Ethnic cook. Sapori e storie dal mondo

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ANA ESTRENA

ANA ESTRELA

ETHNIC COOK Sapori e storie dal mondo

Arrivati in onde di colori, camminate di sapori, voli di odori. Racconti profumati di storie lontane, storie di madri, padri, figli, famiglie… nelle valigie solo la memoria, espressa nelle mani che impastano, amalgamano, condiscono… condita è l’anima, di dolori, solitudine, ricordi, saudade… voglia di andare avanti, di sorridere ancora. Nel cuore bolle l’amore per la propria terra. E a fuoco lento pian, piano, addensa quello per la terra ospitale. In ogni preparazione, ogni portata, ogni impiattamento serviamo quel che siamo, con il nostro amore e la nostra bellezza, Amore e Bellezza… Dipende solo da “come” ci volete guardare…

ISBN 978-88-6153-807-8

Euro 25,00 (I.i.)

Fotografie Michele Carnimeo

ETHNIC COOK

Ana Estrela nasce a Salvador di Bahia, Brasile, dove diventa ballerina e assistente di coreografia della “Companhia Brasiliana di Dancas Populares”. Utilizza la sua arte nella promozione di percorsi di socializzazione per ragazzi di strada, bambini e adolescenti a rischio, persone con abilità altre, pazienti psichiatrici, prima in Brasile e poi in Italia dal 1999. Nel 2013 idealizza Ethnic Cook, il progetto di interazione tra i soggetti migranti e gli autoctoni attraverso la gastronomia. Con la collaborazione di Zakaria Haidary e Laina Estrela, Ethnic Cook vince un bando regionale, un bando comunale e di una fondazione privata in partenariato con l’antitratta. Con Ethnic Cook Ana ha dato vita a quattro festival streetfood con Eataly Bari, alla prima mensa etnica del sud Italia e al primo bistrot sociale multietnico. Il progetto entra a far parte della piattaforma Food for Inclusion dell’UNISG (university of science gastronomy) e UNHCR (alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati), viene scelto anche dall’Università degli studi di Bari e Fondazione ISMU come una delle tre migliori pratiche al sud che valorizzano le competenze dei migranti. Ana è anche presidente dell’ETS coordinamento diaspore in Puglia.


ANA ESTRELA

ETHNIC COOK Sapori e storie dal mondo

Fotografie Michele Carnimeo


Indice

Introduzione Ethnic Cook… da parte mia di Michele Carnimeo A più mani e senza timori di Francesca Palumbo

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Brasile – Ana Estrela Bolinho de bacalhau Bolinho de mandioca Bulgur oltre confine Arrumadinho baiano Manjar branco

20 21 21 22 23 24

Cucinare insieme tra saudade e possibilità future di Cristina Franchini

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Afghanistan – Zakaria Haidary 30 Bulanì 31 Ciknì 32 Bamia 32 Qabili palaw 33 Costa d’Avorio – Nakemin Fofana 35 Attiéké con pesce alla griglia 36 Polpetta sorpresa con ignam bollito 38 Alloco 39 Dolce al cocco fritto 40 India – Pardeep Singh 42 Bread pakora 43 Riso e piselli 44 Verdure miste al curry 45 Kheer 46


A un tratto danzerà di Antonella Gaeta

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Messico – Paulina Nava 52 Ensaladita de nopales 54 Guacamole 55 Burritos con frijoles 56 Tortillas 57 Yemen – Sophia Baras 60 Burta 61 Sayadia 62 Shaeriya 63 Cibo e pace: un legame plurimillenario fatto di sapori e di lotte di Gabriella Falcicchio

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Nigeria – Motunrayo Ayodele 67 Acarà 68 Egusi soup 69 Pounded yam 70 Fried rice 70 Mali – Drissa Samake 72 Riz gras 73 Salsa d’arachidi 74 Maasa 75 Le dita nel piatto di Monica Dal Maso

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Marocco – Fatima Maqoud 80 Khebze 82 Bakkula con hamde messayer 84 Taijne lehame bil barkouk e louz 85 Ghoriba ai semi di sesamo 87

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Siria – Moustafa Jeeaan 90 Kibbeh 91 Yabrak 92 Chakria 93 Kunafa 95 Food for Inclusion di Maria Giovanna Onorati

