Rivista trimestrale - anno 99
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Aprile Giugno 2009
I sacramenti: il Battesimo Dieci minuti per te Messaggio dalla Madonna del Sasso Le pagine dell’Ordine Francescano Secolare
Sommario
Intervista a don Sandro Vitalini
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I genitori devono prepararsi al Battesimo dei loro figli
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La cerimonia del Battesimo
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Messaggio dalla Madonna del Sasso
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fra Agostino Del-Pietro
Il nostro santuario, come e perché?
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fra Callisto Caldelari
Terziari francescani, cosa fanno nelle nostre parrocchie?
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La “discrezione” di Francesco
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fra Riccardo Quadri
Essere e agire insieme
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fra Andrea Schnöller
Messaggio biblico
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Appunti di vita ecclesiale
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Alberto Lepori
Prete - pastore: quali differenze?
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Gino Driussi
«Fogli», il periodico della Biblioteca
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Fernando Lepori
Abbiamo letto... abbiamo visto…
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MESSAGGERO Rivista di cultura ed informazione religiosa fondata nel 1911 ed edita dai Frati Cappuccini della Svizzera Italiana - Lugano Comitato di Redazione fra Callisto Caldelari (dir. responsabile) fra Ugo Orelli fra Edy Rossi-Pedruzzi fra Michele Ravetta Claudio Cerfoglia (segretariato) E-Mail redazione@messaggero.ch Hanno collaborato a questo numero fra Agostino Del-Pietro Gino Driussi Clemens Della Casa Franca Humair Alberto Lepori Fernando Lepori fra Riccardo Quadri fra Andrea Schnöller don Sandro Vitalini Redazione e Amministrazione Convento dei Cappuccini Salita dei Frati 4 CH - 6900 Lugano Tel +41 (91) 922.60.32 Fax +41 (91) 922.60.37 Internet www.messaggero.ch E-Mail segreteria@messaggero.ch Abbonamenti 2009 Per la Svizzera: ordinario CHF 30.sostenitore da CHF 50.CCP 65-901-8 Per l’Italia: ordinario € 20,00 sostenitore da € 40,00 Conto Corrente Postale 88948575 intestato Cerfoglia Claudio - Varese causale “abbonamento Messaggero” E-Mail amministrazione@messaggero.ch Copertina Vetrata realizzata da fra Roberto nella cappella Casa Sorriso a Tenero Fotolito, stampa e spedizione RPrint - Locarno
Lettera della Redazione
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on questo numero iniziamo la spiegazione dei sacramenti illustrando il primo degli stessi, il Battesimo. Apre un dialogo con il nostro teologo don Sandro Vitalini, che ringraziamo per le sue risposte precise e convincenti; è indispensabile conoscere la natura di ogni sacramento, ma soprattutto del primo che risulta la porta degli altri. Don Sandro risponde con chiarezza ed offre degli elementi di riflessione che invitiamo, non solo a leggere, ma a meditare. Segue la spiegazione dei riti e un “racconto” che vuole illustrare come questo sacramento debba essere preparato da coloro che lo chiedono (i genitori), anche se parecchi di loro sono ancora riluttanti ad accettare questa preparazione e qualche parroco si accontenta di un colloquio personale. A nostro avviso la preparazione al Battesimo dovrebbe avvenire a gruppi, sul tipo di quella introdotta da qualche anno per il sacramento del Matrimonio, durante la quale, oltre all’istruzione sul significato e alle spiegazioni del rito, è possibile il confronto e lo scambio di esperienze. A questa preparazione dovrebbe seguire un’amministrazione comunitaria dei Battesimi; quella privata dovrebbe essere un’eccezione. La Comunità parrocchiale ha il diritto di accogliere festosamente i suoi nuovi figli e non può sentirsi rappresentata dai soli genitori, padrini e madrine, provenienti magari da lontano senza nessuna rapporto (per parenti e padrini) con la stessa Comunità. Inoltre dovrebbe essere chiaro – e queste pagine hanno lo scopo di convincere - che la richiesta del sacramento del Battesimo per un neonato, comporta il rinnovo dal Battesimo dei suoi genitori; altrimenti con quale convinzione gli stessi prometteranno di educare cristianamente (da battezzato) il figlio? Da qualche tempo – specie in città - si assiste ad un aumento di richieste di Battesimo da parte di fanciulli che, non avendo ricevuto il primo sacramento subito dopo la nascita, non possono ricevere la Prima Comunione che desiderano, ma non è loro possibile perché non sono cristiani. Non mancano nemmeno richieste da parte di adulti; sembra che in Francia siano più numerosi gli adulti che domandano il Battesimo che non i genitori di neonati. Queste pagine non hanno la pretesa di risolvere questi problemi ma di offrire delle indicazioni ai catechisti che assumessero l’impegno di preparare i fanciulli al primo sacramento per poi ricevere gli altri. Anche in questo caso sarebbe opportuna una spiegazione comunitaria ai bambini – per esempio di terza elementare – battezzati e non; i primi scoprirebbero quel sacramento che hanno ricevuto quando non erano in grado di comprendere, ma chiesto quale dono di fede dai loro genitori. I fanciulli non battezzati avrebbero una preparazione il più possibile adeguata al sacramento. Per tutti bisognerebbe terminare l’anno di preparazione con una solenne cerimonia durante la quale, davanti all’intera Comunità, i già battezzati rinnovino – secondo le loro limitate capacità – il Battesimo, accompagnati dai genitori e dai loro padrini, i non battezzati ricevano il primo sacramento. In questo caso l’amministrazione dell’Eucaristia dovrebbe essere portata un anno più tardi (quarta elementare), per dare lo spazio sufficiente alla preparazione dei due fra i più importanti sacramenti. Esperienze in corso stanno dando dei buoni risultati. Nell’attuale numero seguono le solite rubriche sempre utili per il loro respiro francescano, ecclesiologico ed ecumenico, con un invito particolare a chi non avesse ancora visto la sacra rappresentazione “Il nostro Francesco” a non lasciarsi scappare l’occasione della messa in atto della stessa, la sera del 3 ottobre prossimo nella chiesa dei Cappuccini di Lugano. la redazione
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Messaggio tematico
Intervista a don Sandro Vitalini Continuiamo l’esposizione dei sacramenti con alcune domande al nostro teologo don Sandro Vitalini.
1. Il Battesimo esisteva già prima del Battista? Il Battesimo, come rito di purificazione, è noto in molte religioni precristiane, come segno di una volontà di avvicinarsi più puri alla divinità. Nella comunità essenica di Qumrân i lavacri avvengono spesso, sia per tutta la persona sia per una parte di essa (mani). Questi segni precristiani sono ritenuti dalla teologia come dei sacramentali che cooperano a donare il perdono e la vita divina a coloro che li ricevono con fede. Questo dice un fatto troppo trascurato: la vita divina è offerta ad ogni uomo, illuminato fin dalla concezione, dal Verbo creatore (Giovanni 1, 4.9). Quella che noi chiamiamo “salvezza”, e che sarebbe più esatto chiamare “divinizzazione”, è proposta all’AdamoEva di ogni tempo. Anche prima dell’incarnazione, la luce del Verbo ha interessato ogni uomo. Così Ciro (che rappresenta come Re tutto il suo popolo) è definito “Cristo”, “Messia” (Isaia 43, 1) per il bene che compie, riparando violenza e ingiustizia; così il Re di Tiro, finché opera il bene, è contemplato come uomo perfetto nell’eden, nel giardino di Dio (Ezechiele 28, 12-13). Il Signore raduna “tutti i popoli e tutte le lingue” (Isaia 66, 18). L’acqua, o anche la luce o la fiamma, sono i simboli dell’azione del creatore, che vuole purificare e attrarre a sé ogni creatura. E’ questo lo scopo della creazione.
2. Differenza tra i “battesimi” e quello voluto da Gesù I vari battesimi avevano tutti un scopo purificatorio. Gesù invia i suoi apostoli
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a “immergere” (battezzare, dal greco bapto) tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, trasmettendo loro il suo Vangelo. Si legga la conclusione del cap. 28 di Matteo. Il Battesimo voluto da Gesù inserisce i credenti nella vita stessa della Trinità perché ne siano i testimoni. La vita della Trinità ci ricorda che l’essere creatore, Dio, è tripersonale, non è solitudine inaccessibile, ma comunione di persone, famiglia, scambio d’amore, dialogo. Lo scambio eterno è così perfetto che una persona va nell’altra, è nell’altra ed è l’altra. Questa unità comunionale è l’amore infinito. I battezzati sono dunque associati all’opera del Cristo e annunciano, incarnandolo, l’amore delle divine persone. Il cristianesimo si riassume nel comandamento massimo di amare il prossimo come sé stessi (Romani 13, 9). E’ nel prossimo visibile che si ama il Dio invisibile (1 Giovanni 4, 19). I cristiani sono chiamati a prolungare l’opera del creatore e del Cristo, annunciando un’era di liberazione e di pacificazione per l’universo. La realtà dell’incarnazione è attestata là dove ai poveri si apre una speranza per il domani, là dove la libertà è data ai prigionieri, dove i ciechi (in tutti i sensi) vedono, si sollevano gli oppressi, si abolisce la schiavitù, si rimettono i debiti e si visibilizza quella fraternità che fa del mondo quel giardino voluto dal creatore. Si entra in un anno giubilare che non avrà mai fine (Luca 4, 18-19). Anche se siamo ancora lontanissimi dall’aver realizzato questo ideale, dobbiamo perseguirlo con tutte le forze. Altrimenti il nostro annuncio non è credibile.
3. Battesimo e peccato originale Agostino, in polemica coi pelagiani (che affermavano l’uomo buono per natura), per proclamare la necessità
della redenzione per tutti inventa un “vizio” che sarebbe trasmesso col seme maschile. Questa strana dottrina non è oggi compatibile con il buon senso: gli uomini non derivano da rapporti incestuosi tra fratelli e sorelle, ma il ceppo (supposto che sia unico) è formato da migliaia di coppie che evolvono da una vita di ominidi a una vita di uomini nel corso di milioni di anni. Il capitolo 5 della Lettera ai Romani ci ammonisce sul fatto che tutta l’umanità è una in Adamo e una nel Cristo. Tutti siamo solidarmente Adamo: la negatività del singolo incide su tutti. Ma tutti siamo solidarmente Cristo: ogni gesto di bene viene dallo Spirito di Dio e influenza positivamente ogni creatura: “Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono costituiti peccatori, così per l’obbedienza di uno solo tutti sono costituiti giusti” (Romani 5, 19). Il Battesimo immerge esplicitamente nella Tinità e ci fa dei salvatori nell’unico Salvatore, Gesù. Ma già dalla concezione ogni uomo è avvolto dalla luce del Verbo. Possiamo parlare di un pre-Battesimo, di un orientamento positivo che apre alla Trinità. Pertanto anche i bambini che muoiono senza Battesimo si trovano già nell’orbita divinizzatrice del Verbo creatore, che li accoglie in Paradiso. L’errore dei pelagiani è stato quello di considerare l’uomo autonomo, mentre tutto il bene in lui, anche minimo, è prodotto dallo Spirito del Padre e del Figlio. Dobbiamo acquisire quella mentalità di divinizzazione universale che aveva la chiesa primitiva: “Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui” (Colossesi 1, 16-17).
4. I non battezzati non sono Figli di Dio? Si è detto e ripetuto che il Verbo Creatore illumina ogni uomo. Tutti gli uomini, dal primo istante della loro esistenza sono amati infinitamente da Dio e sono figli dell’Abbà nei cieli. “Dio, Padre di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Efesini 4, 6).
5. E un Battesimo a tappe? Là dove i genitori sono credenti, essi stessi devono desiderare che il loro figlio prolunghi, ricevendo il Battesimo,
l’opera di divinizzazione inaugurata da Gesù. Là dove i genitori, esitando nella fede, non volessero far battezzare il bambino, si potrà loro accordare un sacramentale che ricordi loro il dovere di educare il figlio nella bontà trinitaria. La Chiesa primitiva ci dà questa indicazione: i bambini dei credenti vengono battezzati da piccoli. Chi non è credente, se desidera il Battesimo, viene iniziato in una preparazione triennale che culmina con il dono del Battesimo-Cresima-Eucarestia nella notte di Pasqua. Un catecumeno è assistito da un padrino, che lo introduce alla visita dei malati, dei car-
cerati, all’aiuto capillare ai poveri. Questa idea del padrino “personalizzato” (evocata dal Cardinal Martini) potrebbe essere ripresa se i nostri candidati alla Cresima fossero in grado di scegliere un padrino o madrina che li porti a visitare malati, anziani, famiglie povere, così che la conferma del Battesimo avvenga da parte di persone che hanno capito che la vita cristiana è amore incarnato per ogni prossimo. E’ da questo servizio che sgorga nel cristiano la vera gioia, che poi trabocca sul mondo.
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Messaggio tematico
I genitori devono prepararsi al Battesimo dei loro figli hi mi ha fatto capire l’importanza della preparazione dei genitori al Battesimo dei loro figli è stato Carlo Carretto, il monaco-scrittore di Spello. Andato ad Assisi forse con il primo gruppo di catechiste della Prima Comunione della mia Comunità agli inizi degli anni ’80, ci recammo a trovarlo. Ricevuto con l’abituale cortesia, chiese alle signore cosa facevano in parrocchia. Avuta la risposta, disse: “Ma c’è bisogno di catechiste per la Prima Comunione?”. L’interrogativo era provoca- torio, ma aggiunse: “Preparate bene i genitori al Battesimo dei loro figli, seguiteli nel compito di primi educatori alla fede e vedrete che diventeranno loro i catechisti della Prima Comunione”. Un bel sogno! Ma ritornato in parrocchia organizzai subito gli incontri comunitari tre volte all’anno. All’inizio ci fu resistenza: “Che cosa sono queste novità?”. Quindi infinite spiegazioni per far capire l’indispensabilità di quegli incontri. Poi, per non dovermi ripetere tante volte quanti erano i genitori che chiedevano il primo sacramento per la loro prole, stesi questo racconto che consegnavo a loro ed in un secondo colloquio personale se ne discuteva. L’effetto è stato positivo, anche perché il racconto raccoglieva fatti realmente capitati. Ora non riscontro resistenza da parte di nessuno; vengono ai corsi/incontri oltre ai genitori anche padrini/madrine e quindi il racconto, che riporto qui sotto, non lo uso più ma forse a qualcuno può ancora servire. Buona lettura.
