w w w. l a m e r i d i a n a . i t
a cura di Vittorio Ferrero
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ISBN 978-88-6153-123-9
Euro 14,00 (I.i.)
Manuale per gli allenatori di squadre giovanili
a cura di Vittorio Ferrero
DI BUONA LENA
DI BUONA LENA Manuale per gli allenatori di squadre giovanili
persport edizioni la meridiana
Il sistema sportivo italiano si è dilatato moltissimo nel corso degli ultimi decenni, ma anche trasformato qualitativamente. Lo sport per tutti è divenuto un grande business, le federazioni agonistiche vi si rivolgono ormai come a un’immensa opportunità non solo di reclutamento ma anche di finanziamento. Unire le forze, produrre strumenti ispirati alla ricerca di nuove sintesi, elaborare proposte capaci di interessare le nostre istanze formative e quelle del sistema universitario, ci sono sembrate sfide che valeva la pena di affrontare. Insieme e non singolarmente. Consegniamo con fiducia questi materiali all’attenzione di dirigenti, operatori, tecnici e di tutti i protagonisti dell’esperienza sportiva ma anche ai docenti e agli studenti dei corsi universitari di Scienze motorie e sportive e, più in generale, a quanti si occupano della complessa e ricca tematica della formazione sportiva. Per fare dello sport per tutti un cantiere aperto al futuro.
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L’attività sportiva giovanile ha un unico, fondamentale soggetto: il ragazzo o la ragazza. Tutto il resto ruota attorno. L’allenatore non è il capo in testa ma una persona che decide, in maniera responsabile, di mettersi in relazione con il ragazzo o la ragazza per aiutarli a scoprire la propria realtà umana, sociale, esistenziale. Attraverso lo sport. Ma nessuno può mettersi al “servizio” di un altro se non riesce ad “entrare” nel suo mondo. Un allenatore, insomma, prima che essere un bravo tecnico deve dimostrare di essere un bravo educatore, cioè un abile attivatore di relazioni profonde. Non è facile, certo. La realtà sociale e culturale in cui i giovani maturano è molto più complessa di alcuni decenni fa. Oggi il gioco è quello della play-station e del motorino piuttosto che quello dello sport. Eppure, lo sport non smette di sprigionare la sua irresistibile attrazione. Attraverso lo sport, il giovane sente di poter scoprire la propria persona nella profonda dimensione umana, morale e interiore. Il gioco, così, diventa uno strumento attraverso cui si possono innescare molti processi che aiutano a definire l’identità, la relazione, il gruppo, la socialità, il senso delle regole e della libertà, la tensione verso la spiritualità. Ed ecco questo volume, denso ma agile, completo nelle informazioni tecniche ma anche stimolante nelle provocazioni pedagogiche, per quanti vogliono diventare dei buoni allenatori senza rinunciare ad essere anche dei buoni maestri.
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per SPORT
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Vittorio Ferrero è nato a Roma il 7 luglio 1939. Professore di Lettere, nell’ambito sportivo del CSI ha seguito in particolare il settore giovanile come allenatore di pallavolo e le attività ludico-motorie come animatore. È stato per molti anni Direttore della Scuola Nazionale Educatori Sportivi nella quale ha svolto anche attività di formatore nei settori dell’Educazione e delle Dinamiche di gruppo. Attualmente è Direttore della Scuola Nazionale Dirigenti del Centro Sportivo Italiano.
