Ijpc Vol 1

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Italian Journal of Primary Care (2009) - March 2009 | Vol 1 | No 1 - Registrazione Tribunale di Foggia n. 13/08 - ISSN 2035-7443

Topics Diagnosi iniziale di ipertensione arteriosa Diagnosi precoce di melanoma Dolore cronico nell’anziano Fumo passivo Esami di laboratorio e terapia estroprogestinica Steatosi epatica non alcolica Diagnosi ecografica di echinococcosi Infezione necrotizzante polmonare Comunicare cattive notizie Le caratteristiche personali del medico di famiglia


IJPC – Italian Journal of Primary Care Registrazione presso il Tribunale di Foggia n. 13/08 del 7/6/2008

ISSN 2035-7443 Periodico trimestrale edito da Edicare Publishing distribuito su abbonamento in Italia ed Europa www.edicare.it

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The Italian Journal of Primary Care - IJPC is a quarterly journal conceived and produced by professionals on Family Medicine and Primary Care in collaboration with colleagues working in Hospitals or Universities. IJPC is an independent “peer reviewed” scientific journal, dedicated to clinical research, scientific updating and continuing medical education oriented to the Family Medicine and all professionals working in Primary Care. IJPC publishes original research, epidemiological and survey studies, professional analysis, reviews, clinical cases, guidelineseditorials, position papers, book reviews, theory development and policy.

Foto di copertina: Luigi Starace Volume 1, Numero 1, 2009 – Finito di stampare a marzo 2009

Authors’ Guide is available on the journal’s website www.ijpc.it


Editor in Chief Giuseppe Maso

EDITORIAL BOARD

Executive Editor Giovanni Battista D’Errico Scientific Editors Vincenzo Contursi Antonio Infantino

Associate Editors Emanuele Altomare Foggia Giovanni Colucci Taranto Alfredo Cuffari Roma Paolo Evangelista L’Aquila

Antonio Moschetta Bari Antonio Nicolucci Chieti Luciano Orsini Chieti Romano Paduano Udine

Alfonso Sauro Caserta Paolo Spriano Milano Roberto Stella Varese Augusto Zaninelli Firenze

Allergology - Immunology

Geriatrics

Oncology

Gennaro D’Amato Napoli

Mauro Zamboni Verona

Silvio Monfardini Padova

Clinical Advisors

Hematology

Orthopedics

Gianni Tognoni Chieti

Marco Cattaneo Milano

Michele D’Arienzo Palermo

Infectious Diseases

Pathology

Cardiology

Elio Castagnola Genova

Eugenio Maiorano Bari

Epidemiology

Matteo Di Biase Foggia

Internal Medicine

Pediatrics

Cardiovascular Surgery

Enzo Manzato Padova

Alfred Tenore Udine

Giuseppe Di Eusanio Teramo

Medical Ethics

Pharmacology

Mariano Cingolani Macerata

Luigia Trabace Foggia

Dietetics and Clinical Nutrition Giovanni De Pergola Bari Endocrinology

Francesco Giorgino Bari Gastroenterology

Massimo Campieri Bologna

Medical Psychology

Pneumology

Antonello Bellomo Foggia

Leonardo Fabbri Modena

Nefrology

Psychiatry

Loreto Gesualdo Foggia

Marcello Nardini Bari

Neurology

Urology

Paolo Livrea Bari

Giario Conti Como

Rob Horne UK Alan Kaplan Canada Mark L. Levy UK Christos Lionis Greece Anders Ostrem Norway Susanna Palkonen Belgium Sarath Paranavitane SriLanka Mahendra Patel UK Hilary Pinnock UK David Price UK

Jim Reid New Zeland Miguel Roman Rodriguez Spain Danica Rotar Slovenia Dermot Ryan UK Seneth Samaranayake SriLanka Bart Thoonen Netherlands Ron Tomlins Australia Sian Williams UK Barbara Yawn USA M. Osman Yusuf Pakistan

Giuseppe Di Pasquale Bologna Simona Donegani Milano Vincenzo Fineschi Foggia Maria Pia Foschino Barbaro Foggia Dario La Fauci Milano Matteo Landriscina Foggia Vito Lepore Bari Maurizio Mancuso Como Massimo Martelloni Lucca Pietro Nazzaro Bari Ciro Niro Foggia

Pierluigi Paggiaro Pisa Gianni Passalacqua Genova Alberto Pilotto Vicenza Enzo Pirrotta Roma Antonio Pugliese Taranto Vincenzo Rucco Udine Luigi Santoiemma Bari Giovanni Strippoli Chieti Anastasio Tricarico Napoli Gino Antonio Vena Bari Carmela Zotta Milano

International Scientific Board Peter J. Barnes UK Jean Bousquet France Daniela Cota France Beverly Cox UK Mark Davis UK Jan De Maeseneer Belgium Monica Fletcher UK Kathryn Griffith UK John Haughney UK Thomas Hausen Germany National Scientific Board Maria Grazia Albano Foggia Francesco Amatimaggio Firenze Francesco Bartolomucci Bari Francesco Bovenzi Lucca Marco Cambielli Tradate Franco Carnesalli Milano Gilda Caruso Bari Marco Ciccone Bari Lorenzo Corbetta Firenze Nunzio Costa Foggia Antonio Di Malta Cremona


NORME PER GLI AUTORI

INTRODUZIONE I manoscritti devono essere indirizzati all’attenzione del Dr. Giuseppe Maso, Editor in Chief, e sottoposti esclusivamente per e-mail ai seguenti indirizzi di posta elettronica: segreteria@ijpc.it e giuseppe.maso@ijpc.it. ISTRUZIONI GENERALI 1. I manoscritti devono essere accompagnati da una lettera indirizzata all’Editor in Chief, che deve contenere i seguenti dati: a) l’indicazione della Sezione per la quale il manoscritto è sottoposto; b) la dichiarazione che il contenuto del manoscritto è originale, non è stato pubblicato e non è oggetto di valutazione presso altre riviste, eccetto che come abstract; c) l’attestazione che il manoscritto è stato letto ed approvato da tutti gli autori; 2. In allegato al manoscritto dovranno essere inviati: a) dichiarazione di cessione dei diritti alla Casa Editrice in caso di pubblicazione dello stesso, in nome e per conto di tutti gli autori, con firma autografa del primo, [es.: I sottoscritti autori (…), qualora l’articolo in oggetto intitolato (…) venga pubblicato, trasferiscono i diritti d’autore alla Casa Editrice “Edicare Publishing srl”], ed il consenso al trattamento dei dati personali per gli scopi connessi alla pubblicazione dell’articolo; b) nel solo caso di articoli di ricerca che abbiano previsto la sperimentazione su animali: dichiarazione di conformità, in nome e per conto di tutti gli autori, con firma autografa del primo, con le disposizioni della “Dichiarazione di Helsinki”; c) nel solo caso di articoli di ricerca di “studi clinici controllati” (se pertinente): dichiarazione di approvazione da parte del Comitato Etico della Istituzione di pertinenza, in nome e per conto di tutti gli autori, con firma autografa del primo; 3. Il manoscritto deve essere redatto con un “editor di testo” e salvato in formato “.doc”, a spaziatura doppia e margini di 2 cm su ogni lato. Non è consentito l’utilizzo di formato “.pdf”; 4. Il manoscritto deve essere redatto in pagine differenti nel seguente ordine: a) titolo (in italiano e in inglese), autori e rispettive affiliazioni, l’autore cui và inviata la corripondenza con indirizzo postale elettronico e recapito telefonico; b) abstract e parole chiave (in italiano e in inglese); c) testo (in italiano o in inglese); d) ringraziamenti; e) bibliografia; f) tabelle; g) legende delle figure; h) figure; 5. Le pagine devono essere numerate consecutivamente, partendo da pagina 1 con titolo; 6. Allo scopo di mantenere un’adeguata uniformità di stile, la Redazione può se necessario, apportare variazioni linguistiche al manoscritto; queste saranno inviate agli autori per approvazione in fase di revisione delle bozze. PAGINA DEL TITOLO La pagina del titolo (prima pagina) deve contenere: 1. Il titolo del manoscritto (in italiano e in inglese) senza abbreviazioni; nome per esteso e cognome degli autori, con titolo e istituzione di appartenenza; 2. Il nome dell’Istituzione presso la quale il lavoro è stato eseguito, ed eventuale fonte e natura del sostegno finanziario alla ricerca (nel caso di pubblicazione di articoli originali di ricerca); 3. Il nome, l’indirizzo postale completo di codice di avviamento, numero di telefono ed e-mail dell’autore cui va indirizzata la corrispondenza (corresponding author) per comunicazioni, bozze e richieste di estratti. ABSTRACT 1. Gli articoli originali di ricerca devono essere accompagnati da un abstract in

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italiano e in inglese, contenente non più di 300 parole, strutturato in quattro paragrafi, ciascuno con il proprio titolo, nel seguente ordine: a. Razionale; b. Materiali e metodi; c. Risultati; d. Conclusioni; Tutti i dati dell’abstract devono essere presentati anche nel testo o nelle tabelle; Tutti gli altri manoscritti (Casi Clinici, Corrispondenza, Editoriali, Opinioni, Prospettive attuali, Rassegne, Area GPwSI, Educazione Continua in Medicina, EBM, Focus On, Revisioni) devono essere accompagnati solo da un breve abstract in italiano e in inglese di non più di 200 parole; Nell’abstract non possono essere utilizzate abbreviazioni ad eccezione delle unità standard di misura e i simboli chimici; Alla fine dell’abstract devono essere inserite da due a sei parole chiave, selezionate dall’elenco riportato da Medical Subject Headings, National Library of Medicine (www.nlm.nih. gov/mesh/meshhome.htlm). Allegare miniabstract in italiano di circa 50 parole che illustri gli elementi essenziali del lavoro, utile per la stesura dei “Content”.

TESTO 1. Il testo può essere redatto in italiano o in inglese; 2. Una lista di abbreviazioni o acronimi utilizzati (es.: ECG, IMA, BPCO, IVS, ecc.) deve essere riportata in una pagina a parte con la loro definizione; 3. Unità standard di misura e simboli chimici devono essere abbreviati secondo le norme indicate in Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Journals, elaborate dal International Committee of Medical Journal Editors e pubblicate in Ann Intern Med 1982;96:766-71 e BMJ 1982;284:1766-70; 4. I riferimenti bibliografici, le figure e le tabelle devono essere citati nel testo in ordine progressivo, usando numeri arabi; 5. Il testo deve essere strutturato in paragrafi con relativi sottotitoli. Il testo di articoli originali deve essere strutturato in paragrafi con il seguente ordine: a. Introduzione; b. Materiali e metodi; c. Risultati; d. Discussione; 6. Eventuali ringraziamenti devono essere riportati alla fine del testo, prima della bibliografia. BIBLIOGRAFIA 1. Le voci bibliografiche devono essere indicate nel testo con numeri arabi ed elencate in una sezione separata, usando la doppia spaziatura, in numero progressivo secondo l’ordine di comparsa nel testo; 2. Citare tutti gli autori se sono 6 o meno di 6, altrimenti citare solo i primi 3 ed aggiungere “et al.”; 3. Comunicazioni personal i, dati o osservazioni non pubblicate e articoli inviati per la possibile pubblicazione non possono essere inclusi nella lista delle voci bibliografiche, ma possono essere citati solo nel testo; 4. Le abbreviazioni delle riviste devono essere conformi a quelle usate da “Index Medicus, National Library of Medicine”. TABELLE 1. Le tabelle devono essere dattiloscritte a spaziatura doppia su pagine separate, con il numero ed il titolo centrato sulla tabella. Le tabelle devono essere numerate con numeri arabi progressivi, seguendo l’ordine di numerazione con cui sono citate nel testo; 2. Tutte le abbreviazioni riportate devono essere identificate e spiegate in ordine alfabetico sotto alle tabelle. Anche i simboli usati (asterischi, cerchietti, ecc.) devono essere spiegati; 3. Le tabelle devono essere comprensibili senza ulteriori chiarimenti e i dati non devono essere duplicati nel testo o nelle figure; 4. Per la riproduzione di tabelle già pubblicate è necessario allegare il permesso da parte dell’autore e dell’Editore.


FIGURE Il termine “figura” si riferisce alle illustrazioni, fotografie, radiografie, scansioni, sonogrammi, diagrammi, grafici, flow chart, algoritmi, ecc. Si sconsiglia il tentativo di ottenere il permesso di pubblicare immagini dall’Editore originale. Considerate le crescenti difficoltà nell’ottenere i necessari permessi, consigliamo fortemente gli autori di creare tabelle e figure originali. Le figure devono essere in formato “.ppt” (solo per diagrammi, grafici ed algoritmi; non utilizzabile per immagini importate), “.jpg” o “.tiff” con risoluzione minima 600 DPI. Le figure non possono essere inserite all’interno del testo. Per ogni chiarimento circa la preparazione di immagini per il manoscritto, contattare Luigi Starace, Art and Photo Director di IJPC, via e-mail: luigi.starace@ijpc.it . Legenda delle figure La legenda delle figure deve essere dattiloscritta a spaziatura doppia su pagine separate. Le figure devono essere numerate con numeri arabi progressivi, seguendo l’ordine di numerazione con cui sono citate nel testo. Tutte le abbreviazioni riportate nelle figure devono essere identificate e spiegate in ordine alfabetico alla fine di ciascuna legenda. Anche i simboli usati (frecce, linee continue e tratteggiate, cerchietti, ecc.) devono essere spiegati. Per la riproduzione di figure già pubblicate è necessario allegare il permesso da parte del Publisher.

BREVE BIOGRAFIA Include una breve biografia di ogni autore (non più di 100 parole). Sintetizza, per ognuno, titoli, formazione professionale e posizione attuale. SEZIONI DEL GIORNALE 1. Editorials / Editoriali Articoli e/o commenti che rappresentano l’opinione di ricercatori ed esperti riconosciuti nella comuntà scientifica nazionale e internazionale; 2.

Articles / Articoli Sezione riservata alla pubblicazione di articoli originali inviati liberamente ed autonomamente dagli autori, secondo le modalità previste dall’Editore: a. Case Reports / Casi clinici Presentazione di casi clinici rilevanti sul piano diagnostico e clinico-gestionale; b. Clinical Practice / Pratica Clinica Articoli di esperti riconosciuti, in forma di aggiornamento, revisione e messe a punto, su temi clinici diagnostico-terapeutici e gestionali di interesse per la attività professionale del Medico di Famiglia; c. Current Perspectives / Prospettive Attuali Articoli di esperti riconosciuti su risultati di laboratorio o clinici prodotti con metodi consolidati o innovativi che possono incidere sui percorsi decisionali diagnostico-terapeutici o su ipotesi di lavoro e/o di ricerca che possano stimolare discussione e commenti su temi di interesse generale; d. Focus On / Approfondimento Articoli o commenti per l’approfondimento a cura di esperti riconosciuti su argomenti di attualità di interesse generale nei vari ambiti della Medicina di Famiglia; e. Letters / Lettere Lettere agli “Editor”, contenenti commenti su argomenti o articoli scientifici recentemente pubblicati che abbiano interesse per la pratica clinica del medico di famiglia e per la professione in genere. Gli autori degli articoli citati nella lettera potranno essere invitati dall’editor a rispondere per stimolare la discussione su temi di interesse generale; f. Original Research / Ricerca Articoli originali di studi osservazionali e clinici; g. Points of View / Opinioni Opinioni di esperti autorevoli in un particolare settore che possano stimolare controversie; h. Reviews / Letteratura Articoli di esperti riconosciuti, in forma di estese revisioni, messe a punto e position paper, su argomenti di interesse generale.

Le “Lettere” sono pubblicate in ogni numero di IJPC. Alcune lettere potrebbero essere pubblicate solamente online. Gli autori possono commentare articoli pubblicati

o importanti argomenti su tematiche cliniche. Le lettere non dovrebbero superare le 500 parole, con il limite di una tabella o figura e non più di sei riferimenti bibliografici. Le lettere inviate per la pubblicazione su IJPC non devono essere sottoposte ad altra pubblicazione. I possibili conflitti di interesse vanno esclusi prima della pubblicazione. 3.

Reviews / Rubriche Sezione principalmente riservata alla pubblicazione dei contributi scientifici di esperti individuati a cura dei Comitati Editoriale e Scientifico del giornale: a. Books / Libri Selezione delle produzioni editoriali italiane e internazionali dedicate alle cure primarie, alla metodologia clinica e sanitaria, alle medical humanities, alla comunicazione e ai cambiamenti della medicina; b. Continuing Medical Education / Educazione Continua in Medicina Articoli di esperti riconosciuti in tema di formazione pre-laurea e postlaurea in Italia e nel mondo; c. General Practitioner with Special Interests (GPwSIs) / Medico di Famiglia con Interessi Speciali Articoli di medici di famiglia, con particolare competenza in specifiche aree cliniche (allergologia, cardiologia, dermatologia, diabetologia, gastroenterologia, gerontologia, ginecologia, nefrologia, neurologia, oncologia, pneumologia, reumatologia, ecc.) in forma di revisioni, messe a punto, position paper su argomenti di particolare interesse per la attività professionale del Medico di Famiglia; d. Guidelines and Evidence Based Medicine / Linee Guida e Medicina Basata sulle Evidenze Articoli di esperti riconosciuti su Linee Guida ed Evidenze Scientifiche e i possibili riflessi sulla pratica clinica del Medico di Famiglia; e. Journal & Guidelines News / Notizie da Riviste e Linee Guida Bollettino di breve e puntuale revisione bibliografica di articoli scientifici e linee guida recentemente pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche del panorama internazionale; f. Pointing up / In Evidenza Sezione dedicata alla recensione di libri, articoli, pubblicazioni, notizie utili al dibattito ed all’approfondimento scientifico di tematiche di comune interesse per le professionalità operanti nelle Cure Primarie; g. Primary Care / Cure Primarie Commenti ed opinioni di esperti su tutti i campi delle Cure Primarie, con particolare interesse per aspetti epidemiologici, promozionali ed educazionali, preventivi, organizzativi e di politica sanitaria, che coinvolgono la Medicina di Famiglia e l’assistenza territoriale; h. Reviews / Recensioni Lettura e commento di articoli, libri, e-journal e web-site di recente pubblicazione e di specifico interesse per la Medicina di Famiglia; i. Web References / Riferimenti Web Selezione di siti web a carattere scientifico e/o divulgativo, italiani ed internazionali, correlati ai contenuti di questo numero, con risorse, utilità e link per l’approfondimento specifico. Gli articoli indirizzati alla sezione “Rubriche” sono normalmente pubblicati su invito degli “editor”; tuttavia possono essere occasionalmente accettati contributi liberamente inviati all’editor, purchè conformi alla linea editoriale del giornale. 4.

Info&More / Informazioni La Sezione, ad uso prevalente della Redazione, rappresenta la finestra del giormale aperta sul mondo scientifico in generale e pertanto dedicata ad informazioni di vario genere: meeting, report, news, ecc.

GUIDELINES AND SUGGESTIONS FOR AUTHORS The English version of the authors guidelines is available on the journal’s website at www.ijpc.it. Please provide for scientific and copy editing before submitting the article to the Editor in Chief.

Copyright © 2008 Italian Journal of Primary Care


Editorials Editoriali

G. Maso 07

PerchÊ l’Italian Journal of Primary Care? Why the Italian Journal of Primary Care?

Articles Articoli

Original Research F. Coronica, G. Maso 08

Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale retrospettivo in medicina generale The beginning of essential hypertension: observational retrospective study in general practice G. Giudice, M. Carrieri, D. Giglietto, G. Lastilla, P. Trerotoli, A. Armenio, M. Pascone

13

Sentinel node biopsy for early stage melanoma: statistical analysis of 212 consecutive cases Biopsia del linfonodo sentinella nella valutazione iniziale del melanoma: analisi statistica di 212 casi consecutivi J.L.P. Beltman, E.H. Van De Lisdonk

20

Chronic pain of elderly in Italian general practice Il dolore cronico dell’anziano nella Medicina Generale italiana I.H. Kara

28

The evaluation of parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, Southeast Turkey Abitudine al fumo nelle famiglie degli studenti delle scuole primarie di Mardin,Turchia. Clinical Practice R. Michieli

31

Uso degli esami di laboratorio nella prescrizione e follow up della terapia estro-progestinica: contraccezione e menopausa Laboratory tests in the prescription and follow up of estroprogestin therapy: contraception and menopause I. Grattagliano

36

Clinical relevance of nonalcoholic liver steatosis in general practice Rilevanza clinica della steatosi epatica non-alcolica in Medicina Generale


G. Rossi, F. Barone, V. Rollo, E. Altomare 41

Simplified approach for ultrasonographic diagnosis and management of echinococcus cysts in general medicine Approccio semplificato per la diagnosi ecografica e la gestione delle cisti da echinococco in Medicina Generale

Case Reports G. Colucci, F. Pavone, P. Iacovazzo, E. Colucci, A. Posca, M. Petruzzelli 45

Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare “in assenza di patogeno tissutale” Necrotizing granulomatous pulmonary infection “in absence of any tissue pathogen identified” Letters I. Rurik

50

Are the personal characteristics of family physicians different from other physicians? Personal evolution from surgery to primary care Le caratteristiche personali del medico di famiglia sono differenti da quelle degli altri medici? Evoluzione personale dalla chirurgia alle cure primarie Focus On A. Marsilio

52

La comunicazione di cattive notizie in Medicina di Famiglia Communicating bad news in primary care

Reviews Rubriche

55

Journal & Guidelines News a cura di V. Contursi

57

Web References a cura di A. Infantino

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Books a cura di L. Starace -

61

Il dolore. Valutazione, diagnosi e trattamento Attenti alle bufale… e ai mandriani Decisione ed errore in medicina Dizionario di Medicina Moderna

Pointing Up a cura di V. Contursi

Introduzione alla Medicina Generale - Medicina di Famiglia

Info&More Informazioni

62

Meeting Calendar a cura della Redazione



Editorials Editoriali

Perché l’Italian Journal of Primary Care? Why the Italian Journal of Primary Care?

Giuseppe Maso1 1

Insegnamento di “Medicina di Famiglia”, Università degli Studi di Udine

Correspondence to: Dr. Giuseppe Maso, MD giuseppe.maso@ijpc.it Published by Edicare Publishing All rights reserved IJPC 2009; 1, 1: 7

Le cure primarie e la medicina di famiglia hanno, nel nostro paese, una lunga storia. Una storia fatta di secoli e di antiche tradizioni. Non sono nate con il Sistema Sanitario Nazionale; esistevano ai tempi delle Mutue, ai tempi delle Confraternite, ai tempi delle Signorie ed ai tempi degli antichi Comuni. Vi sono oggi pochi paesi al mondo come l’Italia in cui tali cure hanno raggiunto una così alto livello di eicacia e capillarità; eppure, nonostante i cittadini italiani siano tra i più longevi e più curati del pianeta, leggendo la letteratura internazionale sembra che nel nostro Paese le Cure Primarie non esistano, non venendo quasi mai citate. Probabilmente la mancanza di una rivista italiana di proilo internazionale ed interamente rivolta ad esse, è una delle cause di questa loro scarsa presenza sullo scenario europeo ed internazionale. L’IJPC - Italian Journal of Primary Care era quindi nei nostri pensieri da parecchio tempo, forse da anni. E la sua nascita non è certo avvenuta per caso ma per necessità. Innanzi tutto desideriamo che l’IJPC sia uno strumento utile a tutti coloro che in Italia producono, tra le mille diicoltà proprie del nostro contesto, ricerca nel campo delle cure primarie e della Medicina di Famiglia, per dare loro la possibilità di confrontarsi con i colleghi di tutto il mondo. Un secondo motivo è quello di far conoscere al resto del mondo le cure primarie italiane e all’Italia quello che succede altrove. La terza ragione per cui nasce l’IJPC è quella di contribuire alla deinizione del dominio di intervento delle cure primarie ed in particolare della medicina di famiglia, nell’ambito dei sistemi di erogazione delle cure. I Sistemi Sanitari moderni sono organizzazioni molto complesse in cui tutti gli attori giocano un ruolo determinante. Le singole discipline mediche, i team, i professionisti ed i pazienti hanno funzioni e compiti decisivi e complementari, essenziali per il buon funzionamento dell’intera organizzazione. Ma non esiste Sistema Sanitario equo, eicace e sostenibile senza

la Medicina di Famiglia: essa è l’arte di applicare ed adattare le conoscenze specialistiche, sempliicandole ed integrandole con le conoscenze umanistiche, ad ogni singola persona, in una visione tridimensionale comprendente Scienza, Pratica e Psiche; consentendole di curare un essere umano nella sua interezza ed inserito nel suo contesto naturale. La ricerca, nel setting delle cure primarie, può quindi rispondere a domande che derivano da vuoti di conoscenza che riguardano il sapere scientiico o l’intero vissuto della malattia oppure che provengono da problemi organizzativi della professione stessa. La ricerca fornisce conoscenze nuove e generalizzabili, che cambiano il modo di operare e che possono incidere profondamente sulla salute di tutti. La ricerca rideinisce i domini delle discipline perché può valutarne l’efettiva necessità e la reale eicacia e può proporne una riorganizzazione. Essa individua anche i bisogni e le aspettative di salute e quindi individua anche i bisogni formativi delle discipline mediche. I bisogni formativi corrispondono ai campi di intervento per cui solo con la ricerca si può decidere “chi fa cosa” nel rispondere ai bisogni di salute della gente. Ma, perché tutto ciò possa essere realmente eicace, la ricerca deve essere libera. Per questo l’IJPC si propone come giornale assolutamente indipendente, non legato ad alcuna sigla politica, sindacale o professionale ma assolutamente orientato al merito. Un luogo in cui tutte le specialità possano collaborare per migliorare le cure primarie. Un giornale peer-reviewed, perché solo attraverso la valutazione del merito scientiico aidata a “pari”, cioè a membri della comunità scientiica, si può essere liberi e salvaguardare i valori di fondo che informano la ricerca. Solo in questo modo pensiamo si possa conservare l’integrità di giudizio evitando plagi, favoritismi, condizionamenti ed invidie. Solo in questo modo potremmo fornire risposte autorevoli e saremmo in grado di fornire risposte eicaci ai bisogni di salute di tutti.

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Italian Journal of Primary Care march 2009 Vol 1 No 1

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Articles Articoli

Coronica et al.

