i 50 kg di peso. Pesce interessante per un acquario mediterraneo che ovviamente deve avere dimensioni adeguate ad ospitare pesci di generose dimensioni. Per questo motivo si adatta bene a vivere nelle grandi vasche degli acquari pubblici. La temperatura ottimale per allevare questa specie oscilla tra 17 e 22° C. Tuttavia sopporta bene escursioni termiche di ben più ampie in quanto trattasi di una specie molto rustica. Ho deciso di parlare di questa specie perché è una realtà recente nel panorama dell’acquacoltura mediterranea e comunque, secondo me, meritevole di una espansione in acquariofilia, perlomeno a certi livelli. Data la sua frugalità e dal carattere mite si adatta molto bene a vivere in cattività. Ovviamente come accennato sopra necessita di particolari esigenze di spazio a causa della sua notevole mole, e pertanto è indicata soprattutto per essere accolta in acquari pubblici dove i visita-

tori avranno la possibilità di scoprire un pesce altrimenti poco noto e riservato. I pionieri dell’allevamento di questa specie sono stati i francesi riuscendo a riprodurla nell’anno 1996/97. In Italia è stata introdotta intorno al 2000/02 con notevoli successi zootecnici, presentando accrescimenti doppi rispetto alle performance delle consolidate spigole e orate. L’altro aspetto affascinante di tale specie è la sua “regalità” in quanto presenta carni delicate, ricche di acidi omega 3, e molto magre. Allevata sin del periodo dell’impero romano per la sua sapidità ed il suo fiero portamento, l’ombrina boccadoro merita a pieno titolo il suo nome scientifico Argyrosomus regius, che sottolinea appunto la “regalità” di questo nobile animale mediterraneo. Stefano Cassano L’autore è acquariofilo e socio del G.A.S. Lavora presso un centro di acquacoltura a Torre Suda, nei pressi di Gallipoli e, pertanto, conosce approfonditamente l’ecologia delle più comuni specie mediterranee. Tra quelle allevate nell’impianto salentino “Reho Mare”, c’è anche l’ombrina boccadoro, singolare protagonista di questo interessante articolo.

ph Nunzio Pacella

L’ombrina boccadoro è un perciforme di mare e di acqua salmastra appartenente alla famiglia degli scienidi alla quale appartengono anche, tra le altre, la corvina (Sciaena umbra) e l’ombrina comune (Umbrina cirrosa). La prima descrizione scientifica di questa specie è avvenuta per mano del naturalista spagnolo Ignacio Jordán Claudio de Asso y del Río che, nel 1801, la battezzò con il nome di Perca regia in un articolo dal titolo “Introducción a la ichthyología oriental de España”. L’ombrina boccadoro vive nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e nell’Oceano Atlantico orientale, sia lungo le coste europee e sia lungo quelle africane fino al Senegal. È una delle poche specie mediterranee ad aver compiuto una migrazione contraria a quella dei migranti lessepsiani che dal Mar Rosso sono giunti in Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. L’ombrina boccadoro infatti ha compiuto una migrazione inversa, estendendo dunque il suo areale di distribuzione sin nelle calde acque del Mar Rosso (Oceano Indiano). Presenta corpo fusiforme e dorso arcuato.


Nautica&Mare Salvatore Negro | CIAK | FOLCO QUILICI esploratore del mare e della terra.............................................................57 | LA MUSA | Concorso Oju Lampante: Le poesie vincitrici..................................................................................................................58 Lucio Causo | I tragici fatti del Golfo di Aranci..................................................................................................................................................60 Enrico Tricarico | MUSICHE DAL MARE | Che il Mediterraneo sia...........................................................................................62 | IL FILATELICO | Il mare deve vivere.........................................................................................................................................................................63 | IL NUMISMATICO | L’Arsenale di Taranto........................................................................................................................................................63 Massimo Galiotta | IL CAVALLETTO | Giuseppe Casciaro, impressioni al levarsi delle maree...................64

SALVATORE NEGRO Regista, autore di soggetti e sceneggiature

LUCIO CAUSO Scrittore e socio ordinario della Società di storia patria per la Puglia

ENRICO TRICARICO Pianista, compositore e direttore d’orchestra

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massimo galiotta Docente di enogastronomia, blogger, cultore d’arte moderna


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GOZZO INTERNATIONAL FESTIVAL CAMPIONATO ITALIANO VELA LATINA GALLIPOLI, 10 - 14 OTTOBRE 2018