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© 2010 edizioni la meridiana Via G. Di Vittorio, 7 - 70056 Molfetta (BA) - tel. 080/3346971 www.lameridiana.it info@lameridiana.it ISBN 978-88-6153-123-9 Comitato scientifico: Vittorio Ferrero, Edio Costantini, Michele Marchetti, Daniele Zaccardi
Indice Parte I – Cenni Teorici Capitolo 1
I ragazzi oggi........................................................9 1.1 La famiglia 1.2 Le relazioni amicali 1.3 Dal negativo al positivo
Capitolo 2 L’attività sportiva come proposta educativa....... 13 2.1 L’attività sportiva è educante se... 2.2 La società sportiva e i buoni maestri
Capitolo 3 La squadra e l’allenatore..................................... 17 3.1 La squadra 3.2 L’allenatore 3.3 La formazione dell’allenatore 3.4 Psicodinamica 3.5 La relazione con la famiglia 3.6 L’allenamento
Capitolo 4
La Medicina dello sport..................................... 37
Parte II – Schede Tecniche Scheda 1
Gli elementi fondamentali dello sport............... 43 di Vittorio Ferrero
Scheda 2
Il corpo e lo sport............................................... 45 di Vittorio Ferrero
Scheda 3
Il gioco................................................................ 51 di Vittorio Ferrero
Scheda 4
Le discipline: le attenzioni................................. 53 di R. Di Stefano, G. Cairoli, G. Basso, R. Marino
Scheda 5
Le capacità condizionali e coordinative............. 61 di Daniele Zaccardi
Scheda 6
I fondamentali: dal gesto all’educazione............ 69 di Vittorio Ferrero
Scheda 7
Polivalenza.......................................................... 73 di Giuseppe Cairoli
Scheda 8
La preparazione atletica.....................................77 di Renato Marino
Scheda 9
Allenamento....................................................... 79 di Renato Marino
Scheda 10
er una seduta di allenamento........................... 81 P di Daniele Zaccardi
Scheda 11
Modello di prestazione....................................... 83 di Daniele Zaccardi
Scheda 12
Sport e salute...................................................... 89 di Vittorio Ferrero
Scheda 13
La formazione.....................................................95 di Vittorio Ferrero
Scheda 14
L’allenatore e la società sportiva.........................97 di Vittorio Ferrero
Scheda 15
Il codice etico dell’allenatore..............................99
Capitolo 1
I ragazzi oggi L’attività sportiva giovanile ha un unico, fondamentale soggetto: il ragazzo o la ragazza. Tutto il resto non è altro che “servizio” nei suoi confronti. Per questo, l’allenatore altro non è che una persona che decide, in maniera responsabile e motivata, di mettersi in relazione con il ragazzo o la ragazza per aiutarli a scoprire la propria realtà umana, sociale, esistenziale. Attraverso lo sport. Ma nessuno può mettersi al “servizio” di un altro se non tenta di conoscere i problemi e le esigenze dell’altro. Senza generalizzare o senza dare superficiali giudizi, è indubbio che, nella realtà attuale, i giovani vivono una dimensione che non li aiuta certamente a “ben vivere”. Del resto, sotto certi aspetti, questa realtà riguarda i giovani da sempre e per sempre, perché essi sono tesi, sia pure inconsapevolmente ma naturalmente, alla scoperta della loro dimensione personale. È indubbio, tuttavia, che oggi per i giovani la situazione è più complessa rispetto al passato. Il ragazzo si trova a vivere una condizione di scarse motivazioni per mancanza di: • valori; • ideali; • sogni; • socialità. Il suo mondo è sollecitato da stimoli limitati e passivi, chiuso come è tra play station, motorino, beni di consumo ed esperienze prive di senso o addirittura distruttive.
1.1 La famiglia In questa dimensione purtroppo il ragazzo non è aiutato da significative relazioni affettive di tipo familiare. La famiglia oggi è caratterizzata da una sostanziale assenza di dialogo per cui si ingenera un latente disinteresse verso i loro problemi. Mancano reali punti di riferimento paterni e materni, mancano anche i nonni che Di buona lena
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hanno perso la loro funzione educativa. I genitori spesso fuggono le loro responsabilità attraverso il soddisfacimento dei desideri consumistici dei figli e sembrano incapaci di rapportarsi a loro cercando di scoprire e comprendere le loro esperienze scolastiche e non. Spesso ci si limita ad indagare il profitto del figlio o con condiscendenza o con imposizioni. Manca in definitiva la narrazione reciproca tra genitori e figli sulle esperienze quotidiane, sul lavoro del padre e della madre, sulle relazioni amicali del figlio, sulle vicende del passato familiare, sui sogni del futuro. Si finisce per vivere in “stanze separate”, per giunta “vuote”.