Original Research

Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale retrospettivo in medicina generale The beginning of essential hypertension: observational retrospective study in general practice Francesco Coronica1, Giuseppe Maso1 Insegnamento di “Medicina di Famiglia”, Università degli Studi di Udine

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Correspondence to: Dr. Giuseppe Maso, MD giuseppe.maso@ijpc.it Published by Edicare Publishing. All rights reserved IJPC 2009; 1, 1: 8-12

RIASSUNTO

Obiettivo dello studio è di indagare sulle modalità di esordio della malattia ipertensiva all’inizio della sua storia naturale e la sua gestione in Medicina Generale. Materiali e metodi: Sono stati analizzati 13.449 pazienti aferenti all’archivio informatico di sette medici di medicina generale dell’area nord-est d’Italia, nel decennio compreso tra il 31 dicembre 1997 e 31 dicembre 2007, e da questi sono stati estrapolati 2.198 pazienti nei quali era stata posta diagnosi di Ipertensione arteriosa secondo i criteri descritti nelle Linee Guida internazionali. I pazienti sono stati suddivisi per sesso e fasce d’età, è stata calcolata la prevalenza di ipertensione arteriosa per ogni gruppo selezionato ed è stata efettuata la analisi cronologica del tempo intercorso tra a) ultimo rilievo di pressione arteriosa normale e diagnosi e di ipertensione arteriosa; b) primo rilievo di pressione arteriosa elevata e inizio della terapia farmacologica. Risultati: dei 2.198 pazienti ipertesi individuati, 740 pazienti non hanno soddisfatto i criteri di inclusione per insuicienza di dati. Sono stati quindi arruolati e studiati 1.458 pazienti ipertesi. L’intervallo intercorso tra “normotensione” e “ipertensione” è apparso essere inferiore a 3 mesi per 406 pazienti, tra 3-6 mesi per 317 pazienti, tra 6-9 mesi per 372 pazienti, tra 9-12 mesi per 246 pazienti, superiore a 12 mesi per 117 pazienti. L’intervallo intercorso tra “primo rilievo di valori pressori elevati” e inizio della terapia farmacologica è stato inferiore a 3 mesi per 577 pazienti, tra 3-6 mesi per 240 pazienti, tra 6-9 mesi per 270 pazienti, tra 9-12 mesi per 208 pazienti, superiore a 12 mesi per 163 pazienti. Conclusioni: Il tempo di diagnosi è nella maggioranza dei casi sotto l’intervallo dei tre mesi, e tende ad allungarsi nelle fasce di età più elevate, soprattutto nel sesso femminile. Il ricorso alla terapia farmacologica avviene nella maggioranza dei casi prima dei tre mesi, soprattutto nei maschi over 50. L’esordio dell’ipertensione appare in oltre il 50% dei casi osservati di tipo “acuto”, con il passaggio entro i 3-6 mesi di osservazione da valori pressori normali a valori pressori stabilmente elevati. Parole chiave: ipertensione; medicina di famiglia; storia naturale ABSTRACT

The goal of our study was to investigate the onset mode of hypertensive disease at the beginning of its natural history and its management in General Medicine. Methods: Thirteen thousand-four hundred-forty-nine patients, inserted during the decade from 31 December 1997 to 31 December 2007 in digital archives of seven family doctors working in the north-east of Italy, were analyzed. From the whole sample were extrapolated hypertensive diagnosed patients according to the criteria of approved international guidelines. The group of patients selected on the basis of the including criteria, was divided by sex and age groups, then was calculated the prevalence of hypertension and was carried out the analysis of the intervals of time between the latest survey of normal blood pressure and diagnosis of hypertension and the irst survey of high blood pressure and initiation of drug therapy. For the chronological analysis were arbitrarily identiied 5 diferent periods of observation (<3 months, 3-6 months, 6-9 months, 9-12 months,> 12 months). Results: Seven hundred and forty of the two thousand-one hundredninety-eight hypertensive patients identiied, did not match the criteria for inclusion due to a lack of data. The interval between “normotension” and “hypertension” appeared to be less than 3 months for 406 patients, between 3-6 months for 317 patients, between 6-9 months for 372 patients, between 9-12 months for 246 patients, more than 12 months for 117 patients. The interval between a irst survey of high blood pressure and initiation of drug therapy was less than 3 months for 577 patients, between 3-6 months for 240 patients, between 6-9 months for 270 patients, between 9-12 months for 208 patients over 12 months for 163 patients. Conclusions: The time of diagnosis is in most cases in the interval of three months, and tends

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Italian Journal of Primary Care march 2009 Vol 1 No 1


Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale

Original Research

Articles Articoli

to grow in older groups, especially in females. The drug therapy occurs in most cases on the irst three months, especially in males over 50. The onset of hypertension appears in more than 50% of observed cases to be “acute”, with changing within 3-6 months of observation from normal blood pressure values to stably high blood pressure values. Key words: hypertension; family medicine; natural history

INTRODUZIONE In Italia studi epidemiologici recenti riportano una prevalenza dell’ipertensione arteriosa del 32% al Nord e del 30% al Sud per fasce di età tra i 24 ed i 64 anni.1 Nell’85-90% dei casi, l’ipertensione è primitiva (essenziale); nel 5-10%, l’ipertensione è secondaria a nefropatia bilaterale e solo nell’1-2% dei casi è dovuta a condizioni potenzialmente curabili. La forma essenziale può insorgere anche senza che si manifestino dei sintomi e, di conseguenza, senza che il soggetto ne abbia conoscenza; l’elevata pressione persistente nel tempo aumenta notevolmente il rischio di accidenti cardio- e cerebro-vascolari, insuicienza renale, complicanze vascolari retiniche.

SCOPO Obiettivo del nostro studio osservazionale-retrospettivo è di indagare, attraverso l’analisi dei data base della cartelle cliniche informatizzate di un campione di medici di famiglia, sulle modalità di esordio della malattia ipertensiva, ed in particolare di cercare di rispondere a tre quesiti che riguardano l’inizio della storia naturale dell’ipertensione arteriosa e la sua gestione in Medicina Generale: - Quanto tempo è intercorso tra la diagnosi di ipertensione e l’ultima rilevazione normale? - Quanto tempo è intercorso tra la prima rilevazione patologica e l’inizio del trattamento? - L’esordio dell’ipertensione è acuto (breve intervallo cronologico tra normotensione ed comparsa di ipertensione) o cronico (aumento progressivo dei valori di pressione arteriosa o alternanza cronologica di misurazioni normali a valori pressori elevati)?

MATERIALI E METODI E’ stato condotto uno studio retrospettivo dall’archivio informatico di sette medici di medicina generale (Veneto e Friuli Venezia Giulia) nel decennio compreso tra il 31 dicembre 1997 e 31 dicembre 2007. Dal campione totale dei pazienti inseriti nell’archivio informatico sono stati estrapolati i pazienti nei quali era stata posta diagnosi di Ipertensione Arteriosa secondo i criteri delle linee guida JNC (Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure) e/o ESC–ESH (European Society of Hypertension–European Society of Cardiology guidelines for the management of arterial hypertension). 2-5 I dati sono stati estratti nell’assoluto anonimato di ogni singolo paziente, conservando unicamente i dati clinici necessari allo studio. Dati temporali solo occasionalmente discontinui sono stati corretti con interpolazione lineare. I criteri di inclusione sono stati: - Ipertensione Arteriosa Essenziale classiicata ICD-9 031.401,

-

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con 3 misurazioni consecutive di PAS > 140mmHg e PAD > 90 mmHg ; Misurazioni continuate nel tempo, almeno mensili, per i 12 mesi che seguono la diagnosi e per i 12 mesi che precedono la diagnosi; Età > 18 anni; Body Mass Index compreso tra 18,5 e 25.

I criteri di esclusione sono: dati richiesti dai criteri in inclusione incompleti. I pazienti sono stati suddivisi per sesso e fasce d’età, è stata calcolata la prevalenza di ipertensione arteriosa per ogni gruppo selezionato ed è stata efettuata, nel gruppo di pazienti ipertesi che hanno soddisfatto i criteri di inclusione, la analisi cronologica, per ogni singolo paziente prima e per valori medi di gruppo poi, del tempo intercorso tra: a) ultimo rilievo di pressione arteriosa normale e diagnosi e di ipertensione arteriosa; b) primo rilievo di pressione arteriosa elevata e inizio della terapia farmacologica. Per la analisi cronologica, sono stati arbitrariamente individuati 5 diferenti periodi di osservazione: < 3 mesi 3-6 mesi 6-9 mesi 9-12 mesi > 12 mesi E’ stato calcolato, tramite il programma accessorio statistico, il tempo compreso tra l’ultima misura senza precedenti valori patologici e la data di diagnosi stabilita dal medico a seguito di tre rilevazioni patologiche consecutive (PAS > 140; PAD > 90). Analogamente è stato calcolato il tempo trascorso dalla prima rilevazione patologica (PAS > 140; PAD > 90) all’inizio del trattamento farmacologico e conseguente inclusione nel registro dei pazienti ipertesi. E’ stato possibile calcolare anche l‘intervallo di tempo intercorso tra la prima rilevazione pressoria patologica e la deinizione della patologia come “problema codiicato” nelle cartelle dei singoli medici. I risultati ottenuti dall’estrazione dei dati sono stati veriicati paziente per paziente, nell’intento di ridurre al massimo falsi positivi; ciò è stato facilitato dalle frequenti annotazioni allegate ad ogni singola misurazione.

RISULTATI Sono stati analizzati 13.449 pazienti inseriti nell’archivio informati-

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Coronica et al.

Original Research

co nel decennio riferito, e da questi sono stati estrapolati 2.198 pazienti nei quali era stata posta diagnosi di Ipertensione Arteriosa. Dei 2198 pazienti ipertesi individuati, 740 pazienti non hanno soddisfatto i criteri di inclusione per insuicienza di dati. Sono stati quindi arruolati e studiati 1458 pazienti ipertesi (Tab. 1). Ad una prima analisi di prevalenza della Ipertensione Arteriosa nel campione studiato questa appare sensibilmente più bassa rispetto alle stime epidemiologiche uiciali6 in particolare nelle fasce di età più giovani (Fig. 1). La prevalenza massima rilevata nei maschi è nell’intervallo dei 61 – 70 anni (22%), nelle femmine in quella dei 71 – 80 anni (38%). La prevalenza complessiva è del 12%. L’intervallo di tempo intercorso tra “normotensione” (ultima rilevazione normale) e diagnosi di “ipertensione” è apparso essere inferiore a 3 mesi per 406 pazienti, tra 3-6 mesi per 317 pazienti, tra 6-9 mesi per 372 pazienti, tra 9-12 mesi per 246 pazienti, superiore a 12 mesi per 117 pazienti (Tab.2). In particolare sono riscontrabili intervalli di tempo relativamente ridotti nelle classi di età ino a 60 anni; dopo tale età questo arco di tempo tende ad allungarsi distribuendosi gradualmente in intervalli più ampi (Fig. 2). L’intervallo intercorso tra “primo rilievo di valori pressori elevati” e inizio della terapia farmacologica è stato inferiore a 3 mesi per 577 pazienti, tra 3-6 mesi per 240 pazienti, tra 6-9 mesi per 270 pazienti, tra 9-12 mesi per 208 pazienti, superiore a 12 mesi per 163 pazienti (Tab. 3). L’analisi temporale mostra che vi è un ricorso globale entro 3 mesi pari al 40%, con un massimo del 70% nei maschi con età compresa tra 51 e 60 anni (Fig. 3). Il quadro relativo all’arco di tempo intercorso tra la prima rilevazione patologica e la codiica del “problema ipertensione essenziale” in cartella clinica ambulatoriale (Fig. 4), ha una distribuzione interessante: ino a 60 anni la maggioranza dei pazienti ha avuto un tempo di codiica sotto i 6 mesi, mentre oltre i 60 il periodo si è allungato oltre l’intervallo dei 6 mesi.

DISCUSSIONE “Popolazione”, “ambiente” , “tempo reale” e “continuità assistenziale” sono parole chiave per la ricerca in medicina di famiglia. Popolazione signiica “epidemiologia”, ambiente signiica “osservazione globale”, tempo reale signiica “prevalenza”, continuità assistenziale signiica “incidenza”. Un gruppo signiicativo di ambulatori di medicina di famiglia con popolazione praticamente costante, ha una potenzialità che non teme confronti con qualsivoglia altra organizzazione. Non solo, le caratteristiche di questa disciplina, permettono di osservare contemporaneamente i “problemi degli esseri umani”, la “domanda di salute” e “l’organizzazione dei servizi”. Con il contributo di soli sette medici di famiglia è stato possibile analizzare una popolazione di oltre duemila pazienti afetti da ipertensione essenziale evidenziando l’elevato potenziale di ricerca di questa disciplina in campo epidemiologico. 10

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Ipertesi esclusi

Ipertesi

Normotesi

Maschi 18 - 30 aa

11

737

9

Maschi 31 - 40 aa

14

798

19

Maschi 41 - 50 aa

49

920

28

Maschi 51 - 60 aa

182

926

90

Maschi 61 - 70 aa

249

988

141

Maschi 71 - 80 aa

156

684

49

Maschi over 80 aa

30

508

12

Femmine 18 - 30 aa

8

680

4

Femmine 31 - 40 aa

13

722

7

Femmine 41 - 50 aa

70

972

23

Femmine 51 - 60 aa

197

978

106

Femmine 61 - 70 aa

139

905

71

Femmine 71 - 80 aa

294

625

159

Femmine over 80 aa Globale

46

808

22

1458

11251

740

Tab. 1 – Distribuzione per età dei pazienti inclusi nello studio.

Fino 3 mesi

3-6 mesi

6-9 mesi

9 - 12 mesi

Oltre 12 mesi

Maschi 18 - 30 aa

4

3

1

2

1

Maschi 31 - 40 aa

6

3

2

2

1

Maschi 41 - 50 aa

27

7

8

5

2

Maschi 51 - 60 aa

83

56

21

13

9

Maschi 61 - 70 aa

53

67

103

14

12

Maschi 71 - 80 aa

28

29

62

17

20

Maschi over 80 aa

7

2

6

6

9

Femmine 18 - 30 aa

3

2

1

1

1

Femmine 31 - 40 aa

5

3

2

2

1

Femmine 41 - 50 aa

26

19

11

9

5

Femmine 51 - 60 aa

67

45

42

32

11

Femmine 61 - 70 aa

13

16

68

29

13

Femmine 71 - 80 aa

75

60

37

103

19

Femmine over 80 aa

9

5

8

11

13

406

317

372

246

117

Globale

Tab. 2 – Distribuzione per tempo intercorso tra la diagnosi di ipertensione e l’ultima rilevazione normale

Fino 3 mesi

3-6 mesi

6-9 mesi

9 - 12 mesi

Oltre 12 mesi

Maschi 18 - 30 aa

5

2

1

2

1

Maschi 31 - 40 aa

8

2

2

1

1

Maschi 41 - 50 aa

32

7

3

5

2

Maschi 51 - 60 aa

127

23

11

12

9

Maschi 61 - 70 aa

89

31

28

44

57

Maschi 71 - 80 aa

37

20

62

17

20

Maschi over 80 aa

8

3

9

3

7

Femmine 18 - 30 aa

2

3

1

1

1

Femmine 31 - 40 aa

5

3

1

2

2

Femmine 41 - 50 aa

33

12

11

8

6

Femmine 51 - 60 aa

81

31

50

27

8

Femmine 61 - 70 aa

29

28

33

35

14

Femmine 71 - 80 aa

108

67

49

41

29

Femmine over 80 aa

13

8

9

10

6

Globale

577

240

270

208

163

Tab. 3 – Distribuzione per tempo tra la prima rilevazione patologica e l’inizio del trattamento


Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale

I dati raccolti in questo studio mostrano come Il periodo di tempo intercorso fra l’ultima rilevazione normale e la prima patologica sia nella grande maggioranza dei pazienti inferiore a tre mesi, soprattutto nelle fasce di età più giovani. A nostro avviso questo fatto è molto importante perché dimostra come nella maggior parte dei casi l’ipertensione impieghi un tempo molto breve per instaurarsi come se alla base del fenomeno ci fosse un evento di tipo acuto. Quale sia questo evento è ancora sconosciuto. Sembrerebbe pertanto che l’ipertensione arteriosa non si instauri gradualmente ma si manifesti bruscamente, in un tempo molto breve. Considerato il fatto che il fenomeno si è manifestato maggiormente nelle età più giovani, che dovrebbero godere di una salute migliore degli anziani, ci fa chiedere anche come mai in questi soggetti, normotesi, sia stata misurata in tempi così ravvicinati la pressione arteriosa. Vi era un motivo? Ci sono stati dei segni? Dei sintomi? Perché il paziente si è recato dal medico? Era presente una malattia intercorrente? Certo è che i dati ci impongono un approfondimento che non potremmo avere se non con uno studio prospettico eseguito su una larga coorte di pazienti normotesi.

Original Research

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Lo studio ha evidenziato nuovamente l’eicacia della medicina di famiglia nella diagnosi e nella cura delle patologie croniche; anche in questo caso la terapia farmacologica è stata instaurata in tempi brevi e in tempi brevi il problema è stato codiicato nelle registrazioni di ogni singolo medico. Il fatto però che una certa percentuale, non bassa, di soggetti sia stata trattata in ritardo, specialmente nelle classi di età più avanzate, pur in presenza di una diagnosi semplice e certa, dimostra come sia necessaria una continua opera di sensibilizzazione dei medici al trattamento puntuale e preciso dell’ipertensione arteriosa e ad una maggior attenzione al paziente anziano.

RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano il dr. Romano Paduano e la dottoressa Chiara Pisaroni per i suggerimenti, e Gabriele e Rafaele Coronica per l’aiuto nell’elaborazione informatica.

BIBLIOGRAFIA 1. The Sixth Report of the Joint National Committee on Prevention,

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Articles Articoli

Coronica et al.

Original Research

Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure (JNC 6). Hypertension. 1997;69:1113; 2. The Seventh Report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure (JNC 7). JAMA. 2003;289:2560-2571. 3. 2003 European Society of Hypertension–European Society of Cardiology

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Italian Journal of Primary Care march 2009 Vol 1 No 1

guidelines for the management of arterial hypertension. Journal of Hypertension 2003, 21:1011–1053 4. ESC and ESH Guidelines. European Heart Journal (2007) 28, 1462–1536 5. ESC – ESH Guidelines at http://www.eshonline.org 6. ISTAT, Annuario statistico italiano 2008; Cap.3 pp77 e succ.


Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

Original Research

Articles Articoli

Sentinel node biopsy for early stage melanoma: statistical analysis of 212 consecutive cases Biopsia del linfonodo sentinella nella valutazione iniziale del melanoma: analisi statistica di 212 casi consecutivi Giuseppe Giudice1, Marianna Carrieri1, Domenico Giglietto1, Gaetano Lastilla2, Paolo Trerotoli3, Andrea Armenio1, Michele Pascone1 Department of Plastic and Reconstructive Surgery, Faculty of Medicine,University of Bari, Bari, Italy; Department of Pathologic Anatomy, Faculty of Medicine,University of Bari, Bari, Italy; 3 Department of Biomedical Science and Human Oncology, Faculty of Medicine,University of Bari, Bari, Italy 1 2

Correspondence to: Prof. Giuseppe Giudice, MD g.giudice@dacti.uniba.it Published by Edicare Publishing All rights reserved IJPC 2009; 1, 1: 13-19

ABSTRACT

Surgical treatment of clinically negative lymph nodes, in melanoma patients is not systematically performed, because elective lymph node dissection (ELND) does not seem to yield a real increase of survival and has a high morbidity rate. In recent years, identiication of occult metastases by “lymphatic mapping” (LM) and localization of sentinel lymph nodes, as well as lymph node staging performed by preoperative lymphoscintigraphy, has enabled both better patients selection for loco-regional lymphadenectomy and better staging of the disease. We present our experience with this technique, highlighting the possibility of using it in all body sites (even the head and neck), and conirming that the sentinel lymph node technique can provide useful information that can help predict the recurrence and survival rate. Key words: melanoma; sentinel node biopsy; selective lymphadenectomy; recurrence RIASSUNTO

Il trattamento chirurgico di linfonodi clinicamente negativi non viene sistematicamente eseguito nei pazienti afetti da melanoma, perchè la dissezione elettiva dei linfonodi non sembra produrre un reale aumento della sopravvivenza ed ha un elevato tasso di morbilità. Da alcuni anni, la identiicazione delle metastasi occulte attraverso il “mappaggio linfatico” e la localizzazione del linfonodo sentinella, così come lo studio dei linfonodi attraverso la linfoscintigraia preoperatoria, ha consentito sia una migliore selezione dei pazienti per la linfadenectomia loco-regionale che una migliore stadiazione della malattia. Noi descriviamo la nostra esperienza con questa tecnica, evidenziando la possibilità di utilizzarla in tutti i siti corporei (incluso testa e collo), e confermando che la tecnica del linfonodo sentinella può fornire informazioni utili sia a prevenire le recidive che a migliorare il tasso di sopravvivenza. Parole chiave: melanoma; linfonodo sentinella; linfoadenectomia selettiva; recidiva

INTRODUCTION The considerable increase in the incidence of melanoma in recent decades has been paralleled by an increase in the overall survival rate of melanoma patients. This is mainly thanks to early diagnosis of the disease and to the availability of a wider range of surgical options.1

The natural history of cutaneous melanoma is characterized by a strong tendency to early metastasization, above all in the lymphatic system, but this is clinically detectable only at a later stage of the disease. Together with adequate excision of the primary tumor, the indicated treatment of melanoma patients includes loco-regional

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Giudice et al.

Original Research

lymphadenectomy in cases of proven lymph node metastases (therapeutic lymphadenectomy or TLND). Surgical treatment of clinically negative lymph nodes is not systematically performed, because elective lymph node dissection (ELND) does not seem to yield a real increase of survival and has a high morbidity rate. In recent years, identiication of occult metastases by “lymphatic mapping” (LM) and localization of sentinel lymph nodes,2 as well as lymph node staging performed by preoperative lymphoscintigraphy, has enabled both better patients selection for loco-regional lymphadenectomy and better staging of the disease. We present our experience with this technique, highlighting the possibility of using it in all body sites (even the head and neck),3-6 and conirming that the sentinel lymph node technique can provide useful information that can help predict the recurrence and survival rate.

MATERIALS AND METHODS From February 1998 to June 2005, 212 melanoma patients (127M, 85 F; mean age 52, range 25-87 years) were treated at the Department of Plastic and Reconstructive Surgery of Bari University Hospital. The neoplasm was localized in the head and neck in 25 patients, the upper limb in 23 patients, the lower limb in 61 patients and the trunk in 103 patients. Within the 90th day from excision of the primary lesion, after having given informed consent, all the patients with lesions greater than 0.75 mm (Breslow thickness) underwent preoperative lymphoscintigraphy with 99mTc-labeled human albumin colloid on the same day as sentinel node biopsy (SNB) 3-6. According to the lymphoscintigraphy duration, a dosage of 5-15 or 30-70 MBq in a mean volume of 0.5-1 ml was injected intradermally in four sites closely around the scar of the excisional biopsy to identify regional lymphatic basins draining that cutaneous region7. Intraoperatively, SN were located using a handheld gamma probe without the use of Patent blue. A small incision (3 to 5 cm) was made directly over the hot spots and carried down through the skin and subcutaneous tissue into the nodebearing fat. Any hot node (deined as the hottest node and any other node with at least 5-fold the background radioactivity)7 was excised and sent for pathological analysis. Deinitive wide excision of the primary cutaneous melanoma was performed after the SNB procedure. All the excised sentinel lymph nodes were evaluated following the protocol suggested by a panel of pathologists skilled in melanoma and SN evaluation. SNs were cut along their longitudinal axis in 2-3 mm-thick slices and embedded in parain blocks. At least ten serial sections were obtained from each block and examined by conventional H&E (sections 1,3,5,7) and by immunohistochemistry at both S100 (sections 2,4,8) and HMB45. Sections 9 and 10 were saved and available for additional staining. A positive SN was deined as a lymph node containing melanoma cells detected by either H&E or immunohistochemistry 8,9. The presence of metastases was typologically diferentiated into macrometastases (deposits > 2mm), micrometastases7 (deposits < 2mm) and isolated tumor cells, (deposits< 0.2 mm), afecting the peripheral sinus of a lymph node9. 14

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Complete therapeutic lymph node dissection (TLND) was performed in all cases with SLN+. The entire excised lymph node basin was subjected to histological examination. All patients underwent periodical follow-up, every six months for the irst three years and yearly thereafter, including liver US and chest X-ray for patients with a primary melanoma thickness < 2 mm and additional total-body Computerized Axial Tomography for patients with a melanoma thickness > 2 mm. A quality control program QCP of the SNB surgical procedure was performed by the Solism components group7 during the study period.

STATISTICAL ANALYSIS Continuous variables have been summarized as mean and standard deviation (SD). Comparisons between independent samples have been performed with Student’s t test. Qualitative variables are summarized as count and percentage. Comparisons between independent percentages have been made by chi-square test or Fisher’s Exact test as appropriate. Trends in percentage have been evaluated with the Cochran-Armitage test for trend. A bootstrap adjustment of p-values was perfor-

Sex Age class Site of primary site

Breslow thickness

Clark classification

Presence of sentinel node Sentinel node mapping

Number of site

Site of Sentinl node

NON Sentinel node Metastasis Outcome

n

%

F

85

40.09

M

127

59.91

<50

87

41.04

>=50

125

58.96

Head and neck

25

11.79

A. sup

23

10.85

Trunck

103

48.58

A. inf.

61

28.77

<1 mm

42

19.81

<=2 mm

88

41.51

<=3 mm

39

18.4

>3 mm

43

20.28

1

4

1.89

2

17

8.02

3

68

32.08

4

108

50.94

5

15

7.08

No

163

76.89

Yes

49

23.11

Micrometastasis

30

14.15

Macrometastasis

19

8.96

Negative

163

76.89

1

154

72.64

2

55

25.94

3

3

1.42

Axillary

120

56.6

Groin

74

34.91

Nec

28

13.21

Others

3

1.42

No

42

19.81

Yes

7

3.3

Alive

200

94.34

12

5.66

Table 1: Main characteristics of study sample


Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

Original Research

Articles Articoli

Results to Sentinel node search Micro metastasis

Ageclass

Site of primary lesion

Breslow thickness

Clark class

Negative

Total

n

%

n

%

n

%

n

%

30

61.2

19

38.8

163

76.9

212

100.0

F

14

16.5

6

7.1

65

76.5

85

40.1

M

16

12.6

13

10.2

98

77.2

127

59.9

Sentinel node Sex

Macro metastasis

<50

15

17.2

10

11.5

62

71.3

87

41.0

>=50

15

12.0

9

7.2

101

80.8

125

59.0

Head and neck

5

20.0

2

8.0

18

72.0

25

11.8

A. sup

5

21.7

2

8.7

16

69.6

23

10.9

Trunck

13

12.6

11

10.7

79

76.7

103

48.6

A. inf.

7

3.3

4

1.9

50

23.6

61

28.8

<1 mm

4

9.5

1

2.4

37

88.1

42

19.8

<=2 mm

15

17.1

3

3.4

70

79.6

88

41.5

<=3 mm

5

12.8

5

12.8

29

74.4

39

18.4

>3 mm

6

14.0

10

23.3

27

62.8

43

20.3

1

0

0.0

0

0.0

4

100.0

4

1.9

2

1

5.9

0

0.0

16

94.1

17

8.0

3

9

13.2

3

4.4

56

82.4

68

32.1

4

18

16.7

13

12.0

77

71.3

108

50.9

5

2

13.3

3

20.0

10

66.7

15

7.1

p-value 0.5723 0.2647

0.7804

0.0048

0.2387

Site of Sentinel node Axillary Groin Neck Other sites

Number of site

Outcome

No

14

15.2

6

6.5

72

78.3

92

43.4

Yes

16

13.3

13

10.8

91

75.8

120

56.6

No

16

11.6

14

10.1

108

78.3

138

65.1

Yes

14

18.9

5

6.8

55

74.3

74

34.9

No

24

13.0

17

9.2

143

77.7

184

86.8

Yes

6

21.4

2

7.1

20

71.4

28

13.2

No

30

14.4

19

9.1

160

76.6

209

98.6

Yes

0

3

100.0

3

1.4

0

1

12

7.8

6

3.9

136

88.3

154

72.6

2

17

30.9

13

23.6

25

45.5

55

25.9

3

1

33.3

0

0.0

2

66.7

3

1.4

Alive

28

14.0

12

6.0

160

80.0

200

94.3

Dead

2

16.7

7

58.3

3

25.0

12

5.7

0.5351 0.2808 0.4839 0.6329

<.0001

<.0001

Table 2: Relations between main characteristic and results of sentinel node search

med to adjust the level of signiicance of multiple independent comparisons. To assess the risk of micrometastasis or macrometastasis, a logistic regression model was developed. The response variable was considered as an ordinal variable with three levels: no metastasis, presence of micrometastasis, presence of macrometastasis. Explicative variables were age, subdivided into two categories (<50, >51), sex, Breslow thickness, classiied in four categories (up to 1 mm, up to 2 mm, up to 3 mm, more than 3 mm), Clark classiication, evaluated as two classes (0-3 and over 3), site of primary lesion, site of sentinel node. This last variable was included in the model as four (dichotomic presence/absence) classes: axillary, groin, neck/cervical, other. To calculate the risk of further metastases after lymphatic resection, an exact conditional logistic regression model was built with the response variable as presence/absence of sentinel node and the independent variables sex, age class (deined as previously described), Breslow thickness (as previously described), Clark classiication, presence of micrometastasis or presence of macrometastasis. Follow-up time in months was recorded for each patient, and

the status dead/alive at the last contact. To evaluate patients outcome a survival analysis was performed by means of the Kaplan-Meier curve and the Wilcoxon test was carried out to compare diferent survival rates in patients with micro, macro or no metastasis. Survival of patients with versus without metastasis after resection was evaluated with Kaplan-Meier curves and Wilcoxon test. All analyses were performed with SAS software 9.1 for personal computer. A two-sided p-value of 0.05 was considered statistically signiicant.

