Orange Valley Ent ISSUE 07

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{ SKATEboarding

undergroundMAGAZINE

numero sette Inverno 2005 www.ORANGEVALLEYENT.com INFO@ORANGEVALLEYENT.com

in copertina Sebba

fronside invert

Bartoloni

alla mini di “The Spot” Ostia photo Mirai in questa pagina Ale Martoriati

double grab transfer }

photo Mirai


A

vrei voluto iniziare questo editoriale su come la parola “curva” possa in qualche modo suscitare in voi le più fervide fantasie eroti-

che, degne di un adolescente ALLE PRIME ARMI. Su come sia

facile alludere alle piacevoli sinuosità femminili attraverso le morbide e dolci linee di una struttura. Poi ho pensato che sarei stato additato come scontato e banale, e forse un po’ troppo feticista. Avrei potuto iniziare così, ma poi rileggo le prime 3 righe e…l’ho fatto. Proprio così va il mondo: c’è chi può dire le cose come vuole, e chi, forse la stragrande maggioranza, je dà retta. Noi facciamo parte della minoranza (…nonché minorata…ma di grandi pensatori), che continuerà ad aspettarsi che il costo della benzina non avrà freni, e a pagare il made in USA mai troppo poco…per almeno altri quattro anni. Tornerei a bomba (altra allusione N.d.R.) alle curve; pubblichiamo infatti un super-servizio sulla chiacchieratissima Bowlogna, grazie all’idilliaco rapporto che il guappo-giappo-romano Mirai ha con la gang emiliana, e con i contributi di Kreator e Giuliano, anche loro alle prese con SUPERFICI CURVE, che siano di cemento, legno o skatelite. A Roma invece ce sta uno che vorrebbe fare UNO SKATEPARK DI SAMPIETRINI, marmo e cemento a presa rapida: Papik Rossi, l’anonimo sabotatore della strada. Perché lo skater è anche Anonimo, a detta di Francesco, titolare dell’omonima ditta: bel team e belle foto, il tutto ben confezionato dall’ormai celebre skater che è diventato un signor fotografo, Luca Carta. Il lato deviato di NY ha partorito i Pharcyde, e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di registrare e riproporre quello che hanno da dire…e ora non ci rimane altro che accollarci le spese per gli avvocati. Dato che siamo in tema, dall’Olanda, patria dei tulipani, di Van Gogh e orange in tutte le salse, si fa strada con uno stile straordinariamente semplice il Parra. Buona visione. Fulvio Rossetti










SUPERFICI CURVE

Words: Photographs:

Alessandro Martoriati Mirai Pulvirenti Daniel Cardone Kreator Gianni Zattoni Giuliano Berarducci Giorgio Zattoni Matteo Storelli Sebba Bartoloni


Daniel Cardone Crail slide photo: Mirai

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Matteo Storelli Frontside manual photo: Mirai

Skateare le curve è un’altra faccia dello skate:

prendere confidenza con la curva è un po’ come imparare a ollare da terra. Aumenta il controllo sulla tavola e sicuramente anche la concentrazione, i tempi sono più stretti. È tutta un’altra adrenalina. Adesso c’è Bowlogna poi, e a Roma si parla di un park tipo Burnside… è arrivato il momento di MATURARE SUL CEMENTO!

Alessandro Martoriati

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Sono uno skater prima di tutto, mi piace lo skate sotto tutte le forme. Da giovane sei piu avido di street perché scopri la città e la gente. Il tuo fisico é giovane e resistente, buttarsi da 15 scalini é n’a fissa, spaccarsi le caviglie fa parte del mestiere. Quando sei giovane non hai possibilità di muoverti nei parchi. Quando cresci lavori e hai poco tempo per skatare. Lo sguardo della gente che ti dice A QUELL’ETÀ ANCORA IN SKATE! mi rompe i coglioni quindi vado negli spot segreti o negli skatepark (se hai la patente e la macchina) dove ci sono transizioni e dove puoi fare un sacco di tricks in un posto concentrato... Comunque, a Roma ci sono sempre state poche strutture quindi ora ne approfitto. E in fondo scopri che sulle transizioni sei molto più a lungo sulla tavola che in street. Comunque NON CREDIATETE che non faccio più street, FACCIO SKATEBOARD!

Continuate a pensare che le transizioni sono per i vecchi e

Trujillo nelle transizioni rompersi il cazzo! Sebba Bartoloni

Mark l’americano Frontside manual photo: Mirai

lasciate Tony OVe™ 19


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Quello che penso di fare e’ quasi sempre chiaro e programmato, naturalmente, sulle superfici curve e vaste, spesso le cose cambiano durante la run, la velocità può diminuire o essere un po’ più alta del previsto, un air pensato in uno spot, può diventare un grind o un big air forse il più grosso di sempre. L’importante è non farsi prendere di sprovvista e avere toccato la maggior parte di terreni esistenti per non farsi travolgere dagli eventi. Nei peggiori casi, del programmato, solo una percentuale va in porto, mentre nei migliori, si può arrivare a collegare una quantità mostruosa di linee e trix

Matteo Storelli Frontside indy photo: Mirai

che solo il subconscio può farti fare.

Vi consiglio di stare sui muretti il più tempo possibile lasciando lo sballo delle curve ai vecchi old schoolers tipo longboards, slalom, ruote morbide e grandi, ecc......anche perché i parks sono pochi e già pieni.

