Anno IV n. 3 - Settembre 2010 - Periodico d’informazione e aggiornamento per il medico di medicina generale - ISNN 2035-3057
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EDITORIALE 1
LA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE ONCOLOGICO TERMINALE Solo l’integrazione ospedale territorio e la presa in carico del paziente può garantire la continuità assistenziale e un percorso integrato di qualità Giovanni B. D’Errico Medico di Famiglia, Foggia Area Oncologia e Cure Palliative Aimef Responsabile nazionale
Nonostante i numerosi e significativi progressi scientifici in ambito oncologico, che hanno sicuramente determinato un netto miglioramento degli approcci terapeutici e un aumento della sopravvivenza dei pazienti, il cancro resta ancora oggi una delle malattie a più ampia diffusione ed una delle principali cause di morte.
Il paziente affetto da una neoplasia in fase avanzata per la complessità delle cure, necessita di assistenza globale e continuità degli interventi al fine di mantenere una qualità di vita accettabile per lui e la propria famiglia. Di fronte a un paziente terminale le problematiche che si presentano sono molteplici: trattamento del dolore, dei sintomi come la nausea, il vomito, la gestione di cateteri, delle sacche nutrizionali, delle stomie; inoltre le ripercussioni della malattia del paziente sulla famiglia e sul caregiver, l’accettazione della morte, problematiche organizzative ed altre ancora. Il carico assistenziale che ne consegue è rilevante e le famiglie difficilmente riescono a sopportarlo. Non molto tempo fa la maggior parte del nucleo familiare, vivevano prevalentemente in casa, erano disponibili al sacrificio per gestire situazioni complesse come la malattia terminale. Oggi, con il mondo in continua evoluzione, per motivi logistici o di lavoro sono impossibilitati a dedicare il tempo necessario per assistere il proprio congiunto. A questa condizione pratica si aggiunge l’impreparazione delle nuove generazioni nel saper affrontare quell’ultima fase così delicata della vita quale è la morte. In questo contesto spesso il ricovero rappresenta la migliore soluzione al problema, nonostante i pazienti preferirebbero essere curati a casa. Contribuisce ancora di più la scarsa cultura delle cure palliative e la mancanza di organizzazioni territoriali dedicate, nonostante siano previste negli accordi nazionali e regionali. Questa mancata applicazione di norme, com-
porta per il malato e la propria famiglia un grave disagio psicologico ed economico che si ripercuote sulla qualità di vita del paziente. La soluzione di tali problemi comporta necessariamente un intervento multidisciplinare di sanitari con competenze diverse; però oggi l’assistenza ai malati oncologici terminali viene erogata sul territorio nazionale in modo disomogeneo con alcune aree, in cui la cultura delle cure palliative è stata ben recepita da amministratori e operatori sanitari, mentre in altre in cui si è ancora lontani da una vera presa di coscienza vi è una scarsa attenzione ai problemi di questi malati. Questo determina una grave sperequazione dei cittadini con uguali diritti e doveri, sia in termini di accessibilità ai servizi che di qualità delle prestazioni. La necessità di spostare l’assistenza del malato neoplastico dall’ospedale al territorio è ormai una priorità assoluta, ma non è possibile dimettere il malato neoplastico in fase avanzata presso il proprio domicilio senza che ci sia una adeguata presa in carico globale da parte degli operatori del territorio e senza aver prima provveduto a organizzare tutta quella rete che garantisce la continuità assistenziale per evitare disagi al paziente e la famiglia. Se si vuole veramente migliorare la qualità di vita dei nostri malati, supportare il dramma delle loro famiglie, accompagnare con dignità il paziente negli ultimi giorni di vita, bisogna pensare ragionevolmente di sedersi a un tavolo, ognuno per le proprie competenze, medici e amministratori, ed elaborare un percorso condiviso tra tutti gli attori del processo innovativo stabilendo l’identificazione dei rispettivi ruoli e condividendone gli obiettivi.
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WORLD Pillole dal Mondo
Il caregiver di Annamaria Petito, Antonello Bellomo
Cure palliative e terapia del dolore di Leonardo Consoletti
L’informazione medico-scientifica sul web di Iwona di Iwona Harezlak
Formazione per un’assistenza di qualità di Rosalia Cavallaro
comunicazione e psicologia di Salvatore Iuso et al.
Medicina di Famiglia Medicina e Salute tra Scienza e Società
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LA TELEMEDICINA di Pasquale Raimondo
LO SPAZIO IDEALE PER IMPARARE A PRENDERSI CuRA DI Sé a cura della redazione
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PIANO09 6 PRIMO CM23 0 D L R O OvAE LE01 W Eb21 Nu LINICA27 W EDITORIA 5 1 A TICAC ACLINIC O32 LEDIPRA 1 PRATIC O 1 L à IL IT P L LFuTuR 7 4 A E I2 D N A IO ATTu IN S 4 DIC RIFLES IA29 ME AGENDA OOM45 ICOLOG S R P G & IN E IT N A ICAZIO ESS41 W COMuN &WELLN N IO IT R uT LIFE35 N
LO STRESS: ALLONTANARLO PER GuADAGNARE IN SALuTE a cura della redazione
CEREALI, PREZIOSI ALLEATI DELLA SALuTE di Antonietta Buo
WAITING ROOM di Chiara D’Errico
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Medicina di Famiglia Medicina e Salute tra Scienza e Società
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6 Supplemento di testosterone (Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism) I livelli di testosterone diminuiscono con l’età, ma l’utilità di una somministrazione integrativa è ancora sotto discussione. Con questo studio randomizzato alcuni ricercatori inglesi hanno reclutato 274 maschi di età media pari a 74 anni e con livelli plasmatici di testosterone ≤ 345 ng/dl (oppure con livelli di testosterone libero ≤ 7.2 ng/dl). Per un periodo di 6 mesi sono stati trattati con gel a base di testosterone transdermico oppure placebo. I livelli plasmatici sono risultati raddoppiati nei soggetti con il trattamento attivo e immodificati nei controlli. Effettuando test standardizzati al termine dello studio si è visto che la forza di estensione isometrica del ginocchio era significativamente maggiore nei soggetti trattati con gel attivo, ma la forza di estensione isocinetica del ginocchio, la forza di flessione isometrica e isocinetica del ginocchio, la forza di stretta della mano e parecchi altri test di efficienza fisica non sono risultati differenti nei due gruppi. I punteggi relativi alla qualità di vita sono risultati maggiori con il gel di testosterone, ma solamente per quanto riguarda aspetti somatici e sessuali, non psicologici. Questo è il primo studio caso-controllo sull’utilità del testosterone, e i suoi risultati si limitano ad un follow-up di 6 mesi.
Aspirina in prevenzione cardiovascolare primaria (JAMA - Journal of the American Medical Association) Un indice caviglia-braccio basso (ABI: rapporto tra la pressione sistolica alla caviglia e al braccio; valori normali 1.1-1.4) è indice di malattia vascolare periferica. Alcuni ricercatori in Scozia hanno utilizzato l’ABI per valutare pazienti asintomatici che avrebbero potuto beneficiare dell’uso di aspirina in prevenzione primaria. Sono stati esclusi i pazienti in trattamento antiaggregante con altri farmaci. In totale, 3350 adulti con ABI ≤ 0.95 (età media 62 anni; 71% donne; ABI medio 0.86; 33% non fumatori) sono stati trattati in modo random con 100 mg al giorno di aspirina o con placebo. Durante il follow-up, durato oltre 8 anni, non si è registrata alcuna differenza tra i due gruppi per quanto riguarda gli eventi CV, le rivascolarizzazioni, l’incidenza dello stroke e la mortalità globale. Il rischio emorragico è stato maggiore nei soggetti trattati con aspirina (2.0% contro 1.2%; la differenza rasenta la significatività statistica). Il beneficio dell’aspirina in termini di prevenzione cardiovascolare è minimo, come confermato anche da una recente metanalisi.Gli autori ipotizzano che solamente pazienti con ABI basso e ad elevato rischio CV possano trarre beneficio dall’uso quotidiano dell’aspirina, mentre altri suggeriscono di valutare l’aggregazione piastrinica ed utilizzare il risultato per selezionare i pazienti da trattare.
PILLOLE DAL MONDO in collaborazione con www.gosalute.it
I vantaggi del test di KRAS Il test di KRAS è utilizzato per identificare la tipologia del gene KRAS e, quindi, lo stato o la forma della proteina KRAS, se normale (detto anche “wild type”) o “non normale” (mutata). Il gene KRAS è, quindi, un biomarcatore (o biomarker) che permette di predire la risposta a certi tipi di farmaci mirati al recettore del fattore di crescita epidermico, noto come EGRF: se il gene determina la produzione di una proteina normale l’efficacia dell’azione di tali farmaci sarà maggiore. È dunque importante determinare che tipo di tumore le persone hanno in modo che queste possano ricevere il trattamento più adeguato ed efficace. Ciò è possibile con un nuovo esame genetico, il test di KRAS, il cui risultato permette al medico di scegliere il trattamento più efficace per ogni paziente. Il test di KRAS, disponibile a partire dalla fine del 2007, è un esame, semplice, preciso e non invasivo perchè, nella maggior parte dei casi, può essere facilmente eseguito su tessuti tumorali già disponibili, per esempio quelli derivati dalla biopsia tumorale. Da questi tessuti è necessario isolare il DNA delle cellule tumorali, per poi analizzare il gene KRAS tramite una reazione molto specifica che permette di “leggere” i singoli pezzi di DNA. I risultati, disponibili dopo circa una settimana, consentono di stabilire in maniera precisa e non ambigua se il gene KRAS è normale, cosa che accade in circa il 60% dei malati, o mutato. Una volta determinato lo stato del KRAS, il medico può scegliere il trattamento più adatto al paziente per ottenere il maggior beneficio terapeutico.
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Su telefoni e cellulari 18 volte più batteri che sullo sciacquone
Magic: la maglia interattiva usata per la telemedicina Si chiama Magic (maglietta interattiva computerizzata) ed è il primo prototipo senza fili nell’ambito delle applicazioni di telemedicina. E’ stata realizzata dal Laboratorio Sensori Indossabili e Telemedicina del Polo Tecnologico e dall’Unità di ricerca biomedicale del Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano della Fondazione Don Gnocchi. La sperimentazione, durata vari anni, è stata condotta su oltre duecento soggetti, appartenenti a diverse categorie: dagli anziani ai malati di cuore durante il loro ricovero in ospedale, fino ai pazienti sottoposti a riabilitazione ed infine, nell’ambito di un progetto europeo, anche ai ricoverati presso il proprio domicilio. La presentazione ufficiale si è tenuta di recente a Bologna dove sono state illustrate le varie fasi del progetto e le sue principali applicazioni. (telemeditalia.it) Consente di rilevare il respiro e l’attività cardiaca per ben 200 volte al secondo. Pratico quanto ingegnoso il funzionamento: direttamente sulla maglia si collega un piccolo modulo elettronico, delle dimensioni e peso di un telefono cellulare. Attraverso questo apparecchio si può rilevare l’attività fisica e la postura del soggetto, memorizzando inoltre i dati provenienti dalla maglietta e trasmettendo i segnali via bluetooth a una centrale remota di monitoraggio.
Posizione degli elettrodi
Circuito elettronico di controllo
Rilevatore di attività respiratoria
Il telefono cellulare trasporta su di sé 18 volte il numero di batteri presenti sul pulsante dello scarico del water. A sostenerlo è uno studio realizzato da “Wich?”, un`organizzazione inglese a difesa dei consumatori e riportato dal Daily Mail, secondo cui i cellulari avrebbero fino a 39 volte il livello “accettabile” di batteri e fino a 170 volte il livello massimo di coliformi fecali. Elevati livelli di TVC (la TVC, o Total Viable Count, dà un`idea quantitativa circa la presenza di microrganismi come batteri, lieviti e muffe presenti in un campione) indicano, spiegano gli autori, livelli molto bassi di igiene e preparano terreno fertile per altri batteri: dall`analisi di un campione di 30 telefoni è emerso che, in proporzione, 14,7 milioni dei 63 milioni di telefonini in uso in Gran Bretagna (poco meno del 25%, quasi uno su quattro) potrebbero risultare pericolosi per la salute. Uno dei telefoni esaminati, in particolare, aveva livelli così alti di batteri che avrebbe potuto scatenare un serio mal di stomaco, spiegano i ricercatori, tanto da aver bisogno di sterilizzazione. Il telefono cellulare più igienico è risultato avere dieci volte il livello accettabile di TVC, mentre i più sporchi arrivavano a 39 volte il livello di sicurezza degli enterobatteri - un gruppo di batteri che vive nell`intestino, tra cui la Salmonella. Su molti telefonini è risultata la presenza anche del batterio escherichia coli, tipico delle intossicazioni alimentari e di stafilococco aureo, ma non a livelli di guardia.
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La medicina nell’arte Numerose sono le opere che rappresentano malati e malattie. Il ragazzo dagli occhi sporgenti salta fuori dalla tela, per scappare alle possibili recensioni negative dell’opera, in Sfuggendo alla critica di Pere Borrell del Caso (1874, Banco de España, Madrid). Oltre all’effetto trompe-l’œil, colpiscono i suoi occhi sporgenti. Si tratta probabilmente di esoftalmo da ipertiroidismo.
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Considerazioni sulla Medicina di famiglia Opportunità e prospettive future Tristano Orlando Presidente Aimef Associazione Italiana Medici di Famiglia
La medicina generale o di famiglia è ormai considerata una disciplina accademica e scientifica, con i suoi risvolti educativi, di ricerca, le sue prove di efficacia, la sua attività clinica ed è una specialità clinica orientata alle cure primarie ( Wonca 2002).
La Medicina di Famiglia in questi ultimi tempi sta subendo una trasformazione di grande rilievo, per molti né voluta né accettata. La percezione che in passato si aveva del Medico di Medicina Generale era quella del professionista certamente molto vicino ai propri pazienti di cui conosce praticamente tutto, ma con un bagaglio scientifico tutto sommato di basso livello, produttore di una gran messe di dati clinici, ma incapace di metterli insieme, di comprenderli, e infine di utilizzarli. Già da alcuni anni, comunque con gran fatica, fra i medici di Famiglia si sta facendo strada la convinzione che tutto ciò debba cambiare. Intanto è sempre più frequente constatare che sono state attivate delle Medicine di Gruppo, ma in queste aggregazioni il più delle volte ogni medico lavora come se fosse solo, senza condividere nulla oltre ai locali di studio, e magari il personale di segreteria. L’istituzione delle Equipes di Assistenza Territoriale ha fatto incontrare medici che neanche si conoscevano e li ha fatti collaborare ad obiettivi concordati con le Asl di riferimento in vista della erogazione di un incentivo economico. Ma la vera rivoluzione della Medicina di Famiglia sarà realizzata dalla creazione di Gruppi di Cure Primarie che, con la collaborazione di varie e diverse professionalità ed abilità, possano riportare all’interno del gruppo le prerogative di una medicina di famiglia veramente efficace. Gli Ambulatori Medici Orientati (AMO) e la Medicina di Iniziativa possono essere dei validissimi sistemi per realizzare questa trasformazione. Tutte queste trasformazioni trovano il Medico di Famiglia scarsamente preparato tanto che per molti, forse troppi,egli più che protagonista è la vittima di questo cambiamento, e il carico burocratico sempre crescente lo opprime sempre di più togliendogli tempi per svolgere la propria professione.
