Oggi assistere i morenti rappresenta un dovere della società civile nei confronti delle persone: si muore sempre più spesso in ospedale lontano da casa e dall’affetto dei propri cari. E l’ospedale si trova impreparato. Oggi tra la struttura sanitaria e la famiglia si genera una frattura. Il malato si trova affidato alle cure di un’istituzione sanitaria che dispone di mezzi e personale specializzato ma non in grado di compensare la perdita delle relazioni umane. Si muore in stanze d’ospedale, male e soli. Questo contesto configura un ambito inedito eppure cruciale in cui collocare l’azione di un servizio sociale che operi per ricucire la frattura relazionale tra il paziente, i suoi cari e il sistema sanitario. In quella frattura si consumano decisioni di straordinaria densità sul fine vita. Senza quella relazione risanata non si può recuperare davvero il senso profondo della compassione dalla quale può maturare la decisione sul fine vita.