Street skate forever. Matteo Storelli

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Elbo skatepark photo: Mirai

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Matteo Storelli Wallie mute grab photo: Mirai OVe™ 22


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Daniel Cardone judo transfer photo: Mirai

LA VELOCITÀ INFLUISCE ECCOME, ti fa sentire tutt’uno con la tavola, spinge le manovre al limite: air più grandi, slide più lunghi. Ovvio che una velocità maggiore richiede un miglior controllo, è UNA QUESTIONE DI ESPERIENZA. Ma per alcune manovre, come gap, è assolutamente determinante,

sennò… Daniel Cardone

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Sebba Bartoloni frontside invert photo: Mirai

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Ale Martoriati frontside lien alley oop photo: Mirai

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Gianni Zattoni Penso che dipenda più che altro dal modo di skateare e da quello che ti piace pivot to fakie fare. Sia in street che sulle curve si può essere tecnici, oppure veloci e potenti. A photo: Kreator volte mi diverto a skateare veloce e provare trick semplici, mentre altre volte mi piace provare trick un po’ più tecnici. Solitamente uso un setup intermedio, con ruote e tavole NON TROPPO PICCOLE o troppo grandi; ruote tipo 53, 54 mm, e tavole 7, 7/8. Ciao, e buona skateata a tutti!

Gianni Zattoni

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Gianni Zattoni wallride indy photo: Kreator

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Giorgio Zattoni flip to fakie photo: G.Berarducci

Per migliorare in skate bisogna solo stare sullo skate e basta, skateando qualsiasi terreno. L‘ allenamento in palestra può aiutare a migliorare la prestazione fisica in generale come aumento della forza, miglior resistenza alla fatica, aumento della propiocettività ed elasticità muscolare e coordinamento dei movimenti. Questo insieme di cose può certamente aumentare la “prestazione” -se vogliamo chiamarla così- in skate, sia in rampa che in street, su di un soggetto che di base ha già la capacità di fare certe manovre, su di un soggetto che non sa skateare non avrebbe alcun incremento della “prestazione” in skate. Un‘ altro vantaggio che si trae dall‘ allenamento in palestra per lo skateboarding é la maggior resistenza alle cadute e un miglior recupero agli infortuni.

Comunque io mi alleno in palestra perché mi piace e non per migliorare in skate. L‘allenamento in palestra é uno sport che richiede disci-

plina, uno stile di vita rivolto al fitness, delle buone basi di anatomia fisica e molta pratica per imparare LE MOLTITUDINI DI ESERCIZI E TECHNICHE DI ALLENAMENTO e a mio parere é impossibile imparare ad allenarsi in palestra se non si prova piacere ad allenarsi.

Giorgio Zattoni

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Giorgio Zattoni frontside lien alley oop photo: Kreator

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PROSCIUTTI

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Intervista a Papik Rossi di Fulvio Rossetti photo Mirai Pulvirenti illustrazioni Andrea Prosciutti

OPERAZIONE PUBBLICI SPOT

frontside manualgrind Tiburtina jersey


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Frontside Boardslide EUR

Cosa significa OPS? Operazione Pubblici Spot.

Più precisamente, è quella di rendere skateabili gli street spot più di quanto già non lo siano, dare a chi voglia skateare in street la possibilità di essere creativi, cercando di modificare la struttura urbana e rendendo più divertenti, e forse più complicate, le linee. Lo skate nasce per strada ed è lì che deve evolvere.

La tua idea, però, è quella di adattare le transizioni dello skatepark allo street, condividendo la necessità di avere delle strutture.

Si potrebbe beneficiare dei miglioramenti che lo skatepark, magari concrete, può dare (maggior controllo in velocità, saper affrontare le curve, continuità nelle linee…) per crescere nello street skating?

Nome e sponsor. Papik Rossi, Anonymous ed Emerica.

Non credi di essere in controtendenza con chi ha sempre fortemente voluto uno skatepark? Non penso, sono due visioni diverse; quando lo skate esce dai confini urbani si commercializza e lo skatepark diventa un bisogno.

Qual è l’hardware, il kit del perfetto sabotatore metropolitano? Tutto può servire, dal seghetto al frullino, cemento a presa rapida, tavole di legno, piedi di porco.

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Entrata del jersey in cemento a presa rapida

Nello street si sfida la forza di gravità con enormi sforzi ed enormi difficoltà, a causa di flat assurdi, ledge rovinati; mentre nello skatepark sei avvantaggiato, facilitato. Preferisco migliorare il mio controllo direttamente sulla strada, e rimanere underground. Cosa significa underground per te? Continuità, saper coltivare l’idea iniziale con lo stesso spirito di sempre, anche nel momento in cui l’idea si commercializza.

Cuattro è un progetto underground? Assolutamente sì. Nasce come progetto metropolitano per dare spazio solo a prodotti che non siano destinati alla commercializzazione. Anche i canali con i quali faremo pubblicità alle varie produzioni cercano di essere alternativi, attraverso

mostre, concerti, intrattenimento. Chiunque può presentare articoli di abbigliamento, purché non nascano con il proposito di commercializzarsi. Tutto, prima o poi, o fa il balzo in avanti, o finisce. Ovviamente tutto ciò che nasce underground può galleggiare all’infinito od evolversi, ma come ho detto prima, può anche diventare un prodotto per tutti. Però non si deve dimenticare il punto di partenza e il fomento iniziale (…si interrompe e suggerisce per l’occasione di vedere Rocky 3). Quanto c’è di vero in quello che hai detto? Ovviamente…nulla!

