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La sindrome post-Covid

La guarigione definitiva è a tutt’oggi difficile da ottenere. Il paziente deve quindi imparare a convivere con la malattia correggendo eventuali fattori favorenti o scatenanti e conducendo uno stile di vita sano. Fortemente raccomandata è la riduzione del peso corporeo prediligendo la dieta mediterranea e l’assunzione di cibi ricchi di sostanze antiossidanti come il licopene, la vitamina C, la vitamina E, il beta-carotene, il selenio e lo zinco. Può inoltre essere utile usare saponi antisettici per la detersione, evitare indumenti stretti ed astenersi dal fumo di sigaretta. La terapia, inoltre, va scelta in base alla gravità della patologia, al tipo di lesioni, all’evoluzione e all’età del paziente.

Come sottolinea la Prof.ssa Fabbrocini: “Antibiotici topici e sistemici, agenti immunosoppressivi sistemici, retinoidi, ormoni, dapsone, sali di zinco, e inibitori del Tumor Necrosis Factor (TNF-alfa), sono i farmaci più frequentemente considerati in relazione allo stadio di malattia. L’Adalimumab è l’unico farmaco

biologico approvato per l’utilizzo nei pazienti affetti

da HS da forme moderate o severe, in coloro i quali le terapie convenzionali abbiano fallito.

Ciononostante in molti pazienti questa terapia non determina sempre risultati soddisfacenti. Studi recenti hanno individuato una finestra di opportunità terapeutica entro cui agire al fine di massimizzare l’efficacia del farmaco”. Molti pazienti infatti risultano non responsivi a causa di un ritardo diagnostico: l’intervallo medio tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi corretta di HS è di circa 7 anni. “Pertanto – prosegue Fabbrocini – nasce la necessità di nuovi agenti immuno soppressori/immunomodulanti efficaci nell’HS. Recentemente, è stato dimostrato che la via cellulare dell’interleuchina (IL) -23 / T helper (Th) 17 è espressa nella cute dei pazienti affetti da HS. Farmaci che hanno come target l’IL 17, IL 23 sono in fase di studio in attesa di eventuale approvazione”.

Si può anche considerare, aggiunge il Professor Micali “l’utilizzo di un farmaco biologico anti TNF, o di terapie fisico-chirurgiche (laser CO2 e Nd:YAG, escissione chirurgica) basate su tecniche innovative che rappresentano un campo in continua evoluzione.

Inoltre, l’ecografia con la sua azione non invasiva, negli ultimi anni ha trovato applicazione anche nell’ambito dell’HS, potendo contribuire sia alla diagnosi che al monitoraggio terapeutico. È infatti in grado di evidenziare lesioni non apprezzabili al semplice esame clinico e di correlare morfologia clinica e gravità delle lesioni, permettendo di ottenere dati oggettivi e riproducibili circa un coinvolgimento più profondo delle sedi interessate, favorendo un’accurata stadiazione della patologia, e permettendo di pianificare un approccio terapeutico medico e/o chirurgico mirato”. L’Italia è stata una delle prime nazioni in cui si è diffuso l’utilizzo dell’ecografia per

lo studio dell’HS, facendo si che attualmente venga considerata leader a livello internazionale in tale

settore.

Inoltre, da qualche anno diversi centri dermatologici italiani si sono dotati di apparecchiature ecografiche dedicate ed hanno creato una vera task force di dermatologi esperti, come il gruppo, Italian Ultrasound Working Group, con professionisti esperti certificati in ecografia cutanea ed in particolare dell’HS.

“Questo gruppo – spiega Micali – ha instaurato una collaborazione attiva tra le diverse strutture coinvolte attraverso corsi di formazione, riunioni periodiche, condivisione di piattaforme informatiche delle immagini ecografiche, consulenze a distanza e pubblicazione scientifiche dei risultati ottenuti su riviste prestigiose del settore”.

Infine, gli esperti rivolgono il loro appello ai pazienti perché continuino a farsi seguire dagli specialisti anche in questa complicata situazione derivante dalla pandemia da nuovo Coronavirus: “I pazienti affetti da HS in terapia con farmaci biotecnologici hanno manifestato le loro perplessità in merito alla prosecuzione della terapia in relazione ad un ipotetico aumentato rischio di sviluppare malattie infettive. I dati italiani e mondiali non hanno evidenziato rischi contingenti nel continuare le terapie, quanto piuttosto un rischio di vedere quadri clinici peggiorati in caso di sospensione”. “

