26.07.17 ROMANO CANAVESE CHIESA DI SANTA MARTA
LA SONATA CLASSICA IL REPERTORIO DA CAMERA
q LA SONATA CLASSICA LUDWIG VAN BEETHOVEN 1770 — 1827
Sonata n. 23 in fa minore Appassionata OP. 57
Allegro assai, Andante con moto, Allegro ma non troppo, Presto
OP. 5 N. 1
Adagio sostenuto, Allegro, Allegro vivace
Serenata in re maggiore per pianoforte e flauto OP. 41
Entrata. Allegro, Tempo ordinario d’un minuetto, Allegro molto, Andante con variazioni, Allegro scherzando e vivace, Adagio, Allegro vivace
FRANZ JOSEPH HAYDN 1732 — 1809
Trio in re maggiore per flauto, violoncello e fortepiano HOB. XV:16
Allegro, Andantino più tosto allegretto, Vivace assai
GIANMARIA BONINO fortepiano MATTIA LAURELLA flauto DANIELE BOVO violoncello
RASSEGNA INTERNAZIONALE DI MUSICA ANTICA
XXII EDIZIONE
Sonata in fa maggiore per violoncello e pianoforte
sbrigliato virtuosismo dell’Allegro e intessendo un fitto dialogo con il pianoforte. Per quest’opera Federico Guglielmo II donò al compositore una tabacchiera piena di luigi d’oro, accarezzando il sogno di affidare a Beethoven il posto di maestro della cappella berlinese, un progetto che non si sarebbe concretizzato a causa della morte del monarca avvenuta l’anno successivo. Opera molto più di maniera è la SERENATA PER FLAUTO (O VIOLINO) E PIANOFORTE OP. 41 del 1803, trascrizione della SERENATA PER FLAUTO, VIOLINO E VIOLA OP. 25 portata a termine l’anno precedente dopo un’interminabile genesi. Sebbene si tratti di un’opera dichiaratamente di intrattenimento, l’OP. 41 presenta parecchi spunti pregevoli, come il ritmo scandito dal flauto nel primo movimento, che richiama il cinguettio di un uccello e costituisce uno degli spunti più brillanti ed estroversi del primo Beethoven. I sette movimenti di quest’opera scorrono con una leggerezza galante e molto raffinata, il cui gradevolissimo ascolto è stato paragonato da alcuni alla celebre serenata EINE KLEINE NACHTMUSIK di Mozart. L’anno successivo vide la luce uno dei capisaldi della produzione pianistica di Beethoven, quella Appassionata che nel corso degli anni ha inflazionato tanto i cartelloni delle stagioni concertistiche quanto i cataloghi discografici. Questa sublime opera – una di quelle in cui il Titano di Bonn seppe trasfondere con più sincerità la sua grande anima – venne scritta sull’onda della travolgente passione concepita da quello che era considerato un burbero ed eccentrico maestro di pianoforte per una delle sue allieve, Josephine von Brunswick detta Pepi, ragazza giovane e fatua, che illuse il compositore con improbabili prospettive matrimoniali, straziandone il cuore. Nei tre movimenti di questa sonata Beethoven porta avanti il discorso con una straordinaria spontaneità, esprimendo i languori e gli entusiasmi che solo una persona davvero innamorata può concepire. Il vertice di questo capolavoro è costituito dal malioso Andante con moto centrale, una perla di trattenuto intimismo, con un secondo tema che si snoda con inarrivabile morbidezza accarezzando il cuore degli ascoltatori. Per finire, torniamo a Haydn, di cui viene proposto il TRIO IN RE MAGGIORE HOB. XV:16, una pagina che costituisce uno dei modelli esemplari della cameristica del grande maestro di Rohrau, con un Allegro garbato e intriso della sua inimitabile arguzia, un Andantino più tosto allegretto dai toni delicatamente meditativi e un Vivace assai che chiude l’opera con una coinvolgente esplosione di gioia.