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Photo:

Luca Carta

Matteo Gatti Flip 360 to fakie


Boris Petrovic Benihana transfer

A

nonymous nasce fortuitamente due anni fa come movimento di resistenza per la sopravvivenza economica dello skater moderno. Non vi è nulla di organizzato o calcolato, nessun grafico, nessuna ricerca di mercato, nessuna copia, nessun business; solo il desiderio di skateare attrezzatura libera da fronzoli, di buona qualità e a prezzi proletari. Nei mesi seguenti alla sua nascita (Gennaio 2002) una serie di cause ed effetti poco controllati portano il progetto fuori del suo luogo di origine, per entrare in contatto con altri skater/negozi. Inizia così a formarsi un team partecipe/artefice del contagio: Matteo Gatti, Papik Rossi, Giuseppe Pingitore (che in fondo senza volerlo è stato la miccia di tutto questo), Marco Cavallo ed un gruppo di giovani talenti, tra cui Luca Doneddu, Francesco Salini, Manuel Fazzini, Daniele Tarantelli. Per ultimi si aggiungono al team 40 OVe™

Filippo Aglietti (chi più anonymous di lui?), il folletto sloveno Boris Petrovich e i due giovani gemelli francesi Alex e Romain Thevenet. In questi due anni con Anonymous abbiamo cercato di spostarci il più possibile, con tour e demo fatti in strada e senza volantini, filmando e raccogliendo materiale per il nostro primo video: Underground. Con i consigli di Papik e Matteo abbiamo migliorato la qualità delle nostre tavole, e sempre più prodotti si sono aggiunti al legno. Nell’estate 2004 abbiamo dato vita al nostro primo tour fuori dall’Italia, ed il marchio ha iniziato ad essere commercializzato con successo anche in altre nazioni. Ignoriamo quello che il futuro riserverà ad

Anonymous, e sinceramente, non ci interessa pianificarlo più di tanto. Certo è che finora è stato una figata, dai contorni a volte assurdi. Ed è solo l’inizio…


Giuseppe Pingitore Backside lipslide

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Giuseppe Pingitore Frontside smith

a destra:

Matteo Gatti frontside tailslide 42 OVe™


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in collaborazione con POKER VIAGGI

E

testo: Michele Pinna

’ iniziato tutto più di un anno fa. Tra un nocomply e un ollie kick (!), esce fuori il discorso sulle nuove leve dello skateboarding, l’importanza di costruire qualcosa dalla base, il cercare di essere il più possibile vicini agli skaters più piccoli che un giorno, e molti già lo stanno facendo, spalmeranno cera al posto nostro sugli stessi e su moltri altri muretti. Presto detto l’idea esce fuori: organizziamo uno skate camp! Si è vero che il mondo è pieno di camp, ma questo è il vecchio stivale e guardandoci indietro non abbiamo trovato notizia di altre iniziative di questo tipo, eccezion fatta di un camp organizzato dalla Vision negli anni ‘80 come ci ha detto Jeppo. Comunque a noi è piaciuto pensare che questo fosse il primo skate camp italiano della storia. A quel momento è seguito un periodo di telefonate, fax, mail, che sembrava non avere fine, abbiamo vagliato tutte le possibilità, dal sud al nord, quale sarebbe potuta essere la località, per alloggiare e nello stesso tempo avere a disposizione uno skate park con le giuste caratteristiche di spazi e di strutture. Devo dire pochi posti avevano questo insieme di caratteristiche, ma su tutti, le caratteristiche da noi richieste le abbiamo riscontrate nella località che ospita “nientepocodimenoche” lo SLAM TRICK: Marina di Ravenna, grazie a Marco Morigi e allo skatepark che è ormai diventato un must per noi tutti 44 OVe™

uccelli migratori estivi: l’OASI SKATEPARK, con soggiorno in bowngalow al Camping Riva Verde in pensione completa! Marina di Ravenna, per chi non ci fosse mai stato, è una tranquilla località della riviera adriatica , dove di giorno la gente si crogiola sulle lunghissime spiagge e la sera si perde nelle sale da ballo con camicie a righe psichedeliche e alti colletti pluribottonati. Inoltre, cosa molto più interessante, questa zona, è patria di una tra le comunità skateistiche più storiche d’Italia, la terra dove sono nati e cresciuti molti dei nomi che hanno fatto la nostra storia dello skateboarding, un nome su tutti i fratelli Zattoni, ma la lista sarebbe davvero lunga... L’OASI è un posto suggestivo, c’è un gran quantitativo di strutture in un area non grandissima, ma sono posizionate tanto razionalmente e con criterio, che volendo si può skateare ogni singolo pannello senza mai posare un piede per terra! Oltretutto, per chi ha assistito alle ultime edizioni dello SLAM TRICK, sa che quelle stesse strutture possono spingere chi ha le capacità a trick pesantissimi, in particolare per linee di transfer, o per kamikaze tricks.. Ad ogni modo, è un park che offre una varietà di manovre enorme e allo stesso modo può presentarsi come un ottimo park per giovani leve che vogliano avvicinarsi a questa disciplina. Si può imparare a fare un buon transfer hip to hip, come semplicemente a droppare da un quarter o da un bank o ancora imparare a raidare il quarterbowl.