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Senegal – Tabara Ndiaye 102 Fataya 103 Thieboudienne 104 Mafè 105 Beignet au coco 106 Cuba – Yayi Los tamales Arroz congris / moros y cristiano Platanos tostones

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Perché una buona pratica di diversity management di Fausta Scardigno

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Vietnam – Nguyen Thi Thun Hien Bún trộn Thit bo xao Thit ba chi sot chua ngot

118 119 120 121

Romania – Iulia Pantus Erario 123 Ciorba di vitello 124 Sarmali 126 La negressa 127 Saperi e sapori di Elvira Zaccagnino

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Eritrea – Tsega Estifanos 134 Ades 135 Injera 136 Zignì 137 Alicia 137 Ambascia 138 Pakistan – Sobia Faisal 140 Katless 141 Byriani 142 Gujrati Dal 143 Barfi 143 Colei che costruisce di Yvonne Cerno’

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Palestina – Balsam Asfur 148 Hummus 149 Mutabbal batinjam 150 Falafel 151 Basbussa 152 Argentina – Florencia Aluminé Martinez 154 Empanadas 155 Churrasco 156 Dulce de leche 157 Mauritius – Sabrina Mohabeer Samosa vegetale Biriani di pollo Insalata di cetrioli Torta di semolino

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Perù – Catherine Moscovo 165 Salsa huancaina 166 Ceviche 167

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Lomo saltado Mazamorra morada

168 169

Orecchiette in the world

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Brasile – Laina Estrela Ethnic Cake Sequilhos de gengibre Maya Cake

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Ringraziamenti 183

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Introduzione I ricordi, custodi di svariate emozioni, balzano da un’epoca all’altra permettendoci di viaggiare velocemente nel tempo e nello spazio, attingendo alle funzioni mnemoniche dei costumi, degli odori, dei sapori, della storia. La diaspora afro-brasiliana da cui provengo (Salvador di Bahia è la più grande città africana fuori dall’Africa) è caratterizzata dalla fusione di tradizioni culturali antiche, quella indigena, quella europea e quella africana. Le tradizioni africane, represse per secoli, sono estate tramandate di generazioni in generazioni attraverso il culto della memoria, in una prova di resistenza e riscatto. In questo progetto, non solo ho cercato di promuovere l’interazione tra gli autoctoni e gli immigrati, ma mi sono anche impegnata a portare avanti un processo di indagine nella memoria delle nostre tradizioni migliori, legate alla tavola con la famiglia, con i parenti, con gli amici, alla memoria degli insegnamenti e dei consigli, utili per avvicinarsi alla saggezza gastronomica dei più grandi, per la buona riuscita melodiosa dei nostri piatti ma principalmente come risorsa di forza e bellezza per ottenere lo sprint necessario ad affrontare il nostro presente. Molte volte ripercorro i miei ricordi come fossero la scena di un film: si accendono le luci e vedo proiettate davanti a me le immagini dei miei vissuti, così mi lascio trasportare nella sceneggiatura della mia vita sino a che i battiti delle ciglia non mi riportano alla realtà. Questi momenti di raccoglimento e memoria hanno luogo per lo più nella mia casa, grande, accogliente e piena di storie e di rumori, con i suoi colori, i suoi odori, la sua tavola immensa e lo spirito delle tante persone che attorno ad essa si sono sedute. Le innumerevoli feste e le grandi cene con le sfilate di piatti prelibati a servizio del palato degli invitati ma anche le porzioni riservate ai passanti affamati nei giorni di normale quotidianità o il pane in più per le “vecchie” del martedì. Questo era il compito di mio padre. Uno dei pochi ricordi che ho di lui è proprio lì, nel suo laboratorio dove mi faceva sedere su un mobile vicino all’enorme impastatrice che m’incantava come un

