Arcangelo

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80 mm

170 mm

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F. Ferrante - G. Ferrante

Misura dorso Mancante

788861 537873

Euro 12,00 (I.i.)

978-88-6153-787-3 ISBNISBN 978-88-6153-787-3

Riccardo Quacquarelli, da sempre appassionato di disegno, ha frequentato il liceo artistico e non ha mai smesso di creare. Ha sperimentato varie tecniche pittoriche e scultoree: dalla matita al carboncino, dell’acquerello all’olio e all’acrilico, fino alla Digital Art. Nei suoi lavori lascia sempre una parte di sé, affinché siano le sue creazioni a raccontare di lui. Arcangelo è la sua prima esperienza editoriale come illustratore.

ARCANGELO

80 mm

170 mm

FRANCO FERRANTE

Alunni delle classi 4a di scuola primaria dell’I.C. “Manzoni–Poli” di Molfetta Prefazione di Lidia Bucci

“Per me e mia moglie il cervello di Arcangelo è un vagone libero, viaggia senza locomotiva, va dove gli pare e noi ci siamo dentro, sopra. Ci porta a vedere posti belli anche con la pioggia, luoghi che altrimenti non avremmo scoperto mai. E noi ci stiamo bene e non vogliamo scendere. Mai. E aspettiamo, il prossimo viaggio, il prossimo paesaggio. Ovunque lui vorrà portarci. Non scendiamo e aspettiamo. Questa storia io non la volevo raccontare perché inizia proprio qui dove finisce.”

Franco Ferrante, classe 1966, è attore di cinema e teatro. In oltre trent’anni di attività artistica, spaziando da un repertorio classico con testi di Molière, Shakespeare e Pirandello, alle scritture contemporanee, ha incontrato e lavorato con registi importanti del panorama italiano teatrale e cinematografico. È un attore ma soprattutto è un padre. Arcangelo, nato dopo l’omonimo spettacolo teatrale e ispirato alla vera storia di suo figlio, è il suo primo libro.

978-88-6153-787-3 ISBNISBN 978-88-6153-787-3

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788861 537873

Euro 12,00 (I.i.)

Gabriele Ferrante, classe 2014, è il figlio più piccolo di Franco che ha ispirato la storia di questo libro. Gabriele è il giovanissimo autore delle frasi briose che la accompagnano e che hanno ispirato i disegni di Riccardo Quacquarelli.

Illustrazioni di Riccardo Quacquarelli

Alunni delle classi 4a di scuola primaria dell’I.C. “Manzoni–Poli” di Molfetta

GABRIELE FERRANTE

- Sì. Ora papà dormi che è meglio. - Papà il sole quando si addormenta si copre con la coperta del mare?


Franco Ferrante

Arcangelo Prefazione di Lidia Bucci

edizioni la meridiana p

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Prefazione

Esiste un prima e un dopo. Esistono storie che ci raccontano e storie che raccontiamo. Esiste la teoria e la realtà quotidiana. Esistono i pronostici e il qui e ora. Questo progetto nasce nella terra di mezzo, nel solco, sul limes tra due dimensioni che apparentemente avrebbero potuto non toccarsi mai e invece ci hanno condotti dove siamo oggi. Chi è Arcangelo? Arcangelo è l’alias di Gabriele, il figlio più piccolo di Franco Ferrante (Vito, il primo figlio, è nato cinque anni prima di Gabriele). Il nome d’arte di Gabriele è anche il titolo di uno spettacolo teatrale di e con Franco Ferrante. Franco di mestiere fa l’attore e nella vita fa il padre, le due cose sono più interconnesse di quanto si possa immaginare. Gabriele – in arte Arcangelo – è nato con il nistagmo (un’oscillazione ritmica e involontaria degli occhi). La scoperta della patologia poco dopo la nascita di Gabriele è stata per i suoi genitori un’avventura di quelle che non si leggono nei libri ma che potrebbero diventarlo. Per Franco e per sua moglie è bello ed è rasserenante oggi poterne parlare al passato, perché i primi mesi di vita di Gabriele sono stati un inferno, una corsa contro il tempo e contro un destino che sembrava già segnato. Un viaggio, per nulla piacevole, in quel mondo senza colore, tutto bianco e antisettico, tra ospedali e sale d’attesa di medici e professori. Un mondo sconosciuto a chi non lo impatta dall’interno e che nasconde anfratti decisamente più oscuri, dai quali sembra non si possa mai individuare una via d’uscita. A bocce ferme, a sangue freddo (ma non troppo), quando tutto ha ritrovato il suo equilibrio, Franco ha tradotto – da bravo attore e da buon padre – gli stati d’animo suoi e di tutta la sua famiglia in quell’occasione, in un racconto scenico che non è recitato ma testimoniato. Perché ci sono cose ARCANGELO