Per informazioni: info@orangevalleyent.com Il 17 luglio arriva, e arrivano tutti questi ragazzi, tra i 12 e i 15 anni, con i loro skate, le loro protezioni e il loro grande desiderio: SKATEARE! L’organizzazione è stata molto semplice: la mattina alle 9’30 si stava già all’OASI, un pò di practise per scaldarsi (ma con quel sole ci voleva proprio poco!) e via con lo skateing. Ovviamente il livello variava molto tra i ragazzi, da chi non aveva praticamente mai skateato, a chi già faceva flip decentemente, quindi io e Fulvio ci siamo divisi in due gruppi principali, anche se c’era spazio e tempo per concentrarsi sulle esigenze e sugli stili personali che ognuno di loro già esprimeva. Alle 13 si chiudeva il park e si rientrava in campeggio che dista appena 5 minuti a piedi, per pranzo e un pò di relax. Il pomeriggio era riservato a varie attività, a volte al mare, dove sono incredibilmente organizzati (ci sono campi sulla sabbia per tutti gli sport balneari che esistono!) a volte riguardavamo e discutevamo insieme le riprese video che facevamo la mattina (strumento utilissimo per aumentare il senso critico e per capire dove migliorare), altre volte si andava a skateare anche il pomeriggio, spostandosi in un altro park a Ponte Nuovo (RA), concrete park comunale di recente costruzione, dove abbiamo anche assistito ad un contest (“una cosa locale” come direbbe il buon Morigi) ma in realtà il livello era di un certo rilievo! La sera tra un video, chiacchiere, relax e varie attività in campeggio, si arrivava alla buonanotte con il desiderio di tornare il prima possi-

bile all’Oasi il mattino dopo; non capita tutti i giorni di avere le chiavi di un tesoro così prezioso. Ovviamente, non poteva mancare il contest di fine camp! Devo innanzitutto ringraziare varie persone che ci hanno aiutato a organizzarlo, come Limbo Azul (Marina di Ra skateshop), Strange Skateboards, DNA boards, Atelier Boarding, Volume Video, Gianni Zattoni per averci aiutato come giudice, Michele di Ravenna per essersi sbattuto insieme a noi per far divertire i ragazzi e per avere una degna colonna sonora, ma soprattutto un ringraziamento speciale a mio padre senza il quale nulla sarebbe potuto accadere. Grazie a tutti, i ragazzi hanno dato il meglio divertendosi e hanno mostrato quanto si può migliorare in poco tempo se c’è il giusto contesto. Sono rimasto particolarmente sorpreso da uno di loro, che arrivato con un timido ollie, è tornato a casa con un ollie transfer da curva a curva, ma tutti chi più chi meno ci hanno regalato soddisfazioni e ci hanno dato la sensazione che questa fosse la direzione giusta da prendere, partire dai più giovani! Per l’estate 2005 siamo già in fase di preparativi per una nuova edizione ancora più densa di skateboarding; spero che riusciremo a pubblicizzare l’evento in modo completo e che anche questa volta riusciremo a coinvolgere ragazzi da tutta, ma davvero tutta, l’Italia. Ragazzi ci vediamo questa estate! OVe™ 45


Illustrazioni di: Valentina Cameranesi


MATTEO GATTI

FS BLUNT SLIDE photo: Mirai OVe™ 47


CLAUDIO AVANZINI

BS SMITH GRIND photo: Volpin

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JOUNI SALO OLLIE INDIE GRAB photo: Kreator

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photo a sinistra:

MARCO LAMBERTUCCI FS TAIL SLIDE photo: Mirai

photo al centro:

MARCO LAMBERTUCCI BACKSIDE K-GRIND photo: Mirai

MARCO LAMBERTUCCI FRONTSIDE 50/50 photo: Mirai

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FABIO MONTAGNER FS BOARDSLIDE photo: Kreator

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LORIS CAVALIERI

photo:

OLLIE

Kreator

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NICOLAI DANOV OLLIE OVER THE GAP photo: Giuliano 54 OVe™

Berarducci


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PARRA the PARANOID

P

di Stefano “Pane” Monfeli

eter Parra è uno che apparentemente senza troppa fatica riesce a confermarsi sempre tra i primi. Con la stessa apparente semplicità che lo vedeva alcuni anni fa essere uno degli skaters con più talento nei Paesi Bassi, lo vediamo oggi essere un grafico ed un artista attivo, e presente nella città di Amsterdam, oltre che apprezzato all’estero. Un discreto numero di flyers, manifesti e progetti grafici passano attualmente per le sue mani; il suo modo di creare immagini è singolare ma allo stesso tempo familiare, e le immagini stesse si basano sull’idea di una definizione ridotta al minimo. Tutto ciò rende il suo stile uno dei più riconoscibili nella grafica del momento. Attualmente gestisce con un socio una marca di abbigliamento che si chiama Rockwell, di cui disegna le grafiche. Produce anche musica hip hop con la sua etichetta indipendente The records van Rockwell. Quando hai iniziato a skateare, e dove? Credo sia stato ormai 15, 18 anni fa, avevo 10 anni, ora ne ho 28. Sì, anni ’80, è stato allora che ho avuto il mio primo skateboard.

Sei stato un pro skater che partecipava alle competizioni. Perché hai smesso? Ora ho altri interessi, mi sono fatto avanti con l’età. Lo skateboard è stato tutta la mia vita. A scuola non andavo tanto bene, l’unica cosa che facevo era skateare, e ancora skateare. In seguito mi sono rivolto verso altri aspetti della vita, come il mio lavoro. Mi sono reso conto che mi 58 OVe™

piaceva molto disegnare e fare graphic design. Ho imparato ad usare il computer, e questo ha assorbito tutte le mie energie, per cui lo skate è sceso nella scala delle priorità. Non mi piace più così tanto, lo faccio qualche volta, ma non partecipo più alle competizioni. Il mio sponsor ha compreso, e non ha fatto storie. Tu suoni anche. Pensi ci sia un legame tra skate, design e la musica che suoni? Penso di sì. I tre elementi sono combinati, perché quando fai skate è molto importante il modo in cui ti vesti, le scarpe che porti, che maglietta hai, e che grafica c’è sulla maglietta; anche la musica che uno ascolta, se punk, o magari metal, o hip hop. Insieme formano una prospettiva molto ampia.