1.2 Le relazioni amicali Per quanto riguarda il rapporto con i coetanei, i ragazzi oggi finiscono per avere relazioni superficiali che producono “amicizie” enfatizzate, ma prive di alcun riscontro umano. I ragazzi “vivono” insieme senza mai tentare di scoprire una significativa vita di gruppo. Il vuoto delle relazioni si manifesta anche nella scarsa elaborazione dell’aspetto sessuale. Viene a mancare la scoperta e lo stupore del sesso che diviene, precocemente, “voyerismo”, “consumo”, “pornografia”. Questo quadro determina indubbiamente il fatto che i giovani, incapaci di elaborazioni personali, tendono al rifiuto o all’accettazione passiva della religione, al disinteresse per il problema esistenziale, alla scarsa conoscenza della vita politica. Anche per quel che riguarda un campo affascinante per i giovani, quello dello sport, la situazione emergente porta a considerare lo sport come consumo, come prestazione esteriore, come prospettiva di guadagno, come manifestazione di tifo. Il quadro così presentato sembra decisamente sconfortante. Forse eccessivamente sconfortante. Prendiamolo, tuttavia, come una provocazione che deve costringerci a riflettere.
1.3 Dal negativo al positivo Proprio da questa provocazione deve nascere un percorso positivo attraverso il quale chi intende mettersi al servizio dei giovani può aiutarli “educativamente” a liberare le loro “grandi” potenzialità. Perché i giovani sono diversi da quel che possono apparire. 10
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È necessario, però, partire dalle loro effettive e reali esigenze che appaiono, nella situazione attuale, nascoste e inconfessate. I giovani, in realtà, hanno: • curiosità della scoperta; • desiderio di stupore; • esigenza di affettività; • necessità di figure di riferimento; • attesa di relazioni effettive; • stimolo all’impegno personale e sociale; • tensione alla ricerca esistenziale; • speranza di futuro. Se queste sono le loro esigenze nascoste e profonde chi decide di mettersi al loro servizio deve elaborare proposte educative di senso.
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Capitolo 3
La squadra e l’allenatore 3.1 La squadra
La squadra è un insieme di individui che, in rapporto ai loro singoli ruoli, sviluppano tattiche di gioco finalizzate ad applicare gli schemi ritenuti validi per ottenere il successo nella competizione sportiva. Gli individui che la compongono, gli atleti, devono allenarsi secondo le disposizioni dell’allenatore e rispondere, senza discutere, con attenzione, applicazione e prontezza agli ordini dello stesso. Per questo motivo l’allenatore deve sapersi far rispettare e nei rapporti con i singoli individui deve essere corretto ed “umano” ma non deve stabilire relazioni troppo intense con gli stessi. La squadra che scende in campo per la partita è scelta dall’allenatore in base alle proprie scelte di ordine tecnico. Per questo motivo la squadra è il risultato di una selezione in base alla quale alcuni giocano, altri stanno in panchina, altri ancora fanno da spettatori. L’allenatore non è tenuto a spiegare al complesso dei giocatori le motivazioni delle sue scelte. Egli è il solo responsabile della squadra. Gli atleti sono degli esecutori. Quanto più la squadra esegue bene ciò che l’allenatore dispone tanto più sarà efficiente sotto l’aspetto tecnico. La finalità di una squadra è quella di vincere la competizione. Questo tipo di squadra risponde ad una logica esclusivamente funzionale-produttiva. Molto diversa è la realtà del gruppo-squadra. Il gruppo-squadra è il risultato costante e continuamente parziale di un cammino che un allenatore intende far fare ai propri ragazzi o alle proprie ragazze per “imparare a giocare” non solo nello sport. Il gruppo-squadra è, infatti, il complesso di ragazzi o ragazze che attraverso l’attività sportiva ricercano una crescita tecnica, umana, relazionale, sociale, spirituale. Le persone che compongono il gruppo-squadra devono allenarsi, con impegno, continuità e costanza, per acquisire le abilità tecniche seguendo le indicazioni dell’allenatore. L’allenatore deve spiegare, oltre al “come”, il “perché” delle diDi buona lena