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carosello, lui imbiancato dalla farina con un cappello fatto di carta, che mi offriva il profumato pane caldo appena sfornato. La mia madrina Ana e mia madre Alice erano le regine dei fornelli, la prima aveva imparato dai suoi genitori adottivi di origini europee la cucina locale abbinata a sapori occidentali con impiattamenti armoniosi; la seconda, adottata dalla prima, la seguiva nei suoi insegnamenti e ragionamenti, nella scelta della materia prima e nell’esecuzione dei piatti più difficili. Il rispetto reciproco e la consapevolezza naturale che ognuna aveva delle competenze dell’altra (mia madre era abile con il pesce, la cucina baiana e qualcosa di arabo, la mia madrina con i piatti di carne e la cucina di origine europea) ha permesso loro di inventare un lavoro innovativo per quell’epoca: l’“home food” da asporto. L’economia di casa si è basata su questo servizio: le marmitte con i quattro scomparti che suddividevano il piatto principale, il riso, il contorno e il dolce, venivano consegnate agli scapoli, alle vedove, ai lavoratori, agli studenti fuori sede contribuendo al loro nutrimento, lasciando la scia del loro profumo ancora oggi nel mio cuore. Le domeniche pomeriggio il nostro enorme salotto, affollato dagli altri bambini del quartiere, si trasformava nel mio personale “teatro” dove, all’età di nove anni, mettevo in scena racconti, inventati o riformulati. Chi poteva contribuiva con un centesimo di cruzeiros con cui compravamo il mais che mia madre trasformava in pop corn accompagnati dal Ki Suco, bevanda artificiale in polvere al sapore di fragola o uva, che lasciava le nostre lingue rosse o viola. Il sabato, invece, era il giorno del cozinhado, aperitivo fatto con quel che ci davano le mamme: riso, verdure, banana da terra, inhame, aimpim e a volte qualche pezzettino di carne. Portavamo la nostra “spesa” a turno nelle cucine improvvisate di pietre e mattoncini rossi, con le nostre pentoline mignon nei cortili delle case. Preparavamo e assaporavamo tutti insieme con una felicità unica. Fu allora che si posò nel mio intimo il seme della condivisione, dell’amore per l’Altro, per quel che faccio, per la cucina. Senza che ne fossi consapevole si era piantato in me il seme di Ethnic Cook. Questo libro è una pianta nata proprio da quel seme.

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Ethnic Cook… da parte mia di Michele Carnimeo*

Sono un uomo curioso e per questo sono fotografo. Ho conosciuto Ana alcuni anni fa e la sua personalità mi ha subito incuriosito. Sprizza energia e positività. La sua risata è piena, forte e contagiosa, è un invito all’apertura, è accogliente. Sento in lei vibrare forte lo spirito delle sue radici afrobrasiliane. In lei pulsa tutta l’intensità della cultura della sua “Terra de Origem”. Ha avuto la capacità di catalizzare, unire e far esprimere l’animo e la passione di persone migranti e non, che con lei hanno creato Ethnic Cook. Esprimono l’anima di una umanità che può girare per il mondo, inteso come una Terra Unica, senza frontiere. Una umanità che attraverso il Cibo resta legata alle proprie radici, tiene viva la propria cultura e… nutre il mondo. Un cibo che proviene dal singolo ma che si rivolge al plurale, dall’uno ai tutti e alimenta l’unione. Ringrazio Ana per avermi dato l’opportunità di accostarmi a questa spiritualità del cibo, per avermi fatto incontrare una parte di questa umanità. Ringrazio chi ha accettato di farsi raccontare attraverso le mie fotografie. Donne, uomini che mi hanno dato la loro fiducia e si sono aperti e donati nel tempo di un breve incontro. Molti di loro provengono da dure esperienze di migrazione e mi è sembrato di capire che trovino nel tempo della cura e del dono del cibo un modo per lenire le sofferenze e ricreare legami. Quei legami che hanno perso con le loro famiglie d’origine e che ritrovano negl’incontri che la vita gli offre nel loro cammino. Senza parole, la vicinanza con Ana e con queste persone mi hanno fatto affacciare nello spirito di Ethnic Cook e ho cercato, con i miei scatti, di cogliere la bellezza che risiede nel profondo e che sopravvive al dolore. Le pietanze che abbiamo fotografato con la consulente al concept, Sibilla Potenza, sono poggiate su una base (di legno) che è l’espressione della Madre Terra, su di essa un piatto tondo che simboleggia il mondo, di colore nero come il dolore, ma che viene sovrastato dal cibo che nutre e ridona Vita.  Fotografo.