La soluzione dei problemi che oggi assillano il Medico di Famiglia è come spesso capita di tipo culturale. Infatti la partecipazione attiva a Società Scientifiche può indurre una crescita culturale formidabile per il medico di famiglia. La partecipazione a studi epidemiologici o osservazionali può far prendere coscienza di quali siano le ricadute pratiche del proprio lavoro, può aiutare il Medico ad autovalutarsi e proporre percorsi di miglioramento delle proprie performances professionali. Di converso la funzione delle Società Scientifiche deve essere quella di coordinare e proporre ai propri iscritti di impegnarsi in osservazioni sull’attività dei Medici di Famiglia per renderle più appropriate e favorirne la crescita culturale. E questa ritengo sia la mission di Aimef, la Società Scientifiche che mi onoro di presiedere. In Aimef, di concerto con il nuovo Consiglio Direttivo, stiamo operando un profondo rinnovamento. Infatti le Aree Tematiche Scientifiche ( ATS) ex Dipartimenti clinici oltre che impegnarsi nei progetti storicamente perseguiti, dovranno proporre e condurre delle ricerche Epidemiologiche e/o Osservazionali con gli iscritti alle ATS ma anche con tutti i medici iscritti, anche se questo si tradurrà in un aggravio del proprio lavoro. Ritengo infine che sia un grave errore il collegare le Società Scientifiche alle organizzazioni Sindacali Mediche verso le quali finiscono per assumere una funzione ancillare. Si tratta di piani di attività differenti e non confondibili. Aimef, almeno durante la mia presidenza non si affiancherà ad alcun sindacato dei medici di Medicina Generale, anche se non ostacolerà l’appartenenza dei propri iscritti ad Organizzazioni Sindacali Mediche, con le quali sicuramente collaborerà, ma mai in posizione ancillare.
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CIFoPLAStICA CoN StUNt L’APPROCCIO MININvASIvO PER IL TRATTAMENTO DELLE FRATTuRE vERTEbRALI DA COMPRESSIONE Antonio Rizzi Neurochirurgia Policlinico Ospedali Riuniti di Foggia
Una diagnosi precoce, consentirebbe un trattamento tempestivo, in grado di alleviare le manifestazioni dolorose e correggere in gran parte la deformità
un peso sollevato distrattamente, un movimento brusco, talvolta solo l’essersi chinati troppo, rifacendo il letto al mattino: tutti gesti a prima vista innocui e invece suscettibili di provocare, nei soggetti predisposti, il cedimento e il collasso del corpo vertebrale. Fratture dolorose, che provocano cambiamenti nell’aspetto e nella postura, persistente mal di schiena, limitata mobilità e un generale decadimento fisico nei soggetti colpiti, il più delle volte ignari persino della causa del proprio male. Per le categorie a rischio - i pazienti affetti da osteoporosi o da altre condizioni in grado di indebolire l’osso - l’invito a non sottovalutare i primi sintomi dolorosi e il conforto di una nuova tecnica oggi disponibile, capace di ridurre dolore e deformità della colonna: la Cifoplastica con Stunt. Le fratture vertebrali, quali le cause - Una delle più frequenti cause di frattura del corpo vertebrale è l’osteoporosi, inesorabile e “silenziosa” malattia in rapida diffusione, a causa dell’invecchiamento della popolazione mondiale. Secondo stime recenti, si prevede che in Europa il 40% delle donne (8 su 20) e il 15% degli uomini di mezza età (3 su 20) soffriranno, nel corso della loro vita, di una o più fratture osteoporotiche. Un numero impressionante, come la frequenza con cui, nel ontinente Europeo, si incorre in frattura da osteoporosi: ogni 30 secondi. Le vCF possono anche essere la conseguenza di un evento traumatico, ad esempio una caduta o un incidente, di malattie del sangue (come il mieloma multiplo o la leucemia), di un tumore con metastasi alla colonna vertebrale (può avvenire in presenza di tumori solidi del seno, polmone, vescica, rene, prostata) oppure di terapie steroidee a lungo termine, quali quelle impiegate nella cura di alcune patologie dermatologiche o allergologiche, nel trattamento
dell’artrite reumatoide o nei pazienti post-trapiantati. Nonostante il persistente dolore e una sempre più accentuata deformità toracica e lombare, chi ne è colpito stenta spesso a rendersene conto, confondendo i sintomi con un banale mal di schiena. una diagnosi precoce, entro i primi mesi dall’evento traumatico, consentirebbe un trattamento tempestivo, quale quello garantito dalla Cifoplastica con stunt, tecnica meno invasiva di altre in uso e in grado di alleviare le manifestazioni dolorose e correggere in gran parte la deformità. una frattura da compressione del corpo vertebrale non trattata corretamente aumenta di 5 volte il rischio di ulteriori fratture, con tutto ciò che questo comporta in termini di qualità della vita del paziente e costi socio-sanitari. Solitamente, in caso di dolori alla schiena dovuti a frattura vertebrale, il paziente è sottoposto ad un trattamento conservativo, che contempla la prescrizione di un busto semirigido, l’immobilizzazione prolungata e l’assunzione di farmaci antinfiammatori e antidolorifici. Una soluzione simile, tuttavia, può non essere sempre sufficiente a risolvere il problema, perché il dolore può persistere anche diversi mesi e, soprattutto, il paziente non recupera la postura corretta.
Nei pazienti a rischio di frattura da osteoporosi o altre condizioni in grado di indebolire l’osso è importante non sottovalutare i primi sintomi che segnalano una frattura vertebrale.
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Tale tecnica, intrinsecamente sicura per caratteristiche e dinamiche d’azione, consente di alleviare immediatamente il dolore, assicurando inoltre un buon recupero dell’altezza della vertebra. CIFOPLASTICA La Cifoplastica con Palloncino è una tecnica chirurgica messa a punto per risolvere gli inconvenienti determinati da una frattura da compressione del corpo vertebrale - dolore, difficoltà motorie, cifosi e cambiamenti della postura – assicurando ai pazienti una migliore qualità della vita. L’intervento dura in media meno di un’ora ed è eseguito in anestesia locale e/o generale, in base al quadro clinico del paziente trattato. La caratteristica peculiare di questa metodica sta proprio nel piccolo stunt inserito per via percutanea nella vertebra fratturata, sotto continuo controllo fluoroscopico da parte dello specialista. Una volta rigonfiato, infatti, lo stunt è in grado di riportare il corpo vertebrale collassato quanto più possibile vicino all’altezza originale.Solo quando la vertebra è stata sollevata al meglio, si procede con l’inserimento del cemento osseo, la cui distribuzione uniforme è garantita dall’accesso bilaterale alla vertebra, tipico di questa tecnica. Dopo l’intervento, il paziente rimane in osservazione per qualche ora, fino ad un massimo di 24 ore. E’possibile trattare fino a 5 vertebre per seduta operatoria.Nel sospetto di una frattura vertebrale si impone l’esecuzione della RM vertebrale con sequenza STIR che permette l’identificazione delle vertebre da trattare. BENEFICI I vantaggi correlati a questa metodica chirurgica sono innumerevoli, come dimostrano già numerose evidenze scientifiche. Innanzi tutto, in base agli studi comparativi attualmente
disponibili, si registra una riduzione del rischio di fratture successive pari al 65%, rispetto al semplice trattamento conservativo. Una delle caratteristiche della nuova tecnica, infatti, è che essa presenta non solo un’efficacia terapeutica ma anche un’azione preventiva, poiché una VCF non trattata, oltre ai disagi che comporta, predispone anche al rischio di nuovi cedimenti vertebrali. Il paziente prova subito meno dolore e la condizione della sua colonna vertebrale risulta più vicina alla condizione fisiologica precedente alla frattura. Le dosi di cemento predefinite assicurano un più alto profilo di sicurezza, poiché impediscono all’operatore di sbagliarsi nell’inserimento delle quantità necessarie. La natura del cemento osseo usato, più denso di quello utilizzato in altre tecniche, comporta meno rischi di fuoriuscita in aree sensibili, dentro e fuori la vertebra. Il controllo continuo per mezzo del monitor dell’apparecchio fluoroscopico posto dinanzi al medico, consente infine di tenere costantemente la situazione sotto controllo. Eliminando il dolore provato dal paziente e, soprattutto, prevenendo nuove fratture, tale tecnica consente di ridurre considerevolmente il ricorso ai farmaci antidolorifici e antinfiammatori nonché gli accessi al SSN, per effettuare ulteriori visite o esami diagnostici. MATERIALI E METODI Nel periodo Maggio 2005 - Febbraio 2009 sono stati sottoposti ad intervento chirurgico, presso la S.C. di Neurochirurgia degli “ Ospedali Riuniti” di Foggia, 183 pazienti, 82 uomini e 101 donne, per un totale di 189 vertebre trattate. In particolare 26 pazienti sono stati sottoposti a cifoplastica e 157 pazienti a vertebroplastica. L’età media dei pazienti sottoposti a cifoplastica era 53,5 anni, quella dei pazienti sottoposti a vertebroplastica era 74,8. Sono stati trattati 20
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pazienti con età superiore a 83 anni e 8 con età inferiore a 35 anni, il più anziano aveva 92 anni (con una frattura osteoporotica di L1), il più giovane 19, con una frattura somatica di L5 da incidente stradale. In 14 casi si è proceduto ad un trattamento plurisegmentario, in particolare in 10 casi sono state trattate due vertebre ed in 4 casi tre vertebre. Dei 183 pazienti, 132 erano affetti da frattura su base osteoporotica (spontanea o conseguente a piccolo traumatismo), 42 da frattura traumatica e 9 erano pazienti con crollo vertebrale su base neoplastica (2 pazienti con metastasi da K vescicale, 6 pazienti affetti da mieloma ed 1 da epatocarcinoma. Nei casi neoplastici la metodica ha consentito inoltre di effettuare contestualmente un prelievo bioptico della lesione. In uno dei due pazienti affetti da metastasi vescicale l’estensione della lesione anche all’interno del canale vertebrale ha reso necessario procedere contestualmente all’esecuzione di una emilaminectomia decompressiva. RISULTATI Dall’analisi dei dati si evince che le vertebre maggiormente
interessate sono risultate essere L1 (67 casi), L2 (40 casi), e D12 ( 38 casi) seguite da L3 (20 casi), L4 (12 casi), D11 (7 casi), L5 (4 casi) e D10 (1 caso): il maggior numero di cedimenti strutturali interessa pertanto le vertebre della “cerniera” dorso-lombare, essendo questa la zona maggiormente sottoposta a sollecitazioni biomeccaniche. Nell’immediato post-operatorio i pazienti sono andati incontro ad una precoce mobilizzazione con recupero della propria autonomia e ad una netta riduzione o completa scomparsa della sintomatologia algica già poche ore dopo l’intervento chirurgico. Tutto questo ha reso possibile una precoce dimissione ospedaliera ove non sussistevano altre patologie invalidanti concomitanti. Il follow up a 12 mesi di distanza non ha evidenziato in nessuno dei pazienti una ripresa della sintomatologia dolorosa tale da indurre l’assunzione di farmaci antinfiammatori né la presenza di crolli vertebrali attigui secondari al trattamento. Bibliografia a richiesta
Steps Chirurgici di cifoplastica per frattura di L1
Cifoplastica per frattura di L2
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PRATICA CLINICA
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LA LEGGE 38/2010 SULLE CURE PALLIATIVE E LA TERAPIA DEL DOLORE Leonardo Consoletti Struttura Semplice di Medicina del Dolore AOU “Ospedali Riuniti”- Foggia Presidente FederDolore-Regione Puglia Presidente Ins-Capitolo Italiano-Regione Puglia Presidente Sezione Territoriale della Fondazione Isal
PERCHE’ UNA LEGGE SUL DOLORE? E’ noto che “[…] solo agli dei scorre la vita, eternamente, senza mai dolore” (Eschilo). Al genere umano invece “[…] il dolore senza dubbio […] è assegnato per divina disposizione al pari della gioia […] (S. Smiles).” Tant’è che Ippocrate,uno dei primi medici, giurava che “[…] in qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati […]”. Ed ancora oggi i medici giurano “di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale”. Il dolore storicamente vive dell’inganno: il suo destino è di essere una comparsa nel teatro della vita (sintomo), ma la sua vita è quella di un attore che riempie la scena (malattia dolorosa cronica). Quando il sintomo dolore è “visto” ed è subito controllato, si osserva una rapida guarigione, una ridotta ospedalizzazione, una precoce dimissione e soprattutto l’abolizione di un ricordo tragico della malattia di base. Tuttavia in molti casi, le cure non riescono a guarire, a debellare la malattia, ma solo a controllarla (es.: diabete, artrosi), pur salvando il paziente dal progressivo aggravamento e magari da un esito tragico. Questo relativo successo è talvolta accompagnato dal dolore che, unico sintomo e ricordo del male,
persiste invariato nel tempo. La persistenza del dolore genera un quadro clinico complesso, una malattia vera e propria, che sconvolge la vita del malato. Le persone affette da dolore cronico lamentano anche disturbi del sonno, depressione, senso di continua fatica, riduzione delle facoltà intellettive. Tutto questo era ed è sempre stato noto agli operatori del settore. Ma allora perché giungere “per legge” a sancire l’esistenza del dolore ed a prevederne il trattamento? LA DIMENSIONE DEL PROBLEMA Il dolore rappresenta uno dei maggiori problemi di salute pubblica ed interessa tutte le età: fanciulli, adulti ed anziani. Le ricerche condotte dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità confermano che il dolore è una delle principali cause di consultazione medica. Colpisce il 20% della popolazione, in Italia il 25%. Due terzi dei pazienti presentano dolore di moderata intensità mentre il rimanente terzo accusa dolore intenso ed insopportabile. L’IMPATTO SOCIALE Ovviamente l’impatto del dolore sulla qualità di vita è drammatico: • il 20% delle persone sono affette da sindromi depressive • il 50% prova un senso di sfiducia e di malessere
PRATICA CLINICA
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il 40% non riesce a svolgere le normali attività quotidiane ed il 20% ha perso il lavoro
I RItARDI NELLA tERAPIA DEL DoLoRE Mi ripeto: se tutto questo era noto perché giungere “per legge” a sancire l’esistenza del dolore ed a prevederne il trattamento? Perché esistono tante “barriere”, culturali, di formazione carente ed anche istituzionali tali da vanificare un approccio organico all’intera problematica. Ancora oggi si registra una forte resistenza all’impiego di farmaci analgesici oppiacei nel trattamento del dolore severo. Eppure uno degli indicatori impiegati dall’OMS per la qualità della vita e dell’adeguatezza dei trattamenti si basa sulle dosi procapite di morfina e farmaci oppiacei utilizzati per curare tutti i tipi di dolore. Le difficoltà nella prescrizione di questi prodotti sono dovute principalmente alla scarsa cultura del medico ed alla necessità di ricorre ad un ricettario speciale. Inoltre il dolore non è uno dei parametri normalmente misurati negli ospedali, come la pressione del sangue o la temperatura e non viene riportato in cartella clinica come accade negli Stati uniti d’America dal 2001. Nonostante l’emanazione in passato di atti normativi su questi temi, quale la legge 39/1999 ed il progetto “Ospedale senza dolore”, la risposta assistenziale nel Paese è ancora scarsa e lacunosa. Di fatto si è creato un vuoto assistenziale sulle tematiche riguardanti il dolore, sia nelle forme croniche sia in quelle relative alla fine della vita, con una particolare evidenza in ambito pediatrico. Quello che manca sono reti regionali strutturate di terapia del dolore. Infatti i centri e gli ambulatori di terapia antalgica presentano caratteristiche diverse, una disomogenea distribuzione sul territorio e non vi sono percorsi strutturati e condivisi con i medici di Medicina Generale e pediatri. Inoltre non è garantita l’equità di accesso alla terapia del dolore per carenza di coordinamento tra ospedale e territorio. Del resto l’iter formativo pre e post-laurea del medico è decisamente carente: la terapia del dolore e le cure palliative non sono tra gli insegnamenti “obbligatori” nel “core” curriculum degli studenti del corso di Medicina e Chirurgia e delle professioni sanitarie. La mancanza di una formazione di base condivisa, seppur differente per competenze, tra i differenti professionisti che operano sul territorio e nelle strutture ospedaliere, ostacola ulteriormente la definizione e l’attuazione di percorsi assistenziali per le principali patologie altiche. Di qui la decisione di istituire, negli scorsi anni, una commissione ministeriale di esperti per risolvere le “barriere”. LA LEGGE 38/2010 Nell’aprile scorso veniva finalmente promulgata la prima legge sul dolore che forse tutto il mondo ora ci invidia: la legge 15 marzo 2010 n.38 che reca” disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, affermando un principio essenziale :del diritto alla cura del dolore e all’assistenza alle persone malate, quando dalle malattie non si può più guarire. Questa legge ha il merito di concepire e affrontare il tema del dolore quale parte integrante e irrinunciabile del percorso terapeutico di un paziente, ponendo finalmente quest’ultimo, nella sua globalità, al centro dell’attenzione.
