medicina estetica
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N.21 | 2021
MEDWELLNESS | FREE PRESS
La guarigione definitiva è a tutt’oggi difficile da ottenere. Il paziente deve quindi imparare a convivere con la malattia correggendo eventuali fattori favorenti o scatenanti e conducendo uno stile di vita sano. Fortemente raccomandata è la riduzione del peso corporeo prediligendo la dieta mediterranea e l’assunzione di cibi ricchi di sostanze antiossidanti come il licopene, la vitamina C, la vitamina E, il beta-carotene, il selenio e lo zinco. Può inoltre essere utile usare saponi antisettici per la detersione, evitare indumenti stretti ed astenersi dal fumo di sigaretta. La terapia, inoltre, va scelta in base alla gravità della patologia, al tipo di lesioni, all’evoluzione e all’età del paziente. Come sottolinea la Prof.ssa Fabbrocini: “Antibiotici topici e sistemici, agenti immunosoppressivi sistemici, retinoidi, ormoni, dapsone, sali di zinco, e inibitori del Tumor Necrosis Factor (TNF-alfa), sono i farmaci più frequentemente considerati in relazione allo stadio di malattia. L’Adalimumab è l’unico farmaco biologico approvato per l’utilizzo nei pazienti affetti da HS da forme moderate o severe, in coloro i quali le terapie convenzionali abbiano fallito. Ciononostante in molti pazienti questa terapia non determina sempre risultati soddisfacenti. Studi recenti hanno individuato una finestra di opportunità terapeutica entro cui agire al fine di massimizzare l’efficacia del farmaco”. Molti pazienti infatti risultano non responsivi a causa di un ritardo diagnostico: l’intervallo medio tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi corretta di HS è di circa 7 anni. “Pertanto – prosegue Fabbrocini – nasce la necessità di nuovi agenti immuno soppressori/immunomodulanti efficaci nell’HS. Recentemente, è stato dimostrato che la via cellulare dell’interleuchina (IL) -23 / T helper (Th) 17 è espressa nella cute dei pazienti affetti da HS. Farmaci che hanno come target l’IL 17, IL 23 sono in fase di studio in attesa di eventuale approvazione”. Si può anche considerare, aggiunge il Professor Micali “l’utilizzo di un farmaco biologico anti TNF, o di terapie fisico-chirurgiche (laser CO2 e Nd:YAG, escissione chirurgica) basate su tecniche innovative che rappresentano un campo in continua evoluzione. Inoltre, l’ecografia con la sua azione non invasiva, negli ultimi anni ha trovato applicazione anche nell’ambito dell’HS, potendo contribuire sia alla diagnosi che al monitoraggio terapeutico. È infatti in grado di
evidenziare lesioni non apprezzabili al semplice esame clinico e di correlare morfologia clinica e gravità delle lesioni, permettendo di ottenere dati oggettivi e riproducibili circa un coinvolgimento più profondo delle sedi interessate, favorendo un’accurata stadiazione della patologia, e permettendo di pianificare un approccio terapeutico medico e/o chirurgico mirato”. L’Italia è stata una delle prime nazioni in cui si è diffuso l’utilizzo dell’ecografia per lo studio dell’HS, facendo si che attualmente venga considerata leader a livello internazionale in tale settore. Inoltre, da qualche anno diversi centri dermatologici italiani si sono dotati di apparecchiature ecografiche dedicate ed hanno creato una vera task force di dermatologi esperti, come il gruppo, Italian Ultrasound Working Group, con professionisti esperti certificati in ecografia cutanea ed in particolare dell’HS. “Questo gruppo – spiega Micali – ha instaurato una collaborazione attiva tra le diverse strutture coinvolte attraverso corsi di formazione, riunioni periodiche, condivisione di piattaforme informatiche delle immagini ecografiche, consulenze a distanza e pubblicazione scientifiche dei risultati ottenuti su riviste prestigiose del settore”. Infine, gli esperti rivolgono il loro appello ai pazienti perché continuino a farsi seguire dagli specialisti anche in questa complicata situazione derivante dalla pandemia da nuovo Coronavirus: “I pazienti affetti da HS in terapia con farmaci biotecnologici hanno manifestato le loro perplessità in merito alla prosecuzione della terapia in relazione ad un ipotetico aumentato rischio di sviluppare malattie infettive. I dati italiani e mondiali non hanno evidenziato rischi contingenti nel continuare le terapie, quanto piuttosto un rischio di vedere quadri clinici peggiorati in caso di sospensione”.