Quest’anno siamo giunti alla quarta edizione del Gozzo International Festival. Abbiamo costruito un evento destinato a crescere. Lo abbiamo fissato sul calendario nel mese di ottobre con l’obiettivo di presentare il Salento più bello. Nei tre anni precedenti abbiamo avuto una flotta di Gozzi e di Lance provenienti da tutta Italia con i rispettivi armatori ex equipaggi con famiglie che, hanno visitato Gallipoli per la prima volta godendo dell’aspetto culturale ricchissimo, della straordinaria varietà enogastronomica legata al mare e, naturalmente del meraviglioso campo di regata unico per bellezza e difficoltà tecniche. Tutto questo ha prodotto un piccolo miracolo di cui andare fieri: in soli tre anni il Gozzo International Festival ha ottenuto una grande attestazione di merito, sarà infatti Campionato Italiano per le Vele Latine. Una grande sfida che deve essere raccolta dagli organizzatori – il Club Velico Ecoresort Le Sirenè con tutti i Circoli gallipolini – assieme a tutti i principali attori sul territorio per onorare la fiducia ricevuta dalla Federazione Italiana Vela e dall’associazione di Classe AIVEL rendendo quest’appuntamento unico. Ad elevare l’importanza della kermesse sono molti i patrocini a partire dall’essenziale

collaborazione in mare della Capitaneria di Porto, al Comune di Gallipoli con molte altre Istituzioni e Associazioni del territorio. E così che dal 10 al 14 ottobre 2018 la Banchina del Canneto vedrà all’ormeggio, con il benestare dei pescatori che liberano la banchina dalle imbarcazioni da pesca per l’occasione, Gozzi e Lance con un passato storico fatto di pesca o trasporto merci oggi restaurate per prendere parte alla massima competizione riservata alla classe Il Campionato Italiano. Questo esempio virtuoso racconta una certezza: collaborando il risultato è certo. A mare le imbarcazioni si esibiranno agonisticamente in tre giornate di regata. Il Campionato Italiano Vele Latine con il Gozzo International Festival vedrà coinvolte barche con provenienza da tute le principali marine d’Italia: da Stintino, Pisciotta, Marsala, Lerici, Sorrento, Tricase Porto solo per citarne alcune. A terra, il ricco programma si articolerà tra La Galleria dei Due Mari del Castello Angioino,

lo Scalo e la Banchina del Canneto, che diverranno teatro di dimostrazioni d’arte marinaresca, attività culturali, eventi enogastronomici ed esposizioni di gozzi a vela latina. Tre sono le rubriche proposte: vita di bordo, con in primo piano i gozzi a vela latina; vita del porto, con rappresentazioni teatrali, mostre, collezioni ed esibizioni dedicate alle attività di pesca e delle lavorazioni artigianali; cambusa del marinaio, con degustazioni a base di pesce. Un ringraziamento a tutti i circoli che lavoreranno per la buona riuscita di questa edizione e le istituzioni scolastiche, in particolare l’istituto Nautico di Gallipoli. Gozzo International Festival annovera il patrocinio e la collaborazione del Comune di Gallipoli, Capitaneria di Porto e Guardia Costiera, Federazione Italiana Vela, Assonautica di Lecce; con l’organizzazione dei Circoli Partner Club Velico Ecoresort Le Sirenè, Lega Navale Italiana sez. di Gallipoli, Sezione Sport Nautici dell’IISS “Amerigo Vespucci”, Il Lanternino Club Nautico Gallipoli, Associazione “Scalenove”; con la partecipazione dell’Istituto di Istruzione Superiore Amerigo Vespucci e con la sponsorizzazione di La Dispensa di Caroli Main Sponsor.


CIAK

Il regista-divulgatore è morto il 24 febbraio scorso a 88 anni

FOLCO QUILICI esploratore del mare e della terra di Salvatore Negro

on si può fare riferimento alla produzione documentaristica italiana senza tenere conto di una figura illuminata come quella di Folco Quilici. Lo scrittore e regista ferrarese è stato tra i pionieri del documentario in Italia, una ricerca continua dell’immagine filmata, mirata non solo ad esaltare la bellezza, considerato che Quilici diceva che il rapporto con la natura passa anche attraverso ciò che di brutto ci offre la terra. Non voleva essere definito un naturalista, certamente era un esploratore, un archeologo del mare nei numerosi documentari sottomarini così come nei suoi romanzi; esploratore della terra dall’alto, fu tra i primi a raccontare i paesaggi e le città italiane riprese dal volo di un elicottero, al punto di meritarsi l’appellativo de “Jule Verne” del documentario. Un’opera, quella di Quilici, divisa tra cinema, tv, libri e soprattutto viaggi, i numerosissimi viaggi da cui traeva spunto per la sua opera di giornalista, testimone fedele del tempo vissuto a raccontare le culture di ogni angolo del pianeta. Nei suoi romanzi i termini legati alla natura del mondo sono ricorrenti come quelli dei venti: libeccio, maestrale… Sarebbe opportuno forse per definire Folco Quilici come l’uomo dei quattro elementi, osservatore acuto, attento alle ragioni per cui la terra è in continuo cambiamento indipendentemente dall’azione dell’uomo, che pure ha contribuito in parte a cambiare. Abbiamo imparato a conoscere la terra attraverso i suoi documentari, i suoi romanzi, la trasmissioni televisive diventate popolarissime come “Geo&Geo”, ”Dagli appennini alle Ande” le varie puntate de “L’Italia vista dal cielo”.