La terapia del dolore è rivolta a tutte le persone affette da malattie dolorose croniche… e l’obiettivo della legge è quello di elaborare idonei percorsi diagnostici e terapeutici per la soppressione ed il controllo del dolore.
Tale legge cambia le prospettive per i malati, per i medici, per i luoghi di cura, mirando a garantire: 1) una morte dignitosa ai malati terminali, 2) un’esistenza soddisfacente a chi soffre di patologie croniche il cui dolore pregiudica un livello decoroso di vita. La medicina palliativa continua, quindi, ad essere un servizio per la salute,non una medicina per il morente o per aiutare a morire,ma una medicina per l’uomo che rimane un essere vivente fino alla morte mentre “… il destinatario della terapia antidolore non è solo la persona nella fase terminale della vita, ma anche le persone affette da malattie dolorose croniche…e l’obiettivo della legge è quello di elaborare idonei percorsi diagnostici e terapeutici per la soppressione ed il controllo del dolore.” (On. Livia Turco). In altre parole, accanto al concetto di “assistenza” alle persone terminali viene introdotto quello di “gestione” delle persone sofferenti ma non terminali. La legge definisce malato “La persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa” (art.2, comma c). Sempre per legge vengono definite le terapie del dolore come “L’insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti ad individuare e applicare alla forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore.” (art. 2 comma b) e “L’insieme degli interventi sanitari e assistenziali di terapia del dolore erogati in regime ambulatoriale, di day hospital e di ricovero ordinario e sul territorio da equipe specialistiche.” (art. 2 comma h). Altro aspetto pregnante della legge è la promozione della rete nazionale per la terapia del dolore in parallelo a quella delle cure palliative “…volte a garantire la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera al suo domicilio e costituite dall’insieme delle strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali, e assistenziali, delle figure professionali e degli interventi diagnostici e terapeutici disponibili nelle regioni e nelle province autonome, dedicati all’erogazione delle cure palliative, al controllo del dolore in tutte la fasi della malattia, con particolare riferimento alle fasi avanzate e terminali della stessa, e al supporto dei malati e dei loro familiari.” (art.2). Insomma, ex lege, viene previsto il gioco di squadra tra professionisti, il cosiddetto team multi professionale.
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17 A questo proposito particolare rilievo assume l’art.8 relativo alla formazione del personale medico e sanitario in materia di cure palliative e terapia del dolore. Queste ultime diventano parte integrante nei percorsi formativi, oggetto di specifici corsi professionalizzanti e materiale di periodico aggiornamento del personale. Ma anche in questo si precorrevano i tempi perché FederDolore Puglia,di cui sono responsabile, in collaborazione con ANMDO-Puglia, già nel novembre 2009 firmavano un documento comune dal titolo “Linee guida regione Puglia per l’accreditamento di strutture di Terapia del Dolore” in cui si anticipano tutto quello confermato dalla legge nazionale. Le linee guida sono state inviate a tutti i nosocomi ed ASL pugliesi per una loro divulgazione oltrechè alle sezioni dei tribunali giudiziari regionali per una loro corretta applicazione. Non dimentichiamo che la legge prevede stanziamenti ad hoc per una piena attuazione della stessa, anche
attraverso l’istituzione di appositi “osservatori”, ovvero prevede sanzioni per quella Regione che ritardi od ometta tali adempimenti fino alla nomina di un commissario ad acta. Infine, e mi avvio a concludere, la legge prevede opportune campagne informative (art. 4) della popolazione: “Il Ministero della Salute […] promuove nel triennio 2010-2012 la realizzazione di campagne istituzionali di comunicazione destinate ad informare i cittadini sulle modalità… di accesso alle prestazioni […] anche attraverso […] i medici di medicina generale e dei pediatri […] delle farmacie pubbliche e private, nonché delle organizzazioni private senza scopo di lucro impegnate nella tutela dei diritti in ambito sanitario […] promuovendo la cultura della lotta al dolore […] il superamento del pregiudizio relativo all’utilizzazione dei farmaci […] autorizzando la spesa di 50.000,00 € per l’anno 2010, e di 150.000,00 € per ciascuno degli anni 2011 e 2012” e certamente la giornata del 13 novembre 2010 p.v. va in questo senso perché applicare bene la legge “significa cambiare la cultura delle persone oltre a quella del personale sanitario”(on. Livia Turco).
Indagine sulla terapia del dolore: i risultati degli ultimi mesi A 6 mesi dalla Legge 38/10 sulla terapia del dolore e le cure palliative sono stati valutati i primi risultati. In questi mesi, la Commissione ministeriale sulle cure palliative e del dolore ha prodotto documenti di indirizzo, da approvare in Conferenza Stato Regioni, che aiutano ad applicare e a chiarire tutti gli aspetti operativi della legge, in particolare: l’investimento per la formazione del medico, le linee guida per l’applicazione omogenea della terapia del dolore e le linee guida per l’applicazione delle cure palliative nelle varie regioni, la costituzione di un Tavolo tecnico con tutte le Fondazioni che operano in questi mondi, per individuare il core-curriculum dei non sanitari operanti nelle cure palliative e dolore. L’ultimo sondaggio condotto dal portale medico Dolore Doc, risulta che la Legge 38 è a conoscenza della gran parte dei cittadini e degli operatori sanitari. Lo dichiara la totalità dei medici e ben l’84% delle persone con dolore. Secondo l’indagine, ai mezzi d’informazione è riconosciuto il merito di aver divulgato le informazioni relative alla Legge: lo afferma infatti il 45,7% dei pazienti e il 34,3% dei medici. Le altre fonti per il medico sono convegni e corsi ECM (29%) e aziende farmaceutiche (25%). Molto utilizzato come mezzo di informazione è internet che viene consultato dal 31,4% di chi soffre e vuole saperne di più. Non vanno sottovalutati il ruolo del medico, che il 13,3% dei malati considera un’utile fonte di informazione, e il passaparola (9,5%). Alla domanda rivolta al paziente: Dopo la Legge 38 è cambiato l’approccio del suo medico al trattamento del dolore?, solo il 20% ha risposto affermativamente. Girando il medesimo quesito al medico, i sì sono stati quasi il doppio: il 35,9%. I medici hanno indicato nella semplificazione della prescrizione la ragione del proprio approccio più consono, anche se la riduzione dell’oppiofobia, cioè dei timori che ancora oggi esistono nei confronti dell’impiego dei farmaci derivati dalla morfina, è un obiettivo ancora da raggiungere. Lo studio FATA condotto dalla Società Italiana di Medicina Generale nel 2004-2009, mette in evidenza come negli ultimi anni, nonostante la disponibilità di nuovi farmaci specifici, l’impiego dei Fans sia rimasto pressoché stabile (-2,7%), a discapito dell’appropriatezza di utilizzo. Inoltre, all’interno della classe dei Fans si sono evidenziati spostamenti di prescrizione dall’una all’altra molecola, che nel complesso hanno provocato un aumento del 33% della malattia da reflusso gastroesofageo. Tutto ciò con un conseguente maggior ricorso all’uso di farmaci antiulcera (+36%) che, oltre a comportare un peggioramento della qualità di vita dei pazienti, ha inciso sulla spesa sanitaria nazionale.
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LUPUS ERItEMAtoSo SIStEMICo (LES) uNA MALATTIA DI DIFFICILE DIAGNOSI Leonida Iannantuoni Medico di Famiglia Aimef - Foggia
Il termine Lupus è attribuito, da alcuni Autori, all’aspetto degli esiti cicatriziali delle lesioni cutanee simili, appunto, a lesioni da morso di lupo. Altri Autori fanno risalire tale termine alla somiglianza del rash cutaneo a “farfalla” del volto al “mascherino” bianco presente sul muso di alcuni lupi.
Quale che sia l’origine del nome, il LES è una patologia cronica autoimmune ad esordio subdolo con sintomi iniziali spesso aspecifici quali: perdita dell’appetito, calo ponderale, malessere generale, astenia, febbre o più spesso febbricola. Tali disturbi si possono manifestare nell’arco di settimane, mesi e/o anni ed essere caratterizzati, come la malattia conclamata, da periodi di remissione alternati a periodi di recrudescenza.
zienti appartenenti allo stesso nucleo familiare, dimostrando così una qual certa predisposizione genetica, pur essendo esclusa una vera e propria ereditarietà. Estremamente basso è il rischio che due fratelli e/o sorelle abbiano il Lupus.
EPIDEMIoLoGIA Incidenza: tra 2,4 e 4,6 nuovi casi all’anno per 100.000 persone (stime). Prevalenza: tra 28 e 50 casi presenti per 100.000 persone (stime). Il rapporto tra soggetti di sesso maschile e femminile varia secondo il periodo di insorgenza della patologia ed è pari a circa 1 a 9 nei giovani adulti, con un picco di incidenza massimo nelle donne attorno i 37 anni di età e negli uomini attorno i 50 anni. Può manifestarsi in pa-
Soddisfatta l’anamnesi, si procede ad un esame obiettivo volto ad evidenziare segni e sintomi riscontrabili nel LES. 1. Cute e mucose: rash cutaneo a farfalla; lesioni discoidi della cute; defluvium capillorum; ulcerazioni a carico delle mucose del cavo orale. 2. Reni: edemi declivi o palpebrali; ipertensione arteriosa. 3. Apparato cardiocircolatorio: tachicardia o meno associata a aritmia; soffi, dispnea, edemi declivi. 4. Apparato muscolo scheletrico: rigidità mattutina, simmetria delle articolazioni interessate, deformità articolari riducibili ( reumatismo di Jaccoud).
Per una corretta gestione del paziente con Lupus è fondamentale un approccio multidisciplinare e una stretta collaborazione tra il Medico di Famiglia, l’Immunologo, ilReumatologo, il Cardiologo, il Nefrologo, l’Ematologo,il Dermatologo.
MANIFEStAzIoNI Il LES può coinvolgere più organi e/o apparati con sintomi e manifestazioni diverse (Tabella 1).
Esaurito l’esame obiettivo il passo successivo prevede l’esecuzione di esami laboratoristici ed in particolare: a) emocromo; b) ves; c) pcr; d) elettroforesi proteica; e) transaminasi;
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19 Tabella 1 Organi ed apparati interessati
Tipologia dei segni e sintomi
Percentuale
App. Muscolo scheletrico
Artrite e/o artralgie Mialgia
91% 79%
App. Cardio-circolatorio
Pericardite Miocardite Valvulopatie Insuff. Cardiaca Sindrome di Raynaud
2% 12% 13% 3% 25%
App. Respiratorio
Pleurite Polmonite lupica
31% 6%
Cute
Eritema malare a farfalla Lesioni discoidi Alopecia Lesioni delle mucose Orticaria fotosensibilità
34% 23% 31% 19% 4% 37%
Sistema nervoso
Psicosi Sindromi convulsive Neuriti periferiche
5% 6% 5%
Rene
Sindrome nefrosica
14%
App. Gastro-enterico
Ascite Crisi dolorose addominali Enterorragie
11% 8% 1%
Sistema emopoietico
Anemia Leucopenia piastrinopenia
30% 51% 16%
Febbre Calo ponderale
41% 51%
Manifestazioni Aspecifiche
f) cl. Creatinina; g) microalbuminuria; h) azotemia; i) urine; l) elettroliti sierici; m) cpk; n) LDH; o) proteinuria 24 ore.