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verse attività, e delle diverse tecniche per aiutare i propri “atleti” a sentire e a vivere il loro corpo in maniera rispettosa e gioiosa, a sviluppare sempre meglio le loro capacità tecniche e a rispondere alle loro esigenze di relazione con gli altri componenti il grupposquadra. Per questo motivo l’allenatore deve saper animare il gruppo portando i ragazzi a scoprire la logica della tecnica sportiva e a creare rapporti significativi con i diversi amici del gruppo per allargarsi alle diverse esigenze della loro vita. L’allenatore è, in questo caso, una persona che ha intenzionalità educativa e che, attraverso l’attività sportiva, aiuta i ragazzi a sviluppare armonicamente e globalmente la loro “personalità” tecnica e morale. L’allenatore-educatore condivide con i ragazzi la vita del gruppo-squadra, coinvolgendo tutti nella comprensione del lavoro che si sta portando avanti. Illustra le diverse scelte e, seguendo la crescita del gruppo, stimola i componenti a rendersi sempre più responsabili nella discussione e nella comprensione delle scelte stesse. La squadra che scende in campo non è il risultato di una “selezione” tecnica ma l’espressione di scelte volte a coinvolgere tutti, o il numero maggiore di ragazzi e ragazze, nel gioco, perché lo sport è un diritto per tutti e non una discriminazione tra “forti” e “deboli”. La finalità di un gruppo-squadra è quella di giocare tutti per crescere come gruppo e come singole persone progressivamente impegnate a scoprire la bellezza del gioco, l’intensità delle relazioni interpersonali, la serenità del rispetto degli altri, il sentimento dell’impegno sociale, la gioia e la fatica della ricerca esistenziale. Questo tipo di squadra risponde ad una logica educativa che si sviluppa attraverso il progressivo passaggio da “squadra”, intesa come un insieme di individui, a “gruppo-squadra”, cioè la relazione significativa tra persone. La logica educativa esclude il primato ossessivo della vittoria ma non esclude l’impegno per la vittoria, anzi tende alla ricerca della vittoria utilizzando al meglio tutte le capacità e le possibilità tecniche e umane. Per questo motivo è un tipo di squadra che sa anche valutare e rendere positiva l’eventuale sconfitta. In questa logica la tecnica è fondamentale perché l’educazione passa attraverso la comprensione e la gioiosa espressione della tecnica stessa. 18
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Forse i risultati saranno meno immediati, ma una squadra che diventa gruppo-squadra conseguirà prima o poi risultati tecnici molto alti e duraturi nel tempo.
3.2 L’allenatore Ripercorrendo la storia del termine “allenatore”, si scopre che comincia ad essere usato per la prima volta nel 1895, quando le attività sportive si stanno diffondendo in maniera organizzata e continuativa. Non a caso solo un anno dopo, nel 1896, verranno celebrate, ad Atene, le prime Olimpiadi dell’era moderna. La figura dell’allenatore è quindi una necessità nella logica dello sport. “Allenatore” infatti è un termine prettamente sportivo con il significato di “tecnico che cura e dirige l’allenamento di una squadra, di un singolo o di un animale”. Il termine nasce dal verbo “allenare”, a sua volta derivazione di un vocabolo del latino volgare “lena”, entrato nella lingua italiana nel 1281. “Lena” aveva e ha il significato di “vigore, energia nell’affrontare e sopportare le fatiche”, oltre a quello più antico e letterario di “respiro, fiato, specialmente affannoso”. Il significato del termine “allenatore” quindi è semplice e chiaro. Tuttavia la finalità della sua attività può avere valenze molto diverse, frutto di una scelta o esclusivamente tecnica oppure morale e sociale, soprattutto se egli dedica la sua attività nei confronti dei ragazzi.