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nella vita che non si possono simulare o emulare, ma solo sentire e il dolore è una di quelle. Ripercorrere in scrittura prima e in narrazione dopo tutta una cronologia di eventi dolorosi che hanno lasciato ferite profonde, diventa un modo quasi necessario per decongestionare le ferite e aiutarne il processo di cicatrizzazione, passando attraverso una condivisione emotiva che non vuole essere autocommiserazione ma sensibilizzazione su fatti reali che accadono e che ci accomunano in quanto umanità imperfetta. Le luci della ribalta in scena diventano, in questa direzione, luci che si accendono su dinamiche contorte, talvolta buie e per questo avvertite come lontane e dimenticate ma che al contrario ci appartengono e devono metterci a parte. Così le piccole storie personali diventano un’unica grande storia di tutti. Non cambia l’entità del dolore di ciascuno ma il suo peso si fa condiviso e un po’ si alleggerisce. Lo spettacolo “Arcangelo” ha riscosso un notevole successo emotivo tra il pubblico e i feedback, fuori dalla scena, sono stati soprattutto di carattere e valore umano, di vita vera che si sente. Franco era sulla buona strada e mentre Arcangelo parlava al cuore, in scena, Gabriele cresceva e parlava col cuore a suo padre e a sua madre. Col cuore e con un piglio brillante, Gabriele inizia a chiacchierare con Franco prima di cena, a colazione, prima di andare a letto, lanciandogli battute caustiche, acute, intelligenti ma in ogni caso spontanee e genuine come solo quelle di un bambino potrebbero essere. Al di là di ogni pronostico immaginato dai medici a seguito della diagnosi del nistagmo e di eventuali differenti ritmi di crescita di Gabriele rispetto ai suoi coetanei, quella oscillazione dell’occhio è come se gli avesse permesso di sviluppare un punto di vista altro, diverso, sulla quotidianità. Una nota fuori dal coro ma che diventa distintiva di quella traccia, di quella musica. Le frasi ai limiti della freddura, del lazzo e dello humour di Gabriele/ Arcangelo, pubblicate da suo padre, di tanto in tanto, sulla sua pagina social hanno generato un’eco di condivisione e approvazione che non poteva essere lasciata inascoltata e dispersa. Di qui l’idea di raccoglierle in questo libro accompagnandole con le immagini create da Riccardo Quacquarelli. Nella freschezza dei disegni di Riccardo, riecheggia la spigliatezza delle frasi di Gabriele e viceversa. 4

Franco Ferrante


In questo libro doppio il testo di Arcangelo portato in scena da Franco, papà e attore, e i dialoghi tra papà Franco e Gabriele stanno insieme, uno a far da spalla all’altro. Uno a dire all’altro la potenza della vita che c’è e che sa stupire nell’ora del dolore e nella leggerezza del gioco della quotidianità tra padre e figlio. Lidia Bucci

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Arcangelo

La storia che vi voglio raccontare io non la volevo raccontare. Sì, è così. Questa è la storia che non immaginavo di raccontare. Questa comunque è una storia. È la mia. Ma ora può essere la tua. La nostra. Immaginiamo la storia di un figlio. Di una famiglia. Di un paese. Di una città. Di un palazzo in questa città: solo tre piani. Nel primo piano tutto è reale. Tutto si tocca: porte, finestre, pareti, maniglie. Nel secondo piano tutto è finzione. Tutto si sente: si canta, si suona, si recita. Nel terzo piano tutto è virtuale. Si chatta, si condivide, si tagga. Vi siete persi? Seguitemi. Non vi racconterò di crisi esistenziali, di problemi sociali, di crisi artistiche. Faccio l’attore ma non ho mai studiato teatro. A dir la verità non ho mai studiato neanche a scuola. Mai risolto un problema né in matematica, né nella vita. Che poi, equazioni, radici quadrate, frazioni nella vita a che servono? Ve lo siete mai chiesti? Voi direste: Franco Ferrante fa l’attore, è portato per le materie umanistiche. Macché! ARCANGELO

