MEDICINA di FAMIGLIA Salute pubblica
ObesitĂ e sindrome metabolica epidemia del terzo millennio
pag. 11
Anno IV n. 2 - Maggio 2010 - Periodico d’informazione e aggiornamento per il medico di medicina generale - ISNN 2035-3057
Informare per prevenire Malattie sessualmente trasmesse pag. 17
La mente e il cuore
Disturbi psicoaffettivi e malattie cardiovascolari pag. 21
Il rischio "asma"
Rinite allergica
ed immunoterapia specifica
pag. 36
EDitORiaLE
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una Svolta nella cura deI malatI oncologIcI In cure pallIatIve È legge Il provvedImento Sulle cure pallIatIve e la terapIa del dolore Giovanni B. D’Errico medico di famiglia, foggia dipartimento di oncologia e cure palliative aimef responsabile nazionale Dopo un lungo e travagliato percorso legislativo finalmente è stata approvata la legge finalizzata a migliorare il benessere e la dignità dei malati terminali e delle loro famiglie. Con i fondi messi a disposizione si cercherà di attivare e uniformare l’assistenza su tutto il territorio nazionale.
dopo anni di impegno da parte di società scientifiche e istituzioni che si occupano di cure palliative, essere riusciti a trovare un accordo per garantire il diritto a non soffrire per 250.000 malati terminali, e 22.000 minori inguaribili, è stato un successo che porterà beneficio a tutta la società. l’aver garantito le cure palliative come livelli essenziali di assistenza rappresenta una vittoria per tutti i cittadini di ogni ceto sociale e di ogni parte d’Italia. I punti più importanti sono: il bisogno di salute, l’equità di accesso, l’uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, la qualità delle cure e la loro appropriatezza. l’approvazione di questa legge sancisce il diritto di ogni persona alla libertà di scegliere il luogo in cui concludere la propria vita, sia esso casa, hospice, ospedale o casa di riposo; e il diritto di avere una continuità di cura, assicurata dalla presenza qualificata di professionisti in grado di dare risposte tempestive ed adeguate. numerose sono le novità: 1. costituzione di una rete di cure palliative: le strutture che erogano questi servizi dovranno assicurare un “programma di cura individuale per il malato e la sua famiglia tutelando la dignità del paziente senza alcuna discriminazione”. oltre alla rete per le cure palliative è prevista la rete per la terapia del dolore e ambedue saranno uniformate su tutto il territorio nazionale, inoltre, sono previste linee guida per promuovere e coordinare gli interventi; 2. campagna di sensibilizzazione e comunicazione: serviranno per informare i cittadini della possibilità di utilizzare l’assistenza prevista e la possibilità di essere curati per il dolore cronico; 3. formazione del personale sanitario: il ministero della salute dovrà istituire un percorso formativo per preparare il personale adibito alla cura di queste persone. Saranno definiti specifici percorsi universitari e l’istituzione di master; 4. monitoraggio dell’applicazione della legge: in questo modo si garantirà lo sviluppo di quanto previsto dal decreto legislativo e le prestazioni erogate;
5. semplificazione della prescrizione degli oppiacei: la prescrizione potrà avvenire su ricettario del SSn senza utilizzare il ricettario a triplice copia e sarà compito del farmacista conservare copia o fotocopia della ricetta. l’unico farmaco rimasto con la prescrizione del ricettario speciale è rappresentato dalla morfina in fiale. I cannabinoidi, che sono importanti per alcune malattie come la Sla, vengono inseriti nell’elenco dei farmaci concedibili; 6. monitoraggio della rilevazione del dolore: diventa un obbligo rilevare il dolore nei pazienti ricoverati, indipendentemente dalla patologia per la quale vengono ricoverati. le osservazioni dovranno essere annotate sulla cartella clinica;
L’aver inserito le cure palliative nei Livelli Essenziali di Assistenza, garantisce un diritto umano inviolabile della persona malata, indipendentemente dalla condizione sociale ed economica e rispetta la dignità della persona fino alla fine. La legge colma un vuoto legislativo e mira a rendere la cure palliative un diritto per tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale. 7. istituzione di fondi specifici: sono stanziati delle somme per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di cure palliative e terapia del dolore. gli inadempienti non potranno accedere per l’anno successivo ai finanziamenti sanitari nazionali. Questa legge finalmente definisce chiaramente che l’assistenza al malato terminale e/o con dolore cronico non può prescindere da un approccio multidisciplinare improntato sulla qualità delle cure e che l’obiettivo della qualità di vita per i malati e le loro famiglie non può essere ottenuto se non si istituisce una rete multidisciplinare e un percorso di cure con la presa in carico del paziente.
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WORLD Pillole dal Mondo
Il caregiver di Annamaria Petito, Antonello Bellomo
Le Sindromi Orticariche Croniche di Giuseppe Iadarola
Malattie sessualmente trasmesse di Antonio Iuso
Disturbi psicoaffettivi e malattie cardiovascolari di Pasquale Caldarola, Maria Cuonzo, Maria Teresa Porcelli, Francesco Troso
DIABETE, alle origini di una malattia diffusa di Giovanni Tanzi
Medicina di Famiglia Medicina e Salute tra Scienza e Società
lavorare nel regno unIto a cura della redazione
terapIa del dolore Leonida Iannantuoni
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la pIZZa a cura della redazione
medIcIna e multImedIalItà di Roberto Zarriello
Il bello del dottor houSe di Chiara D’Errico
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Medicina di Famiglia Medicina e Salute tra Scienza e Società
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6 AGoPUNtURA PER tRAttARE IL DoLoRE l’agopuntura è stato sempre considerato un metodo curativo ai confini della medicina ufficiale. una nuova ricerca condotta dall’università di rochester può aiutare a chiarire alcuni aspetti dell’efficacia delle terapie basate sulle tecniche di agopuntura. Il dottor maiken nedergaard ha pubblicato i risultati sulla rivista neuroscience sottolineando: “l’agopuntura è stato un pilastro delle cure mediche in alcune parti del mondo per oltre quattromila anni, ma siccome non è stato compreso del tutto, molti lo guardano con scetticismo”. lo studio chiarifica come come l’agopuntura sia realmente efficace non solo come effetto placebo, come ritengono alcuni, ma come vero e proprio fattore scatenante di adenosina, elemento dalla forte valenza antinfiammatoria. l’esperimento è stato eseguito su alcuni topolini soggetti a dolori alle zampe. I ricercatori hanno riscontrato che i livelli di adenosina nei tessuti più prossimi ai punti di inserimento dell’ago è stata ventiquattro volte maggiore dopo il trattamento, cosa che ha portato ad un sollievo del dolore alla zampa.
LINEA GUIDA SULLA DISABILItà “DAI DIRIttI CoStItUzIoNALI AI DIRIttI ESIGIBILI” Istituto Superiore di Sanità uno strumento prezioso per le persone con disabilità e i loro familiari, per gli operatori sanitari, i giuristi, i lavoratori del settore scolastico e in generale per chiunque abbia a confrontarsi con il mondo delle malattie rare: è la guida “dai diritti costituzionali ai diritti esigibili”, oggi aggiornata e ampliata grazie alla collaborazione tra il centro nazionale malattie rare dell´ISS e le associazioni crescere - bologna e prader Willi - calabria. Il primo diritto ad essere affrontato è quello sancito dall´art. 32 della costituzione (diritto alla salute). In questo ambito sono passate in rassegna la legge istitutiva del Servizio Sanitario nazionale, la legge quadro sull´handicap e il decreto ministeriale n. 279/2001, che disciplina la rete nazionale per le malattie rare, creata per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle patologie rare. un´appendice aggiunta nella nuova edizione della guida riguarda i trapianti, tra vivi o da persone decedute. Il secondo capitolo è incentrato sul diritto all´educazione e all´istruzione (art. 34 costituzione) e sull´integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Sono ricordate le linee guida per l´integrazione nelle scuole di ogni ordine e grado, le norme sulle barriere architettoniche, la legge che stabilisce la tutela dei dati sensibili e quella che prevede docenti specializzati di sostegno per l´assistenza, la formazione e l´integrazione di alunni disabili.
PILLoLE DAL MoNDo in collaborazione con www.gosalute.it
SoNo PARtItI I CERtIFICAtI MALAttIA oNLINE NoNoStANtE UNA PARtE DEI MEDICI DI FAMIGLIA MANCA DI UNA CoNNESSIoNE ALLA REtE e’ stata pubblicata in gazzetta ufficiale la circolare del ministro per la pubblica amministrazione e innovazione renato brunetta, che di fatto dà il via alla nuova procedura sui certificati di malattia on-line. anche se, è bene ricordarlo, per i tre 3 mesi successivi alla pubblicazione del decreto è riconosciuta comunque la possibilità per il medico di procedere al rilascio cartaceo dei certificati. al termine di questo periodo transitorio ci sarà un mese di collaudo, dopodiché la trasmissione dei certificati dovrà essere effettuata esclusivamente online, pena sanzioni. l’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce infatti illecito disciplinare. nonostante il timore di non avere gli strumenti adeguati per partire in tutte le regioni d’Italia la procedura per inviare i certificati di malattia per via telematica è partita. per il segretario giacomo milillo (fimmg), la percentuale dei medici ‘scollegati’ è abbastanza compatibile con la distribuzione in Italia della banda larga. “anche su questo punto - spiega il segretario nazionale - stiamo lavorando per cercare di trovare altre soluzioni, ad esempio il centralino telefonico. comunque - conclude milillo - il vero banco di prova del sistema sarà il collaudo, a cui parteciperà sia la fnomceo (federazione nazionale ordini dei medici) che i sindacati di categoria”. Secondo lo Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani), il nuovo sistema di certificazione medica online, “così come viene proposto”, è addirittura “sgradito al 90% dei medici”. lo Snami, pur sottolineando di non avere “preclusioni per le nuove tecnologie”, si dice contrario a “innovazioni tecnologiche ‘improvvisate’ che non funzionano e che rallentano addirittura il lavoro dei camici bianchi”. ad auspicare un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali è anche il segretario generale dello Smi, Salvo calì, che nelle scorse settimane ha invitato il ministro brunetta “ad aprire un confronto senza compiacenze, affinché si possa concorrere costruttivamente al processo di innovazione tecnologica della sanità pubblica italiana”. Secondo il Sumai (Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana e professionalità dell’area sanitaria), “sono le Istituzioni, attraverso le regioni, che devono fornirci per tempo gli strumenti per lavorare su questa nuova procedura”.
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7 Immigrati: consulta, assegno invalidità a tutti i regolari
La pillola abortiva: Ru486 In commercio da più di 20 anni in 30 paesi del mondo, la RU486 è utilizzata in Italia dal 2006, anno in cui l’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA) ne autorizzava l’immissione in commercio per il solo utilizzo sperimentale. Da allora sono stati 200 gli aborti eseguiti nella penisola col metodo farmacologico, in regioni ‘’pioniere’’, come Liguria, Toscana e Puglia. Attualmente è utilizzata in regime di ricovero, secondo le raccomandazioni del Ministero della salute e della stessa AIFA, sulle quali dovranno svilupparsi le linee guida delle singole Regioni.
Aumentata sopravvivenza nel melanoma con l’immunoterapia Chicago - Nuove speranze per la cura del melanoma maligno che solo in Italia colpisce 6.000 persone ogni anno e ne uccide circa 1.500, con un’eta’ media che si sta pericolosamente abbassando fino ai 25 anni. Dopo oltre trent’anni di “vuoto” sul piano delle nuove terapie, dal congresso Asco a Chicago, il massimo appuntamento mondiale di oncologia, arrivano notizie incoraggianti per un nuovo modo di combattere il melanoma, l’immunoterapia. L’anticorpo monoclonale Ipilimumab ha dimostrato per la prima volta di riuscire quasi a raddoppiare la sopravvivenza mediana dei pazienti con melanoma avanzato, da 6,4 mesi a 10,1. Tanto che, se fino a ieri appena il 25 per cento dei pazienti sopravviveva a un anno, con il nuovo farmaco la percentuale sale al 46 per cento, con il 24 che arriva ai due anni. Dati i risultati della sperimentazione, dal congresso Asco arriva un annuncio importante: da oggi in Italia si puo’ richiedere il farmaco per uso compassionevole con indicazione per melanoma avanzato. Ogni anno sono 1.500 i possibili pazienti. “Si tratta di risultati rivoluzionari - spiega Paolo Ascierto, direttore Oncologia all’Istituto Pascale di Napoli - perche’ per 30 anni non c’erano novita’ significative sul melanoma, ma anche perche’ il meccanismo che fa funzionare cosi’ bene Ipilumumab puo’ essere replicato anche per altri tipi di tumore, su cui stiamo avviando sperimentazioni”. (Fonte AGI)
Roma - La normativa che stabilisce che l’assegno di invalidita’ va concesso esclusivamente allo straniero che ha il “requisito della titolarita’ della carta di soggiorno e, quindi, alla legale presenza sul territorio dello Stato da almeno cinque anni, pone una discriminazione nei confronti dello straniero rispetto al cittadino”. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale (Presidente Francesco Amirante) con sentenza 187/2010 che ha dichiarato “l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordina al requisito della titolarita’ della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidita’ di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili)”. A parere della Corte rimettente, infatti, la disposizione censurata, nel subordinare il diritto alle prestazioni previdenziali che costituiscono diritti soggettivi, fra i quali deve certamente annoverarsi l’assegno di invalidita’ previsto dall’art. 13 della legge n. 118 del 1971, alla titolarita’ della carta di soggiorno, e dunque al requisito della presenza nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, introdurrebbe un ulteriore requisito atto a generare una discriminazione dello straniero nei confronti del cittadino, in contrasto con i princi’pi enunciati dall’art. 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, e dall’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, adottato a Parigi il 20 marzo 1952, secondo l’interpretazione che di essi e’ stata offerta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Da qui la violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, alla stregua dei princi’pi affermati da questa Corte nelle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007. (Fonte AGI)
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Il caregiver Sostenere chi sostiene Annamaria Petito Docente di Psicologia Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Foggia Antonello Bellomo Docente di Psichiatria Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Foggia
In Italia, due famiglie su tre provvedono da sole a prestare le cure agli anziani non autosufficienti. Una scelta a volte obbligata dalla carenza dei servizi.