La sindrome

post-Covid di cosa si tratta e come fronteggiarla con l’aiuto di nutrizione

A cura di Raffaella Quieti Cartledge Nutrizionista da 28 anni, Antony Haynes utilizza i principi della medicina funzionale dal 1992. Negli ultimi dieci anni, ha focalizzato la sua clinica e ricerca sulle infezioni virali croniche, e in particolare sul loro ruolo nell’insorgenza delle condizioni autoimmuni. Attualmente dedica gran parte delle sue consulenze nutrizionistiche e del suo insegnamento (nel Regno Unito), alla gestione dei sintomi della sindrome post Covid. Dott. Haynes, cos’è la sindrome post-Covid? e supplementi “ La sindrome post Covid è uno dei nomi dati alla condizione che si manifesta con sintomi che durano per più di tre mesi dopo il contagio. Viene anche definita sindrome del COVID-19 lungo. I sintomi più frequenti sono affaticamento e mancanza di respiro. È interessante notare come la sindrome possa colpire chi ha avuto il COVID-19 più o meno gravemente, nelle sue diverse manifestazioni. Un recente studio di Gold et al, pubblicato a giugno 2021, indaga la relazione tra la prevalenza del COVID lungo e la riattivazione del virus di Epstein-Barr. Uno dei nove tipi di virus dell’herpes conosciuti, l’EpsteinBarr è tra i più comuni nell’uomo e causa della mononucleosi infettiva, che si contrae principalmente in età adolescenziale.

Lo studio mostra come molti sintomi del Covid lungo potrebbero non essere un risultato diretto del virus SARS-CoV-2, ma la conseguenza della riattivazione del virus EBV indotta dall’infiammazione da COVID-19. Lo studio di 186 pazienti di Covid lungo scelti a caso, ha verificato che il 66,7% dei soggetti è risultato positivo alla riattivazione dell’EBV.

Quali alimenti possono aiutare a mitigare i sintomi della sindrome post Covid ?

Ogni paziente richiede una combinazione individuale tra interventi nutrizionali e stile di vita. Per alcuni, l’istamina svolge un ruolo significativo, nel caso abbiano sviluppato la sindrome da attivazione dei mastociti (MCAS, Mast Cell Activation Syndrome), una condizione in cui il paziente manifesta sintomi allergici ripetuti come ad esempio orticaria, gonfiore, pressione bassa, difficoltà respiratorie e diarrea. Pertanto, una dieta a basso contenuto di istamina è fondamentale per gli individui affetti da MCAS. Gli alimenti ricchi di istamina sono alcol (e altre bevande fermentate), alimenti fermentati come yogurt, latticini, frutta secca, avocado, melanzane, spinaci, carne di produzione industriale o affumicata.

Ci sono anche una serie di alimenti che attivano il rilascio di istamina nel corpo, come banane, pomodori, fagioli, papaia,

cioccolato, agrumi, noci, anacardi e arachidi.

Oltre all’attenzione alla dieta, gli integratori che aiutano a modulare l’istamina sono la quercetina e la vitamina C.

Per altri pazienti, è stato dimostrato che l’uso della niacina (Vitamina B3) riduce l’affaticamento. La niacina può aiutare a ripristinate l’apporto del coenzima NADH (nicotinammide adenina dinucleotide, anche conosciuto come Coenzima 1), di importanza fondamentale nel ciclo di produzione dell’energia. Oltre a favorire la produzione di ATP (l’Adenosina Trifosfato, ossia il composto chimico che fornisce alla cellula l’energia necessaria per svolgere qualsiasi tipo di lavoro biologico), la niacina favorisce anche la produzione del potente antiossidante glutatione.

Una delle espressioni più comuni del Covid lungo è la spossatezza post-sforzo.

Il livello di intensità e la frequenza dell’attività fisica devono quindi essere modulati con attenzione e cautela. Anche nella Sindrome da Affaticamento Cronica (Chronic Fatigue Syndrome or CFS) l’aumento graduale dello sforzo fisico potrebbe non essere l’approccio teraapeutico giusto. Bisognerebbe capire quanto esercizio si può affrontare facendo piccoli test su se stessi. Come per tutte le altre patologie croniche, è imperativo avere un ciclo del sonno sano. Nella CFS e nell’MCAS, sono comuni le interruzioni del ciclo del sonno. Lo stesso si verifica nel caso del Covid lungo. Con tutta probabilità causato dalla dispnea (difficoltà respiratoria o affanno).

Ha istituito un protocollo per affrontare i sintomi del Covid lungo?

Come per qualsiasi condizione, la raccolta di informazioni sul caso individuale è fondamentale per capire come sia iniziata e come si manifesti la patologia, piuttosto che l’utilizzo di un protocollo standard. Alcuni individui presentano disturbi intestinali che devono essere affrontati prima dell’affaticamento o della mancanza di respiro tipici del Covid lungo. È sicuramente interessante il fatto che il Covid

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