3.2.1 L’allenatore centrato su di sé o centrato sul “servizio” Dobbiamo distinguere due tipologie ben diverse di allenatore. 1. L’allenatore centrato su di sé: allena per il proprio prestigio e per la propria, più o meno remunerativa, convenienza economica. I ragazzi sono, sia pure inconsapevolmente, uno strumento nelle sue mani per produrre risultati, per vendere o far vendere i campioncini, per acquisire meriti di fronte al piccolo sponsor locale, per far carriera. Gioca a fare il “grande allenatore” negli atteggiamenti, nella relazione con i ragazzi, nella esclusiva preoccupazione di ordine tecnico. Di buona lena
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2. L’allenatore centrato sul “sevizio”: allena per aiutarli a far crescere armoniosamente il loro corpo, per far loro sperimentare la gioia e la fatica del gioco, per far sviluppare capacità tecniche serie e precise, per far scoprire le loro possibilità, fisiche, mentali, morali, per far nascere la curiosità e lo stupore per il mondo, per far vivere l’incontro con l’altro (il compagno di squadra e il compagno dell’altra squadra), per educare al senso della sconfitta (non dramma e vergogna ma spinta a riflettere sul lavoro fatto e su quello da fare per migliorare in spirito di ricerca e di impegno) e soprattutto al senso della vittoria (non punto di arrivo o di orgoglio, ma riflessione sul lavoro fatto e le mete nuove da conseguire in spirito di umiltà e di impegno), per far scattare il sentimento dell’appartenenza sociale e della necessità dell’impegno civile. Questo secondo tipo di allenatore opera per una scelta di “servizio” e pone, per questo, i ragazzi al centro della sua responsabilità di allenatore. L’allenatore con queste finalità e queste tensioni è un educatore sportivo che si fa carico di un ruolo difficile e complesso ma degno di essere vissuto, in spirito di volontariato, per avere la dignità e la gioia di essere persona. L’educatore sportivo educa, attraverso lo sport, alla condivisione del gruppo, al valore della vita, alla festa, alla trascendenza. L’educatore [...] è colui che promuove e concretizza il progetto culturale sportivo del CSI. Per questo egli ha bisogno di una solida formazione umana e spirituale, oltre che di un continuo potenziamento delle sue competenze. Dovrà avere il senso della responsabilità, una grande maturità e una forte personalità. Sarà dinamico, entusiasta e buon organizzatore. Il suo ruolo è anche quello di suscitare la partecipazione, il dialogo e il gusto del rischio1.
L’educatore sportivo è colui che responsabilmente e consapevolmente decide di promuovere la persona e l’associazione attraverso processi educativi centrati sull’attività sportiva acquisendo un bagaglio culturale e tecnico che gli permetta di rendere valide la sua competenza e la sua consapevolezza educativa.
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Scheda 1
Gli elementi
fondamentali dello sport di Vittorio Ferrero Lo sport si compone dei seguenti elementi: • movimento; • gioco; • agonismo; • regola. Questi elementi, se correttamente vissuti, conducono ad un’esperienza educativa e di senso. Il movimento nell’attività sportiva educa alla scoperta: • del proprio corpo; • del corpo dell’altro; • della bellezza del proprio corpo; • dei limiti del proprio corpo; • del rispetto del proprio corpo; • del rispetto del corpo dell’altro; • dell’ambiente (spazio fisico). Il gioco nell’attività sportiva educa alla scoperta: • di sé; • dell’altro (il compagno di squadra); • dell’altro (il compagno dell’altra squadra); • del gruppo; • della socialità; • delle proprie capacità e dei propri limiti; • dell’ambiente (spazio sociale); • della natura; • della bellezza del gioco; • della regola; • dell’elaborazione della regola; • del senso del servizio; • della gratuità; • del senso della festa. Di buona lena
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L’agonismo nell’attività sportiva educa alla scoperta: • del confronto con se stesso; • del confronto con l’altro (il compagno di squadra); • del confronto con l’altro (il compagno dell’altra squadra); • del gioco come espressione di sé e solo di sé (possibilità e limiti); • del rispetto di sé; • del rispetto dell’altro; • dell’accettazione di sé; • dell’accettazione dell’altro; • della gratificazione (senso, demitizzazione della vittoria); • del limite (senso, accettazione e superamento della sconfitta); • dell’impegno e della volontà; • del tentativo del superamento del limite; • del senso dell’allenamento; • della natura (limite e sostegno); • del rispetto della natura. La regola nell’attività sportiva educa: • alla dimensione del gioco; • al rispetto di sé e dell’altro; • alla legalità; • alla giustizia; • alla libertà; • alla socialità.