Alla routine classica è indispensabile, in caso di sospetto LES, abbinare l’esecuzione di test laboratoristici specifici e più precisamente la ricerca di: 1) anticorpi antinucleo (ANA); 2) anticorpi anti DNA nativo; 3) anticorpi anti Sm; 4) anticorpi antifosfolipidi; 5) complemento. La diagnostica strumentale atta ad approfondire la conoscenza del grado di cointeressamento dei vari organi, non può prescindere dall’ esecuzione di: - ECG; - Ecocardiogramma; - Rx torace; - EEG; - biopsia cutanea e/o renale; - RMN e/o TAC cerebrale. CRITERI DIAGNOSTICI Riassumendo, come sempre la diagnosi si basa sul riscontro di sintomi soggettivi ed obiettivi, supportati da riscontri chimico-laboratoristici e strumentali. Possono essere di aiuto, nella diagnosi, i criteri dettati dall’A.R.A. (American Rheumatologic Association), basantesi sulla riscontrabilità di almeno quattro dei seguenti segni e/o sintomi:1) rash a farfalla; 2) fotosensibilità; 3) ulcerazione delle mucose; 4) rash discoide; 5) sierositi; 6) artrite; 7) interessamento renale; 8) interessamento del sistema nervoso; 9) interessamento ematologico; 10) positività degli ANA; 11) presenza anticorpi antifosfolipidi – anti Sm – anti Dna nativo. LES E GRAVIDANZA Abbiamo visto come il LES colpisca prevalentemente soggetti di sesso femminile in età fertile, ciò fa sì che le nostre pazienti possano porci quesiti su come affrontare una eventuale gravidanza e delle eventuali complicanze e conseguenze sul nascituro. La gravidanza in una donna affetta da LES, pur considerandosi a rischio, è possibile quasi sempre a patto di programmarla nelle fasi di remissione della patologia e nei casi in cui non si siano manifestati danni importanti a carico di reni e cuore. Non è da escludersi che durante la gravidanza possano manifestarsi segni di riacutizzazione della patologia, pertanto è imperativo uno stretto monitoraggio delle condizioni della paziente. La gravidanza stessa, inoltre, è gravata da una
Tabella 2 Dolori articolari protraentesi nel tempo e/o recidivanti
Dolore toracico puntorio esacerbantesi all’inspirazione
Fotosensibilizzazione
Proteinuria
Ulcerazioni delle mucose
Episodi convulsivi
Fenomeno di Raynaud
Defluvium capillorum
Episodi ripetuti di trombosi arteriosa o venosa
Anemia associata a leucopenia e/o piastrinopenia
Lesioni discoidi della cute
Abortività ripetuta
PRATICA CLINICA
Medicina di Famiglia settembre 2010
20 abortività del 20-25%, ed in percentuale simile si assiste alla nascita di prematuri. LUPUS NEONATALE Come già detto il Les non è una patologia ereditaria, ciò nonostante possono verificarsi sporadici casi di “Lupus neonatale” caratterizzati, per lo più, da lievi manifestazioni cutanee e dalla presenza di autoanticorpi. Tali manifestazioni tendono a regredire spontaneamente in pochi mesi senza lasciare reliquati, parimenti si assisterà ad una negativizzazione spontanea degli auto anticorpi. TERAPIA DEL LES La terapia del LES è finalizzata alla prevenzione delle riacutizzazioni della patologia ed alla prevenzione della comparsa del danno d’organo. La maggior parte dei sintomi è legata all’infiammazione, pertanto la terapia è volta essenzialmente al controllo di quest’ultima. Attualmente sono in uso quattro classi di farmaci: a) FANS; b) Corticosteroidi; c) Antimalarici; d) Immunosoppressori. I FANS trovano principale indicazione nel controllo delle manifestazioni algiche articolari. I Corticosteroidei ( prednisone, prednisolone) rappresentano il cardine delle terapia del LES, sia per quanto concerne la loro spiccata attività anti infiammatoria e sia per quanto concerne l’attività immunosoppressiva che permette un controllo più radicale dell’evoluzione della patologia. Gli Antimalarici (idrossiclorochina), pur non esistendo alcuna correlazione tra Lupus e malaria, permettono un efficace controllo delle manifestazioni cutanee. Gli Immunosoppressori (azatioprina, ciclofosfamide) sono farmaci di ultimo impiego, vengono associati all’uso dei corticosteroidi quando quest’ultimi, da soli, non riescono
a controllare le manifestazioni del LES. Rimane intuitivo che ove si sia instaurato già un danno d’organo si adotta la terapia specifica più adatta al controllo del quadro patologico, ad esempio in caso di ipertensione da danno renale si utilizzeranno Ace-inibitori. PROGNOSI Nonostante la sintomatologia e gli effetti collaterali di cui non è scevra la terapia, i pazienti portatori di LES possono mantenere un discreta qualità di vita. La prognosi rimane legata agli organi interessati dalla patologia ed all’entità del loro danno. CONCLUSIONI Il Lupus è una malattia sistemica che compromette molti organi ed apparati, rendendo necessario un approccio multidisciplinare per la corretta gestione del paziente e della sua patologia. Rimane fondamentale, pertanto, una stretta collaborazione tra il Medico di Famiglia, l’Immunologo, il Reumatologo, il Cardiologo, il Nefrologo, l’Ematologo,il Dermatologo. Al Medico di Famiglia compete il monitoraggio stretto del paziente ed il compito, a volte arduo, delll’individuazione di tutti quei segni e sintomi che possano far pensare ad una esacerbazione della patologia e/o ad un coinvolgimento d’organo. Bibliografia • Wallace DJ, “Dubois’ Lupus Erythematosus” ed. DJ Wallace & BH Hahn, 1997. • Hopkinsons ND et al, Br J. Rheum., 1993. • Pistiner M. et al, Semin Arthritis Rheum. 1991. • Knockaert et al, Arch. Intern. Med., 1992. • Goldenberg DL, Bull. Rheum. Dis. 1995.
WEB
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Viadeo e GoSalute.it IL connubio vincente nell’informazione medico-scientifica sul web a cura di Iwona Harezlak
Il social network dedicato ai professionisti partner del portale italiano per la salute, la medicina e il benessere della persona
Viadeo, social network per i professionisti con oltre 30 milioni di utenti, è social media partner di Gosalute.it, uno dei più importanti portali italiani interamente dedicato alla salute, con news in continuo aggiornamento e un vasto network di professionisti della sanità, tra cui medici di base e specialisti, pediatri, operatori sanitari, ambulatori, ospedali, ASL, USSL, cliniche private ed università. Nell’era del web 2.0, interagire con i propri utenti attraverso nuovi canali è sempre più importante. Per questo il portale GoSalute ha deciso di focalizzare parte della propria comunicazione attraverso un social network, come Viadeo, che si pone come luogo di scambio privilegiato per i rapporti interpersonali tra professionisti. Si tratta di un’evoluzione necessaria e assolutamente costruttiva: non solo si può essere strettamente interconnessi in qualsiasi momento della giornata e da qualsiasi luogo, ma grazie a questi nuovi modi di “fare comunicazione”, si possono anche coinvolgere nuove tipologie di utenti, come professionisti, giovani e chiunque sia interessato a questo tipo di realtà. Per questo GoSalute ha scelto come partner Viadeo, una piattaforma che, grazie alla sua forte connessione col territorio, può essere un trampolino di lancio e un’arena privilegiata per chi vuole fare networking in ambito medico. “Sono particolarmente contenta di annunciare questa nuova partnership con Gosalute.it, soprattutto perché il settore medico desta sempre più interesse nel mondo di internet”, ha dichiarato Sabrina Mossenta, Partnerships Manager di Viadeo Italia. “Una recente ricerca dal titolo “Il web come consulente sanitario globale” a cura del Forum per la Ricerca Biomedica in collaborazione con il Censis, ha dimostrato infatti che circa un quarto delle ricerche degli internauti riguardano i temi della sanità e della salute. Per questo un social network come Viadeo, in partnership con GoSalute, può giocare un ruolo fondamentale: da una parte i professionisti dell’area medico-scientifica che qui trovano un luogo ideale dove potersi confrontare sui temi più attuali, dall’altra per tutte le persone che vogliono informarsi, in modo corretto, sui propri problemi di salute”.
“Oggi l’informazione viaggia non più esclusivamente sui canali tradizionali, ma attraverso nuovi mezzi di comunicazione e, sempre più spesso, attraverso i social network”, ha dichiarato Roberto Zarriello, direttore editoriale del portale GoSalute. “Uno degli obiettivi di comunicazione del nostro portale è da sempre quello di interagire con gli utenti attraverso nuovi canali comunicativi e più in particolare attraverso i social network. Il nostro scopo finale è quello di arrivare ad avere una comunicazione cross- mediatica che coinvolga un pubblico vasto e diversificato. Crediamo che avere un partner come Viadeo non possa che arricchire ulteriormente i servizi e la comunicazione che offriamo ai nostri utenti. Di Viadeo apprezziamo soprattutto il taglio professionale, altamente qualificato, che contribuisce ulteriormente a rafforzare l’immagine del nostro portale, rendendolo uno strumento di informazione utile soprattutto per i professionisti dell’area sanitaria”. Ogni giorno Gosalute.it si impegna a offrire nuove news agli utenti, una newsletter settimanale e l’interazione con i principali social network. Inoltre GoSalute.it offre l’indicizzazione delle notizie nei circuiti Google News, OK Virgilio, Libero Tutti! e Liquida. Infine GoSalute.it vanta una partnership con due note riviste mediche: Medicina in Famiglia e IJPC - Italian Journal of Primary Care del gruppo Edicare.
APPROFONDIMENTI 22
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PREVENZIONE
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PERDERE PESO, LA FORZA DEL CAMBIAMENTO UN PERCORSO A OSTACOLI Giovanni Tanzi Specializzando Formazione Specifica in Medicina Generale - Foggia
La motivazione è tutto, non basta mettersi a dieta o fare un’attività fisica regolare, ma bisogna prendere coscienza dei comportamenti che comportano l’aumento di peso per cercare di correggerli.
Lo sviluppo della tecnologia e delle comodità che albergano la nostra quotidianità ci ha permesso di allontanare lo spettro di patologie che fino a sessant’anni fa mietevano vere e proprie stragi di innocenti. La potabilità dell’acqua, l’accessibilità ai servizi igienici, all’arrivo della penicillina, la bonifica delle paludi pontine e della nostra capitanata. Il rovescio della medaglia che ha in parte oscurato l’entusiasmo degli anni cinquanta e sessanta si può addebitare alla pandemia del terzo millennio, quella dell’obesità. Non dover spaccare la legna per accendere il camino, fare le scale a piedi, lavorare la terra o il mattone con l’ ausilio della forza motrice delle braccia, fare il bucato a mano è si una conquista di una società civile ma anche un notevole risparmio di calorie che inesorabilmente tendono a depositarsi. Il DPP study (americano, 3234 soggetti obesi con alterata glicemia a digiuno (IFG) e IGT, BMI 34 kg/m2, età media 51 anni), ha dimostrato che uno stile di vita attivo messo a confronto con una biguanide (metformina) è più efficace nel prevenire lo sviluppo di diabete mellito tipo 2. Altri studi dimostrano che non solo il profilo glicidico ma la pressione elevata, l’aumento dei grassi nel sangue, lo sviluppo di numerose forme di cancro vengono mitigate o addirittura prevenute attuando programmi di attività fisica costante. Un tempo la farina, l’olio, i legumi, gli ortaggi, e spesso anche la carne fresca, il latte con i suoi derivati erano il prodotto finale dell’economia di un impresa familiare. Si conoscevano i metodi di produzione, conservazione, si conosceva la provenienza dei nutrienti prodotti dai nostri antenati che spesso conservavano le tradizioni come veri e propri tesori da tramandare ai propri figli. Oggi l’aggiunta dei coloranti, dei conservanti e il trasporto ci regalano non pochi dubbi. Come invertire dunque una rotta che sembra segnata? Vita sedentaria, obesità, sindrome metabolica, diabete, infarto, ictus, paralisi, allettamento, peggioramento della sedentarietà, piaghe da decubito, exitus per le complicanze tromboemboliche o setticemiche e tutto così imprevedibile? La persona obesa, afflitta dall’affanno, dall’artrosi, attraversa per
definizione la cosidetta fase di negazione; “Io non mangio”, “Io cammino a piedi” “Non capisco proprio perché continuo ad ingrassare”. La persona non va dunque messa semplicemente a dieta ma deve essere motivata ad iniziare un percorso. La motivazione parte dalla conoscenza. Spesso chi inizia una dieta lo fa per sentito dire, perché parenti amici e conoscenti hanno fatto così. Il punto è che si può dimagrire, magari anche di parecchi chili, ma nel modo sbagliato. Per questo motivo spesso questo tipo di approccio è destinato a fallire; il dietologo sente dire a tal proposito: ho perso quindici chili in sei mesi poi ne ho presi venti. La dietoterapia per essere efficace deve essere completata dalla psicoterapia cognitivo-comportamentale; è necessario infatti modificare stili di vita scorretti. Il dietologo propone a tal fine l’utilizzo del diario comportamentale. Su questo diario il paziente può esprimere le emozioni provate nel corso della giornata e la loro intensità, quello che ha mangiato, dove ha consumato i propri pasti e sopratutto le emozioni provate. Lo stesso diario viene utilizzato per registrare l’attività fisica quotidiana, la sua intensità, la durata e il tipo di esercizio svolto. Tutto questo richiede del tempo da dedicare alla propria persona e per questo aiuta il paziente che si appresta a seguire una dieta a prendere coscienza dei comportamenti che contraddistinguono l’aumento ponderale. Resettare lo stile di vita seguito dal soggetto con un problema di peso aggiunge un tassello indispensabile nella riuscita di una dieta: la volontà del soggetto stesso.
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progetti in medicina generale per il miglioramento della qualità LA FORMAZIONE PER UN’ASSISTENZA DI QUALITA’ Rosalia Cavallaro Medico di Famiglia - Foggia Il concetto di qualità applicato alla sanità, secondo Donabedian (1990), è rappresentato dal “rapporto tra i miglioramenti di salute ottenuti e i miglioramenti massimi raggiungibili sulla base delle conoscenza più avanzate e delle risorse disponibili”. La qualità è un insieme di caratteristiche che deve avere il servizio che noi offriamo per soddisfare esigenze multiple (cittadino, paziente ecc.)