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I Battesimi ieri e oggi Nonna Carolina è incaricata dal nipote Andrea di provvedere al Battesimo della nipotina Francesca. Viene mandata alla chiesa dei frati e, dopo un colloquio nel quale le vengono spiegate le modalità per il Battesimo dei bambini, porta a Claudia, moglie di Andrea, una lettera “in busta bianca” della Comunità del Sacro Cuore dove si esortano i genitori – fra l’altro – a degli incontri di preparazione al Battesimo. Claudia dimentica la “busta bianca” sul comodino di Andrea che, prima di addormentarsi, la legge. Ma la proposta non gli piace e, arrabbiato, nel pieno della notte dice: “Non battezzerò mia figlia”. Claudia che dormiva al suo fianco si sveglia tutta spaventata e domanda: - Cos’hai?... Non stai bene?... - Sto benissimo e ho deciso… Non battezzerò mia figlia!... - E che me ne importa… - rispose Claudia arrabbiata voltandosi dall’altra parte. Era buona e brava Claudia ma non disturbatela durante il sonno Anche Andrea, calmato da quella sfuriata, dormì tutta la notte e la mattina, dando luogo alla solita corsa a ostacoli per diminuire sempre di più il tempo fra la levata dal letto e l’entrata in ufficio, evidentemente non si ricordò dalla dichiarazione notturna. Claudia dimenticò il problema.
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Ma c’era chi attendeva l’esito della lettura di quella “busta bianca” e del suo contenuto e non era solo nonna Carolina. La buona vecchia aveva informato donna Luisa, moglie di Giaco- mo, madre di Andrea e quindi nonna di Francesca. Donna Luisa accettava tutti questi titoli di moglie, madre e nuora, eccetto l’ultimo, quello di “nonna”; a chi aveva tentato di cambiare l’onorifico epiteto di “donna” (affibbiatole dagli amici per la sua maestosità non solo fisica ma anche comportamentale) in quello più umile di “nonna”, aveva seccamente risposto che, nonna si diventa quando si è vecchi, prima si è due volte madre. Ecco dunque che quella mattina non-na Carolina e donna Luisa arrivarono da Claudia, ancora intenta a lavare Francesca. La nonna si informò se la bambina aveva dormito bene, perché le era sembrato di sentirla piangere, dato che abitava nell’appartamento di sotto, e donna Luisa offerse a Claudia di tenerle compagnia nel solito giretto che faceva con Francesca nel pomeriggio. Claudia accettò di buon grado, anche se era meravigliata, perché era la prima volta che la suocera si scomodava così vistosamente. - Sai, tua madre mi ha detto che oggi mi accompagna nella passeggiata che faccio con Francesca… - disse al marito durante il pranzo. - Come mai?... – rispose Andrea – Avrà certamente qualche cosa da chiederti… - Non saprei – disse Claudia. Ma poi ricordandosi del problema Battesimo aggiunse: - Stai a vedere che mi domanderà del Battesimo!... - Vedi che avevo ragione, mi sembrava che c’era nell’aria qualcosa. E ci scommetto – aggiunse Andrea – che ti farà l’interrogatorio per sapere se, come e quando battezzeremo nostra figlia. - Vuoi dire?... Ma se con lei non ne abbiamo mai parlato!... - E tu credi che nonna Carolina non la tenga informata di tutto quello che facciamo. Ci scommetto che è più informata di un’agenzia investigativa!... - E io che cosa le rispondo? – soggiunse Claudia. - Che non intendo battezzare mia figlia, perché io a scuola da quel frate non ci andrò mai… - A scuola?... - Sì, a scuola, non hai letto quella lettera che mi hai messo sul comodino?... Parla di corsi, di incontri, di formazione… Quante storie, se la Chiesa vuole battezzare i bambini, lo faccia senza tante storie… Può ancora dirci grazie, se trova dei genitori come noi che, per principio, sarebbero anche disposti. Ma non ci chieda di più…
Claudia lasciò cadere il discorso; prima di tutto perché non era molto interessata, per lei il Battesimo era solo una festa in più da preparare, quindi un fastidio, e poi perché quando Andrea insisteva su un argomento sapeva benissimo che prima bisognava lasciarlo sbollire e poi si sarebbe potuto ragionare. E non ne avrebbe parlato nemmeno con donna Luisa, se passeggiando in viale Giuseppe Motta non avessero incontrato la signora Armida che, fermandosi ad ammirare la bambina, fece dei calorosi complimenti alla nonna (cioè donna Luisa). - Che bella bambina… È tutta Andrea – disse la vecchia compagna di scuola di donna Luisa con poca soddisfazione di Claudia… - Come si chiama?... - Ateina… - rispose immediatamente la nonna facendo trasecolare la madre. - Ateina… - riprese Armida che aveva spento sulle labbra la normale continuazione del dialogo, “che bel nome”… È il nome che mi hanno obbligato ad inventare questi sposini moderni che non vogliono battezzare i loro figli. E chi non è battezzato è un ateo, non è vero Armida, tu che di cose di Chiesa te ne intendi?... - Non proprio; ateo è chi non crede in Dio. Ma perché la mia bella sposina – disse rivolgendosi a Claudia – non vuol battezzare la sua bambina?... - Per me… - rispose monosillabicamente la mamma già stufata da questo discorso… - E allora?... – soggiunse Armida. - E allora è Andrea – replicò Claudia – non accetta queste modernità di corsi ed incontri che bisogna fare prima del Battesimo… - Corsi e incontri?... Ma cosa mi dici?... - Sì – intervenne Luisa – pare che il frate del Sacro Cuore, a cui nonna Carolina si è rivolta per chiedere il Battesimo di Francesca, questo il suo vero nome, bello, neh, Armida? - Bellissimo… - Dicevo, il frate del Sacro Cuore ora vuole obbligare tutti a fare un corso prima di battezzare un bambino… - Novità!... Novità!... – aggiunse Armida – ecco a cosa portano le novità… Ma se è per questo, Luisa, non conosci la signora X… quella che abita non lontano dalla chiesa, la cui madre era amica di tua madre?... - Ah sì!... Ma per la verità donna Luisa non si ricordava proprio di niente e di nessuno… - Telefonale, sembra che sia una colonna di quella parrocchia, domanda informazioni a lei, spiegale il caso e vedrai che se lo dice lei il frate battezzerà ugualmente
questo angioletto… - Ma quale signora?... Ah sì… - disse Luisa mettendosi una mano alla fronte, perché in quel momento si era effettivamente ricordata di che persona si trattava – grazie Armida… - Di niente Luisa… Ciao Claudia… e questo piccolo angioletto-ateino, guarda come ride… La sera donna Luisa prese il telefono e chiamò la “colonna” della chiesa… La conversazione fu lunga, iniziò alla larga per arrivare a circoli concentrici fino al nocciolo del problema, presentato come domanda: “Perché oggi bisogna frequentare un corso prima di battezzare il bambino?”. L’interlocutrice era davvero ben informata e diede a Luisa tutte le spiegazioni del caso, insistendo che non si può fare un gesto senza conoscerne il significato, che il Battesimo era una scelta ed un impegno per i genitori e prima di scegliere, prima di impegnarsi, bisognava sapere cosa scegliere e in che cosa impegnarsi. Donna Luisa era poco convinta, ma ciò che la tranquillizzò fu la notizia che a questo corso avrebbero partecipato anche Sonia e Corrado, una giovane coppia che Andrea conosceva bene… - Ma non hanno già avuto il bambino da almeno due anni?... E non è ancora battezzato?... - Sì, sì e l’hanno già battezzato, ma partecipano ancora al prossimo corso in qualità di animatori… Vedrà signora… - aggiunse la “colonna” (che non si sarebbe mai permessa di dare del tu ad una donna della maestà di Luisa) – i suoi ragazzi saranno contenti e poi anche il frate sembra severo, ma non è così burbero come pare. Luisa il giorno dopo telefonò a Claudia e, mentre questa sperava che le comunicasse il nulla osta per un Battesimo senza corsi ed incontri, le disse invece che al prossimo corso avrebbero partecipato Sonia e Corrado. - Sai, al prossimo corso ci saranno anche Sonia e Corrado – annunciò Claudia ad Andrea appena finita la cena. - A che corso?... - A quello sul Battesimo… A proposito, tua madre ha telefonato a quella persona tanto di Chiesa di cui ti avevo parlato, ma sembra che non ci sia niente da fare, se vogliamo battezzare Francesca la condizione è quella, il corso… - Ma ti ho detto che piuttosto non faccio battezzare mia figlia…
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Messaggio tematico
- Senti Andrea, fai come vuoi; ma tu sai che tua nonna e tua madre ci tengono… - Vadano loro al corso… - Che modo di ragionare… Ma prova a chiedere a Corrado cosa si fa effettivamente a questi corsi… Mi sembra così strano che lui e Sonia ci vadano… Non ho mai saputo che sono dei bigotti… - T’immagini… Corrado bigotto non è di certo e Sonia mi sembra una ragazza moderna… Ma certamente non sono loro… Comunque, Corrado qualche volta lo vedo al bar per l’aperitivo e gli domanderò. Andrea cominciava ad essere infastidito da questo Battesimo, non perché ci pensasse spesso, ma perché sapeva che se della cosa si era impossessata sua madre, certamente sarebbe ritornata alla carica finché non avrebbe ceduto. Casualmente, il giorno dopo, incontrò Corrado e sorseggiando l’aperitivo gli chiese notizia di quei corsi. Corrado fu esplicito. Gli disse che anche lui non era stato d’accordo con questa iniziativa, ma che aveva accettato perché Sonia, ragazza tutta d’un pezzo, vero S. Tommaso che crede solo a quello che vede, gli aveva detto che prima di giudicare dovevano provare… Ed erano andati per diverse volte prima del Battesimo di Ettore. - E come ti sei trovato? – chiese Andrea ormai incuriosito. - Bene, veramente bene; compagnia buona, ambiente familiare e spiegazioni facili. E poi… sai… si può parlare. Ognuno può dire la sua idea e nessuno lo contraddice… Il frate alla fine espone il pensiero cristiano sul quale si apre una discussione… - E adesso perché torni? - Perché il frate ci ha chiesto di animare il prossimo corso,. Quando ce lo ha domandato abbiamo fatto infinite obiezioni: ma noi non siamo capaci… E lui: chi non è capace impara… E noi: ma cosa dovremmo dire… Quello che avete vissuto voi, come vi siete preparati al Battesimo di vostro figlio… Ma poi ci siamo incontrati qualche sera, abbiamo rivisto insieme ed approfondito delle dispense che discuteremo con i partecipanti. In altre parole siamo ora un po’ più sicuri… e curiosi di come andranno le cose. - Ma allora sarai tu che tieni il corso… Tu e Sonia?... - Non esattamente, ci sarà anche il frate, ma noi animeremo soprattutto la prima parte, quella della discussione… sai forse è meglio così… i partecipanti, se sono soli con una coppia della loro età forse sono meno imbarazzati a dire le proprie opinoni… E poi –
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soggiunse Corrado – se venite voi ci conosciamo e ci aiuterete… - Ne parlerò con Claudia… Ma… - Dì a Claudia che, se venite, faccia una torta… - Una torta?... - Sì, quella buona di carote che sa fare lei – (per la verità era nonna Carolina che faceva le torte che passavano come opera di Claudia, ma questo Corrado non lo sapeva) – perché a metà riunione c’è lo spuntino… - Ma quando iniziano i corsi?... Corrado prese l’agenda e comunicò all’amico le date, dicendogli che s’incaricava lui di iscriverlo, raccomandando solo puntualità.
Fu così che un lunedì sera Andrea e Claudia, dopo aver consegnato alla baby sitter Carolina la loro pargoletta, s’avviarono a piedi verso la chiesa del Sacro Cuore. Abitavano vicino, ma sembravano persone che venivano da molto lontano e, per la verità, una certa distanza fra loro e quel centro parrocchiale esisteva… Ad attenderli nel
porticato ecco Sonia… La distanza diminuì di colpo e quasi sparì quando, entrati in una sala del convento, trovarono Corrado che stava parlando con un’altra coppia, che… - Ma noi ci conosciamo?... - Ah sì – disse Andrea – lei è il signor Y… - Ma che signore… Sì, sono io; le presento mia moglie… - E questa è Claudia… mia moglie – Aggiunse Andrea visibilmente soddisfatto di aver incontrato un’altra persona nota. - Buona sera; anche voi avete un bambino?... - Una bambina – disse la giovane sposa del signor Y con evidente femminea soddisfazione.
dopo una pausa durante la quale si sarebbe servito un rinfresco (e qui Andrea, morsicandosi la lingua, si ricordò di aver dimenticato di dire a Claudia della torta), il frate… avrebbe sentito le loro idee ed avrebbe approfondito il tema della serata: Che cos’è il Battesimo. Ma per il momento, continuò Sonia, discutiamo insieme su queste domande (distribuì un foglio). Ognuno dica la propria opinione senza paura… Non c’è la risposta giusta o la risposta sbagliata… solo la propria risposta… giusta perché personale… Domanda prima, continuò la fervida animatrice:
1. Perché avete deciso di battezzare il vostro bambino? Cosa rappresenta per voi il Battesimo? Claudia disse piano ad Andrea: “Abbiamo deciso?...”. Ed il marito, che era un falso burbero, la strinse gentilmente a sé dicendole sottovoce: “Rispondo io”. Infatti disse che loro non avevano ancora deciso… erano venuti al corso per prendere appunto la decisione… e che non era scontato che quella decisione sarebbe stata positiva… (e si guardò attorno per leggere sul viso dei partecipanti l’effetto delle sue parole, ma vide solo Corrado che assentiva). In quanto a dire che cosa era per loro il Battesimo, si meravigliava della domanda, perché era proprio venuto per sentirselo spiegare e non per sentirselo richiedere, proprio la prima sera. Un’altra coppia rispose che loro avevano già deciso per il sì, l’avrebbero battezzato, perché i bambini vanno battezzati subito, come lo sono stati loro… Una terza non era d’accordo con questa fretta, erano piuttosto sulla linea del signore (“Andrea” disse l’interessato, “… il signore – soggiunse – è a casa che dorme già). Intanto Corrado scriveva le varie opinioni e Sonia, quale perfetta anfitrione, distribuiva segnali e sorrisi per dare la parola all’uno e all’altro, dato che gli interventi erano incalzanti. La seconda domanda chiedeva:
2. Avete pensato di non battezzare il vostro bambino e di lasciar scegliere a lui, se poi ricevere o no questo sacramento, quando sarà grande? Intanto erano arrivate altre coppie e all’invito di Corrado tutti si sistemarono attorno ad un ampio tavolo. Corrado si presentò e così pure Sonia. Dissero che non erano dei “maestri” ma dei genitori come loro che avevano già vissuto l’esperienza di un corso e di un Battesimo. Loro compito era quelli di aiutarli a discutere su alcuni punti poi,
Nuova e vivace discussione: parecchi erano d’accordo sul Battesimo nell’infanzia, altri erano contrari. Claudia fece notare che i genitori avevano una responsabilità educativa e, questa sua affermazione, suscitò la generale approvazione e la meraviglia del marito che non sapeva di avere una moglie così lucida nelle sue idee… “Gli uomini – diceva lui spesso – pensano, le donne chiacchierano…”.