RESULTS Of the 212 melanomas, 85 afected females with a mean age of 50.7 years (SD 14.6) and 127 males with mean age 53.5 years (SD 15.5); 48.5 per cent (103 lesions) were localized in the trunk, 28.77 per cent (61 lesions) in the lower limbs, 11.79 per cent (25 lesions) in the head and neck and 10.85 per cent (23 lesions) in the upper limbs. The distribution of patients according to lesion thickness is summarized in table I. It is important to note that 60% of lesions were less than 2mm thick.

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Giudice et al.

Original Research

The most common drainage pattern (157 Pts) featured only one lymph node basin; two basins were detected in 55 patients while only 3 patients presented three diferent lymph node basins. At least two or more sentinel lymph nodes were identiied and removed in each patient and from each lymph node basin. There was no statistically signiicant diference of age between the sexes (p=0.19). Nor did Breslow thickness result signiicantly diferent by sex (p=0.9): mean value in both males and females was 2.29 mm (SD M 1.86; SD F 1.99). Age and Breslow thickness were shown to be categorical variables, and successively included in the logistic model. All sentinel lymph nodes were identified and subjected to histological examination, yielding the following results: - 163 patients (76.9 per cent) with negative sentinel lymph nodes; - 49 patients (23.1 per cent) with positive sentinel lymph nodes. Of the 49 patients with positive sentinel lymph nodes, 28 presented micrometastases11 (16 in axillary sites, 4 in the head and neck and 8 in inguinal sites). The remaining 19 presented macrometastases11 (13 in axillary, 5 in inguinal sites and 1 in the right latero-cervical site). All patients with positive sentinel lymph nodes, except 2/49 who refused treatment, underwent radical therapeutic lymphadenectomy of the district involved (TLND). The dissected lymph nodes were subjected to histological examination to search for further metastatic loci within the lymph node basin in question. Table II shows the relation between metastasis in the sentinel node and patients clinical features. Variable

TAB III: Distribution of micro and macrometastasis by Breslow thickness classes. P value refers to test for trend.

Breslow thickness was related to presence of metastasis (p=0.0048). In multiple comparison testing there was a signiicant diference between the percentage of macrometastasis in the group with Breslow thickness <=2 mm as compared to the group with >3 mm (3.4% vs 23.3; p=0.0059). Therefore, after adjusting the p value for multiple comparison, it seems that only in the group with the highest Breslow thickness is it possible to hypothesise a higher frequency of macrometastasis. It is interesting to note that there was no signiicant diference in the frequency of micrometastasis among the diferent Breslow classes (Table III). Table III shows the trend percentage of macro and micrometastasis per class of Breslow thickness. There was no signiicant trend for micrometastasis, whereas the percentage of positive macrometastasis in sentinel nodes showed a positive trend (p=0.0001), with a high increase from the class with thickness OR

Clark

CI 95%

p-value

0-3 vs 4-5

2.253

0.935

5.429

<=2 mm vs >3mm

0.351

0.143

0.86

0.022

2-3 mm vs > 3mm

0.384

0.137

1.077

0.0688

Age

>=50 vs <50

0.709

0.35

1.433

0.3378

Sex

F vs M

1.035

0.494

2.168

0.9278

head and neck vs a. inf

21.331

2.191

207.649

0.0084

a. sup vs a. inf

13.416

2.42

74.388

0.003

trunck vs a. inf

5.198

1.367

19.766

0.0156

Breslow

Primary site

Site of sentinel node

0.0701

Groin Y vs N

108.648

12.55

940.624

<.0001

Axillary Y vs N

15.501

2.332

103.051

0.0046

Neck Y vs N

3.832

0.724

20.297

0.1142

TAB IV: Odds ratio and 95% confidence interval to assess the risk of presence of metastasis after node resection

Variable

p-value

OR

CI 95%

Age

<50 vs >=50

0.40

0.20

0.00

2.80

Sex

F vs M

1.00

1.46

0.15

18.90

Sentinel node

Presence of micro vs macrometastasis

0.01

0.06

0.00

0.51

Breslow

<=2 mm vs >3mm

1.00

3.05

0.18

101.70

2-3 mm vs > 3mm

1.00

0.48

0.01

10.08

<=2 mm vs 2-3 mm

1.00

0.80

0.03

10.08

0-3 vs 4-5

1.00

1.68

0.02

154.78

Clarck

TAB V: Odds ratio and 95% confidence interval for the risk of metastasis after node resection

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up to 2 mm to the class over 3 mm. The logistic regression model identiied as signiicant risk factors for metastasis in the sentinel node (table IV): Breslow thickness, primary site of lesion, site of sentinel node. Lymphadenectomy was performed in 49 patients, only 7 of whom had further metastatic nodes, while in 42 patients all other nodes were negative. No patients with micrometastasis in the sentinel node had other metastatic nodes at lymphadenectomy, while 36.8% of patients with macrometastasis had other node metastases in the excised lymphatic station (p<0.0001).


Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

TAB VI: Survival in patients with micrometastasis, macrometastasis or a negative sentinel node

TAB VII: Survival in patients with a positive node after resection

To recognize factors serving to predict the presence of non sentinel node metastasis a multivariate logistic model was performed (table V). The presence of micro vs macro metastasis resulted a signiicant factor (p=0.01) predicting the probability of inding a positive non sentinel node in the excised station. The odds ratio value for this factor is 0.06 (CI 95% 0-0.51), indicating micrometastasis as protective against the risk of non sentinel node metastasis, whereas macrometastasis poses a high risk of non sentinel node metastasis. Of the 163 patients with negative sentinel lymph nodes, 7 (4.3%) showed signs of disease progression within a mean period of 13 months. Notably, in 4 patients (2.4%) progression was at lymph node level (false negatives): in 1 patient with melanoma of the trunk, 4 mm thickness and a negative axillary sentinel lymph node, there was clinical evidence of axillary metastasis at six months follow-up, treated by complete lymphadenectomy (3 lymph nodes+ of 42 excised); in 1 patient with melanoma of the trunk, 3 mm thickness and a negative axillary sentinel lymph node there was clinical evidence of axillary lymph node metastasis at 23 months, treated by complete lymphadenectomy (1 lymph node+ of 27 excised) but after 5 months this patient presented lung metastases that led to exitus; in 1 patient with melanoma of the trunk, 5mm thickness and a negative axillary sentinel lymph node, there was clinical evidence of axillary lymph node metastasis at 11 months,

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treated by complete lymphadenectomy (1 lymph node+ of 28 excised). Finally, in 1 patient with nodular melanoma of the temporal region, 2.2 mm thickness, with a negative left latero-cervical lymph node, lymph node metastasis presented in the homolateral jugular region after 6 months, with subsequent difuse submandibular dermic invasion and cerebral metastases that rapidly brought about exitus. In agreement with other Authors10, in the remaining 3 cases (1.9%) disease progression was observed at distant loco-regional level (metastases in transit) with no involvement of the lymph node station. Of these, in 1 patient with melanoma of the trunk, 3.2 mm thickness and a negative sentinel lymph node, loco-regional disease recurrence occurred (subcutaneous metastases) after 8 months, rapidly followed by massive neoplastic pulmonary embolism and exitus, whereas the other 2 patients had melanoma of the lower limb, 6 mm and 4.5 mm thickness, respectively, 1 with a negative and 1 a positive inguinal sentinel lymph node, and presented difuse subcutaneous metastases of the lower limbs after about 12 months. Lymph node recurrence after lymphadenectomy occurred in only 1 of the 28 patients who underwent therapeutic SLNL (lymph node recurrence post lymphadenectomy 2.1%). Survival resulted statistically signiicantly diferent (p<0.0001) among patients with micrometastasis, macrometastasis or a negative sentinel node (Table VI); few deaths were observed in the three groups (2, 7 and 3, respectively) and median survival could be estimated only for patients with macrometastasis (median: 43 months). In the group with micrometastasis and a negative sentinel node median survival could not be estimated, but in the latter group the irst quartile was 71 months. In patients with a positive sentinel node we evaluated survival among positive vs negative to non sentinel node metastasis (Table VII): survival resulted statistically signiicant (p<0.0001) and only the median survival of positive patients could be estimated at 23 months.

DISCUSSION Surgical treatment remains the only therapeutic option for lymph node metastases from skin melanoma12,13. Metastatic spread of melanoma nearly always occurs via the lymphatic drainage system, and in some regions there may be multiple LEARNING PHASE INCORRECT LYMPHATIC MAPPING LACK OF STANDARDIZED TECHNIQUE LYMPH NODE IN PARTICULAR SITE (head and neck) PRESENCE OF SCARRING > 5 cm PRESENCE OF SKIN GRAFTS AND/OR FLAPS FAILURE TO USE SPECIFIC IMMUNOHISTOCHEMICAL TECHNIQUES (RT-PCR for tyrosinase) LYMPH NODE SKIP TAB. VIII: principal causes of false ne gatives after sentinel node biopsy

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Giudice et al.

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FIGURE 1: Preoperative lymphoscintigraphy shows the dual lymphatic channels (arrows)

drainage pathways 13,14. Due to the diiculty in establishing a standard pattern of lymphatic drainage and hence the precise pathway of any metastatic spread for lesions of the head and neck and, above all, the trunk 14, in the past radical preventive (elective) lymphadenectomy (ELND) was often unsuccessful (27). More recently, search for the sentinel lymph node by LM and ILM15,16 has enabled identiication of the “real” drainage pathway and the irst lymph node passed by lymph coming from the pigmented tumor site in question. This has made it possible to avoid the need for preventive radical lymph node dissection (ELND) and the associated morbidity and sequelae, in nearly 80% of patients afected by melanoma with no clinical evidence of lymph node metastasis 17,18 . Search for the sentinel lymph node in patients afected by melanoma is thus an essential step in diagnostic work-up and therapeutic decision making, as it enables correct staging of the disease 1-2-15. A negative sentinel lymph node is predictive in approximately 97% of cases 15, with a false negative rate ranging from 2 to 9% in the diferent series reported in the literature. In our study the false negative rate, as measured by nodal recurrence in a tumor-negative dissected SN basin (31), was 4/163, equal to 2.4%. The many causes that could explain this phenomenon are listed in table VIII 11,16. In our experience, the so-called “learning phase” could be considered over as all patients were treated by the irst Author and the same team; standardized lymphatic mapping and sentinel lymph node biopsy techniques were used based on the international literature7,15; the use of intraoperative lymphatic mapping (ILM) with the aid of a γ-camera16 enabled the correct identiication and excision of all lymph nodes located in lymph node basins, even of the head and neck; no patient who underwent a sentinel lymph node search was left with a scar longer than 5 cm, and the technique was never performed in patients with previous surgical repair using skin grafts or laps. All the dissected lymph nodes were submitted to standard 18

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immunohistochemistry19 and we do not believe in the lymph node skip because in no less than 10 cases in our experience, a dual lymphatic drainage pathway was discovered and this allowed us to remove all the lymph nodes involved in each case 20 (Figure 1). We are convinced that standardization is essential to maintain quality control in any multicenter trial, particularly when multi-disciplinary expertise is required. The nuclear medicine physician identiies the nodal basin(s) at risk, determines the number of lymphatic channels to isolate the SNs, and accurately marks the cutaneous location overlying each SN, to direct the surgeon. Each surgeon should be familiar with the common lymphatic drainage patterns for diferent areas of the body, aberrant routes of the lymphatics, and aberrant locations of SNs. Imaging must be timed to avoid missing true SNs or incorrectly identifying non-SNs as SNs 19 . Some dissected-basin recurrences could be explained by failure of the pathologist to detect SN micrometastases or by surgical misidentiication of the true SN or failure to detect additional SNs in the same basin19. However, because the incidence of nodal basin recurrence increases with follow-up at 5 years10, long term data are essential to accurately judge the incidence of recurrence in our reportedly tumor-negative nodal basins. It is important to note that in our series three patients (1.97%) presented loco-regional metastases (metastases in transit). This could be related to the fact that most of our patients (about 60%) presented a thin melanoma that was removed before it could undergo “hematogenous spread”15. As to lymph node recurrence after radical lymphadenectomy, only 1 patient (2.1%) developed a new localization in the surgically treated basin during the irst period of our experience. Nowadays, the brief interval (mean 46 days) between the diagnosis of melanoma and therapeutic lymphadenectomy (TLND) has put an end to this type of recurrence 14.

CONCLUSIONS Breslow thickness over 3 mm is a predictive factor for sentinel node metastasis. Other factors, but with an uncertain signiicance, were found to be site of the primary lesion and site of the sentinel node. Once a macrometastasis is found, it represents a risk factor for the presence of metastasis in non sentinel nodes; it should be noted that the risk for non sentinel node metastasis derives only from macrometastasis, whereas micrometastasis does not appear to be a suicient risk factor. Our survival data highlight the latter observation: patients with micrometastasis or without sentinel node metastasis had a similar and higher survival than those with macrometastasis. Furthermore, positivity to non sentinel node metastasis has a worse prognosis. It can be hypothesized that the presence of macrometastasis could lead to further metastases and has bad prognosis (median survival: 23 months). The presence of micrometastasis was rarely followed by further metastasis in our study, and showed a similar prognosis to that of cases with negative results both to sentinel and non sentinel node metastasis. This study lends further support to the use of an accurate and standardized histopathologic technique, permitting a better


Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

diagnosis of micrometastasis with only a 2.4% rate of recurrence within the lymph node basin 10. Clinical trials need to be performed in larger case series to conirm our results in terms of the absence of further metastases in lymph nodes excised during complete lymphadenectomy in patients with sentinel lymph node micrometastases. Histological analysis by means of immunohistochemisty (s-100 protein – HMB-45 – Melan-A- MART -1) and above all of RT-PCR by tyrosinase of each lymph node excised by complete lymphadenectomy would be indispensable, during such clinical trials, as both these techniques are highly speciic for melanoma but still too costly for routine use 17. These results could open up new prospects for future treatment of melanoma by limited or more selective complete lymphadenectomy (SCLND) 20 .

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Beltman et al.

Original Research

Chronic pain of elderly in Italian general practice An explorative study Il dolore cronico dell’anziano nella medicina di famiglia italiana Studio esplorativo

Jeroen L.P. Beltman1, Eloy H. Van De Lisdonk1 Department of General Practice, University of Nijmegen, Nijmegen, The Netherlands

1

Correspondence to: Prof. Eloy H. Van De Lisdonk, MD e.vandeLisdonk@hag.umcn.nl Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 20-27

ABSTRACT

Introduction: The prevalence of chronic pain among the elderly is unclear. Although chronic pain has a strong negative inluence upon the quality of life, it is thought to be undertreated in the elderly. The assessment of general practitioners is critical to improve the undertreatment. Goal: The purposes of this study are to determine: how many elderly, visiting the general practitioner, are in chronic pain; how well the general practitioner assesses the chronic pain; how many elderly tell their pain complaints to the general practitioner; patient-barriers to speak about chronic pain; the inluences of demographic factors (age, gender, education and co-residence). Method: The study took place in Udine, Italy. Elderly over 65 years old, visiting the general practitioner, completed a standardised questionnaire. The questionnaire consisted of the demographic factors, Chronic Pain Grade Questionnaire and barriers to speak about pain. General practitioners graded the pain of the same patients. The results of the patient questionnaire were compared with the grading by the general practitioners. Patient-barriers to speak about chronic pain and the inluence of demographic factors were analysed. The data was transformed to binominal data and the Pearson chi-square test was used to test for signiicance. The data were analysed twice, for the categories ‘any chronic pain’ and ‘clinical relevant chronic pain’. Results: Five general practitioners included 185 elderly. The prevalence of chronic pain in the category ‘any chronic pain’ was 89.2% and in the category ‘clinical relevant chronic pain’ it was 13.0%. The category ‘any chronic pain’ is correctly assessed in 68% of the patients (TP=64%, TN=4%, FP=7% and FN=25%). The category ‘clinical relevant chronic pain’ is correctly assessed in 80% (TP=1%, TN=79%, FP=7% and FN=12%). The demographic factors did not inluence the prevalence and assessment. Of the patients, 70% (‘any chronic pain’) to 74% (‘clinical relevant chronic pain’) said to have told their pain problems to the general practitioner. Only patients in the category ‘any chronic pain’ were better assessed if they said to have told their pain problems. Patient-barriers to speak about chronic pain were, in the category ‘any chronic pain’, the believe that ‘pain is normal at my age’ and not experiencing the pain at the moment of the doctors visit. Conclusion: General practitioners underestimate the chronic pain of elderly who visit their practice. This is partly because elderly do not tell them their pain complaints. General practitioners do not have optimal assessment skills. There is no inluence of age, gender, education and co-residence on prevalence and assessment of chronic pain. There are signiicant interphysician variations. Discussion: This is an explorative study in the ield of chronic pain. It shows the complexity of research in the ield of chronic pain, as well the need for further research. A category of ‘clinical relevant chronic pain’ should be linked to treatment. Methods should be developed, which are easy comprehended by elderly, and also have the scientiic validation to perform an in depth analysis of the group of elderly who visit the general practitioner. Key words: chronic pain; elderly; general practice RIASSUNTO

Introduzione: la prevalenza del dolore cronico nella popolazione anziana è incerta. Nonostante il dolore cronico abbia una inluenza fortemente negativa sulla qualità di vita, si è considerato che esso sia sotto trattato nel paziente anziano. La valutazione del medico di famiglia è fondamentale per migliorare tale sotto-trattamento. Obiettivo:scopo dello studio è di determinare quanti dei pazienti anziani che si rivolgono al medico di famiglia sofrono di dolore cronico; in che modo il medico di famiglia valuta il dolore cronico; quanti anziani raccontano del loro dolore al medico di famiglia; gli ostacoli del paziente a parlare del proprio dolore cronico; la inluenza dei fattori demograici (età, sesso, cultura e co-residenza). Metodi: lo studio si è svolto ad Udine, Italia. Un questionario standardizzato è stato sotto sottoposto a tutti gli anziani di età superiore a 65 anni che si recavano in visita dal medico di famiglia. Il questionario riguardava fattori demograici, grado del dolore cronico e barriere a comunicare il dolore. Negli stessi pazienti i medici di famiglia

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Chronic pain of elderly in Italian general practice

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classiicavano il dolore. I risultati del questionario venivano correlati con la classiicazione dei medici di famiglia e veniva analizzata anche l’inluenza delle barriere a comunicare e dei fattori demograici. E’ stata eseguita l’analisi statistica dei dati e per i test di signiicatività è stato utilizzato il Pearson chi-square test. I dati sono stati analizzati due volte, per le categorie A (qualsiasi dolore cronico) e B (dolore cronico clinicamente rilevante). Risultati: Sono stati arruolati allo studio 185 pazienti anziani della popolazione assistita di cinque medici di famiglia. La prevalenza del dolore cronico nella categoria A (qualsiasi dolore cronico) era dell’89.2% e nella categoria B (dolore cronico di rilevanza clinica) era del 13%. La categoria A veniva valutata correttamente nel 68% dei pazienti, mentre la categoria B lo era nell’80% dei casi. I fattori demograici non inluenzavano né la prevalenza del dolore né la sua valutazione. Il 70% dei pazienti di categoria A ed il 74% di categoria B afermavano di aver parlato del dolore cronico al medico di famiglia. Solo i pazienti di categoria A venivano valutati meglio se avevano precedentemente comunicato al medico il loro problema “dolore”. Le barriere a comunicare il dolore erano, nei pazienti di categoria A, il convincimento che il dolore “sia normale alla mia età” e il non presentarsi del dolore al momento della visita. Conclusioni: i medici di famiglia tendono a sottostimare il dolore cronico negli anziani che visitano nei loro ambulatori, in parte perchè l’anziano tende a non denunciare il proprio dolore. I medici di famiglia non dispongono di competenze ottimali per la valutazione del dolore. Sia la prevalenza che la valutazione non sono inluenzate dall’età, dal sesso, dalla scolarità e co-residenza. Non ci sono diferenze signiicative tra i medici arruolati. Discussione: questo è uno studio esplorativo nell’ambito del dolore cronico, che mostra sia la complessità della ricerca in questo campo, sia la necessità di ulteriori indagini, e la categoria del “dolore cronico clinicamente rilevante” dovrebbe essere correlata al trattamento. Si devono sviluppare metodi che siano facilmente compresi dall’anziano, e che abbiano una validazione scientiica per attuarli in una analisi approfondita della popolazione di anziani che frequenta gli ambulatori di medicina generale. Parole chiave: dolore cronico; anziano; medicina generale

INTRODUCTION Chronic pain is a common geriatric complaint.1 Our understanding of chronic pain among elderly is limited. The available information is scattered among scientiic ields because both chronic pain and geriatrics are multidisciplinary ields.2 Although chronic pain is regarded as a common condition, the exact prevalence is unclear. The epidemiological studies about chronic pain use diferent methods, assessment instruments, deinitions, and populations.3 These diferent approaches show the complexity of chronic pain research. Prevalence of chronic pain among community-dwelling elderly is estimated as 25% to 70%.4-9 Chronic pain reduces the quality of life of elderly signiicantly. Mediated by physical and psychosocial disability, the quality of life is reduced with 10%.10 The impact of chronic pain can range from an increased risk of suicide, increased alcohol consumption, reduced appetite, reduced involvement in recreational and social activities, increased dependency, sleep disturbances and gait impairments to higher rates of anxiety.11 Elderly in chronic pain often have depressive symptoms.12 And unrelieved pain increases the risk of cognitive failure.13 Chronic pain is a subjective sensation and therefore diicult to measure objectively. A comprehensive pain assessment tool should include measures of pain intensity and multidimensional measures of the pain experience.12 There are diferent multidimensional assessment tools available, i.e. the McGill Pain Questionnaire12 and the Chronic Pain Grade Questionnaire.14 These are methods to measure diferent aspects of chronic pain, i.e: intensity, disability and persistence. Guidelines on the treatment of chronic pain in the elderly have been published.15-17 Treatment is not focused on total pain relief,

but on pain reduction. Nevertheless, chronic pain is thought to be systematically undertreated. This is due to both a lack of proper recognition and treatment.11,12 There is evidence that 47-80% of the community-dwelling elderly do not receive any treatment for their pain.12 There are several barriers described for elderly which hamper the treatment of chronic pain. Physician barriers include a lack of knowledge, a lack of time and a fear of opioid toxicity.13 Bariers for elderly patients include: fatalism, denial, ‘good-patient’ behaviour, fear of adverse efects, fear of loss of independence, fear of addiction to medication, fear for tolerance of medication, believes that medication needs to be saved until the pain is intolerable and fear that pain is a symptom of a serious disease.13,18 The general practitioner has a gate-keepers function in the Italian health system.19 This makes them keyplayers in the recognition of chronic pain. It is uncertain how many elderly who visit the general practitioner are in chronic pain. Neither is it clear how well general practitioners assess the chronic pain of their patients. General practitioners often say that patients do not tell them about their pain complaints. But this has never been studied. Improving the chronic pain treatment for community-dwelling elderly starts with inding answers to these questions.

HYPOTHESIS The purpose of this study is to determine how many elderly visiting the general practitioner are in chronic pain, and how well the general practitioner assesses their chronic pain. It was hypothesized that general practitioners underestimate the prevalence of chronic pain because elderly do not tell their chronic pain complaints. Secondary it was hypothesized that there might be a correlation between the prevalence and/or the assessment of chronic pain with the age, gender, education or co-residence of the elderly patients.

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Beltman et al.

Original Research

The research questions are: I. What is the prevalence of chronic pain of elderly patients who visit the general practitioner? II. How well does the general practitioner grade the chronic pain of elderly patients compared to a validated questionnaire about chronic pain? III. Do elderly patients tell the general practitioner their pain complaints? IV. Why do elderly (not) tell the general practitioner their pain complaints? V. Is there a signiicant correlation between question I, II, III, IV, and age, gender, education or co-residence?

-

describe another reason.

The reasons not to tell the general practitioner about the pain complaints were precoded as: -

I believe it is normal at my age to have pain; the doctor did not ask me; I do not want (other) drugs; I preferred to speak about other more important problems; I am afraid the pain is a symptom of a serious disease; we spoke about the pain many times before; right now I do not have any pain; describe another reason.

Method

General approach This study is observational, with an explorative character. The study was conducted at three general practices in Udine, a small city in the North East of Italy. Five general practitioners participated. Each general practitioner had his own patient population. After the medical consult, the general practitioner or practice assistant asked patients of 65 years and over to participate. The reason why the patients visited the general practitioner did not matter, neither did their medical history or treatments. No exclusion criteria were preformulated. It was left to the personal judgment of the general practitioners and practice assistants to exclude patients. The participants completed a 14 item questionnaire. If necessary the author (JB) helped to complete the questionnaire. The questionnaire consisted of closed questions, grouped into three parts: demography; Chronic Pain Grade Questionnaire (CPGQ);14 barriers to speak about pain. The demographic information asked was about; age (current age); gender (male, female); educational level (primary education, high-school or college/university); co-residence (living alone or with others). The Chronic Pain Grade Questionnaire is a seven item multivariate measurement tool of chronic pain. It is validated as an (telephone) interviewing tool and as a postal self-report questionnaire.14,20 It was chosen because it is translated in Italian and validated for use in Italy.21 The CPGQ measures persistence, intensity and disability of pain during the preceding six months. It yields a score which places patients in one of four chronic pain grades: (0. no pain;) I. low disability - low intensity; II. low disability - high intensity; III. high disability - moderately limiting; IV. high disability - severely limiting. Patients were asked whether they told their doctor about their pain complaints, and why. The reasons to tell the doctor the pain complaints were precoded as: - the doctor asked me; - I want a drug/painkiller; - I want physiotherapy; - I want the doctor to know I am in pain; - I am afraid the pain is a symptom of a severe disease; 22

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The general practitioners completed a brief questionnaire. They assessed the chronic pain of their patients by placing the patients in one of the grades of the CPGQ (‘grading’). Two additional grades were added: grade 0 for patients without pain and grade 5 for ‘I do not know if this patient is in chronic pain’. The general practitioners reported when they spoke for the irst time with the patient about chronic pain. This way, it would become clear if a general practitioner would ask all his patients about chronic pain because of his participation in this study. Dr. Maso (general practitioner in Venice, Italy) translated both questionnaires from English into Italian. In a pilot study of 16 patients the questionnaires were tested on intelligibility. Improvements were made both in lay-out and in vocabulary.