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A più mani e senza timori di Francesca Palumbo*

La cucina di Ana è come i suoi ricci neri, è una cucina scapigliata e generosa. È come le ore tarde dei pomeriggi d’estate, quando l’arancione ti avvolge e ti predispone alla riflessione. È come quei treni che arrivano di notte e sembrano spuntare misteriosi e carichi da sotto un tappeto di stelle. La cucina di Ana si chiama Ethnic Cook e costruisce un mondo. È calibrata sapienza culinaria che parla molte lingue perché ha voglia di comunicare grazia e condivisione. È spazio che accoglie e non fa differenze, è preghiera cantata, amore ricamato su una veste bianca e azzurra, meditazione e richiamo. È insieme di anime che hanno vissuto molte vite. Il cuore di Ana è grande così e la sua cucina ne riverbera il battito. È una pratica per sublimare l’impotenza di fronte alle ingiustizie e per combattere i demoni dei soprusi nel mondo. Ethnic Cook è una carezza a più mani e senza timori, non invade ma scivola lieve. Ha il sapore di tutti gli aromi e le spezie e l’armonia. Ha colore e forma senza frontiere, perimetri laschi, delizia e melodia. È un modo di amare che si fa pietanza e genera pace, apre serrature, aggiunge posti, include. In ogni ricetta troverai ingredienti e nuovi elementi, a volte invisibili, non sempre acquistabili eppur reperibili. 100 grammi di farina e 200 di fiato, un pizzico di curcuma e un mestolone di sorrisi, grossi spicchi di bontà e a quintali la tenerezza crepitante del dono, l’intelligenza delle mani e una sempre benevola disposizione dell’animo. Ogni sostanza origina arcobaleni di luce sulla tavola apparecchiata del mondo, la felicità delle commistioni di sapori è qualcosa che perfino sgomenta irrorata com’è di dedizione, tempo e ricerca.   Scrittrice e docente.

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Ethnic Cook è cibo gustoso ma soprattutto è nutrimento-poesia, identità e integrazione. Grammatica del bene e dell’accoglienza. Una prospettiva che si fa comunità gastro-poetica, eco e riverbero del transitare e del divenire di ognuno, e quindi presagio e promessa, ascolto e conquista di vita. Ethnic Cook è un bellissimo viaggio, è il desiderio di aggiungere un pizzico di limone grattugiato alla minestra per dare più sapore al nostro esistere. È cambiamento, atmosfera, incontro. Un domicilio astratto e umano. Un saporito minestrone di biografie che rivelano altitudini, geografie, mani, mari, poi intrecci di spazi liminali, intimi e civili. Un esercizio profondo di aggregazione e scambi di intensità, che passo dopo passo, boccone dopo boccone, ri-spazia il desiderio di chi ha fame di Vita.

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BRASILE Ana Estrela


Arrumadinho baiano Ingredienti 200 gr di fagioli all’occhio 100 gr di carne secca salata 50 gr di bacon 100 gr di salsiccia tagliata a dadini Porro a pezzettini qb 2 foglie di alloro Prezzemolo qb 2 pomodori 2 cipolle rosse 1 limone 1 tazza di farina di manioca 2 cucchiai di burro Sale, pepe qb Olio di oliva

Preparazione Cucinare i fagioli sino a che diventino morbidi. A parte, in una pentola, dorare una delle due cipolle e il porro con un po’ di olio. Aggiungere la carne, il bacon e la salsiccia e rosolare bene. Salare e pepare a piacere. Aggiungere i fagioli giusto il tempo che prendano il sapore. Mettere da parte. Tagliare la cipolla rimasta, il pomodoro, mescolare e aggiungere sale, pepe, olio, limone e il prezzemolo tritato. Mettere da parte. In una padella mettere il burro e il sale e rosolare la farina di manioca. In un piatto da portata adagiare uno accanto all’altro i fagioli, poi la farofa (farina di manioca tostata) e la vinagrette (salsa di porri e cipolle).