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E poi i lungometraggi “Oceano”, “Fratello mare”. Sono pochissimi gli angoli del mondo che Quilici non abbia visitato: ci ha fatto vedere e raccontato le culture primitive ancora vive dai Pigmei del Congo ai polinesiani delle isole Tuamotu, in netto contrasto con le culture “avanzate” dell’occidente, un ricercatore dell’origine dell’uomo, e perciò quindi un antropologo. È stato il cronista della scomparsa graduale e inesorabile di quelle culture primitive assorbite dal progresso dai media, cinquant’anni di attività a studiare il rapporto dell’uomo con la natura, un divulgatore. Quando cominciò la sua avventura di giornalista aveva appena perso il padre in guerra, giornalista anche lui di successo, fu sconsigliato dai colleghi e amici a continuare il mestiere del padre, perché dicevano che avrebbe dovuto misurarsi sempre con il più celebre Quilici di allora. Continuò senza preoccuparsene, e senza esserne consapevole cominciò un’attività del tutto nuova in Italia e non solo, quella della fotografia subacquea, e il passaggio all’immagine filmata nei fondali marini fu breve; diede così inizio a una nuova espressione cinematografica, il documentario nato dall’archeologia subacquea. Quilici fu il primo a documentare i relitti di navi da guerra, con il loro carico disperso in mare e mai filmato prima di allora, un patrimonio immenso che ancora adesso aspetta di essere scoperto, nonostante siano passati più di sessant’anni dalle prime immersioni. Una lunga vita quella di Folco Quilici, scomparso improvvisamente a ottantotto anni lo scorso febbraio, una vita dedicata alle cose dell’uomo e della natura, costantemente capace

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di sognare anche quando negli ultimi anni svelò quale regione della terra egli non aveva mai visitato: era l’Irlanda. Un desiderio racchiuso in un ricordo d’infanzia, quando il padre lo portò al cinema a vedere un documentario su quel Paese; perciò disse, me lo sono lasciato per ultimo... L’Irlanda lo avrebbe ricongiunto con il padre perso troppo presto, ma dal quale avrebbe ereditato il talento. Ci sarebbe andato senza gli strumenti del mestiere che lo hanno reso noto in tutto il mondo, una vacanza per ricordare quando da bambino, nella sua Ferrara, papà Nello, in una sala cinematografica, gli fece “scoprire” il futuro.


NAUTICA&MARE

LA MUSA

SCURISCE

Le poesie pubblicate in queste pagine sono le vincitrici delle tre sezioni del Concorso OJU LAMPANTE indetto dal Comune di Gallipoli in collaborazione con Associazione Amart, Associazione Don Pippi Leopizzi, Associazione Puglia e Mare e il Centro di ricerca PENS dell’Università del Salento.

di Carmelo Scorrano (vastasi) Nu’ bbè faciti chiabbu ci ‘ntra ‘lla nija mpoggiu li pieti a nterra; ete cu sentu sotta ‘lle scarpe ddi quattru nzalacati scuzzacati de lu tiempu e, tiempu ‘nd’ave passatu tantu ca me manisciu acchiu dda vecchia curte mea addu su’ natu. Ma, lu jentu se mbiscia, ole me zzacca mbrazze mprima cu me scariscia susu a na’ nuveja, gialusu nu’ mbole cu mme rracala n’attimu de cuntentezza cu sentu comu na’ fiata ‘ndore de cennere farvuta intra ‘llu cofunu, quandu brofumate ssiene le toti de le mamme nosce, lu cautu de lu focalire sempre ‘dumatu e, lu rusciu de lu mare si, lu mare ca quandu se rraggiava nturtijava l’unda sulla muraja poi, se riflettia e scurnusu te ciarcava parmessu ci trasia intra ccasa e, te ccunzava lu culore alli pariti …’ndore de salamastra. Moi, puru senza sole squaja la nija ca ‘n’attimu se perde comu staci se perde la vita mea. Scurisce, a tantuni cu ‘ll’occhi ca nu’ mbolene se chiudene, na’ manu mpuggiata su llu‘ core me fitu acchiu dda vecchia curte ma, nu’ trou l’amici mei e ‘lli sciochi de quand’era vagnone..!

SCURISCE di Carmelo Scorrano è la vincitrice del Premio don Giuseppe Leopizzi per la poesia in dialetto gallipolino. SANTA CISARIA di Angelo Eugenio Micello è la vincitrice del Premio Walfredo De Matteis per la poesia in dialetto originario di altre zone d’Italia RICORDI di Giuseppe Barba è la vincitrice del Premio Dante Della Rupe per la poesia in lingua italiuana a tema “Gallipoli”. SI FA SERA Non fatevi meraviglia/ se nella nebbia appoggio/ i piedi per terra;/ voglio sentire sotto alle scarpe/ quei quattro basolati/ consumati dal tempo /e, tempo ne è passato tanto,/ che mi affretto a trovare/ quella vecchia corte mia dove sono nato./ Ma, il vento invidioso/ mi vuole prendere in braccio presto/ per portarmi sopra ad una nuvola/ geloso, non vuole/ regalarmi un attimo di contentezza/ per sentire come una volta/ odore di cenere bruciata dentro al cofano,/ quando profumate usciva/ la dote delle nostre mamme,/ il caldo del focolare sempre acceso/ e il rombo del mare/ si, il mare che quando si arrabbiava/ intrecciava l’onda sulle mura,/ poi, rifletteva,/ e con scorno ti chiedeva permesso/ s’era entrato in casa/ e, ti aggiustava i colori alle pareti/ …odore di salamastra./ Adesso, anche senza sole scioglie la nebbia,/ che in un attimo si perde/ come si sta perdendo la vita mia./ Si fa sera,/ a tentoni, con gli occhi che non vogliono chiudersi,/ una mano appoggiata al cuore/ riesco a trovare la vecchia corte,/ ma non trovo gli amici miei/ e i giochi di quand’ero ragazzo..!