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Messaggio tematico
Alla terza domanda:
3. Il Battesimo è un sacramento: che cosa significa per voi questa parola? Andrea ribadì il suo primo intervento, che era venuto proprio per imparare. Ma Corrado gli rispose che era anche bello conoscere quali idee circolavano su termini che si orecchiano ma che difficilmente si approfondiscono… E per tutti, sacramento risultò qualche cosa di “sacro”. “Zuppa e pan bagnato” pensò Andrea che volutamente non aveva preso parte a questa discussione. Il quarto interrogativo invece scatenò un dibattito animatissimo che Sonia difficilmente riusciva a contenere. La domanda era:
4. Secondo voi è giusto che la Chiesa domandi delle condizioni ai genitori che chiedono il Battesimo ai loro figli?... E che condizioni?... Dopo un’ampia diatriba di una coppia che non accettava nessuna condizione e dopo un altro intervento che ammetteva qualche impegno anche prima del Battesimo perché, se chiediamo qualche cosa alla Chiesa questa ha diritto di sapere perché lo chiediamo, intervenne Claudia. Il suo lungo intervento meravigliò Andrea, Corrado, Sonia e parecchi presenti. Si sarebbe detto che stava parlando la “teologa” del gruppo. Il marito ad un certo momento le disse: “Ma chi ti ha insegnato tutte queste cose?...”. E lei tutta infervorata: “Con Dio non si scherza, o si ammette che i nostri figli diventino anche figli di Dio, o gli si dice di no!... E la famiglia di Dio è la Chiesa”. E qui fece un grande punto, tirando un sospiro di sollievo. A questo momento entrò il frate… Per la verità Andrea e Claudia si erano posti la domanda dove fosse, dato che fino ad allora non lo avevano visto, ma si erano guardati bene dal chiederlo agli animatori che, da parte loro, erano così spigliati da non far sentire la mancanza del religioso. Il frate salutò tutti gentilmente, chiese scusa se non aveva potuto riceverli (Corrado e Sonia sapevano che la cosa era voluta) e, invece di sedersi fra loro, disse che sarebbe ritornato per la pausa, chiedendo a Sonia se c’era la torta (“Quella benedetta torta” pensò Andrea). Avutane l’assicurazione disse che il suo compito veniva dopo, per il momento continuavano gli animatori. Dopo più di un’ora ecco la pausa, ecco la torta, ecco il frate ed ecco i partecipanti alzarsi e continuare a crocchi a discutere sugli argomenti presentati, ma per poco, perché le mamme iniziarono subito a scambiarsi notizie sui loro bambini, mentre Corrado approfittò della presenza del signor Y, tifoso del Bellinzona, per augurarsi la salvezza granata…
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Alla ripresa dei lavori, dopo una breve relazione sulla discussione precedente data dagli animatori, il frate espose il pensiero della Chiesa sul Battesimo, insistendo soprattutto sulla pratica antica che dava questo sacramento agli adulti e solo dopo un lungo tempo di preparazione. Ora, col Battesimo dato ai bambini, questa preparazione non è più possibile esigerla dal battezzando stesso, ma incombe su chi chiede il Battesimo, quindi sui genitori. Sono loro che, in occasione del Battesimo dei loro figli, devono confermare il proprio Battesimo così da promettere di essere “educatori alla fede cristiana” dei loro bambini. A queste parole Andrea e Claudia si guardarono e, in quello sguardo, vi era la stessa opinione: credevamo di venire per Francesca ed invece siamo qui per noi… Per rendere ancora più esplicito il suo discorso, il frate consegnò una dispensa con l’esortazione di leggerla insieme durante la settimana. Per la verità, dopo le sue parole, non ci fu grande discussione… la sua esposizione era facile, la dispensa avrebbe aiutato ad approfondirla ma, comunque, un certo rispetto reverenziale aleggiava nell’aria togliendo un po’ di quella spontaneità che aveva caratterizzato la prima parte della serata. Corrado se ne accorse e, prima di concludere, disse che non si doveva aver paura a porre domande al frate…, ma comunque era comprensibile che la prima sera si manifestasse un certo imbarazzo; la settimana prossima ci si sarebbe ritrovati per continuare il dialogo. Andrea sembrava aver fretta di partire ma, quando vide che nessuno intendeva lasciare la sala anche se tutti erano in piedi, si soffermò a chiacchierare del più e del meno con diverse persone. Claudia, a Sonia che un po’ incuriosita le domandava: “Com’è andata?” – rispose laconicamente: “Non mi aspettavo tanta familiarità”. La stessa risposta la diede al marito quando, a letto, le disse: “Cosa ne pensi?”. Ma la mattina quando prese Francesca in braccio la strinse forte e le disse: “Dì poi a tua nonna che non sei un’ateina, ma solo un angioletto… anche se non sei ancora battezzata. L’ha detto il frate…”.
La cerimonia del Battesimo no dei modi migliori per comprendere il Battesimo e prepararsi all’amministrazione dello stesso, è conoscere i riti. Diamo alcune indicazioni partendo dal Battesimo comunitario (durante una celebrazione con tutta la Comunità parrocchiale), facilmente applicabili se il Battesimo è amministrato con la presenza dei soli genitori e parenti. Il Battesimo infatti viene amministrato attraverso un rito che sottolinea i vari significati: 1. l’introduzione dei bambini nella Chiesa-Comunità; 2. l’annuncio di una Parola di salvezza sui bambini che contemporaneamente è continuazione d’istruzione per coloro che sono responsabili del loro Battesimo (Comunità e genitori); 3. la preghiera affinché Dio liberi i bambini dal male fisico e morale (il peccato); 4. preghiera ed invocazione sull’acqua, comunque già benedetta nella Veglia Pasquale; 5. il rinnovo da parte dei genitori, dei padrini e di tutta la Comunità delle promesse battesimali, rinunciando al male e credendo in Dio; 6. il lavacro nell’acqua con la formula battesimale; 7. la consacrazione dei bambini a Dio; 8. ultimi segni e preghiere con l’augurio, ai bambini, che la loro vita sia luminosa e immacolata e che presto possano ascoltare la Parola di Dio e annunciare il suo amore; 9. riti di conclusione e benedizioni. Ma vediamo ad uno ad uno questi momenti.
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1. L’accoglienza I genitori, qualche tempo prima, hanno accolto il bambino nella loro famiglia, ora chiedono che venga accolto nella Chiesa-Comunità. I riti ed i gesti di accoglienza sono: u il sacerdote riceve i bambini nella chiesa presente tutta la Comunità, che li accoglie cantando. Se il Battesimo è privato il bambino viene ricevuto alla porta della chiesa; u il celebrante, come prima cosa, domanda ai singoli genitori che nome danno al bambino. Dare il nome significa riconoscere il proprio diritto-dovere di essere padre e madre, con tutto ciò che questo fatto comporta anche dal profilo religioso; u il celebrante, domanda ancora ai genitori, che cosa chiedono per il loro bambino; la risposta è ovvia: “il Battesimo”. Così viene espressa davanti a tutta la Comunità la volontà dei genitori d’introdurre il figlio nella Chiesa di Dio. Dopo aver ricordato ai genitori gli impegni che questa richiesta comporta e dopo aver chiesto a padrini e madrine
se sono disposti ad aiutare i genitori nell’opera d’educazione cristiana del bambino, il sacerdote saluta il battezzando con il segno cristiano della croce (fatto sulla fronte del bambino), saluto ripetuto dai genitori, padrino e madrina. È bene ricordare ai genitori che, essendo questo segno il primo gesto religioso sul bambino, dovrebbe essere ripetuto tutte le sere. Se l’accoglienza è stata fatta alle porte della chiesa, il bambino viene introdotto nel tempio possibilmente con segni, canti e suoni di gioia.
2. L’annuncio della parola di Dio Abbiamo detto che anticamente si battezzavano solo gli adulti e che questo sacramento veniva concesso dopo anni di preparazione, fatta specialmente attraverso lo studio della Bibbia. Ammessi al Battesimo anche i neonati, simile preparazione non è più possibile, ma deve aumentare l’impegno della famiglia e della Comunità ad istruire i battezzati. Dopo il ricevimento da parte della Comunità (o appena entrati in chiesa), si leggono dei brani biblici (la Liturgia della Parola) per l’istruzione dei presenti e annuncio delle verità in cui il bambino dovrà essere istruito. Terminate le letture e relativo commento (omelia o predica), si formuleranno delle preghiere a cui tutti risponderanno: “Ascoltaci, Signore”. Le preghiere possono essere seguite da una breve litania in cui s’invocano i santi protettori dei bambini e delle loro famiglie.
3. Il Signore ci liberi dal male Il male è annidato all’origine stessa della nostra natura umana. Chiamiamolo come vogliamo: peccato, mancanza, satana, ecc. .… Il male spirituale è in noi e attorno a noi, perciò viene chiamato anche “peccato originale”; non sta all’origine della storia umana, ma della natura umana. Il Battesimo, essendo promessa ed impegno di vivere il bene, ed essendo un sacramento cioè segno sacro che dona grazia (vita divina), è mezzo per chiedere a Dio che liberi il battezzando dal male, infondendogli la sua stessa vita divina. La richiesta viene fatta attraverso questa preghiera (esorcismo): Dio onnipotente, tu hai mandato il tuo unico Figlio a dare all’uomo, schiavo del peccato, la libertà dei tuoi figli; umilmente ti preghiamo per questi bambini, che fra le seduzioni del mondo dovranno lottare contro il male; per la potenza della morte e della risurrezione del tuo Figlio, liberali dal potere delle tenebre, e rendili forti con la grazia di Cristo, per proteggerli sempre nel cammino della vita. Per Cristo nostro Signore. Amen. Seguono le unzioni con un apposito olio, detto olio dei catecumeni (battezzandi), segno medicinale di fortificazione
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Messaggio tematico
fisica e spirituale. Il celebrante, ungendo ogni bambino, dice: Vi ungo con l’olio, segno di salvezza; vi fortifichi con la sua potenza Cristo Salvatore che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
dicendo: N. io ti battezzo, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. A questa formula non si risponde Amen (che significa: così è, così sia). Tutta la vita del battezzato deve essere l’Amen del suo Battesimo.
4. Preghiera e invocazione sull’acqua 7. La consacrazione In questo momento, e per questo scopo (liberare del peccato originale e donare grazia), viene benedetta l’acqua che servirà al Battesimo. Il bambino si forma nell’acqua (nel ventre della mamma) e la sua nascita è anche un uscire dall’acqua. Anche la sua rinascita spirituale avviene attraverso l’acqua. Ma come? Tutti i popoli, specialmente orientali, riconoscono nel bagno un segno di rivitalizzazione e purificazione. I cristiani hanno preso questo segno dagli ebrei. Perciò anticamente il Battesimo era amministrato attraverso un bagno vero e proprio, per significare morte alla vita pagana (immersione) e nascita alla vita cristiana (emersione). Per i neonati tutto è ridotto ad alcune gocce d’acqua versate sul capo del battezzando, piccolo gesto, ma di profondo significato!
5. Le promesse: rinuncia al male e professione di fede I bambini non sono in grado di comprendere né il Battesimo che ricevono né gli obblighi che comporta. Coloro che per loro chiedono il Battesimo devono sapere cosa domandano e promettono. In particolare: promettono di rinunciare al male. Alla richiesta: “Rinunciate...” ognuno dei presenti risponde: RINUNCIO; rinnovano la propria fede. Alla triplice domanda: “Credete in Dio Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo e nella Chiesa”, ognuno risponde: CREDO. A questa professione di fede, il celebrante dà il suo assenso insieme con la Comunità presente dicendo: Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore. Amen. Il celebrante fa un’ultima richiesta: Volete che N. riceva il Battesimo nella fede della Chiesa che tutti insieme abbiamo professato?. Risposta: SI, lo vogliamo. Attraverso queste domande e risposte, la conferma del Battesimo dei genitori, padrino e madrina e di tutti i presenti.
6. Il lavacro dell’acqua Genitori, padrino e madrina si collocano attorno al battistero e pongono la testa del bambino sopra l’acqua. Il celebrante versa sul capo di ogni battezzando alcune gocce
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Il bambino battezzato è un essere sacro, cioè consacrato a Dio. Per consacrare si usa l’olio profumato (crisma) che anticamente serviva per consacrare i re, i profeti, ed anche oggi serve per consacrare i vescovi, i sacerdoti. Questa unzione è una parte del sacramento della Confermazione che anticamente, quando si battezzavano gli adulti, veniva amministrato subito dopo il Battesimo, unitamente all’Eucaristia (i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana). Questa prassi è ancor oggi mantenuta per il Battesimo degli adulti. Il celebrando ungendo i bambini appena battezzati dice: Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, vi ha liberato dal peccato e vi ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo, unendovi al suo popolo egli stesso vi consacra con il crisma di salvezza, perché inseriti in Cristo, sacerdote, re e profeta, siate sempre membra del suo corpo per la vita eterna. Amen. Il celebrante segna la fronte dei bambini col crisma, perché ogni battezzato è sacerdote, re ed profeta.
8. Ultimi segni e preghiere Il battezzato è diventato una nuova creatura, per significare questa realtà si pone su ogni bambino una veste candida, da cui la parola “candidato” alla vita cristiana, al regno di Dio. Segue l’augurio che la sua vita sia luminosa come la luce che promana dal cero pasquale (simbolo di Cristo), e che viene consegnata al padre accendendo una candela-ricordo dicendogli che spetta ai genitori alimentare la fiamma della fede nel nuovo cristiano. Ultimo segno: il celebrante tocca le labbra e le orecchie del battezzato augurandogli che “il Signore Gesù gli conceda presto di ascoltare la sua Parola e di annunciare la sua fede”.
9. Riti di conclusione Davanti all’altare il celebrante esorta a imprestare la voce ai battezzati per chiamare Dio loro padre invitando tutti i presenti a recitare insieme il Padre nostro. Seguono alcune benedizioni: alle mamme, ai papà e a tutti i presenti.