La richiesta di Medicina di Qualità sempre più spesso viene sollevata dai pazienti così come dalle Regioni che organizzano e finanziano il sistema. Il medico di medicina generale (MG) opera utilizzando la propria strutturazione universitaria, l’esperienza accumulata nel prendersi cura della persona, il rispetto delle norme imposte dal SSN e la formazione continua. Il buon medico di famiglia di oggi non è più identificabile col professionista che trenta anni fà praticava la cura delle malattie acute, somministrando terapie e intervenendo con la chirurgia minore, infondendo grande impegno e tempo. In trenta anni siamo passati da una altissima mortalità infantile (fino al 80% soprattutto per malattie infettive)ad una mortalità infantile quasi sconosciuta (5%ò) e parallelamente un allungamento notevole della vita media (di oltre 20aa). Oggi in Italia le malattie acute rivestono una rilevanza epidemiologica ridotta grazie alle acquisite conoscenze in campo medico, alla gratuità delle cure, alle mutate condizioni socioeconomiche. I Media trasmettono quotidianamente programmi “ di medicina” e l’ascoltatore qualunque viene esposto a informazioni prima esclusivo patrimonio della classe medica. Saltando il giudizio sulla effettiva capacità di utilizzare tale informazioni per migliorare la salute pubblica, questa realtà condiziona l’operato del medico e gli pone altre sfide. Ponendo
lo sguardo all’epidemiologia del nostro territorio ai nostri giorni, le malattie croniche rappresentano per numerosità il problema di salute più frequente e quindi è nella prevenzione e cura delle stesse che dobbiamo impegnare il nostro tempo, avendo attenzione per le malattie che possono portare a guarigione così come per quelle curabili ma non guaribili, con una particolare apertura ai problemi della III e IV età, quantitativamente impegnativi, grazie ad un notevole allungamento della vita media. Oggi l’infezione di una ferita non rappresenta un problema, ma può esserlo una piaga da decubito, una ipovitaminosi può essere risolta con facilità non altrettanto il sovrappeso e l’obesità. Il medico di MG deve cogliere i cambiamenti e formarsi per intervenire sui bisogni di salute del territorio in cui opera, modificando i metodi di lavoro e acquisendo altre competenze. Alcuni progetti pilota possono suggerire modi diversi di fare medicina sul territorio che con un cambiamento di metodo migliorano la qualità in MG. Esempi sono il PROGETTO CUORE sul rischio cardiovascolare, IL PROGETTO STRATEGICO sulla BPCO ed IL PROGETTO DIABETE che mettono insieme il modo innovativo di fare medicina di base e la possibilità di dare un essenziale contributo per studi epidemiologici di grande rilevanza. Il PROGETTO CUORE propone un metodico rilevamento di
RIFLESSIONI
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25 dati quali colesterolemia totale e HDL, glicemia, pressione arteriosa, familiarità per patologia CV, fumo, BMI, di tutti i pazienti che passano per il nostro ambulatorio che abbiano una età compresa tra 35 e 69 anni. Il metodo ci permette di individuare e calcolare per tutti il rischio cardiovascolare tenuto conto che la presenza di un valore molto elevato di uno dei parametri suddetti aumenta il RC, ma che l’associazione di più fattori di rischio, pur con valori inferiori e quindi in una maniera meno evidente, moltiplica in modo esponenziale il RC. Questo semplice rilievo imporrà di intervenire sui fattori modificabili con l’informazione e la terapia, impegnandosi a ridurre l’incidenza di eventi patologici gravi. Nello stesso tempo i dati raccolti, trasmessi al centro di coordinamento in modo anonimo, daranno la possibilità di fare studi epidemiologici relativi alla realtà locale e nazionale, con una numerosità del campione altrimenti non raggiungibile. Il PROGETTO STRATEGICO propone, in un’ottica di collaborazione con lo specialista pneumologo nella gestione del paziente BPCO, di individuare i pazienti fumatori con caratteristiche cliniche di Bronchite cronica, effettuare una spirometria nell’ambulatorio di MG con uno strumento facile da usare, condividere i dati anamnestici e strumentali con lo specialista attraverso il PC, con l’obbiettivo di una più appropriata cura dei pazienti BPCO. Il miglioramento della MG si ottiene per una PRECOCE individuazione di pazienti affetti da riduzione delle capacità respiratorie in quanto i soggetti a rischio si sottopongono facilmente al test nell’ambulatorio di MG senza file e costi aggiuntivi presso le strutture specialistiche. Il secondo obbiettivo riguarda la qualità delle cure di quanti si possono giovare di terapie per ridurre la ingravescente insufficienza respiratoria. Non da ultimo si concentra l’attenzione sull’abitudine tabagica per un intervento dissuasivo. L’uso dei database consente una importante raccolta dati per una malattia che si stima nel 2020 rappresenterà la quinta causa di invalidità e la terza causa di morte. Il PROGETTO DIABETE parte dalla constatazione di una patologia in forte aumento- in pochi anni siamo passati dal 4 % al 6% della popolazione con incrementi costanti- con
grandi costi umani oltre che economici, dalla osservazione di una scarsa appropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici, dal rilievo che esiste di fatto una delega allo specialista diabetologo in una condizione che presuppone una valutazione e cura di più apparati oltre che della persona. Il punto di partenza è la formazione sulla gestione del diabete (quante volte valutare la glicemia, l’emoglobina glicata, la microalbuminuria, la PA, prescrivere una visita oculistica) per passare ad una corretta raccolta dati che ci permetterà di valutare nel tempo se TUTTI i nostri pazienti diabetici hanno effettuato gli appropriati controlli e quali non hanno il giusto controllo glicemico. Il nostro PC sarà sempre più un mezzo per riesaminare la qualità del nostro lavoro. I medici di MG, che applicano i metodi proposti dai progetti su accennati così come altri strutturati nello stesso spirito, migliorano la qualità del proprio lavoro effettuando un cambiamento nel tempo dedicato per singola patologia, apprendendo e usando nuovi sistemi e strumenti per il cui uso potremmo essere valutati e retribuiti, concordando in fase preliminare quali debbano essere gli indicatori di qualità, ponendo fine ad un sistema di retribuzione basata solo sul numero di iscritti. ABSTRACT La Regione Puglia sta proponendo ai medici di Medicina Generale alcuni progetti che adeguatamente applicati possono concorrere a modificare e migliorare la qualità del lavoro nella prevenzione, appropriatezza, ricerca. Il progetto CUORE, promosso dall’Istituto Superiore della Sanità e dall’AIFA, sulla ricerca e calcolo del rischio cardiovascolare; il progetto STRATEGICO-BPCO sulla gestione del paziente con broncopatia cronica ostruttiva proposto dalla Regione Puglia; il progetto DIABETE sulla appropriatezza dell’uso degli strumenti diagnostici e terapeutici in tutti i pazienti diabetici, strutturato in Puglia sul progetto nazionale IGEA. Siti web: www.cuore www.progettostrategicobpco.it www.progettoigea
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Esistono indicazioni di appropriatezza d’uso della PET (Tomografia ad Emissioni di Positroni) nella pratica oncologica? E’ possibile sospettare una Artrite Reumatoide(AR) in presenza di artralgie agli arti superiori?
Certo. Certo. Esistono numerosi rapporti di technology assessment che hanno valutato la qualità e la rilevanza degli studi clinici al fine di definire l’efficacia della fluorodesossiglucosio (FDG)-PET in ambito oncologico. Negli ultimi anni sono apparsi nella letteratura internazionale articoli ed editoriali che hanno sottolineato la necessità di verificare la correttezza e appropriatezza d’uso nella pratica oncologica. Numerose agenzie regionali hanno pensato di definire i criteri di appropriatezza della PET al fine di evitare esami inutili. Sono indicazioni appropriate quando le informazioni ottenute dall’esame PET sono capaci di influenzare il comportamento clinico e quando queste informazioni sono, verosimilmente, in grado di influenzare l’outcome del paziente attraverso l’applicazione di interventi di documentata efficacia o la non esecuzione di interventi che risulterebbero inefficaci o dannosi. Sono indicazioni inappropriate quando ci si trova di fronte a situazioni cliniche nelle quali lo stato della malattia è tale che nessuna ulteriore informazione diagnostica modificherebbe il comportamento terapeutico, oppure i dati disponibili indicano una performance del test non migliore rispetto alla diagnostica tradizionale.
Certo. IL’artrite reumatoide è una sinovite idiopatica simmetrica. Anche se occasionalmente può esordire come monoartrite o oligoartrite asimmetrica, in seguito assume distribuzione simmetrica. Sono più colpite le articolazioni delle mani. I sintomi precoci sono vaghi: dolore di entità variabile, astenia e poliartralgia. La tipica modalità di esordio è un quadro di sinovite acuta con dolore e tumefazione dell’articolazione in un paziente in buona salute. I criteri per l’AR sono: 1. rigidità mattutina> 1 ora; 2. edema dei tessuti molli che interessa 3 o più articolazioni; 3. edema dei tessuti molli delle articolazioni delle mani( articolazioni Interfalangee prossimali e metacarpofalangee); 4. edema simmetrico dei tessuti molli; 5.noduli sottocutanei;6. fattore reumatoide nel siero;7. erosioni e/o osteopenia periarticolare alla Rx mani o dei polsi. I criteri 1-4 devono essere presenti per almeno 6 sett. consecutive; per la diagnosi devono essere soddisfatti i 4 criteri su 7( Arnett FC).
Il rilievo di anemia sideropenia in un paziente con età superiore a 50 anni necessita sempre di una indagine endoscopica? Certo. Di fronte a un paziente anemico bisogna sempre approfondire l’indagine endoscopica per escludere un carcinoma dell’apparato digestivo. La presenza di sangue rosso chiaro nelle feci, nonostante sia indicativo di patologia emorroidaria non esclude un carcinoma del colon, pertanto è buona norma eseguire sempre una indagine approfondita endoscopica per evitare ritardi diagnostici. Da tener presente che l’indagine radiografica a doppio contrasto non garantisce sulla presenza di tumori del tratto distale del colon, data la ridotta sensibilità in questo tratto digestivo. Pertanto, l’evidenza di sintomi sospetti anche in presenza di negatività dell’esame a doppio contrasto necessita di approfondimento endoscopico. La colonscopia infatti, rappresenta il gold standard per le lesioni neoplastiche del colon-retto. La determinazione del CEA invece non è di utilità nella definizione diagnostica potendo risultare nella norma, mentre è sensibile nel follow-up per rilevare eventuali recidive neoplastiche post-chirurgiche e per seguire l’andamento del trattamento effettuato.
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La Psicologia di Consultazione in Medicina Generale Il counselling: un trattamento efficace a basso costo Salvatore Iuso Scuola di Spec. Psicologia Clinica Università degli Studi di Bari Michela De Salvia Psicologo clinico e Psicoterapeuta Antonietta la Torre Scuola di Spec. Psicoterapia della Gestalt Psicosociale Anna Maria Petito Dip. Scienze Biomediche Università degli Studi di Foggia Antonello Bellomo Dip. Scienze Mediche e del Lavoro Università degli Studi di Foggia
L’intervento di counselling psicosociale rappresenta una modalità di intervento molto utile nell’ambito della Medicina Generale in grado di migliorare il trattamento dei disturbi psichici promuovendo il benessere psicosociale e psicologico, nonché, la consapevolezza dell’individuo rispetto alle proprie risorse interne ed esterne.
Uno studio longitudinale multicentrico denominato “Psychological Problems in General Health Care Settings” (vi hanno partecipato Cile, Cina, Brasile, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, India, Italia, Nigeria, Olanda, Stati Uniti d’America e Turchia), ha fornito dettagliate informazioni riguardo il tipo, il decorso, l’esito ed il trattamento dei disturbi ansioso-depressivi nell’ambito della medicina generale (MG) (Üstün, et al, 1995). Circa il 31% dei soggetti che si rivolgevano ai servizi di MG soffriva di un disturbo psichico definito secondo i criteri dell’ICD o sotto-soglia. È stato dimostrato che, mentre nei soggetti con disturbi organici cronici come diabete, artrite, ipertensione arteriosa o disturbi alla schiena i giorni di disabilità ammontavano in media a solo 2.6 nel corso di un mese, nei soggetti con disturbi psichici venivano riportati 5.2 giorni di disabilità. Recentemente vi è un crescente interesse per i disturbi psichici sotto-soglia, in quanto è aumentata la consapevolezza che questi hanno spesso frequenza superiore rispetto a quella dei corrispondenti disturbi definiti dagli attuali sistemi nosografici tra i pazienti che si rivolgono ai servizi di MG. In base alle diverse definizioni adottate, la prevalenza di disturbi ansioso-depressivi sotto-soglia risulta tra il 5 ed il 16% tra i pazienti in assistenza primaria, eguagliando o superando in genere la prevalenza di episodi depressivi definiti nosograficamente (Rucci et al, 2003; Ronalds et al., 2002). Inoltre, si riscontra che la depressione sotto-soglia è associata a significativi livelli di danno funzionale (Judd et al 1994; Rucci et al, 2003), leggermente inferiore a quelle legate ad una depressione maggiore (Wells et al, 1992), ma con maggiore comorbidità medica (Coulehan et al, 1990), alti tassi di utilizzo dei servizi e costi di assistenza medica. Tali soggetti hanno inoltre una probabilità circa 4 volte superiore di sviluppare
un episodio depressivo maggiore entro un anno rispetto ai soggetti senza tali sintomi e rivelano una anamnesi psichiatrica familiare e la concomitanza di disturbi psichici e fisici simili a quelli dei soggetti con disturbi depressivi ben definiti (Olfson et al., 1996). Un ulteriore lavoro, svolto dall’èquipe afferente alla Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica dell’Università di Foggia, ha riscontrato dei dati relativi al follow-up a due mesi di pazienti arruolati in MG. Pertanto, il counselling IPT sembra essere, al pari della terapia farmacologica, un intervento efficace nel trattamento iniziale della depressione lieve in medicina generale, data la riduzione, in termini di punteggi HDRS (Hamilton Depression Rating Scale), della sintomatologia depressiva (Bellomo A et al., 2007) (Fig.1).