Si parla molto di quello che gli inglesi hanno chiamato care giving work intendendo un soggetto che si prende cura di un altro individuo che non riesce più ad occuparsi di se stesso in modo autonomo a causa di una patologia cronica, degenerativa o invalidante (Sasso et al., 2005; Smeltzer et al., 2001). Il caregiver è dunque la persona, o le persone, per lo più familiari oppure amici, vicini di casa, collaboratori a pagamento, che assumono, spesso all’improvviso, un carico assistenziale di notevoli proporzioni e che si preoccupano di rispondere a bisogni fisici, psichici e sociali (Grimaldi & Fabbrini, 2007). Questo ruolo obbliga il caregiver ad apprendere nozioni assolutamente nuove e ad essere presente nell’intero arco di 24 ore, decidendo ed operando di conseguenza. Quando il caregiver è rappresentato da un familiare, si parla di caregiver spontaneo o informale. Pertanto, il caregiver informale è una persona inesperta di assistenza, che, da un lato, deve riuscire improvvisamente a occuparsi di un proprio congiunto malato, garantendo una cura continua e costante e, dall’altro, deve fare i conti con le proprie paure, il proprio dolore e deve affrontare tutte le difficoltà legate all’attività di caregiving, quali cambiamenti di ruolo, perdite economiche, riduzione del tempo libero, aumento dello stress quotidiano (Corli et al., 2005). Le cure sono rivolte alla persona nel suo insieme e non alla malattia, adottando una prospettiva patient-centred (Mc Gaghie 1978; Karon, 1996; Smith, 1977). Quindi, il caregiver assiste la persona malata nelle attività quotidiane (fare la spesa, cucinare, lavare i vestiti, ecc.), nell’assistenza finanziaria, nelle pratiche burocratiche, monitora i sintomi, aiuta i sanitari nel programma terapeutico e/o riabilitativo e soprattutto fornisce sostegno psicologico
e affettivo. Nel nostro paese il caregiver è prevalentemente donna, così come si evidenzia da una ricerca condotta dal Censis (1999) con una percentuale che supera l’80% nella fase severa di malattia, confermando l’eterno ruolo femminile di dispensatrice di cure. Il ruolo dell’operatore sanitario Nell’assistenza ad un paziente cronico non basta la tecnologia e non bastano i servizi se ad essi non corrisponde “una cultura che non si limiti a considerare il malato e i suoi bisogni e non chiuda l’attenzione alle relazioni familiari” (Fuggeri, 1997). L’operatore sanitario deve essere consapevole di inserirsi, con il suo intervento, in un sistema con delle regole e in un equilibrio messo a dura prova dai cambiamenti imposti dalla malattia. Quindi, la prima indicazione utile può essere quella di affinare le capacità di osservazione e di ascolto, prima di agire, al fine di raccogliere le informazioni necessarie ad identificare le modalità di intervento più idonee ed efficaci. L’osservazione permette di cogliere eventuali discrepanze tra ciò che viene riferito e ciò che accade, mentre l’ascolto attivo facilita tanto l’individuazione dei bisogni reali, quelli che vanno al di là della richiesta esplicita, quanto la decodifica dei segnali verbali e non verbali sia del paziente che del caregiver. Per fare questo l’operatore sanitario deve imparare a sospendere i giudizi di valore, perché non è utile capire chi ha ragione o torto e chi fa bene o male, dal momento che la storia e gli equilibri del sistema familiare non sono noti. È indispensabile invece “fotografare” la situazione, per comprendere le criticità e i punti di forza del sistema e costruire strategie di intervento efficaci. Nella prima fase di
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malattia l’ascolto può aiutare i familiari che hanno scarse conoscenze riguardo la malattia e le sue manifestazioni o che, ancora poco consapevoli di ciò che sta accadendo, sono angosciati, confusi e tendono a mettere in atto strategie di gestione inadeguate. In una fase più avanzata la disponibilità di un operatore sanitario permette al caregiver di esprimere dubbi, emozioni contrastanti, di chiedere indicazioni per dare senso ai comportamenti “illogici” del paziente, a volte segni di patologie somatiche sottostanti. L’operatore sanitario può dare inoltre al familiare informazioni utili a riorganizzare l’ambiente e a renderlo idoneo alla condizioni del paziente, o ancora indicazioni appropriate rispetto alla rete dei servizi. In questa fase il familiare spesso è stanco, esasperato, talvolta aggressivo: è fondamentale che l’operatore sanitario sia in grado di comprendere queste reazioni, senza sentirsi attaccato o squalificato. Nell’ultima fase di malattia il malato richiede più assistenza infermieristica. Le emozioni espresse più di frequente dal caregiver sono la preoccupazione per la situazione clinica, il dolore per la perdita della relazione, l’angoscia per l’idea della morte imminente. Un operatore sanitario attento può identificare precocemente l’insorgenza di problemi di tipo sanitario, ma anche aiutare il familiare ad esprimere i suoi timori e il suo dolore. Un’ultima riflessione, ma non ultima per importanza, è la necessità che l’operatore sanitario impari ad osservare e ad ascoltare anche se stesso, per cogliere le proprie potenzialità, ma anche i propri limiti, al fine di ridurre il rischio di burn-out. Conclusioni Il percorso di cura nella gestione delle patologie croniche, degenerative o invalidanti è complesso e problematico; si è cercato di tratteggiarne alcune linee generali, ben sapendo che rappresentano solo la punta dell’iceberg di ciò che accade nella realtà. La cronicità della malattia, comporta tra l’altro, una condizione dolorosa di anticipazione e di perdita, un’esperienza che coinvolge tutto il corso di malattia con “un vasto raggio di emozioni intense e di interazioni complesse, che si sviluppano in relazione alle grandi sfide e ai grossi sforzi che il malato e la sua famiglia si trovano ad affrontare lungo tutte le fasi del decorso di una malattia, spesso gravemente invalidante” (Onnis, 1996). Nel decorso
di una patologia grave infatti, non c’è tempo per adattarsi ad una perdita, cognitiva, funzionale o quale essa sia, perché subito ce n’è un’altra e un’altra ancora. L’équipe terapeutica non deve perciò dimenticare di “sostenere chi sostiene” per tutto il corso lungo e accidentato della malattia. L’attenzione posta ai processi diagnostici, terapeutici o assistenziali in senso stretto, non deve far dimenticare l’attenzione alla cura, ovvero alla comprensione dei bisogni e del dolore di chi è malato e di chi se ne fa carico, spesso per anni. bibliografia 1. Censis. La mente rubata. Milano: Franco Angeli 1999. 2. Corli O, Pizzuto M, Marini MG et al. La famiglia e il malato terminale, Centro studi e ricerca Osservatorio Italiano di Cure Palliative Progetto 2004. Milano: Grunenthal Formenti, 2005. 3. Mc Gaghie WC, Enge JD, Rishey ME. Standaidized testing in health professions education: problems and prospects. Eval Health Prof, 1978 Summer; 1(2): 10-24. 4. Fuggeri L. Famiglie. Roma: Nuova Italia Scientifica 1997. 5. Grimaldi V. & Fabbrini F. Proposta di uno strumento per misurare il carico assistenziale del caregiver di un paziente oncologico in fase terminale a domicilio. La Rivista Italiana. 2007;1- 53. 6. Karan SL, Zimmerman DR. Using indicators to structure quality improvement intiatives in long-term care. Qual Manag Health Care, 1996 Spring; 4(3): 54-66. 7. Maslach C. Burnout. The cost of caring. N Y: Prentice Hall Press, Inc. 1982. 8. Onnis L, Allocati V. Un modello di approccio sistemico alla malattia somatica cronica grave. Psicobiettivo 1996;II:39-52. 9. Sasso L, Gamberoni L, Ferraresi A et al. L’infermiere di famiglia. Scenari assistenziali orientamenti futuri. Milano: McGraw-Hill, 2005. 10. Smeltzer SC, Bare BG. Brunner Suddarth Nursin medico chirurgico. Milano: Casa Editrice Ambrosiana, 2001. 11. Smith HL, Shortell SM, Saxberg BO. Administration: the critical long-term care variable. Health Care Manage Rev, 1977 Fall; 2(4): 67-72.
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Obesità e Sindrome metabolica negli adolescenti L’EPIDEMIA DEL TERZO MILLENNIO Giovanni Colucci Medico di Medicina Generale, Taranto Pasquale Iacovazzo Medico di Medicina Generale, Taranto Fedele Pavone Medico di Medicina Generale, Taranto Enza Colucci Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Università di Foggia Fabio Robusto Corso in Formazione specifica in Medicina Generale, Taranto Lorenzo Dell’Aquila Corso in Formazione specifica in Medicina Generale, Taranto
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha definito l’obesità “uno dei maggiori problemi di salute pubblica dei nostri tempi”. E’ una patologia multifattoriale sulla quale intervengono fattori ambientali che provocano aumento di peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo.
L’obesità riflette il profondo cambiamento che è avvenuto nelle società industrializzate a partire dalla metà dello scorso secolo ed è il principale fattore di rischio per l’insorgenza di importanti patologie quali la Sindrome Metabolica (SM), il Diabete Mellito (DM) di tipo 2 e l’Ipertensione Arteriosa (IA), con aumento della mortalità e riduzione dell’aspettativa di vita di circa 7 anni. Questa stretta correlazione di eventi ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a parlare di vera e propria epidemia: la “globesity”. Con tale termine si esplica un fenomeno sociale e culturale che riguarda entrambi i sessi, tutte le fasce di età e soprattutto classi sociali, esulando dall’essere esclusiva piaga dei paesi industrializzati, ma anche di molti di quelli in via di sviluppo. L’obesità in età infantile ha portato all’insorgenza di patologie un tempo considerate esclusive dell’età adulta, quali il DM, la SM che colpisce il 20-25% della popolazione generale e IA. L’obesità può essere definita come una patologia multifattoriale (genetica, ipotalamica, endocrina, errori nutrizionali, insufficiente attività fisica),
sulla quale intervengono fattori ambientali che provocano l’aumento del peso corporeo per l’eccessivo accumulo di tessuto adiposo. Il riscontro statistico non lascia dubbi: nel 2005 oltre un miliardo di persone in tutto il mondo era in sovrappeso/obesità, di cui 805 milioni donne, con almeno 300 milioni obese. Inoltre, circa 22 milioni di ragazzi di età inferiore a 15 anni erano obesi, con un trend in costante aumento. In Europa vi sono 400 milioni di persone in sovrappeso e circa 130 milioni di obesi. La prevalenza dell’obesità in Europa è triplicata dagli anni settanta agli anni ottanta e il trend è ancora in crescita; a tutt’oggi il 20% dei bambini europei è in sovrappeso, con picchi del 33.6% nei maschi e del 34.6% nelle femmine di età compresa tra i 6 e i 9 anni. Il dato ancor più preoccupante è che 1/3 di questi soggetti sono già obesi. Con l’aumentare dell’età cresce anche la percentuale di popolazione obesa: la prevalenza dell’1.3% nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni, raggiunge il picco massimo tra i 55 e 74 anni con percentuali variabili dal 14.3% al 15.7% e poi diminuisce fra gli
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anziani (over 75 con percentuali del 10.9%)1. In Italia la SM interessa circa il 25% degli uomini e addirittura il 27% delle donne. La percentuale totale corrisponde a circa 14 milioni di individui2. Vi è un aumento dell’incidenza di obesità del 9% in più rispetto all’indagine effettuata dall’Istat negli anni 1999-2000, arrivando a 4.700.000 unità (dati ricavati dall’ultima indagine Multiscopo dell’Istat pubblicata nel 2007, con riferimento all’anno 2005). Il tessuto adiposo, una volta ritenuto “inerte”, si può considerare una vera e propria ghiandola endocrina al centro della produzione di sostanze attive (ormoni ed enzimi), tutti coinvolti nella genesi della SM. Abbiamo studiato una popolazione di adolescenti del comune di Martina Franca (Taranto) delle scuole medie inferiori e superiori per valutare le loro abitudini alimentari e lo stile di vita. Sono stati considerati i seguenti indicatori: a) organizzazione dei pasti nella giornata; b) tipo di alimentazione; c) frequenza con cui i diversi alimenti vengono assunti nell’arco di tempo di una settimana;
d) tipo e frequenza di attività ludico ricreative e sportive praticate; e) tempo dedicato ad attività sedentarie come fare i compiti o usare il computer. Il campione osservato era di 2867 adolescenti (721 medie inferiori e 2146 medie superiori). Il campione delle scuole medie inferiori di 721 ragazzi, 346 femmine (48%) e 375 maschi (52%), con un età media di 12,32 (mediana di 12, SD = 0,88). Più del 70% (512) dei soggetti era in una condizione di normopeso, il restante 30% (209) in una condizione di sovrappeso; nello specifico il 24,5% (169) è risultato in una condizione di sovrappeso e il 5,5% (40) erano francamente obesi. Quasi il 58% dei soggetti complessivamente in sovrappeso è risultato di sesso maschile, mentre tale percentuale scende al 50% tra i normopeso (p<0,05 e OR=1,4; IC al 95% 1 – 1,9)3. Il campione esaminato delle scuole medie superiori è risultato costituito da 2146 alunni. Il 51.7% (n=1109) della popolazione è rappresentato da femmine (età media 15.88, DS 1.61) e il 48.3% (n=1037) da maschi (età media 15.77,
attuaLità
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13 dS 1.50). la prevalenza totale di sovrappeso/obeso (S/o) è stata del 24.9% (con oltre il 55% di sesso maschile)4. nelle due popolazioni, le uniche correlazioni trovate sono che: introdurre più pasti nella giornata è un fattore protettivo per sovrappeso/obesità. non sono emerse, invece, differenze significative tra n e S/o nel consumo settimanale dei diversi alimenti (carne, pesce, pasta, pane, frutta, verdura, legumi) e nel livello di sedentarietà (valutato attraverso il numero di ore/settimana dedicate allo sport , a compiti o utilizzo di computer e videogiochi). la carne è consumata più volte nella settimana dal 69% sia da n che da S/o. Il pesce viene mangiato meno frequentemente della carne: poco oltre il 50% dei soggetti lo consuma più volte nella settimana e il 40% mai. circa il 55% di entrambi i gruppi consuma la pasta una volta al giorno, mentre il 40% mangia verdure più volte la settimana. oltre il 40% di n e S/o mangia la frutta più volte al giorno. Quasi il 68% dei soggetti pratica un’attività sportiva: sia n che S/o fanno mediamente 4 ore di attività fisica alla settimana. Il 66% dei ragazzi usa il computer e poco oltre il 20% videogiochi. le cause del S/o sono molteplici: stili di vita non corretti (cattive abitudini alimentari, riduzione dell’attività fisica), contesto socio-economico, grado d’istruzione, alterazioni organiche (recettori ipotalamo-ipofisari) e produzione di adiponectine. la presenza in casa di videogiochi, computers e televisione favorisce la sedentarietà e la tendenza all’isolamento, cause a loro volta di errate abitudini alimentari come l’assunzione di snacks (bambino obeso ma malnutrito). le cattive abitudini dietetiche sono inversamente proporzionali alle condizioni sociali ed al titolo di studio; la dieta ricca di grassi e carente di proteine nobili, frutta e verdura, è stata “trasferita” ai ceti sociali più economicamente svantaggiati e/o scarsamente acculturati, mentre le classi più abbienti e/o con un grado di istruzione più elevato, hanno acquisito abitudini più salutiste con conseguente riduzione di mortalità per malattie cardiovascolari5. la presenza di uno o entrambi i genitori in eccesso di peso comporta un maggior rischio per bambini ed adolescenti. Sempre dall’indagine Istat, è stato evidenziato che nelle fasce di età (6-17 anni) considerate: a) se entrambi i genitori sono in sovrappeso, la percentuale di ragazzi che presenta lo stesso disturbo è di circa il 34%, b) è del 18% se nessuno dei due genitori è in sovrappeso; c) è di circa il 25% se a pesare troppo è solo la mamma 25,4%, se solo il papà 24,8%. Inoltre, senza tener conto del grado di parentela, se in famiglia c’è almeno un adulto obeso, i bambini tra i 6 e i 13 anni con problemi di peso sono ben il 42,1%6. e’ stato scoperto che i preadipociti sono presenti sia nei bambini che negli adulti e che, stimolati, possono aumentare sia di numero che di dimensioni. CoNCLUSIoNI Si può concludere che nei bambini è fondamentale ridurre il numero di adipociti poiché ciò li condannerebbe a rimanere obesi per il resto della vita; negli adulti, invece, gli adipociti rimangono pressoché numericamente uguali mentre aumenta il loro volume e vengono stimolati a produrre adipochine e ad innescare tutti i meccanismi alla base dell’insorgenza delle patologie correlate all’obesità tra cui l’insulino-resistenza (Ir) che si accompagna a uno stato proinfiammatorio-protrombotico. l’Ir compensata fino ad un certo punto, dall’aumentata produzione d’insulina (iperinsulinismo compensatorio),
Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli adulti in sovrappeso (considerando come valore soglia un indice di massa corporea superiore a 25) sono più di un miliardo, di cui almeno trecento milioni clinicamente obesi. Uno dei rischi più importanti è la comparsa della sindrome metabolica, responsabile delle numerose complicanze.
predispone all’iperglicemia fino alla comparsa del diabete di tipo 2 e all’ipertensione arteriosa (vedere figura) (ipertono simpatico, attivazione Sraa, ritenzione idrica, aumento del tono vascolare). e’, infatti, universalmente accettata l’associazione tra obesità e Ir, anche se non è ancora stata chiarita la relazione causa-effetto tra tali condizioni. come osservato da a. Weiss et al. della Yale university la prevalenza della Sindrome metabolica è alta tra i bambini S/o ed aumenta in maniera proporzionale all’incremento del peso corporeo. la prevalenza della Sm aumenta con l’età con un picco tra i 50 e i 60 anni7;i pazienti affetti da Sm hanno un rischio aumentato di 2-3 volte rispetto alla popolazione generale di sviluppare complicanze cardiovascolari ed ictus (per accelerata aterosclerosi)8 e un rischio aumentato di 5 volte di sviluppare dm di tipo 2 9. BIBLIoGRAFIA 1. bellizzi mc, horgan gW, guillaume m, dietz Wh. prevalence of childwood and adolescent overweight and obesità in asian and european countries. nestlè nutrition Workshop Series, pediatric program 2002; 49: 26-33. 2. rapporto sulla salute europea del 2005. 3. harano, m. Suzuki, Y. Koyama, et al (2002). multifactorial insulinresistance and clinical impact in hypertension and cardiovascular diseases J diabetes complications 16: 19-23.-boy…) 4. d. martinelli, g. colucci, p. Iacovazzo, f. pavone, r. prato, c. germinario, obesità e stili di vita in un campione di adolescenti pugliesi. l’esperienza di un gruppo di medici di medicina generale. annali di Igiene, 2006; 18:383-389. 5. p. Iacovazzo, g. colucci, f. pavone, f. robusto, l. dell’aquila, e. colucci^, v. contursi, g. de pergola. abitudini alimentari in una popolazione di adolescenti sovrappeso/obesi. Studio osservazionale. (in press). 6. vannoni f, burgio a, Quattrociocchi l, costa g, faggiano f. differenze sociali e indicatori di salute soggettiva, malattie croniche, disabilità e stili di vita nell’indagine IStat sulla salute del 1994. epid prev 1999; 23: 207-14. 7. grundy Sm, hansen b, Smith Sc, et al. clinical management of metabolic Syndrome: report of the american heart association/national heart, lung, and blood Institute/american diabetes association conference Scientific Issues related to management. circulation 2004; 109: 551-6. 8. opie lh. metabolic Syndrome. circulation 2007;115:32-5. 9. grundy Sm. obesity, metabolic Syndrome and cardiovascular disease. J clin endocrinol metab 2004; 89: 2595-600.