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NAUTICA&MARE

SANTA CISARIA

di Angelo Eugenio Micello ‘mpalletisce la luna sullu mare e ‘ntra lle nurvi scurliscennu chianu, diventa sempre cchiu’ janca gne’ ffiata ca cumpare. Navica a ‘celu ‘nnu cabbianu ma l’umbre della notte luntanu sull’acqua se fermane ‘ncora, e me rrubbane l’orizzonte, ca la stidha dell’arba già ‘ndora a livante, llugnennu nnu picca ‘sta nuttata. Murmura duce ‘sta scujera ‘ncarizzata de lu jundulu de l’unna, ca se spannicchia ‘ncrisciusa e lenta tra la ‘ndore de tumu e de menta, ca de lu core ‘lluntana i pinzieri. Sulenziu. Ruscene a ‘ncapu destini, palore speranze de osci e de jeri. sulu ‘nnu presciu prima cu ‘ncignu de nou la ‘nchianata: sentu sirma, ssittatu,allu scuru parlare de messi, de pisca e stagioni, de varche e burrasche, de mare ‘ncazzatu. ………………………………… Sta esse lu sule, lu munnu se ddiscita chianu, se squajane le nule, cuardu ‘stu mare, ‘nna varca se nazzica leggia: quasi me pare respiru de piccinnu tranquillu sullu pettu della mamma… se azza ‘nna vela e scumpare a ‘nn’alu de jentu.

SANTA CESAREA Pallida è la la luna sul mar / e scivolando tra le nubi lentamente/ diventa sempre più pallida/ ogni volta che compare./ In cielo naviga un gabbiano / ma le ombre della notte / lontano / si fermano ancora sull’acqua/ e / mi rubano l’orizzonte/ che la stella dell’alba / gia colora / a levante / allungando un po’ questa nottata / Mormora dolce questa scogliera / accarezzata / dal dondolio dell’onda/ che si stiracchia / pigra e lenta /tra il profumo di timo / e di menta / che dal cuore / allontana i pensieri / Silenzio / Ronzano in testa / destini, parole / speranze di oggi / e di ieri / solo una gioia / prima di inziare ancora la salita ( della vita ) : sento mio padre, seduto al buio / parlare/ di messi, di pesca e di tempi / di barche e burrasche / di mare arrabbiato/ … sta spuntando il sole /Il mondo piano si sveglia / si sciolgono le nubi / guardo questo mare / una barca si culla leggera / :Mi sembra quasi / respiro di bimbo / tranquillo / sul petto della madre…/ si alza una vela / e scompare / al soffio del vento...

RICORDI (L’anima e la Gallipoli che non c’è più) di Giuseppe Barba Scala di tufo impossibile e stretta, rampe a strapiombo, un arduo sentiero sfidato da bimbi per giungere in vetta, a terrazzi di calce annegati nel cielo, tra cori di onde e ballate del vento, al respiro del mare che vide gli eroi, ad aprire stanzini mangiati dal tempo dove il cuore lasciò tanti palpiti suoi, all’eco del pianto d’una terra dannata che vive di attese mentre muore stuprata, a tirare fiondate ai gatti sul tetto, a sognare altri mondi al di là di un muretto, al sole per ore a giocare agli indiani, a volare sui sogni, a sfidare i gabbiani.

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Poi giù sulla strada a rifare la guerra, a saltare tra numeri e linee per terra, a ripetere giochi scolpiti alla mente, a inventarne di nuovi e fatti di niente, una vita giocata tra corti e bastioni, tra chiese e miseria, tra vento e illusioni, tra abiti neri e miti e leggende, tra facce segnate da sale e tregende, fra gente che ormai non riusciva a sognare, tra attese di amici dannati sul mare e di paranze mancanti, le mamme impietrite con gli occhi al ponente, le spalle ingobbite, il destino un balocco in balia della sorte, poi l’urlo di gioia… o i rintocchi di morte. Lampi di vita, schegge di tempo, volti e chimere rimasti nel vento, favole eterne di antico reame, barbagli d’amore di aurore lontane, ricordi d’un bimbo piantati nel cuore tra il mare e la fame, tra sogno e dolore.