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È giusto renderti grazie ed esaltare il tuo nome, Padre santo e misericordioso, per Cristo nostro Signore e Redentore. Noi ti lodiamo e ti benediciamo, ti glorifichiamo, per il sacramento della nostra rinascita. Dal cuore squarciato del tuo Figlio, hai fatto scaturire per noi il dono nuziale del Battesimo, prima Pasqua dei credenti, porta della nostra salvezza, inizio della vita in Cristo, fonte dell'umanità nuova. Dall'acqua e dallo Spirito, nel grembo della Chiesa vergine e madre, tu generi il popolo sacerdotale e regale, radunato da tutte le genti, nell'unità e nella santità del tuo amore.
”
Messaggio dal santuario
Sessantesimo anniversario della Madonna Pellegrina no dei sacerdoti che componevano il gruppo dei missionari della Madonna Pellegrina vive ancora e abita nel convento di Orselina. Si tratta di padre Alberto Weingand, cappuccino, classe 1911. Due anni fa la ricercatrice Veronica Carmine ha avuto modo di intervistarlo in merito allo storico evento del 1949. La testimonianza di padre Alberto concerne soprattutto la Grande Visita nelle Centovalli ed è pubblicata nel volume Inattesa memoria1. La presentiamo ai lettori di Messaggero, convinti che anche a due anni di distanza non abbia perso nulla della sua autenticità e della sua freschezza.
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La Madonna giunse in ogni parrocchia del Cantone, portata in automobile e sulla portantina a piedi. Fu un grande evento, tanto che riuscì ad amplificare la devozione mariana e commosse gli animi lasciando traccia indelebile nell’esistenza di numerosi uomini, donne, bambini che poterono assistere al suo arrivo. Se la festa della Madonna nei propri paesi era particolarmente sentita come momento di festa e di comunanza, una Madonna pellegrina per città, paesi, borghi, villaggi destava negli animi maggiore accoramento. Toccata, presa, venerata, pregata in ogni paese. Ogni luogo di arrivo e di partenza accolse questa statua della Madonna del Sasso (divenuta Madonna Pellegrina per l’occasione) come una regina, una figura ultraterrena materializzatasi dopo settimane, giorni, ore di attesa. Madre degli uomini aspettata con tanta devozione, su di essa venivano proiettate speranza, potenza e suggestione.
“La Madonna Pellegrina come tale è unica. Riguardo all’entusiasmo era qualche cosa di veramente grandioso. Era veramente conosciuta, ricevuta, onorata come la mamma della Diocesi. Tutto nasce dall’esigenza di far rivivere un po’ lo spirito cristiano dopo l’avvenimento di terrore della seconda guerra mondiale. In Italia avevano cominciato in diverse Diocesi, anche in quelle qui vicine. Naturalmente questa cosa ha interessato alcuni, tra i quali specialmente i preti, e in modo particolare il direttore del Giornale del Popolo, don Leber”. In accordo con il vescovo Jelmini, don Leber decise di organizzare il pellegrinaggio, proponendo la statua della Madonna del Sasso, visto che appartiene al Santuario cantonale e “perché è amata da tutti i ticinesi, da tutti i cristiani cattolici ticinesi”. Ci fu un incontro con il guardiano del Santuario di allora, padre Pietro da Ascona, il quale, dopo aver discusso con i frati, diede il consenso. Un evento simile implicava ovviamente dei costi. Per evitare le spese alle parrocchie povere furono chiamati dei missionari che si accontentavano di avere vitto e alloggio. La sera del 3 marzo iniziò in modo solenne il pellegrinaggio della Madonna: “Io ho tolto la statua per prepararla e poi l’abbiamo messa sulla portantina che è stata adornata. Poi la processione a piedi fino sopra la strada dove ci aspettava la macchina della Madonna per andare a Morbio Inferiore. Seguivano la macchina del vescovo e tante altre. Io ero nella terza, quindi immediatamente si vedeva la popolazione, tanta gente in ogni paese, prima di tutto qui a Locarno gridavano “arrivederci Madonna” con un gran battere di mani. Era commovente, molti si inginocchiavano. Da parte mia si è capito in modo molto visibile la differenza del popolo tra Sopraceneri e Sottoceneri. Quando siamo arrivati verso Lugano hanno cominciato a battere le mani, “evviva la Madonna”. Gioia. Mentre qui era piuttosto il silenzio e la devozione”. In quei mesi padre Alberto fu attivo per parecchie settimane, scandite da alcuni giorni di pausa e sostituito da altri a turni di circa tre giorni ciascuno, perché, occorre ricordare, che la “breve missione” implicava molte ore di attività e pochissime di riposo: “Don Leber con il vescovo erano d’accordo di fare una settimana con due missionari. Leber e altri preti venivano la sera per le confessioni, mentre i missionari facevano una settimana. Ma neppure la prima settimana si è resistiti, allora si è ridotto a tre giorni e poi il cambio. Era tanto da fare, da predicare, si arrivava la sera, poi le funzioni verso mezMadonna Pellegrina, Ronco sopra Ascona 1949
zanotte, la predica iniziale non lunga per spiegare il perché di questa Madonna Pellegrina, la meditazione, il rosario meditato per il popolo. Non si riposava se non alcune ore, se c’era da riposare. Io nell’insieme ho fatto quasi un mese. Molti si sono stancati prima, i preti in particolare. Invece i cappuccini sono abituati. Per loro questo lavoro non ha inciso così come per i preti che non erano abituati”. Nelle Centovalli il percorso si presentò lungo e, per certi tratti difficile. Così ricorda: “Siamo arrivati ad Intragna come era solito verso tarda ora di sera. Venivamo da Golino e già la gente di Intragna era venuta incontro al confine con la propria parrocchia per accoglierci. Arrivati ho fatto come il solito. La prima era la meditazione, poi il rosario, mentre gli altri confessavano, e poi c’era la messa che si inoltrava quindi fin verso la una o le due, a seconda. Le sere, quando erano finite le funzioni c’erano dei devoti che rimanevano di notte senza che dovessi predicare o raccomandare per le devozioni. Era sentita oltre ogni modo di dire. Le chiese erano zeppe. Anche gli uomini giovani erano in grande numero. Questo bisogna dire, sempre. E poi è cominciata con la Quaresima, quindi il tempo della penitenza, anche nella predicazione si richiamava la penitenza e il ritorno alla buona vita cristiana. Quindi, ero lì ad Intragna, siamo andati a dormire dopo mezzanotte, e al mattino alle sei era già piena la chiesa, c’era così la messa e poi il congedo per portare la Madonna a Palagnedra attraverso la Rasa. La macchina è andata senza Madonna a Palagnedra ad aspettare. Quindi siamo scesi a Corcapolo per fare il sentiero. Volevano togliere la Madonna dalla portantina, che erano in quattro e prenderla in spalla. Io non ho acconsentito. Ero solo perché il prete che era con me non era in forze per fare questo sacrificio a piedi, era un po’ scarso di salute. Quindi lui è andato a Palagnedra con la macchina ad aspettarmi. Ero solo, siamo saliti, io pregavo il rosario, si cantava. Siamo arrivati alla Rasa verso le undici. Si è fatta la funzione, la spiegazione del perché la Madonna, anche lì il rosario intorno alla chiesa e poi la messa; e dopo la Madonna è rimasta esposta. Noi siamo andati in casa parrocchiale per un po’ di riposo e pranzo e poi abbiamo fatto la via crucis come il solito, poi il congedo e avanti dalla Rasa verso Palagnedra. Mi ricordo che era lunghissima, tanto che alla fine ho detto “ma quando finirà questa strada”, dicendo il rosario, ho interrotto per dire “ma quando finirà”! E siamo arrivati finalmente in serata. Quindi quelli di Palagnedra sono venuti incontro come al solito al confine della parrocchia a riceverci e siamo entrati in chiesa per ricominciare la funzione, quindi la predica. C’era il ro-
sario all’aperto ma questo bravo prete che mi aveva aspettato mi dice: “Io questo non lo posso fare, predicare all’aperto non lo posso fare”, e quindi ho dovuto continuare io. Poi si saliva verso qualche casa, che stava un po’ fuori, per predicare. Dopo siamo partiti in processione per dare la Madonna all’altra parrocchia dall’altra parte, a Borgnone. Siamo arrivati con il rosario adagio adagio in modo che a mezzanotte c’era la messa e tutto quanto; c’erano quattro o cinque bambini che avevano fatto la prima comunione, questo mi ricordo. Il fatto sta che io da Intragna fino a quel punto lì ho lavorato ininterrottamente, eccetto quel momento del pranzo. Allora, quando c’è stata la messa e dico “ecco l’agnello di Dio”, ecco, io quasi mi addormento. È mancato poco che cadesse la pisside. Ero talmente stanco, per davvero. Poi abbiamo visitato anche le altre frazioni, e poi al confine, alla dogana svizzera le guardie hanno preso la Madonna e l’hanno consegnata alle guardie italiane e siamo andati oltre il confine per dire due parole di benedizione. Quello è stato il compimento della Madonna Pellegrina nella valle. Poi è stata caricata in macchina e l’abbiamo portata fino ad incontrare la parrocchia del primo paese dell’Onsernone. Ecco quando sono arrivato lì il mio turno era finito”.
Pellegrinaggio diocesano di domenica 6 settembre Dal 3 marzo al 3 luglio 1949 la Chiesa Luganese ebbe la grazia di vivere un’esperienza di particolare intensità attraverso il “passaggio della Madonna Pellegrina” nelle diverse parrocchie del Ticino, con un forte coinvolgimento del nostro popolo. Fu una proposta di preghiera, di ascolto, di conversione, che segnò il cuore della nostra gente e delle nostre comunità. A 60 anni di distanza propongo ai fedeli del Ticino di ricambiare con gratitudine quella visita attraverso un pellegrinaggio diocesano alla Madonna del Sasso, previsto per domenica 6 settembre nel pomeriggio. Per quell’occasione la venerata effige verrà portata in Piazza Grande a Locarno, dove presiederò la Concelebrazione Eucaristia alle ore 15.00. Pier Giacomo Grampa, Vescovo di Lugano 1 Carmine V., Inattesa memoria, Storie di vita nelle alte Centovalli, Fondazione Museo Regionale delle Centovalli e del Pedemonte, Intragna, Tenero 2008, pp. 201-4.
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Messaggio dal santuario
Il nostro santuario, come e perché? entre fervono i lavori di restauro della Madonna del Sasso mi viene spontaneo un augurio: che rimangano entro i tempi stabiliti, i già due lunghi anni, perché spesso lavori del genere si prolungano, aumentando i consuntivi. In questo caso bisognerà ritornare in Gran Consiglio per un aggiornamento della cifra e si risusciteranno inutili polemiche. Ora vorrei riflettere sulla funzione di un Santuario Mariano in questa epoca scristianizzata. Questi pensieri li ho coltivati, ed anche maturati, nel triennio che passai alla Madonna del Sasso, tra il 1979 e il 1982.
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Quando, mio malgrado, fui destinato in quel luogo perché bisognava preparare il quinto centenario del Santuario ed altri lavori di restauro non procedevano solertemente, la prima cosa che feci fu quella di chiedere allo Stato di mettere alla testa dei lavori già in atto un architetto, facendo il nome di Luigi Snozzi. Perché questa scelta? Perché Snozzi era l’unico architetto che aveva studiato il fenomeno dei Sacro Monti. Ci fu qualche resistenza da parte delle Autorità governative, per il colore politico del personaggio, ma alla fine accettarono e, con Snozzi, si lavorò meravigliosamente bene. Il problema allora mi interessò parecchio. Visitai tutti i Sacro Monti dell’alta Italia dove vi sono dei santuari con questa struttura. Grazie agli studi dell’amico Virgilio Gilardoni cercammo di approfondire il senso di un Sacro Monte a Locarno. Si constatò che fu un’opera incompiuta. Già si sapeva che alcune cappelle che ornavano la cima del Sacro Monte, per esempio quella della Crocifissione, erano state distrutte. Il tema dei Sacro Monti mi interessò al punto che intitolai un numero del Messaggero
“Eremo, Sacro Monte e Santuario della Madonna del Sasso”, stabilendo un rapporto tra le tre fisionomie che il luogo nella storia aveva accettato. Inoltre fu organizzata dall’architetto Fontana di Torino una mostra sui Sacro Monti alla Madonna del Sasso. Ma ciò che più mi interessava era la funzione che un Santuario poteva avere già in quell’epoca. Notavo che molte persone lo frequentavano, soprattutto in caso di cattivo tempo. Venivano dai campeggi di Tenero ed evidentemente erano turisti. Pochi erano i veri pellegrini, ed in piccoli gruppi. La stessa devozione della Madonna del Sasso, che era ripresa in Ticino dopo la visita della Madonna Pellegrina (1949), andava scemando. Con il Vescovo di allora mons. Ernesto Togni si pensò di preparare i festeggiamenti del Quinto Centenario attraverso una settimana di presenza dell’effige di Maria nelle Chiese vicariali del Ticino. L’anno dopo (1981/82) vi fu il ritorno dei vari Vicariati al Santuario, ma non mi sembra che la devozione riprese come era nei tempi antichi stando alle cronache. Per questo, quando si trattò di restaurare il convento, l’idea di fondo fu la seguente: perché non aprire un piano del convento, piano inferiore, a gruppi, a parrocchie, che volessero passare e organizzare una giornata di ritiro spirituale alla Madonna del Sasso? I Cappuccini avevano già aperto Bigorio per questo scopo, ma lassù era possibile pernottare, ciò che alla Madonna del Sasso non sarebbe stato pensabile. Ma per una giornata, che poteva iniziare la mattina di un sabato o di una domenica, furono approntate diverse sale del piano inferiore, mentre i frati salirono al piano superiore con il refettorio e le varie celle. Fu inoltre arredata la cripta sotto l’altare maggiore della Basilica, per permettere a questi gruppi di poter raccogliersi in un momento di preghiera e di meditazione, lontani dall’afflusso dei visitatori, anche se la Messa conclusiva di un ritiro poteva essere quella serale in Santuario, animata dai gruppi stessi. Questo era il progetto. Ritenevo personalmente che avrebbe avuto successo se si fosse propagandato nelle Parrocchie, invitando gruppi vari, confraternite, corali, catechisti, cresimandi, gruppi di fidanzati, a usufruire di questa struttura,
avvicinandoli così al Santuario principale della nostra Diocesi. Nel settembre 1982, mentre desideravo ritornare a Lugano dove dirigevo a tempo parziale il consultorio di Comunità Famigliare, fui invece pregato di recarmi a Bellinzona a impiantare nel quartiere nord della città una nuova parrocchia. Lasciai Locarno, ma non lasciai il mio affetto alla Madonna del Sasso, anzi prima di partire feci una promessa alla Vergine: se la parrocchia si fosse sviluppata, mi impegnai a ritornare tutti gli anni con un pellegrinaggio parrocchiale, invitando soprattutto i bambini della Prima Comunione e le loro famiglie. Cosa che sempre abbiamo fatto, eccetto quest’anno, dato che la statua forzatamente si trova in una piccolissima cappella provvisoria, che non conterrebbe il gruppo dei pellegrini che dal Sacro Cuore annualmente scende un venerdì sera di una settimana di maggio alla Madonna del Sasso. Ho presentato queste idee rispolverate da oltre 25 anni perché credo che se non si progetta un futuro di spiritualità, di raccoglimento, di vita comunitaria, in un Santuario come quello di Orselina. si arrischia di diventare e di potenziare soltanto l’aspetto turistico. Tutti gli elementi ci sono: panorama e arte, ma tutto passa attorno a un Convento che – invece - come negli altri Sacro Monti, potrebbe diventare un luogo dello spirito. fra Callisto Caldelari
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Messaggio dall’Ordine Francescano Secolare
Terziari francescani, cosa fanno nelle nostre parrocchie? iamo complessivamente 20 membri che hanno fatto la promessa di vita evangelica (o Professione) nell’Ordine francescano secolare, preceduta, naturalmente, da un periodo di necessaria preparazione. Ci troviamo una volta al mese con il nostro Assistente locale fra Piero Bolchi di Milano per la formazione francescana, seguendo un apposito testo (lo stesso che viene usato anche in Italia) che ogni anno offre spunti sempre diversi sulla spiritualità, gli insegnamenti e la storia francescana. Gli incontri sono sempre ben frequentati e sono preceduti dalla recita del rosario in parrocchia.