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PRATICA CLINICA
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Le Sindromi Orticariche Croniche DAL SINTOMO ALLA DIAGNOSI Giuseppe Iadarola Responsabile Ambulatorio di Immunologia Clinica ed Allergologia S.C. Medicina Interna Ospedaliera Azienda Ospedali-Università, Foggia
L’orticaria cronica è una malattia infiammatoria molto frequente dovuta a molteplici cause non sempre identificabili. Infatti, in una gran parte dei casi l’eziologia rimane sconosciuta.
Introduzione Le sindromi orticariche croniche, che includono anche manifestazioni a tipo angioedema, sono entità nosologiche ad estrinsecazione clinica differente, ma con comune meccanismo fisiopatologico: degranulazione mastocitaria con successiva vasodilatazione, aumento della permeabilità vasale, edema cutaneo e/o mucoso. Ancora più variegati, e non sempre conosciuti, risultano essere i momenti eziopatogenetici che ne stanno alla base. Nell’ orticaria sono interessati i vasi del derma e i vasi superficiali delle sottomucose; mentre nell’ angioedema sono colpiti i vasi più profondi di cute e mucose. L’elemento caratteristico dell’orticaria è il pomfo, rilevatezza cutanea a rapida comparsa. Inizialmente la superficie è piana ed eritematosa, poi diviene pallida e rilevata con alone eritematoso assumendo forme e dimensioni varie; infine la lesione si trasforma in una intumescenza arrossata. Oltre la cute possono essere colpite le mucose superficiali e profonde (disturbi gastroenterici, urinari). L’angioedema si manifesta con una lesione singola (in genere al volto) caratterizzata da scarso prurito e da una maggiore sensazione di bruciore e gonfiore. Possono essere colpite anche le mucose profonde (es. mucosa della glottide). Il 25% della popolazione generale soffre almeno una volta nella vita di orticaria e/o angioedema. L’ ORTICARIA ACUTA per definizione ha una durata inferiore alle 8 settimane e rappresenta il 75% di tutte le forme di orticaria. Colpisce maggiormente l’età giovanile e i due sessi con la stessa frequenza. La diagnosi eziologia viene fatta in circa il 60% dei casi secondo la maggior parte degli
studi epidemiologici. L’ ORTICARIA CRONICA dura oltre le 8 settimane e incide per il 25% dei casi. Colpisce specialmente l’età mediaavanzata e il sesso femminile. La diagnosi eziologica viene fatta nel 10-80 % dei casi a seconda delle statistiche. Da un punto di vista eziologico, secondo l’ ultimo EAACI Position Statement (ALLERGY 2001:56: 813-824), l’orticaria viene distinta in allergica e non allergica; e, nell’ambito delle prime forme, in IgE-mediate e non IgE-mediate. Tabelle 1, 2, 3, 4. L’ orticaria cronica colpisce lo 0,1% della popolazione generale (Greaves, 2000). L’età media interessata è di 35 anni per le femmine e di 31 anni per i maschi. La durata media delle manifestazioni cliniche si aggira intorno ai 3-4 anni, potendo però spaziare dalle 8 settimane fino ad oltre i 10 anni. L’angioedema si associa nel 53% dei casi. Frequentemente sono implicati molteplici fattori eziopatogenetici, spesso tra loro sinergizzanti. Si può verificare la coesistenza o la sequenzialità di meccanismi immuni e non immuni. Non di rado sono implicati anche fattori psicogeni (inizializzanti o conseguenziali). Di fondamentale importanza nell’iter diagnostico è l’anamnesi, che deve tener conto di epoca di insorgenza, circostanze, fattori scatenanti, familiarità, infezioni in atto, terapie in atto, patologie concomitanti, clinica delle lesioni, sintomi associati. L’anamnesi dovrà fare da guida anche per le indagini labo-
PRATICA CLINICA
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16 Tab.1 Orticaria allergica
Tab. 2 Orticaria a patogenesi immune non definita
Immunoreazioni di I tipo (alimenti, farmaci, inalanti, parassiti, veleno di imenotteri)
da infezioni
Immunoreazioni di II tipo (reazioni trasfusionali)
in corso di neoplasie
Immunoreazioni di III tipo (vasculite, malattia da siero, malattie autoimmuni, infusioni di Ig)
Tab. 4 Orticaria a patogenesi ereditaria
Autoimmune
Tab. 3 Orticaria a patogenesi extraimmunologica da sostanze istamino-liberatrici dirette
da parassiti
angioedema ereditario da freddo familiare da freddo ritardata da caldo familiare localizzata ritardata associata ad amiloidosi e sordità
fisica
angioedema vibratorio familiare
psicogena
protoporfiria eritropoietica con orticaria solare
da contatto (irritativa)
deficit del C3b-inattivatore
da altri fattori
deficit di carbossipeptidasi-N
ratoristiche e strumentali da fare step by step a seconda dei casi. Nel 5% circa dei casi si tratta di Orticaria Fisica (colinergica, da freddo, da pressione). Nel 8-10% dei casi è un’ Orticaria Vasculite in corso di LES, S. di Sjogren, Crioglobulinemia, S. paraneoplastica. Nel 5-7% dei casi è un orticaria in corso di malattie infettive, più spesso batteriche (granulomi apicali, foci tonsillari, empiema colecistico, infezione gastrica da H. Pylori). Nel 4% dei casi è una forma da contatto con meccanismo immunopatogeno (lattice, nichel). Nel 2% dei casi è in causa una parassitosi (Giardia Lamblia, Ascaride, Tenia). Nel 2% dei casi è sostenuta da un farmaco assunto cronicamente(ACE-inibitore, FANS, β-lattamico).
Il 40-50% dei casi di pazienti precedentemente etichettati come affetti da Orticaria Cronica Idiopatica presenta una forma autoimmune, definita Orticaria Cronica Autoimmune (OCA) (Kaplan, 2004). Essa è sostenuta da autoanticorpi IgG diretti contro FCεRI o contro IgE (Kaplan, 2004); lo skin test con siero autologo risulta positivo nel 90% circa dei casi; l’OCA è spesso associata con autoanticorpi anti-Tiroide (27%) ed altri disordini autoimmuni quali Artrite Reumatoide, Anemia Perniciosa, Vitiligine (Kaplan, 2004). Spesso vi è associazione con HLA-DR4 e HLA-DQ8 (O’Donnell et al., 1999). Bibliografia a rischiesta: info@edicare.it
prevenZIone
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MALAttIE SESSUALMENtE tRASMESSE non Sottovalutare e Informare Antonio Iuso medico di famiglia medicina di gruppo fleming, foggia
Le Malattie Sessualmente Trasmesse, mai messe sotto controllo stanno tornando in auge. È l’ignoranza e la sottovalutazione che fa progredire queste malattie. I giovani sono più colpiti. L’unica arma per combatterle è l’informazione nelle scuole, nei consultori negli ambulatori di medici di famiglia e specialisti.
negli ultimi anni il numero delle malattie trasmesse per via sessuale è enormemente aumentato, questo aumento è determinato dalla maggiore libertà sessuale, dal riconoscimento delle vie di diffusione, dai mezzi diagnostici e dalla diminuita reticenza dei pazienti nel manifestare i propri sintomi al medico. le più frequenti malattie sessualmente trasmesse sono: la gonorrea, la SIfIlIde, l’ ulcera venerea, il granuloma InguInale, la clamIdIa, l’ herpeS genItalIS, l’ epatIte vIrale, la candIdIaSI, la trIcomonIaSI, i condIlomI e l’ aIdS. alcune di esse sono benigne, di facile diagnosi e con sintomatologia soggettiva e obbiettiva locale,
Nei casi in cui si verificano comportamenti “a rischio” (rapporti non protetti con partner occasionali o con un partner stabile che, però, ha avuto rapporti “a rischio”) è consigliabile effettuare controlli medici periodici, per rilevare, così, l’eventuale presenza di infezioni ed iniziare in modo tempestivo il trattamento più idoneo.
mentre altre sono di più difficile diagnosi, con sintomatologia soggettiva ed obbiettiva sia locale che sistemica, altre invece sono asintomatiche per un sesso e sintomatiche per l’altro sesso. GoNoRREA l’agente eziologico di questa malattia è la neisseria gonorrea, un batterio della famiglia dei cocchi che colpisce prevalentemente il sesso maschile e come le altre malattie veneree è soprattutto una malattia dei giovani. Infatti la maggior parte delle infezioni si riscontrano nei giovani di età tra i 16 e i 26 anni che hanno un elevato di numero di partners sessuali. nel soggetto di sesso maschile la malattia si manifesta con uretriti acute, il paziente lamenta gocciolamento di materiale sieropurulento dalla uretra, bruciore e dolore durante la minzione e può portare anche orchite ed epididimite. nel soggetto di sesso femmine la gonorrea colpisce sia i genitali esterni che interni, si presenta con una secrezione mucopurulenta, bruciore e dolore alla minzione. l’ infezione cronica può provocare una salpingite con conseguenza ostruzione delle tube di falloppio e quindi in modo estremo anche la sterilità. la diagnosi viene effettuata mediante tecniche di laboratorio con l’esame colturale della secrezione muco-purulenta e la ricerca al microscopio della neisseria gonorrea. la terapia si basa sull’ uso di antibiotici specifici.
PREVENZIONE
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18 Sifilide L’ agente patogeno di questa malattia è una spirocheta, un batterio a forma di spirale il “Treponema Pallidum”, batterio che ha bisogno di umidità per sopravvivere, per questo motivo si sviluppa preferibilmente in bocca e nella regione ano-genitale. Si trasmette per via sessuale ed ha un periodo di incubazione che va dai 15 ai 90 giorni.
La malattia primaria si manifesta entro 6 settimane dal contagio. La fase primaria della malattia si manifesta con una ulcera genitale dura ed indolore con o senza rigonfiamento dei linfonodi loco-regionali, la fase secondaria si manifesta dopo un lasso di tempo che va dalle 6 settimane ai 5 mesi ed è caratterizzata da malessere generale con febbre, perdita dei capelli, perdita di peso ed eruzioni cutanee papulomaculose con linfoadenopatia generalizzata, può causare anche epatite, nefrite, meningite e lesioni delle ossa e degli occhi. Seguono la fase secondaria, terzaria e quaternaria che compare dopo 8-20 anni dall’infezione.La diagnosi si effettua oltre che con l’esame clinico delle lesioni con l’esame colturale delle lesioni nella fase primaria e secondaria, mentre nella fase terziaria e quaternaria la diagnosi è solo sierologica. La terapia per la sifilide primaria e secondaria è fatta con la penicillina, mentre per le altre 2 fasi non esiste terapia. Ulcera Venerea E’ conosciuta come ulcera molle, è una delle malattie veneree minori, ha un periodo di incubazione che va dai 3 ai 6 giorni. L’ agente patogeno è un streptobacillo l’ Hemofilus Ducrey. Si pensa che esso penetri attraverso una minuscola soluzione di continuo della cute o attraverso la membrana mucosa il più delle volte in conseguenza di un trauma coitale minore. La lesione tipica è indipendente dal sesso del paziente ed è costituita da ulcera molle non indurita con essudato sporco alla base, dolorosa e molto tenera al tatto. Il contatto con l’ acidità delle urine è particolarmente doloroso tanto da portare a ritenzione urinaria.La diagnosi differenziale deve essere fatta con l’ ulcera primaria della sifilide.La terapia è fatta con sulfamidici ed antibiotici. Granuloma inguinale E’ una delle malattie veneree così dette minori. E’ malattia rara nelle nostre parti, infatti si verifica maggiormente nei
paesi tropicali e subtropicali (INDIA,BRASILE,CINA MERIDIONALE ed AFRICA. L’ agente patogeno è il CALYMMATO-BACTERIUM GRANULOMATIS, altrimenti detto BATTERIO di DONOVAN, ha un periodo di incubazione che può variare da pochi giorni fino a 3 mesi e si manifesta con una lesione formata da 1 o più pustole indurite a livello dei genitali esterni maschili e femminili.La diagnosi si fa al microscopio con lo striscio del materiale prelevato dall’ ulcera dove si trovano i corpi di DONOVAN che sono caratteristici della malattia.La terapia è a base di antibiotici. Clamidia L’ agente patogeno è la CLAMIDIA TRACOMATIS un batterio simile ai virus perchè è un intracellulare. Varie sono le condizioni cliniche che causa. Nei soggetti di sesso maschile causa uretrite ed epididimite, mentre nei soggetti si sesso femminile la sintomatologia soggettiva consiste in: cervicite, bartolinite, salpingite, annessite, sindrome uretrale acuta ed endometrite puerperale.Negli uomini e nelle donne causa il tracoma endemico, congiuntivite e proctite. Nei neonati da mamme infette l’infezione da CLAMIDIA TRACOMATIS causa congiuntivite, polmonite, otite ed anche morte intrauterina.La diagnosi viene fatta sia con l’ esame colturale che con l’ esame sierologico. La terapia consiste nella somministrazione di antibiotici. Herpes genitalis L’ agente patogeno è un virus della famiglia degli Herpes Virus. La malattia HERPETICA dell’ apparato genitale è trasmessa per via sessuale ed ha un periodo di incubazione che va dai 3 ai 12 giorni, la sua incidenza cresce con una velocità epidemica. L’ esposizione iniziale al virus determina una sintomatologia acuta ed un forte disagio, ma la malattia può anche essere asintomatica. Dopo l’infezione il virus diventa latente ed il paziente, o la paziente corre il rischio di manifestare l’ herpes in maniera ricorrente e di vedere riattivarsi la malattia nel caso di immunosoppressione o in occasione di altre malattie infettive. Si presenta in soggetti sessualmente attivi. Il primo episodio della malattia può produrre gravi sintomi localizzati così come sintomi generali sistemici. La sintomatologia è data da dolore forte e sensazione di sofficità del tratto genitale, adenopatia inguinale, dolore o bruciore rettale, disuria ed aumentata frequenza della minzione. I sintomi sistemici comprendono: febbricola, mal di testa e malessere generale. Le lesioni generalmente si trasformano da papule a vescicole che poi si rompono producendo ulcere superficiali molto dolorose, poi si formano le croste con conseguente guarigione senza cicatrici. Le complicanze comprendono l’ infezione dell’ uretra e della vescica con ritenzione urinaria ed infezioni batteriche secondarie della cute. La distinzione tra infezione primaria o ricorrente si ottiene solo grazie all’ anamnesi clinica e ad esami sierologici.La terapia è fatta solo con disinfettanti e l’ igiene intima. Epatite virale E’ una delle malattie trasmesse per via sessuale più gravi e più difficile da curare, in particolare l’epatite C. Si pensa che la frequenza sempre maggiore della trasmissione sessuale sia uno dei fattori che maggiormente contribuiscono a conservare la diffusione dell’ epatite.
PREVENZIONE
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Candidiasi L’agente patogeno è un fungo della famiglia delle CANDIDE, i soggetti di sesso femminile affetti da candidiasi presentano una classica perdita bianca con l’ aspetto di latte cagliato molto viscoso ed aderente alla parete vaginale; quelli di sesso maschile invece non presentano sintomatologia.La terapia è fatta con antimicotici locali e sistemici, terapia che deve essere somministrata anche al partner. Trichomoniasi Il Trichomonas Vaginalis è un protozoo che si trasmette direttamente per via sessuale o anche indirettamente con oggetti ed indumenti intimi infetti o in piscina.I sintomi sono presenti solo nei soggetti di sesso femminile e consistono in perdita vaginale fastidiosa di abbondante materiale maleodorante di colore bianco-verdastra che provoca prurito e disuria. Il soggetto di sesso maschile è asintomatico, ma è portatore sano della malattia.La terapia è fatta con il Metrodinazolo sia locale che sistemico da somministrare anche al partner.