In che modo sei legato allo skate? È parte della mia vita, della mia anima. Vedi, il mio nome è Parra, e il mio nickname è Paranoid, e la ragione è che a me piace stare “al sicuro”. Mi piace stare in posti in cui conoscere persone, avere un tetto sulla testa…Ma quando prendo la tavola divento un altro. Prendo rischi, faccio salti o qualche altra sciocchezza da spaccarmi la faccia, ma non mi importa.[…] C’è un altro me stesso che fa le cose che io non potrei fare nella mia “vita reale”. È tecnica, finesse; qualcosa che per me è estremamente prezioso, e che amo molto.


È come ci fosse una personalità sommersa, che riesci ad esprimere con lo skate… Sì, esattamente. Senza pensarci, come una sorta di click nel cervello quando vado sullo skate. […] Vai, skatei, e sei una persona differente, ti senti diverso.

Hai mai guadagnato dalle cose che fai, mai fatto qualcosa per assicurarti che possano essere vendute? Oh, su questo il mio punto di vista è completamente diverso da mio padre, e abbiamo spesso discussioni in proposito. Quando realizzo qualcosa, e questa è la ragione per cui mi sono messo a fare magliette e capi d’abbigliamento, vorrei che piacesse a tutti, e io la regalerei. Arte

Cominciamo a parlare di design. Quando hai iniziato a fare il designer? È avvenuto in maniera particolare. Vedi, io sono cresciuto con mio padre, che è un pittore tradizionale, dipinge ad olio, e quindi stavo sempre con lui a disegnare, mentre magari lui lavorava ad una scultura. Per cui ho sempre respirato arte; ma non mi sono mai considerato un artista, perché quando sei giovane vuoi ribellarti contro i grandi, contro tuo padre. La mia ribellione consisteva nell’ascoltare musica che a lui non piacesse, e a skateare, cosa in particolare questa che lui non capiva; ad ogni modo era soddisfatto che facessi comunque qualcosa. Più avanti, quando avevo 18, 19 anni, sono entrato in una scuola d’arte, perché ero comunque attirato dall’arte, anche se non mi consideravo un pittore, o qualcosa del genere. È stato quando ho toccato il computer per la prima volta, e ho visto che avrei potuto realizzare pop art, nel senso di arte semplice da fare, da realizzare, piuttosto che dipingere una tela. Quello è stato il momento in cui ho deciso di fare il designer. Poi, dopo il terzo anno di scuola, ho dovuto fare un periodo di tirocinio, così sono venuto ad Amsterdam, e sono entrato in una piccola internet company. Cose piuttosto semplici e banali all’inizio, ma in questo modo ho avuto l’opportunità di imparare ad usare Illustrator. In seguito ho iniziato a combinare i miei disegni con le linee vettoriali, e da allora sono entrato in fissa. Da quel momento ho lavorato duro, poi ho smesso di lavorare per un capo, e ho cominciato a lavorare in proprio. È stato 5 anni e mezzo fa; ma credo che l’arte abbia sempre fatto parte di me, per via di mio padre.

per la gente, arte da regalare, da gettar via; cose molto semplice da realizzare, ma difficili da riprodurre, perché è il mio stile personale. Mi piace che tutti ne abbiano, giovani, vecchi, skater o punk, chiunque. Da questo punto di vista, realizzo i miei oggetti d’arte in maniera commerciale: ma non con lo scopo di fare soldi, quanto di offrirli a tutti. Come diceva Hitchcock, fare i film per la gente… Certamente. Penso che di questi tempi molte persone lo facciano. Oggi ci piace condividere un sacco di cose: internet, sequenze video, brani audio; tutto viene condiviso molto semplicemente tra persone in tutto il mondo. E credo che tutto ciò contribuisca a creare attorno a questo tipo di arte una atmosfera più “commerciale”, rispetto all’arte del passato.

Come sei arrivato a definire il tuo stile? Credo derivi dal mio modo di disegnare, che è molto semplice, dal momento che si tratta sempre di una singola linea. Con Illustrator è lo stesso principio; si potrebbe dire che senza Illustrator e la Wacom Pen non sarebbe stato possibile. Ora ho cambiato completamente, perché mi sono rimesso a disegnare a mano libera, ma all’inizio era solo Illustrator e disegno vettoriale. Per cui penso che il mio stile derivi dall’utilizzo di Illustrator con i vettori. Da lì sono poi andato oltre, ed ora è difficile spiegare quello che faccio, perché lo stile cambia spesso, anche se il “sapore” è sempre quello. Sostanzialmente si tratta di disegni 2D molto piatti: una linea, due, tre colori, a volte uno, roba molto elementare. OVe™ 59


Penso che questo tipo di lavori sia molto adatto per gli annunci pubblicitari, i posters, dal momento che è molto leggibile… Sì, credo che questo costituisca anche il significato “commerciale” del mio lavoro: è molto pulito, semplice, e facile da interpretare. Non faccio lavori particolarmente “profondi”, qualche volta mi piacerebbe, vorrei, ma non mi viene […]. Se mi piace qualcosa ne faccio semplicemente un disegno, detto fatto. E’ difficile gestire un marchio come Rockwell, avviare un proprio brand? Voi siete in due, no? Sì, siamo io e Alexander, che vive a Denbosis, a circa un’ora di strada. Ci sentiamo principalmente via e-mail e telefono, e qualche volta viene qui. È difficile adesso gestire la Rockwell, perché all’inizio siamo partiti con una manciata di design per T-Shirts, che ho preparato e poi spedito a chi stampava; ora invece facciamo una intera collezione, con qualcosa come 20 differenti grafiche per le felpe, una linea da donna, forse anche un giacchetto e dei jeans, e quindi sta diventando un lavoro davvero molto duro. Però mi piace farlo, dal momento che non c’è un capo, i capi siamo io e Alexander; per cui è sì difficile, ma piacevole, anche se a volte devo rinunciare a uscire, stare a casa e andare a letto 60 OVe™

presto per lavorare la mattina. La parte di design è molto divertente, sviluppare un concept per la stagione, cosa disegnare per il prossimo inverno, linee e tagli, scegliere le taglie e i colori…è difficile, ma finora è stato anche divertente.