ANALYSIS Descriptive statistics were used to survey the study sample. The data were further analyzed twice. Two categories of chronic pain were created: patients experiencing ‘any chronic pain’ and patients experiencing a ‘clinical relevant chronic pain’. All testing for signiicance was preformed through cross tabulation and the Pearson Chi2 test for signiicance, using the SPSS 14.0 statistical software. To use the Pearson Chi2 test for signiicance the CPGQgrading and the grading done by the general practitioners were converted to binominal data. The cut-of point for the category ‘any chronic pain’ was chosen between CPGQ-grade 0 and 1. The cut-of point for the category ‘clinical relevant chronic pain’ was arbitrary chosen between CPGQ-grade 2 and 3. Figure 1 shows a lowchart of the analysis. The inluence of age, gender, education, co-residence and individual general practitioners on the prevalence of chronic pain was tested for signiicance (N=185). The inluence of age, gender, education, co-residence and individual general practitioners on the grading by the general practitioners was tested for signiicance. The grading of chronic pain by the general practitioners was compared to the CPGQ through cross tabulation, whereby the CPGQ was used as gold standard. The inluence of age, gender, education, co-residence and individual general practitioners on the assessment of chronic pain by the general practitioners was


Chronic pain of elderly in Italian general practice

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Original Research

Figure study Figure 1: 1: Study analysisanalysis.

Total Sample (N=191) Excluded patients (N=6)

Research population (N=185) Analysis category ‘any chronic pain’ (N=185)

Prevalence CPGQ (N=185) G.P grade: ‘I do not know if this patient is in chronic pain.’ (N=16)

Analysis category ‘clinical relevant chronic pain’ (N 185) Influence of: age, gender, education, co-residence and individual general practitioners

Prevalence CPGQ (N=185) G.P grade: ‘I do not know if this patient is in chronic pain.’ (N=16)

Prevalence grading G.P. (N=169)

Influence of: age, gender, education, co-residence and individual general practitioners

Prevalence grading G.P. (N=169)

Assessment: comparison between grading by G.P. and the CPGQ. (N=169)

Influence of: age, gender, education, co-residence and individual general practitioners

Assessment: comparison between grading by G.P. and the CPGQ. (N=169)

Patients not in chronic pain (N=18)

Patients not in chronic pain (N=147)

Assessment (N=151)

Influence of: telling the G.P. about the pain problems

(Not) telling the G.P. about pain complaints (N=151)

Influence of: age, gender, education, co-residence, individual general practitioners and CPGQgrade

Assessment (N=23)

Legend: Next step 2

Reasons to tell the pain complaints (N=106) Reasons not to tell the pain complaints (barriers) (N=45)

tested for signiicance. Hereby the assessment was determent as ‘correct – incorrect’ grading by the general practitioner compared to the CPGQ. The sixteen patients of who the general practitioners did not know if they were in pain were excluded, because the general practitioners did not grade these patients (N=169). It was tested on signiicance if patients in chronic pain (CPGQ), who said to have told their doctor about their pain complaints, were better assessed by the general practitioners, than patients who did not tell their chronic pain complaints (N=151 for the category ‘any chronic pain’, N=23 for the category ‘clinical relevant chronic pain’).

Pearson Chi -test Influence of: age, gender, education, co-residence, individual general practitioners, CPGQgrade, grading by G.P. and assessment

Excluded patients End of the analysis G.P. General practitioner

The inluence of age, gender, education, co-residence, individual general practitioners, grading done by the general practitioners and the CPGQ-grade, on patients to tell their pain complaints to their doctor was tested for signiicance. It was only tested for patients in any chronic pain (N=151). The inluence of age, gender, education, co-residence, individual general practitioner, CPGQ-grade, grading done by the general practitioners and the general practitioners assessment (correct – incorrect), on the reasons for patients to tell or not to tell their pain complaints to their general practitioner, was tested for signiicance. It was only tested for patients in the category ‘any chronic pain’ (N=106 to tell, N=45 not to tell).

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RESULTS

Sample characteristics The general practitioners included respectively 10, 19, 41, 50, 55 and 10 patients. Of the 191 participating elderly ive were excluded because they did not understand the questionnaire. One patient initially agreed, but refused participation in a later stage. The youngest participant was 65 years old, the oldest 94 years old. The mean age was 74.7 (SD 5.13) years old. Distribution in age groups of 5 years each is as following: 45 patients were 65-69 years, 53 patients were 70-74 years, 45 patients were 75-79 years, 28 patients were 80-84 years and 14 patients were 85 years or older. Gender was distributed almost equally with 94 male and 91 female patients. Elementary education was received by 108 elderly, high-school education by 43 elderly and a higher education by 34 elderly. Of the participating elderly 55 lived alone. Table 1 shows the characteristics of the study sample.

chronic pain were: The doctor asked me (6 patients). Drugs cause/provoke the pain (2 patients). I am afraid the pain is a symptom of a serious disease (5 patients). I want the doctor to know that I am in pain (57 patients). I want physiotherapy (7 patients). I want a drug against the pain (18 patients). In 30 cases the doctor knew about the pain because of an extended medical history. Sixty patients said not to have informed their doctor about their pain complaints. Reasons not to tell the doctor were: Right know I do not have any pain (36 patients). I think pain is normal at my age (20 patients). I wanted to talk about more important problems (4 patients).

Prevalence The Chronic Pain Grade Questionnaire yielded 117 elderly in grade one, 24 in grade two, 10 in grade three, 14 in grade four and 20 pain free. The prevalence of chronic pain in this population was 89.2%. Prevalence of chronic pain of grade two or higher was 25.9%, of grade three or higher 13.0%, of grade four 7.6%. The general practitioners graded 72 patients in grade one, 34 patients in grade two, 13 patients in grade three and 1 patient in grade four. In their opinion 49 patient were not in chronic pain. Of 16 cases they did not know if the patient was in chronic pain. Figure 2 shows the distribution of the research population by the CPGQ and by the grading by the general practitioners. There were 125 elderly who said to have told their pain complaints to the general practitioner. Reasons to tell the doctor about the Any chronic pain

Clinical relevant chronic pain

- male

94

51%

- female

91

49%

- 65-69 years

45

24%

- 70-74 years

53

29%

- 75-79 years

45

24%

- 80-84 years

28

15%

- > 84 years

14

8%

- elementary

108

58%

- high-school

43

23%

- college/university

34

19%

- lived alone

55

30%

- lived not alone

130

70%

Total

185

100%

Gender

Age

The prevalence of chronic pain is, in the category ‘any chronic pain’ (89.2%), not signiicantly correlated with any of the variables. There is a trend (P=0.06) that men say to be painfree four times more often than women. However, being in ‘any chronic pain’ is divided almost equally over the sexes: 52.7% female and 47.3% male. The prevalence of chronic pain is, in the category ‘clinical relevant chronic pain’ (13.0%), not signiicantly correlated with any of the variables.

Grading by the general practitioners The prevalence of chronic pain in the category ‘any chronic pain’ is, following the grading of the general practitioners (71.0%), signiicantly correlated with co-residence (P=0.040) and individual general practitioners (P=0.033). Patients who do not live alone are more often assessed to be in chronic pain than patients who do live alone. The individual general practitioners assess ‘any chronic pain’ diferently. The prevalence of chronic pain in the category ‘clinical relevant chronic pain’ is, following the grading of the general practitioners (8.3%), not signiicantly correlated with any of the variables.

Assessment Chronic pain is, in the category ‘any chronic pain’, correctly assed in 68% of the patients (true positive 64%, true negative 4%, false positive 7% and false negative 25%). In the category ‘clinical relevant chronic pain’, the pain is correctly assessed in 80% of the patients (true positive 1%, true negative 79%, false positive 7% and false negative 12%).

Co-residence

% of the population

Education

CPGQ-grades

Table 1: Study sample

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Chronic pain of elderly in Italian general practice

Original Research

The assessment (correct – incorrect) of chronic pain is, in the category ‘any chronic pain’, signiicantly correlated with the individual general practitioners (P=0.034). Individual general practitioners assess ‘any chronic pain’ diferently. There is no signiicant correlation between the category ‘clinical relevant chronic pain’ and any of the variables. There is a trend (P=0.052) that patients who do not live alone are better assessed. Patients in the category ‘any chronic pain’, who said to have told their pain complaints to the general practitioner, are signiicantly (P<0.001) better assessed. Patients in the category ‘clinical relevant chronic pain’, who said to have told their pain complaints to the general practitioner, are not signiicantly better assessed.

Patients telling their pain complaints Patients, in the category ‘any chronic pain’, who are younger than 70 years old, have said signiicantly (P=0.038) more often that they told the general practitioner about their pain complaints. There is a signiicant correlation (P<0.001) that when the grade assessed by the general practitioner increases, more patients said to have told the general practitioner about their pain complaints. In the category ‘any chronic pain’ there is a trend (P=0.055) that patients, who do not live alone, have said more often that they told the general practitioner about their pain complaints. For patients, in the category ‘any chronic pain’, there is no signiicant correlation between the reasons to tell the general practitioner their pain complaints and any of the variables. There is a signiicant correlation (P=0.007) between the age of patients, in the category ‘any chronic pain’, and the reasons not to tell the general practitioner about their pain complaints. Patients, under 80 years old reason more often ‘right now I do not have any chronic pain’ and patients over 80 years old reason more often ‘I think it is normal at my age to have pain’. Table 2 summaries the diferences between the two categories of chronic pain. Table 3 shows the signiicant inluences of the variables.

DISCUSSION

Conclusion The prevalence of chronic pain, of elderly patients visiting the general practitioner, is 13% (category ‘clinical relevant chronic pain’) to 89% (category ‘any chronic pain’). The general practitioners underestimate the chronic pain of both categories. About a third (70-74%) of the elderly in chronic pain does not tell their pain complaints, mainly because they do not experience the pain at the Any chronic pain

Clinical relevant chronic pain

Prevalence

89%

13%

G.P. Grading

71%

8%

Correct assessment

68%

80%

Patient who told their pain complaints

70%

74%

Patients telling their pain complaints are better assessed

True (P<0.001)

False

Table 2: Differences between the categories of chronic pain

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moment of the visit, or because they feel it is normal to experience pain at their age. The general practitioners do not have optimal assessment skills. The age, gender, education and co-residence of the patients, do not inluence the prevalence or assessment of chronic pain.

Interpretation This is the irst study which divides chronic pain into the categories ‘any chronic pain’ and ‘clinical relevant chronic pain’. The prevalence of ‘any chronic pain’ is higher than described in other studies.4-9 This is probably because only elderly visiting the general practitioner are included, which makes this study focus on a speciic subpopulation of the community-dwelling elderly. Also the limitations of this study need to be taken into account. It is important for general practitioners to understand that the elderly who visit their practice might be in more chronic pain than community-dwelling elderly in general. Prevalence rates of the category ‘clinical relevant chronic pain’ or severe chronic pain of elderly in general practice are not known. This study shows that there are diferences between the categories ‘any chronic pain’ and ‘clinical relevant chronic pain’. The subdivision of clinical relevant chronic pain is made arbitrary, without scientiic foundation. Nevertheless it should be determent if making subdivisions in chronic pain can improve the assessment and treatment for elderly patients. Further research could focus on the characteristics of subgroups, the assessment and treatment options. Age, gender, education and co-residence are not signiicantly correlated with the prevalence of chronic pain. This implies that these factors are not useful in the screening for chronic pain in general practice. On the other hand, other studies showed that woman experience more chronic pain than man5,7,8,22 and that a low level of education is correlated with more chronic pain5,23. Most studies show increasing pain with increasing age6,8,24, although some studies found diferent correlations.4,25 There was no literature found about the inluence of co-residence on chronic pain. These diverse results are probably because only elderly visiting the general practitioner were included. It should be further investigated if the characteristics of the elderly visiting the general practitioner indeed difer from the general population of community-dwelling elderly. The general practitioners underestimated the prevalence of Any chronic pain

Clinical relevant Chronic pain

Prevalence

No correlation

No correlation

G.P. Grading

Co-residence* Individual g.p.*

No correlation

Assessment

Individual g.p.*

No correlation

Telling the g.p.

Age* Increasing CPGQ-grade**

-

Age*

-

Barriers/reasons not to tell the g.p.

* P < 0.05 | ** P < 0.001 | g.p. = general practitioners Table 3: Significant influences on both categories of chronic

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chronic pain. One Danish study showed that general practitioners assess the intensity of chronic pain lower than the personal experience of the patient.26 In our study, not the feelings of pain were used, but a multidimensional measurement tool. Compared to this instrument, the general practitioners do not have optimal assessment skills. ‘Any chronic pain’ is recognized correctly in only 64%, and missed in 25%. ‘Clinical relevant chronic pain’ is only recognized correctly in 1%, and falsely considered absent in 12%. General practitioners are moderately accurate in assessing the absence of clinical relevant chronic pain (79%). There are signiicant diferences between the assessment skills of individual general practitioners. This inluences the results, possibly biasing them. But even then, this study shows the need to take a closer look to the assessment skills of general practitioners. According to this study, it does not matter if patients in ‘clinical relevant chronic pain’ tell their pain complaints to their general practitioner. There are multiple explanations to be considered. The pain can be so obvious for the general practitioner, that active telling is not necessary. General practitioners can assess clinical relevant chronic pain so bad, that it does not matter if the patient tells about it. Or the limitations (i.e. the small study sample) of this study have biased the results. Only 70% to 74% of the elderly in chronic pain tells the general practitioner about their pain problems. From the barriers described in the literature, only the idea that pain is normal at older age comes forward in this study. Not described in the literature, but in this study equally important is that elderly who are not in pain at the moment of the doctor’s visit, do not tell their pain problems. These indings show that it is important that a general practitioner performs an active history taking of chronic pain.

Limitations The sample size is rather small, due to an overestimation of the visiting individual elderly by the general practitioners. With a larger sample, for example, the found trends could be assessed better. The study is based on a self-report questionnaire in the Italian language to avoid a language barrier. Unfortunately, a lot of the Italian elderly do not bring their reading glasses to the doctor. This meant that the author (JB) needed to interview most of the elderly. This introduced the language barrier between the Dutch author (JB) and the Italian elderly, who’s native language was often the Friulian dialect. It was left to the judgement of the general practitioners to exclude patients, there were no preset terms to exclude patients. It turned out, for practical reasons, to be impossible for the participating general practitioners to count the elderly who were not included in the research. Previous to the start of the data collection, no clear deinition of chronic pain was formed. The current deinition of chronic pain is set by the International Association for the Study of Pain (IASP) as: ‘pain which has persisted beyond normal tissue healing time’, taken in absence of other criteria, to be three 26

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months. This deinition is far from perfect. It does not take into account, for example, severity, disability, continuous or intermittent aspects of pain24. The CGPQ uses a six months period, instead of the regular three months. It is the opinion of the author (JB) that it is diicult for elderly to remember an abstract period of six months. The majority of the elderly needed an ankerpoint in time, like a birthday or Christmas, to remember their feelings of pain at that time. In the opinion of the author (JB) the questions of the CPGQ are diicult for elderly people. The CPGQ has been validated for use in the general population. It should be good to use, in further research, measurement tools which are validated for use with elderly. This includes a clear and practical deinition of chronic pain. Both an important limitation and inding is the signiicant correlation between the individual general practitioners and the grading and assessment of chronic pain. This means there are interphysician diferences. These can have biased the results, but also show that assessing chronic pain is a skill in which doctors difer. In further research this should be taken into account.

ACKNOWLEDGEMENTS This study is conducted as an research elective facilitated by the Network Of Primary Health Care. At times it has been a frustrating experience to accomplish this work as an exchange student, since cultural diferences do not exclude the academic or medical practice. But most of the time is was wonderful to experience and overcome the cultural diferences. Not only professional, but also personal, it has been an enrichment to conduct this work in Italy. Gratitude goes to the dott. Maso and dott. Padovano who, besides their illed schedules, found the time to voluntary assist in this study. Gratitude also goes to the general practitioners who opened their practice and voluntary participated in this study: dott. Struzzo, dott. Martin, dott. Todisco, dott. Bertolissi, dott. Passoni and dott. Rebetti.

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Articles Articoli

Kara et al.

Original Research

The evaluation of parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, Southeast Turkey Abitudine al fumo nelle famiglie degli studenti delle scuole primarie di Mardin, Turchia İsmail Hamdi Kara¹, Bünyamin Dikici2, Ayfer Gözű 3 Department of Family Medicine, Duzce University Medical Faculty, Duzce; Department of Pediatrics, Duzce University Medical Faculty, Duzce; 3 Department of Pediatrics, Dicle University Medical Faculty, Diyarbakir 1 2

Correspondence to: Prof. Dr. İsmail Hamdi Kara, MD ihkara13@hotmail.com Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 28-30

ABSTRACT

Background: In this study, we aimed to evaluate the conditions of parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, in the Southeast of Turkey, to relect this situation in our region. Methods: This study is a cross sectional type epidemiological study. 802 students (mean age 10.4±2.3 years) were determined using the “randomized stepwise sampling method”. A questionnaire was submitted to each parents including information about educational and social status of the family, home life conditions, the presence of tobacco smoking in the home and children’s ages. Results: This study consists of a total of 799 students of which 418 are boys (52.3%) and 381 (47.7%) girls. 248 students documented tobacco smoking in their home (p=0.005). Five students (0.06%) documented active tobacco smoking. The number of people and rooms in the house were 6.5±2.1 and 3.1±1.1, respectively. Conclusion: This study suggested that high level exposure to environmental tobacco smoking in the home was determined and poor house life conditions were seen. Key words: smoking; student; house life condition; parents RIASSUNTO

Introduzione: in questo studio il nostro scopo è quello di valutare la condizione di fumatori nel caso di genitori di studenti delle scuole primarie della città di Mardin, nel sud est della Turchia, per una veriica della situazione nella nostra regione. Metodo: è uno studio epidemiologico trasversale, in cui sono stati individuati con campionamento randomizzato 802 studenti (età media 10.4 + 2.3 anni). Ad ogni genitore veniva sottoposto un questionario con richiesta di informazioni circa la scolarità e lo stato sociale della famiglia, le condizioni di vita, l’uso di fumo di tabacco in ambiente domestico e l’età dei igli. Risultati: LO studio comprende un totale di 799 studenti di cui 418 maschi (52.3%) e 381 femmine (47.7%). In 248 studenti è stato documentato l’uso di fumo di tabacco in casa (p=0.005). 5 studenti (0.06%) fumavano attivamente. Il numero medio di persone in famiglia era di 6.5 + 2.1 ed il numero di stanze in casa era di 3.1 + 1.1. Parole chiave: fumo; studenti; condizioni di vita domestiche; genitori

INTRODUCTION Although many studies have been performed on the clinical, toxicological and epidemiologic efects of tobacco consumption on health, it is still obligatory to take all new necessary legislative and regulatory measures, to urgently protect the health of children from the potentially hazardous efects of environmental tobacco smoking.1,2 28

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For this reason, a law on tobacco consumption hazard prevention (TR Law no: 4207) was passed on 07 Nov. 1996 in Turkey. As implied by article 1, the aim of this is to protect people from the hazardous efects of tobacco smoking and to carry out necessary preventive and regulatory measures against situations like advertising and promotion campaigns that encourage this bad habit. Important progress has been made in the consumption of


he evaluation of parental smoking status of students in primary schools

tobacco depending on some restriction with this law; however, applying and monitoring the procedure and also observation based on low efectiveness of law have been taken into account, this seems to be necessitated reevaluation. This issue must be dealt with other means besides the legal ones.3 In our country, smoking frequency has been reported as being 60,3 per cent in the population of over 15 year old (especially between 26 and 35 years old). The hazardous efects of tobacco smoking by adults on the health of children has been well documented so more efort needs to reduce children ages severe respiratory system infection in this term.2,4-6 The extent of active and passive smoking in primary school aged children has not been investigated suiciently in Turkey. For this reason, this study was aimed at evaluating home conditions, sociodemographic features, parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, in the Southeast of Turkey to relect this situation in our region.

MATERIAL AND METHODS This study is a cross-sectional epidemiologic study. Mardin City Center had a population of 464 153. According to 2003 to 2004 statistics the number of primary schools were 35 and number of students were 47 227 in Mardin City Center. After learning the number of primary school students aged between 7 and 14 and also the number of schools from Mardin City National Education Directorship, the schools and students to be included in the study were determined. Age and gender were taken into account in the selection of students. Sample size was calculated by sampling formula that its universe known. In this study this parameter was admitted as follows: N= 147,229 and t(1-a) = 1.96, p=0.5 S2=(0,05)2 and optimum sampling was calculated as being approximately 802 subjects. The socioeconomic status of students was taken into account in the selection of schools. A questionnaire including information about the ages of the children, the educational level (Illiterate, Literate, Primary, Secondary and High and Over) and occupation of the parents (Housewife, Unemployed, Employee, Officer, Trades-Farmer and Other), the number of the siblings, house life condition and tobacco smoking in the home was submitted to each parent. The investigation was performed in accordance with the local ethics committee and the Declaration of Helsinki II and the Guidelines of Good Clinical Practice. Statistical evaluation was made with the SPSS 10,0 computer program. The Chi square test was used for the analyses of categorical variables, the independent t test was used for analyses of numeric variables, and one way ANOVA was used to analyze multiple groups.

Original Research

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Table 1: Distribution of demographic factors according to gender Gender Parameters Male (n=418)

Female (n=381)

Total (n=799)

3

210

165

375

4-6

141

159

300

7-10

49

46

95

>10

18

11

29

No. of sibling in the home

No. of persons in the home 3

14

8

22

4-6

227

207

434

7-10

135

134

269

>10

42

32

74

No. of rooms in the home 1

19

21

40

2

123

102

225

3

140

102

242

4

107

125

232

>5

29

31

60

Electric

12

11

23

Gas

5

3

8

Stove

274

251

525

Central

123

115

238

4

1

5

Heating in the home

Other Occupation of mother Housewife

404

373

777

Employee-officer

9

6

15

Trades-Farmer

5

2

7

Unemployed

57

54

111

Employee

83

55

138

Officer

152

148

300

Trades-Farmer

107

107

214

Other

16

20

36

Illiterate

168

147

315

Literate

56

29

85

Primary

130

152

282

Secondary

27

27

54

High and over

37

26

63

Illiterate

41

31

72

Literate

51

45

96

Primary

122

106

228

Occupation of father

Mother’s education

Father’s education

Secondary

69

70

139

High and over

135

129

264

Figure 1. Distribution of smokers in the home according to gender

RESULTS This study consists of 418 (52.3%) male and 381 female (47.7%) (799 in total) students. Their mean age was 10.4±2.3 years. Five students, four boys and one girl, (0.06%) documented active tobacco smoking. Distribution of demographic factors for gender is shown in table 1. Tobacco smoking in the home was determined in 248 students, [132 (31.6%) out of males and 112 (29.4%) of females declared, igure 1] (p=0.362). There is no statistical

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Kara et al.

Original Research

diference between age (p=0.304) either. The most common tool used for heating was a wooden stove (n=525, 65.7%) and central heating (n=238, 29.8%), respectively (p<0.0001). The number of people and rooms in the house were 6.5±2.1 and 3.1±1.1, respectively. The mean number of siblings was determined as 4.1±2.2. There were no diferences between the schools (p>0.05). While the mother’s occupation was mostly a housewife (n=777, 97.2%) (p<0.0001), the father’s occupation was mostly an oicer (n=300, 37.6%) (p<0.0001). The number of unemployed was extremely high (n=111, 13.9%). When the educational status of parents was taken into account, most of the mothers were uneducated (n=315, 39.4%) (p<0.0001), whereas most fathers are in the high school and over level (n=264, %33.0) (p<0.0001), respectively.

DISCUSSION The most extensive study on the smoking status of students involving primary and high schools in our country was “Turkey Global Young Tobacco Survey” (GYTS). This study was conducted on 15.957 students from 202 school of 61 Province of Turkey by the Turkish Ministry of Health in 2003. According to this study, 29.3 per cent of students have tried to smoke (34.9% for boys and 21.5% for girls), and 9.1 per cent of students are still active tobacco smokers. However, the rate of environmental tobacco smoking was 89.0 per cent among those students.7 In one study undertaken in our country on primary school students by “Emri et al.8,the frequency of tobacco smoking in schools was found to be 11.7 % (13.9% for boys and 9.1% for girls). The frequency of tobacco smoking in the home of primary school students school was found to be 73,9 per cent in 1992 but this frequency was determined as 64 per cent in 1997 in the same group in Ankara City. This study also showed a causal link between exposure to smoking in the home and allergic rhinitis.9 In our study, mean ages of the 799 students (418 boys and 381 girls) was 10.4±2.3 years, tobacco smoking in the home was determined in 248 students, [132 (31.6%) of the males and 112 (29.4%) of the females declared, igure 1] (p=0.362). In our study, the number of active tobacco smokers was only ive. This rate is lower than expected, so we believe that some students did answer this question truthfully. A sectional study made in Hong Kong in 1994 including 6304 students, aged between 12 and 15, reported negative efects of both active and passive smoking on the children’s respiratory system infection. Furthermore, 1593 studies investigated passive smoking and 51 of them was found appropriate for metaanalyses showing an association between severity of respiratory disease and environmental tobacco smoking. Evidence of disease severity like bronchospasms were seen as a result of environmental tobacco smoking in the home.10,11 Another study made in our country has found an association between environmental smoking exposure and respiratory complaints including night cough, dyspnea and wheezing. This study included 617 children aged between 9 and 12 years who had a history of respiratory disease

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in the family, tobacco smoking and wood stove for heating in the home. Respiratory complaints were more common in these children than in the others.3 In our study, the most common heating method and a high number of people per room in the house are also negative factors for respiratory infections. Distribution of these demographic factors according to schools are shown in table 1. Generally, when the schools were investigated, there were no diferences observed between the schools. While most mothers were non educated (n=315, 39.5%), nine per cent (n=72) of the fathers were non-educated. The education status of fathers was mostly high school level or over (n=264, 33.0%). Mothers’ occupations were mainly housewives (n=777, 97.2%) and fathers were oicers (n=300, 37.6%). Unemployed rate was extremely high. In conclusion, this study suggested high environmental tobacco smoking exposure in the home, poor house life conditions, a high number of people per room in the house and low educated mother in our region, respectively. In this context, the issue must be dealt with urgently. Government and authorities must carry out necessary measures.