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A cento anni dall’affondamento del Tripoli

I tragici fatti del Golfo di Aranci ph:wikipedia

di Lucio Causo

Sottomarino Classe UC

ella notte tra il 17 e il 18 marzo 1918, a poca distanza da Capo Figari nel mare di Sardegna, il sommergibile tedesco UB49, al comando del Capitano Hans von Mellenthin, affondò il piroscafo Tripoli che faceva servizio postale tra Golfo Aranci (Olbia) e Civitavecchia. In quel tragico evento morirono oltre trecento persone tra equipaggio, militari e civili. Molti dei militari appartenevano alla Brigata Sassari e alla Marina Militare. Da allora un indescrivibile silenzio calò su quello che a suo tempo fu definito “il più grande disastro della navigazione commerciale in Sardegna, ed il più drammatico episodio della Prima Guerra Mondiale che abbia coinvolto l’isola”. Bisogna ricordare che cinque mesi prima, esattamente il 13 ottobre 1917 alle ore 5,23 a 6 miglia da Tavolara, il Tripoli aveva subito il primo attacco dal sottomarino tedesco UC35 al comando del Tenente Hans Paul Korsch. Un primo siluro passò sotto la chiglia del piroscafo postale, un secondo lo sfiorò di lato. Le vedette diedero l’allarme, la nave cominciò a zigzagare, ma il sottomarino proseguì l’attacco con il cannone. Un proiettile raggiunse la fiancata poco sopra la linea di galleggiamento. Furono uccisi il Capitano Luigi Curti

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e il Vice-Brigadiere Giovanni Piras della Legione Carabinieri di Cagliari. Si ebbero 17 feriti. L’U-Boot nemico si era intanto spostato sulla destra del piroscafo per lanciare un altro siluro, ma il cannone da 65 del Tripoli iniziò a sparare in rapida successione 18 colpi, il sottomarino non effettuò altri lanci; si allontanò subito in immersione, ad una distanza di appena cento metri. Il Comandante del Tripoli Giuseppe Paturzo, gli artiglieri e il marinaio di vedetta Pietro Miditi assolsero efficacemente il loro compito. Sulla nave che filava a tutto vapore verso Golfo Aranci regnava però confusione e spavento. La tomba del Capitano dei Carabinieri Luigi Curti si trova nel vecchio cimitero di Olbia. Nella lapide si legge: “Capitano dei RR.CC. – deceduto a bordo della R. N. Tripoli – cannoneggiata dal nemico il 13 ottobre 1917 ”. Da documenti ufficiali risulta che ben 84 militari si imbarcarono sul Tripoli all’ultimo momento, per cui non esiste alcuna traccia dei loro nomi. Poi vi è la data dell’affondamento che coincide con almeno altre due navi affondate da sottomarini nemici negli stessi giorni (Prometeo e Linz). Il numero più preciso della tragedia del Tripoli è di 288 morti, tratto dall’e-

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lenco del libro pubblicato da Enrico Alessandro Valsecchi intitolato: “L’affondamento del Tripoli”, Fratelli Frilli Editori, 2004, dove sono elencati la maggior parte (ma non tutti) dei nomi delle vittime del tragico evento. Il Regio Commissario di Pubblica Sicurezza di Golfo Aranci trasmise al Prefetto di Sassari la notizia ufficiale di quanto era accaduto al piroscafo postale Tripoli. Alle ore 07 di mattina del 18 marzo 1918 giunse, come al solito, in porto, il piroscafo postale Bengasi, proveniente da Civitavecchia, informando che alle ore 5 alla distanza di circa 18 miglia da Capo Figari erano stati lanciati contro la nave da un sottomarino nemico due siluri a venti minuti l’uno dall’altro, entrambi da poppa a prua, senza alcun risultato. Il postale sparò 12 colpi di cannone nella direzione da dove provenivano i siluri e poi si diresse a tutta velocità verso lo scalo. Dopo circa un’ora dall’arrivo del postale entrò nel porto l’incrociatore ausiliario Principessa Mafalda, adibito a nave scorta, con a bordo 35 persone, quasi tutte appartenenti all’equipaggio del Tripoli, che raccontarono quanto era accaduto in mare alla loro nave. Alle ore 22,30 del 17 marzo il postale Tripoli era stato colpito, a circa 20 miglia da Capo Figari, da un siluro nella sezione delle macchine, e dopo circa 4 ore colò a picco. Si seppe che molti passeggeri erano stati salvati e si trovavano alla Maddalena, tra i quali il comandante Giuseppe Paturzo. Dal registro dell’agenzia risultava che i partenti la sera del 17 marzo 1918 erano 376, però salirono a bordo, all’ultimo momento, un numero di militari maggiore rispetto a quello registrato, imbarcati abusivamente eludendo la sorveglianza del personale addetto all’imbarco, per cui si ritenne che il numero dei passeggeri imbarcati sul Tripoli fosse superiore ai 400 (si