Quali sono i tuoi modelli e i tuoi punti di riferimento? Da dove prendi ispirazione? Credo che la mia prima fonte di ispirazione siano stati i dipinti di mio padre, il modo in cui era solito disegnare donne grasse e animali, usando colori molto “carichi”. Poi c’è lo skate, le grafiche delle tavole, le magliette e gli altri vestiti. Ed anche l’hip hop. Penso di avere preso qualcosa da tutto quello che vedo, come tutti. Ma invece di mettere tutte le cose semplicemente assieme, prendo quello che mi piace e lo riduco ad un disegno di una sola linea. L’ispirazione può venire da qualunque cosa, da un libretto di grafiche, da qualcosa lungo la strada, un vecchio libro, o la televisione, MTV. È difficile scegliere una cosa in particolare. Da piccolo mi piaceva Andy Warhol, e mio padre mi regalò un libro. Forse in quel momento ha fatto qualcosa che mi è servito in seguito…


Sei stato a Roma per due esibizioni. Quali sono le tue impressioni riguardo la gente? La prima cosa che mi ha colpito a Roma, e anche a Milano, è che voi siete molti più “ribelli” nei confronti degli “adulti”. La mia idea è che l’Italia in passato era un paese molto coinvolto nella religione, e questo porta le persone (skaters, artisti, writers, musicisti) a ribellarsi di più di quanto non avvenga in Olanda. Bevono di più, urlano più forte, “fanno” di più… L’Olanda è un paese molto liberale, mio padre da giovane era come me, anche quando era piccolo, per cui non c’è granché da contestare, in questo senso. Comunque ho trovato gli italiani molto amichevoli, anche se dovreste imparare a parlare meglio in inglese (eh, eh), perché puoi avere bisogno di spiegare qualcosa e non sai come fare, o magari si capisce solo a metà… Penso pure che siate piuttosto “avanti” con l’idea di arte, proiettati nel futuro, forse anche più “avanti” che ad Amsterdam, che invece ultimamente ristagna un po’. Bene, è tutto. C’è ancora qualcosa che vuoi aggiungere? Vorrei dire che trovo molto stimolante il modo in cui le cose si muovono oggi. Ricordo che è stato molto entusiasmante essere chiamato da voi di Roma per una esibizione (30% Acrilico); poi ho avuto l’opportu-

nità di presentare a Milano (Now Underground), e in seguito certi, dal Giappone, avevano sentito parlare dei miei lavori, e così via… È una buona cosa che oggi le persone possano vedere subito le cose che fai, e attivarsi immediatamente, via e-mail o grazie ad internet; oggi è molto semplice diffondere i propri messaggi, e credo che più persone dovrebbero farlo, e cercare di essere creative. I network diventano via via più ampi: io ho agganci con voi di Roma, altri a Milano, in America, dovunque. Perciò chiunque pensi di avere qualcosa da dire o da fare, dovrebbe farlo, espandere il network, e seminare il mondo di belle cose. Perché tra 20 anni noi saremo gli “adulti”, e possiamo creare un mondo migliore di quello che abbiamo oggi. Volevo aggiungere questo.

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25FRAMES info@orangevalleyent.com

CLOSURE Dan Wolfe

Fulvio Rossetti

Dieci anni di skate, di street skating, metri e metri di pellicola che

ripercorrono i diversi stili dal 1993 al 2003; per intenderci, dalle ruote tutto cuscinetto 36-40, alle recenti 55. Nei cinquanta minuti scelti da Daniel Wolfe ci sono più di quaranta esaltati della tavoletta: si passa da una veloce apparizione di Bam Margera “primi passi”, che avrebbe potuto dirigere Jackass già a quattordici anni, alle surreali streettate di Ricky Oyola. Dal primo viaggio nel vecchio continente del nostro amato-video-amatore (con riprese inedite di Geoff Rowley e Tom Penny a Londra), al tour Element Coast to Coast con Kenny Huges e Kris Markovich. Lo spumeggiante Mark Gonzales con le riprese gentilmente concesse per il video Real To Reel, e poi le fantasticherie dell’estroverso folletto Kenny Reed. E poi ancora riprese in Europa con Mark Johnson, Rick Howard, e poi…e poi…e

poi…

Naturalmente non potevano mancare libere e spensierate streettate nell’unica città dove spingersi è superfluo, S. Francisco, con le comparsate di Nate Jones, Matt Field, Reese Forbes e Keith Hufnugel. Il montaggio è semplice, ma iperveloce (voglio ringraziare per l’occasione il tastino del rewind sul telecomando), in linea con i video east coast. Ma se molto del footage girato potreste averlo già visto nei video in cui D.W. ha collaborato, come Eastern Exposure, Real To Reel, tour Antihero, Emerica, DVS, Lakai, Girl, Path, (lista diffusa per il solo fine di rendere tutti consapevoli di quanto quest’uomo sia riuscito a fare fino ad oggi), la parte finale è materiale del tutto nuovo. Ne è passata di cera sui muretti da quando D.W. ha iniziato, e quello che ha partorito può senza ombra di dubbio definirsi un video di video…

CHLORINE A pool skating documentary presented by SkateBoarder Magazine 2003 Mauro Grassano