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Uso degli esami di laboratorio nella terapia estroprogestinica

Clinical Practice

Articles Articoli

Uso degli esami di laboratorio nella prescrizione e follow up della terapia estro-progestinica: contraccezione e menopausa Laboratory tests in the prescription and follow up of estroprogestin therapy: contraception and menopause

Rafaella Michieli1 1 1

Medico di Famiglia, Venezia SIMG - Società Italiana di Medicina Generale, Area Clinica “Salute delle Donne”, Firenze

Correspondence to: Dr. Rafaella Michieli, MD ramichi@tin.it Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 31-35

RIASSUNTO

La prescrizione della terapia Estro-Progestinica (EP) da parte dei Medici di Medicina Generale e degli Specialisti viene molto spesso preceduta dalla richiesta di esami ematochimici con l’intento di screenare le donne a maggior rischio di Trombosi Venosa (TV). Vista la bassa prevalenza di tale patologia nelle donne in età fertile (4-7 /10.000 donne /anno), nonostante sia accertata la responsabilità di un piccolo aumento dovuto all’uso dei trattamenti ormonali, la maggior parte delle Società Scientiiche e delle Linee Guida internazionali non ritengono utile l’esecuzione degli accertamenti ematologici e raccomandano un’accurata anamnesi familiare e personale come buona pratica clinica. Una recente Consensus Italiana indica inoltre, per quanto riguarda la Terapia EP contraccettiva, la scelta di molecole a basso contenuto estrogenico, contenenti progestinici di seconda generazione, con i quali si è veriicata una minor incidenza di TV. Parole chiave: esami di laboratorio; terapia estro progestinica; contraccezione; menopausa ABSTRACT

A lot of blood tests are often prescribed by General Practitioners and Gynecologist before the prescription of Estro-Progestinic hormonal therapy in order to screen women with major risk factors for thromboembolic disorder. On the contrary the main Scientiic Colleges and the most important international Guidelines reccomend only to collect the family medical history, as the prevalence of Deep Venous Thrombosis is very low in women of fertile age. A recent Italian Consensus suggests, in case of prescription of Combined Hormonal Contraception, the use of low dosage of ethinyl estradiol combined with a second generation of progestin. Key words: laboratory tests; estroprogestin therapy; contraception; menopause

INTRODUZIONE

Contraccezione La contraccezione ormonale (CO) rappresenta un insostituibile presidio per la prevenzione delle gravidanze indesiderate e per la terapia di diversi disturbi femminili (tab.1) I contraccettivi orali EP sono stati oggetto di valutazioni a lungo termine e sono probabilmente tra i farmaci maggiormente studiati. La loro tollerabilità e sicurezza sono ampiamente provate, specie

in relazione all’alternativa di una gravidanza indesiderata. Si può afermare che la contraccezione ormonale combinata può essere ininterrottamente utilizzata senza rischi in donne sane non fumatrici per tutta l’età riproduttiva, ino alla menopausa.1 Sono stati inoltre accertati i benefici della CO in relazione alla riduzione di alcune neoplasie in particolare relative all’apparato genitale femminile (tab. 2).2,3 A fronte dei molteplici vantaggi legati all’uso della CO a lungo termine, i principali rischi associati all’uso cronico di contraccettivi

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Articles Articoli

Michieli

Clinical Practice

Table 1: Indicazioni non contraccettive dei CO Indicazioni

Bibliografia

Dismenorrea Menorragia PCOS Endometriosi (sintomatica)

Eshre Capri workshop, HumReprod Update, 2005 Larsson 1992, Milman, 1992 Cochrane Database Sys Rev, 2004 Cochrane Database Syst Rev , 2000

Table 2: Benefici accertati dei CO Problema

Riduzione

Ca ovaio Ca endometrio Ca colon-retto Alterazioni del ciclo

40-80 % 50-60 % 15-20 % 50 %

orali consistono in un aumento della frequenza di tumore al seno (3 casi in più ogni mille donne che fanno uso di contraccettivi orali per 8 anni), al collo dell’utero (2 casi per mille in più) e al fegato (0,7 casi per mille in più). 4,5. Tra le rare complicanze vascolari associate alla contraccezione con EP, la più rilevante è la trombosi venosa (TV). Nelle donne in età fertile si tratta di un evento molto raro: pur non essendo disponibili dati certi per l’Italia, è stimabile complessivamente attorno a 4-7 casi l’anno ogni 10.000 donne, 1-2 dei quali sono attribuibili alla pillola EP. Il rischio di sviluppare trombosi venose in corso di terapia con EP aumenta ed è condizionato sia dalla componente estrogenica (quantità) che da quella progestinica (tipo di molecola).6 La contraccezione EP produce anche un aumento molto piccolo del rischio di trombosi arteriosa, stimabile tra 0.06 e 0,4 casi/anno ogni 10.000 donne rispetto a un rischio di base di circa 2 casi ogni 10.000 donne in età fertile.7 Poiché si veriica da anni una prescrizione abituale di esami ematochimici preliminari all’uso della CO che spesso appaiono utilizzati allo scopo di screenare le donne a maggior rischio di TV,nel settembre 2008 presso l’Istituto Superiore di Sanità a Roma si è svolta una Consensus Conference tesa ad analizzare quali siano le misure utili alla prevenzione delle complicanze trombotiche associate all’uso della CO in età riproduttiva.

Menopausa Il dibattito sulla terapia ormonale sostitutiva in menopausa (TOS)

è tuttora in corso. A partire dagli anni ‘60 la TOS è stata usata nelle donne in menopausa per alleviarne i sintomi principali. Ci sono stati in questi anni in seguito ai promettenti risultati di studi osservazionali, periodi di grande entusiasmo per l’eicacia della TOS, al punto da estenderne le indicazioni non solo alla risoluzione dei sintomi ma anche alla prevenzione delle patologie che tipicamente peggiorano nella donna in post menopausa, come le malattie cardiovascolari e l’osteoporosi (tab 3). In seguito alla pubblicazione di ricerche contrassegnate da un disegno più solido e che hanno fornito risultati in aperto contrasto con quelli forniti dai precedenti studi, la comunità scientiica si è fatta più attenta agli efetti indesiderati della TOS stessa (tab 4).8,9 Per quanto riguarda le complicanze tromboemboliche, la TOS basata sulla somministrazione di soli estrogeni non sembra comportare un signiicativo rischio di episodi tromboembolici sia nelle donne in precedenza sane sia nelle donne che hanno già subito un evento cardiovascolare. Invece la TOS basata sulla somministrazione di estrogeni associati a progestinici in formulazioni continue aumenta signiicativamente l’incidenza di episodi tromboembolici. Anche in previsione della prescrizione della TOS vengono efettuate da parte dei medici specialisti e non, molte richieste di esami ematochimici che ricercano fattori di rischio per TV , patologia che di per sé è maggiormente a rischio in questa fascia d’età (Tab 5).

LA PRESCRIZIONE DEGLI ESAMI EMATOCHIMICI Una ricerca efettuata nel 2003 nel Data Base “Health Search”10 che raccoglie i dati provenienti dalle registrazioni quotidiane del lavoro dei medici di medicina generale, ha evidenziato che su un totale di 243.000 donne di cui 131.000 tra 10 e 49 anni (età fertile), circa il 14% viene a contatto con il medico per la prescrizione della terapia CO o per la richiesta degli esami solitamente ritenuti necessari. Essendo possibile ricavare dal DataBase i dati di terapia e accertamenti collegati ad un “Problema”, abbiamo potuto evidenziare che la tipologia degli accertamenti che vengono più frequentemente richiesti per questo speciico scopo, è generica (emocromo, glicemia, transaminasi …), e tesa a rilevare eventuali condizioni patologiche come il diabete e l’insuicienza epatica grave, che sono molto rare nelle età giovanili quando avviene di solito la prima prescrizione (tab. 6). Tali problematiche certamente aumentano con l’età, ma in questo caso è quanto mai probabile

Table 3: Eventi desiderati associati alla TOS trattamento ormonale vs placebo

outcome

riduzione delle vampate di calore

32

ogni tipo

NNT aggiustato a 5 anni trial

PEPI 98

Stima puntuale

limite nferiore IC 95%

limite superiore IC 95%

3

4

3

8

6,8

294

164

1396

riduzione incidenza di fratture del femore

E

riduzione incidenza di fratture del femore

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

387

202

4388

riduzione incidenza di fratture vertebrali

E

WHI histerectomy 98

6,8

306

167

1773

riduzione incidenza di fratture vertebrali

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

433

226

5382

riduzione incidenza fratture (tutte)

E

WHI histerectomy 98

6,8

35

27

51

riduzione incidenza fratture (tutte)

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

46

33

73

riduzione incidenza di cancro al colon

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

321

184

1276

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WHI histerectomy 98

follow-up


Uso degli esami di laboratorio nella terapia estroprogestinica

Clinical Practice

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Table 4: Eventi indesiderati associati alla TOS

outcome

trattamento ormonale vs placebo

NNH aggiustato a 5 anni trial

Stima puntuale

limite nferiore IC 95%

limite superiore IC 95% 6930

rischio di tromboembolie

E

WHI histerectomy 98

6,8

292

143

rischio di tromboembolie

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

109

81

169

rischio di stroke

E

WHI histerectomy 98

6,8

170

97

671

rischio di stroke

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

246

135

1406

rischio di coronaropatia

EP

WHI non histerectomy 98

3

172

92

1229

rischio di deterioramento intellettivo grave

EP

WHI non histerectomy 98

4,2

67

37

313

rischio di demenza (>65 anni)

EP

WHI non histerectomy 98

4,05

92

52

388

rischio di cancro al seno

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

229

121

2114

rischio di colelitiasi con indicazioni chirurgiche

E

WHI histerectomy 98

7,1

68

49

111

rischio di colelitiasi con indicazioni chirurgiche

EP

WHI non histerectomy 98

5,6

107

74

198

che la donna si sia già sottoposta a controlli ematici per altri motivi o per semplice prevenzione. Per quanto riguarda invece la prescrizioni dei diversi esami del pattern emocoagulativo, se ne rileva l’estrema variabilità perino nelle diciture, segnale di una certa confusione su quali siano gli esami veramente utili a questo scopo. E’ interessante inoltre sottolineare che se gli esami vengono richiesti nel 20% circa delle donne che ricevono la prima prescrizione, ciò avviene nel 70% delle donne che hanno ricevuto 10 prescrizioni nel giro di tre anni, a testimonianza della loro probabile ripetizione durante la terapia o in occasione dei mesi di sospensione del trattamento. Nel caso di donne di età superiore a 40 anni, gli accertamenti ematici vengono addirittura prescritti nel 71% delle donne che ne avevano già eseguiti.11 Soprattutto in relazione ai test speciici per la tromboilia, è necessario usare cautela anche per la falsa rassicurazione che l’esito negativo di questi test può dare. Infatti rispetto ai più comuni test ematochimici, i test speciici di tromboilia presentano globalmente una maggiore complessità che si associa a una più alta variabilità dei loro risultati. I test di laboratorio che identiicano una predisposizione genetica o acquisita alla trombosi sono i seguenti:12 A. Test per predisposizioni genetiche − Analisi del DNA per ricerca della mutazione fattore V Leiden (eterozigote/omozigote); il test funzionale di “Resistenza alla Proteina C attivata” può essere impiegato come screening per la presenza della mutazione suddetta − Analisi del DNA per ricerca della mutazione G20210A della protrombina (eterozigote/omozigote) − Dosaggio della Proteina C − Dosaggio della Proteina S − Dosaggio della Antitrombina B. − − − −

follow-up

Test per predisposizioni acquisite Ricerca dell’anticoagulante tipo lupus (LAC) Dosaggio degli anticorpi antifosfolipidi Dosaggio del fattore VIII Omocisteinemia

Table 5: I principali fattori che aumentano il rischio di trombosi venosa, nelle donne che assumono contraccettivi EP Fattori individuali

Fattori intercorrenti

Età

Intervento chirurgico

Precedenti episodi trombotici

Immobilità prolungata

Familiarità

Traumi

Obesità (BMI ≥30)

Puerperio (le prime 4-6 settimane)

Trombofilia

Le alterazioni diagnosticabili con questi test sono più frequenti di quelle genetiche e si associano ad un aumento di rischio trombotico variabile, maggiore per le prime due e minore per le altre. L’elevata variabilità metodologica determina anche una non trascurabile probabilità di errore diagnostico, ovvero la probabilità di interpretare un livello alterato come normale o viceversa, il che può portare ad un improprio management del soggetto esaminato.13 Prescrivendo questi test come screening alla popolazione generale, si corre il rischio di sovradiagnosi e di eccessiva medicalizzazione a causa della loro scarsa predittività .Un risultato negativo potrebbe essere falsamente rassicurante. Un risultato positivo potrebbe scoraggiare l’uso di contraccezione EP in donne che potrebbero giovarsene. Sia le principali Linee Guida internazionali sull’argomento , sia le Società Scientiiche, alla luce delle evidenze di letteratura non raccomandano, né prima di prescrivere un contraccettivo EP né durante l’uso, l’esecuzione routinaria di esami ematochimici generici, dei test generici di coagulazione e dei test speciici per tromboilia (compresi i test genetici). Al contrario, prima di iniziare una contraccezione con EP viene raccomandata un’accurata raccolta dell’anamnesi personale e familiare con particolare attenzione agli eventi trombotici, e un colloquio con la donna che preveda le informazioni necessarie sul rischio individuale di trombosi e sulla possibilità di ridurlo.14-16 Anche in presenza di storia familiare positiva per TEV (consanguineo di primo grado di età inferiore a 45 anni) non si raccomanda l’esecuzione dei test speciici per tromboilia al ine di prescrivere una contraccezione EP: in questo caso la donna viene considerata in classe II secondo i criteri di eleggibilità del WHO,una condizione accettabile alla prescrizione del CO con beneici che superano i rischi.15 La familiarità di per sé non è predittiva della presenza di un’alterazione

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Articles Articoli

Michieli

Clinical Practice

tromboilica (nota) ma può comportare un modesto incremento del rischio trombotico in corso di assunzione di EP, cosa che andrà considerata nella decisione condivisa con la paziente. In caso di presenza di una tromboilia ereditaria in donne che assumono EP, a seconda del tipo di tromboilia, la stima del rischio assoluto è comunque bassa, pari a 1.5 – 4.8 eventi per 1.000 donneanno. Ne consegue che l’esecuzione routinaria di test speciici per l’identiicazione di tromboilia genetica non è vantaggiosa e non viene pertanto raccomandata.17 È stato inoltre stimato infatti che più del 70% di donne portatrici di un alterato test di resistenza alla proteina C attivata (espressione di mutazione del fattore V Leiden) non andranno mai incontro a trombosi.18

LA TIPOLOGIA DELLE MOLECOLE Un altro problema è legato alla tipologia della prescrizione. L’aumento del rischio di TV in corso di terapia con CO dipende dal dosaggio dell’estrogeno e dal tipo di progestinico usato (tab. 7). Tale corrispondenza tra dose di estrogeno e rischio di TE venosa non sembra più dimostrabile con le dosi di estrogeno < 50 μg che oggi vengono correntemente usate, mentre è stato evidenziato che gli EP che contengono desogestrel o gestodene determinano un aumento del rischio assoluto di VTE di circa 1,1 casi per 10.000 donne-anno rispetto ai preparati che contengono levonorgestrel.19 Per quanto riguarda i CO contenenti Drospirenone, il cui uso è al secondo posto in Italia, (Tab 3) esso è stato recentemente valutato in uno studio di sorveglianza post-marketing, che confrontava tale EP verso preparati con levonorgestrel.20 Questi dati sono a favore di un rischio di VTE simile nelle donne che assumono EP con levonorgestrel o con drospirenone. Il rischio di VTE è inoltre maggiore nelle prime utilizzatrici di EP e nel primo anno di utilizzo.21 A seguito di queste considerazioni al momento della prescrizione, si raccomanda un contraccettivo a minor rischio trombotico (progestinico di II generazione con 20-30 mcg di estrogeni)

CONCLUSIONI Nel settembre 2008 si è svolta una Consensus Conference tesa ad analizzare quali siano le misure utili alla prevenzione delle compliTable 6: I principali fattori che aumentano il rischio di trombosi venosa, nelle donne che assumono contraccettivi EP

34

Table 7: Molecole progestiniche più utilizzate in Italia tra il gennaio 2005 ed il dicembre 2007

Problema

1P

10P

Emocromo Glicemia Urine Colesterolo Ast/Alt Trigliceridi Creatinina ATIII PT/PTT PCR Proteina S totate Test Resist Prot C att Prot C anticoag Ag

20% 20 20 15 15 15 13 10 7 3 0.3

70% 70 70 70 60 60 40

0.5

Prot C anticoag Funz

0.5

Progestinico Gestodene

56

45

Drospirenone

17

25

Desogestrel

11

10

Levonorgestrel

7

7

Norelgestromina

3

5

Etonogestrel Ciproterone acetato

1

4

4

3

0 Clormadinone acetato

0.5

(Fonte: IMS Health)

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% utilizzo % utilizzo gennaio dicembre 2007 2005

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(entrato in commercio in Italia in aprile 2006)

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canze trombotiche associate all’uso della CO in età riproduttiva. Tra le sue conclusioni si sottolinea che i test per individuare la predisposizione al rischio sono molto usati, ma non sono raccomandati, mentre è necessario che la donna sappia che interventi chirurgici, traumi ed immobilità prolungata aumentano il rischio ed è quindi necessario segnalare al medico l’assunzione di EP. La paziente deve sempre ricordare che gli stili di vita salutari riducono il rischio trombotico ed il rischio cardiovascolare in generale.22,23 Nel Documento si aferma inoltre che “Un medico che applicando le raccomandazioni di questa Consensus Conference prescriva la contraccezione EP senza richiedere l’esecuzione di test di predisposizione genetica segue una buona pratica clinica”. Tali raccomandazioni non riguardano le donne che intraprendono una TOS : in questo caso la popolazione è sicuramente più a rischio ed è assolutamente opportuno veriicare la presenza delle condizioni preliminari necessarie alla safety nell’uso del farmaco. E’ altrettanto vero però che due considerazioni indirizzano l’eventuale necessità di richiedere esami ematochimici in questi casi: 1. la maggior parte delle donne in età menopausale ha già svolto gli esami generali che permettono di aver diagnosticato le patologie oggetto di controindicazione 2. la maggior parte delle donne in età menopausale ha già avuto un contatto “ormonale” attraverso una precedente gravidanza, un aborto, o un precedente uso di CO. Se in quelle occasioni non si è veriicato alcun efetto collaterale ed in particolare episodi di TV, la prescrizione della TOS può avvenire con una discreta garanzia, e sicuramente senza previa esecuzione dei test per la tromboilia, stante comunque il maggior rischio legato all’età.

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Clinical Practice

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Grattagliano

Clinical Practice

Clinical relevance of nonalcoholic liver steatosis in general practice Rilevanza clinica della steatosi epatica non-alcolica in medicina generale Ignazio Grattagliano1 SIMG – Società Italiana di Medicina Generale, Area Gastroenterologica General and Internal Medicine, Department of Internal and Public Medicine, University Medical School of Bari, Bari, Italy

1 1

Correspondence to: Dr. Ignazio Grattagliano, MD i.grattagliano@semeiotica. uniba.it Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 36-40

ABSTRACT

Nonalcoholic liver steatosis represents a major worldwide health problem as a consequence of the increasing prevalence of the associated conditions, the risk evolution of steatohepatitis and its negative inluence on other chronic hepatic and systemic conditions. Because the prevalence of obesity, type 2 diabetes and metabolic syndrome continues to increase, it is reasonable to assume that also the fatty liver disease will contribute to a higher utilization of medical services in the next future. Therefore, the impact of this entity renders particularly important the role of family doctors in early identiication of risk factors as well as in the speciic management of patients for improving quality and length of life, preventing hepatic and systemic life-threatening complications, but also for lowering the costs of the health service. This clinical review highlights the major features of nonalcoholic liver steatosis by providing key messages for general practitioners. Key words: family medicine; fatty liver; general practice; liver steatosis; nonalcoholic fatty liver disease RIASSUNTO

La steatosi epatica non alcolica rappresenta uno dei più importanti problemi di salute nel mondo in conseguenza della sua crescente prevalenza in condizioni cliniche associate, del rischio di evoluzione in steatoepatite e la sua inluenza negativa sia sulle altre epatopatie croniche che su malattie sistemiche. Considerata la prevalenza in continuo aumento di condizioni quali l’obesità, il diabete mellito tipo 2 e la sindrome matabolica, è ragionevole supporre che in futuro la malattia del fegato grasso contribuirà al sempre maggiore ricorso alle cure mediche. Pertanto, l’impatto clinico di questa malattia rende particolarmente importante il ruolo del medico di famiglia nella identiicazione precoce dei fattori di rischio, nella gestione dei pazienti al ine di migliorarne lo stile di vita, prevenire complicazioni epatiche e sistemiche pericolose per la vita e, inine, contribuire a ridurre i costi del servizio sanitario. Questa revisione clinica mette in evidenza le principali caratteristiche della steatosi epatica non alcolica, fornendo dei messaggi chiave per la pratica clinica del medico di famiglia. Parole chiave: medicina di famiglia; fegato grasso; medicina generale; steatosi epatica non alcolica

List of abbreviations NAFLD = nonalcoholic fatty liver disease; NASH = nonalcoholic; steatohepatitis; FD = family doctor; CHC = chronic hepatitis C; HOMA-IR = homeostasis model assessment - insulin resistance

INTRODUCTION AND GENERAL APPROACH Liver steatosis is the most frequently diagnosed chronic liver disease.1 The form resembling alcoholic liver disease but occurring in people who drink little or no alcohol is called nonalcoholic fatty liver disease (NAFLD) and currently represents an emerging health problem. The estimated prevalence of NAFLD in the general population is 36

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about 20% to 40%. Prevalence is higher among obese and diabetic people.2 The inlammatory form, nonalcoholic steatohepatitis (NASH) has an estimated prevalence of 2% to 3%.3 Therefore, for every 1000 patients they see, an Italian family doctor (FD) is likely to encounter over 300 cases of NAFLD and 20 to 30 of NASH. These numbers certainly have a great impact on the daily work load


Clinical relevance of nonalcoholic liver steatosis

for a FD and contribute considerably to the increasing utilization and costs of the health service.4 NAFLD has no deinitive biochemical markers or peculiar clinical signs and it is often discovered by abdominal ultrasonography during investigations in patients with chronic elevation of liver enzymes. A simple and efective screening approach for NAFLD should exclude of all other causes of fatty liver (alcohol, drugs, hepatitis C virus, hemochromatosis), an ultrasound scan of the liver, and assessment of serum transaminase levels. High fasting serum glucose and insulin levels, insulin resistance, or diabetes could be also present. However, many patients have normal liver tests even when they are in the advanced stages of liver disease.5 Liver biopsy and histology is the best way to conirm NAFLD by assessing the extent of liver inlammation and ibrosis.6 However, liver biopsy is not to be performed in all patients likely to have NAFLD, but should be done in patients with suspected NASH. More recently, combinations of several diferent serologic markers of liver function and ibrosis appear to predict progression.7, 8 Also, breath tests using stable carbon isotope (13C) labeled substrates appear promising for assessing mitochondrial dysfunction in these patients.9 These interesting tests could be easily managed in outclinic patients and therefore may have future application also in family practice.

CAUSES, PATHOGENIC MECHANISMS AND NATURAL HISTORY NAFLD is now considered as a manifestation of the metabolic syndrome, therefore the links between obesity, type 2 diabetes, cardiovascular disease and NAFLD are likely to relect shared pathogenetic factors. In fact, it has been estimated that approximately 75% of Table 1. STANDARD OBJECTIVES FOR EFFICIENT CARE OF PATIENTS WITH LIVER STEATOSIS Early diagnosis of liver steatosis and identification of etiology Identify patients at risk to develop fibrosis and cirrhosis Classify the patient according to his general health status Act on etiologic factors and on those favoring disease progression, by identifying treatment end-points and by setting the patient within his family and social environment Promote family and cohabitants participation to assistance in terms of primary prevention (health education), secondary prevention for metabolic forms, support and surveillance for toxic forms (alcohol)

Clinical Practice

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those individuals with obesity or type 2 diabetes have NAFLD.3 Erroneously seen in the past as a benign condition, NAFLD has the potential to progress through inlammation (NASH) to ibrosis, cirrhosis, and hepatocellular carcinoma.10 Therefore, it is important to identify NAFLD, to manage risk factors for NASH, and to consider treatment. Factors linked with disease severity include age >50 years, body mass index >30, and chronic elevation of transaminase levels.11 Diabetes and obesity are demonstrated risk factors for progression to ibrosis.12 Diabetes is also a risk factor for death among patients with NAFLD.13 Pathogenically, NAFLD appears when fatty iniltration (triglycerides) exceeds 5% of hepatocytes and involves <30% (mild), up to 60% (moderate), or over 60% (severe). NAFLD occurs from insulin resistance, abnormal secretion of some hormones governing glucose and lipid metabolism (leptin, adiponectin), and increased release of inlammatory cytokines.14 Increased delivery of free fatty acids from visceral fat to the liver additionally contributes to derange hepatocyte lipid metabolism. Both insulin resistance and excess free fatty acids impair mitochondrial function with increased free radicals generation and activation of alternative metabolic pathways.15 These events are pathogenic factors for NASH.

NAFLD AND CHRONIC LIVER DISEASES A large majority of studies have shown that steatosis is an independent predictor of ibrosis progression in patients with chronic liver disease.16 In addition, steatosis is an established factor of poor response to antiviral therapy in patients with chronic hepatitis C (CHC) infection.17 Therefore, causes of steatosis (alcohol, insulin resistance and diabetes, hyperlipidemic state) are major disease modiiers in these patients. On the other hand, steatosis is commonly found in patients with CHC, with a prevalence ranging between 40% and 80%. Accordingly, control of comorbidities is currently considered a desirable goal in patients with chronic hepatitis infections, particularly in diicult-to-treat patients. Thus, it is general opinion that insulin resistance should be corrected in patients with CHC not responding to antiviral treatment, although the modalities of this intervention have not been established and the optimal homeostasis model assessment - insulin resistance (HOMA-IR) score to be attained has not been identiied. It is not clear whether the best approach would be using thiazolidindiones or metformin to lower insulin resistance.18 In addition, it is not clear whether the antiviral re-treatment should start immediately after the irst failure or only once the HOMA-IR score has decreased to a level predicting a suicient sustained virological response rate.