Conditomi Acuminati Sono delle escrezioni acuminate di colore rosso intenso intercalate da lobi e solchi come l’ aspetto della cresta di gallo, hanno una genesi virale e sono localizzati nella regione ano-genitale. L’ agente patogeno è un PAPILLOMAVIRUS che ha un periodo di incubazione che va da poche settimane fino a qualche anno. La modalità di trasmissione avviene per diretto contatto con regioni cutanee infette o mediante rapporto sessuale.La diagnosi è ispettiva.La terapia è medica mediante il congelamento con neve carbonica o azoto liquido, oppure chirurgica. L’ AIDS La sindrome da immunodeficienza acquisita è provocata dal virus dell’ immunodeficienza umana (HIV), il cui periodo di incubazione va da 2 mesi a 6 anni, talvolta anche fino a 10 anni. E’ la più maligna delle infezioni sessualmente trasmesse e non esiste a tutt’oggi una terapia specifica, nè un vaccino. Bibliografia a rischiesta: info@edicare.it
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APPROFONDIMENTI
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Disturbi psicoaffettivi e malattie cardiovascolari Dalla diagnosi alla terapia Pasquale Caldarola Direttore U.O.C. Cardiologia-UTIC OSP. “M.Sarcone” Terlizzi, Bari Maria Cuonzo Dirigente Medico U.O.C Cardiologia-UTIC OSP. “M.Sarcone” Terlizzi, Bari Maria Teresa Porcelli Dirigente Medico U.O.C. Cardiologia-UTIC OSP. “M.Sarcone” Terlizzi, Bari Francesco Troso Dirigente Medico U.O.C. Cardiologia-UTIC OSP. “M.Sarcone” Terlizzi, Bari
La presenza di un disturbo psico-affettivo rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare e può modificare la prognosi di malattie cardiovascolari preesistenti. “…ogni tumulto della mente correla con una risposta a livello del cuore” William Harvey, anno 1628.
Introduzione La correlazione tra alterazioni del profilo psico-emozionale e malattie cardiovascolari emerge già nel XVII secolo da uno scritto di William Harvey che afferma: “…ogni tumulto della mente correla con una risposta a livello del cuore”. Tale concetto viene, per la prima volta, definito in una pubblicazione scientifica nel 1937 da Malzberg. L’autore confronta il tasso di mortalità dei pazienti depressi e quello della popolazione generale, evidenziando una maggiore mortalità nei soggetti depressi, principalmente per cause cardiovascolari e malattie infettive. I risultati non vengono considerati convincenti e l’argomento non viene più riesaminato fino agli anni 70. La pubblicazione che riporta attenzione sulla correlazione esistente tra cuore e disturbi psicoaffettivi è del 1974 ad opera dei ricercatori M. Friedman e H. Rosenberg che correlano la comparsa di eventi cardiovascolari con un preciso profilo comportamentale. I soggetti con personalità di tipo A, a maggior rischio per eventi cardiovascolari, sono descritti come impazienti, insicuri, fortemente competitivi ed ambiziosi, ostili, aggressivi. Sono molto impegnati nel lavoro, cercano i migliori risultati, e sono insoddisfatti per ogni ritardo. Vengono definiti come “drogati dallo stress”. I soggetti con personalità di tipo B, a minor rischio per eventi cardiovascolari, sono rilassati, più pazienti, meno stressati.
Da tale epoca le pubblicazioni relative a questo argomento sono numerose ed i risultati spesso discordanti. Epidemiologia E’ ormai evidente che la presenza di un disturbo psicoaffettivo rappresenti un fattore di rischio cardiovascolare e che modifichi la prognosi di malattie cardiovascolari presistenti. Da vari studi emergono dati statistici disomogenei su questa associazione di patologie. La ragione di tale disomogeneità dipende dai criteri di selezione, di arruolamento dei pazienti, disomogeneità dei criteri diagnostici e dalla differente tipologia di popolazione studiata. La prevalenza infatti di sintomatologia depressiva e/o ansiosa in soggetti affetti da malattie cardiovascolari riportata da studi epidemiologici oscilla tra il 15 e il 50%. La depressione aumenta il rischio di patologie cardiovascolari di 2-3 volte. In uno studio di Barefoot et al sono stati arruolati 730 pazienti valutati per sintomi depressivi all’ingresso e seguiti nei successivi 10 anni. Nei soggetti depressi è emerso un incremento del rischio di sviluppare infarto ed un aumento di mortalità per tutte le cause. Nello studio SHEP sono stati valutati per sintomi depressivi
approfondImentI
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22 4367 pazienti di età > 60 anni randomizzati ad antipertensivo o placebo. l’aggravamento dei sintomi depressivi, ma non lo stato depressivo preesistente, risultava correlato con la possibilità di sviluppare infarto o stroke. Questo dato veniva confermato dallo studio di pennix che ha valutato 3701 soggetti con depressione nei quali si evidenziava un aumento del rischio di sviluppare eventi cardiovascolari solo se la depressione risultava di recente insorgenza. nello Studio nhaneS venivano valutati 5007 donne e 2886 uomini che risultavano privi di patologia coronarica in fase di arruolamento. dopo 10 anni l’incidenza di patologia coronarica risultava maggiore nei soggetti depressi. un incremento della mortalità era presente solo nei soggetti di sesso maschile depressi, ma non in quelli di sesso femminile.
I disturbi psicoaffettivi rappresentano un importante fattore di rischio cardiovascolare che modificano la prognosi di malattie cardiovascolari presistenti. In particolare la sindrome depressiva maggiore rappresenta la patologia più frequente riscontrata (15-50%).
d’altro canto i disturbi psico-affettivi aggravano la prognosi dei soggetti affetti da malattie cardiovascolari. dopo un primo infarto del miocardio la depressione maggiore determina un incremento della mortalità. In uno studio di frasure-Smith et al venivano seguiti per 18 mesi dopo la dimissione, pazienti ricoverati per infarto del miocardio con diagnosi di patologia depressiva. emergeva un incremento della mortalità nei soggetti con disfunzione ventricolare sinistra, aritmie, precedenti eventi ischemici e depressione maggiore. In uno studio pubblicato nel 2009, veniva valutata la sopravvivenza a 29 mesi dopo infarto del miocardio in 370 pazienti con episodio iniziale di depressione maggiore, 550 pazienti con depressione ricorrente, 408 non depressi. emergeva che i soggetti con primo episodio di depressione avevano una sopravvivenza minore rispetto ai soggetti con depressione ricorrente. entrambi i gruppi avevano una sopravvivenza minore rispetto ai non depressi. nello scompenso cardiaco congestizio la depressione maggiore determina un incremento delle re-ospedalizzazioni di 3 volte e della mortalità di 2.5 volte. In uno studio di Jiang et al venivano valutati per depressione 374 pazienti ricoverati per scompenso cardiaco. emergeva che i soggetti depressi avevano un rischio significativamente maggiore sia a 3 mesi che ad un anno di morte e incremento del carico assistenziale. e’ necessario precisare che il disturbo in assoluto più studiato, quello depressivo, varia da forme lievi, (altrimenti note come “depressione minore”) fino alle forme depressive di maggiore rilevanza clinica codificate secondo gli algoritmi del “diagnostic and Statistical manual of mental disorders4th edition” (dSm Iv) ed il rapporto con il rischio cardiovascolare si modifica in relazione alla tipologia e gravità della
malattia depressiva. In uno studio su 682 pazienti ricoverati per scompenso cardiaco emerge che la depressione maggiore, valutata secondo i criteri del dSm Iv, è presente nel 20% dei pazienti, mentre la depressione minore è presente nel 16% dei casi. la sintomatologia ansiosa correla con un aumentato rischio di eventi coronarici nella popolazione generale ma non c’è unanimità assoluta sul suo possibile ruolo nella patogenesi delle malattie cardiovascolari. anche gli eventi stressanti possono essere considerati come fattori di rischio per lo sviluppo di una sindrome coronarica acuta e possono modificarne la prognosi. negli ultimi decenni quindi, gli studi condotti su pazienti cardiopatici stanno, in maniera progressivamente crescente, prendendo in considerazione anche gli aspetti psico-affettivi della patologia. I motivi di questo interesse non sono dovuti ad una semplice valutazione statistica, ma vanno ricercati nelle implicazioni gestionali e prognostiche che tali disturbi assumono nella pratica clinica. MECCANISMI FISIoPAtoLoGICI la correlazione tra disturbi psicoaffettivi e malattie cardiovascolari può essere in parte attribuita ad anomalie del comportamento che riguardano l’aderenza alla terapia e lo stile di vita. In uno studio su pazienti con recente infarto del miocardio, ai quali era stata rilevata depressione lieve- moderata, depressione maggiore o distimia, è stata documentata una scarsa aderenza alle raccomandazioni di seguire una dieta priva di grassi, di svolgere un’attività fisica regolare, di ridurre lo stress e incrementare i supporti sociali. l’ipotesi che la depressione potesse incrementare il rischio di mortalità unicamente per la sua associazione con fattori di rischio, quali il fumo, ipertensione arteriosa, obesità, sedentarietà, viene contestata da recenti studi che evidenziano la persistenza di tale associazione indipendentemente da tali fattori. un possibile meccanismo biologico alla base dell’associazione tra le patologie potrebbe essere l’iperattività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene documentata nei soggetti depressi da numerosi studi. nei soggetti con depressione si rilevano elevate concentrazioni di crf nel fluido cerebrospinale, alterazione del meccanismo a feedback nella secrezione del cortisolo e conseguente ipercortisolemia, ingrandimento della ghiandola pituitaria e surrenale, aumento del numero di neuroni ipotalamici crf secernenti nel tessuto cerebrale rispetto ai controlli. nei soggetti affetti da depressione si rileva iperattivazione del sistema simpatico che può contribuire allo sviluppo di malattie cardiovascolari attraverso gli effetti delle catecolamine sul cuore, sui vasi e sulle piastrine. tale disregolazione del sistema nervoso autonomo presente in molti pazienti affetti da depressione maggiore si associa ad elevata concentrazione plasmatica di noradrenalina e dei suoi metaboliti. nei soggetti affetti da depressione è possibile osservare una ridotta variabilità r-r che correla con una anomalia del sistema di controllo cardiovascolare dei sistemi simpatico e parasimpatico. Si pensa che una riduzione della hrv ( heart rate variability) sia da attribuire ad una diminuzione del tono parasimpatico e potrebbe essere un fattore predisponente l’insorgenza di aritmie ventricolari. la riduzione della variabilità rr sembrerebbe anche correlare con la gravità dello stato
APPROFONDIMENTI
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Figura 1: correlazioni tra disturbi psicoaffettivi e patologie cardiovascolari
depressivo. L’effetto della depressione sull’infarto potrebbe anche essere mediato da un altro meccanismo, quello delle piastrine. Per primi Markovitz e Matthews hanno proposto che l’elevata risposta delle piastrine a stress psicologici avrebbe potuto favorire manifestazioni coronariche (fig.1). Numerosi studi successivi confermano tale dato mostrando una maggiore tendenza all’aggregazione piastrinica nei soggetti depressi rispetto ai non depressi. Nel 1997 Langhrissi-Tode et al. hanno valutato 21 pazienti depressi e con malattia cardiovascolare evidenziando un’aumentata attivazione piastrinica. Tale aumento si associava con l’aumento della concentrazione plasmatica dei loro prodotti di secrezione fattore IV e §- tromboglobulina, rispetto a soggetti sani e pazienti cardiopatici non depressi. E’ stato dimostrato inoltre che nei soggetti depressi a livello piastrinico si osservano livelli più elevati di recettori per la serotonina rispetto ai soggetti normali. La serotonina secreta dalle piastrine potenzia la vasocostrizione coronarica nonché l’aggregazione piastrinica e il rilascio di mediatori mediante interazione con recettori 5HT2 presenti sulla membrana dei trombociti. Dopo trattamento con antidepressivi i livelli di tali recettori si normalizzano. Trattamento La correlazione evidenziata tra depressione e patologie cardiovascolari e la conseguente ricaduta sulla prognosi hanno indotto alla ricerca di un possibile trattamento che sia efficace e nel contempo sicuro. Da tempo è stata considerata la possibilità di intervenire sulle patologie psicoaffettive con l’ausilio di interventi psicosociali di tipo cognitivo-comportamentale. Nello studio ENRICHD l’obiettivo è stato quello di determinare se fosse possibile ridurre l’incidenza di mortalità e
di recidiva di infarto del miocardio in soggetti con recente IMA mediante il trattamento della depressione e l’’intervento sull’isolamento sociale. E’ emerso un miglioramento degli outcome psicosociali, ma con una sopravvivenza sovrapponibile nei soggetti sottoposti a trattamento rispetto al gruppo controllo. Il rischio di morte o di un secondo infarto del miocardio è risultato più basso nei soggetti che assumevano antidepressivi. Quest’ultimo dato non è stato considerato conclusivo, in quanto si è trattato di un’analisi secondaria di un trial originariamente disegnato per verificare l’efficacia di un diverso intervento. Numerosi sono gli studi effettuati per valutare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci antidepressivi nei pazienti con patologie cardiovascolari. Tra i farmaci antidepressivi, i triciclici non sono consigliati in pazienti con patologia cardiovascolare nota, in quanto, in modelli animali, hanno mostrato importanti effetti pro-aritmici, tachicardizzanti e inotropi negativi. Uno studio di popolazione di ampie dimensioni (oltre 50.000 casi) ha dimostrato che tali farmaci, a differenza degli SSRI, si associano ad aumento di oltre 2 volte del rischio di infarto miocardio. In uno studio di Cohen et al è dimostrato che provocano un aumento della la frequenza cardiaca, inducono ipotensione ortostatica, e diminuiscono la conduzione ventricolare. In uno studio comparativo tra SSRI ed antidepressivi triciclici, paroxetina e nortriptilina si sono mostrate ugualmente efficaci nel trattamento della depressione in pazienti infartuati, ma il farmaco triciclico è stato associato ad un aumento della frequenza cardiaca e di eventi cardiaci avversi. Gli SSRI, pur risultando più sicuri, possono interferire con farmaci che utilizzano il citocromo P450 nel loro metabolismo come §-bloccanti, warfarin, e antiaritmici di classe 1C
approfondImentI
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che vengono spesso assunti da questi pazienti . ci sono però delle differenze fra i vari SSrI in merito allo specifico enzima del cit p450 inibito, infatti citalopram e sertralina sembrano avere minori effetti in tal senso. nello studio Sadheart è stata valutata l’efficacia-sicurezza della sertralina nel trattamento della depressione nei pazienti con recente infarto del miocardio ed angina instabile. e’ emerso che la sertralina non modifica la frazione d’eiezione, il numero di complessi ventricolari prematuri, ed il Qtc e non si associa ad aumento del rischio di eventi cardiovascolari avversi. al contrario, i nuovi eventi cardiovascolari e non cardiovascolari nel follow- up (24 settimane) sono risultati meno frequenti nel braccio in trattamento attivo anche se, per le ridotte dimensioni dello studio – disegnato come trial di sicurezza – non è stata raggiunta la significatività statistica. risultati sovrapponibili sono stati ottenuti in un piccolo studio sulla fluoxetina nei soggetti con recente infarto del miocardio. un recente studio ha valutato l’efficacia dei vari tipi di SSrI nei soggetti con recente infarto del miocardio mostrando che Sertralina, fluoxetina, citalopram sembrano essere sicuri in questi soggetti, l’uso di sertralina e la risposta a citalopram possono anche ridurre la mortalità. recentemente sono state pubblicate linee guida relative alla gestione dell’aspetto psicoaffetivo in pazienti con recente infarto del miocardio. viene raccomandata una ricerca sistematica di un eventuale stato depressivo in soggetti con recente infarto del miocardio utilizzando scale di valutazione.