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Mentre proseguiva la sua navigazione verso Civitavecchia, il Tripoli fu squarciato da un siluro che penetrò nel cuore della nave. Si udì un’esplosione e il piroscafo rimase al buio perché erano saltati i generatori di corrente. Da quel momento non si capì più niente, la nave incominciò ad inclinarsi su un lato e il mare diventò grosso. La maggior parte dei passeggeri si precipitò sul ponte alla disperata ricerca di una barca o di una zattera per mettersi in salvo. Una parte delle scialuppe era stata distrutta dall’esplosione del siluro, altre si erano sfasciate mentre venivano calate in mare. L’esplosione aveva danneggiato anche la radio di bordo. Per fortuna il marconista riuscì a ripararla e lanciare il primo S.O.S. in cerca di aiuto. Quando giunsero i segnali di allarme, la Principessa Mafalda partì di nuovo per recuperare i naufraghi. Ormai il Tripoli era scomparso tra i flutti del mare. I superstiti furono circa 150 e quando giunsero a Golfo Aranci vennero curati e rifocillati. Nel porto furono anche composte le salme che i soccorritori avevano strappato al mare. Ebbe inizio la lunga e straziante opera di riconoscimento da parte dei parenti delle vittime. Il postale Tripoli rimase laggiù, negli abissi marini, a circa mille metri sotto il livello del mare, adagiato sul fondale sabbioso del Tirreno, a 20 miglia a est di Olbia. Due uomini si distinsero in maniera particolare nella terribile notte dell’affondamento. Furono il Radiotelegrafista della Marina Mercantile Carlo Garzia e il ViceBrigadiere dei Reali Carabinieri Angelino Anedda, che sacrificarono le loro

proprie vite cercando di salvare quelle degli altri e per questo furono decorati della Medaglia d’Argento al Valor Militare, alla memoria, con le seguenti motivazioni: “Carlo Garzia, di fronte al nemico e al pericolo, dava mirabile prova di sangue freddo, tenacia e cosciente abnegazione, rimanendo fino all’ultimo al proprio posto per lanciare segnali di soccorso che permisero ad altre navi di accorrere al salvamento dei naufraghi della propria nave irremissibilmente perduta. Scompariva con la sua nave, dando generosamente la vita nel compimento del proprio dovere. Paraggi di Capo Figari, 17 marzo 1918”. Allo stesso modo, il Vice-Brigadiere Anedda, “... di notte, in servizio di tradotta sul Piroscafo Tripoli, nonostante che la nave silurata dal nemico fosse in procinto di affondare, rimase in coperta ad incuorare e aiutare tutti quelli che, per la depressione dello spirito, non erano capaci di alcuna risoluzione. Viste in una zattera slegata sulla tolda due donne seminude che, quasi assiderate, imploravano soccorso, offrì la propria giubba ad una di esse, conscio del pericolo, scese nelle sottostanti cabine in cerca d’indumenti per l’altra, trovandovi la morte con la nave che si

inabissava. Mirabile esempio di abnegazione, di filantropia e di non comune sangue freddo. Acque del Tirreno, 18 marzo 1918”.Dopo quasi cento anni dalla data del suo affondamento, il cacciamine Vieste della Marina Militare Italiana, ha ritrovato e localizzato il relitto del piroscafo Tripoli affondato verso la fine della Grande Guerra da un sottomarino tedesco. Il relitto è stato ritrovato in collaborazione con le Forze Armate grazie al Progetto di Commemorazione della Prima Guerra Mondiale. Il cacciamine Vieste, della classe Lerici, è stato ristrutturato e attrezzato con sofisticati sistemi di ultima generazione che rendono possibile l’attività di ricerca ad alte profondità. Così tra il 29 e 30 ottobre 2014 è stato possibile esplorare palmo a palmo un’area di circa 4 miglia quadrate al largo del golfo di Olbia, con un ottimo livello di definizione. La Marina Militare, attraverso l’impiego dei cacciamine appositamente attrezzati, consente di determinare la presenza sul fondale marino di mine, di relitti navali ed altri oggetti di diversa natura per garantire la sicurezza della navigazione nei nostri mari.

ph:wikipedia

disse 460 compresi i membri dell’equipaggio). Nella fatidica notte, il Tripoli intraprese la sua corsa verso gli abissi, accompagnato dalla nave armata Principessa Mafalda. Dopo due ore l’incrociatore di scorta invertì la rotta per rientrare alla base di La Maddalena.

Principessa Mafalda


MUSICHE DAL MARE Che il Mediterraneo sia quella nave che va da sola tutta musica e tutta vela su quell’onda dove si vola tra la scienza e la leggenda del flamenco e della taranta e fra l’algebra e la magia nella scia di quei marinai e quell’onda che non smette mai che il Mediterraneo sia. Andare, andare, simme tutt’eguale affacciati alle sponde dello stesso mare e nisciuno è pirata e nisciuno è emigrante simme tutte naviganti allez, allez il n’y a pas de barrière nous sommes tous enfants de la même mer il n’y a pas de pirate il n’y a pas d’émigrant nous sommes tous des navigants. Che il Mediterraneo sia la fortezza ca nun tene porte addo’ ognuno po’ campare d’a ricchezza ca ognuno porta ogni uomo con la sua stella nella notte del dio che balla e ogni popolo col suo dio che accompagna tutti i marinai e quell’onda che non smette mai che il Mediterraneo sia. Andare andare alla stessa festa, di una musica fatta di gente diversa da Napoli che inventa melodia ai tamburi dell’Algeria allez allez à la même fête d’une musique qui va et jamais ne s’arrête de Naples qui invente sa mélodie aux tambours de l’Algérie. Che il Mediterraneo sia quella nave che va da sempre navigando tra nord e sud tra l’oriente e l’occidente e nel mare delle invenzioni quella bussola per navigare Nina, Pinta e Santa Maria e il coraggio di quei marinai e quel viaggio che non smette mai che il Mediterraneo sia. (al baar al albiad al mutahuassed) Che il Mediterraneo sia quella nave che va da sola tra il futuro la poesia nella scia di quei marinai e quell’onda che non smette mai che il Mediterraneo sia.