Le premesse ci sono tutte: 2 presentatori eccezionali, un cast di tutto rispetto, una degna colonna sonora, locations cercate con meticolosità e perseveranza: questo è CHLORINE, documentario sul pool skating. Lezione 1 - Mappatura ed Appostamenti Ovvero ispezione della città alla spasmodica ricerca di una piscina vuota per una sana skateata, e conseguenti appostamenti per capire quanto la zona sia frequentata . Lezione 2 - Procurarsi il Materiale e le Persone per

Invadere, Svuotare, Pulire la Piscina -

Il tutto agendo più velocemente e silenziosamente possibile, perché se ti beccano le guardie, è sempre una “violazione di domicilio” Lezione 3 - Skateboarding Totale Senza stare a farsi troppe menate sull’inclinazione delle pareti o su quanto sia rovinata la pavimentazione. Questo in breve è CHLORINE, e questa è la vita di quegli skaters che hanno deciso da sempre di vivere outlaw: Steve Alba, Steve Olson, Tony Alva, Brian Patch, Lance Mountain, Dave Hackett, e tutti gli altri che hanno dato il loro contributo skateando in questo video.

There is a lot of danger, espionage and guerrilla tactics involved - Tony Alva -

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THE PHARCYDE

HIP HOP CLASSIC, LOVE & HAPPINESS

I

Testi:

Alexis Jourdain Photo: Chiara Santarelli

ntervista nel backstage de La Scene, Parigi, un’ora prima dell’unica data francese. Ambiente disteso come durante un aperitivo nel tuo soggiorno... mi passi l’accendino?

Alexi: Sapete che dopo il vostro secondo album Labcabincalifornia, i Pharcyde sono entrati nella storia dell’hip hop? Imani: Veramente? Dici che siamo diventati dei classici? Bella!

Alexi: A parte le numerose attività legate al movimento hip hop, soprattutto il rap e la danza, che fate nella vita? Imani: Io cresco i miei figli, ed é un vero lavoro! Ma considero come miei figli anche tutti i giovani afro-americani. Cerco di istruirli e guidarli. L’istruzione si dona tutti i giorni. Mia madre mi ha donato la forza attraverso l’istruzione. Alexi: Tua madre era abituata a comunicare molto con i giovani? Imani: Sì, era professoressa di danza, e mia nonna era musicista. Sono cresciuto in un’atmosfera molto creativa, ma allo stesso tempo impregnata di disciplina. E questo mi ha formato. Ho scoperto molto presto il mondo dello spettacolo, il modo di esprimersi davanti al 64 OVe™

pubblico, di sperimentare diverse vie artistiche: teatro, musica, poesia.

Alexi: Ed é questo che ti ha insegnato a liberare le emozioni, a fare uscire quello che hai nella testa e nel cuore? Ad essere estroverso? Imani: Oddio no, non sono proprio estroverso! Vabbé, in un certo modo sì… esprimo quello che sono in maniera naturale, senza farmi troppe domande. Ma una cosa importante di cui ho sempre la coscienza é che la mia pelle é scura. E ciò é parte di me: é una tradizione orale, e la nostra espressione vivente.

Alexi: A questo proposito, qual é il tuo sguardo oggi sui tuoi fratelli afro-americani e il loro ruolo nella società americana? Imani: Dipende da ognuno! Dei fratelli giocano ad un gioco ed alcuni ad un altro: ognuno cerca di fare qualcosa per riuscire. A volte la via intrapresa é quella buona, altre volte no. Quando sei un giovane nero e abiti nel ghetto, é meglio che ti dai da fare se non vuoi finire male. Per questo cerchiamo di guidare i giovani dicendo loro di sforzarsi a uscirsene dal ghetto con dei business intelligenti e coscienti. Costruire qualcosa per far avanzare la comunità, e per crescere personalmente.


Alexi: Hai un vero ruolo da professore di strada, da fratello maggiore! Imani: Non voglio essere etichettato. Voglio solo essere un tipo per bene e aiutare la gente quel poco che posso, questo é tutto. Ed é sempre possibile aiutare la gente, sia ricca che povera, io me ne fotto dello statuto. Essere una persona a posto mi basta.

Alexi: Quali sono i personaggi che ti hanno mostrato la via giusta? Black stars, politici, filosofi, religiosi? Imani: Mia nonna e mio nonno. La mia famiglia. Ho fatto migliaia di errori ma loro sono stati sempre lì per mostrarmeli, e mi hanno sostenuto con amore. Mi hanno sempre dato quei piccoli, basici consigli: muovi il culo e non ti preoccupare troppo, se fallisci noi saremo sempre là; cerca di non diventare uno stronzo; ascolta le persone che ti vogliono bene e conta solo su di te per riuscire nei tuoi progetti… A forza di sentire tutto questo capisci la portata di queste parole. Bootie Brown:E tu é tanto che conosci i Pharcyde? Alexi: Dal primo album Bizarre Ride II Pharcyde nel ‘92. Già avevate un suono molto particolare, diverso dalle produzioni west coast, come per esempio Dre.

Bootie Brown: Ohhhhhhhhhh! Ma io adoro Dre! Le sue produzioni sono al top da sempre e in tutto il mondo… Comunque é strana l’immagine che avete in Europa degli artisti americani e del loro lavoro. Guarda Mc Hammer per esempio. Tu lo conosci? Alexi: In realtà ho visto dei video e ascoltato qualche traccia, ma non si può dire che conosca bene il suo lavoro.