I farmaci triciclici non sono consigliati in pazienti con patologia cardiovascolare nota, in quanto, possono determinare importanti effetti pro-aritmici, tachicardizzanti e inotropi negativi, a differenza degli SSRI che si associano a un rischio cardiovascolare inferiore.
lichtman ha proposto un questionario che può essere somministrato a soggetti con patologia coronarica, per valutare la presenza di depressione. a seconda dei risultati ottenuti, vengono consigliati differenti percorsi diagnostico terapeutici da intraprendere. nei soggetti con minimi sintomi, di breve durata, è consigliato supporto e follow-up a 30 giorni. nei soggetti con sintomi depressivi più gravi, viene consigliato l’intervento di specialisti e l’eventuale utilizzo di farmaci e psicoterapia. I pazienti che presentano questa associazione di patologie devono essere monitorati per l’aderenza alla terapia, le modifiche dello stile di vita con controlli periodici. tra gli antidepressivi sono consigliati gli inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina (SSrI) rispetto agli antidepressivi triciclici. la psicoterapia può migliorare la qualità di vita di questi pazienti. non ci sono indicazioni sulla tipologia di intervento psicoterapeutico da effettuare. CoNCLUSIoNI I dati epidemiologici esaminati, indicano in maniera inequivocabile che esiste una correlazione tra patologie cardiovascolari e disturbi psicoaffettivi, la cui causa è da attribuirsi a fattori di natura comportamentale e complessi meccanismi fisiopatologici che sono ancora oggetto di studio, come anomalie dell’asse ipotalamo-ipofi si-surrene, anomalie dell’aggregazione piastrinica, del profilo ormonale e metabolico. numerose di queste alterazioni fi siopatologiche sembrano poter essere effi cacemente modulate e antagonizzate da agenti farmacologici di provata sicurezza anche nel cardiopatico, in particolare gli inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina (SSrI) per il trattamento dei sintomi depressivi. dati derivanti da numerosi piccoli studi suggeriscono la possibilità di intervenire con psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale per migliorare la qualità di vita di questi pazienti. Sono necessari trial clinici controllati di dimensioni adeguate per provare l’infl uenza di tali terapie sulla modulazione del rischio cardiovascolare. Bibliografia a rischiesta: info@edicare.it
NUOVA ECM
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Definite le nuove regole per la formazione continua dei professionisti La ‘formazione sul campo’ sarà uno dei pilastri fondamentali per garantire il miglioramento delle competenze Sono state stabilite le nuove regole ECM (Educazione continua in medicina). Dal 1 gennaio 2011 si cambia . Gli eventi e i progetti formativi registrati e gestiti sulla base della vecchia normativa (vale a dire quelli che vengono registrati e si svolgono entro il 31 dicembre 2010) restano assoggettati alle vecchie regole fino al primo gennaio 2011. Gli accreditamenti degli eventi e dei progetti formativi aziendali che sono registrati e gestiti sulla base dell’accreditamento attualmente in corso, sono sottoposti alle stesse regole di trasparenza, indipendenza del contenuto formativo, di responsabilità per l’erogazione degli eventi stessi, in analogia agli eventi che saranno erogati dai provider (provvisori) che erogano la formazione residenziale e /o sul campo”. Le modalità didattiche previste sono: Formazione Residenziale (la formazione d’aula), Formazione Sul Campo (affiancamento sul lavoro) Formazione a Distanza (corsi on line, pubblicazioni editoriali, riviste) Sono possibili forme miste di questi tre tipi di formazione (blended). La ‘formazione sul campo’ sarà uno dei pilastri fondamentali per garantire il miglioramento delle competenze specifiche, ma anche la qualità dell’aggiornamento degli operatori sanitari.. Dettagliate le indicazioni per formarsi con attività pratiche nel proprio ambiente di lavoro e stringenti i criteri con cui vengono assegnati i crediti per queste attività che hanno, oltre allo scopo di migliorare la professionalità individuale, anche quello di ottimizzare i ruoli nelle organizzazioni delle strutture di riferimento e di elevare sicurezza e qualità dei servizi. Ai provider viene chiesto di definire i tempi dell’attività formativa che vanno comunque progettate “con atto formale” e “valutate nel loro impatto formativo”. E’ prevista una scheda per consentire una valutazione “obiettiva e uniforme” e “un quadro complessivo dell’evento”. La formazione sul campo deve avere “un elevato livello di interattività” e dare la possibilità di applicare quanto imparato “nell’esercizio professionale e nel contesto organizzativo”. Si è stabilito anche le tipologie di formazione sul campo accreditabili sono quattro: attività di training individualizzato (con la presenza indispensabile di un tutor per ogni persona); partecipazione
a gruppi di lavoro-studio, a gruppi di miglioramento e a commissioni o comitati; partecipazione a ricerche; audit clinico e/o assistenziale. I criteri su cui si basa la valutazione di queste attività sono : la rilevanza dell’iniziativa per l’organizzazione che la propone; tipo di formazione; complessità e durata dell’iniziativa; impegno individuale del professionista. Crediti ECM come acquisirli I crediti Ecm vengono “quantificati” in termini di impegno temporale: 1 credito corrisponde ad un’ora di lavoro del professionista; La formazione e l’aggiornamento possono avvenire con diverse metodologie. Questi i modelli principali: formazione residenziale (congressi, convegni, seminari) ; formazione residenziale interattiva (gruppi di discussione, discussione casi clinici); stage con ruolo di discente (formazione sul campo, tirocini); gruppi di miglioramento (commissioni, linee guida), attività di ricerca (progetti obiettivo, gruppi di studio finalizzati); autoapprendimento senza tutor (riviste scientifiche, programmi di formazione a distanza); autoapprendimento con tutor (formazione a distanza con interattività); attività di docenza (stage, presentazione a convegni e pubblicazioni scientifiche). La formazione sul campo, una modalità didattica innovativa per i professionisti della salute E’ una modalità formativa in cui vi è il coinvolgimento dell’operatore sanitario in Stage o Tirocini, in Attività di ricerca, in gruppi di lavoro finalizzati al miglioramento della qualità dell’assistenza o delle procedure sanitarie o di valutazione dell’appropriatezza delle prestazioni o dei risultati delle stesse (Audit Clinico). La Formazione sul campo (FSC), soprattutto se organizzata in piccoli gruppi e svolta nell’ambiente di lavoro degli operatori, o anche come tirocini individuali, può rivelarsi preziosa per una riflessione critica sulla pratica clinica, per il miglioramento delle competenze gestuali e relazionali ed, al tempo stesso, può stimolare percorsi di miglioramento dell’organizzazione e di promozione del lavoro di gruppo.
STORIA DELLA MEDICINA
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Diabete alle origini di una malattia diffusa Giovanni Tanzi Specializzando in Medicina Interna Università degli Studi di Foggia “... L’urina in tutti i diabetici che mi toccò di conoscere (ma credo proprio in tutti quanti), pur differendo moltissimo sia dalla bevanda ingerita sia dall’umore che di solito è generato nel nostro corpo, era sorprendentemente dolce come se fosse miscelata con miele o con zucchero”. (Thomas Willis)
La parola Diabete deriva dal greco διαβαίνειν, che significa passare attraverso e identifica alcune malattie caratterizzate da poliuria (abbondante produzione di urina) e polidipsia (abbondante ingestione di acqua). Si è universalmente accettato che il termine greco sia stato utilizzato in idraulica, indicando principalmente il sifone attraverso cui passa l’acqua. Quindi il termine medico alluderebbe al frequente passaggio di urina provocato dalla malattia. A questa spiegazione si è opposto Émile Benveniste, facendo osservare come il verbo greco significhi, sì, attraversare, ma non è stato mai riferito ai liquidi, perché ha il senso proprio di tenere le gambe allargate, divaricate, tanto è vero che con diabetes si indicano anche vari strumenti: compasso, livella perpendicolare, il sifone stesso, fatto appunto a U. E da quest’ultima accezione si è tratto il metaforico malattia, perché, come lo strumento che, applicato ad un vaso, quando il recipiente è pieno fino all’orlo, fa colare il liquido, così il diabete causa l’impulso intrattenibile ad urinare: metafora spiegata in questi termini dal medico greco Sorano d’Efeso, quando la voce entrò nel vocabolario greco (sec. II d.C.). In effetti una delle conseguenze di questa malattia è la presenza di zucchero nelle urine. Normalmente i reni sono in grado di filtrare il glucosio attraverso la rete glomerulare (cosidetto gomitolo); questo delicato equilibrio è compromesso dall’eccesso di zucchero nel sangue (glicemia> 180 mg/dl) . A partire da questa soglia una quota di glucosio conclude il suo corso nelle urine. Solo da questo momento il povero diabetico inizia ad avvertire qualche sintomo di allarme. In particolare sete intensa (polidipsia), fame da lupo (polifagia), necessità di urinare spesso e un grande quantitativo di liquidi (pollachiuria e poliuria) e stanchezza intensa (astenia). Alla base di questi disturbi, tra loro collegati, c’è lo zucchero. Il glucosio in eccesso at-
tira con se i liquidi (pollachiuria e poliuria) che diminuendo nell’organismo spingono l’ipotalamo a richiedere sempre più liquidi (polidipsia), il meccanismo che spinge lo stesso ipotalamo sa richiedere anche una maggiore assunzione di cibo (polifagia) è determinato dal fatto che lo zucchero presente in eccesso nel sangue non riesce a raggiungere le cellule muscolari dove normalmente verrebbe utilizzato nei processi biochimici alla base della produzione di energia. Sulla scorta di questi disturbi è bene che il diabetico inconsapevole si rechi dal suo medico di famiglia. La diagnosi precoce consente di arginare complicanze se non fatali fortemente invalidanti (amputazione, infarto,demenza vascolare,insufficienza renale,cecità).
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PILLOLE DI PRATICA CLINICA 27
E’ possibile fare una valutazione della malnutrizione del paziente anziano nello studio del Medico di Medicina Generale? Certo. E’ possibile utilizzando il : “ Mini Nutritional Assessment “( Ref.: Guigoz Y, Vellas B and Garry PJ. 1994. Mini Nutritional Assessment: A practical assessment tool for grading the nutritional state of elderly patients. Facts and Research in Gerontology. Supplement #2:15-59.). E’ uno strumento semplice da utilizzare in ambito ambulatoriale largamente utilizzato e validato. Consiste in un questionario di 18 domande a risposta multipla da compilare con il paziente in cui si prendono in considerazione : 1) indici antropometrici (IMC, circ. braccio, circ. polpaccio, recente perdita di peso); 2) valutazione globale (autonomia a domicilio, n° farmaci assunti, malattie negli ultimi 3 mesi, presenza di ulcera da pressione, mobilità, disturbi neuro.psicologici); 3) indici dietetici (n° pasti completi, consumo di latticini, carne, pesce, frutta, presenza di anoressia, quantità assunta di liquidi, capacità di alimentarsi da solo, percezione di malnutrizione, percezione del proprio stato di salute). Se il punteggio totale è ugale o superiore a 24 punti lo stato nutrizionale è soddisfacente; se il punteggio risulta tra 17 e 23,5 il paziente è a rischio di malnutrizione; se il punteggio è inferiore a 17 il paziente è malnutrito.
L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) è una modalità assistenziale prevista dalla convenzione nazionale?
Certo. E’una modalità assistenziale complessa portata a casa del malato a cui collaborano il Medico di Famiglia insieme a vari operatori sanitari: specialisti delle varie branche; infermieri professionali; assistenti sociali, psicologi e fisioterapisti. I malati vengono inseriti in questa tipologia assistenziale se affetti da: malattie terminali; incidenti vascolari acuti; anziani con gravi fratture; forme psicotiche acute gravi; vasculopatici che necessitano di riabilitazione; anziani con malattie acute temporaneamente invalidanti. Pazienti in dimissione protette da strutture ospedaliere.
Il fentany per via sublinguale/orale rappresenta il farmaco più indicato per il Dolore Episodico Intenso (DEI)?
Certo. Il dolore episodico intenso è un dolore poco conosciuto dai medici e sottotrattato, ma per la sua intensità ha un notevole impatto sulla qualit di vita del paziente oncologico. Il citrato di fentanil trans mucoso orale rappresenta il trattamento più efficace per le riacutizzazioni dolorose in pazienti stabilizzati con morfina orale regolare o con un oppiaceo alternativo del “ III step”. Si trova in commercio sotto forma di pastiglia orale. L’OTFC indice velocemente l’analgesia el giro di qualche minuto ed ha una durata di azione di circa 2 ore.
E’ conveniente somministrare liquidi in infusione sottocutanea in un paziente in cure palliative? Certo. La somministrazione di liquidi in un paziente in cure palliative può essere effettuata sia per infusione endovenosa che con infusione sottocutanea (ipodermoclisi). Nonostante l’ipodermoclisi sia priva di rischi è una metodica poco conosciuta e utlizzata nel setting della MG. E’ una metodica facilmente utilizzabile dal MMG in ambito domiciliare in quanto non necessita di assistenza, poco costosa e ben accetta dai pazienti. Possono essere somministrati liquidi (500-1000 cc di liquido - sol. Glucosata /sol. Fisiologica) e farmaci per il controllo dei sintomi della fase terminale (Morfina, Diazepam, metoclopramide, Ketorolac, Butilbromuro di joscina ecc.). L’applicazione dell’ago battefly 21-23 G viene fatta in regione sottoclaveare o addominale a circa 5 cm lateralmente all’ombelico. La sostituzione dell’ago può essere fatta ogni 4-5 giorni.
eSperIenZe
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LAVoRARE NEL REGNo UNIto una opportunItà per I gIovanI medIcI a cura della redazione
Il Servizio Sanitario nazionale britannico (nhS) fornisce assistenza sanitaria completa a coloro che vogliono lavorare come medici in Inghilterra. l’iniziativa è finanziata interamente dal governo. l’Inghilterra sta effettuando un grande cambiamento dei propri servizi sanitari nazionali istituiti nel 1948. per carenza di medici l’nhS deve attingere a personale fuori il regno unito che presti la sua opera specialistica o generica in gran bretagna. nel regno unito, i medici ospedalieri specialisti si chiamano consultant ed i medici di famiglia sono noti come general practitioner (gp). le specializzazioni con il maggior numero di posti disponibili sono: medicina generale, psichiatria, Istopatologia, radiologia clinica, anestesia, chirurgia ortopedica, oftalmologia, medicina Interna generale, dentisti. l’nhS è un buon datore di lavoro che offre condizioni d’impiego molto attraenti: retribuzioni e condizioni nazionali, vale a dire stesse retribuzioni e condizioni in ogni parte dell’Inghilterra: 6 settimane all’anno di ferie, più le festività pubbliche e fino a 40 giorni di congedo per studio ogni 3 anni. esistono inoltre sistemi pensionistici attraenti ed affidabili. Si ha il diritto ad esercitare privatamente senza perdere la propria retribuzione dell’nhS. I contratti di lavoro sono generalmente a tempo indeterminato, ma si possono negoziare contratti a tempo determinato. In Inghilterra, una volta ultimata la propria specializzazione ospedaliera, il medico fa richiesta di diventare “consultant ospedaliero”. c’è soltanto un livello di consultant e, quindi, ogni consultant esercita in modo autonomo il proprio lavoro. Il consultant lavora con un’équipe formata da medici tirocinanti, personale infermieristico e terapisti (ad es., fisioterapisti, ecc.). di norma, il consultant è a capo dell’équipe. l’impostazione terapeutica e della pratica clinica avviene previo accordo all’interno dell’équipe. ci sono, invece, molte analogie fra Inghilterra e Italia per quanto riguarda l’esercizio della
medicina di famiglia. I medici, quando hanno la qualifica di general practitioner, richiedono l’assegnazione ad uno studio medico generico dove operano assieme ad altri gp, a personale infermieristico di comunità, ad infermieri specializzati e terapisti per offrire assistenza sanitaria globale ad una comunità locale. numerosi studi medici di questo tipo si riuniscono a formare un primary care trust (pct) unità Sanitaria di base). Il pct gestisce l’offerta di servizi di medicina familiare in una particolare comunità ed autorizza assistenza secondaria presso l’ospedale locale. I gp in Inghilterra sono lavoratori autonomi oppure sono retribuiti dal pct, loro datore di lavoro. I gp autonomi hanno un contratto per fornire una serie di servizi con il pct. tutti i medici assunti per lavorare
Nel Regno Unito il servizio sanitario nazionale (NHS, National Health Service) fornisce assistenza sanitaria gratuita a tutta la popolazione. Sono però a carico totale o parziale del paziente le cure odontoiatriche ambulatoriali, alcune protesi e la misurazione della vista e dell’udito. Per l’acquisto dei medicinali prescritti dal medico di famiglia è previsto il pagamento di una quota fissa, con esenzioni o riduzioni per bambini, anziani, disoccupati, persone a reddito particolarmente basso o affette da malattie croniche. La visita medica e la cure ospedaliera sono gratuite. Il medico di famiglia, o GP (General Practitioner) è il primo riferimento per qualsiasi problema di salute.