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Qualche tempo fa ho incontrato il mio professore di italiano che mi dice: “Ferrante ho letto un articolo su un tuo spettacolo. Sei bravo. Possibile che fai l’attore? Ti sei messo a studiare finalmente!”. “Professo’ adesso come allora bluffo, imbroglio, mi sdoppio, mi appoggio, come Cyrano de Bergerac.” “Ferrante e tu che ne sai di Bergerac? Pensa a studiare!” Ci avete mai fatto caso che il rapporto professore-alunno è immutabile? Ci sono professori, i maestri, che rimangono sempre in cattedra e alunni che restano sempre nei banchi. Perché anche se non ho mai studiato, io da professori così, non mi stanco mai di imparare. Sono sposato e ho due figli. Sono sposato con una donna concreta, vera. A lei non interessa se fallisco in scena con un mio personaggio, l’importante per lei è che io non fallisca come padre e marito. Che poi se fallisco in scena, fallisco anche come padre e marito. Vabbè ma questa è un’altra storia. No, non è vero, è sempre la stessa storia. Ho bluffato anche stavolta! Avete presente la vita di un attore, no? Viaggi, spostamenti, prove, riflessioni profonde, filosofiche, il lavoro su se stesso e sulla psiche, lo studio del personaggio, in conflitto tra reale e finzione. Una vita travagliata. Beh, io non so cosa sia. A meno che per vita travagliata non si intenda: le domeniche a messa alle 9.00 per accompagnare mio figlio, il pranzo a casa di mia madre e poi da mia suocera, a domeniche alterne, se no si offendono. Poi da mio cognato, da mio fratello, la visita alla zia, alla cugina della zia, al fratello della nonna e così, via via, di generazione in generazione. Amen. I dolci alla pasticceria, “che presentarsi senza nulla a casa dei parenti sta male”, i vestiti acquistati ai saldi, ché tanto non vale la pena prenderli a prezzo pieno, le vacanze ad agosto, ovviamente le partenze intelligenti, che poi tutti partono intelligentemente all’alba e lo stesso ci si trova imbottigliati ore in autostrada, fino a mezzogiorno, allora tanto vale partire a mezzogiorno, no?! E ancora, gli interminabili pranzi a Natale, le tombole con i centesimi, gli auguri ai compleanni – che meno male che sta Facebook a ricordarceli – e le grigliate in riva al mare, le foto taggato e geolocalizzato con la birra in mano, in aeroporto, alla festa, a cena, al pub, in campagna, con gli amici, 8

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senza amici, sotto il sole, alla serata dei quarant’anni, dei cinquant’anni, che se non ti taggano è come se non ci sei. E alla festa patronale, al saggio di mio nipote, all’anniversario di mia suocera, una volta ho taggato una foto con zio Peppino che era morto, ma non su Facebook. E indovinate quanti “mi piace”? S-e-t-t-a-n-t-a-d-u-e. Sì, settantadue “mi piace” a zio Peppino. Zio Peppino che da vivo e dal vivo non piaceva a nessuno, neanche a zia Agata, sua moglie. Ma su Facebook la morte piace a tutti. La morte, i gatti e i bambini. I bambini, sì. Questa storia continua così. 3 novembre 2014: nasce mio figlio, il secondo, Arcangelo. Un’esplosione di gioia. Di mamma e papà. Io ero in scena a Lecce, ma quel giorno lo spettacolo era altrove. Mi assicuro di avere il cellulare carico, mi metto in macchina e corro. Non dovrei dirlo ma sì, corro. Corro per andare in ospedale, lo avreste fatto anche voi. Lecce-Bari in un’ora e mezza con una macchina sgarrupata che mi avrebbe fatto arrivare prima al Creatore che dalla creatura. Ma arrivo, vivo, in ospedale. Non chiedo neppure a mia moglie come sta, che vedo il bambino, gli scatto una foto e la lancio su Facebook. Un dito per condividerla e centoventi pollici in su nel giro di mezz’ora per dire “mi piace”. Guardo mia moglie che aveva ancora i dolori del parto e le dico: “Iniziamo bene, questo figlio promette bene. È già una star”. E di lì, giù una valanga di commenti e di altre foto scattate: mia madre; mia madre e il bambino; mia madre, il bambino e il fratellino; mia madre, il bambino, il fratellino e il cugino; mia madre, il bambino, il fratellino, il cugino e l’altro cugino pronto ad essere fotografato con la maglietta dell’Uomo Ragno, accanto all’infermiera. Un trionfo di piacere anche lei. E sì, perché l’infermiera si accerta che sia venuta bene prima di farmela pubblicare e poi, dopo averla approvata, si presenta: “Sono Mariella Caputo, anche su Fb, Mariella Caputo. Mi chieda l’amicizia e mi tagghi. Poi me la invia? Grazie”. E io non sapevo che dirle, se darle del lei o del tu, visto che praticamente eravamo già amici su Fb. Dissi solo “va bene”. Intanto mia suocera che era rimasta lì tutto il tempo con i fiori in mano, si era sentita trascurata e mi dice, riferendosi ai fiori: “Tra poco questi non saranno più buoni” e io: “Saranno sempre buoni per la tua lapide!”. No, in realtà non gliel’ho detto. Avrei voluto, ma non l’ho fatto. Mi ha salvato mio cognato che a sparare cazzate è un talento: “Mamma sei una forza della ARCANGELO