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30 Queste osservazioni sottolineano la necessità di valutare l’efficacia dei vari trattamenti disponibili nel contesto specifico dove si intende poi utilizzarli. Per quanto concerne il trattamento non farmacologico, il lavoro del MMG (Medico di Medicina Generale) è fondato sulla relazione con il paziente e con la famiglia (Bellomo, 2004). Allo stato attuale, sul territorio di Capitanata, l’assistenza psicologica e il lavoro d’équipe tra esperti in tematiche psicosociali e MMG non sembrano adeguatamente strutturati per far fronte alle esigenze dell’utenza. Pertanto, al fine di dare una risposta in tal senso, considerando il background culturale e la diffidenza nei confronti del disagio psichico, ci si potrebbe auspicare di avvicinare la suddetta utenza fornendo un servizio di counselling psicosociale direttamente negli studi di MMG. Tale auspicio nasce dal riscontro circa l’associazione tra sindromi sotto-soglia e comorbidità medica, alti tassi di utilizzo dei servizi e costi di assistenza medica. Tra le diverse metodologie applicate in MG, il counselling interpersonale (IPC) è risultato scientificamente tra i più efficaci (remissione della sintomatologia ansioso-depressiva sotto-soglia, misurata attraverso la Scala di Hamilton per la Depressione e per l’Ansia). Esso è rivolto principalmente al chiarimento ed alla risoluzione delle più comuni e frequenti difficoltà interpersonali, quali il conflitto interpersonale, l’isolamento sociale, la reazione prolungata al lutto o i cambiamenti di ruolo. Le attività di counselling, in una fase iniziale puntano a guidare il paziente al riconoscimento della natura e del decorso del disagio, mentre nelle fasi successive, mirano alla risoluzione delle difficoltà interpersonali. L’impiego di tali competenze da parte del counsellor e il lavoro di concerto con il MMG, potenzia la sua capacità di chiarire la natura del problema del paziente e di trovare soluzioni appropriate e promuove la collaborazione del paziente durante il trattamento. Appropriati programmi di formazione hanno dimostrato che l’insegnamento di tali competenze consente una efficace applicazione di esse nel corso del normale colloquio, in genere di durata piuttosto limitata. Ciononostante la qualità del supporto ne influenza l’esito, suggerendo che la disponibilità di un counsellor formato è l’elemento centrale (Shaw, 1989). I vantaggi del counselling possono essere vari: mancanza di effetti collaterali a livello fisiologico, quali quelli presenti con i farmaci; possibilità che sia efficace in alcuni pazienti in cui i farmaci non ottengono risultati; ridotti tempi di trattamento e ridotti costi; possibilità che il counselling diminuisca la probabilità di ricorrenza dell’eventuale disturbo dopo la fine del trattamento, poiché i pazienti imparano a superare o a evitare le situazioni che contribuiscono alla recidiva (Shea, 1992). In alcuni studi gli interventi di tipo psico-sociale si sono dimostrati anche superiori alla terapia farmacologica (Judd, 2004). Pur essendo disponibili scarsi dati a riguardo, riduzioni nel numero di visite sanitarie effettuate dal paziente e nell’impiego di farmaci, sono state osservate per effetto degli interventi psicosociali, suggerendo la loro utilità per contenere i costi sanitari. Pertanto, sarebbe utile promuovere e valutare l’efficacia di interventi di tipo psicosociale nella cura dei disturbi ansiosi-depressivi sotto-soglia in MG per evidenziare le strategie terapeutiche più opportune ed un miglior rapporto costi/benefici. Le recenti linee guida del National Institute for Clinical
Evidence (2004) suggeriscono diversi possibili interventi iniziali in caso di depressione lieve, fra cui: interventi di tipo psicologico, psicoeducativi (esercizio fisico, igiene del sonno), programmi di auto-aiuto ed interventi di tipo farmacologico. Gli antidepressivi non sono raccomandati come trattamento iniziale in caso di disturbi sotto-soglia per via di uno sfavorevole rapporto costi/benefici. Poche evidenze sono disponibili sull’effetto a lungo termine dei trattamenti dei disturbi sotto-soglia, benchè questi disturbi tendano a presentare frequenti ricadute. A tal proposito, i risultati raccolti nel follow-up (12 mesi) permettono di determinare l’efficacia del counselling IPT nel lungo termine nel ridurre le ricadute. Nella nostra realtà territoriale, l’area socio-sanitaria, seppur presente, non si interfaccia direttamente con le esigenze dell’utenza che popola gli studi di MMG a differenza di altre realtà presenti nel territorio nazionale, in cui la cultura dell’assistenza psicologica è già da anni consolidata; pertanto, gli studi di MMG presenti nella città di Foggia ben si candidano a rappresentare la “matrice” di tale intervento culturalmente e socialmente innovativo. La costituzione di tale servizio potrebbe divenire una occasione per fotografare e conoscere le reali esigenze dell’utenza del MMG e, pertanto, essere una base di riflessione circa il ruolo dello psicologo nel Sistema Sanitario locale e regionale. L’intervento di counselling IPT proposto nell’ambito della MG consentirebbe una minore stigmatizzazione del disagio psichico, poiché verrebbe implementato in un setting, per l’utenza, più “familiare” ed “accogliente”. I nuclei dell’intervento di counselling IPT si focalizzano su quattro aree specifiche: • cambiamenti di ruolo: favorire la transizione di ruolo, considerando in maniera positiva il nuovo ed elaborando la perdita del vecchio • isolamento sociale: stimolare nuove relazioni per ridurre l’isolamento del paziente • reazione prolungata al lutto: agevolare l’elaborazione del lutto per stimolare il paziente verso vecchi e nuovi interessi • conflitto interpersonale: riconoscere il conflitto e correggere aspettative e comunicazione difettose. Ampio è lo spettro delle “opportunità” dirette ed indirette che l’intervento di counselling IPT può veicolare; tra queste, appaiono rilevanti la promozione del benessere psicosociale e psicologico, nonché della consapevolezza dell’individuo rispetto alle proprie risorse interne ed esterne, e il loro conseguente utilizzo, il miglioramento, in un’ottica biopsicosociale, della qualità della vita dell’utenza e del MMG, nonché della qualità delle relazioni interpersonali. L’intervento di counselling IPT E’ una attività individuale, la quale si esplica in 8-10 incontri, con cadenza settimanale, che prevedono: 1° incontro(durata 60 minuti): illustrazione dell’attività di counselling interpersonale, sottolineando la necessità di soggettivare la bilancia costi/benefici; lettura e firma del consenso informato; somministrazione di test psicometrico(HAM-D e HAM-A) al fine di oggettivare una sintomatologia sotto-soglia; successiva fase di ascolto attivo; 2°- 3°- 4° incontro(durata 45 minuti ciascuno): analisi della eventuale diagnosi basata sul modello medico ed anamnesi dei sintomi; ipotesi diagnostica basata sul modello biopsi-
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cosociale; intervento psicoeducazionale (ridefinizione psicosociale in termini di corretta visione della problematica e successiva modificazione delle “convinzioni errate”; educazione ad un adeguato utilizzo del farmaco e gestione degli effetti collaterali); rassicurazione rispetto ad una prognosi favorevole; nel caso in cui, dai colloqui e dai risultati dei tests psicometrici effettuati, si evincesse la presenza di una sintomatologia di gravità maggiore rispetto a quella sottosoglia trattabile dal servizio, si procederebbe ad invio ad altro professionista o al servizio pubblico; 5°- 6°- 7° incontro (durata 60 minuti ciascuno): confronto sul focus interpersonale(analisi dei comportamenti e delle relazioni interpersonali); identificazione dell’area problematica (transizione di ruolo, contrasti interpersonali, lutto, deficit interpersonali); definizione degli obiettivi realistici a breve-medio termine del trattamento; 8°- 9°-10° incontro (durata 50 minuti ciascuno): analisi condivisa con il paziente del percorso, ristrutturazione della stima di se; rinforzo della compliance (in presenza del medico curante); preparazione alla conclusione del trattamento e conseguente gestione emotiva; somministrazione di test psicometrico (HAM-D e HAM-A) al fine di valutare l’efficacia del trattamento in termini di remissione o riduzione della sintomatologia sotto-soglia. Fig. 2 Tappe del percorso terapeutico del trattamento IPC.
Tenendo presente che le infrastrutture e il retaggio culturale di altri territori nazionali riescono a garantire un servizio psicosociale a tale tipologia di utenza, si ritiene che l’attivazione di un counselling interpersonale integrato in un’ottica multidisciplinare, possa essere un volano per la strutturazione di tale servizio anche nel nostro territorio. Tale proposta risulta, a nostro avviso, fattibile per via della conoscenza, da parte dei proponenti, di quelle che sono le competenze dei MMG e i limiti strutturali, temporali e teorici con i quali troppo spesso essi si trovano a dover fare i conti. Dal punto di vista squisitamente sociale, tutti i trattamenti volti alla integrazione e al lavoro multidisciplinare effettuati con consapevolezza e responsabilità, sono utili al fine di promuovere un nuova modalità di fronteggiare il disagio dell’altro. Inoltre, l’impatto sociale assume una valenza prioritaria nella misura in cui un disagio psicologico potenzialmente “stigmatizzante”, viene affrontato in un setting familiare e di facile accesso. In tal modo, ci si propone di educare le nuove generazioni al superamento della diffidenza sia nei confronti di coloro i quali soffrono a causa di un disagio psicosociale, sia nei confronti del disagio stesso. Pertanto, ci si auspica una vera e propria rivoluzione culturale
nell’ambito del disagio psicosociale specialmente in realtà, come quella foggiana, in cui non sono mancati episodi di intolleranza. Bibliografia 1. Bellomo A, De Mattia N. Relazione medico-paziente nella medicina generale. Psicologia medica e abilità relazionali 97-103. 2. Bellomo A, Fiore P, Petito A, Ferretti M, Iuso S, la Salandra M, De Salvia M, Berardi D: Un intervento di Counseling Interpersonale per depressioni lievi in un setting di Medicina Generale. Atti del XIV Congresso nazionale AIAMC, Isituto Miller Genova 8-11 Novembre 2007. 3. Coulehan JL, Schulberg HC, Block MR, Janowsky IE, Arena VC. Depressive symptomatology and medical comorbidity in a primary care clinic. Int J. Psychiatry 17, 3-12, 1990. 4. Judd LL, Rapaport MH, Paulus MP, Brown JL. Subsyndromal symptomatic depression.: a new mood disorder ? J. Clin. Psychiatry 55, 18-28, 1994. 5. Judd F, Weissmann M, Davis J, Hodgins G, Piterman L. Interpersonal counselling in general practice. Aust Fam Physician, vol.33, No.4, April 2004:332-337. 6. Olfson M, Broadhead E, Weissman MM, Leon AC, Farber L, Hoven C, Kathol R (1996). Subthreshold psychiatric symptoms in a primary care group practice. Archives of GeneralPsychiatry 53: 880-6. 7. Ronalds C, Kapur N, Stone K, et al. Determinants of consultation rate in patients with anxiety and depressive disorders in primary care. Family Practice 2002; 19(1): 23-8. 8. Rucci P, Gherardi S, Tansella M, Piccinelli M, Berardi D, Bisoffi G, Corsino MA, Pini S. Subthreshold psychiatric disorders in primari care: prevalence and associated characteristics. J. of Affective Disorders 76, 171-181, 2003. 9. Shaw BF, Olmsted M. Competency ratings in relation to protocol adherence and clinical outcome. Paper presented at: The Society for Psychoterapy Research; 1989 Jun: Toronto, Canada. 10. Shea MT, Elkin I, Imber SD, Sotsky SM, Watkins JT, Collins JF, Pilkonis PA, Beckham E, Glass DR, Dolan RT, et al. Course of depressive symptoms over follow-up: findings from the NIMH Treatment of Depression Collaborative Research Program. Arch Gen Psychiatry 1992;49(10):782-7. 11. Üstün TB, Sartorius N. An international study of psychosocial disorders in 14 countries : standardized assessment of ill-defined problems in primary care: the background and rationale of the WHO Collaboprative Project on “Psychological Problems in General Health Care”. In Mental Disorders in Primary Health Care. Miranda J, Hohman A, Atkinson C, Larson D (eds.); Jossey- Bass Inc: San Francisco, 1995. 12. Wells KB, Stewart A, Hays RD, Burnam MA, Rogers W, Daniels M, et al. (1989). The functioning and well-being of depressed patients. Results from the Medical Outcomes Study. Journal of the American Medical Association 262: 914-9. 13. Wells KB, Burnham MA, Rogers W, Hays R, Camp P. The course of depression in adult outpatients. Arch. Gen. Psychiatry 489, 788-794, 1992. Fig.1: Confronto tra le medie dei punteggi della HDRS tra il gruppo sottoposto a IPC e il gruppo sottoposto a trattamento farmacologico con SSRI, mediante T test, da cui p=0.2651, t=1.136, df=29.
MEDICINA DEL FuTuRO
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LA tELEMEDICINA LA SFIDA DEL FuTuRO Pasquale Raimondo Specializzando in Anestesia e rianimazione università degli Studi di Foggia
La possibilità di inviare i dati a distanza consente l’interconnessione tra medici e pazienti per una più efficace assistenza nei vari ambiti della medicina
Da sempre le rivoluzioni hanno il merito di tendere la mano al futuro per renderlo più vicino ed accessibile. L’orizzonte della Medicina è costellato da scoperte, geniali intuizioni che hanno espugnato dubbi secolari e problemi irrisolvibili, rendendo possibili ma soprattutto accessibili realtà e risposte un tempo inimmaginabili. Quello in cui ci si muove è uno scenario dinamico, dove si sta compiendo un salto epocale: il passaggio da una medicina d’attesa e completamente “ospedale – centrica” ad una più moderna risposta integrata e sistematica ai bisogni ed alle necessità dei pazienti. Tale ed auspicabile riorganizzazione delle Cure Primarie sta passando attraverso la sperimentazione attiva di nuovi modelli assistenziali, imperniati su di una stretta e forte integrazione tra ospedale e territorio. Oggi l’assistenza sanitaria primaria assurge a primo livello di contatto della collettività con il Sistema Sanitario, costituendo il primo anello della cosiddetta “medicina di prossimità”, un processo continuo di cura e protezione sanitaria, finalizzato ad avvicinare il più possibile l’assistenza ai luoghi dove vivono le persone. Solo la capillare presenza sul territorio dei Medici di Famiglia può offrire un trampolino di lancio concreto a questo innovativo sistema sanitario. Una seria opportunità è offerta dall’applicazione sistematica nei vari
L’applicazione delle nuove tecnologie telematiche in campo sanitario svolge un ruolo fondamentale nell’interconnettere piccoli e grandi ospedali e singoli medici di medicina generale con strutture ospedaliere.
ambiti della medicina della sua gemella virtuale, la TeleMedicina. Così come la telematica consente l’elaborazione, il trattamento e l’invio di dati a distanza attraverso l’uso delle tecnologie informatiche, la Telemedicina rende possibile la trasmissione a distanza di informazioni mediche da ambulatorio ad ambulatorio, da struttura a struttura, da città a città, evitando lo spostamento fisico dei pazienti. Si realizza in questa maniera la vera e più proficua integrazione tra ospedale e territorio, ottenendo grazie all’applicazione delle nuove tecnologie l’interconnessione tra soggetti differenti, che siano singoli medici, strutture ospedaliere o gli stessi pazienti. La telemedicina diventa così un vero e proprio asso nella manica per il Medico di Famiglia, quotidianamente impegnato nel vasto e complesso sistema delle cure primarie, dove alla terapia s’intreccia la prevenzione, la gestione e l’assistenza dei pazienti. La medicina di famiglia ha un ruolo fondamentale in questo orizzonte: solo questa branca dagli orizzonti multidisciplinari può rendersi crocevia e mezzo d’integrazione tra le varie figure professionali. È importante sottolineare quanto la telemedicina non abbia come unico target quello di assicurare l’assistenza medica a distanza, ma anche la capacità di svecchiare e rendere più veloce la gestione dei pazienti in vari ambiti, spaziando dalla routine all’emergenza. Mettendo il medico in perenne contatto e controllo con il paziente si realizza una “reale” continuità assistenziale, contrassegnata da una concreta “disponibilità” del servizio di cura, attivo 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. L’ampia gamma di prestazioni erogabili e la facilità d’accesso dell’utenza sono caratterizzate da costi contenuti, un dato
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MEDICINA DEL FUTURO 33
molto importante per il capitolo spese del nostro sistema sanitario. La telemedicina offre al medico di famiglia la possibilità di svolgere attività di Telenursing, la cosiddetta teleassistenza domiciliare, concretizzando - attraverso l’acquisizione di parametri medici ben precisi - diagnosi e consultazioni remote. La comunicazione tra laboratori diagnostici, servizi ambulatoriali generici e servizi specialistici diventerà una realtà non più inficiata da tempi e distanze. Importante sarà poi lo scambio e l’archiviazione elettronica di dati clinici, vantaggiosa nella gestione del singolo paziente quanto nell’orizzonte di possibili studi scientifici. Nata per monitorizzare le condizioni cliniche degli astronauti nello spazio, la Telemedicina in poco meno di cinquant’anni ha fatto passi da gigante nel campo del trasferimento dei dati bio – medici. Oggigiorno, infatti, il medico di medicina generale può lavorare a quattro mani con specialisti di diversi e numerosi settori. In primis, la TeleCardiologia, via régia dell’approccio medico - telematico al paziente. Con una sensibile riduzione dei costi, la trasmissione a distanza di un tracciato ECG completo ne consente una lettura immediata all’insorgere del sintomo o in caso di alterazione patologiche silenti. Viene utilizzato un dispositivo detto elettrocardiografo transtelefonico (cardiotelefono) che permette l’inoltro telefonico dei dati ad una centrale di telecardiologia, presidiata da una equipe di cardiologi specialisti perennemente operativa. Diviene così possibile monitorare parametri vitali oggettivi
(pressione arteriosa, frequenza cardiaca, peso corporeo etc.) e/o di segnali biologici (traccia elettrocardiografica, etc.). La telemedicina ha fatto capolino anche nella trasmissione dei dati neurologici e psichiatrici. Una sorprendente Teleneurologia consente la trasmissione di parametri importanti nella monitorizzazione dei pazienti: ipostenia, modificazioni neurologiche, peggioramento della sintomatologia del paziente. Esiste anche una Telepneumologia, una innovativa modalità di assistenza deospedalizzata applicata alla Pneumologia, caratterizzata anch’essa da un consulto telefonico a cui si aggiunge l’ovvia trasmissione di dati d’interesse settoriale: problemi respiratori quali dispnea, secrezioni, compliance a possibili ventilazioni o terapie, frequenza respiratoria ed altri dati ottenibili mediante l’informatizzazione di apparecchiature quali spirometri e ventilatori. Si è soliti dire che un lungo viaggio cominci sempre con un piccolo e giusto passo: nel campo della telemedicina i primi studi corredati da serie statistiche possono già sottolineare quanto la telesorveglianza domiciliare migliori lo stato di salute e la qualità di vita di pazienti, prevenendo instabilizzazioni e reospedalizzazioni inappropriate. Si sta dunque lavorando nella giusta direzione, in attesa che altre branche possano usufruire dei vantaggi della telemedicina, migliorando così l’offerta di un servizio capace di abbattere tempi e distanze. D’altronde, il futuro è dietro l’angolo.