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esperienze 29
in Inghilterra potranno godere dei benefici del programma di avviamento al lavoro. Ciò prevede l’introduzione alla vita di famiglia inglese, all’esercizio medico in Inghilterra ed alla specializzazione particolare del medico interessato. Verranno impartite, se necessario, lezioni di lingua inglese. Sarebbe comunque molto meglio se il medico italiano avesse una buona conoscenza dell’inglese già prima di venire a lavorare in UK. Viene offerto un trimestre di avviamento al lavoro, guida e sostegno per aiutare il medico a prendere confidenza con l’esercizio medico e la vita in Inghilterra. Se nel corso di questo periodo si evidenziano differenze nella pratica clinica italiana ed inglese che rendono difficile per il medico ad esercitare in un campo medico particolare, allora verrà fornita ulteriore formazione necessaria per adeguare il livello di servizio. I medici godranno anche del programma di trasferimento a favore dei medici che si trasferiscono in Inghilterra. Tale programma si occupa della ricerca di un’abitazione, degli effetti personali in arrivo in Inghilterra e, se necessario, aiuta a trovare posti nelle scuole per i figli. I medici ed i relativi familiari potranno continuare a godere del
programma anche nei 12 mesi successivi al loro arrivo in Inghilterra. Tale progetto dell’NHS (Ministero della Sanità Britannico) viene realizzato in Italia dall’Ambasciata Britannica a Roma, d’intesa con il Ministero della Salute, il Ministero del Lavoro e la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Italiani, che aderiscono e promuovono l’iniziativa anche attraverso la rete EURES in Italia e nel Regno Unito. Periodicamente vengono organizzati anche in varie sedi d’Italia Seminari informativi per i quali è necessario iscriversi allegando anche il proprio CV ( in lingua inglese). Se volete sapere di più sui posti di lavoro disponibili e sul lavoro in Inghilterra, contattateci e manifestate il Vostro interesse a partecipare ad uno dei nostri vari Seminari. Per chiarimenti circa il riconoscimento del titolo e ogni altra informazione vai al sito: www.britain.it Per il Servizio Eures italiano, la responsabile del coordinamento nazionale per il settore sanitario è il consigliere Eures Anna Mulinelli del Ministero del Lavoro, contattabile via e-mail a amelinelli@lavoro.gov.it
PRATICA CLINICA
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Valutazione delle funzioni cognitive MMSE (Mini Mental Test Examination) Nunzio Costa Medico di Famiglia, Stornarella (Foggia)
E’ un test considerato tra i più utili e tra più semplici da usare per la valutazione dei disturbi dell’efficienza intellettiva e della presenza di deterioramento intellettivo. Il cui punteggio minimo è 0 mentre il massimo è 30. Un punteggio uguale o inferiore a 18 è indice di una grave compromissione delle abilità cognitive; un punteggio compreso tra 18 e 23 è indice di una compromissione da moderata a lieve, un punteggio pari a 26 è considerato borderline. Test MMSE In che anno siamo? (0-1) ; In che stagione siamo? (0-1); In che mese siamo? (0-1); Mi dica la data di oggi? (0-1); Che giorno della settimana è oggi? (0-1); Mi dica in che nazione siamo? (0-1); In quale Regione italiana siamo? (0-1) In quale città ci troviamo? (0-1) ; A che piano siamo? (0-1); Far ripetere: “pane, casa, gatto”. La prima ripetizione dà adito al punteggio. Ripetere finché il soggetto esegue correttamente, max 6 volte (0-3). Far contare a ritroso da 100 togliendo 7 per cinque volte:- 93 - 86 - 72 - 65. Se non completa questa prova, allora far sillabare all’indietro la parola: MONDO: O- D - N - O - M - (0-5). Chiedere la ripetizione dei tre soggetti precedenti (0-3); Mostrare un orologio ed una matita chiedendo di dirne il nome (0-2); Ripeta questa frase: “tigre contro tigre” (0-1); Prenda questo foglio con la mano destra, lo pieghi e lo metta sul tavolo (0-3); Legga ed esegua quanto scritto su questo foglio (chiuda gli occhi) (0-1). Scriva una frase (deve ottenere soggetto e verbo) (0-1). Copi questo disegno (pentagoni intrecciati)* (0-1). Materiale occorrente per la prova: • Fogli di carta bianchi • Matita • Orologio da polso Intervallo di età
65-69
70-74
• Matita • Fogli di carta bianchi • Cartoncino con scritta: “Chiuda gli occhi”. Alcuni fattori come l’età, il grado di scolarità e il livello culturale del soggetto, contribuiscono alle variazioni dei punteggi attesi nella popolazione normale. Sono disponibili a questo scopo, correzioni validate per età e scolarità su un campione casuale di persone anziane della popolazione italiana. La tabella di correzione non si applica per età inferiori a 65 anni e superiori a 89 anni, né per scolarità maggiori di 17 anni, né per un punteggio al MMSE di 30/30 (Tabella in basso). Coefficienti di aggiustamento di MMSE per classi di età ed educazione nella popolazione Italiana. Il coefficiente va aggiunto o sottratto al punteggio grezzo del MMSE per ottenere il punteggio aggiustato. Studi longitudinali, che hanno utilizzato intervalli test-retest variabili da un mese a tre anni, mostrano che i punteggi al MMSE di soggetti dementi, la maggior parte dei quali affetti da Malattia di Alzheimer, declinano in modo significativo nel tempo, presentando un tasso di decremento annuo medio che varia generalmente tra 1.8 e 4.2 punti, espressione di elevata variabilità interindividuale. Questo dato è un utile indice del decorso della malattia e dell’eventuale risposta al trattamento. Rifer. Bibl. “Studio normativo nella popolazione anziana italiana del Mini Mental State Examination.” E.Magni, G.Binetti, A.Bianchetti, R.Rozzini, M.Trabucchi European Journal of Neurology 3:1-5, 1996) 75-79
80-84
85-89
Anni di Scolarizzazione 0-4 anni
+0.4
+0.7
+1.0
+1.5
+2.2
5-7 anni
-1.1
-0.7
-0.3
+0.4
+1.4
8-12 anni
-2.0
-1.0
-1.0
-0.3
+0.8
13-17 anni
-2.8
-2.3
-1.7
-0.9
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terapia
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Terapia del dolore L’approccio farmacologico Leonida Iannantuoni Medico di Famiglia, Foggia
“Il dolore rappresenta una sgradevole esperienza sensoriale ed emozionale, associata ad un danno tissutale, attuale e/o potenziale, ovvero descritta in termini di tale danno. “ I.A.S.P. (Internescional Association for the Study of Pain). Il sintomo “dolore” è, senza tema di smentita, il primum movens che spinge il paziente a rivolgersi al proprio Medico ed è presente, nelle sue diverse manifestazioni, pressoché quotidianamente nei nostri studi. Tale peculiarità rende indispensabile una conoscenza appropriata dei suoi meccanismi e della sua terapia.
Classificazione Possiamo distinguere il dolore sulla base di dati cronologici e/o di entità di risposta ad uno stimolo potenzialmente algogeno. Criterio cronologico a) dolore acuto; b) dolore cronico Entità di risposta a) dolore fisiologico; b) dolore patologico. Dolore acuto: sintomo derivante dall’attivazione di un sistema sensoriale che segnala un danno tessutale potenziale o attuale, ad esordio recente e di durata limitata con, identificabile, rapporto di causalità con una lesione e/o patologia. Dolore cronico: dolore della durata superiore a 3-6 mesi, in tal caso perde le caratteristiche di “sintomo” ed assurge a condizione di malattia vera e propria. Dolore fisiologico: risposta adattiva dell’organismo, per stimolazioni di entità appropriata, che permette l’evitamento di lesioni potenzialmente nocive. Dolore patologico: risposta dell’organismo per stimolazioni fisiologicamente non idonee a provocare dolore, è dovuto allo sviluppo di fenomeni di ipersensibilità che abbattono la soglia di insorgenza del dolore. Epidemiologia del dolore cronico Dolore cronico neoplasticoDati forniti dall’O.M.S. indicano
in circa 17.000.000 gli individui, nel mondo, affetti da patologia neoplastica. Il dolore cronico è presente in circa il 50% della totalità dei malati neoplastici , per attestarsi a livelli pari al 75% nei pazienti terminali. Di tali pazienti il 96% percepisce dolore almeno una volta nell’arco di un mese, più di una volta a settimana nel 74% dei casi, quotidianamente nel 50% dei casi. (fonte : E.A.P.C. /European Association for Palliative Care/ -European Pain in Cancer-2007). Dolore cronico non neoplastico Il dolore cronico non neoplastico interessa circa il 19 % della popolazione europea con una incidenza nel sesso femminile pari al 56% e nel sesso maschile pari al 44%. (fonte: E.F.I.C. /Federazione Europea delle Società per lo Studio del Dolore/ - Pain in Europe- 2007) I dati riferibili all’ Italia ricalcano fedelmente quelli europei, infatti risulta interessato dal dolore cronico il 20% circa della popolazione, con un’incidenza del 70% circa nel sesso femminile e 30% circa del sesso maschile. (fonte: A.I.S.D./ Associazione Italiana per lo Studio del Dolore-2007). Terapia farmacologica Un corretto approccio terapeutico non può prescindere da una valutazione dell’intensità del dolore e da criteri di appropriatezza. Per la valutazione dell’intensità sono di aiuto le scale del dolore tra cui ricordiamo, per semplicità di somministra-
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zione al paziente, le seguenti: VAS (scala analogica visiva): nessun dolore I----------------I peggior dolore; VNS (scala numerica visiva): nessun dolore - 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 - peggior dolore. Secondo indicazioni dell’O.M.S., il dolore oncologico deve essere trattato mediante l’impiego sequenziale di tre categorie di farmaci subentranti successivamente, seguendo una progressione a gradini (approccio sequenziale). I tre “gradini” della scala antalgica prevedono i seguenti gruppi di farmaci: 1) FANS; 2) Oppioidi minori; 3) Oppioidi maggiori. Alla comparsa del dolore si somministrano i FANS, associati o meno a farmaci adiuvanti (es.: benzodiazepine). Nel momento in cui il FANS non è più in grado di controllare il dolore si passa alla somministrazione di oppioidi minori in mono terapia e/o in associazione con FANS o adiuvanti. Quando, successivamente, anche l’oppioide minore non controlla più soddisfacentemente il dolore, si somministreranno oppioidi maggiori, anch’essi eventualmente in associazione con FANS e/o adiuvanti. Quando il farmaco di una classe, impiegato correttamente, perde di efficacia, è inutile sostituirlo con una molecola appartenente allo stesso “gradino” divenendo necessario ricorrere ad un farmaco appartenente alla classe superiore della scala antalgica. Bisogna ricordare che tanto i FANS che gli oppioidi minori presentano l’effetto tetto, per cui raggiunta una poso-
logia limite, ogni ulteriore incremento di dosaggio risulta inutile se non dannoso e si rende necessario passare ad un farmaco del gradino successivo. Per quanto concerne i farmaci di più largo utilizzo ricordiamo :1) Paracetamolo ; FANS Codeina;Buprenorfina ; Fentanyl ; Idromorfone ; Ossicodone ; Tramadolo. Paracetamolo Il paracetamolo è, assieme alla codeina, il farmaco analgesico più utilizzato al mondo. Deve il suo successo ad una buona efficacia, paragonabile all’ac. Acetilsalicilico, nelle forme di dolore lieve (<3/10 scala VAS) di origine non infiammatoria, e ad un ottimo profilo di tollerabilità.Il suo meccanismo d’azione si basa su di una spiccata inibizione della sintesi delle ciclo ossigenasi cerebrali ma non inibisce la sintesi delle prostaglandine periferiche. In associazione con oppioidi deboli (codeina) si ottiene una maggior efficacia in alcune forme di dolore acuto come la lombalgia ed il dolore post/chirurgico. Tra gli effetti collaterali ricordiamo: anemia,trombocitopenia, leucopenia, danno renale, metaemoglobinemia, necrosi epatica, nausea, vomito, dolori addominali, eccitazione, delirio, ipotensione, eritema multiforme, sindrome di Stevens Johnson, angioedema. FANS Pur avendo festeggiato da qualche anno il secolo di vita, è solo dal 1971 che si conosce il meccanismo d’azione dell’acido acetilsalicilico e dei FANS.Il loro potere anti-infiammatorio ed analgesico è legato all’inibizione dell’enzima cicloossigenasi (COX), fondamentale per la produzione
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34 delle prostaglandine. Questa categoria di farmaci trova impiego elettivo nelle forme dolorose lievi (<3/10 scala VAS) in cui la noxa patogena è da ricercarsi in un quadro di infiammazione articolare. Per la ricerca di una maggiore efficacia analgesica, possono utilizzarsi in associazione con il Paracetamolo. Da non dimenticare, a fronte della buona efficacia, la possibilità della manifestazione di effetti collaterali, a volte severi, tra cui: lesioni gastro-intestinali, vertigini con nistagmo, leucopenia, trombocitopenia, danni epatici e renali, edemi, broncospasmo. Codeina Alcaloide naturale dell’oppio, come già detto è tra gli analgesici più usati al mondo. Posizionato al 2° gradino della scala di analgesia dell’O.M.S., deve il suo successo alla maneggevolezza ed alla bassa incidenza di dipendenza. Tramadolo Oppioide debole, efficace sul dolore lieve moderato ( <4/10 scala VAS). E’ un analgesico ad azione centrale, sintetico, con proprietà agoniste sui recettori degli oppiodi e con effetti sulla neurotrasmissione noradrenergica e serotoninergica. Paragonato ad altri oppioidi (morfina), mostra una minore incidenza di depressione cardio-respiratoria ed un ridottissimo potenziale di dipendenza. Per il suo profilo di efficacia e tollerabilità nel paziente neoplastico, viene posizionato al 2° gradino della scala di analgesia dell’O.M.S. Tra le reazioni avverse segnalate ricordiamo: stato confusionale, convulsioni, tremori, cefalea, ipertensione arteriosa, alterazioni epatiche, nausea, vomito, tremori, sudorazioni, rash cutanei. Buprenorfina Tale molecola è un agonista parziale dei recettori mu per gli oppiacei, può essere collocata a metà della scala di
intensità d’azione fra gli oppiacei deboli e gli oppiacei forti, avendo una buona efficacia sul dolore cronico severo (>6-7/10 scala VAS), bisogna ricordarne l’effetto tetto comune agli oppiodi minori. Tra gli effetti collaterali meritano menzione per importanza e frequenza: sedazione e/o sonnolenza, nausea, vomito,depressione respiratoria, ipotensione,cefalea, sudorazione. Fentanyl Questa molecola, oppiaceo di sintesi, è caratterizzata da una documentata efficacia nel dolore cronico moderatosevero (>4-6/10 scala VAS). Gli effetti collaterali, anche in questo caso, sono tipici degli oppioidi: sonnolenza, nausea, vomito, stato confusionale, allucinazioni, ipotensione, depressione respiratoria. Idromorfone Oppioide semisintetico, agonista dei recettori m. Le sue caratteristiche farmacologiche e farmacocinetiche lo rendono simile alla morfina pur avendo una potenza 7,5 volte superiore. Numerosi studi clinici ne hanno evidenziato l’efficacia nel dolore cronico severo (>6-7/10 scala VAS), con miglioramento della qualità della vita e della qualità del sonno notturno. Gli effetti collaterali sono riconducibili a quelli tipici degli oppioidi: nausea, vomito, stipsi, sonnolenza, vertigini, depressione respiratoria. Ossicodone L’ossicodone, oppioide semisintetico derivato dalla tebaina e strutturalmente affine alla morfina e codeina, rientra nella categoria degli oppiacei forti. Come la morfina presenta affinità per i recettori mu, k e delta del cervello e del midollo spinale. Sia in mono terapia che in associazione con il paracetamolo trova valido impiego sia nel dolore cronico degenerativo che nel dolore neuropatico. Accanto al vantaggio dell’assenza dell’effetto tetto, presenta effetti collaterali comuni a tutti gli oppioidi : depressione respiratoria, sedazione, stipsi, nausea, vomito. Conclusioni Il recente provvedimento legislativo che ha sancito l’abolizione del “ricettario ministeriale” per la prescrizione degli oppioidi, semplificando il lavoro del Medico di Famiglia, ha spazzato via ogni “alibi” all’uso di tali farmaci nella terapia del dolore. Da sempre, nella nostra cultura, l’oppioide ha rappresentato l’ultima spiaggia da riservarsi ai pazienti terminali ed i parenti stessi, vedendo prescrivere al proprio congiunto tali farmaci, percepivano nel loro utilizzo l’ineluttabilità di una fine prossima e certa. Dobbiamo, ora, ridare dignità di terapia “corrente” all’uso degli oppioidi nella lotta al dolore, portando l’Italia ai livelli degli altri paesi Europei. La lotta al dolore è antica quanto l’umanità ma solo in tempi relativamente recenti la farmacopea si è dotata di strumenti efficaci ed efficienti. Tra i “benemeriti” di tale battaglia ricordiamo il farmacista tedesco Serturner che nel XVIII° secolo isolò la morfina dall’oppio, chiamandola così in onore di Morfeo il dio del sonno. Terminati i tempi pioneristici, ora non ci resta che impiegare correttamente tali farmaci ed affrancare il paziente, se non dalla malattia, quanto dalla sofferenza fisica derivante da essa. “Nulla è così facilmente sopportabile come il dolore altrui”
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Rinite allergica ed immunoterapia specifica Un intervento per modificare la storia naturale della malattia Antonio Graziani U.O. di Allergologia ed Immunologia Clinica - Ospedale “Col. D’Avanzo” Azienda Ospedaliero-Universitaria OORR, Foggia
La rinite allergica altera significativamente, con i suoi sintomi, la qualità della vita dei soggetti che ne soffrono, riducendo inoltre le performance scolastica e lavorativa, condizionando la concentrazione e l’apprendimento, e disturbando il riposo notturno.