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Abbiamo inoltre, durante l’anno, tre incontri di formazione a Bellinzona, assieme alle altre fraternità del Ticino, con il nostro Assistente regionale fra Michele Ravetta:
quest’anno sono stati trattati i temi dei Sacramenti della Riconciliazione e dell’Unzione degli infermi e una catechesi sullo Spirito Santo. Tutti gli anni, in primavera, partecipiamo a un breve ritiro spirituale al Bigorio: quest’anno fra Martino Dotta ci ha coinvolti parlando delle sue iniziative caritative verso i più poveri e gli stranieri. Facciamo riferimento anche al Consiglio regionale, da cui partono belle iniziative. Come fraternità sosteniamo tutti gli anni un Padrinato in Africa e varie opere caritative, nonché i restauri della nostra chiesa, e commemoriamo con le S. Messe le ricorrenze francescane, come pure i terziari defunti.
Ritiro spirituale regionale OFS al Convento del Bigorio Nella cornice francescana del Bigorio iniziamo il nostro ritiro con la guida di fra Martino che ci introduce nell’area francescana con la “Preghiera di S. Francesco” per eccellenza: “Onnipotente, santissimo, altissimo sommo Dio, ogni bene, sommo bene, tutto bene, che solo sei buono, a te rendiamo ogni lode, ogni gloria, ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e ogni bene. Fiat, Fiat.” Questa preghiera ci indica l’esperienza di credente di Francesco: conformarsi sempre più a Cristo. La presenza di Dio è annunzio, per Francesco, di tutto il bello, il buono nel mondo: tutto è Dio. E’ la rivoluzione portata da Francesco nel mondo. Segue la sua spogliazione e la sua rimessa al “Padre mio nel cielo”. Un interrogativo per noi: la nostra vita evangelica, fraterna, è testimonianza autentica del vangelo? La risposta la troviamo ancora in
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Francesco. La sua ammirazione, meditata e umile, non per un scelta personale appagante, ma la scelta di Dio fino all’esperienza mistica, consapevole sempre di dover restituire tutto a Dio. Siamo solo amministratori, non possessori. Perciò ci deve essere il radicale cambiamento dei valori, dalla carità alla condivisione, al perdono, al dono all’altro, alla fratellanza. Questo per essere lievito nel
mondo, come ci richiama la nostra vocazione (Regola). Essere cristiani umani (Bonhöffer). La seconda testimonianza di Francesco è centrata nel commento del “Padre Nostro”. Francesco, illuminato dal Vangelo, riproduce la vita apostolica nella propria vita. Le sue energie, sensibilità, corporeità, tutto l’assieme è una corrente che trascina
Alcune nostre aderenti collaborano assieme ad altri volontari alla pulizia della chiesa parrocchiale, altre al buon funzionamento e preparazione della chiesa di S. Pietro per le sacre funzioni, al catechismo della Prima Comunione e della Cresima e attività varie, ognuno secondo le proprie possibilità. Per la “Giornata mondiale del malato”, voluta da Giovanni Paolo II l’11 di febbraio, inviamo un biglietto con la Benedizione di S. Francesco e portiamo un dono ai malati della nostra parrocchia, sia a domicilio, sia negli ospedali, visite che sono molto apprezzate. Offriamo inoltre un dolce a tutti gli ospiti dell’Istituto S. Filomena.
composto dalla ministra (ministro: colui che serve), la vice-ministra e tre consiglieri. Inoltre, la giornata della “Preghiera perenne”, affidata all’Ordine francescano secolare del Ticino, sarà tenuta quest’anno nella nostra parrocchia il 14 giugno. Le fraternità locali sono punti di partenza, per una fratellanza che va dagli aspetti semplici della vita, fino a raggiungere impegni di più vasta portata, ovunque ci siano dei fratelli ai quali donare la propria testimonianza di fede e di amore. Auspichiamo l’entrata di nuovi membri, anche maschili, per il bene e il futuro della Fraternità.
Da poco abbiamo rinnovato, secondo le nostre Costituzioni, per il prossimo triennio, il Consiglio di fraternità
Clemens Della Casa
gli altri, convince e testimonia (FF 1178). La povertà, la sua Madonna Povertà, non esclude il materiale, il cuore, lo spirito, la dipendenza dagli altri, ma sempre nella restituzione dei beni a Dio in una forma completa, di umiltà con Dio Padre. I rapporti con le creature vengono cambiati, i messaggi sono di perdono, di elementi positivi, favorevoli, fraterni (frate sole, sorella acqua, ecc.). Tutta la creazione ci accompagna nella salita verso Dio. Il concetto della solidarietà francescana non è solo distribuire i beni, ma il riconoscimento dapprima del fratello e della sorella, il vedere in loro il volto di Cristo. Esperienza spirituale profonda: Cristo nell’altro, in chiunque altro (il lebbroso). Incontro umano, spirituale, di credente, per mantenere l’equilibrio, per amare
con il “metodo di Dio”. Non con forme devozionali. Dimenticare se stessi non vuol dire lasciarsi schiacciare, ma stabilire nuove scale di valori. Francesco incontra il lebbroso e lo bacia (FF 110). Misericordia mi chiede il Signore! Esperienza essenziale di fede anche per noi (FF 1408). Il lebbroso è il Cristo sofferente:
comprende sia l’impegno spirituale ma anche quello umano, con l’impatto affettivo con l’altro, ciò che non è sempre scontato, facile. Il francescanesimo ci offre un’opportunità realistica, anche difficile, ma il sostegno è Dio. Franca Humair
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Conoscere Francesco
La ‘discrezione’ di Francesco l brano che voglio presentare proviene dalla raccolta nota come “Specchio di perfezione”, scoperta e pubblicata nel 1898 dal pastore protestante Paul Sabatier. Egli riteneva molto importante quest’opera, che datava al 1227 o 1228, anche perché – secondo lui – essa riflette la preziosa testimonianza di frate Leone, compagno di Francesco, contrariamente all’opera del Celano, il quale si era fatto fin troppo cassa di risonanza di papa Gregorio IX e di frate Elia. Il merito del Sabatier resta comunque intatto, anche se oggi si sa che la data proposta dallo studioso francese è frutto di un’errata trascrizione di un copista, che scrive una X al posto di una C (MCCXXVIII invece di MCCCXVIII).
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Leggiamo innanzi tutto il testo, nella traduzione di Vergilio Gamboso e Simpliciano Olgiati.
“Come rimproverò i frati che volevano seguire la via della loro sapienza e scienza, e predisse loro la riforma dell’ordine e il ritorno allo stato primitivo” Trovandosi il beato Francesco al capitolo generale presso Santa Maria della Porziuncola – questo capitolo fu chiamato delle stuoie, perché non vi erano abitazioni se non quelle fatte di stuoie, e in esse furono presenti cinquemila frati, moltissimi frati sapienti e istruiti si recarono dal cardinale di Ostia, che si trovava là, e gli dissero: “Signore, vogliamo che voi persuadiate frate Francesco perché segua il consiglio dei frati sapienti e consenta talvolta di essere guidato da loro”. E citavano la regola del beato Benedetto, quelle di Agostino e di Bernardo che insegnano a regolare la vita religiosa così e così. Tutte queste cose riferì il cardinale al beato Francesco in tono di ammonizione. Il beato Francesco, senza rispondere nulla, lo prese per mano e lo condusse tra i frati riuniti a capitolo, e così parlò ad essi in fervore e forza di Spirito Santo: “Fratelli miei, fratelli miei! Il Signore
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mi ha chiamato per la via della semplicità e dell’umiltà, e questa via mostrò a me nella verità per me e per quelli che intendono credermi ed imitarmi. Di conseguenza, non voglio che mi nominiate nessuna Regola né di san Benedetto, né di sant’Agostino, né di san Bernardo, né alcun’altra via e forma di vita, se non quella che dal Signore mi è stata misericordiosamente mostrata e donata. Il Signore mi ha detto che io dovevo essere come un novello pazzo in questo mondo, e non ci ha voluto condurre per altra via che quella di questa scienza. Dio vi confonderà proprio per mezzo della vostra scienza e sapienza. Io confido nei castaldi del Signore: per loro mezzo Dio vi punirà. E allora tornerete al vostro stato, lo vogliate o no, con vostra vergogna”. Molto rimase stupito il cardinale, e niente rispose; e tutti i fratelli furono pieni di grande timore.” (FF 1761)
La proposta dei frati dotti Non possiamo ovviamente sapere se il fatto raccontato sia realmente avvenuto o no, ma senz’altro esso è molto significativo per capire il travaglio di Francesco di fronte alla crescita, forse eccessiva, del numero di frati, ma soprattutto di fronte alla clericalizzazione o monasticizzazione (mi si consenta il brutto termine) della primitiva fraternità. Difatti – come dice il testo – “moltissimi frati sapienti e istruiti” si recano dal cardinale di Ostia, protettore dell’Ordine, per cercare di persuadere Francesco ad accettare il nuovo corso in atto dell’Ordine, ed a seguire “il consiglio dei frati sapienti”, e consentire “talvolta di essere guidato da loro”. Se realmente avvenuto, il cosiddetto Capitolo “delle stuoie” può essere datato o nel 1219 (con la presenza del cardinale Ugolino), o nel 1221 (presente il cardinale
Capocci). Ma appare alquanto difficile pensare che fossero già presenti, in queste date, così tanti frati, pur se alloggiati in povere stuoie.
La risposta di Francesco Alle proposte del cardinale, pur se esposte “in tono di ammonizione”, Francesco non risponde, ma invita il prelato a recarsi con lui dai frati riuniti in Capitolo. La lezione che ricevono sia il cardinale sia i cosiddetti frati sapienti o istruiti, appare molto secca e dura. Francesco è consapevole di aver dato l’avvio ad una nuova “forma di vita” religiosa, e attribuisce questa scoperta al Signore stesso, che lo ha chiamato “per la via della semplicità e dell’umiltà”. Egli, quindi, intende seguire questa via, anche a costo di essere ritenuto un pazzo, anzi un “novello pazzo” nel mondo dei cosiddetti benpensanti. Per lui, allora, la nuova via della perfezione spirituale non può essere né quella dei monaci di san Benedetto o di san Bernardo, né quella dei canonici di S. Agostino. Francesco – davanti al cardinale e ai frati ammutoliti per questa sua decisa presa di posizione – rincara ancora la dose minacciando, se del caso, l’intervento dei demoni, presentati quali “castaldi del Signore”. Cosa concludere? Francesco, persuaso di aver dato origine ad una “fraternità”, avrebbe forse preferito che il gruppo dei suoi fratelli seguisse la strada evangelica di una vera fraternità. Ma purtroppo, pur se a malincuore, avrà dovuto accettare che i suoi sogni sfociassero in un Ordine di carattere più giuridico che fraterno. fra Riccardo Quadri
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Dieci minuti per te
Essere e agire insieme i sono proposto di offrire anche ai lettori del «Messaggero» questa breve riflessione sull’essere e sull’agire insieme. E’ un tema che affronto regolarmente nel contesto dei gruppi di meditazione, per evitare il fraintendimento di chi interpreta la meditazione come un modo di chiudersi in sé stessi e di isolarsi dagli altri. Del resto, già i padri del deserto conoscevano questo pericolo, e ne mettevano in guardia i loro discepoli. Il loro ritirarsi nel deserto era sicuramente un «fuggire» il mondo, ma per ritornare verso i fratelli carichi di nuova luce ed energia. Gesù stesso si ritirava in luoghi solitari, solo con il Solo, per attingere forza e luce alla sua missione nell’incontro col Padre. Anche Francesco conosce periodi d’intensa solitudine e silenzio, ma poi ritorna verso i fratelli con la parola di Dio in mano: «il Signore mi ha detto», «l’Altissimo mi ha rivelato». L’essere e l’agire insieme è parte integrante del mistero della vita. Anzi, è il fondamento stesso su cui la vita si costruisce. Fin dal suo concepimento, il bambino è insieme e interagisce con la madre. Cresce nel suo grembo in virtù di una relazione vitale con lei. Poi c’è la famiglia, ci sono i genitori, i fratelli, le sorelle, i nonni, gli zii. In seguito arrivano i compagni di scuola, il quartiere, la parrocchia, il paese, i gruppi di svago e d’interessi condivisi, gli amici, il lavoro. Ma ci sono anche gli alberi, gli animali, il cielo stellato, l’universo che ci circonda, nel quale ci muoviamo e respiriamo. La vita è questo processo di relazione interdipendente, nei confronti del quale siamo tutti debitori. E’ un’esigenza che s’iscrive nel processo stesso della vita. Siamo creature e, fin dal nostro apparire in questo mondo, viviamo, agiamo e cresciamo in virtù di un costante rapporto d’interdipendenza con i nostri simili e con l’infinita molteplicità del creato. L’interazione e l’interdipendenza sono costitutive dell’universo nel quale viviamo. Nella tradizione buddhista, questo aspetto viene talmente sottolineato da indurre qualcuno a credere che il buddhismo neghi l’esistenza stessa dell’anima. In realtà, ciò che il buddhismo nega è l’esistenza di un’anima indipendente. In termini affermativi, anatta – il «non-sé» – significa che tutto esiste in virtù dell’interdipendenza. L’anima esiste, ma nasce e sopravive grazie a un processo ininterrotto di relazione con le infinite componenti dell’universo. Il motore che pone in essere e muove tutte le cose è l’interdipendenza. Scrive il monaco buddista Thich Nhat Hanh: «Il buddismo ci insegna a guardare le cose nella loro natura di inter-essere e di co-originazione dipendente. Facendolo, ci liberiamo da un mondo in cui ogni cosa sembra avere un’identità separata». Il frutto che ne nasce è prezioso. Infatti, «la mente che vede le cose nella loro natura di inter-essere e di co-originazione dipendente è chiamata la mente della comprensione non discriminante».