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natura, fatti fare una foto da Franco che la mette su Fb e diventi famosa!”. Io pensai che anche quella avrei potuto tenerla per la sua lapide, altro che Fb! Allora ricominciammo con tutte le combinazioni di scatti possibili: mia suocera e i fiori; mia suocera, i fiori, il bambino; mia suocera, i fiori, il bambino e il fratellino; mia suocera, i fiori, il bambino, il fratellino e il cugino; mia suocera, i fiori, il bambino, il fratellino, il cugino e l’altro cugino. Si fece talmente tante foto con i fiori che quelli, i fiori, persero vigore e l’ultima foto – pur di far vedere a tutti che lei aveva portato i fiori – se la scattò con un fiorellino solo e io la lanciai su Fb scrivendo “Mio figlio Arcangelo ha congelato tutti, anche i fiori”. Una didascalia che fu un tripudio di battute e commenti: “ma è davvero un angelo questo bambino!”; “Per fortuna assomiglia alla madre”; “hai voluto la bicicletta…”. Persino mia zia, cattolica fino all’osso, scrisse: “Nessuno è nato sotto una cattiva stelle. Ci sono semmai uomini che guardano male il cielo. (Dalai Lama)”. Mia zia che cita un monaco tibetano, e che c’entra mia zia con un monaco tibetano? Comunque il commento ottenne una valanga di “mi piace”. Su Fb anche le religioni si mettono d’accordo. I primi giorni e poi i primi mesi di vita di Arcangelo passarono così. Il bambino cresceva e si fortificava giorno dopo giorno attaccato al seno della madre da cui succhiava nutrimento e vita. E io vivevo uno spettacolo nello spettacolo. In tournée con “La Bisbetica domata” di William Shakespeare, tra risate, applausi e auguri per il bambino. Complimenti per il bambino e per lo spettacolo. In giro, non vedevo l’ora di tornare per fare altre foto, senza mia suocera, e lanciarle in Rete. Arcangelo però non guarda il cellulare e non guarda sua madre, neppure mentre lo allatta. “Succhia e mangia senza nemmeno degnarmi di uno sguardo”, mi dice mia moglie, scherzando… ma non troppo. Lo sguardo sempre altrove, assente. Notiamo, poi, un’oscillazione della pupilla, vibra, vacilla e noi con lei. Noi per lui, vacilliamo, per nostro figlio. Non riesco più a fotografarlo. La testa sempre rivolta altrove, mai in direzione dell’obbiettivo. E intanto continuavo a fotografare mia suocera, mia madre, mio padre, i cuginetti e tutte le comparse intorno alla star. Tutti 10