Suggest health-dietetic measures and therapeutic remedies

TREATMENT

Checking parameters of effectiveness and controlling side effects of specific treatments

Therapeutic approach of NAFLD is largely conservative. Patients should avoid alcohol and other hepatotoxins. A program including progressive weight reduction, metabolic control and gradual phy-

Identify and treat associated conditions (metabolic syndrome, diabetes, arterial hypertension,‌) Avoid administration of potentially hepatotoxic drugs Promote vaccination against HAV and HBV Surveillance for complications by promoting clinical, biochemical and instrumental follow-up

Table 2. INSULIN RESISTANCE AS ASSESSED BY THE HOMEOSTASIS MODEL (HOMA) FORMULA. (fasting glycemia [mmol/L] x fasting insulinemia [ÂľIU/L])/22.5 The limit value of 1.64 defines insulin resistance

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Grattagliano

Clinical Practice

Table 3. CRITERIA FOR DEFINING METABOLIC SYNDROME ACCORDING TO ATP III CLASSIFICATION Waist circumference

Men > 102 cm

Triglycerides

> 150 mg/dL

HDL – Cholesterol

Men < 40 mg/dL

Blood pressure

> 130/85 mmHg

Fasting serum glucose

> 110 mg/dL

Women > 88 cm

Women < 50 mg/dL

Metabolic syndrome is defined by the simultaneous presence of at least 3 o more risk factors Table 4. DIAGNOSTIC CRITERIA FOR DIABETES MELLITUS AND OTHER CATEGORIES OF HYPERGLYCAEMIC CONDITIONS Serum glucose level (mg/dL) Venous blood

Capillary blood

≥ 126 ≥ 200

≥ 110 ≥ 200

≥ 126 ≥ 140 - ≤ 200

≥ 110 ≥ 140 - ≤ 200

≥110 e <126 ≤ 140

≥100 e <110 ≤ 140

DIABETES MELLITUS - Fasting - 2 hrs after glucose oral load IMPAIRED GLUCOSE TOLERANCE (IGT) - Fasting - 2 hrs after glucose oral load IMPAIRED FASTING GLYCAEMIA (IFG) - Fasting - 2 hrs after glucose oral load

sical exercise may contribute to improve liver abnormalities. A gradual weight loss is recommended if obesity is present. Conversely, a sudden weight reduction, as following weight-reduction surgery, must be avoided since it may result in a fatal hepatic failure. Preliminary indings also suggest that weight loss following treatment with weight reducing agents may be useful in patients with NAFLD when obesity is prevalent and afects also the function of other organs. Currently only two medications, sibutramine and orlistat, are approved for long-term use. Both have demonstrated a positive impact on both biochemical markers and ultrasonographic indings in patients with NAFLD. However, controlled trials of longer duration are warranted to assess for histology improvement. Until recently, a variety of pharmaceutical preparations has been commonly used for the treatment of liver steatosis. Some of them are herbal extracts and, although claiming anti-oxidant or anti-inlammatory properties, they have not demonstrated any beneicial efects. To date, only an ingredient of milk thistle (Silybum marianum) combined with vitamin E has shown promising results.19 Also, control of hyperlipemia with hypolipemic drugs acting at reducing the hepatic synthesis of triglycerides may represent an adjuvant approach for the treatment of NAFLD associated conditions. Nevertheless the speciic eicacy of this measure for NAFLD remains controversial.

RELEVANCE FOR SYSTEMIC CONDITIONS

Cardiovascular Disease NAFLD and the metabolic syndrome are multifactorial condi38

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tions leading to accelerated atherosclerosis and are associated with major cardiovascular events and high mortality rate. The link between the individual components of these conditions is unknown, although recent studies support the notion that these metabolic abnormalities do indeed cluster beyond the efect of chance.20 The fact that insulin resistance and abdominal obesity are also associated with perturbations in plasma adipokine levels, altered fatty acid metabolism, endothelial dysfunction, procoagulant state and systemic inlammation, underscores the breadth and complexity of the pathophysiology of this clustering, resulting from the imbalance of some dynamic mechanisms supporting the robustness and the adaptive response towards both intrinsic and extrinsic factors. Increased oxidative stress and activation of nitric oxide damaging mechanisms in vascular cells have been reported to be important mechanisms in the pathogenesis of hypertension and atherosclerosis in patients with metabolic syndrome and NAFLD. Angiotensin II is one of the most potent stimuli activating vascular nitric oxide mechanisms. This property clearly links free radicals production with activation of renin-angiotensin system in hypertension. As a consequence, drugs acting on the renin-angiotensin system reduce pro-oxidant enzymes activity and render these enzymes speciic drug targets reinforcing the efect of more speciic medication molecules in NAFLD. In addition, it has been observed that ALT levels in NAFLD patients may predict coronary heart disease events, independently of traditional risk factors and components of the metabolic syndrome.21 Also, it has been shown that the risk of cardiovascular mortality is doubled in tertiary care patients with biopsy-proven NAFLD as compared to a reference population.22

Diabetes The relationship between diabetes and chronic liver diseases is particularly complex because diabetes can be both a causal factor for and a consequence of cirrhosis.23 Recently, the role of NAFLD in the pathogenesis of type 2 diabetes mellitus has gained much interest with data suggesting that hepatic steatosis might be determinant in the onset of type 2 diabetes, most probably by contributing to the development of hepatic insulin resistance. In fact, diabetes occurs with increased frequency in patients with NAFLD. However, although limited number of studies has tested the prognostic impact of diabetes, conversely, death causes in diabetic patients are highly related to liver failure.24 For the treatment of both conditions, diet and exercise are the irst line remedies to control hyperglycaemia and to lower transaminases levels due to NAFLD. In the event of dietary failure, two options are available in diabetic subjects: oral hypoglycaemic agents or insulin. Drugs which decrease insulin-resistance and increase hepatic insulin sensitivity are of interest also for NAFLD.25 The most studied insulin sensitizer drug families are biguanides (metformin) and glitazones (rosiglitazon and pioglitazon). Metformin down-regulates hepatic glucose production and diverts fatty acids from triglyceride production to mitochondrial ß-oxidation, reduces fasting glucose levels, decreases hyperinsulinaemia and improves hepatic insulin-resistance.


Clinical relevance of nonalcoholic liver steatosis

Metformin does not produce hypoglycaemia, therefore can be used also in normoglycaemic subjects and exerts an insulin sensitizer action without afecting body weight but improving blood tests in metabolic syndrome patients. However, metformin is not indicated in advanced forms of liver disease because of the risk of lactic acidosis. Glitazones are an alternative new therapy capable to favorably interfere with several pathogenic steps leading to NAFLD. These compounds improve insulin sensitivity by binding nuclear transcription factors. This activation ameliorates insulin sensitivity by promoting glucose utilization at muscular level and by decreasing the hepatic glucose production.

Clinical Practice

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with NASH to hepatologist at least one time is a good practice to consult on diagnosis and treatment plan. It is shown that patients with more aggressive forms of chronic liver disease conditions managed by FDs in conjunction with specialists have better outcomes.29 The items needing cooperation with specialists are mainly directed to optimize adhesion to therapy, to avoid treatment discontinuation and improve quality of life. In some cases, the patient should be prepared to receive the treatment by a multi-disciplinary team. This integrated intervention necessitates of regular updating of FDs by training programs30 and represents, at moment, the best approach to care patients with more advanced forms of NAFLD.

PREVENTION Prevention of known risk factors leading to excess hepatic fat deposition and triggering the hepatitis process is the most attractive form of protection if an efective strategy can be devised. Indeed, strategies to reduce insulin resistance and obesity are urgently needed, especially in young adults by weight loss and decrease of insulin resistance. At this step, the active role of FDs is of fundamental importance.

KEY MESSAGES FOR PRACTICE

THE ROLE OF FAMILY DOCTORS

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Speciic roles for FDs are to exclude other causes of chronic elevation of transaminase levels and/or liver steatosis (i.e. chronic hepatitis infection, haemochromatosis, chronic cholestatic or autoimmune diseases, celiac disease), and above all to perform an accurate inquiry on alcoholic beverage abuse. Once the presence of a NAFLD is strongly suggested, FDs should register it among the patient’s problem list. Also, they should active search for patients at higher risk of evolution (NASH) which may need consultation. Factors favoring the switch from a benign form to a more aggressive one are a long history of elevated transaminases levels, age over ifty, the presence of diabetes, body mass index exceeding 30 kg/m2. The management of chronic conditions such as NAFLD is particularly advantaged by integrated approach of FD and specialists, especially for advanced forms. In the case of NASH, the integrated intervention of FDs and hepatologists is particularly important to improve adherence to therapy, for a better prognosis, a good quality of life, and a reduction of costs (avoidable hospitalizations, appropriate follow-up).26 In these cases, the application of validated chronic care model including patient’s education for increasing knowledge on disease and related risk factors is warranted.27 The intervention is based on empowering the patient to take responsibility for his own care by understanding the problem.28 A major role for FDs is to help patients to identify their objectives. FDs can manage NAFLD patients by checking parameters of therapy efectiveness and monitoring side efects of treatments. These include periodical checks of glyco-metabolic indexes (blood glucose, glycated haemoglobin, insulin resistance index, cholesterol, triglycerides), but also of systemic parameters of inlammation (C-reactive protein), and cardiovascular system assessments (blood pressure, myocardial function). If patient’s examination is performed periodically, FDs may carry out the symptomatic treatment of NAFLD by using scores and indexes as main objective evaluations. Introduction of patients

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Investigations of suspected NAFLD includes measurement of liver transaminases levels, liver ultrasonography, evaluation of risk factors, accurate exclusion of other causes of liver abnormalities. NAFLD can progress to NASH, ibrosis, and cirrhosis. Evidence of this progression can be determined only by liver biopsy, although noninvasive tests are being developing. Mainstays of treatment are weight loss for obese patients and metabolic control for diabetic and hyperlipidemic patients. Unresponsive patients may be candidate to receiving drug treatment or even bariatric surgery if severely obese.

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Articles Articoli

Grattagliano

Clinical Practice

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Approccio sempliicato alla diagnosi ecograica e la gestione delle cisti da echinococco

Clinical Practice

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Approccio semplificato per la diagnosi ecografica e la gestione delle cisti da echinococco in medicina generale Simplified approach for ultrasonographic diagnosis and management of echinococcus cysts in general medicine

Giuseppe Rossi1, Francesco Barone1, Valeria Rollo1, Emanuele Altomare1 1

2° Medicina Interna Universitaria, Dipartimento Scienze Mediche e del Lavoro, Università degli Studi di Foggia

Correspondence to: Dr. Giuseppe Rossi, MD grossi23@alice.it Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 41-44

RIASSUNTO

L’echinococcosi è un’antropo-zoonosi parassitaria (causata dall’Echinococcus Granulosus, Echinococcus Multilocularis ed Echinococcus Vogeli) difusa in tutto il mondo, la cui reale incidenza è sottostimata a causa di un decorso clinico paucisintomatico. Lo sviluppo delle cisti è lento e le infestazioni contratte possono rivelarsi dopo anni, per fenomeni compressivi o per riscontro occasionale in corso di esami diagnostici. L’ecograia è una metodica largamente difusa in Medicina Generale, con elevata speciicità (88-96%) e sensibilità (93-100%) nella diagnosi di cisti idatidee. Inoltre è molto utile per il follow up e per monitorare la risposta alla terapia. La classiicazione World Health Organization- Informal Working Group permette di distinguere le cisti attive (suscettibili di terapia medica o chirurgica) da quelle inattive meritevoli solo di follow up. Oltre all’approccio chirurgico sta emergendo il trattamento di immissione e riaspirazione di agenti scolicidi sotto guida ecograica o tomograica assiale computerizzata3,4. La terapia farmacologica con benzoimidazolici consente percentuali di guarigione del 70% e la sua associazione alla terapia chirurgica riduce le recidive di echinococcosi. Parole chiave: cisti; echinococco; ecograia addominale; cisti epatiche ABSTRACT

Echinococcosis is a parasitic anthropozoonosis (caused by Echinococcus Granulosus, Echinococcus Multilocularis, Echinococcus Vogeli), with a worldwide difusion and whose real incidence is understimed because of it’s clinical course poor of symtoms. The cyst’s development is slow and the infection contracted can become syntomatic after many years because of compression phenomena or occasionally during diagnostic exams. Ultrasonic tomography is largely available in General Medicine and it has high speciicity (88-96%) and sensibility (93-100%) for hidatid cysts’s diagnosis. Also it can be very useful in the follow up and in evalutation of therapy response. The classiication of the World Health Organization- Informal Working Group allows to distinguish the active cysts (which require pharmacological or surgical therapy) from not active cysts which only need follow up. Apart from surgery, a puncture of the cysts treatment guided by ultrasonic or computed tomography is available. The pharmacological therapy can determine healing in 70 % of total cases and the association with surgery reduces the late recidives of echinococcosis. Key words: cysts; echinococcosis; abdominal echography; liver cysts

INTRODUZIONE L’echinococcosi o idatidosi, è un’antropo-zoonosi parassitaria (causata da Echinococcus granulosus, E.multilocularis, E.vogeli) nota sin dai tempi antichi: nel Talmud babilonese vengono descritte verosimili cisti idatidee durante riti sacriicali; Ippocrate, nel 379 a.C., descrive “tumori polmonari producenti acqua” ad alto rischio di rottura nelle cavità pleuriche.

Difusa in tutto il mondo,la sua reale incidenza è sottostimata a causa di un decorso clinico paucisintomatico7. E’ più comune in Paesi dediti alla pastorizia: bacino del Mediterraneo, Balcani, Medio Oriente, Nord Africa, Africa orientale, Sudamerica, Asia centrale, Cina 11. Un’indagine epidemiologico - ecograica, condotta nel 1990 in Italia, riporta un’ elevata incidenza (0.16%) con signiicative

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Clinical Practice

diferenze tra Nord (0.07%), Centro (0.12%), Sud (0.39%) e Sardegna (2.09%)1. Dati epidemiologici del 2005 riportano un’incidenza media annua di echinococcosi per 100.000 abitanti nelle province di Modena e Reggio Emilia di 9.4 e 5.6; 9.77 in Sardegna, 2.33 in Puglia, 2.30 in Sicilia2.

EZIOLOGIA E. granulosus è una piccola tenia che trascorre la fase adulta nel tenue di cani e lupi (ospiti deinitivi) e quella larvale negli organi degli erbivori (ospiti intermedi) e accidentalmente dell’uomo. Il cestode adulto è lungo 2-6 mm; ha uno scolice con quattro ventose ed un rostello munito di uncini; è provvisto di 3 proglottidi, una immatura, una matura ed una gravida con circa 500 uova (embriofori) che vengono eliminate con le feci dell’ospite contaminando l’ambiente. Ingerite dall’ospite intermedio, o dall’uomo, schiudono nel duodeno liberando larve esacante che, attraverso le pareti intestinali, invadono il sistema circolatorio raggiungendo il fegato (54% dei casi), i polmoni (34%) ed i vari organi. Installatosi nei tessuti, il parassita comincia a formare una cavità interna circondata da cellule reticolo-endoteliali e tessuto ibroso. Dopo circa cinque mesi la cisti idatidea, piena di liquido limpido, crescendo per espansione, raggiunge 1 cm di diametro. Nella sua parete si distingue una membrana esterna stratiicata ed una interna, detta proligera, da cui emergono per gemmazione delle capsule proligene contenenti protoscolici . Molte capsule proligene si staccano dalle pareti e si depositano come sabbia idatidea sul fondo della cisti. Le cisti che abbiamo appena descritto sono di tipo uniloculare e, in pochi anni, possono raggiungere le dimensioni della testa di un bambino. Se il loro sviluppo è ostacolato, come avviene ad esempio nelle ossa, le cisti idatidee assumono forma ramiicata crescendo nelle direzioni di minore resistenza (echinococcosi alveolare). Gli animali da allevamento e l’uomo si infestano ingerendo uova di E. granulosus disperse con le feci dai cani parassitati sull’erba, sulle verdure, nella polvere. Le uova adese ai peli del cane vengono disseminate nelle case o trasmesse direttamente all’uomo quando il cane lo lecca. L’Echinococcus multilocularis misura circa 4 mm; allo stadio adulto parassita le volpi ed i gatti, ospiti intermedi sono i topi. Le volpi e/o i gatti si infestano divorando i topi e questi ultimi ingerendo le uova disperse con le feci delle volpi. L’uomo si infesta mangiando fragole, lamponi, verdure su cui hanno defecato le volpi. La localizzazione principale di questa infestazione nell’uomo è quella epatica. L’Echinococcus vogeli è l’agente dell’idatidosi policistica, endemica nell’America centro-meridionale; ha un ciclo prevalentemente selvatico che include cani selvatici e domestici come ospiti deinitivi e roditori sudamericani,detti “paca”, come ospiti intermedi della forma larvale. Le larve di E. vogeli formano strutture policistiche, ripiene di liquido, principalmente nel fegato, ma anche in altri organi addominali e toracici.

QUADRO CLINICO Lo sviluppo delle cisti è lento e asintomatico; spesso le infestazioni si rivelano dopo anni per fenomeni compressivi sugli 42

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organi adiacenti. Nell’infanzia la localizzazione più frequente è quella polmonare (70% circa dei casi totali), nell’età adulta e senile prevale quella epatica (70-75%). La sintomatologia varia secondo la localizzazione ed il numero delle cisti, il loro stadio evolutivo, i fenomeni compressivi esercitati. I sintomi più frequenti sono rappresentati da dolore, disturbi digestivi, febbre, ittero, orticaria ricorrente, prurito persistente, ipereosinoilia, aumento delle IgE. Oltre il 90% delle cisti si localizzano nel fegato e/o in entrambi i polmoni; occasionalmente (2-3%) nel rene, nella milza, nella cavità peritoneale, nei muscoli; raramente (1%) nel cuore, cervello, colonna vertebrale, ovaie. La crescita della cisti all’interno del fegato può comprimere le vie biliari causando ittero, istole, colangiti ricorrenti e può determinare ipertensione portale. La rottura spontanea o traumatica della cisti, per il contenuto di materiale altamente antigenico, comporta il rischio di shock anailattico anche fatale. L’idatidosi polmonare può causare tosse stizzosa, toracalgia, emoftoe. La localizzazione ossea può manifestarsi con aree osteolitiche diffuse, specialmente delle ossa lunghe, con dolori ossei e fratture spontanee. L’idatidosi cerebrale causa ipertensione endocranica con cefalea e disturbi vari da compressione neurologica. La localizzazione renale può manifestarsi clinicamente, per rottura della cisti, con colica renale ed idatiduria. E’ possibile la localizzazione delle cisti teoricamente in ogni organo e tessuto con sintomi speciici.

DIAGNOSI Spesso la diagnosi è occasionale, in seguito a radiograia del torace o ecograia dell’addome. L’ecografia ha elevata specificità (88-96%) e sensibilità (93100%), è molto utile per il follow up delle cisti addominali o dei tessuti molli e per monitorare la risposta alla terapia8. La TAC9 e la RMN evidenziano i rapporti precisi della cisti con le strutture limitrofe, dando informazioni essenziali al chirurgo, ed individuano anche cisti molto piccole. In ogni caso, i dati clinici e radiologici devono essere confermati dai test immunologici, che ricercano gli anticorpi del paziente diretti contro gli antigeni degli echinococchi (Ag A e B, Ag 5): l’ELISA, l’immunoelettroforesi, il test di emoagglutinazione indiretta (IHA, positiva con titoli > 1:64), di immunoluorescenza indiretta (IFAT), il test di issazione del complemento (CFT), il test di macroagglutinazione con lattice (LAT).

ASPETTI ECOGRAFICI L’ecograia è diventata una metodica molto difusa, economica ed aidabile, negli ambulatori medici ed il rilievo di cisti è un evento quotidiano nella comune pratica ecograica. Ma quando ci troviamo di fronte ad una cisti idatidea? Nel caso di cisti idatidee, poi, quali sono quelle attive, da trattare farmacologicamente, chirurgicamente o con iniltrazione di antiparassitari o con altre metodiche? Esistono aspetti ecograici dirimenti che ci permettano di identiicare le cisti attive da quelle inattive in cui è suiciente un semplice follow up? Un grosso aiuto alla diagnosi e gestione delle cisti idatidee viene oferto dalla classiicazione WHO Informal Working Group5 che permette di individuare le cisti potenzialmente “attive”, suscettibili di


Approccio sempliicato alla diagnosi ecograica e la gestione delle cisti da echinococco

trattamento, da quelle inattive meritevoli solo di follow up. Infatti, tale classiicazione distingue 5 diversi tipi di cisti, sulla base dell’aspetto ecograico: − cisti idatidea tipo 1 (cisti attiva): formazione rotondeggiante anecogena, liquida, talora con ini echi posteriori, con parete propria (ig.n° 1); − cisti idatidea tipo 2 (cisti attiva): formazione rotondeggiante, anecogena, multisettata con aspetto a rosetta, a ruota, ad alveare (ig. n° 2); − cisti idatidea tipo 3 (cisti con caratteri intermedi): aspetto a doppia parete o a ninfea galleggiante per distacco, parziale o totale, delle membrane germinativa e chitinosa (ig.n° 3); − cisti idatidea tipo 4 (cisti inattiva): lesione pressoché solida per progressiva scomparsa della componente liquida (ig. n° 4); − cisti idatidea tipo 5 (cisti inattiva) presenta calciicazioni visibili come formazioni iperecogene con cono d’ombra posteriore (ig. 5). Quindi, possiamo distinguere: − cisti attive, con protoscolici vitali, all’ecograia si presentano come lesioni anecogene rotondeggianti con o senza ini echi posteriori e setti, espressione della sabbia idatidea, e/o cisti iglie (cisti tipo 1 e 2); − cisti con segni di soferenza del parassita (l’esame ecograico può evidenziare il distacco delle membrane parassitarie associato o meno ad una minore rappresentazione della quota liquida con aumento della componente solida) (cisti tipo 3); − cisti idatidee inattive in fase di degenerazione, senza protoscolici vitali (ecograicamente si presentano come lesioni solidiicate e/o calciicate) (cisti tipo 4 e 5).

Clinical Practice

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Figura 1.

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Figura 3.

TERAPIA La terapia delle cisti idatidee varia dalla chirurgia (convenzionale o laparoscopica)6 al drenaggio percutaneo delle cisti associato ad instillazione di agenti scolicidi (soluzione salina ipertonica od alcool) e riaspirazione sotto guida ecograica o TAC (tecnica PAIR puncture, aspiration, injection, re-aspiration)10. La PAIR risulta indicata nelle cisti di tipo 1 e, in casi selezionati, nelle cisti tipo 2 e 3 e nei pazienti che riiutano il trattamento chirurgico convenzionale. Risulta controindicata nei casi in cui vi sia una comunicazione tra le cisti e le vie biliari e nelle cisti non accessibili10. La terapia medica si avvale di farmaci benzoimidazolici (albendazolo, mebendazolo) al dosaggio di 400 mg due volte die per tre mesi, 15 mg/kg peso corporeo in età pediatrica. Il praziquantel 40 mg/kg die una volta a settimana associato ai benzoimidazolici aumenta la percentuale di successo terapeutico nell’echinococcosi secondaria6. Si ricorre alla terapia chirurgica soprattutto per cisti localizzate in zone soggette a traumi o situate vicino a vasi sanguigni e dotti biliari. L’intervento chirurgico radicale asporta le cisti col tessuto circostante, quello conservativo svuota le cisti, aspirandone le membrane lasciando in loco l’avventizia. Descritte minori recidive con l’intervento radicale. L’uso dei benzoimidazolici quattro giorni prima e per tre mesi dopo l’intervento chirurgico riduce le

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astenia, caduta dei capelli, cefalea, ipertransaminasemia. In casi rari si è veriicata grave tossicità epatica ed aplasia midollare7. Ringraziamenti: si ringrazia il dottor Umberto Arena (Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Firenze) per la gentile e preziosa collaborazione al lavoro.

recidive. La terapia chirurgica permette di:rimuovere cisti di dimensioni elevate (in particolare con numerose “cisti iglie”), trattare cisti a rischio di rottura spontanea o traumatica, cisti infette, cisti comprimenti organi vicini, cisti comunicanti con le vie biliari, cisti ossee, cerebrali, polmonari, renali. Le controindicazioni alla terapia chirurgica sono rappresentate da: pazienti che riiutano l’intervento o con gravi comorbilità, donne in gravidanza, cisti con diicile accesso chirurgico, cisti molto piccole o inattive (tipo 4 e 5), soggetti in età estreme della vita. Le indicazioni della terapia medica sono rappresentate da: pazienti inoperabili, a presenza di cisti multiple in due o più organi; prevenzione dell’echinococcosi secondaria, sia in fase pre-chirurgica che durante trattamenti percutanei. Controindicano la terapia medica: le cisti inattive (tipo 4 e 5), i pazienti con epatopatie croniche o con depressione midollare, lo stato di gravidanza, le cisti di grosse dimensioni a rischio di rottura6. In letteratura è riportato con la terapia benzoimidazolica remissione completa delle cisti nell’70% dei casi, remissione parziale nel 5-10%; nessuna risposta terapeutica in circa il 15% dei casi, recidive in circa il 20% delle forme in remissione. Gli efetti collaterali più comuni della terapia benzoimidazolica sono rappresentati da

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Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare

Case Reports

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Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare “in assenza di patogeno tissutale” Necrotizing granulomatous pulmonary infection “in absence of any tissue pathogen identified”

Giovanni Colucci1, 5, Fedele Pavone1, Pasquale Iacovazzo1, Enza Colucci 2, Agnese Posca 3, Michele Petruzzelli 4 Medicina di Famiglia, Taranto Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia - Università degli Studi di Foggia 3 Istituto di Pneumologia - Università degli Studi di Bari 4 Consorzio Mario Negri Sud 5 AIMEF – Associazione Italiana Medici di Famiglia, Dipartimento di Cardiologia 1 2

Correspondence to: Dr. Giovanni Colucci, MD drgcolucci@libero.it Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 45-49

RIASSUNTO

La Granulomatosi di Wegener (GW) è una malattia multisistemica caratterizzata da logosi granulomatosa necrotizzante. Il caso clinico riportato riguarda una probabile variante morfofunzionale della GW con lesioni istologiche inora mai riportate nella letteratura. Si tratta di una donna di 49 anni con febbre e dolori toracici da sei giorni; durante ricovero vengono eseguiti esami di laboratorio negativi per danno endoteliale (ANCA: anticorpi citoplasmatici anti-neutroili) e alterazioni della coagulazione. L’esame istologico, con biopsia polmonare TAC guidata, diagnostica processo logistico cronico granulomatoso necrotizzante del polmone con vasculite (probabile GW). Sono stati consultati due dei maggiori esperti anatomopatologi in Italia (Dipartimento di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Bari) e negli USA (Dipartimento di Anatomia Patologica della Mayo Clinic, Jacksonville, Arizona) ed entrambi concordano con la seguente diagnosi istologica: “Tessuto con caratteristiche compatibili con un’infezione granulomatosa necrotizzante (senza alcun agente patogeno intratessutale)”. La paziente ha avuto ottima risposta alla terapia cortisonica (praticata durante il ricovero) e allo stato attuale è in fase di remissione. Parole chiave: granulomatosi; infezione necrotizzante polmonare; vasculite ABSTRACT

Wegener’s granulomatosis (WG) is a multi-organ disease characterized by inlammation and necrotizing granulomatosis. Here we report a case of WG characterized by histological features which have not been described previously in the literature. A 49-year-old woman was admitted to the hospital because of fever and chest pain lasting since six days. Autoantibodies directed against intracytoplasmic antigens of leukocytes (ANCA) were absent and there was no abnormality in coagulation function. Open lung biopsy revealed chronic necrotizing granulomatous inlammation of the lung with vasculitis. Two authoritative histological opinions were obtained from an Italian expert (Pathology Department, University of Bari) and the Pathology Department of the Mayo Clinic (Ariz., Jacksonville), which were concordant with the following diagnosis: “Tissue specimen with features consistent with necrotizing granulomatous infection in absence of any tissue pathogen identiied (compatible with WG)”. Cortisone therapy administered during hospitalization improved the clinical picture and the patient is currently in remission. Key words: granulomatosis; pulmonary necrotizing infection; vasculitis

CASO CLINICO Viene eseguita una visita domiciliare ad una donna di 49 anni per febbre e dolori toracici, insorti da circa sei giorni. La paziente svolge il lavoro di tecnico di laboratorio, è sposata ed ha un iglio. Nell’anamnesi famigliare il padre è deceduto a 38 anni per tumore

dell’encefalo e la madre a 79 per carcinoma mammario. Non ha mai fumato né fatto uso abituale di alcolici. A 10 anni ha subito tonsillectomia con adenoidectomia e a 34 anni miomectomia dell’utero. La paziente riferisce la comparsa di tosse secca e stizzosa, seguita

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Colucci et al.