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Questa mente non si attacca morbosamente alle proprie opinioni, perché «comincia a vedere in trasparenza che la verità si trova nella vita e non nella semplice conoscenza intellettuale».1 Non abbiamo, dunque, un’identità separata. Il nostro «io», la nostra personalità, è una realtà generata dall’interazione con gli altri e con le cose. Cambiamo e ci rigeneriamo in continuazione. Viviamo e ci costruiamo in virtù di un processo d’interdipendenza che chiama in causa tutto ciò che esiste. Di conseguenza, tutta l’arte del vivere e del vivere bene dipende essenzialmente dalla nostra capacità di assumere consapevolmente e di fare nostra questa dinamica della vita. E’ in virtù di questo processo che oggi siamo ciò che siamo, ossia diversi da ciò che eravamo ieri, e domani saremo diversi da ciò che siamo attualmente. Se l’interdipendenza è il fondamento di tutto ciò che esiste allora, per vivere bene, dobbiamo aprirci con gratitudine e consapevolezza agli altri e a ogni cosa. Questo è il senso dell’incontrarci con gli altri, dell’aprirci ad essi con simpatia e gratitudine. E’ anche il senso dell’ascoltarci reciprocamente, del condividere e dell’agire insieme. Cosa tutt’altro che scontata o facile, perché ogni incontrarsi è anche un valido motivo per scontrarsi e per escludersi a vicenda. Ci vuole molto tatto, agilità e consapevolezza se vogliamo evitare lo scontro che mortifica, per favorire, a partire dallo scontro, l’incontro che ci arricchisce, dotandoci di nuove capacità di comprensione, intelligenza e amore. E’ sempre in questa prospettiva che Thich Nhat Hanh parla di un dialogo compassionevole. Il dialogo compassionevole nasce dalla simpatia per l’altro. In virtù di questo atteggiamento cerchiamo di entrare nelle ragioni dell’altro e di capirle. Scrive Thich Nhat Hanh: «L’atteggiamento di apertura e non attaccamento alle opinioni crea rispetto per la libertà altrui. La libertà è un diritto fondamentale di ogni essere umano; di tutti e non solo di qualcuno. Per poter rispettare la libertà altrui, dobbiamo liberare noi stessi dall’attaccamento e dal fanatismo e aiutare gli altri a fare lo stesso. Come possiamo aiutare noi stessi e gli altri? Col dialogo compassionevole. Il dialogo compassionevole è l’essenza dell’azione non violenta, ossia di ahimsa. Ahimsa comincia con l’energia della tolleranza e con la gentilezza amorevole, che si esprimerà con la parola gentile, compassionevole e intelligente, l’unica che può commuovere i cuori delle persone. Poi si sposta nel campo delle azioni, per creare una pressione morale e sociale verso il cambiamento. La comprensione e la compassione devono essere la base per l’azione non violenta. Le azioni provocate dalla rabbia, dall’impazienza e dall’odio non si possono chiamare non violente».2 Le parole di Tich Nhat Hanh sono tanto più pregnanti e si-
gnificative se si pensa al contesto nel quale furono scritte. Esse risalgono agli anni ’60, ossia al periodo in cui la guerra infuriava nel Vietnam, seminando divisioni, odio e violenza. In quegli anni, Thich Nhat Hanh fondò l’Ordine dell’Inter-essere, Tiep Hien. Con riferimento alla guerra del Vietnam e alla nascita dell’Ordine dell’Inter-essere, scriveva: «I peggiori nemici del buddhismo, ma anche di ogni altra religione e dell’umanità, sono il fanatismo e la chiusura mentale. La distruzione delle vite e dei valori morali durante la guerra del Vietnam è stata davvero il frutto del fanatismo e della chiusura mentale. L’Ordine del Inter-essere nacque in quella situazione di estrema sofferenza, come un fiore di loto che nasce in un mare di fuoco. Inserito in questo contesto, esso è sorto come la voce compassionevole
talenti altrui, ma anche in virtù della loro diversità, dei loro limiti e delle loro imperfezioni. Se sappiamo accostarci a essi con attenzione e rispetto, ci rendiamo conto che, in rapporto alla nostra crescita, i limiti e i difetti altrui possono risultare addirittura più fecondi delle virtù che ammiriamo negli altri. Spesso, poi, i limiti e le imperfezioni degli altri fanno da specchio a noi stessi. Se evitiamo il giudizio affrettato e la critica superficiale, finiamo per conoscere meglio noi stessi. Allora, i limiti e i difetti degli altri sono per noi un’occasione e un aiuto per crescere e migliorare. Certo, ci vuole umiltà, semplicità e concretezza. Per questo Gesù ci esorta, in Mt 7,3-5: «Perché stai a guardare la pagliuzza che è nell’occhio di un tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello:
del Buddha in un oceano di odio e di violenza». Ma non c’è bisogno della guerra del Vietnam o di altre guerre per capire l’importanza dell’inter-essere. La vita ci fornisce continue occasione per allenarci nell’arte del dialogo, dell’apertura all’altro, della simpatia e della non violenza. Le occasioni di scontro non mancano mai, ma se siamo consapevoli della legge dell’interdipendenza di tutte le cose, questi stessi scontri diventano occasione per crescere e imparare. E’ così che ci armiamo di sentimenti di gratitudine, di simpatia e di stima reciproca, invece di chiuderci gli uni agli altri e al senso più genuino della vita. Per arrivare a questo, però, occorre anzitutto capire che noi cresciamo, sì, in virtù delle qualità, della comprensione e dei
“Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio hai una trave? Togli prima la trave dal tuo occhio: allora ci vedrai bene e potrai togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello»? Sono parole di estrema saggezza che, ricordate e vissute, non solo qualificano il nostro rapporto con gli altri, ma ci portano a vivere da persone sempre più adulte e concrete, ma anche serene e felici. fra Andrea Schnöller 1
Thich N. Hanh, Respira! Sei vivo, Ubaldini, Roma 1994, pp. 153-154. 2 Ivi, pp. 154-155
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Messaggio biblico
In principio... Dio! uando a scuola iniziavo a spiegare la Bibbia mi divertivo con questa piccola indagine: scrivevo sulla lavagna alcuni nomi biblici: Davide, Mosè, Enoc, Noè, Giuditta, Salomone, Adamo, Paolo, Abramo, ecc... e poi chiedevo ai miei allievi di scuola superiore (liceo, magistrale) di metterli in ordine secondo la loro apparizione nel Sacro Testo. Normalmente tutti riuscivano a scegliere Adamo come l’apripista, ma dietro a lui, il caos; per gli altri nomi era ben difficile che allievi, pur del liceo, sapessero formare una lista cronologicamente esatta. Vorrei fare questa prova anche con voi che mi leggete, evidentemente non per rimproverarvi se non sapete ordinare questi nomi secondo la data della loro apparizione nella Bibbia, ma per esortarvi a perseverare in questa lettura, perché al termine di questa serie d’articoli (non so nemmeno quanti saranno perché la Bibbia è un Libro immenso) forse sarete in grado di poter far ordine nella vostra testa riguardo a questi personaggi.
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Quando noi parliamo di Bibbia subito ricordiamo coloro che furono chiamati i pro-genitori, Adamo ed Eva. Ma prima di loro la Bibbia, nel libro chiamato Genesi (che vuole appunto dire generazione iniziale), ci parla della creazione e, dopo di loro, di Caino ed Abele, del diluvio universale, della torre di Babele, ecc. Tutte queste pagine formano gli undici capitoli che contengono il cosiddetto “racconto delle origini” e precedono la nascita del popolo ebreo che avverrà con Abramo. Questi primi testi hanno evidentemente un significato speciale; ma quale? Il racconto delle origini intende situare questo popolo nella storia universale dell’umanità vista fin dai suoi inizi. Non pretendono sicuramente di essere una storia come la scriveremmo oggi, questi quadri sulla formazione del modo e sui primi uomini descrivono la nostra vocazione e anche l’essenziale del nostro dramma, ciò che vi è nel più profondo degli esseri e della loro storia. Nella “Bibbia della Civiltà Cattolica” (uno dei commenti che useremo per questi articoli, testo purtroppo esaurito), si legge infatti: “questi undici capitoli descrivono il nostro legame con Dio, proveniente dalla creazione, un legame che non potremmo mai perdere, descrivono il peccato e la morte, lo scandalo delle nostre divisioni, la nostra responsabilità e la nostra libertà, il nostro essere chiamati alla salvezza”. La tradizione, lo sappiamo, ha composto questi racconti utilizzando immagini ricorrenti nella mitologie dei popoli circostanti ma ha saputo trasformarle profondamente per mettere in rilievo, ed è qui la sua originalità, la fede in un
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Dio unico e il vero ritratto dell’uomo che esce dalle Sue mani. Ma come inizia questo libro della Genesi? Inizia con questa frase grandiosa: In principio Dio creò il cielo e la terra. Siamo ributtati indietro, alle origini del tempo e della storia! E chi vi troviamo? Una persona, Dio. Ma questo Dio non è inerme, non è beato nella sua immensa solitudine. Ma opera, crea, dà vita, dona quell’esistenza che Lui possiede, la dona ad altri, al cielo e alla terra e tutto quello che in essi si contiene. All’inizio di un grande Libro, una grande presenza! La presenza stessa di Dio creatore. Poi il “racconto” continua con un cantico di sei strofe, facilmente riconoscibili perché tutte terminano con questo versetto: Venne la sera poi venne il mattino: primo giorno (secondo... terzo... sesto giorno). Questa disposizione, certo non casuale, ha un carattere evidentemente pedagogico: si propone infatti di aiutare la memoria del narratore e degli ascoltatori. La cosa è talmente chiara che non è davvero il caso di ostinarsi sulla questione dell’ordine in cui si succedono le singole opere della creazione, altrimenti il racconto diventerebbe assurdo e ridicolo; infatti - per esempio - il primo giorno Dio crea la luce e solo il quarto giorno il sole e la luna e le stelle. Allo scrittore sacro non interessava affatto di presentare una esatta successione delle varie ere geologiche, ma c’erano motivi religiosi e pedagogici che lo spingevano a raccogliere la molteplicità dell’opera creatrice di Dio in un schema intuitivo e facile a ricordarsi. Non bisogna perciò desumere dal racconto della creazione più di quanto l’autore stesso ha voluto dire. Una legge fondamentale per una sana esegesi è di non cercare mai nella Sacra Scrittura una risposta ai problemi che lo scrittore sacro ignorava, o che per lui non presentavano un interesse. Ma perché si parla di cielo e terra e non si usa la parola “mondo”? A noi sarebbe suonato meglio in principio Dio creò il mondo o l’universo. Nell’antico ebraico non si conosce un termine che equivalga alla parola “mondo” e quindi si usano delle parafrasi quali cielo e terra, oppure cielo, terra, mare e ciò che è in essi. Quello che noi chiamiamo mondo dunque è creato da Dio, in principio; ciò significa che l’essenza del mondo sta nell’essere creatura divina; questa affermazione è valida per ogni tempo.
E che cosa significa “creare”? Il catechismo di un tempo rispondeva: “creare vuol dire fare dal nulla”. Ma fare che cosa? Tutto quello che esiste. Oggi questa spiegazione è forse fuorviante. Creare non significa che un giorno Dio si mise a fare tutto quello che esiste, così come oggi esiste, ma che Dio, dopo aver dato l’impulso iniziale e dopo aver stabilito le grandi leggi naturali, ancora oggi continua a sorreggere, attraverso il suo amore, e a portare a compimento lungo i secoli tutto quello che c’è. Nella parola “creare” vi è dunque un concetto molto ampio che comprende quello che noi oggi chiamiamo provvidenza, destinazione, sostentamento. Soltanto così, ampliando il concetto ed arricchendolo di molti impegni, noi possiamo capire la grandezza dell’opera divina. Inoltre non dimentichiamo mai che l’uomo è stato da Dio chiamato ad essere pro-creatore con Lui, cioè corresponsabile di tutta la creazione, accompagnatore del creato verso il suo ultimo fine. Tre sono dunque i concetti che in questa frase In principio Dio creò il cielo e la terra vanno valorizzati. Il concetto tempo: in principio, noi piccoli uomini dalla vita di breve durata siamo invitati a ritornare alle origini stesse del tempo, quasi per farci capire che l’esistenza del creato non va misurata con i nostri anni, i nostri secoli, ma si perde nell’ “inizio delle cose”. Parlare di milioni, miliardi di anni.... è ancora un parlare di tempo! La Bibbia parla più semplicemente, ma anche più profondamente di un principio, spiegando la struttura di questo cantico che è registrato nel primo capitolo della Bibbia e sconfina anche nei primi versetti (1-4a per esattezza) del capitolo secondo. Questo inno è diviso in sette strofe corrispondenti ai sette giorni che poi formano la base della nostra settimana. Nel primo giorno viene creata la luce, nel secondo giorno vi è la separazione delle acque superiori dalle acque inferiori, nel terzo giorno la separazione del mare e della terra con le piante, e questi tre giorni formano una prima terna. Il quarto giorno vengono creati sole, luna e stelle, nel quinto giorno uccelli e pesci, nel sesto giorno gli animali della terra e l’uomo; seconda terna. Da questa disposizione ternale vediamo subito che vi sono dei rapporti fra i giorni della prima e i giorni della seconda terna. La prima terna possiamo chiamarla la terna della prepara-
zione dell’ambiente: nel primo giorno si crea la luce per permettere di fare tutte le cose, nel secondo giorno si crea la separazione delle acque superiori dalle acque inferiori secondo la mentalità del tempo, nel terzo giorno la separazione dal mare della terra con la creazione delle piante. La seconda è la terna del riempimento degli spazi preparati, della decorazione; nel quarto giorno lo spazio preparato nel primo viene occupato dal sole, dalla luna e dalle stelle. Nel quinto giorno nelle acque superiori volano gli uccelli e nelle acque inferiori guizzano i pesci. Nel sesto giorno sulla terra vengono creati gli animali e infine l’uomo. Dopo le due terne vi è una strofa tutta dedicata al settimo giorno, giorno importante, che Dio dichiara “mio”. E come le prime note di questa sinfonia introducono meravigliosamente a tutto il racconto della creazione, le ultime note del cantico formano un finale maestoso, d’un fascino tutto particolare. Leggiamo rispettando gli a-capo: Così Dio completò il cielo e la terra e ciò che vi si trova: tutto era in ordine. Il settimo giorno terminata la sua opera, Dio si riposò. Il settimo giorno aveva finito il suo lavoro; Dio benedisse il settimo giorno e disse: “E’ mio!” Quel giorno si riposò dal suo lavoro; tutto era creato. Questo è il racconto delle origini del cielo e della terra quando Dio li creò. Notate in queste strofe il bel intercalare di concetti che si ripetono per sottolineare dei messaggi: “settimo giorno”, “completò - creò” , “cielo e terra - la sua opera - il creato”, ed infine per due volte “si riposò”. Dunque, Dio, il settimo giorno, dopo aver creato e completato la sua opera, dopo aver dichiarato “il mondo è mio”, si riposò.