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che guardano in camera, mia suocera che si ostina con fiori finti (per non farsi fregare dal passare del tempo) e che si sistema i capelli prima dello scatto e tutti a cercare di attirare l’attenzione di Arcangelo che non ci guarda mai. Ipnotizzati dall’oscillazione di Arcangelo, confessiamo il nostro tremendo dubbio al pediatra: “Ma no! È fisiologico. I bambini quando nascono vedono poco. È tutto normale”. È tutto normale. Ritorno in scena, dalla mattina alla sera. E la notte? La notte, come un supereroe, mentre tutti dormono, mi trasformo, chatto col mondo intero. Nel mondo reale, il mio amico più lontano sta a Verona, qui siamo tutti vicini. Mi sento forte, inattaccabile. Online e visibile per tutti ma al tempo stesso nascosto da tutti, invisibile. Chatto con colleghi, amici, parenti e poi ecco che riappare lei, una vecchia fiamma dal passato, in uno spazio fuori dal presente. Come dal nulla, come nelle favole o nei film. “Ancora sveglia?” Questa favola, qui, su Fb, inizia così. Oppure “Ma non dovresti essere a letto? Non è l’ora di dormire?” E lei: “Dici a me, e tu? A nanna”. Tenerezze e attenzioni da tastiera. Sempre nascosti, sempre di notte, come in un incantesimo. Da un timido e discreto “Fa troppo freddo (o troppo caldo, a seconda delle stagioni in cui ci si scrive) per dormire” si passa da piccole banalità quotidiane a grandi riflessioni poetiche. Perché su Fb siamo tutti un po’ poeti, un po’ scrittori, un po’ musicisti, un po’ lettori, un po’ geni incompresi. Tutti lo siamo o lo siamo stati almeno una volta. E prima che sia l’alba, tutto si conclude con un “A domani…”. E domani arriva anche su Fb e l’alba lì è una foto o un video postato dal nostro compagno o dalla nostra compagna di chat sul tema della notte appena passata. Se si è parlato d’amore, ecco lì, sulla sua bacheca la bella foto di un tramonto e un commento “L’amore quello vero non tramonta mai”. Tante visualizzazioni, tanti “mi piace” e un solo destinatario. Sì, perché ogni post sui social ha sempre un unico e solo destinatario. Una sera mi son trovato a chattare anche con la mia zia fervente cattolica e vedova che continuava a insistere che avremmo dovuto far battezzare Arcangelo al più presto. ARCANGELO

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Alunni delle classi 4 di scuola primaria FRANCO FERRANTE dell’I.C. “Manzoni–Poli” di Molfetta a

Prefazione di Lidia Bucci

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Riccardo Quacquarelli, da sempre appassionato di disegno, ha frequentato il liceo artistico e non ha mai smesso di creare. Ha sperimentato varie tecniche pittoriche e scultoree: dalla matita al carboncino, dell’acquerello all’olio e all’acrilico, fino alla Digital Art. Nei suoi lavori lascia sempre una parte di sé, affinché siano le sue creazioni a raccontare di lui. Arcangelo è la sua prima esperienza editoriale come illustratore. Gabriele Ferrante, classe 2014, è il figlio più piccolo di Franco che ha ispirato la storia di questo libro. Gabriele è il giovanissimo autore delle frasi briose che la accompagnano e che hanno ispirato i disegni di Riccardo Quacquarelli.

80 mm

“Per me e mia moglie il cervello di Arcangelo è un vagone libero, viaggia senza locomotiva, va dove gli pare e noi ci siamo dentro, sopra. Ci porta a vedere posti belli anche con la pioggia, luoghi che altrimenti non avremmo scoperto mai. E noi ci stiamo bene e non vogliamo scendere. Mai. E aspettiamo, il prossimo viaggio, il prossimo paesaggio. Ovunque lui vorrà portarci. Non scendiamo e aspettiamo. Questa storia io non la volevo raccontare perché inizia proprio qui dove finisce.”

Franco Ferrante, classe 1966, è attore di cinema e teatro. In oltre trent’anni di attività artistica, spaziando da un repertorio classico con testi di Molière, Shakespeare e Pirandello, alle scritture contemporanee, ha incontrato e lavorato con registi importanti del panorama italiano teatrale e cinematografico. È un attore ma soprattutto è un padre. Arcangelo, nato dopo l’omonimo spettacolo teatrale e ispirato alla vera storia di suo figlio, è il suo primo libro.

Illustrazioni di Riccardo Quacquarelli

- Sì. Ora papà dormi che è meglio. - Papà il sole quando si addormenta si copre con la coperta del mare?

978-88-6153-787-3 ISBNISBN 978-88-6153-787-3

Alunni delle classi 4a di scuola primaria dell’I.C. “Manzoni–Poli” di Molfetta

GABRIELE FERRANTE

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Arcangelo Illustrazioni di Riccardo Quacquarelli

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Gabriele Ferrante


Sei nato dalla pancia di mamma o di papà? Ma io sono di legno papà! E certo! Dimenticavo! Mangia che è meglio!

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Gabriele Ferrante


Vuoi bene a mamma o a papà? Alla pizzeria! Appost! Mangia che è meglio.

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