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Scheda 3 Il gioco di Vittorio Ferrero Il termine “gioco” deriva dal latino “jocus” ed è documentata nella lingua italiana dal 1292. Generalmente indica un’attività svolta per divertimento o svago libero o regolato, che si può vivere da soli o in gruppo con finalità competitive o senza alcuna finalizzazione pratica. Le definizioni che si trovano nei diversi dizionari tendono a comprimere il concetto di gioco in un ambito di limitato valore. Gioco e passatempo spesso finiscono, purtroppo, per coincidere, per cui il gioco è un’attività importante ma, in fin dei conti, si tratta pur sempre di un’attività minore o limitata a determinati momenti e, soprattutto, a determinate età. Invece il gioco è uno degli strumenti più importanti dell’attività umana perché è attraverso il gioco che passa il processo dell’educazione. A parte il fatto che il bambino, nel periodo che va da zero a cinque anni, realizza un incredibile, meraviglioso percorso educativo (o meglio auto-educativo) proprio utilizzando lo strumento del gioco, l’aspetto ludico dovrebbe essere conservato e sviluppato attraverso tutte le fasi dell’esistenza perché in ogni età è motivo di ricerca, scoperta, formazione umana. Infatti una buona disposizione al gioco, una gioiosa dimensione ludica favoriscono l’approccio ai problemi dell’esistenza quotidiana e lo sviluppo dell’osservazione della realtà, dell’elaborazione concettuale, della capacità di sperimentazione, della creatività. Attraverso il gioco, infatti, scopriamo e sperimentiamo le nostre possibilità e acquisiamo la conoscenza e la consapevolezza delle nostre capacità e dei nostri limiti. Perché il gioco è uno strumento privilegiato dell’educazione? Perché la dinamica del gioco passa attraverso alcuni momenti che determinano il processo educativo, che, in particolare, sono: • imposizione del limite; • elaborazione di progetti per superare il limite; • sperimentazione del progetto prescelto; • verifica e valutazione della sperimentazione; • scoperta dei limiti e delle possibilità delle persone.
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Tutto questo percorso è caratterizzato da un aspetto che nessun altro tipo di attività umana possiede. Questo aspetto è il divertimento, per cui ci si concentra, si analizza, si inventa, si prova, si sperimenta anche se tutto questo determina una “grande fatica” mentale e fisica. Questo è il meraviglioso paradosso del gioco: ci si stanca, si fatica, si consumano energie divertendosi! Il punto di arrivo del gioco consiste, in ogni caso, in una crescita della persona che scopre e libera le proprie effettive potenzialità.