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Appunti di vita ecclesiale Vedremo, quando commenteremo le “Dieci Parole” (i comandamenti) come sono registrati nel libro dell’Esodo, che nel terzo di questi precetti Dio stesso dirà: Io, il Signore, ho fatto in sei giorni il cielo, la terra e il mare e tutto quello che contengono, ma poi mi sono riposato il settimo giorno; per questo ho benedetto il giorno di sabato e voglio che sia consacrato a me. Questo racconto “della creazione”, evidentemente, non è un racconto scientifico; se lo credessimo tale - lo abbiamo già detto - cadremmo nel ridicolo: viene infatti prima creata la luce e poi il sole, la luna e le stelle che la sprigionano. È un inno, un canto, una poesia che ha dei fini ben precisi, il primo fra tutti quello di dimostrare che il sole non è Dio, la luna non è una dea, che nessun albero può vantare di essere una divinità, nessun animale può essere adorato come idolo, nemmeno l‘uomo, anche se assomiglia a Dio, ma tutto è stato creato, voluto, tutto viene conservato e guidato da l’unico Dio. Quindi il vero scopo del cantico della creazione è una grande confessione monoteistica: Adorerai un solo Dio, Creatore e Signore del cielo e della terra, scopo che ci permette di capire l’attualità di questa prima pagina della Bibbia. All’uomo moderno che è tentato di ateismo, il richiamo all’unicità di Dio può tornare utilissimo; anche se di veri atei forse non ce ne sono più, perché coloro che non adorano un Dio spirituale e trascendentale arrischiano di adorare parecchi altri idoli materiali. Infatti anche nel linguaggio comune l’aggettivo “divino” quanto viene sprecato! E al di là di un immeritato elogio questo spreco denuncia che l’uomo vuole attribuire ai suoi “divi” e alle sue “dive” quel culto e quell’adorazione che la Bibbia chiede di riservare a l’unico vero Dio. Vincere questo divismo vuol dire rimettere le cose al proprio posto, vuol dire assumersi la propria responsabilità di fronte al creato senza l’esaltazione pericolosa per nessuna creatura, ma senza nemmeno degradare gli animali e le piante ad esseri di infima categoria sui quali l’uomo può premere con tutto il peso del suo autoritarismo. Aveva ben compreso questo primo capitolo della Genesi Francesco d’Assisi che ce ne ha lasciato uno dei più bei commenti nel suo meraviglioso Cantico delle Creature.
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Accordo finanziario tra le chiese vodesi La Federazione ecclesiastica cattolica romana del canton Vaud (FEDEC-VD) e la Chiesa evangelica riformata del canton Vaud (EERV) hanno concluso un accordo, approvato dalle rispettive assemblee e valido per gli anni 2009-2014, per fissare i contributi finanziari versati dal Cantone di Vaud alle Chiese e che per motivi storici erano squilibrati a danno della comunità cattolica. Con la nuova Costituzione cantonale, approvata il 14 aprile 2003, il popolo vodese ha attribuito lo stesso statuto giuridico alle due Chiese storiche, ponendole su un piede di eguaglianza: l’accordo tra le Chiese prevede che il sussidio statale alla EERV sarà progressivamente ridotto a favore della FEDEC-VD. Per l’anno 2009, il contributo statale alla comunità cattolica è stato fissato in fr. 23,3 milioni e per la massima parte serve alla retribuzione del personale (preti e laici). In una dichiarazione comune le Chiese vodesi osservano che “il cammino non si ferma qui. Dobbiamo ancora continuare e aumentare la collaborazione sul terreno per il bene di tutti. Non si tratta tanto di preservare i nostri diritti quanto di dare il nostro contributo quali componenti attive per la società vodese del XXI secolo. (…) Le leggi che ci regolano prevedono per il futuro una necessaria collaborazione, attraverso compiti esercitati in comune. E’ un riconoscimento pubblico di una collaborazione antica. Ma è anche un allargamento di essa con la istituzione di consigli ecumenici dove agenti pastorali cattolici e ministri riformati lavorano assieme, in sussidiarietà, nell’adempimento della missione fondamentale delle Chiese cristiane che è di portare la luce di Cristo a tutti”.
Preparare al pluralismo religioso Le edizioni ENBIRO (Enseignement Biblique et Interreligieux Romand) di Losanna, da anni prepara testi e sussidi per l’insegnamento religioso nelle scuole dei Cantoni romandi, tenendo conto del pluralismo religioso ormai diffuso in Romandia. Lo scorso dicembre hanno presentato una nuova collezione, dal titolo “Alla scoperta delle religioni” che si propone di aiutare i giovani a capire la complessità religiosa e sociale per la presenza delle diverse confessioni cristiane, l’aumento della presenza musulmana e dei nuovi gruppi religiosi (indù, buddisti, ecc.) o di chi non appartiene ad alcuna. Secondo i compilatori dei testi, presentare la pluralità del fenomeno religioso permette anche di rendere più viva la memoria della tradizione giudeo-cristiana e prepara i
I cappuccini in Svizzera tedesca I cappuccini vogliono regalare gli edifici del vecchio convento lucernese di Schüpfheim, fondato nel XVII secolo, alla fondazione Sonnehügel per essere certi che sarà ancora destinato a scopi sociali. Dal 1993 una associazione gestisce nel convento una “Casa di ospitalità”, offrendo un ricovero a persone in situazioni difficili. Tuttavia gli stabili necessitano di investimenti calcolati in circa due milioni di franchi per mantenere la struttura primitiva; un aiuto da parte del canton Lucerna sembra essere garantito. Il convento di Altdorf, primo convento cappuccino a nord del San Gottardo, fondato nel 1581 per indicazione di san Carlo Borromeo, è stato chiuso: peccato! Attualmente i cappuccini di lingua tedesca attivi in Svizzera sono 150 e vengono concentrati nei sette con-
venti più importanti (Appenzello, Briga, Mels, Rapperswill, Olten, Soletta, Wil e Zurigo); inoltre 18 frati sono attivi come missionari in Africa e in Asia.
Nuovi luoghi di preghiera Sulle autostrade svizzere esiste solamente la cappella di preghiera nell’area di servizio, direzione sud, prima del San Gottardo: è stata costruita dieci anni fa, da una fondazione, ed è aperta ogni giorno dalle 7 alle 20. Recentemente è stata dotata di un impianto che permette di ascoltare musica, di proiettare immagini e di ricevere informazioni religiose. In Germania si contano 32 luoghi di culto lungo le autostrade e sono visitate da almeno un milione di persone ogni anno. Un nuovo luogo di preghiera e di meditazione è stato recentemente realizzato all’aeroporto di Kloten, per essere a disposizione nella zona “non-Schengen”, dove molte persone in transito desideravano un luogo di silenzio e di solitudine. Nella realizzazione sono state coinvolti, oltre che rappresentanti cristiani (che gestiscono lo spazio) anche rappresentanti ebrei e musulmani; sul pavimento sono indicate le direzioni della Mecca e di Gerusalemme e naturalmente è presente una croce. Numerosi sono ormai i luoghi di meditazione e di preghiera in stazioni ferroviarie e grandi magazzini, specialmente nella Svizzera tedesca, mentre sono rari nella Svizzera romanda, dove le Chiese protestanti preferiscono specializzare, con attività particolari, edifici ecclesiastici già esistenti.
Centro Cattolico Radio e Televisione (CCRT) Il Centro Cattolico Radio e Televisione (CCRT) è stato fondato nel 1958 per produrre i servizi religiosi presso la Radio e la Televisione della Svizzera romanda, in collaborazione con l’istituzione analoga protestante MédiasPro; ha lo statuto di una associazione riconosciuta dalla Chiesa cattolica che ne assicura la metà del fabbisogno (nel 2009 di 1,18 milioni di franchi) e occupa una dozzina di collaboratori che lavorano nelle radio e televisione pubbliche. André Kolly, direttore dal 1988, sarà a fine anno sostituito da Bernard Litzler, teologo e giornalista di 53 anni, attualmente redattore capo del settimanale “Echo-Magazine”. Oltre alle trasmissioni radiofoniche o televisive delle Sante Messe, il CCRT cura diversi servizi R-TV e la rubrica “Juste ciel” e rappresenta un luogo di riferimento per la riflessione e di formazione sui media. Alberto Lepori
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Messaggi dal mondo della chiesa
giovani a vivere il confronto con le persone di diverso credo in un clima di tolleranza e di accoglienza. Per ora sono disponibili due mezzi didattici per allievi e insegnanti per le classi del primario, dal titolo “Un monde en couleurs” e “Au fil du temps”. “Il mondo colorato” comprende due volumi per gli alunni di 7-9 anni e mette l’accento sui racconti biblici di Giacobbe e Giuseppe, i libri di Ruth e di Ester, e sui racconti della nascita di Gesù e della sua missione con alcune parabole. Il testo “Lungo lo sviluppo del tempo”, per gli scolari di 9-11 anni, tratta principalmente dei personaggi fondatori della tradizione giudaico-cristiana, come Mosè, Davide, Gesù, Sara, Rebecca e anche dei fondatori di altre religioni, come Maometto per l’lslam e Budda per il Buddismo. Per gli allievi di 11-13 anni ENBIRO propone la pubblicazione “Le religioni in Svizzera” che offre una visione socio-culturale e storica del paesaggio religioso svizzero. Altri testi propongono un approccio trasversale di temi comuni alle diverse tradizioni religiose, come i racconti della creazione, i calendari, le feste, ecc. Per gli studenti di 13-16 anni, vengono proposti testi sulla attualità delle religioni, sia informativi sia di approfondimento, che permettono di capire l’influenza delle religioni sulla società. ENBIRO pubblica annualmente anche un calendario che segnala le principali feste delle diverse religioni: così oltre alle principali feste cristiane, gli scolari imparano a conoscere e rispettare (e magari festeggiare) anche quelle dei loro compagni non cristiani. Tra ENBIRO e le autorità scolastiche esiste una buona collaborazione, basata sulla preoccupazione costante di garantire una informazione corretta che tenga conto dei risultati della ricerca contemporanea sul fenomeno religioso e sulla storia delle religioni (da APIC Friburgo).
Messaggio ecumenico
Prete - pastore: quali differenze? semplici fedeli hanno tendenza ad associare il ruolo del prete cattolico e del pastore evangelico. In realtà, come vedremo, vi sono notevoli differenze tra i due ministeri, tanto che la Chiesa cattolica non riconosce quello protestante. Conseguenze: Roma ritiene che le Chiese nate dalla Riforma non siano tali ma “comunità ecclesiali” e non permette ai cattolici di accostarsi alla santa cena.
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Per la Chiesa cattolica, contrariamente a quelle riformate, quello dell’ordine è un sacramento. Come si legge nel Compendio del Catechismo, è grazie al sacramento dell’ordine che la missione affidata da Cristo ai suoi apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi. E ancora (n. 323): “Ordine indica un corpo ecclesiale, di cui si entra a far parte mediante una speciale consacrazione (ordinazione), che, per un particolare dono dello Spirito Santo, permette di esercitare una sacra potestà a nome e con l’autorità di Cristo a servizio del Popolo di Dio”. Netta anche, nel cattolicesimo, la distinzione tra il sacerdozio universale di tutti i fedeli battezzati e il sacerdozio ministeriale ordinato, che si compone di tre gradi: il diaconato, il presbiterato e l’episcopato.Nel protestantesimo, invece, non è così. Come scrive Emidio Campi in un interessante articolo intitolato “Uno solo è il maestro”, pubblicato nel numero di marzo 2009 di “Voce evangelica” e dal quale ci siamo ampiamente ispirati, per i riformatori non c’è differenza tra laicato e clero, in quanto tutti i battezzati sono sacerdoti. Ad essi è affidato il mandato di esercitare le funzioni di ammaestramento, di consolazione, di liberazione dei peccati che prima di Cristo erano esercitate dai sacerdoti (termine – rileva Campi – che nel Nuovo Testamento non è mai riferito a una singola persona, bensì sempre
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al solo Cristo o all’intero suo popolo. Nuovo Testamento – aggiunge - che non conosce l’esistenza all’interno della comunità di un gruppo speciale di persone incaricate di svolgere le funzioni cultuali). Secondo il pensiero della Riforma, credenti, e quindi sacerdoti, si diventa non mediante l’ordinazione sacerdotale o una qualsiasi cerimonia ecclesiastica ma soltanto per grazia, a motivo di Cristo, all’atto del Battesimo, che è il fondamento della vita cristiana. Ma allora non vi è una contraddizione, nel protestantesimo, tra l’affermazione del sacerdozio universale di tutti i battezzati e l’esistenza di un ministero ecclesiale ordinato (per diventare pastori ci vogliono anni di studi teologici)? Emidio Campi spiega che i riformatori distinguono tra esercizio del sacerdozio universale sul piano personale e su quello comunitario o pubblico. Quest’ultimo consiste nel servizio della predicazione e dei sacramenti e puo’ essere esercitato soltanto da persone che sono state ritenute idonee a svolgerlo e che ne abbiano ricevuto il mandato dalla comunità e a nome della comunità, cioè i pastori, che vengono ordinati tramite l’imposizione delle mani. Quindi la concezione che la Riforma ha del ministero non è più sacramentale ma funzionale. I pastori non sono dispensatori del sacro e il loro ministero si fonda non sull’appartenenza all’ordine sacerdotale per effetto della consacrazione, ma, come abbiamo visto, sul mandato conferito dalla comunità di svolgere il servizio della predicazione della Parola e dell’amministrazione dei sacramenti e un’ampia serie di doveri connessi a questo ufficio, come ad esempio la responsabilità della conduzione spirituale della comunità cristiana loro affidata, l’insegnamento religioso e la celebrazione dei matrimoni e dei funerali.