La questione meridionale nella musica di Eugenio Bennato

Che il Mediterraneo sia di Enrico Tricarico

S

perimentatore di contaminazioni musicali, Eugenio Bennato è studioso della questione meridionale attraverso il lavoro con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, Musicanova e Taranta Power, il movimento musicale e culturale da lui fondato nel 1998 rivolto, appunto, alla taranta rituale, ma che rifugge dal richiamo alla raffigurazione stereotipa e scontata della “tarantella” così come spesso percepita dal grande pubblico. Uno dei primi riusciti esperimenti musicali del movimento Taranta power è il disco di musica popolare ed etnica del 2002 Che il mediterraneo sia che è, inoltre, un brano contenuto nell’omonimo album e da tempo colonna sonora dello storico e popolare programma TV di Rai Uno Lineablu. Inizialmente il progetto culturale convergeva sull’indagine estetica delle musica popolare, un canale attraverso cui la tradizione musicale italiana si è diffusa in tutto il mondo, contaminandosi con altre culture musicali senza per questo disconoscere le radici da cui deriva. Bennato dice di sé: “…ho scelto di fare questo tipo di musica, perché ho creduto nella superiorità dei cantori del sud rispetto ai divi della musica leggera…”. Un’idea, questa, che trova sempre più riscontro nelle successive produzioni musicali e che diventano sempre più carichi di messaggi sulla questione meridionale fino ad arrivare nel 2016 all’album Canzoni di contrabbando. Alcune canzoni di quest’album hanno il privilegio di essere arrivate al grande pubblico e di rimanere nell’immaginario collettivo, come Brigante se more, ma il realismo più acceso è nelle canzoni dedicate ai briganti Ninco Nanco, Carmine Crocco e Michelina De Cesare, protagonisti di vite di battaglia e rapina che segnarono profondamente le divisioni e le lotte all’interno del territorio nazionale.

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Intento del cantautore è fare riscoprire il Sud e il suo lato propositivo, ritenendo che con la crisi dei valori occidentali la cultura del Sud può essere un valore aggiunto, che offre valori diversi, come la lentezza che si contrappone alla velocità digitale e della quotidianità, l’amicizia, contro la razionalità della società di oggi e in ultimo il concetto di integrazione. Proprio l’integrazione è il soggetto indagato in Mon père et ma mère: racconta l’incontro del cantautore napoletano con un giovane migrante che attraversa gran parte dell’Africa per poi fermarsi di fronte al Mediterraneo, lì dove c’è la difficoltà maggiore, lì che si interrompe il viaggio e inizia l’incertezza. È un brano dove Bennato duetta con la voce esordiente della figlia Eugenia, autrice del rap in francese che esprime un importante concetto: “… insieme, nello stesso cammino, musulmani e cristiani…”. In un momento storico che registra una riconsiderazione della storia del sud Italia nei momenti precedenti e antecedenti l’unità d’Italia, e che entusiasma, a ragione, il movimento culturale filo - borbonico, la questione meridionale viene rilanciata ad hoc da Bennato dove vinti, vincitori, eroi o guerriglieri, liberatori o conquistatori, oppressori o governanti sono ancora al centro di discussioni e chiarimenti storici. E tra i marosi delle vicende storiche Eugenio Bennato ci ricorda con la bellissima canzone Che il mediterraneo sia tutto quello che il nostro Mediterraneo dovrebbe essere e non è: un luogo di incontro di popoli, di marinai dello stesso mare, una fortezza senza porte, di scambi e di reciproco rispetto. Non un cimitero dove annegano i disperati che fuggono da guerre e da miseria per cercare di penetrare in un’Europa dalle porte sempre più chiuse.


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IL FILATELICO

IL MARE DEVE VIVERE ’intitola “Il mare deve vivere” la serie di quattro francobolli del 1978 – delle dimensioni di 40 per 300 millimetri con dentellatura a pettine su ciascuno dei quali è riprodotta tale frase. La serie è stata disegnata da B. PECCIARINI e i francobolli, tutti del valore di 170 lire, hanno impostazione uguale, ma policromie diverse.