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Scheda 13
La formazione di Vittorio Ferrero
Un allenatore, che sceglie di essere un educatore sportivo, decide di essere una persona in “formazione”. L’educatore è, infatti, una persona in “divenire”, consapevole che non conoscerà mai un punto di arrivo nelle sue conoscenze tecniche, nelle sue competenze educative, nelle sue consapevolezze personali, nella sua capacità di analisi psicologica di se stesso e degli altri, nelle sue possibilità comunicative, nelle sue esperienze culturali, nella sua ricerca morale e spirituale. L’allenatore è una persona in “cammino”. Durante il suo cammino stabilisce un rapporto intenso con i ragazzi che allena mettendo in campo tutta la sua ricchezza umana e tutta la sua competenza tecnica, come se quella ricchezza e quella competenza fossero “assolute” ma con la consapevolezza che sicuramente potrà nel tempo aumentare e rendere migliore la sua ricchezza e la sua competenza. Questa consapevolezza nasce dal fatto che un allenatore che ha scelto di essere educatore sa che deve continuamente “formarsi”, ricercando tutte le opportunità e le occasioni che gli possano permettere di poter essere al servizio delle persone in maniera sempre più corretta e responsabile. Dal giorno in cui ha frequentato il primo corso di formazione deve esser nata in lui la “fame” di formarsi. E allora la sua attenzione sarà rivolta a ricercare ulteriori corsi di aggiornamento, di approfondimento, di verifica delle competenze, il confronto con altri allenatori. Ma la formazione non avviene solo attraverso i corsi. Avviene anche attraverso i libri, il teatro, il cinema, l’arte tutti strumenti che possono arricchire la nostra personalità e farci acquisire nuove competenze. Non ultima, ai fini della formazione, è l’analisi dell’esperienza quotidiana in ogni settore e ambito. L’analisi del vissuto esperienziale con i ragazzi, con le occasioni che la vita quotidianamente ci offre è forse ciò che maggiormente contribuisce alla crescita di un educatore. Per questo motivo un educatore non ha orario, non ha limiti, non ha fughe. Per un educatore ogni aspetto culturale, esperienziale, relazionale favorisce la riflessione, la ricerca, la crescita umana e tecnica.
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Scheda 14
L’allenatore e la società sportiva di Vittorio Ferrero
L’allenatore che è “un educatore sportivo” rivolge la propria attenzione a tutte le persone della società sportiva e a tutte le persone del proprio territorio per migliorare la realtà sociale in cui vive. Anche se tende a privilegiare i giovani, deve sempre ricordarsi che la sua responsabilità è nei confronti di tutti coloro che vivono la società sportiva e il suo territorio. Per questo l’educatore sportivo deve, incessantemente, essere un promotore di attività cercando di far rivolgere l’attenzione di tutti gli altri educatori della società sportiva alle persone di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutte le situazioni fisiche. Opera, a seconda del proprio ruolo, all’interno della società sportiva, cercando di rispondere serenamente e in maniera “professionale” ai propri compiti, consapevole della propria responsabilità fondamentale, che è quella educativa. L’educatore sportivo collabora e si coordina con tutti i soci della società sportiva per organizzare, promuovere e sviluppare la realtà associativa. Opera con i ragazzi e con tutti coloro che praticano attività sportiva, a seconda dei diversi ruoli, per la loro educazione (anche gli anziani possono essere educati!) e il loro benessere. L’educatore sportivo può rappresentare un serio contributo anche alla vita delle famiglie. Egli, a seconda del ruolo che ricopre, costituisce un importante elemento tra il ragazzo e la famiglia; non può svolgere, infatti, il suo ruolo di educatore senza cercare la collaborazione e il sostegno della famiglia. Solo una corretta collaborazione con famiglia può meglio orientare il proprio impegno ai fini della crescita fisica e umana del ragazzo stesso, evitando costantemente di sovrapporsi alla famiglia stessa. Inoltre, l’educatore sportivo deve collaborare con la Parrocchia, con la Scuola, con l’istituzione pubblica per contribuire al miglioramento della realtà territoriale e alle esigenze delle persone che in quella realtà vivono. L’educatore sportivo deve avere, infine, un costante contatto con il comitato territoriale di sua competenza per offrire la propria disponibilità nell’ambito della organizzazione, per offrire spunti Di buona lena
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e contributi relativi all’attività sportiva e alla sua organizzazione, per partecipare all’attività di formazione o per stimolarla, per dare senso alla vita democratica del Comitato.
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