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Figura 1

sioni similari sono presenti nei foglietti pleurici parietali ino al lobo inferiore ove si osservano due altri noduli. E’ presente versamento pleurico declive a destra ove risultano peraltro piccoli ispessimenti a placca e nodulari dei foglietti pleurici. I reperti orientano in prima istanza per mesotelioma a localizzazioni multiple (Fig 2). Gli esami di laboratorio evidenziano: emocromo nella norma; Ab EBNA (Epstein-Barr) IgG 20 UI/ml (v.n.>19); funzionalità epatica e renale nella norma;VES 57mm/h; PCR 4.68 mg/dl (v.n. 0-0.33); Ab CMV IgG :5.3 UI (v.n. ino a 0.39 UI), Ca 125: 178.5 U/ml (v.n. 0-30); Ab anti Chlamdyae pneumoniae IgG positivo 1:64 IgM negativo; Ab anti Chlamdyae Trachomatis IgG positivo 1:64, IgM negativo. La paziente viene sottoposta a broncoscopia, che dà esito negativo sia per la ricerca di batteri-micobatteri e miceti, sia per la ricerca di eteroplasia con l’esame istologico eseguito su biopsie bronchiali multiple. Anche la biopsia polmonare TAC guidata dà esito negativo. L’equipe ospedaliera decide quindi di procedere con biopsia polmonare previa toracotomia, che documenta rilievo parenchimale consolidato al lobo medio che all’esame istologico presenta un “processo logistico cronico granulomatoso necrotizzante del polmone con vasculite”. Gli aspetti anatomo-istopatologici ed i dati clinico-anamnestici orientano per una possibile diagnosi di “Granulomatosi di Wegener” . Durante la degenza ospedaliera la paziente viene sottoposta a terapia con macrolidi (claritromicina 500 x 2/die), cortisonici (metilprednisolone 40 mg e.v. x 2/die) ed antimicotici (luconazolo 100 mg e.v. x 2/die). Viene quindi dimessa in apparente completo benessere, con risoluzione sia del quadro clinico che delle alterazioni radiologiche. Dopo circa due anni la paziente lamenta la ricomparsa di febbre, astenia e tosse accompagnate da artromialgie difuse, motivo per cui viene disposto un nuovo ricovero. Gli esami ematochimici sono tutti nella norma ad eccezione di Ab anti EB VCA IgG 902 UI/ml (v.n.<19 UI/ml) Ab anti Cytomegalovirus IgG 3.9 UI/ml (v.n. < 0.39 UI/ml). La TAC toracica eseguita presenta un quadro simile a quello riscontrato nel ricovero precedente. Dopo adeguata terapia, secondo lo stesso schema del ricovero precedente, il quadro radiologico si normalizza quasi del tutto con scomparsa o netta riduzione volumetrica delle lesioni nodulari e parziale risoluzione dell’addensamento parenchimale (ig 3). Allo stato attuale la malattia è in remissione.

Figura 2

Figura 3

CARATTERISTICHE ANATOMOPATOLOGICHE da febbre elevata e dolore toracico puntorio all’emitorace destro. Viene somministrata terapia antibiotica empirica con cefalosporina per os e consigliata una radiograia del torace. Il radiogramma, eseguito entro le 24 ore, mostra la presenza di un versamento pleurico basale destro con ispessimento interstiziale; nulla da segnalare a sinistra (Fig 1). Viene deciso il ricovero presso il reparto di Pneumologia del presidio ospedaliero di competenza territoriale. Durante il ricovero viene eseguita Tac toracica che dimostra la presenza di un espanso solido disomogeneo (4 cm circa) al lobo polmonare superiore di sinistra indissociabile dal foglietto pleurico in sede pre-aortica. Le46

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Il referto dell’esame istologico descrive: frammenti pleuro-polmonari caratterizzati da un processo flogistico cronico granulomatoso epitelioideo con isolate cellule giganti e talora con ampi focolai di necrosi basofila a morfologia serpiginosa. Tali granulomi a margini mal definibili hanno sede interstiziale vasculocentrica ed a volte interessano a tutto spessore la parete dei vasi arteriosi e venosi parenchimali di medio e piccolo calibro. Il restante parenchima polmonare è sede di un discreto infiltrato flogistico linfoplasmocitario e neutrofilo con presenza di istiociti e di eosinofili, con proliferazione miofibroblastica endoalveolare e con focolai d’infiltrazione emorragica recente. Sono presenti aspetti di capillarità e vasculite leucocitoclastica in tutto il parenchima, anche in sede


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sub-pleurica ed al di fuori della zona con intensa flogosi. Discreta fibrosi sub-pleurica e nell’interstizio peri bronco vascolare (negativa la ricerca dei micobatteri con il metodo di Ziehl-Neelsen e negativa la ricerca di miceti con il metodo di Grocott; si consiglia comunque esclusione d’infezione tubercolare da bacilli di Koch mediante indagine di biologia molecolare su sangue ed urine ). Frammento, di pleura parietale con aspetti, di capillarite comprendente due linfonodi esenti da alterazioni. Conclusioni diagnostiche: processo flogistico cronico granulomatoso necrotizzante del polmone con vasculite. Gli aspetti morfologici e i dati clinico-anamnestici orientano per una possibile granulomatosi di Wegener. La microscopia della Granulomatosi di Wegener è caratterizzata da noduli costituiti da quote variabili di tessuto necrotico ed iniammatorio, tipicamente associato al completo rimaneggiamento della normale architettura polmonare 1,2,3. L’iniltrato iniammatorio è composto prevalentemente da linfociti, plasmacellule e macrofagi, con minor partecipazione di eosinoili, cellule giganti multinucleate e leucociti polimorfo nucleati (tendono a raccogliersi in piccoli aggregati che ricordano dei microascessi). Con il progredire della malattia, questi aggregati vanno incontro a necrosi e spesso vengono circondati da uno strato di macrofagi o di istiociti epitelioidi. Con l’evoluzione ulteriore del quadro si assiste all’ingrandimento e alla conluenza delle aree necrotiche, che assumono un aspetto serpiginoso, hanno di solito un aspetto granulare basoilo e sono circondate da uno strato ben distinto di istiociti epitieloidi (iniammazione granulomatosa). Nell’iniltrato iniammatorio circostante si possono osservare piccoli granulomi, in genere poco deiniti, ma qualche volta ben circoscritti e simili a quelli della sarcoidosi. Altri reperti istologici nel parenchima polmonare includono l’obliterazione degli spazi aerei da parte di sangue, macrofagi o tessuto ibroblastico, la bronchiolite aspeciica o follicolare e la polmonite ostruttiva1. Le arterie e le vene polmonari di piccolo e medio calibro mostrano iniammazione focale o difusa, secondo uno dei seguenti tre pattern:1) necrosi ibrinoide della media; 2) iniltrazione della parete vasale, spesso limitata alla media e talora a tutto spessore, da parte di un iniltrato iniammatorio misto simile a quello parenchimale; 3) granulomi ben circoscritti o aggregati di cellule giganti multinucleate. Vi può essere o meno una trombosi associata. Per poter essere considerata una vasculite vera e non secondaria alla logosi parenchimale, i vasi interessati dovrebbero in teoria essere circondati da parenchima prevalentemente normale al di fuori di aree necrotiche o iniammatorie. Nei casi di consolidamento emorragico focale o difuso l’aspetto istologico è diverso ed è deinito meglio con capillarite o microangioite 4,3,5,6.

DISCUSSIONE La Granulomatosi di Wegener è una malattia multisistemica ad espressione clinica variabile che nella sua fase di massima attività è caratterizzata, da un punto di vista istopatologico, da logosi granulomatosa necrotizzante delle alte e basse vie aeree e da glomerulonefrite e vasculite necrotizzante a livello polmonare e di

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vari organi e tessuti. La Granulomatosi di Wegener è una malattia rara. Negli Stati Uniti la sua prevalenza è di circa 3 casi su 1.000.000 abitanti 7. Colpisce tipicamente adulti dalla IV alla VI decade, con età media di 46, 41 e 56 anni in tre ampie casistiche 7,8, ma può insorgere frequentemente, con manifestazioni cliniche e prognosi diverse 9, anche in soggetti più anziani: in uno studio su 51 pazienti, 29 (57%) avevano meno di 60 anni e 22 (43%) avevano 60 anni o più 9. E’ particolarmente rara nei bambini, ma interessa un discreto numero di adolescenti 10,11 . La prevalenza è uguale nei due sessi 12,8. La rarità dei casi insorti durante la gravidanza indica che questa non rappresenta un fattore di rischio (la malattia in questi casi è più severa) 13, 14. Alcuni autori hanno notato una variabilità stagionale dell’esordio clinico, con un picco in primavera (circa il 35% dei pazienti) e un calo in estate (14%) 15, secondo altri con un picco in inverno16.

REPERTI DI LABORATORIO E DIAGNOSI Anomalie ematologiche e sierologiche. Anemia, talora emolitica17, trombocitosi e leucocitosi, eventualmente con eosinoilia18. I markers di danno endoteliale e le alterazioni della coagulazione, come i complessi trombina-antitrombina III, i D-dimeri di ibrina, il fattore di von Willebrand e la trombomodulina, sono elevati in molti pazienti e, secondo alcuni studi, in relazione al grado di severità della malattia 19. La velocità di eritrosedimentazione è alta (>70 mm/h) nella maggior parte dei pazienti. Il fattore reumatoide, in genere a basso titolo, può essere presente nel siero 20,21 e talora si possono riscontrare alti livelli di IgE 22,23,24. La determinazione del titolo degli ANCA (anticorpi citoplasmatici anti-neutroili) è risultata utile sia per la diagnosi che per il trattamento della Granulomatosi di Wegener. I C-ANCA sono positivi nell’85-90% dei pazienti con forma disseminata 25,26 e in circa il 75% di quelli con forma limitata di malattia27, mentre più rari sono i P-ANCA (diretti contro la mieloperossidasi o l’elastasi leucocitaria) 28,29 . Sebbene i C-ANCA compaiano anche in altre malattie, come in altre vasculiti e in alcune malattie infettive (amebiasi, cromomicosi) 30,31, la loro speciicità per la Granulomatosi di Wegener sembra essere relativamente alta 32,33. Diagnosi radiologica: oltre alla semplice radiograia del torace è molto utile una TAC ad alta risoluzione (HRCT) 34,35,36,37,38,39,40,41. Altre indagini utili sono: a) broncoscopia: nel liquido di lavaggio broncoalveolare sono stati rilevati anche livelli aumentati di citochine neutroilo-correlate e di prodotti dei neutroili, come IL-8, fattore stimolante la colonia dei granulociti (G-CSF) e IL-1β 42; b) citologia; c) prove di funzionalità respiratoria; d) biopsia polmonare TAC guidata. Sono molti i dati contrastanti nel caso descritto, anche se il quadro radiologico, l’esame istologico e l’aumento degli indici di iniammazione (VES, PCR) potevano far propendere per la Granulomatosi di Wegener; la negatività dei markers di danno endoteliale e della coagulazione, assieme alla positività agli Ab anti Chlamdyae pneumoniae IgG (+)/IgM (-); Ab anti Chlamdyae Trachomatis IgG (+)/IgM (-) potevano indirizzare verso un quadro infettivo. E’ stata perciò richiesta la consulenza di un altro Istituto che ha con-

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Colucci et al.

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cluso con la seguente diagnosi istologica: processo Linfoproliferativo Angiocentrico a Cellule T associato a reazione granulomatosa sarcoidosimile compatibile con lesione angiocentrica immunoproliferativa/T (AIL-T). Questa diagnosi ha suggerito una ulteriore consultazione. Con il consenso della paziente si è inviato il materiale in Arizona presso la Mayo Clinic per una terza opinione. Le conclusioni diagnostiche formulate sono state le seguenti: “il tessuto del lobo superiore di sinistra mostra caratteristiche compatibili con un’infezione granulomatosa necrotizzante (senza alcun agente patogeno intratessutale)”. La Granulomatosi di Wegener è una patologia immunitaria dove fra le cause scatenanti vengono citati agenti infettivi come sostenuto da varie osservazioni 43. E’ stata segnalata anche un’associazione fra vasculiti sistemiche (fra cui casi di Granulomatosi di Wegener) e infezione cronica da parvovirus B19 43. In minor misura sono state identiicate associazioni con l’inalazione di polvere di silice o di polvere di cereali 44,45. La paziente presentava entrambe le cause come caratteristiche: episodi scatenanti nel periodo invernale allorquando ci sono pandemie virali e lavorava presso un laboratorio di analisi. La diagnosi anatomopatologica di vasculite non è sempre agevole e non tutte le vasculiti documentate istologicamente rappresentano un processo primitivo: alcune patologie polmonari, come le infezioni, la sarcoidosi, gli emboli di materiale estraneo iniettato o le tromboembolie possono provocare logosi (forme secondarie) e la diagnostica diferenziale non sempre è agevole 46.

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Rurik

Letters

Are the personal characteristics of family physicians different from other physicians? Personal evolution from surgery to primary care Le caratteristiche personali dei medici di famiglia sono differenti da quelle degli altri medici? Evoluzione personale dalla chirurgia alle cure primarie

Imre Rurik 1, 2 1 2

Department of Family Medicine, University Debrecen, Hungary; Primary Care Centre, Budapest XX, 1201 Budapest, Hungary

Correspondence to: Prof. Imre Rurik, MD rurik.dr@t-online.hu; rurik@med.unideb.hu Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 50-51

The work of family physicians is diferent from that of specialists; problem oriented, ofering continuity, holistic approach, complexity and patent centeredness.1-4 Let me reveal my experiences and speak about my personal way. When I attended the secondary school I decided to be medical doctor. My family had a very close friend who was a urologist; I often visited him and liked his personal manner and style. I knew nearly nothing about his work. Before the secondary school leaving examination I decided to be a psychologist. I was successful in sport. During my third university year I contributed to the scientiic work of the Department of Sport Physiology. In the fourth year I won a competition in urology and joined the student staf at the Urological Department of the University. After graduation I began my professional carrier in this surgical ield of medicine. As a young doctor, besides my obligatory calls at the department, I joined the staf on duty in primary care. The main reason was to earn some more money in addition to the low oicial salary of physicians in Hungary. It was very interesting to visit the homes of people and often to see the reasons why the patients become ill, which, in most cases, was visible among their living circumstances and family situation. I liked to chat with them about their problems and complaints. In my daily work within urology, I tried to manage the other illnesses of my patients, due to which my boss often tore me of a strip. I registered wider and longer anamnesis in the patient’s iles, not only comprising urological and genital complains, but frequently other illnesses and symptoms. The chief of depart50

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ment preferred to ask for a consultation of specialists, instead of initiating other treatments apart from urology. In the early nineties, I intended to go to work abroad, and found a very well paid post in Brunei. But I was afraid that I can only do a job of a surgeon, performing only operations, without understanding the people having quite diferent cultural values and languages, and this land was very far away from my country. That was the reason why I negotiated for another job in Kuwait, which was closer to Hungary, but later it came to nothing because of the Gulf War. That year I decided to change my professional ield and applied for a family physician’s post in the same district where I worked. My application was accepted, and I started as general practitioner, a panel doctor, as it was called in Hungary then. For a few years I kept my hospital post part time, but later it became more and more diicult to harmonize these diferent jobs. During my hospital years I had a very good professional connection with a colleague who was a neurologist-psychiatrist and some of his skills were learnt and copied. In the shortened residency program I made the qualiications exam and acquired my second speciication in 1993, which was followed by the third in occupational medicine in 1998. Nowadays I practice urology for a few hours a week as private, although it is free for my patients who are registered in my primary care practice. Since this academic year I was appointed as Associate Professor, Chair, Department of Family Medicine of University Debrecen, which is the second largest medical school in Hungary. Teaching young colleagues was always interesting and important for me in the university, later in the hospital and recently


Are the personal characteristics of family physicians diferent

in my practice. Hungarian and German medical students like to come to me, often returning some years later for a non-oicial consultation. I also found scientiic work important and interesting. I am very proud of being the irst family physician in Hungary to acquire the PhD degree according to the new regulation introduced in 1992, which is identical with that of the developed countries, replacing the Soviet type of scientiic qualiication. The prestige of primary care was generally low in Hungary, but later on it become more popular. Stepping out from a German-type of hierarchy within Hungarian hospitals was also an important aspect. I like to say that I am the master of myself, but a servant of my patients. I know my professional carrier is not a typical one, neither in Hungary, nor in other countries. It took many years before and during university for me to ind a profession and 10 more years

Letters

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to ind the real one, family medicine. Family physicians have to analyze more complicated problems, which bring individual responsibility to the fore, and this greatly difers from team work in hospitals. To update the knowledge, to harmonize the personal relationship with the patients and to develop the communications skills are never ending processes. It should be a task, but should not be a constraint. The everyday pleasure is present in our work, it should not be missed.

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Marsilio

Focus On

La comunicazione di cattive notizie in medicina di famiglia Communicating bad news in primary care Alberto Marsilio1, 2 1 2

Medico di Medicina Generale, Venezia Società Italiana di Geriatria e Gerontologia

Correspondence to: Dr. Marsilio Alberto, MD amarsilio@alice.it Published by Edicare Publishing. All rights reserved IIPC 2009; 1, 1: 52-54

RIASSUNTO

La comunicazione di cattive notizie è uno dei compiti più gravosi per il Medico di Famiglia. Esistono alcuni strumenti per aiutarlo in questa delicata mansione. I contatti ripetuti con il paziente forniscono la strategia di base e la comunicazione diventa un processo dinamico e continuo nel tempo. Parole chiave: comunicare; cattive notizie; medicina di famiglia ABSTRACT

Communicating bad news is a challenging and weighty task for every general practioner. Literature gives some tools to help him in this mission. However the basic strategy is the relationship between patient and physician and at the same time the constant and dynamic communication. Key words: communicate; bad news; primary care

INTRODUZIONE Comunicare una diagnosi infausta non è mai facile per nessuno, men che meno per il Medico di Famiglia, anzi è uno dei momenti di maggior criticità per la nostra professione, perché, a ben guardare, travalica il nostro essere medici e ci coinvolge in toto anche come persone. Ma è un compito a cui non possiamo sottrarci essenzialmente per due motivi: Il primo, molto concreto, è dovuto al fatto che ogni anno in Italia ci sono 250.000 persone afette da una malattia inguaribile ed è stato calcolato che un Medico di Famiglia assiste mediamente dai 4 ai 6 malati terminali per anno. Quindi, volenti o nolenti, queste persone le incontriamo nei nostri ambulatori. Il secondo motivo fa riferimento ad una delle caratteristiche peculiari della Medicina di Famiglia e cioè la relazione protratta nel tempo tra medico e paziente; relazione che in genere dura molti anni e che, quando possibile, dovrebbe continuare anche nell’ultima parte di vita del paziente. Il paziente ci ha scelto tra tanti altri medici, ci ha dato la sua iducia, mentire e far parte della congiura del silenzio, sarebbe come tradire questa iducia. 52

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Comunicare cattive notizie deve rientrare tra i compiti del Medico di Famiglia proprio in virtù di questo rapporto di iducia che si è instaurato con gli anni. Quanto detto viene anche confermato da un’ indagine del CENSIS; alla domanda: ”secondo lei, nel caso di una malattia grave, che cosa è più giusto per il paziente?”: solo il 2.5% degli intervistati ritiene che il paziente non debba essere informato, mentre per l’ 82.3% del campione la comunicazione della malattia grave deve essere di competenza del medico.1

Criticità nella comunicazione di cattive notizie Ma se vi è ormai accordo sul fatto che di norma la cattiva notizia debba essere comunicata (a meno che il paziente non lo voglia) e che questo sia un compito del medico, bisogna però anche ammettere con sincerità che sia il paziente, che il medico si sentono impreparati ad afrontare il tema della morte e a parlarne. Il paziente rimane senza parole ma non è che non ne vuol parlare; non ne sa parlare perché non ha mai pensato alla morte in quanto l’educazione al morire è completamente assente dalla nostra cultura e dalla nostra società. Il paziente avverte che sta morendo, ma è del tutto analfabeta di


La comunicazione di cattive notizie in Medicina di Famiglia

fronte a questa fase cruciale della vita e anche noi medici spesso non troviamo le parole adatte. Di fronte c’è un paziente che in precedenza ho incontrato molte volte, con cui ho afrontato e risolto numerosi problemi di salute, come faccio ora a dirgli che sta morendo, a rispondere ai suoi dubbi senza mentire ma allo stesso tempo senza ferirlo? E poi, come gestire le mie reazioni personali senza pensieri di fuga o di proiezione di fronte alla morte di una persona? In efetti, secondo una recente ricerca, ben il 75% dei Medici di Famiglia fa fatica ad afrontare le responsabilità di ine vita e addirittura il 92% aferma di aver bisogno di formazione.2 Quindi il tema della comunicazione di una malattia inguaribile è un argomento estremamente scottante e complesso. Sperimentiamo ogni giorno in ambulatorio che la competenza professionale, pur essendo importante, da sola non basta, bisogna saper comunicare, e saperlo fare eicacemente altrimenti rischiamo di non mettere in atto una valida relazione d’aiuto ma anzi di provocare più danni che beneici. A conferma di ciò sono sempre più numerose le evidenze in campo oncologico, di una migliore qualità di vita legata, non tanto al livello di informazione ricevuta, quanto al grado di soddisfazione provato per l’informazione ricevuta. In efetti il rapporto medico-paziente può essere considerato a ragione nella categoria dei “beni relazionali” cioè quei beni o servizi che generano utilità non solo per il loro valore intrinseco, ma anche per le modalità con cui si svolge il processo di consumo; cioè sono beni che prendono senso proprio dal rapporto e dall’incontro con l’altro, dalla capacità di creare solidarietà, interdipendenza. Sappiamo bene che nel processo di produzione dei servizi sanitari chi fruisce di tali servizi attribuisce importanza, e perciò valore positivo, non solo all’ottenimento del risultato, ma anche alla modalità di erogazione del servizio stesso.

MODELLI E TECNICHE PER LA COMUNICAZIONE DI CATTIVE NOTIZIE Ecco perché ormai da tempo vengono fornite al medico delle “raccomandazioni” che lo aiutano a dare le cattive notizie in modo appropriato. A questo proposito sono stati elaborati vari modelli; uno dei più usati, soprattutto in ambito oncologico, è il modello SPIKES3 (Tabella 1). Una eicace comunicazione tra medico e paziente inoltre, può utilizzare svariate tecniche comunicative, tra le quali vale la pena di citare l’ empatia e la sincronizzazione: EMPATIA: è la capacità di immedesimarsi nello stato d’animo di un’altra persona, sentire cioè la sua ansia, paura, ecc. come se fossero nostre, senza però aggiungervi la nostra ansia, la nostra paura in modo da mantenere bassa la partecipazione emotiva. SINCRONIZZAZIONE: si basa sulla comunicazione non verbale adatta ad instaurare in modo rapido una relazione empatica con il paziente. Consiste nel tentare di rilettere nell’altro la propria immagine, nel mandargli segnali non verbali (postura, gesti, tono della voce…) che egli può facilmente riconoscere. Questo clima di comprensione e di riconoscimento reciproco stimola il paziente ad aprirsi e a raccontare di sé. L’ empatia e la sincronizzazione hanno come basi biologiche ì neuroni specchio: neuroni localizzati nella corteccia pre-motoria frontale

Focus On

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che si attivano sia durante l’osservazione che durante l’esecuzione di una determinata azione. Quando due persone comunicano si attivano determinate aree neuronali; nel momento in cui entrano in empatia le persone sembrano fare involontariamente gli stessi movimenti come fossero davanti ad uno specchio. La funzione dei neuroni specchio è quella di rappresentare azioni a livello cerebrale ainché avvenga una comprensione delle stesse; in questo modo le persone sono in grado di riconoscere che qualcun altro sta eseguendo una determinata azione e di usare le informazioni acquisite per agire in modo appropriato.4 In definitiva l’attività dei neuroni specchio rappresenta il punto di condivisione tra l’informazione inviata dall’emittente e quella ricevuta dal ricevente. Modelli e tecniche di comunicazione sono di grande aiuto nel processo comunicativo ma non devono essere applicati troppo rigidamente; la comunicazione deve essere sempre individualizzata e centrata sul singolo paziente: c’è chi non vuol conoscere la diagnosi, chi vuol sapere tutto nei minimi particolari, chi è ambivalente (da un lato vuole sapere ma dall’altro ha paura di conoscere la verità).

RUOLO DEL MEDICO DI FAMIGLIA Il Medico di Famiglia si trova in una posizione privilegiata perché conosce la persona (la sua storia, il suo modo di concepire la malattia, le emozioni, l’habitus psicologico, la cultura, il sistema valoriale, il credo religioso) e conosce la famiglia.5 L’ambiente famigliare risulta essere una miniera di informazioni. Il fatto stesso di incontrare il paziente a casa propria, nel suo letto, cambia completamente la prospettiva e le dinamiche del rapporto medico-paziente; quando la famiglia è presente, con vincoli forti, è una risorsa importantissima: malato e famiglia sono un tutt’uno: un nucleo soferente e un nucleo di cura allo stesso tempo. Sempre più spesso però la famiglia è assente: anziani che vivono soli, con igli che abitano lontani o troppo impegnati con il lavoro e l’assistenza viene delegata alla cosiddetta “badante” con cui dobbiamo confrontarci per prendere decisioni. A volte poi ci troviamo di fronte malati che, per età o patologia, non sono in grado di esprimere le proprie volontà;6 in questi casi, se il confronto con la famiglia è doveroso, allo stesso tempo discutere solo con i famigliari “saltando” del tutto il paziente, comporta problemi di tipo etico e legale perché per il nostro ordinamento Tabella 1. MODELLO SPIKES S = Setting up

Iniziare preparando il contesto e disponendosi all’ascolto.

P = Perception

Valutare le percezioni del paziente, cercando di capire ciò che la persona sa già e l’idea che si è fatta della sua malattia.

I = Invitation

Invitare il paziente ad esprimere la propria volontà di essere informato o meno sulla diagnosi, prognosi e i dettagli della malattia.

K = Knowledge

Fornire al paziente le informazioni utili per comprendere la situazione clinica.

E = Emotions

Aiutare il paziente ad esprimere le proprie reazioni emotive, cercando di rispondere ad esse in modo empatico.

S = Summary

Discutere, programmare e concordare con il paziente una strategia che valuti le possibilità di intervento e i risultati attesi. Lasciare spazio ad eventuali domande. Rendersi conto di quanto il paziente ha capito e riassumere quanto detto.