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Manjar branco (budino di cocco) Ingredienti 400 ml di latte di cocco 200 gr di amido di mais 100 gr di zucchero 50 gr di cocco grattugiato Per lo sciroppo: 150 gr di zucchero 300 ml di acqua 150 gr di prugne secche senza nocciolo

Preparazione In una pentola aggiungere tutti gli ingredienti, sciogliendo bene l’amido di mais e cuocere a fuoco basso, girando continuamente sino ad addensare. Mettere in una forma per ciambelle. In un pentolino mettere lo zucchero con l’acqua sino ad una caramellatura leggera. Aggiungere le prugne e farle cuocere. Lasciare raffreddare. Sformare il manjar e colare sopra lo sciroppo, guarnendo con le prugne.

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AFGHANISTAN Zakaria Haidary 30


Quando penso alle montagne dell’Hindurkush, penso a lui; la compattezza, la forza maestosa, l’equilibrio, la saggezza, la fedeltà. Compagno a cui affiderei la mia anima perché so che la custodirebbe con lealtà. Essere di infinita grandezza, principe dei principi. Nato con la saggezza dei vecchi Maestri, signore dell’umiltà, dello sguardo profondo e affascinante. La “nur”. Dalle sue mani che possono sia coltivare la terra che operare nell’ingegneria informatica nascono piatti elaborati, curati nei dettagli, dai sapori ineguagliabili che, anche senza il suo “tandoor”, Zakaria riesce a far sprigionare profumi, colori e la magnificenza del suo Afghanistan.

Bulanì Ingredienti 3 patate 300 gr di farina normale 2 uova Olio per friggere Sale e pepe qb

Preparazione Lessare le patate, schiacciarle e mescolarle con il cipollotto, il sale e il pepe. Impastare la farina con le uova e dividere l’impasto ottenuto in palline. Stenderle con il mattarello in modo da formare cerchi di pasta sottili. Stendere una cucchiaiata di ripieno su metà del cerchio della pasta, chiudere schiacciando bene i bordi e saltare in olio bollente fino a che prenderanno un colore giallino. L’ideale è consumarlo caldo, servito con della salsa di Ciknì.

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Ciknì Per una tazza di ciknì sono necessari uno spicchio d’aglio grattugiato, una tazza di yogurt magro, mezzo cucchiaio di sale, un po’ di limone e un po’ di erba cipollina secca macinata. Unire il tutto e mescolare fino a creare una crema.

Bamia Ingredienti 500 gr di okra Olio qb 2 cipolle medie 4 pomodori medi Sale qb Peperocino qb

Preparazione Tagliare la testa e la punta dell’okra. Tagliare a cubetti le cipolle e i pomodori. In una pentola scaldare l’olio, aggiungere le cipolle sino a farle dorare. Aggiungere i pomodori e fare cuocere un po’. Aggiungere l’okra. Condire con sale e peperoncino a piacere. Il piatto nazionale dell’Afghanistan è il Qabuli Palaw, riso cotto nel tandoor con uva sultanina, carote, mandorle e pistacchio fritti e carne di montone. Conosciuto con diversi nomi come Kabuli, Kabul, Qabul, Qabili Palaw, veniva consumato dalle famiglie della borghesia di Kabul. Con il tempo questo piatto riservato a pochi è diventato più comune tra la popolazione. Qabil in Dari significa “ben realizzato”, indicando che solo uno chef esperto può davvero bilanciare i vari sapori di questo piatto.

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MESSICO Paulina Nava 52


Quando sono arrivata in Puglia era fine febbraio del 2010 e pensavo di trascorrere una vacanza di qualche mese per conoscere meglio la città dove il mio ragazzo abitava. Ricordo che siamo arrivati con il treno da Firenze, ero affacciata al finestrino e potevo vedere il paesaggio cambiare, qualcosa che mi colpì ma pensavo fosse un sogno: “Nopales en Italia? Seguro estoy alucinando”. Una delle prime uscite che abbiamo fatto con l’obiettivo di conoscere meglio il territorio è stata una passeggiata verso il sud di Bari, nella bellissima zona di Cozze. Siamo scesi dalla macchina e dopo un tratto a piedi, con la promessa di vedere il mare Adriatico, qual è stata la mia sorpresa quando all'improvviso ho visto una distesa enorme di “nopales”; quindi non era sogno. Subito ho fatto mille domande a Davide e quel giorno ho imparato che il nome in italiano era “fico d’india”; ho saputo che qui in Italia si mangiava soltanto la “tuna” (il frutto), ma ancora non mi era chiaro come mai erano qui. Sono passati dieci anni da quel momento, che per me è stato quasi un segnale, come quello che avevano ricevuto i miei antenati conquistando Tenochtitlán, non per caso un “nopal” è al centro della nostra bandiera. Oggi so che il fico d’india riceve questo nome in Italia poiché al tempo dei “conquistadores”, questi tornavano dalle spedizioni portando con loro molte piante, soprattutto quelle di cui il mio popolo si nutriva e come sappiamo, loro credevano che si trovavano in un’altra zona dell’India. I nopales come altre succulente agavi hanno attecchito molto bene nel territorio mediterraneo per via della loro adattabilità! Pensiamo per un attimo a cosa sarebbe un ragù barese o un panzerotto senza la presenza del pomodoro…