terapia
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Foto di Mimmo Attademo
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lo spazio ideale per imparare a prendersi cura di sé La sala di attesa a cura della redazione
Medicina di Famiglia partecipa al progetto “In – RooM”, il network di media per l’edutainment dei pazienti
Pile di riviste datate, vicini di sedia a volte annoiati, a volte preoccupati, altre volte ancora irrequieti e, soprattutto, lunghi minuti da riempire, da ingannare aspettando di essere ricevuti. Ecco l’immagine-tipo della sala di attesa dello studio medico, troppo spesso vissuta, quasi con un pizzico di rassegnazione, come il luogo del tempo “perduto”. Proprio da quest’ultima riflessione è nato “In – RooM”, il network di media che propone un “nuovo modo di vivere l’attesa” ai pazienti e agli utenti degli studi medici e delle strutture sociosanitarie. Il progetto ha origine da un’idea della Elos s.r.l. - società impegnata in videocomunicazione, informazione ed educazione sociosanitaria - e della Edicare Publishing - società specializzata nell’editoria medico-scientifica - con la collaborazione di altri due partners: GoSalute, portale web di informazione su salute, benessere e medicina, e CommunicationLaboratory, società di grafica e comunicazione. Nel nome del network, in italiano “Nella stanza”, c’è tutta l’essenza del progetto che mira a trasformare la sala d’aspetto da spazio passivamente subito in spazio attivo, nel quale vivere il tempo dell’attesa come una pausa piacevolmente costruttiva, fornendo un servizio informativo ed educativo, rivolto al paziente, attraverso strumenti editoriali e multimediali di piacevole intrattenimento, strumenti che si rivelano anche preziosi supporti educazionali alla professione per lo stesso medico, perché mezzi di aggiornamento scientifico rapidi e diretti. Il network comprende infatti: Medicina di Famiglia, il bimestrale di Medicina Generale, che parla dei temi della salute nei suoi vari aspetti e risvolti sociali e sanitari, cercando di dare risposte ai bisogni infor-
mativi, spesso condivisi, di medici e pazienti, di professionisti e cittadini; Paziente.TV, la rete televisiva a circuito chiuso che trasmette palinsesti creati ad hoc per l’edutainment e l’infotainment dei pazienti, ossia per educare e informare attraverso l’intrattenimento, sui temi della salute, del benessere, della prevenzione e della cura; Pillole della salute, il mensile pensato e dedicato ai pazienti che amano tenersi aggiornati sulle novità di maggiore interesse riguardanti la salute, la ricerca medico-scientifica, la politica sanitaria e che sono pronti ad accogliere consigli e approfondimenti sulla buona alimentazione, sul corretto uso dei farmaci, sulle patologie più diffuse. Offrire ai pazienti strumenti di questo tipo significa innanzitutto avere la possibilità di sensibilizzarli su tematiche di particolare interesse o di stringente attualità e, allo stesso tempo, predisporli ad un migliore approccio con il medico. E offrire ai pazienti strumenti di questo tipo significa poi per il medico poter rafforzare il suo ruolo di pubblica utilità, aggiungere valore informativo ed educativo alle sue prestazioni, creare un clima di tranquillità all’interno dello studio e, soprattutto, migliorare i rapporti con i pazienti. “In - RooM” rappresenta dunque una realtà innovativa nel settore dell’informazione, un privilegiato canale di comunicazione con i cittadini e un particolare punto di riferimento nel campo dell’educazione alla salute, pensato e realizzato con competenza, senso di responsabilità e con l’impegno a fare dei suoi utenti uomini più consapevoli e liberi nella scelta di stili di vita sani e corretti.
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LE REGoLE DI ACCREDItAMENto PRoVIDER ECM LE SOCIETà SCIENTIFICHE AFFILIATE FISM CHIEDONO DI RIvEDERLE a cura della redazione
Le società medico-scientifiche non sono convinti delle nuove regole per l’accreditamento dei provider Ecm, il programma di formazione continua in medicina. Infatti, il nuovo regolamento metterebbe a rischio la sussistenza delle società stesse e presenta diverse criticità. Tra le principali: problemi di natura contabile e fiscale, difficoltà nel reperire gli sponsor, scarsa chiarezza. Nodi che 81 società affiliate alla Fism (Federazione delle società medico-scientifiche italiane) hanno cercato di sciogliere nel corso di un’assemblea straordinaria oggi a Roma. Il documento approvato contiene le proposte di modifica al nuovo regolamento, da sottoporre alla Commissione nazionale formazione continua e al ministero della Salute. Documento che l’Adnkronos Salute è in grado di anticipare. Una delle proposte di modifica è indirizzata a scongiurare ripercussioni fiscali per le società medico-scientifiche, giuridicamente enti non commerciali. Il documento proposto prevede infatti la possibilità che il rapporto con gli sponsor possa essere gestito - oltre che direttamente dal provider - anche da società di servizi, indipendenti o partecipate dall’associazione, sulla base di
L’obiettivo dell’Ecm è di migliorare l’esercizio delle professioni sanitarie, tenendo il paziente al centro. l’aggiornamento professionale arricchisce il professionista, lo rende più capace e più apprezzato dai propri pazienti. L’aggiornamento è un’opportunità, un valore.
specifici contratti sotto il controllo del provider. Così da non gravare sui bilanci delle associazioni provider no-profit. Un capitolo del documento riguarda invece i contributi a carico di chi organizza eventi Fad (formazione a distanza). Contributi pari a 2.500 euro ad evento fino a mille partecipanti. Con la beffa che, se ad un evento partecipano ad esempio 1010 persone, il contributo da pagare arriva a toccare i 5 mila euro. una regola “insostenibile”, per le società scientifiche. Che propongono scaglioni ridotti e il pagamento di un contributo calcolato in base al numero effettivo dei partecipanti. Proposte anche in materia di attribuzione crediti. Per gli 81 firmatari del documento, i congressi nazionali delle società scientifiche dovranno attribuire crediti formativi basandosi su alcuni aspetti fondamentali, quali la tipologia dell’evento o la composizione del panel dei relatori (internazionale, nazionale). Per le società scientifiche, infatti, “l’assegnazione di 5 punti formativi per i congressi nazionali delle società scientifiche - prevista nell’attuale regolamento - appare fortemente limitante e immotivata, rispetto a ciò che queste manifestazioni rappresentano dal punto di vista dell’aggiornamento scientifico”. Tra i punti affrontati, anche quello legato ai crediti ottenuti all’estero. Per le 81 società affiliate alla Fism, presenti in assemblea, i crediti formativi ottenuti attraverso eventi organizzati all’estero devono essere riconosciuti dal sistema nazionale della formazione continua. Per le società scientifiche, infatti, l’aggiornamento “non può avere confini e barriere”. Nel loro documento, le società chiedono anche l’eliminazione dell’obbligo di presentazione della certificazione antimafia. Certificato che per le 81 società “ha senso qualora il provider sia una società privata a scopo di lucro”. Gli 81 firmatari del documento
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37 propongono anche che il controllo dei provider accreditati sia demandato a strutture indipendenti da quelle che ne gestiscono l’accreditamento. “Nel nuovo regolamento - afferma Fism - è evidente il conflitto di interessi legato al fatto che chi accredita i provider coincide con chi li valuta e controlla”. Le società scientifiche chiedono infine la possibilità - per gli sponsor - di gestire direttamente un numero defi-
nito e congruo di inviti a eventi formativi accreditati. “Come può un’azienda sponsor - chiedono infatti gli 81 firmatari del documento - trovare interesse nel sostegno finanziario di un’attività formativa rispetto alla quale non è nelle condizioni di poter scegliere gli invitati né di ricevere una lista dei partecipanti a conclusione dell’evento stesso?”. Roma, 18 ott. (Adnkronos Salute 10-2010).
Come lo stile di vita del medico può influenzare quello dei pazienti L’abilità dei medici nel proporre stili di vita sani ai propri pazienti è direttamente proporzionale alla loro capacità di seguirne uno nella loro vita privata.
Da uno studio pubblicato dalla rivista Preventive Cardiology. I ricercatori dell’University of Michigan Health System di Ann Arbor coordinati da Michael Howe hanno condotto uno studio in cui inviavano via mail un questionario a 183 medici (dei quali 102, il 56%, specializzandi) tra internisti, MMG, endocrinologi e cardiologi riguardante i loro stili di vita e il counseling da loro effettuato sull’argomento nei riguardi dei loro pazienti. È emerso che (i dati sono risultati simili tra medici di ruolo e specializzandi) circa il 25% del campione è sovrappeso (BMI tra 25 e 30 kg/m2) e circa il 7% è obeso (BMI >30 kg/ m2). I fumatori sono risultati pochissimi, un numero statisticamente non rilevante. Circa il 75% dei medici ha misurato colesterolo e pressione sanguigna nell’ultimo anno, e la maggioranza ha valori pressori nella norma e colesterolo totale <200 mg/dL. Il consumo di frutta e verdura è molto basso (i pasti consumati al fast food
sono risultati 1,5 a settimana), e l’esercizio fisico ancor meno diffuso (solo il 9,8% degli specializzandi fa attività fisica 4 o più volte a settimana, mentre tra i medici di ruolo la percentuale sale al 39,5%). Le cause? Per gli specializzandi il troppo lavoro (88%), per gli altri lavoro (48%) e famiglia (22%).Medici così poco in forma sono in grado di consigliare con credibilità e convinzione stili di vita corretti ai loro pazienti? “Avere uno stile di vita sano si traduce in messaggi più credibili per i pazienti”, spiega Howe. “I medici sono molto occupati – soprattutto quando sono specializzandi – ma per mangiare frutta e verdura non serve tempo, e fare molto esercizio fisico oltre migliorare la salute dei medici potrebbe impattare positivamente su quella dei pazienti”. Infatti i medici del campione esaminato con gli stili di vita più discutibili affermano di provare difficoltà a proporre stili di vita sani ai pazienti, perché hanno una bassissima autostima e ritengono di non essere né credibili né soprattutto convincenti.
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LO STRESS: ALLONTANARLO PER GUADAGNARE IN SALUTE CAUSA E CONSEGUENZA DEL PRESENTE Gli attuali modus vivendi e le crescenti aspettative imposte dalla società ci obbligano ad assumere un ruolo che diventa una vera gabbia sociale: una virtuale cattività in grado di destabilizzare la nostra naturale omeostasi, come nelle Sindromi da Stress.
a cura della redazione
Fu l’endocrinologo Seyle nella metà del secolo scorso a far luce sulle meccaniche del disadattamento legato all’inefficace risposta di un soggetto a pressioni esterne. Egli capì come ad un iniziale stadio d’allarme segue un periodo di latenza e resistenza al cambiamento fino ad un patologico esaurimento delle energie, secondo una complessa sintomatologia che non può prescindere dall’indivisibilità di Corpo e Psiche. La Psicosomatica, un moderno ramo della medicina che unisce la psichiatria alla semeiotica tradizionale, ha infatti stabilito che una sbagliata reazione allo stress è il motivo del 70 % delle visite mediche. Cardiopatie, acufeni, problemi gastrici o duraturi cali ponderali sono solo alcuni dei disturbi che accompagnano quello che gli addetti ai lavori chiamano “Distress”, mutuando il valore semantico di un vocabolo preso in presto alla rivoluzione industriale, dove indicava la “resistenza” dei macchinari ai turni
di lavoro. Ma fra patologia e normalità il confine è labile, per questo non bisogna demonizzare lo stress a priori: l’Eustress, infatti, sviluppa positivamente le facoltà mentali e d’adattamento in un bambino. Esistono terapie psicologiche e farmacologiche, ma parafrasando un intelligente slogan pubblicitario, possiamo affermare che “prevenire è meglio che curare”: uno stile di vita regolare, una buona alimentazione e l’attività fisica ci aiutano ad affrontare meglio gli ostacoli giornalieri. Sviluppare le nostre potenzialità all’interno di un sistema dinamico, come la società attuale, migliora la nostra capacità di adattamento. Capire che “tempo e spazio non sono condizioni che viviamo, ma dimensioni del nostro pensiero” (Einstein) è il primo passo da fare verso un nuovo modo di vedere le cose in maniera olistica, senza lasciarci sopraffare dalla vita stessa.