S

Nel mare si stagliano, rispettivamente, una tartaruga Liuto, una Foca monaca, un Gabbiano corso e una Cernia bruna; di ciascuno, è indicato il nome scientifico. Sull’orizzonte è disegnata l’Amerigo Vespucci, e ciò rende esplicita l’occasione dell’emissione, avvenuta il 9 aprile 1978. Iniziò quel giorno da Genova una crociera della

nave scuola che si concluse il 13 giugno a Civitavecchia, dopo avere toccato i porti di Monaco, Tolone, Cagliari, Tunisi, La Valletta, Brindisi, Spalato, Venezia, Trieste, Ancona, Catania, Palermo e Napoli. Diretta conseguenza di quella campagna di sensibilizzazioni, furono divieti di caccia e pesca per diverse specie.

IL NUMISMATICO

L’ARSENALE DI TARANTO na bella moneta da 200 Lire è stata coniata nel 1989 per commemorare centinario d’attività dell’Arsenale di Taranto. Presenta sul dritto l’immagine un veliero a tre alberi ed alcune strutture ed edifici, al di sopra i millesimi 1889-1989, al di sotto indicazione del valore nominale - L. 200 - con accanto a sinistra il segno - R della zecca di Roma e l’apice terminale d’una sartia articolata a guisa di onda sottostante il veliero; intorno ci è la scritta CENTENARIO DELL’ARSENALE MILITARE MARITTIMO DI TARANTO e in basso una stella a cinque punte con la sottostante indicazione dell’autore - S. GROSSI - lungo il bordo. Sul rovescio, campeggia una testa di donna rivolta verso destra, intorno la scritta REPVBBLICA ITALIANA e, in

basso, un quadratino in rilievo e la sottostante indicazione dell’autore - M VALLUCCI - lungo il bordo. La moneta, realizzata in Bronzital del peso di 5 grammi, ha un diametro di 24 millimetri e il contorno rigato.

U

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IL CAVALLETTO

GIUSEPPE CASCIARO, impressioni al levarsi delle maree di Massimo Galiotta iuseppe Casciaro (Ortelle, 1863-Napoli, 1941) inizialmente allievo, all’Accademia di Belle Arti di Napoli, del galatinese Gioacchino Toma apprese, in un secondo momento, la tecnica del pastello dall’abruzzese Michetti, rimanendone così colpito che divenne, tra i suoi colleghi della scuola di Posillipo, il solo ad adottarla come principale strumento pittorico e affermandosi nel tempo quale indiscusso maestro. Sul finire del XIX secolo, dal 1892 al 1896, compì numerosi viaggi a Parigi entrando in contatto con il mondo culturale francese, e le relative correnti pittoriche, conoscendo il G. De Nittis ed il mercante d’arte parigino A. Goupil (*) che commercializzò le sue opere.

G

Mareggiata, qui ritratta, fu realizzata dal Casciaro nel 1928 prendendo spunto da quella tecnica sviluppata in Francia che trovava un valido alleato nel pratico strumento coloristico caro agli impressionisti pastellisti d’oltralpe.

di fondo sabbioso e di cielo cupo produce un effetto di vivace lucentezza e trasparenza dei flutti che spumeggianti irrompono sulle rocce rendendo il colore, come diceva Goethe nel suo saggio – La teoria dei colori - “idoneo ad un impiego estetico”. Noto interprete della pittura “en plein air” trovò nel pastello, che sovente egli stesso fabbricava, il mezzo ideale per rappresentare paesaggi famigliari. Soggetti che, durante i suoi frequenti soggiorni Salentini nella natìa Ortelle, spesso riprendevano la costa di Castro o la campagna circostante. Celebri le sue marine ovvero “mareggiate” che piene di movimento divennero ricercate opere d’arte contese, ieri come oggi, dai collezionisti di tutto il mondo. Identificabile cronologicamente, ma non stilisticamente tra i post impressionisti italia-

Il soggetto si sviluppa su due piani prospettici ben distinti separati dalla diagonale dell’onda che si infrange sugli scogli in un susseguirsi di declinazioni di azzurri e bianchi che conferiscono all’opera, a seconda dell’intensità luminosa proiettata, una capacità camaleontica di cambiare aspetto, “nuance”. La gamma di colori freddi è usata quasi totalmente in un gioco di contrasti di simultaneità in cui il grigio nella sua duplice veste

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ni divenne, nei primi anni del ‘900, e fino alla sua scomparsa nel 1941, “sentinella” del vero in un turbolento mondo che vide nei Futuristi marinettiani e nell’aeropittura, magistralmente interpretata dal conterraneo Mino Delle Site, “il totale superamento dei confini della realtà terrestre”, e quindi del verismo di matrice ottocentesca. Ma il seme dell’arte di Giuseppe Casciaro continuò a germinare incessantemente, a provocare l’ispirazione di numerosi artisti che negli anni lo imitarono, lo copiarono o lo scelsero, “tout court”, come proprio maestro nell’intento di perpetuare l’arte del bello, del vero. *La moda coloristica, scaturita dal facile successo mondano del Fortuny a Parigi, era stata conosciuta a Napoli pel tramite dei negozianti parigini (Goupil e Reutlinger) che si recavano in Italia per acquistar dipinti, con autorità di mecenati (Tratto da: Gioacchino Toma, di Aldo de Rinaldis, A. Mondadori, 1934, Milano).



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