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Ancora oggi, come da dieci anni, ogni primavera prendo la mia bicicletta e percorro le campagne profumate con un coltello e una cesta per raccogliere le “pale” più tenere del fico d’india e come in qualsiasi rituale, ringrazio questa Puglia meravigliosa che mi ha fatto sempre sentire a casa.

Ensaladita de nopales Ingredienti (per 4 persone) 5 fichi d’india teneri e privi di spine 4 pomodori per insalata 1 cipolla piccola 100 gr ricotta marzotica Prezzemolo qb Olio d’oliva qb Sale qb

Preparazione Privare delle spine i fichi d’india, tagliarli a quadretti e metterli a bollire con un po’ di sale fino a che non hanno un colore verde scuro. Scolarli e lasciarli raffreddare. Tagliare a quadretti piccoli i pomodori e la ricotta e, finemente, la cipolla. Una volta raffreddati i fichi d’india unirli agli altri ingredienti in una ciotola e condire con olio d’oliva, sale e il prezzemolo tritato. Servire da sola come insalata, come contorno per un piatto di pesce o accompagnate a “tortilla chips”.

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ANA ESTRENA

ANA ESTRELA

ETHNIC COOK Sapori e storie dal mondo

Arrivati in onde di colori, camminate di sapori, voli di odori. Racconti profumati di storie lontane, storie di madri, padri, figli, famiglie… nelle valigie solo la memoria, espressa nelle mani che impastano, amalgamano, condiscono… condita è l’anima, di dolori, solitudine, ricordi, saudade… voglia di andare avanti, di sorridere ancora. Nel cuore bolle l’amore per la propria terra. E a fuoco lento pian, piano, addensa quello per la terra ospitale. In ogni preparazione, ogni portata, ogni impiattamento serviamo quel che siamo, con il nostro amore e la nostra bellezza, Amore e Bellezza… Dipende solo da “come” ci volete guardare…

ISBN 978-88-6153-807-8

Euro 25,00 (I.i.)

Fotografie Michele Carnimeo

ETHNIC COOK

Ana Estrela nasce a Salvador di Bahia, Brasile, dove diventa ballerina e assistente di coreografia della “Companhia Brasiliana di Dancas Populares”. Utilizza la sua arte nella promozione di percorsi di socializzazione per ragazzi di strada, bambini e adolescenti a rischio, persone con abilità altre, pazienti psichiatrici, prima in Brasile e poi in Italia dal 1999. Nel 2013 idealizza Ethnic Cook, il progetto di interazione tra i soggetti migranti e gli autoctoni attraverso la gastronomia. Con la collaborazione di Zakaria Haidary e Laina Estrela, Ethnic Cook vince un bando regionale, un bando comunale e di una fondazione privata in partenariato con l’antitratta. Con Ethnic Cook Ana ha dato vita a quattro festival streetfood con Eataly Bari, alla prima mensa etnica del sud Italia e al primo bistrot sociale multietnico. Il progetto entra a far parte della piattaforma Food for Inclusion dell’UNISG (university of science gastronomy) e UNHCR (alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati), viene scelto anche dall’Università degli studi di Bari e Fondazione ISMU come una delle tre migliori pratiche al sud che valorizzano le competenze dei migranti. Ana è anche presidente dell’ETS coordinamento diaspore in Puglia.


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