Il documento di Lima I fondamenti teologici della concezione protestante del ministero sono dunque molto diversi rispetto a quella cattolica. Un tentativo di trovare un denominatore comune a tutte le grandi tradizioni cristiane era stato fatto con il famoso documento di Lima “Battesimo, eucaristia, ministero”, pubblicato dalla Commissione “Fede e Costituzione” (della quale fa parte a pieno titolo anche la Chiesa cattolica) del Consiglio ecumenico delle Chiese nel 1982 come approdo di uno studio e di un dialogo durati più di 50 anni. Sebbene si sia indubbiamente trattato di un risultato di un’importanza senza precedenti nella storia del movimento ecumenico moderno, il documento di Lima non ha però avuto alcuna conseguenza pratica nei rapporti tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane. Vorremmo ora evidenziare, in quest’ultima parte, altre differenze – pratiche, quindi molto visibili – tra il ministero cattolico e quello evangelico. Una di esse è che nella stragrande maggioranza delle Chiese nate dalla Riforma (ma non in tutte), il pastorato è aperto anche alle donne, ma prima che ciò avvenisse si sono dovuti attendere quattro secoli, poiché le prime donne pastore risalgono al ventesimo secolo, prassi acceleratasi e divenuta normale però solo dopo gli anni ’50, con peraltro notevoli differenze tra i vari paesi. Nella Chiesa cattolica, invece, nella famosa lettera apostolica “Ordinatio sacerdotalis” del 22 maggio 1994, Giovanni Paolo II scrive testualmente: “al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la fa-
coltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”.
La questione del celibato Un’altra differenza che si nota tra preti e pastori è che per questi ultimi il matrimonio non costituisce un impedimento all’esercizio del loro ministero, mentre nella Chiesa cattolica di rito latino (ma non in quelle orientali), i chierici sono vincolati al celibato, come prescrive il Codice di diritto canonico del 1983 al n. 277. Ma se la questione dell’ordinazione delle donne viene considerata di ordine dottrinale (quasi un dogma), quindi – come abbiamo appena visto – non è riformabile, quella del celibato si situa invece a un livello inferiore, cioè quello disciplinare, tanto è vero che sono abbastanza numerosi gli ex-pastori protestanti o preti anglicani che, convertitisi al cattolicesimo, hanno potuto e possono ricevere l’ordinazione sacerdotale sebbene sposati.
Quindi non è escluso che un giorno anche la Chiesa cattolica – l’unica che prescriva l’obbligo del celibato a chi vuole diventare ministro ordinato – cambi questa prassi, anche se sia Giovanni Paolo II sia Benedetto XVI hanno più volte sottolineato il valore del celibato presbiterale e fatto capire di volerlo assolutamente mantenere. Tuttavia, all’interno stesso della Chiesa romana, si alzano di tanto in tanto alcune voci, anche autorevoli, che vanno in senso contrario, senza contare che l’opinione pubblica cattolica sembrerebbe abbastanza favorevole a un cambio di rotta. Tra i vescovi che negli ultimi tempi si sono pubblicamente dichiarati a favore di una possibile revisione della legge sul celibato dei preti figurano l’arcivescovo di Friburgo in Brisgovia e presidente della Conferenza episcopale tedesca Robert Zollitsch e il vescovo di Nottingham Malcolm McMahon. Anche il cardinale brasiliano Claudio Hummes, poco prima di partire per Roma, nel dicembre 2006, per assumere l’incarico di prefetto della Congregazione per il clero, si era dichiarato abba-
stanza possibilista, salvo poi rettificare le sue dichiarazioni appena giunto in Vaticano, quando si sentì in dovere di precisare – dopo l’ampia eco mediatica suscitata dalle sue parole – che “la questione dell’abolizione del celibato sacerdotale non è attualmente all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche”. Intanto però, nel febbraio 2008, in occasione dell’incontro nazionale dei presbiteri tenutosi nello stato di San Paolo, i 430 rappresentanti dei 18.685 preti delle oltre 9.000 parrocchie del Brasile hanno sottoscritto un documento, inviato proprio al cardinale Hummes, nel quale chiedono che vengano trovate alternative al celibato obbligatorio (in pratica l’ordinazione di uomini sposati ritenuti degni, i cosiddetti “viri probati”) e che vengano reintegrati nel sacerdozio quei preti che sono stati costretti ad abbandonarlo per sposarsi. Gino Driussi
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Una leggenda con radici profonde l legame tra la popolazione della Capriasca e il “proprio” convento del Bigorio è sempre stato molto forte. Una prova ne è stata la straordinaria partecipazione di energie e di aiuti, finanziari e non, che hanno permesso il restauro e la ripartenza dell’attività del Convento dopo lo spaventoso incendio di più di vent’anni fa. Un’altra prova è la sempre grande affluenza di pubblico che arriva al convento ogni anno per l’Ascensione per festeggiare insieme una festa che da tantissimi anni è anche la festa del Convento stesso.
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Questo stretto connubio tra gente comune e frati del Convento è raccontato anche in diverse cronache e leggende che riguardano la sua storia secolare, alcune delle quali si riferiscono alle sue origini. In particolare vi è una leggenda, riportata sul libretto di P. Giovanni Pozzi “Santa Maria del Bigorio”, che accompagna la scelta del luogo e la costruzione del primo rifugio da parte dei frati giunti viandanti in queste parti remote nel 1535: dopo esser stati conosciuti come servi di Dio, ebbero in dono la calce per edificarsi una dimora in un posto vicino od a Sala od a Tesserete: ma le rondini «si misero a portar col becco, come portano il fango per li suoi nidi, parte di quella calcina bagnata nel becco ove ora è fabbricato il convento presso alla chiesa predetta, dando ad intendere a quelle genti, che la volontà del Signore e della Vergine santissima era che quei suoi fedeli andassero a lodarli e benedirli sul monte». La volontà di Dio, della Madonna, delle rondini e della Capriasca insieme unite costituiscono un nodo tenace che ci obbliga ancor oggi, depositari di quella tradizione, a restare fuori del mondo e insieme a trovare delle formule di volta in volta adatte al mondo, il quale, pur restando una cosa di Dio e delle rondini, tuttavia muta continuamente.
Vacanze in Convento Nel programmare l’attività per il prossimo anno, è nata l’idea, come già fu nel passato, di offrire l’opportunità di un periodo di vacanza al Convento del Bigorio per quelle persone che non hanno la possibilità di partire per luoghi diversi e tipicamente turistici o che non hanno grosse disponibilità finanziarie. Informazioni più dettagliate saranno pubblicate nel programma delle attività del Bigorio per il 2010.
«Fogli», il periodico della Biblioteca uscito lo scorso mese di aprile, secondo l’abituale scadenza annuale, il numero 30 di «Fogli», la rivista dell’Associazione “Biblioteca Salita dei Frati”. Apre la sezione Contributi un articolo di Rossana Morriello dal titolo L’editoria digitale nelle scienze umane, nel quale vengono presentate le più importanti risorse documentarie offerte oggi in formato elettronico: vi si illustrano soprattutto banche-dati di periodici e monografie, dimostrando come molti libri e riviste siano ormai leggibili sullo schermo. Segue un contributo di Daniele Pedrazzini, che presenta l’archivio della famiglia Gallacchi di Breno, un prezioso fondo di carte familiari di Oreste e Giovanni Gallacchi, attivi in ambito sociale e politico tra gli anni Ottanta del secolo XIX e gli anni Venti del secolo XX. Jean-Claude Lechner descrive i libri antichi della Facoltà di teologia di Lugano: il Fondo di Riva San Vitale, conservato negli archivi della Facoltà, il Fondo Davack e il Fondo San Carlo, entrambi attualmente depositati alla Biblioteca Salita dei Frati e catalogati nel catalogo elettronico della biblioteca stessa. Nel riordinare i fondi il Lechner ha scoperto che un foglio membranaceo che avvolgeva la copertina di un volume del 1592 era parte di un codice del secolo XII contenente i Decreta di Burcardo di Worms (965-1025): vi si leggono peccati e penitenze nell’ambito della morale sessuale. Callisto Caldelari, infine, descrive gli scritti di Antonio Rosmini pubblicati a Lugano e conservati alla Biblioteca Salita dei Frati: le celebri Cinque piaghe, una lettera sulla nomina dei vescovi (un tema caro al filosofo di Rovereto), una raccolta poco nota di opuscoli su vari argomenti e diversi articoli pubblicati dal Rosmini su “Il Cattolico”, l’importante periodico pubblicato dai Veladini tra il 1833 e il 1850. Nella sezione Rara et curiosa, nella quale vengono presentati libri di particolare interesse e rarità posseduti dalla Biblioteca Salita dei Frati, Luciana Pedroia descrive un incunabolo recentemente giunto in dono: un volume con la ‘pars secunda secundae’ e la ‘pars tertia’ della Summa theologica di Tommaso d’Aquino, stampato a Norimberga nel 1496. Le particolarità dell’esemplare sono segnalate ed esaminate con attenzione, con preziose osservazioni sui possessori che consentono di gettare qualche luce sulla storia dell’incunabolo. Segue la sezione In biblioteca, dove Alessandro Soldini descrive le esposizioni allestite nel porticato della biblioteca nell’ anno sociale 2008-2009. Chiudono la rivista, nella Cronaca sociale, le informazioni sull’attività dell’Associazione e, nell’ultima sezione, la lista delle Nuove accessioni, dove sono elencate le pubblicazioni acquisite dalla Biblioteca Salita dei Frati nel 2008.
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Le prossime conferenze Diamo ora alcune essenziali informazioni sulle conferenze che si terranno in biblioteca nel prossimo autunno. Tra metà settembre e fine ottobre è previsto il consueto ciclo di letture bibliche, che quest’anno verteranno sul tema della Resurrezione. La prima lezione (14 settembre) svilupperà il tema della “resurrezione dei morti” nella cultura giudaica e sarà tenuta da Roberto Vignolo; successivamente (21 settembre) Rinaldo Fabris analizzerà i racconti della Resurrezione di Gesù nei Vangeli; nella terza lezione (8 ottobre) Lidia Maggi parlerà delle donne testimoni del Risorto, in particolare attraverso l’analisi dell’incontro fra Gesù e Maria di Magdala nel Vangelo di Giovanni; in una quarta lezione verrà esaminata l’iconografia della Resurrezione nelle arti figurative fino al Rinascimento; nell’ultima, infine, verrà proposta una riflessione filosofica sui concetti di “resurrezione” e di “immortalità dell’anima” (relatori e data delle ultime due lezioni devono ancora essere definiti). Sono inoltre previsti, in novembre-dicembre, un incontro di studio su Dante Isella e la Svizzera, la presentazione del volume Metodi e temi della ricerca filologica e letteraria di Giovanni Pozzi e la presentazione del saggio La Madonna di Sigirino di Ottavio Besomi. Fernando Lepori
Adesione all’Associazione L’Associazione “Biblioteca Salita dei Frati” conta attualmente 326 soci. Vi può aderire chiunque approvi lo statuto e versi la tassa sociale annua (almeno 40 franchi i soci individuali; 10 franchi studenti, apprendisti, pensionati; 100 franchi le istituzioni). Chi è membro dell’Associazione è informato di ogni attività che si tiene in biblioteca, riceve gratuitamente la rivista «Fogli» e partecipa alle scelte dell’Associazione nell’assemblea. Chi fosse interessato a diventare membro si rivolga al segretariato, Salita dei Frati 4, CH – 6900 Lugano, tel. +41 91/923 91 88, e-mail bsf-segr.sbt@ti.ch.
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Abbiamo letto... abbiamo visto... Anselm Grün Il battesimo. Celebrazione della vita (Ed. Queriniana)
La celebrazione del battesimo, per i cristiani dei primi secoli, era un evento di grande incisività che arrivava a cambiare totalmente la loro esistenza. Essi si sentivano "rivestiti di Cristo" e incorporati alla Chiesa, comunità di salvezza, sentivano di avere in sé gli stessi pensieri e sentimenti di Cristo Gesù. Anche oggi molte persone vanno alla ricerca di un approccio a questo antico rito cristiano che consenta di riscoprire il significato più autentico e più profondo. In queste pagine l'autore spiega in maniera chiara l'essenza del battesimo, introduce il lettore al simbolismo dei riti (aiutando a personalizzare la celebrazione) e dà ottimi suggerimenti su come calare nel vissuto la realtà del battesimo, confrontando la proprio vita a Cristo Signore. Un libro per i genitori dei battezzandi e per i padrini, per gli adulti che oggi – sempre più numerosi – chiedono di ricevere il sacramento che rende cristiani, e per tutti coloro che vogliono tornare ad attingere forza e luce da questa celebrazione della vita.
Il Battesimo: segno della vita nuova (Edizione Cipielle – Studio audiovisivo - Vicenza)
Si tratta di due videocassette, una per fanciulli ed una per adulti, con guida per i catechisti, nelle quali si presenta il primo sacramento come l'inserimento nella vita nuova di Cristo, l'ingresso nella comunità cristiana, dono dello Spirito e della luce che sono i contenuti fondamentali del Battesimo. Queste spiegazioni sono trasmesse attraverso suoni e immagini suggestive, anche se prendono in considerazione il battesimo per un solo bambino e non una cerimonia comunitaria alla presenza di tutta l'assemblea liturgica parrocchiale. La scheda è una piccola guida per l'approfondimento e l'utilizzazione della videocassetta, con spiegazione della stessa e suggerimenti didattici per la sua utilizzazione.