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Foto di Mimmo Attademo
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CEREALI Preziosi alleati della salute COMPONENTE ESSENZIALE DELLA PIRAMIDE ALIMENTARE PER UNA SANA ED EQUILIBRATA ALIMENTAZIONE Antonietta Buo Scienze e Tecnologie alimentari Ischitella (Foggia)
INTRODUZIONE I cereali rappresentano la fonte primaria di energia per l’uomo, hanno segnato, accompagnato e nutrito l’intera umanità nel corso della sua storia. Si ritiene che l’apporto nutritivo derivante dai cereali debba costituire il contributo principale, pari al 60% del totale, di una corretta e sana alimentazione. Numerosi sono gli studi effettuati da parte dei ricercatori sul fatto che le patologie croniche sono supportate da infiammazione sistemica, che ha una funzione chiave nel sistema immunitario con lo scopo di difendere e di preservare l’integrità e la funzionalità dei tessuti. Vi sono prove, che l’adozione di alcune pratiche alimentari può contribuire a controllare l’infiammazione cronica e a minimizzare i rischi di malattia. Numerosi sono gli alimenti che possono abbas-
sare i mediatori infiammatori e di rischio per le malattie croniche. I cereali sono tra questi alimenti che possono ridurre efficacemente i mediatori infiammatori, come documentato da numerose ricerche. I cereali derivano dalla lavorazione dei frutti, detti cariossidi, piante che appartengono alla famiglia delle Graminacee. La cariosside presenta un rivestimento esterno,costituito dal pericarpo, presente per un 6 % circa del peso totale e difende la cariosside da stress termici e idrici; all’ interno sono racchiusi l’embrione o germe, presente per un 3 % circa, che risulta ricco in grassi e vitamine ; l’embrione maturo, prevede un asse longitudinale ed un singolo cotiledone detto scutello. Buona parte del chicco è formato dall’endosperma o albume, il quale subisce un processo di differenziazione che porta alla formazione di uno strato di cellule esterno, detto strato aleuronico ricco in proteine e Sali minerali; l’endosperma è ricco in amido (64-74%) e proteine (8-13%), infatti le proteine sono costituite da proteine di riserva del seme,quali gliadine e glutenine, presenti maggiormente nello strato aleuronico ed in misura minore nello strato più interno che risulta più ricco in amido. GRUPPI DI CEREALI I cereali sono divisi in due sottogruppi: cereali integrali e cereali raffinati. I cereali integrali comprendono l’intero nucleo del cereale (crusca, germe e endosperma). Esempi sono: 1. farina di frumento integrale; 2. farina d’avena; 3. granturco integrale; 4. riso integrale.
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42 USO NELL’ALIMENTAZIONE E VALORI NUTRIZIONALI I cereali hanno un ruolo fondamentale nell’alimentazione umana e sono alla base della dieta mediterranea perché sono la fonte principale di carboidrati, apportano fibre, vitamine del gruppo B, sali minerali quali potassio, ferro, fosforo e calcio. Il contenuto di vitamine e minerali è maggiore nel caso in cui il chicco è utilizzato integralmente. Le proteine sono di scarso valore biologico in quanto mancano di aminoacidi essenziali e hanno un basso tenore lipidico. Una dieta equilibrata deve avere i cereali come fonte di carboidrati abbinati ad altri alimenti, come previsto dallo stile mediterraneo, affinché il profilo nutrizionale sia completo di tutti i nutrienti necessari. I cereali forniscono la maggior parte della propria energia nutritiva come amido e sono anche importanti fonti di proteine. I grani interi (i grani che mantengono crusca e germe) sono ricchi di fibre, acidi grassi e altro.
I cereali raffinati sono stati macinati e sottoposti ad una operazione di estrazione, un processo che rimuove la crusca e il germe. Questa operazione garantisce una maggiore palatabilità e migliora la loro shelf life, ma rimuove anche le fibre alimentari, il ferro, e molte vitamine B. Alcuni esempi di cereali raffinati sono: - farina di grano tenero 00; - granturco degerminato; - farina di mais; - pane bianco ; - riso brillato. Da un punto di vista chimico - nutrizionale la farina e/o semola è caratterizzata da : - acqua (12,5% nelle farine ); - carboidrati o glucidi (70-72%); - pentosani (5%); - amido (64-74%); - fibre (2-3%); - vitamine (B1,B2, B3, PP); - lipidi (0,3%); - sostanze minerali (1,5-2,0 %); - proteine. Già Ippocrate aveva notato che coloro che non consumavano pane integrale andavano incontro a disturbi e malattie, a cominciare dalla stitichezza. La raffinazione, che nei tempi antichi era un lusso, rende il pane più soffice e le farine più conservabili, ma lascia quasi il solo amido, che dà calorie, molte calorie, senza avere una azione protettiva sulle malattie. E invece fa perdere quasi tutto quello che nei cereali integrali protegge e previene, come fibre, saponine, inibitori delle proteasi, fitati, lectine, acidi grassi essenziali, polifenoli, vitamine B, sali minerali rari. Tutti i prodotti a base di cereali come il pane integrale, sono alimenti completi e salutari. Tuttavia, una nuova ricerca finanziata dall’Unione europea dimostra che l’apporto di fibre, vitamine e minerali dei cereali varia considerevolmente a seconda delle diverse varietà. Infatti, l’apporto di fibre di alcune particolari varietà è quadruplo rispetto ad altre.
Il riso è cucinato e mangiato in chicchi interi, anche se esiste inoltre la farina di riso. L’avena può essere arrotolata, macinata o tagliata in piccoli pezzi. Molti altri cereali possono essere macinati per farne diversi tipi di farina. La parte esterna della crusca viene rimossa, questo fa perdere in valori nutrizionali, ma consente un guadagno del grano in resistenza e ne migliora il gusto. Il consumo sproporzionato di cereali macinati è spesso additato come causa di obesità. Questo perché nei cereali macinati, gli strati più esterni, contengono più grassi. Lo scarto della macinazione viene talvolta mischiato nelle alimentazioni degli animali. Una volta macinati i cerali vengono ridotti in farine che possono essere impiegate nella produzione di alimenti solidi quali pane, pasta, e altri. I cereali sono anche ampiamente utilizzati per preparare bevande alcoliche, quali la birra e il whiskey, e non alcoliche come la Barleycup. I cereali sono fonte di energia (circa 350 kcal per 100 g). Sono generalmente poveri di proteine eccezione fatta per il riso, le cui proteine sono ricche di lisina, e per questo è considerata la migliore qualitativamente fra le proteine dei cereali. Il riso è fonte di vitamina B, ma povero di calcio e ferro. Un esempio del valore energetico per 100g di alimento nei cereali più comuni: - pasta di semola (353 Kcal); - pasta all’uovo (366 Kcal); - pane (289 Kcal ); - riso (358 Kcal). Bibliografia a richiesta
EDITORIA
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Novità editoriale di prossima uscita Manuale sulle cure palliative Per il medico di famiglia e tutti gli operatori sanitari che si dedicano alle cure palliative Giovanni B. D’Errico Vanna M. Valori 80 autori - Ricco di illustrazioni e foto a colori Prefazione di
Tristano Orlando, Presidente Aimef Associazione Italiana Medici di Famiglia Presentazione di
Giovanni Zaninetta, Presidente SICP Società Italiana Cure Palliative
Edicare Publishing www.edicare.it - info@edicare.it
Chi si avvicina alle cure palliative non da specialista (perché così speriamo si potrà definire il sanitario ad esse esclusivamente dedicato) ma da medico o da operatore che questi malati potrà comunque incontrare sulla sua strada, troverà in questo testo preziose indicazioni e precisi suggerimenti per rispondere efficacemente ai bisogni dei malati in fase terminale e delle loro famiglie. Questo testo contribuisce a rafforzare la consapevolezza che un periodo significativamente esteso delle cure palliative può ottenere una adeguata risposta proprio dalla medicina generale e dai servizi territoriali, consentendo di assistere questi malati nel loro ambiente familiare e con i ritmi a loro più favorevoli. L’augurio che formulo è che tutti i medici di medicina generale abbiano questo testo a portata di mano per consultarlo, per esserne stimolati, per essere aiutati a considerare la cura palliativa dei malati una occasione preziosa di buona medicina, capace di confrontarsi con la persona al di là della malattia e con la vita e la morte al di là delle quotidiane contingenze Dalla presentazione di
Giovanni Zaninetta (Presidente SICP - Società Italiana Cure Palliative)
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Inception: tutti i livelli del sogno Nolan è un maestro del blockbuster “d’autore”, se così possiamo chiamarli, dirige con maestria un cast eccezionale e scene d’azione al cardiopalma. Eppure c’è molto di più in Inception, c’è in un certo senso il cinema di Nolan, fatto di livelli, di espiazione della colpa e di sospensione dell’incredulità. Penso che solo Matrix possa essere paragonato a questo film -la difficoltà nel distinguere cosa è reale da cosa non lo è- ma Inception lo supera nel finale, diventando ciò che Matrix non è riuscito a essere del tutto - il film che ha cambiato tutto - e andando fino in fondo in quello che è il gioco della realtànon realtà. Un applauso va alle sempre fantastiche musiche di Hans Zimmer, che con la loro potenza trascinano lo spettatore nel sogno e lo immergono completamente nella storia. Un capolavoro di sceneggiatura e di regia, puro intrattenimento intelligente, sicuramente un’esperienza intensa.
La teoria del Big Bang: quando i Nerd prendono il sopravvento Ho sempre pensato che la più geniale e divertente sit-com mai creata fosse Will&Grace: una fantastica satira dell’omossessualità, con personaggi meravigliosi e gag da farti rotolare in terra per le risate. Ebbene, se fino a questo momento la brillante creazione di David Cohan non aveva rivali per me, ora devo ricredermi. The Big Bang Theory è senza dubbio il più geniale esempio di sit-com che io abbia mai visto! Ovviamente l’intreccio narrativo è assai scarso (quattro fisici irrimediabilmente nerd alle prese con una semi-barbie) ma in compenso i dialoghi sono qualcosa di incredibile. Certo, non tutti possono facilmente districarsi fra teoria delle stringhe, fumetti e star trek, ma se si conosce ciò di cui si parla e, soprattutto, ci si identifica nella categoria Nerd allora questa sit-com è da non perdere! Purtroppo in Italia è ancora sconosciuta ai più e devo ammettere anche anche io l’ho scoperta di recente, ma una volta dentro si rimane stregate da Leonard, Sheldon, Raj e Howard, dalle loro assurde manie e dalla loro sconfinata conoscenza... per non parlare della totale mancanza di rapporti sociali!
a cura di Chiara D’Errico
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Mike Wazowski! Perchè una storia fatta di mostri, bambini spaventati e porte sa essere così coinvolgente? Il motivo è uno e uno solo e si chiama PIXAR ANIMATION STUDIOS. Era davvero molto tempo che non guardavo questo film, almeno tre anni, e mi ero quasi dimenticata quanto rasentasse la perfezione assoluta, quanto fossi innamorata di questi personaggi e della loro incredibile simpatia. Mi ero persino scordata quanto fosse tenera la piccola Boo mentre esclama allegra “Mike Wazowski”! Si sa, ogni qual volta si entra in sala per vedere questi film, è necessario sopportare urla stridule di bambinetti a cui non frega nulla del film, ma chissà perchè i genitori non hanno il coraggio di ammettere che vanno pazzi anche loro per queste cose... in ogni caso, non credo esista qualcuno sulla terra, adulto o bambino che sia, che non abbia pianto tutte le sue lacrime su questa storia, o che non abbia riso o sognato, immaginando magari di aprire una porta e trovarsi a Parigi, o sull’Himalaya. E forse gli adulti si sono guardati alle spalle, ricordando la loro infanzia e quando avevano paura che dall’armadio uscisse un brutto mostro per spaventarli, e si sono sentiti meglio sapendo che quel mostro che temevano, altro non è che un semplice dipendente, un onesto lavoratore con una vita, una famiglia e degli amici, esattamente come loro. Chi di noi non si è immedesimato in James P. Sullivan per gli amici Sully - almeno per un secondo? Quale bambino (e forse anche quale adulto) non ha desiderato un amico come Mike Wazowski? Chi non ha storto il viso in una smorfia di tenerezza alla vista della bimba che spaventa i mostri? Questo, questo è il potere della Disney fin dai tempi di Biancaneve e i Sette Nani, quello di far sognare grandi e piccini dello stesso tipo di sogni, quello di trarre fuori il bambino anche dal più cinico degli adulti, un potere che si è trasmesso nei nuovi classici Disney Pixar. Perchè, quando si è bambini, un amico dall’unico grande occhio, o un ‘gatto’ dal lungo pelo blu non sono poi così strani e si riesce a credere che i mostri dell’armadio non siano altro che dipendenti di una grande azienda elettrica.
agenda
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NEXT MEETING I PROSSIMI EVENTI
Novembre 2010 Migliorare la cura del paziente psicotico: il ruolo degli antipsicotici di nuova generazione 3 Novembre 2010, Lecce - Hotel Garden Inn Giornate cardiometaboliche del territorio IV Edizione le complicanze della malattia diabetica 5 Novembre 2010, Mola di Bari (Bari) Sala Convegni Castello Angioino 2a giornata di diabetologia 6 Novembre 2010, Canosa di Puglia (BAT) Hotel Queen Victoria XII congresso nazionale di oncologia medica AIOM 6-7 Novembre 2010, Roma A.I.O.M. Associazione Italiana Di Oncologia Medica Apatia e demenza fronto - temporale 12 Novembre 2010, Bari Masseria Pietrasole – Bari Insieme contro il dolore 13 Novembre 2010 Ospedali Riuniti di Foggia Sala del Tribunale Palazzo Dogana-Foggia XI simposio ostunese di medicina oncologica. Focus on: Neoplasie, nuovi farmaci e nuovi orientamenti terapeutici 13 Novembre 2010, Ostuni (Brindisi) V Convegno Nazionale Centro Studi e Ricerche Società Italiana di Diabetologia Firenze, 18-20 Novembre 2010 Info: www.oic.it - info@oic.it La complessita delle cure in medicina generale 19-21 Novembre 2010, Perugia S.N.A.M.I.D. - Societa Nazionale Di Aggiornamento per Il Medico Di Medicina Generale – Sez. Alto Casertano – Isernia
The IJPC Conferences Oncology for Primary Care Bari, 19-20 Novembre 2010 Info: m.lonigro@communicationlaboratory.it XXVII Congresso Nazionale Societa’ Italiana Medicina Generale 25-27 Novembre 2010, Firenze XI giornata apulo-lucana di dermatologia clinica 27 Novembre 2010, Bari Sheraton Nicolaus Hotel Gastroenterology Update 2010 Bolzano, 28-30 Novembre 2010 Haus der Kultur Walther von der Vogelweide Info: simonetta.colombo@highstyle.it www.highstyle.it XXVII Congresso Nazionale Società Italiana Medicina Generale –SIMG 25-27 Novembre 2010, Firenze Congresso Nazionale SIR 2010 Società Italiana di Reumatologia 24- 27 Novembre 2010, Rimini Palacongressi Della Riviera
Dicembre 2010 71° Congresso Nazionale Società Italiana di Cardiologia 11-13 Dicembre 2010 Roma - Rome Cavalieri XVII Congresso nazionale SICP (Società Italiana Cure Palliative) 1-4 Dicembre 2010, Roma Sheraton Roma Hotel & Conference Center Viale del Pattinaggio 100, Roma http://www.sheratonrome.com/it 4° Congresso Associazione Italiana dell Tiroide (AIT) 02-04 Dicembre 2010, Campobasso
Anno IV n. 3 - Settembre 2010 - Periodico dâ&#x20AC;&#x2122;informazione e aggiornamento per il medico di medicina generale - ISNN 2035-3057