A CURA DI GIOVANNI TASSO
Dopo un primo breve soggiorno a Vienna troncato repentinamente per correre a Bonn al capezzale della madre morente, nel novembre del 1792 il ventiduenne Ludwig van Beethoven tornò nella splendida capitale asburgica, ben deciso ad affermarsi come pianista e compositore. Mozart era morto da un anno e il giovane leone venuto da Bonn faceva conto sull’aiuto dell’ormai anziano Haydn sia per perfezionarsi sotto l’aspetto stilistico sia – soprattutto – per essere introdotto nel raffinato mondo dei salotti viennesi, che percepivano ancora come un’eco vaga e confusa i minacciosi ruggiti della Rivoluzione che proprio in quegli anni stavano percorrendo tutta la Francia. Nonostante i buoni propositi di Haydn, che nel 1794 sarebbe partito per il suo secondo trionfale viaggio a Londra, Beethoven non tardò a capire che avrebbe dovuto affidarsi solo su se stesso, un fatto peraltro non difficile quando si possiede un talento divino come il suo. Il periodo era delicato non solo sotto l’aspetto storico, ma anche sotto quello stilistico, con il Classicismo viennese portato a perfezione da Mozart e Haydn che stava ormai cedendo il passo alla nuova sensibilità romantica, che in quegli anni per ogni appassionato doveva ancora confrontarsi con parecchi scettici, perplessi da uno stile considerato troppo libero, se non addirittura selvaggio. Per accontentare il suo nobile pubblico, Beethoven si trovò almeno in una prima fase costretto a limitare i suoi slanci a un ambito comprensibile ai più, come si può notare in molte delle sue prime composizioni cameristiche, che comunque – a un ascolto più attento – rivelano sempre l’inconfondibile marchio del genio assoluto. Le SONATE PER VIOLONCELLO E PIANOFORTE OP. 5 vennero composte a Berlino nel giugno del 1796, dove Beethoven si era recato per esibirsi come pianista. Sul trono di Prussia sedeva in quegli anni Federico Guglielmo ii, violoncellista dilettante di ragguardevole talento, per il quale in passato avevano scritto quartetti di pregevole fattura sia Mozart (i Prussiani) sia Boccherini. Per questo re appassionato di musica Beethoven fece una cosa enorme, inventando letteralmente il genere della sonata per violoncello e pianoforte, un binomio che alla fine del xviii secolo poteva ancora contare quasi solo sulle ormai irrimediabilmente obsolete sonate per violoncello e basso continuo di matrice barocca. In questo lavoro di ampio respiro Beethoven regala al violoncello un ruolo di primo piano che fino a quel momento aveva avuto solo in poche occasioni, spaziando dall’intenso lirismo dell’Adagio sostenuto iniziale allo
koyaanisqatsicollective
GIAN MARIA BONINO si è diplomato in pianoforte
al Conservatorio di Milano con Lydia Arcuri e al Conservatorio di Lucerna con il Myeczislaw Horszowski. Si è diplomato in clavicembalo nel 1989 al Conservatorio di Genova con Alda Bellasich e nel gennaio 1999 si è diplomato in pianoforte al Conservatorio Superiore di Winterthur. Fin dalla gioventù si è dedicato all’attività artistica, suonando in qualità di solista in numerose città italiane e all’estero in particolare per la Società GoG di Genova, i Concerti di Autunno di Bergamo, il Teatro di Trieste, la Società dei Concerti di Milano, il Conservatorio di Mosca, nonché negli Stati Uniti, dove nel 1992 ha ottenuto il terzo premio nel concorso indetto dalla Bach Society a Washington sulle Variazioni Goldberg. Ha suonato in qualità di solista e in formazione in festival internazionali come quello di Lubiana, il Festival dei Suoni del Mediterraneo, il Floraisons Musicales in Chateauneuf-Du-Pape, Emilia Romagna Festival e altri. Fondatore nel 2011 della Camerata Mistà e dei Musici di Vivaldi, insieme al violinista Glauco Bertagnin, ha tenuto in formazione concerti per prestigiose istituzioni. Ha suonato con numerose orchestre come la Filarmonica di Torino, l’Orchestra della Scala e i Pomeriggi Musicali di Milano, il quartetto d’archi Atheneum dei Berliner Philharmoniker e collabora inoltre con i Virtuosen dei Berliner Philharmoniker, la Philharmonische Kamerata Berlin con l’oboista Albrecht Mayer al Festival di Lucerna e a Rheingau.
MATTIA LAURELLA ha studiato al Conservatorio di Torino, diplomandosi con Francesca Odling, frequentando parallelamente la Civica Scuola di Musica di Milano con Marcello Gatti. Successivamente si è perfezionato con i flautisti Marco Brolli, Barthold Kuijken, Manuel Staropoli e Lorenzo Cavasanti, partecipando inoltre a seminari di orchestra presso l’Anton Bruckner Privat Universität di Linz, l’Ensemble-Akademie Freiburg, la Jeune Orchestre Atlantique (JOA). Collabora con diverse orchestre ed ensemble tra cui Il Giardino Armonico, Divino Sospiro, Orchester Le Phénix, laVerdi Barocca, Accademia del Ricercare, Accademia degli Astrusi, Academia Montis Regalis, Ensemble il Falcone, Atalanta
Fugiens. Con queste formazioni ha suonato per prestigiosi festival ed istituzioni europee — tra cui Wiener Musikverein, Festspillene i Bergen, Accademia Filarmonica di Verona, Théâtre du Châtelet, Fundação Calouste Gulbenkian, MITO SettembreMusica, Bolzano Festival Bozen, Les Baroquiales — e ha inciso per Harmonia Mundi, Decca, Glossa, CPO e Dynamic.
DANIELE BOVO ha iniziato gli studi musicali con il metodo Suzuki per poi diplomato in violoncello moderno presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino e in violoncello barocco presso la Hochschule für Musik und Theater “Felix Mendelssohn Bartholdy” di Lipsia. Ha collaborato con diverse compagini orchestrali diventando poi violoncello di spalla in formazioni come l’Orchestra Sinfonica Eporediese, l’Accademia Stefano Tempia di Torino, l’Orchestra Internazionale MusicaRivaFestival. Sempre come violoncellista moderno ha partecipato a diversi eventi mediatici come il concerto in occasione dei 10 anni della caduta del muro tenutosi a Berlino alla Porta di Brandeburgo con un’orchestra di 160 violoncellisti (unico italiano presente), sotto la guida di M. Rostropovich. Nell’ambito barocco si è esibito al fianco di importanti artisti come Emma Kirkby e Gustav Leonhardt oltre che in luoghi storici come a Lipsia nella Bose Haus e nella Thomas Kirche; è tuttora primo violoncello e solista in diverse formazioni quali l’Orchestra Barocca G.B. Tiepolo, la Capella MusicÆ, l’Accademia del Santo Spirito, I Musici di Santa Pelagia, Leipziger Concert e Venice Baroque Orchestra.