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Articles Articoli

Marsilio

Focus On

Tabella 2. LA COMUNICAZIONE “CONTINUA” DI CATTIVE NOTIZIE IN MEDICINA DI FAMIGLIA Comunicare la diagnosi

Capire se e quanto vuole essere informato, Discutere opzioni terapeutiche Stabilire obiettivi

Discutere efficacia ed effetti collaterali del trattamento

Adoperarsi perché paziente e famigliari siano consapevoli che l’exitus è vicino

Comunicare la prognosi

Parlare della probabile durata della malattia, delle aspettative

Rivalutare la prognosi, rivedere le aspettative

Rivalutare l’appropriatezza o futilità dei trattamenti

Discutere il decorso della malattia

Bilanciamento di rischi e benefici di ciascun trattamento

La malattia sta progredendo? Il paziente ne ha coscienza? Va cambiata la terapia?

Dare la preferenza alle cure palliative e al sollievo dei sintomi

Coordinare le cure

Continuare ad occuparsi del paziente anche se ricoverato Fornire informazioni utili

Collaborazione con altre figure professionali (Assistenza Domiciliare Integrata)

Valutare la preferenza per ricovero o permanenza a casa

Fornire sostegno

Fare attenzione alle emozioni, ai dubbi Supporto psicologico?

Rispondere alle domande in modo chiaro; curare ansia e depressione

Non abbandonare paziente e famiglia anche quando “non c’è più niente da fare”

giuridico l’unico destinatario dell’informazione e titolare delle scelte rimane il paziente (a meno che non vi sia un sostituto legale). Proprio per il setting peculiare della Medicina di Famiglia (che si fonda sui contatti ripetuti nel tempo con il paziente), si possono poi sfruttare al meglio, nel processo comunicativo, alcune strategie: Innanzitutto la cosiddetta Medicina d’iniziativa o d’opportunità: cioè approittare di ogni contatto con il paziente per attivare azioni miranti alla prevenzione o al riconoscimento precoce delle malattie (per esempio diabete mellito, ipertensione arteriosa). Calata nel contesto della comunicazione di malattie inguaribili, la medicina d’iniziativa dovrebbe sfruttare le ripetute visite con il paziente per iniziare un dialogo sulle problematiche di fine vita cosicché quando arriva il “momento” la notizia cada su un terreno un po’ più preparato e vi sia un orientamento su come comportarsi. Sappiamo bene poi che comunicare una cattiva notizia richiede preparazione, serenità e disponibilità di tempo; anche in questo caso il Medico di Famiglia può usufruire dei contatti ripetuti per scegliere il momento più adatto sia per il paziente che per il medico (perché anche noi possiamo avere una giornata “storta”, l’ambulatorio strapieno: in questi casi può essere utile farlo ritornare un altro giorno o dare un appuntamento fuori dell’orario di ambulatorio). I contatti ripetuti con il paziente sono poi fondamentali per comunicare la cattiva notizia per gradi, perché il malato in genere non è in grado di comprendere adeguatamente in un unico incontro tutte le informazioni riguardanti la diagnosi, la prognosi, le opzioni terapeutiche; bisogna ripetere, rinforzare, ampliare i concetti.

CONCLUSIONE Da quanto in qui detto appare chiaro che per il Medico di Famiglia la comunicazione di cattive notizie non si limita al momento dell’informazione, ma è un processo dinamico e continuo nel tempo durante tutta la fase della malattia; il processo comunicativo infatti, per essere realmente eicace, oltre all’informazione del puro dato clinico deve fornire anche sostegno al paziente.7 Partendo da questo concetto della comunicazione come processo

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dinamico, vorrei concludere proponendo un piano d’intervento che evidenzi il “continuum” della comunicazione di cattive notizie in Medicina di Famiglia (Tabella 2). Accompagnare un paziente ino al momento della morte è una straordinaria possibilità di arricchimento professionale ed umano che segna in maniera indelebile il nostro agire di medici e di uomini. Ma anche per la famiglia può essere un’ esperienza straordinaria che dà serenità per aver fatto tutto il possibile per il proprio caro (Fig. 1).

Figura 1. Stralcio della lettera della figlia di un paziente deceduto a casa propria

BIBLIOGRAFIA 1. CENSIS, Forum per la ricerca Biomedica: Fiducia, dialogo, scelta. La comunicazione medico-paziente nella sanità Italiana. Roma 5 Luglio 2007 2. Simposio “Le decisioni di ine vita: quale il ruolo della desistenza terapeutica”. Cricelli C. Mestre 24 Maggio 2008 3. Bayle WF e Coll. Protocollo SPIKES The Oncologist 2000; 5: pp. 302-311 4. Rizzolati G. e Sinigaglia C. So quel che fai: il cervello che agisce e i neuroni specchio. Milano: Rafaello Cortina, 2006 5. Shields CE. Giving patients bad news. Prim. Care 1998 Jun; 25(2): pp. 381-390 6. Torke AM et al. The Physician-Surrogate Relationschip. Arch Intern Med. 2007; 167: pp. 1117-1121 7. Ngo-Metzger Q, August KJ, Srinivasan M, Liao S, Meyskens FL Jr. Endof-Life care: guidelines for patient-centered communication. Am Fam Physician 2008 Jan 15; 77(2): pp. 167-174


Bollettino di breve e puntuale revisione bibliografica di articoli scientifici e linee guida recentemente pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche del panorama internazionale

Journal & Guidelines News

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Reviews Rubriche

Mortality Results from a Randomized Prostate-Cancer Screening Trial Gerald L. et al. Published at www.nejm.org March 18, 2009 (10.1056/NEJMoa0810696)

http://content.nejm.org/cgi/content/full/NEJMoa0810696?query=TOC I reali benefici dello screening del cancro della prostata con l’uso del PSA, della esplorazione rettale o di altri test di screening sono ad oggi sconosciuti. A dispetto di queste incertezze, lo screening con PSA è stato largamente adottato sia dai medici che dai pazienti, e negli USA l’uso di questo test dal 1988 ad oggi è aumentato drammaticamente1. Numerosi studi osservazionali riportano risultati contrastanti rispetto ai benefici dello screening2. L’American Urological Association e l’American Cancer Society raccomandano di eseguire annualmente il test del PSA e l’esame clinico con digito palpazione, iniziando dopo i 50 anni negli uomini a rischio normale di cancro della prostata e di iniziare più precocemente negli uomini a più alto rischio. 3,4 Il National Comprehensive Cancer Network raccomanda un algoritmo per lo screening basato sul calcolo del rischio, includendo familiarità, razza ed età.5 Per contro, lo U.S. Preventive Services Task Force recentemente ha concluso che ci sono evidenze insufficienti negli uomini in età inferiore a 75 anni, per valutare il bilancio tra rischi e benefici dello screening, mentre sconsiglia il test dopo i 75 anni.6 he beneit of screening for prostate cancer with serum prostate-speciic–antigen (PSA) testing, digital rectal examination, or any other screening test is unknown. Despite these uncertainties, PSA screening has been adopted by many patients and physicians in the United States and other countries. he use of PSA testing as a screening tool has increased dramatically in the United States since 1988.1 Numerous observational studies have reported conlicting indings regarding the beneit of screening.2 he American Urological Association and the American Cancer Society recommend ofering annual PSA testing and digital rectal examination beginning at the age of 50 years to men with a normal risk of prostate cancer and beginning at an earlier age to men at high risk.3,4 he National Comprehensive Cancer Network recommends a risk-based screening algorithm, including family history, race, and age.5 In contrast, the U.S. Preventive Services Task Force recently concluded that there was insuicient evidence in men under the age of 75 years to assess the balance between beneits and side efects associated with screening, and the panel recommended against screening men over the age of 75 years.6

1. Potosky AL, Miller BA, Albertsen PC, Kramer BS. The role of increasing detection in the rising incidence of prostate cancer. JAMA 1995;273:548-552. 2. Lin K, Lipsitz R, Miller T, Janakiraman S. Beneits and harms of prostatespeciic antigen screening for prostate cancer: an evidence update for the U.S. Preventive Services Task Force. Ann Intern Med 2008;149:192-199. 3. American Urological Association (AUA). Prostate-speciic antigen (PSA) best practice policy. Oncology (Williston Park) 2000;14:267-72, 277. 4. American Cancer Society guidelines for the early detection of cancer. (Ac-

cessed March 6, 2009, at http://www.cancer.org/docroot/ped/content/ ped_2_3x_acs_cancer_detection_guidelines_36.asp.) 5. Kawachi MH, Bahnson RR, Barry M, et al. National Comprehensive Cancer Network clinical practice guidelines in oncology: prostate cancer early detection (v.2.2007). (Accessed March 6, 2009, at http://www.nccn.org/ professionals/physician_gls/PDF/prostate_detection.pdf.) 6. Screening for prostate cancer: U. S. Preventive Services Task Force recommendation statement. Ann Intern Med 2008;149:185-191.

Vaccine Prevention of Maternal Cytomegalovirus Infection Robert F. Pass, M.D. et al. NEJM Volume 360:1191-1199 March 19, 2009 Number 12

http://content.nejm.org/cgi/content/short/360/12/1191?query=TOC Le infezioni congenite da citomegalovirus (CMV) sono una causa importante di deficit uditivo e cognitivo e di disfunzioni motorie nei neonati. Il vaccino con glicoproteina B ha il potenziale per ridurre i casi di infezione materna e congenita da CMV. Congenital infection with cytomegalovirus (CMV) is an important cause of hearing, cognitive, and motor impairments in newborns. CMV glycoprotein B vaccine has the potential to decrease incident cases of maternal and congenital CMV infection.

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Journal & Guidelines News

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ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure 2008 Eur Heart J 2008: 29;2388-2442

http://www.escardio.org/guidelines-surveys/esc-guidelines/GuidelinesDocuments/guidelines-HF-FT.pdf Per la prima volta la nuova edizione 2008 delle Linee Guida ESC affronta la diagnosi e il trattamento sia della Insufficienza Cardiaca acuta che cronica, con le più recenti evidenze ed indicazioni per aiutare il medico nell’adottare le migliori strategie in funzione della diversa tipologia di paziente e della valutazione del rischio-beneficio delle scelte adottate. hese new 2008 ESC Guidelines on heart failure cover for the irst time acute and chronic heart failure, with the latest evidence and guidance to help the physicians to assume the best strategies according to diferent types of patients and evaluation of the risk-beneit of those measures.

Guidelines on the diagnosis and management of acute pulmonary embolism Eur Heart J 2008:29;2276-2315

http://www.escardio.org/guidelines-surveys/esc-guidelines/GuidelinesDocuments/guidelines-APE-FT.pdf Sono disponibili online le linee guida dell’European Society of Cardiology sull’Embolia Polmonare Acuta; sono descritte le attuali procedure validate per la diagnosi, valutazione prognostica, terapia e management nelle specifiche situazioni cliniche. he 2008 update of the ESC Guidelines on Acute Pulmonary Embolism is now available; it focuses on current validated methods of diagnosis, prognostic evaluation, PE therapy and management in speciic situations.

Italian Society of Hypertension Guidelines for Conventional and Automated Blood Pressure Measurement in the Office, at Home and Over 24 Hours Gianfranco Parati et al. High Blood Pressure & Cardiovascular Prevention:Volume 15(4)2008pp 283-310

http://highbloodpressure.adisonline.com/pt/re/hbp/abstract.00151642-200815040-00008.htm;jsessionid=JJtVQ4VG6yTyWJLw T7TGhThWhmzJnqpDkWrBvGNj2sdxMsjjRn3x!-256325120!181195629!8091!-1 L’articolo fornisce istruzioni e raccomandazioni su come eseguire la misurazione della pressione arteriosa in ambulatorio, a domicilio del paziente e nel monitoraggio delle 24 ore. Grande attenzione è rivolta ad alcuni aspetti, quali la accuratezza degli strumenti utilizzati, l’effetto “camice bianco” e l’educazione del paziente. his article ofers instructions and recommendations on how to perform blood pressure measurements in the doctor’s oice, in the patient’s home and in ambulatory conditions over 24 hours. Great attention is paid to some of the general aspects of blood pressure measurement, including the accuracy of blood pressure measuring devices, the importance of a ‘white coat efect’, and the need for patient education.

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Selezione di siti web a carattere scientifico e/o divulgativo, italiani ed internazionali, correlati ai contenuti di questo numero, con risorse, utilità e link per l’approfondimento specifico

Web References

Ipertensione arteriosa

Ipertensione arteriosa

www.siia.it

www.hypertension.it

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Reviews Rubriche

Ipertensione arteriosa

http://hyper.ahajournals.org/

Tabagismo

Tabagismo

www.tabaccologia.org

www.fumo.it

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9 Reviews

Web References

Rubriche

Tabagismo

www.euro.who.int/tobaccofree

Dolore cronico

Dolore cronico

www.iasp-pain.org

www.doloredoc.it/scientifico/home.html

Dolore cronico

www.aisd.it

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Selezione delle produzioni editoriali italiane e internazionali dedicate alle cure primarie, alla metodologia clinica e sanitaria, alle medical humanities, alla comunicazione e ai cambiamenti della medicina

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Il dolore. Valutazione, diagnosi e trattamento Sebastiano Mercadante Masson, 2006 Pagine: 632 - ISBN: 9788821427831

Il libro di Sebastiano Mercadante, clinico e ricercatore dal personal impact factor impressionante, realizzato insieme ad un qualificato staff, è un’opera fuori dal comune. E’ un’operazione culturale di alto livello: riesce a parlare del dolore per 50 capitoli senza, volutamente, toccare l’oncologia. Così emerge un vasto mondo di conoscenze inatteso, probabilmente intuito, cui ogni

professionista del mondo della salute potrà guardare per approfondire la realtà trasversale del dolore, che non è sempre contrario semantico e terapeutico, come una certa prassi semplificatrice spesso sottende, di analgesico. Dolore è proposto come elemento costitutivo non solo della malattia, ma ampliando, dell’esperienza umana. Non si fraintenda: è un libro molto tecnico rivolto sia alla pratica ospedaliera sia a quella domiciliare della medicina e delle cure primarie. Medici e infermieri troveranno gli aspetti generali di base, i criteri di valutazione, i trattamenti terapeutici attualmente di-

sponibili e le possibili soluzioni interdisciplinari. E’ un libro italiano scritto in modo asciutto su presupposti ed esperienze internazionali. Dalla presentazione: “L’approccio scientifico e clinico al dolore, fino a poco tempo fa considerato solo un sintomo di processi patologici in corso, ha subito in questi ultimi decenni dei cambiamenti radicali. Oggi, infatti, il dolore è ritenuto non solo una componente chiave della malattia ma anche una malattia a sé stante che, quando cronicizza, può condizionare la vita e le attività quotidiane del paziente”.

Attenti alle bufale… e ai mandriani Tom Jefferson Pensiero Scientifico Editore,2008, Pagine: 254, ISBN: 978-88-490-0241-6

Arrivato alla sua terza edizione questo potente manuale metodologico d’orientamento informativo e informatico è diventato un must per tutti quelli che anelano a veder comparire il proprio nome indicizzato su PubMed. Complice il formato tascabile e l’esposizione tutt’altro che accademica dei contenuti, “Attenti alle bufale” si candida a diventare il miglior amico di viaggio ol-

tre che vademecum utilissimo per evitare i temutissimi rifiuti dai referee. Seguendo i dettami dell’edutainement l’autore, Tom Jefferson, medico epidemiologo fra i fondatori della sezione Vaccini della Cochrane Collaboration, spazia dalle metanalisi alle linee editoriali delle riviste passando attraverso la peer review e le norme di valutazione di un mondo che in quanto a falsificazioni avrebbe fatto la felicità di Karl Popper. Dalla prefazione alla terza edizione: “Abbiamo pensato di creare una prima parte della terza edizione che abbiamo chiamato Attenti ai

mandriani, essendo i mandriani coloro che raccolgono bufale. Nei mandriani troverete molta grafica e poco testo e soprattutto una dissezione sistematica e speriamo chiara di come sono fatte le riviste e alcuni siti. Non ci scusiamo per avere scelto soprattutto il BMJ, essendo questa la rivista più innovativa, vibrante e varia, ma anche perché gli articoli sono riproducibili free, cioè gratis a fini didattici.” Sono dunque l’ironia e l’onestà metodologica le leve comunicative del libro”. www.attentiallebufale.it

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Books

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Decisione ed errore in medicina Giacomo Delvecchio Centro Scientifico Editore, 2005, Pagine:250 - ISBN: 88-7640-4872

Un libro dalla trattazione erudita ma chiara, utile a tutti i medici: giovani, per un imprinting metodologico coerente con i cambiamenti epocali in atto, esperti e vetusti per un maggiore insight professionale. Partendo dalla pratica della medicina individuale il libro sviscera “l’errore” contestualizzandolo in ambito gruppale e organizzativo, divenendo un utile sussidio anche ai manager, non praticanti,

della medicina. Epistemologia, tassonomia, classificazione, qualità, logica, psicologia, sociologia e infine pedagogia dell’errore: dalla progressione si evince che l’autore, Giacomo Delvecchio, membro del consiglio direttivo della Società Italiana di Pedagogia Medica, è un medico con compiti di formazione dalla consumata esperienza e visione interdisciplinare imprescindibile all’esercizio della medicina nel terzo millennio, con i paradigmi bio-psico-sociali della WHO sempre più presenti e richiesti nelle cure primarie anche delle piccole realtà cittadine. Dalla prefazione: “Nel comune sentire l’errore

è vissuto come uno smacco, una sconfitta e quasi sempre assume un connotato eticamente riprovevole; questo vissuto inizia generalmente con l’esperienza scolastica di ciascuno di noi, quando gli errori vengono abitualmente riprovati, spesso puniti e per questo nascosti quando all’autore sembra troppo tardi per evitarli. Il timore dell’errore diventa spesso angosciante nell’esperienza professionale, in modo particolare in professioni dove l’errore sanitario influisce direttamente sul “ bene salute” di altri esseri umani e inoltre comporta il rischio di una sequela giudiziaria…”.

Dizionario di Medicina Moderna Joseph C. Segen McGraw Hill, 2007 Curatore edizione italiana: Massimo Vanoli, Giancarlo Traisci Pagine: 1100 - ISBN: 9788838639173 - con CD Rom

Un dizionario “conciso” di 20.000 termini utili a tutti gli operatori nel mondo della sanità e delle cure primarie. Medici, infermieri ma anche psicologi, educatori professionali e assistenti sociali troveranno in questo dizionario compattati tutti i termini della medicina dell’oggi, dalle direttive anticipate ai disturbi di personalità con classificazione DSM IV, dall’ermafroditismo a generosi approfondimenti sulle droghe e dipendenze, 60

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dal counseling al burnout, dal doping ai metodi di contraccezione ed al disturbo da internet-dipendenza. Il dizionario può diventare anche un’utile bussola, ai non addetti ai lavori, per non perdere la rotta giusta nell’inseguire le complicate traiettorie diagnostiche negli episodi del Dr. House o i protocolli salvagente di E.R. Il CD-Rom presenta un’interfaccia spartana ma di facile utilizzo, quando se ne apprende il funzionamento. Dalla presentazione dell’edizione italiana: “Il Dizionario di medicina moderna copre le materie classiche della medicina con-

temporanea, ma si apre anche ad ambiti a essa collaterali, persino inusuali e inattesi: dal giornalismo medico alla medicina accademica, dall’industria farmaceutica all’architettura ospedaliera, dalla politica sanitaria all’industria alimentare. Ai lemmi classici di un dizionario scientifico, il volume aggiunge la terminologia del linguaggio medico “parlato’, i vocaboli ormai divenuti di uso corrente anche sulla stampa di divulgazione scientifica. È questa una scelta alternativa rispetto ai dizionari di impianto più tradizionale, ma in linea con la dimensione di ‘villaggio globale e integrato’ assunta dalla medicina moderna”.


Sezione dedicata alla recensione di libri, articoli, pubblicazioni, notizie utili al dibattito ed all’approfondimento scientifico di tematiche di comune interesse per le professionalità operanti nelle Cure Primarie

Pointing Up

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Reviews Rubriche

Introduzione alla Medicina Generale Medicina di Famiglia Paolo Evangelista e Massimo Casacchia Ed. Alpes Italia; 2008

La Medicina di Famiglia è una disciplina accademica riconosciuta ed insegnata in tutto il mondo nell’ambito dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e, in alcuni casi, riconosciuta anche come disciplina specialistica post-laurea. In Italia, con un ritardo di circa mezzo secolo e sulla spinta delle normative europee per il conseguimento di standard formativi condivisi nella realtà comunitaria, da alcuni anni hanno preso timidamente il via i Corsi di Insegnamento Universitario di Medicina di Famiglia (pur se non in tutte le università) ed il Tirocinio Valutativo post-laurea per la abilitazione all’esercizio professionale. Ma ancora oggi la Medicina di Famiglia non ha ancora in Italia una “dignità” stabile e formalizzata di insegnamento universitario. Ad ogni modo ciò ha dato finalmente impulso a diverse esperienze

http://www.alpesitalia.it/scheda.cfm?id=206977#

di insegnamento, basate soprattutto sull’esperienza tutoriale. La Medicina Generale infatti, per sua stessa natura, la sua propria metodologia clinica ed il suo ambito di esercizio ambulatoriale e domiciliare, non può essere rinchiusa dentro i muri dell’Università, ma va insegnata nel suo setting naturale, il territorio, luogo in cui la malattia si produce con i suoi effetti sulla vita delle persone. L’opera di Paolo Evangelista (medico di famiglia, Professore a contratto di Medicina di Famiglia, Università degli Studi de L’Aquila) e Massimo Casacchia (Presidente del Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi de L’Aquila) ripercorre con puntualità i principi fondanti della disciplina e gli aspetti caratterizzanti del metodo clinico e del processo decisionale peculiari della Medicina di Famiglia, ed analizza gli strumenti didattici propri della attività tutoriale, fornendo al “lettore/medico di famiglia” un utile guida per intraprendere la difficile ed appassionante strada del tutoring.

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Info&More Informazioni

Meeting Calendar

MAGGIO 2009

SETTEMBRE 2009

XXVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale

4° Congresso Mediterraneo di Pneumologia

15th Wonca Europe Conference

Firenze, 26-28 Novembre 2009

Sciacca (AG), 21-23 Maggio 2009

Basilea (Svizzera), 16-19 settembre 2009

Info

Info

Info

www.aimgroup.eu - simg2009@aimgroup.it

www.ideacpa.com - info@ideacpa.com

www.congress-info.ch/wonca2009/home.php a.studer@schlegelhealth.ch

Highlighst in Allergy and Respiratory Disease

6° Congresso Nazionale A.G.E. La Geriatria: punto d’incontro fra territorio ed ospedale nella gestione della “fragilità” e della “complessità di cure”

Genova, 13-14 Novembre 2009

XVII Congresso Nazionale dell’Associazione Medici Diabetologi Rimini, 27-30 maggio 2009 Info www.oic.it - info@oic.it

XXXIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Endocrinologia

Parma, 30 settembre-3 ottobre 2009 Info

Sorrento (NA), 27-30 maggio 2009

info@concertosrl.net

Info

VIII Congresso Nazionale AIUC Associazione Italiana Ulcere Cutanee L’ulcera cutanea difficile: regola o eccezione?

www.fasiweb.com - info@fasiweb.com

VI Giornata Nazionale della Prevenzione delle Malattie Cardiovascolari e Respiratorie

Firenze, 23-26 settembre 2009

Roma, 28-29 Maggio 2009

www.congressiefiere.com - info@congressiefiere.com

Info

1° Congresso Nazionale IFIACI (Federazione delle Società Italiane di Immunologia, Allergologia e Immunologia Clinica)

Info

www.ideacpa.com - info@ideacpa.com

XX Corso Nazionale Interattivo di Cardiologia clinica “Donna e Cuore”

www.ideacpa.com - info@ideacpa.com

DICEMBRE 2009

54° Congresso Nazionale Società Italiana di Geriatria Firenze, 2–5 Dicembre 2009 Info www.sigg.it - sigg@promoleader.com

70° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia Roma, 12 dicembre 2009 Info www.aimgroup.eu - sic2009@aimgroup.it

Verbania Pallanza, 28-30 maggio 2009

Info

Info

www.aimgroup.eu - ifiaci2009@aimgroup.it

XL Congresso Nazionale AIPO X Congresso UIP Certezze scientifiche e criticità organizzative in Pneumologia

ERS – European Respiratory Society

Milano, 2-5 Dicembre 2009

Vienna (Austria), 12 – 16 settembre 2009

Info

info

www.aiponet.it - segreteria@aiponet.it

Trieste, 30 settembre-3 Ottobre 2009

www.fondazionecardiologiatonolli.it - info@victoryproject.it

Congresso di Allergologia - SIAC Sez Apulo-Lucano Mesagne (BR), 30 maggio 2009

www.messe.at - verena.hanisch@messe.at

Info www.meeting-planner.it - info@meeting-planner.it

FEBBRAIO 2010

OTTOBRE 2009

GIUGNO 2009

40° Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO

XXVI Congresso Nazionale della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa Roma, 1-4 Ottobre 2009 Auditorium Parco della Musica

Firenze, 4-7 giugno 2009

Info

Info

www.aimgroup - siia2009@aimgroup.it

info@oic.it - www.oic.it

CardioPneumo AIMEF 2010 7° Congresso Nazionale 5th International Conference on Cardiovascular and Respiratory Disease in Family Medicine CardioPneumo Donna La medicina di genere nella società del terzo millennio: dalla prevenzione alla cura

XIX Congresso Nazionale ANCE – Cardiologia Italiana del Territorio

Bari, 18-20 Febbraio 2010

19th European Meeting of Hypertension Milano, 12-16 Giugno 2009

Taormina, 6 – 11 Ottobre 2009

www.cardiopneumoaimef.it - terrydellino@acmesi.net

Info

Info

www.aimgroup.eu - esh2009@aimgroup.it

www.ancecardio.it - sicex@ancecardio.it

84° Congresso Nazionale della Società Italiana di Dermatologia, medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST)

NOVEMBRE 2009

Geriatrics in Primary Care 1st IJPC Conference

XVIL Congresso Nazionale della Società Italiana di Reumatologia

Mestre/Venezia, 14-16 maggio 2010

Firenze, 10-13 giugno 2009 Info

Rimini, 4-7 Novembre 2009

segreteria@ijpc.it - terrydellino@acmesi.net

Info

www.dermatologia2009.com dermatolgia2009@gruppotriumph.it

www.aimgroup.eu - sir2009@aimgroup.it

Congresso Nazionale SINU (Società Italiana Nutrizione Umana)

AGOSTO 2009

Firenze, Novembre 2009

ESC – European Society of Cardiology

Info

Barcellona (Spagna), 29 agosto–2 settembre 2009

www.promoleader.com - luigi.cammi@promoleader.com

Info www.escardio.org - congress@escardio.org

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Info

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Italian Journal of Primary Care march 2009 Vol 1 No 1

Info

MAGGIO 2010

Info

5th IPCRG World Conference Toronto (Canada), 26 – 29 maggio 2010 Info www.theipcrg.org - sam.knowles@abdn.ac.uk


Depositato presso AIFA in data 23/02/2009








www.ijpc.it


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