INTRODUZIONE La rinite rappresenta una patologia della mucosa nasale indotta da una infiammazione IgE mediata conseguente all’esposizione allergenica. E’ caratterizzata clinicamente da: rinorrea, starnuti, prurito e ostruzione, reversibili spontaneamente o in seguito a terapia. Classificazione della Rinite: - Allergica (intermittente/persistente) - Infettiva (batterica/virale/altri) - Occupazionale - Da farmaci - Ormonale - Idiopatica - Altre (NARES, atrofica, da cibi, da irritanti). Secondo la classificazione ARIA: - Intermittente ( < 4 giorni/settimana, 0 < 4 settimane) - Persistente ( > 4 giorni/settimana e > 4 settimane), Ambedue possono essere di tipo - Lieve (sonno conservato, nessuna limitazione nelle attività quotidiane, normale attività lavorativa o scolastica non sintomi fastidiosi), - Moderata-grave (alterazioni del sonno, limitazioni delle attività quotidiane, riduzione prestazioni lavorative/scolastiche, sintomi gravi). La rinite allergica è causa di sensibili costi socio-sanitari diretti ed indiretti, alterando significativamente la qualità della vita (QoL) dei soggetti che ne soffrono, riducendo le performance scolastica e lavorativa, condizionando l’apprendimento e peggiorando la qualità/quantità del sonno. La rinite allergica si accompagna spesso in associazione ad
altre patologie come la congiuntivite, la sinusite ed in particolare l’asma bronchiale che rappresenta l’associazione più rilevante dal punto di vista clinico, in realtà secondo le più recenti Linee Guida ARIA (Allergic Rhinitis and its Impact on Asthma) il concetto di unicità delle vie respiratorie “One airway, one disease” viene fortemente preso in considerazione. Da numerosi studi si è evidenziato che soggetti affetti da rinite allergica presentano un rischio tre volte superiore di sviluppare asma rispetto ai soggetti normali. Ed i bambini affetti da rinite allergica persistente hanno una probabilità ancora maggiore di sviluppare asma rispetto a bambini affetti da rinite intermittente. L’iter diagnostico della rinite allergica si basa principalmente sulla effettiva dimostrazione di una reazione IgE mediata e che sia correlata clinicamente, si avvale di vari step diagnostici che comprendono: - anamnesi, presupposto fondamentale per la diagnosi; - Skin Prick Test (S.P.T.) che costituiscono il primo livello della diagnostica allergologica; - dosaggio delle IgE specifiche che costituisce il secondo livello della diagnostica allergologica, alternativo o di conferma al primo livello; - test di provocazione d’organo specifici (nasale in questo caso), terzo livello della diagnostica allergologica, attuato in genere solo quando il 1° e 2° livello sono dubbi. TERAPIA L’approccio terapeutico della rinite allergica, secondo le recenti linee guida ARIA si avvale di svariati presidi farmacologici, che naturalmente devono essere attuati di volta in volta tenendo presente il tipo e la gravità della patologia, la sensibilità del paziente e la storia naturale della malattia.
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PREVENZIONE 37 dell’adulto e del bambino. Il profilo di sicurezza è molto buono. L’ITS è l’unica terapia in grado di modificare la storia naturale della malattia e può ridurre il rischio di insorgenza successiva di asma e la comparsa di nuove sensibilizzazioni. Le principali modificazioni immunologiche indotte dall’ImmunoTerapia- Specifica sono: - Riduzione delle IgE specifiche - Aumento delle IgG specifiche (sottoclassi IgG1 – IgG4) - Riduzione della releasability dei basofili dopo stimolo allergenico - Viraggio della popolazione helper da Th2 a Th1
Gli antistaminici di nuova generazione: oltre ad avere una spiccata selettività per i recettori H1, possiedono anche un’attività antinfiammatoria prevalentemente nel ridurre il rilascio dei mediatori della flogosi allergica (istamina, leucotrieni, PAF, e prostaglandine) e nella riduzione della sintesi di alcune citochine (IL-4 ed IL-13) da parte dei mastociti: Cetirizina, Ebastina, Rupatadina, Desloratadina, Levocetirizina. I corticosteroidi topici nasali: svolgono un ruolo cardine ed un’efficacia superiore nel trattamento nel controllo dei sintomi della rinite allergica in quanto dotati di elevata potenza antinfiammatoria, di solito sono ben tollerati e gli effetti collaterali sono rappresentati da epistassi, secchezza delle mucose e sensazione di bruciore in loco, sintomi che molto spesso sono attribuibili ad un mal corretto uso dell’erogatore. Nei pazienti affetti da rinite ed asma concomitante aumentano la compliance respiratoria, riducono significativamente la risposta al test alla metacolina e di conseguenza migliorano la reattività bronchiale aspecifica traducendosi, quindi, in una riduzione del numero delle crisi asmatiche. I decongestionanti o vasocostrittori: utilizzati sia per via topica sia per via sistemica, spesso in associazione con gli antistaminici, agiscono attivamente sui recettori alfa-adrenergici e sono in grado di ridurre il flusso ematico ai turbinati e di conseguenza sono molto utili nella congestione nasale acuta sia della rinite allergica che non allergica. Hanno solo azione sintomatica. Gli antileucotrienici: la loro azione antiallergica appare molto utile soprattutto nelle forme associate di rinite/asma, dimostrando nei soggetti affetti da ambedue le patologie un netto miglioramento sia dei sintomi rinitici (ostruzione nasale) che dei sintomi asmatici. L’Immuno-Terapia Specifica (ITS): è indicata quando l’allontanamento dell’allergene non sia possibile o quando la terapia farmacologica non risulta risolutiva nel miglioramento dei sintomi rinitici. Può essere somministrata per via sottocutanea (SCIT) o sublinguale (SLIT) tenendo presente determinati criteri: • La prescrizione dell’ITS richiede una precisa diagnosi di disturbo IgE-mediato; • Dimostrazione di una correlazione causa-effetto tra esposizione all’antigene e manifestazione clinica; • L’ITS sottocutanea (SCIT) è efficace nella rinite e nell’asma dell’adulto e del bambino, ma comporta il rischio di effetti collaterali (talvolta gravi o pericolosi per la vita) per cui L’ITS, in questo caso, deve essere prescritta da specialisti e somministrata da medici in grado di gestire eventuali reazioni avverse; • L’ITS sublinguale( SLIT) è efficace nella rinite e nell’asma
Esistono evidenze scientifiche a favore dell’efficacia dell’ITS (Immuno-Terapia-Specifica), che quando praticata per un periodo continuativo dai 3 ai 5 anni ridurrebbe in maniera significativa l’incidenza di asma ad un follow-up di 10 anni. Uno studio di Di Rienzo et al. che ha seguito per 10 anni 60 bambini che avevano asma, dividendoli in due gruppi: 35 trattati con SLIT+farmaci e 25 solo con farmaci, rivalutandoli a distanza di 5 anni, in occasione della sospensione della SLIT, si è osservato che dopo 5 anni, nel gruppo di quelli trattati con SLIT il numero di bimbi con asma si era ridotto da 31 a 4, mentre nel gruppo di controllo, quello trattato con soli farmaci, non c’era nessuna variazione. A 5 anni dalla sospensione della SLIT l’effetto clinico (assenza di asma) era ancora presente. Ad analoga conclusione un lavoro di Novembre et al. condotto su una popolazione pediatrica trattata con SLIT. Lo studio ha valutato la SLIT in 113 bambini di età compresa tra 5 e 14 anni (media 7.7 anni) con febbre da fieno, causata solo da polline di graminacee, senza altre allergie clinicamente importanti. Al basale, nessun bambino ha presentato più di tre episodi di asma stagionale durante ciascuna stagione pollinica da graminacee. I bambini sono stati divisi in due gruppi, uno trattato con SLIT specifica per tre anni ed un altro gruppo trattato con farmaci sintomatici standard, quali antistaminici, steroidi per via nasale e salbutamolo. Dopo tre anni, il gruppo di controllo evidenziava una probabilità di sviluppare asma 3.8 volte superiore rispetto ai soggetti trattati con SLIT. Gli autori concludono rimarcando che la immunoterapia sublinguale (SLIT) rappresenta un’alternativa sicura ed efficace all’immunoterapia sottocutanea e confermano che l’asma allergica e la rinite sono manifestazioni della stessa malattia allergica, e indicano che la SLIT può essere efficace quanto la SCIT nel prevenire l’asma nei bambini. Per quanto riguarda la SCIT, l’ International Consensus Report on diagnosis and management of Asthma consiglia il rispetto di alcune raccomandazioni prima di intraprendere una ImmunoTerapia – Specifica Sottocutanea (SCIT) che sono: - L’ITS deve essere prescritta da specialisti e somministrata da medici in grado di gestire eventuali reazioni avverse - I pazienti con mono sensibilizzazione hanno dall’ITS maggiori benefici dei poli sensibili - L’ITS non è di alcun beneficio nei pazienti con manifestazioni non allergiche - L’ITS è più efficace nei bambini e nei giovani che nelle età avanzate - Per ragioni di sicurezza è necessario che il paziente sia asintomatico all’atto della somministrazione dell’ITS. Le
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38 reazioni fatali sono più frequenti nei pazienti con asma in atto - Al momento dell’ITS il FEV1 deve essere superiore al 70% CONCLUSIONI La rinite rappresenta un fattore certo di rischio per sviluppo di asma, anche indipendentemente dall’atopia. La forma allergica è quella associata al rischio maggiore e, nell’ambito della stessa, la sensibilizzazione ad allergeni perenni comporta un rischio più elevato di sviluppare asma rispetto a quella ad allergeni stagionali, per cui quando la diagnosi e la clinica sono correlate, la ITS gioca un ruolo fondamentale nel bloccare il rischio di evoluzione dell’asma e di conseguenza nel migliorare la qualità di vita dei pazienti e nel ridurre progressivamente la quantità di farmaci da assumere e di conseguenza un beneficio economico/sanitario. BIBLIOGRAFIA 1. Bousquet J, Van Cauwenberge P, Khaltaev N. Allergic rhinitis and its impact on asthma. J. Allergy Clin. Immunol 2002; 108 (5suppl): S 147 – 334 2. Grossman J. One airway, one disease. Chest 1997; 111: 1171-83. 3. Allergic Rhinitis and Its Impact on Asthma – ARIA Workshop Report. J. Allergy Clin Immunol 2001; 108: 147-337. 4. Guerra S, Sherrill DL et al. Rhinitis as an independent risk factor for adult-onset asthma. J Allergy Clin Immu-
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La pizza un alimento per tutte le età a cura della redazione
La pizza rappresenta senza dubbio l’alimento che caratterizza la nostra dieta mediterranea sia per la diffusione e la commercializzazione del prodotto amatissimo anche all’estero, sia per le sue proprietà nutrizionali. Essa è ottenuta mediante la cottura di un impasto, ricavato per lievitazione naturale di una miscela di acqua, sale , farina, lievito di birra e olio, disteso manualmente e successivamente condito con gli ingredienti desiderati. La complementarietà dei nutrienti che la costituiscono fanno si che la pizza venga considerata ancora oggi un piatto unico. Gli ingredienti che la costituiscono sono: farina di grano tenero di tipo “00”, mozzarella, olio extravergine d’oliva, pomodoro e acqua. Ognuno di essi possiede delle caratteristiche nutrizionali ed organolettiche che rendono la pizza un alimento eccezionale. Dai dati forniti dall’Istituto Nazionale della Nutrizione secondo cui 100 g edibili di una pizza generica sviluppano circa 271 Kcal con un apporto di carboidrati che ammontano a 52 g e di 5,6 g di protidi e lipidi si deduce che la pizza, oltre ad essere un alimento altamente calorico, presenta un elevato apporto di carboidrati. I glucidi contenuti nella farina di tipo “00” sono prevalentemente di tipo complessi, cioè nutrienti che, prima di essere assorbiti dal nostro intestino, subiscono un lungo processo di frammentazione per essere scissi in unità semplici (glucosio). Questo lungo processo di digestione, oltre a garantire un senso prolungato di sazietà, rallenta il rilascio immediato nel circolo ematico di glucosio impedendo pertanto che la glicemia postprandiale aumenti vertiginosamente scatenando, di conseguenza, un tempestivo rilascio d’insulina a livello pancreatico. Un altro ingrediente fondamentale che conferisce un decisivo potere organolettico è rappresentato dalla mozzarella. Essa è composta (riferendosi sempre a 100 g di parte edibile) dal 58% di acqua, dal 18,7 % di proteine e dal 19,5 % di grassi. La mozzarella è un alimento molto ricco di proteine animali di alto valore biologico, cioè facilmente assimilabili dall’organismo. E’ molto ricca di proteine ad alto valore biologico, vitamina
A e quelle del gruppo B che svolgono importantissime funzioni come la protezione delle mucosa e della pelle e anche di sali minerali (fosforo, sodio, ferro) e soprattutto di calcio e ciò la rende un alimento amico della salute delle donne specie in menopausa, quando le variazioni ormonali determinano un’accelerazione della perdita di calcio da parte delle ossa (osteoporosi). Oltre alla mozzarella di latte vaccino, viene molto utilizzata anche quella di bufala che tuttavia presenta un apporto di calcio decisamente inferiore. Benché rappresenti un ottimo alimento anche dal punto di vista organolettico, la mozzarella può richiedere una digestione un po’ laboriosa e inoltre, rispetto alle altre tipologie di formaggi stagionati, viene esclusa dall’alimentazione di soggetti che hanno un’intolleranza al lattosio. Un consumo più moderato della nostra amata pizza deve avvenire per tutti quei soggetti affetti da ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia, in quanto la mozzarella ne è particolarmente ricca. Tuttavia va precisato che nel condire la pizza si preferisce utilizzare la mozzarella “da pizza” che, rispetto a quella “da tavola”,che presenta una percentuale decisamente inferiore di acqua e un minore tenore di grassi. Questa scelta è utile per evitare che la pizza venga bagnata ed oliata dalla mozzarella “da tavola”. Un altro ingrediente fondamentale per la preparazione della pizza è l’olio extravergine d’oliva. Nonostante il suo elevato potere energetico (899 kcal per 100 grammi) esso presenta una serie di proprietà benefiche per la salute. Esso infatti è molto ricco di acidi grassi monoinsaturi, in particolar modo dell’acido oleico il quale detiene la funzione di monitorare e tenere sotto controllo i livelli di Colesterolo LDL e quindi per la prevenzione dell’arteriosclerosi e delle malattie cardiovascolari. Un’attenzione particolare riveste la presenza della passata di pomodoro sulla pizza, non gradita da tutti i consumatori. Il pomodoro infatti, essendo ricco di acqua (94%) con un contenuto limitato di proteine (1%), di grassi (0,2%) e di carboidrati (2,8%) rappresenta un ingrediente con ridottissimo apporto calorico. Tuttavia nella sua componente ac-
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Storia della pizza La tradizione vuole che a inventare la pizza Margherita, come omaggio all’omonima Regina, in visita a Napoli, sia stato nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito che lavorava da Brandi, storica pizzeria della città. L’invenzione consisteva nel condirla con basilico, pomodoro e mozzarella (oltre a una spolverata di parmigiano). I colori erano gli stessi della bandiera italiana, di qui il duplice omaggio alla Regina. Naturalmente c’è chi contesta questa tradizione sostenendo che Esposito non avrebbe inventato un bel nulla, perché una pizza condita così già esisteva a Napoli. Se pure fosse, bisogna ammettere che Esposito è stato comunque un genio del marketing: legando il nome di quella pizza alla Regina l’ha resa famosa per sempre.
quosa sono disciolti numerosi Sali minerali e oligoelementi. Tra i primi, predomina il potassio (297 mg/100 g), che aiuta l’organismo a ritrovare l’equilibrio idrico e quindi combatte la ritenzione dei liquidi, la stanchezza, i crampi, la debolezza muscolare e l’ipertensione. Segue il fosforo (26 mg), che concorre al metabolismo dei carboidrati, grassi e proteine ed è fondamentale con il calcio per la salute di ossa e denti. Il calcio (11 mg/100 g), a sua volta, dà equilibrio al sistema nervoso, evita i crampi alle gambe, l’irritabilità e alcune forme di mal di testa. Tra gli oligoelementi, i più
presenti sono il ferro (0,3 mg/100 g), fondamentale nella lotta all’anemia, lo zinco (0,11 mg) e il (2,3 mcg) che favoriscono la riparazione delle cellule e, per questo, combattono i segni dell’invecchiamento cutaneo. Inoltre il pomodoro è ricco di vitamine idrosolubili e della vitamina C che facilita l’assorbimento di ferro e la produzione di emoglobina e globuli rossi nel midollo osseo, della vitamina A e di quelle del gruppo B in grado di favorire il ricambio e l’ossigenazione cellulare. Dopo aver analizzato le caratteristiche nutrizionali di ogni singolo ingrediente di cui è costituita la pizza si può concludere affermando l’alto potere nutrizionale di questo alimento che garantisce al consumatore il giusto apporto di nutrienti necessari per perseverare un buon elisir di salute e che al tempo stesso la loro complementarietà rendono la pizza, come precedentemente accennato, un piatto unico da inserire in sostituzione di un pranzo o di una cena nella quale si tende a consumare generalmente pasta o pane, pesce o carne o formaggi e verdure. Essa inoltre può essere arricchita con il supplemento di altri ingredienti per la farcitura, preferendo ortaggi e verdure e magari evitando l’aggiunta di formaggi e/o insaccati che andrebbero ad aumentare l’apporto di grassi e quindi l’apporto calorico. In definitiva, la pizza rappresenta un alimento ottimale per tutti i consumatori di qualsiasi fascia di età, tuttavia il suo consumo deve essere moderato per tutti quei soggetti che presentano patologie metaboliche o legate ad esse in quanto un alto apporto di carboidrati, di grassi e di sodio potrebbero comportare delle conseguenze sul loro stato di salute.
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LA BIoIMPEDENzIoMEtRIA per StImare Il rISchIo obeSItà a cura della redazione
le stime dell´oms (global Infobase) affermano che nel 2005 nel mondo era in sovrappeso oltre un miliardo di persone, di queste oltre 800 milioni erano donne, con più di 300 milioni di donne obese. Inoltre, si stima che nel mondo circa 22 milioni di ragazzi di età inferiore a 15 anni siano obesi, con un trend in costante aumento. In Italia le cose non vanno meglio. Secondo uno studio Istat del 2005 infatti, nello stesso anno erano obese 4,7 milioni di persone il 9% in più rispetto a 5 anni prima. da circa trent´anni, la prevalenza dell´obesità è più che raddoppiata in molti paesi europei e continua a crescere. la tendenza è allarmante soprattutto nell´eta infantile: attualmente la prevalenza di obesità giovanile è dieci volte maggiore rispetto agli anni Settanta. In europa sono in sovrappeso il 20% dei bambini, con il 33,6% di maschi e il 34,6% tra le femmine di età compresa fra 6 e 9 anni; di questi, un terzo sono obesi. la percentuale di popolazione obesa
BIMBI ItALIANI tRA I PIU´ GRASSI DELL’UNIoNE EURoPEA oltre un milione di bambini italiani tra 6 e 11 anni, quindi 1 su 3, ha problemi di peso: il 24% e´ in sovrappeso e il 12% e´ obeso.e´ l´allarme lanciato dal progetto ´okkio alla salute´, che prevede due iniziative del ministero nelle scuole per una corretta alimentazione, ´forchetta e scarpetta´ e ´canguro salta la corda´. ´l´obesita´ infantile e´ un grande banco di prova per la sanita´ pubblica - spiegano al ministero - perche´ fa aumentare rischi di altre malattie in eta´ adulta´.
Numerosi studi dimostrano che il miglior trattamento sia comunque la prevenzione. Ridurre l’eccesso di calorie, di grassi, di dolci. Fare del moto regolarmente e privilegiare il gioco all’aperto. Limitare la videodipendenza: massimo 2 ore al giorno. cresce con il passare degli anni: la prevalenza è dell´1,8% tra i 18 e i 24 anni, raggiunge il massimo sopra i 55 anni (14,3% tra i 55 e i 65 anni e 15,7% tra 66 e 75 anni. I criteri di classificazione dell´obesità si avvalgono del bmI (body mass Index o Indice di massa corporea, ottenibile dal rapporto peso (kg)/altezza (m)al quadrato): un bmI è considerato normale fino ad un valore di di 24.9, mentre sono state definite obesità di I, II e III classe quei valori di bmI compresi tra 25 e 29.9, fra 30 e 39.9 e maggiori di 40. Il bmI fornisce però una stima incompleta del reale contenuto di grasso del soggetto in esame, in quanto è in grado di valutare esclusivamente la massa totale, mentre il peso corporeo è condizionato non solo dalla massa adiposa, ma anche da quella magra. la bioimpedenziometria è una metodica computerizzata in grado di stimare il peso nella sua globalità ovvero come il risultato di tre variabili: massa grassa, acqua e massa muscolare. la stima dell´adiposità consente di considerare non solo il grado di obesità o di sovrappeso ma anche la percentuale di grasso in eccesso nei vari distretti corporei: braccia, gambe e tronco. le linee guida infatti definiscono il rapporto ottimale tra grasso e muscolo in una proporzione di 3 a 7. la bioimpedenziometria stima accuratamente anche il metabolismo basale. Questa varia in base al grado di allenamento e la sua stima consente di seguire il percorso nutrizionale e quello di attività fisica prescitta al paziente.
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Medicina e multimedialità Da Facebook ai blog, come cambia l’informazione scientifica Roberto Zarriello Giornalista, esperto in nuovi media
L’informazione medica acquisisce in questi ultimi anni nuovi connotati, strettamente legati alle recenti e veloci evoluzioni informatiche, soprattutto web-based. Nascono sulla rete centinaia di blog medici, wiki e communities di professionisti che sfruttano i potenti mezzi del web 2.0 per far circolare le informazioni in ambito biomedico con più velocità, maggiore capillarità e, in alcuni casi, con maggiore efficacia. Anche se ormai dovremmo parlare di web 3.0 che molto presto porterà un’altra forte ventata di novità in rete, in molti paesi l’utilizzo degli strumenti web 2.0 non è ancora largamente diffuso, soprattutto in alcune fasce d’età. In ambito sanitario, ad esempio, i medici meno giovani, solitamente più tradizionalisti non usano e in alcuni casi ignorano del tutto quali siano le attuali potenzialità della rete. La maggioranza dei “navigatori”, invece, conosce le grandi possibilità dei siti Web 2.0 che offrono agli utenti la tecnologia necessaria per produrre e distribuire informazioni attraverso la struttura collaborativa (es. wiki), lo scambio di contenuti (i famosi media-share come youtube), le reti sociali (es. Facebook) e molti altri innovativi strumenti (es: blog, twitter, chat, forum, ecc). Una finestra informativa sul mondo della salute e della medicina. Una sinergia in cui contributi scientifici e news si mescolano per offrire un’informazione attenta e puntuale. É nata per questo la sinergia tra GoSalute (www.gosalute.it),
portale di informativo di salute e benessere suddiviso in sette differenti aree tematiche, ed Edicare Publishing, società specializzata nell’editoria medico scientifica e nell’organizzazione di eventi formativi, editrice delle due riviste leader di settore: il trimestrale IJPC – Italian Journal of Primary Care e questo bimestrale. In base all’accordo, GoSalute assumerà il ruolo di alter ego online di tutte le attività editoriali e informative di Edicare. In previsione, anche speciali e dirette live sugli eventi e congressi a carattere scientifico organizzati dal Gruppo. “Siamo convinti che con GoSalute, l’offerta informativa del nostro Gruppo, si arricchisca di un prodotto multimediale completo e innovativo su cui punteremo anche per importanti progetti futuri”, commenta il Direttore Scientifico di Edicare Publishing. “Cercheremo di rappresentare al meglio il braccio multimediale di Edicare. Il nostro know-how in ambito giornalistico ed editoriale si lega perfettamente alle conoscenze e alle competenze scientifiche del board internazionale di medici specialisti e addetti ai lavori che collaborano con il nostro partner”, sottolineano invece dallo staff di GoSalute. Attualmente il portale conta circa 20mila contatti unici mensili, mentre i due periodici a diffusione nazionale editi da Edicare Publishing presentano una tiratura di circa 5mila copie per numero.
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Baarìa: il ritratto dell’Italia vera Attraverso gli occhi di tre generazioni della famiglia Torrenuova, ecco la magnifica e tormentata storia d’Italia...anche se in realtà l’Italia magnifica qui non si vede...ciò che scopriamo, guardiamo crescere e impariamo ad amare è il piccolo paese di Bagheria, con la sua società, i suoi personaggi e la sua storia. Ed è davvero questo il senso del film e, a mio parere, la sua forza: non raccontare la storia di un uomo o di una famiglia in particolare, ma di un paese; se nessuno dei tantissimi personaggi è esplorato in pieno nella sua interiorità, Bagheria viene invece completamente sviscerata, esplorata, come un essere vivente, dipingendo un ritratto realistico e denso di emozione di un pezzo d’Italia, forse di quella più vera, fino al magnifico finale in cui passato e presente si fondono e il continuum temporale si riavvolge e ci fa sognare. La fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione, nè smussa l’appetito per la verità scientifica, di cui non ottunde la percezione. Al contrario: più acuta e chiara è la Ragione, e migliori fantasia produrrà.» J.R.R. Tolkien
a cura di Chiara D’Errico
Avatar: Eywa e la bellezza della natura La nostra società, è un dato di fatto, ha perso il contatto con il mondo che la circonda. E di questo Jake Sully, ex marine costretto su una sedia a rotelle, se ne rende conto solo nel momento in cui entra nel mondo dei Na’vi e ne apprende non solo gli usi, ma anche la filosofia di vita. Il popolo Na’vi, infatti, non solo è profondamente immerso nell’ambiente quasi onirico di Pandora, ma ne è letteralmente una parte, connesso ad esso, alla sua flora e alla sua fauna, ad un livello fisico. Lo Tsahaylu, tramite fra il sistema nervoso e l’ambiente esterno, è la metafora di questo legame indissolubile e la cosa che, a mio parere, rende il film tanto profondo, trasformando la storia d’amore tra un indigena e un colonialista, in qualcosa di più, in una straordinaria ed emozionante dichiarazione d’amore per la natura. E davvero vorrei poter dormire 6 anni e ritrovarmi a Pandora.
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Il bello del Dottor House Se si pensa ai grandi successi televisivi degli ultimi anni, sicuramente non si può fare a meno di pensare al Dottor House. Certo, i serial tv di ambientazione medica non erano una novità, ER - Medici in prima linea mieteva successi ormai da parecchi anni. eppure qualcosa era cambiato, qualcosa rendeva House assolutamente nuovo e assolutamente irresistibile. A prescindere dall’ottima realizzazione tecnica di cui la serie gode ( esperti e consulenze mediche che donano realismo assoluto), sicuramente la forza dello show è interamente dovuta al suo protagonista: Gregory House non rientra in nessuno degli schemi che la televisione “medica” ci aveva proposto fino a quel momento, non svolge il suo lavoro per fare del bene, la moralità non costituisce un suo problema e detesta il paziente. Sicuramente nessuno di noi vorrebbe avere a che fare con lui. Come un moderno Sherlock Holmes (chiara ispirazione per il personaggio) è ossessionato dalla verità, dalla ricerca spasmodica dei dettagli ai fini della diagnosi: sapere è tutto per lui e per giungere alla soluzione dell’enigma è disposto a infrangere ogni regola, a calpestare qualsiasi forma di etica, professionale e non. Un medico sui generis, un medico che non va preso ad esempio, qualcuno da odiare, e, aggiungendo al tutto la sua dipendenza dai farmaci, un pessimo esempio di vita. Eppure è difficile trovare qualcuno che alla domanda “Ti piace il Dottor House?” risponda elencandone i difetti; addirittura, i suoi tremendi difetti, il suo caratteraccio, quella lotta costante contro la depressione e il dolore, lo hanno reso uno dei personaggi più amati di sempre. Forse perchè è più facile identificarsi in un uomo imperfetto e che soffre, piuttosto che in un eroe? Difficilmente qualcuno direbbe di ammirare Gregory House nel suo complesso, salvo, poi, appassionarsi ancora ai suoi impossibili casi e alle sue improbabili vicende. Perchè, ammettiamolo, il bello, il vero motivo per cui ci piace tanto, è che amiamo odiarlo.
agenda
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NEXT MEETING I PROSSIMI EVENTI
Aprile 2010 Trasformazione in Psichiatria Bormio (SO), 8-11 Aprile 2010 Centro Congressi Bormio Terme Info: montereit@alice.it
Convegno sul tema: “Il servizio di Psicologia Clinica: Un modello Integrato” 29 Giugno 2010 Servizio di psicologia clinica Area sud – Maglie Asl Lecce 1
Maggio 2010
Settembrte 2010
The IJPC Conferences Geriatrics in Primary Care 14-16 Maggio 2010 Venezia Mestre
First European Conference on Failed Hypospadias Repair Arezzo, 18 Settembre 2010 Via dei Salici, 7 - 89048 Siderno Info: www@failedhypospadias.com info@dafneservizi.it
Convegno “Innovare la formazione alle cure: strategie, strumenti e prospettive SIPeM – Società Italiana Pedagogia Medica 26-29 Maggio - Torino 1° Forum Interdisciplinare aimef 28-30 Maggio 2010 - Quarto d’Altino (VE)
Ottobre 2010 44° Congresso Nazionale S.I.t.I. “Diritto alla Salute” 3-6 Ottobre 2010 - Venezia
Novembre 2010 Giugno 2010
IV Congresso Regionale SICP PUGLIA 11-12 Giugno 2010 Bitonto (Ba)
V Convegno Nazionale Centro Studi e Ricerche Società Italiana di Diabetologia Firenze, 18-20 Novembre 2010 Info: www.oic.it info@oic.it
33° Congresso Nazionale SICO Milano, 10-12 Giugno 2010 Info: antonellamurru@kassiopeagroup
The IJPC Conferences - Oncology for Primary Care Bari, 19-20 Novembre 2010 Info: m.lonigro@communicationlaboratory.it
Che fare oggi in cardiologia Colombaro di Corte Franca (BS) 4-5 Giugno 2010 Info: www.victoryproject.it - info@victoryproject.it
XXVII Congresso Nazionale Societa’ Italiana Medicina Generale 25-27 Novembre 2010, Firenze
Workshop nazionale”Errore in Medicina” 10-12 Giugno 2010 Bari
Strategie Interventistiche nelle Sindromi Coronariche Acute Rimini, 5 Giugno2010 Info: r.reggiani@adriacongrex.it - www.adriacongrex.it
Gastroenterology Update 2010 Bolzano, 28-30 Novembre 2010 Haus der Kultur Walther von der Vogelweide Info: simonetta.colombo@highstyle.it www.highstyle.it
Agenda 48
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