Bootie Brown: Infatti. I media hanno dato un’immagine di lui, in realtà senza sapere chi fosse veramente. Qua in Europa é visto come un buffone, uno che ha fatto 2 o 3 hits per culo. La verità che MC H é molto rispettato nella comunità afro: ha fatto tanto per la cultura, per lo sport e per la pace nei nostri ghetti. Ha dato pure lavoro a molti fratelli. É una persona per bene, uno vero, raro, e la gente lo tratta da sucker Mc... Il mondo va al contrario! I media negli US non é che facciano molto per mettere in buona luce la gente così... fanno i propri interessi e sanno disfarsi degli idoli troppo coscienti... Alexi: Tranquillo, qua in Europa é uguale!!! Imani: Oddio, mò mi viene da raccontare mille cazzate, a te no? Non hai voglia di raccontare cazzate solo per ridere? OVe™ 65


Alexi: Perche no? Ma aspetta che apro la finestra che sto già fatto… Imani: ...sembri veramente strafatto!!! In ogni caso, io adesso ho solo voglia di fare musica...mi faccio di hip hop da molto tempo, mi ricordo di quando stavo alle superiori, a 18 anni, prendevamo una video camera per filmare i corsi di danza, e pure le demo dei clip di rap, erano delle cose super fresh... Purtroppo mi facevano fare sega a scuola tutte ‘ste cose! Oggi, a 33 anni, ho l’impressione che questi piccoli clip non si siano mai fermati. Alexi: E balli sempre come in quel periodo? Imani: No doubt! Danzo da quando sono nato, sta nel mio DNA.

Alexi: Ma non lavori più come coreografo, vero? Imani: No, ballo sul palco, ballo per me stesso! L’ultimo lavoro da coreografo é stato il video di Micheal Jackson, Thriller.

Alexi: Dovreste organizzare un concorso di danza nei vostri concerti… Bootie Brown: Lo abbiamo già fatto! Chiaro che lo abbiamo già fatto! Il pubblico sale sul palco per affrontarci, da paura!!! 66 OVe™

Alexi: Ho una domanda sull’amore... come si fa a trovarlo, ci si deve preparare? Imani: Non dire cazzate, non é che ci si prepara e lo si trova... é lui che arriva, non si sa mai quando, ma arriva. Alexi: Hmm … ?!!! Imani: Oh é chiaro che non parlo di rimorchiarsi una pischella e farsi una scopata! Queste sono cazzate, non é l’amore! L’amore non é solo attrazione fisica, ma ci sono tutte una serie di emozioni tra un uomo e una donna che passano da uno stato fisico, poi sentimentale, e poi.... oh, ma che cazzo sto dicendo, mica sono un professore in materia! Figurati che ogni volta che mi volevo fare una tipa mi pisciava sempre!

Alexi: Vabbè questo é capitato un po’ a tutti... comunque mi sa che é ora che vi prepariate per il concerto, e vi lascio... Un’ultima cosa: quali sono i progetti futuri? Bootie Brown: Continuiamo la turné live. Abbiamo ancora 2 date e Londra al Jazz Café. Poi torniamo a casa, a preparare il prossimo video e a scrivere nuovi pezzi. Ma il tempo passa super veloce cazzo, e spero di farcela a fare tutto questo!!!


Diciamo che la cosa é più o meno così: il tempo é uno spazio dove metto il mio ritmo, come le percussioni all’inizio e alla fine del nostro nuovo album Humboldt Beginnings, e la mia vita é un pezzo di percussioni! Mai un secondo senza! Te lo dico. Ah, e presto sarà disponibile il nuovo singolo! E un albunm live nel 2005, 100% hip hop.

Alexi: Ultima domanda: é forte l’erba che vi fumate a casa? Bootie Brown: Cazzo é la migliore! Veramente. Abbiamo provato dappertutto, ma la nostra é la migliore. Capisci adesso che cosa ci ha reso the Pharcyde ? Oh dobbiamo andare; peace!

Discografia: http://pharcyde.de/international/discography/bizarreryde.html http://pharcyde.de/international/discography/labcabincalifornia.html http://pharcyde.de/international/discography/testingthewaters.html http://pharcyde.de/international/discography/plainrap.html http://pharcyde.de/international/discography/cydeways.html http://pharcyde.de/international/discography/humboldtbeginnings.html OVe™ 67


1,11. FLIP Finalmente anche in Italia arriva Flip clothing. Questo e tanti tanti altri marchi da: IRN-Distribution-Italy Tel. 3280390033 Fax. 0471 678364

2. DC MANTECA HE Dk.Olive/White Esce in estate la versione di alta gamma della Manteca, da sempre uno dei cavalli di battaglia della DC. In questo modello sono stati aggiunti diversi accorgimenti tecnici non presenti nella versione classica, tra cui ad esempio il sistema DGT che incorpora nel battistrada sezioni di gomma a densità differenziata per assicurare grip o resistenza all’abrasione dove necessario. La suola é completata da un cuscinetto superiore in morbida EVA a contatto con la pianta del piede, utile ad assorbire urti e vibrazioni. Anche la linguetta é stata alleggerita e ridisegnata per aggiungere confort sul collo del piede. Disponibile in quattro diverse colorazioni (in foto la Dk.Olive/White) visualizzabili sul sito www.dcshoes.com 3. LAKAI Disritibuito in Italia da Bion distribution: tel:0473.231273 mail: info@biondistribution.it www.lakai.com

4. ADIO BRIAN SUMMER PRO MODEL Se quello che cerchi e’ una skate shoes e sei un tipo eccentrico:, Brian Summer e ADIO hanno disegnato la scarpa giusta per te!!! Non ti sto a raccontare tutte le note tecniche che questa scarpa contiene te le puoi andare a vedere comodamente sul sito di ADIO, dimenticavo che e’ LIMITED EDITION. muoviti!!!! distribuita da FZ international srl ph.0665002774 5. CARHARTT MULTIUSE JACKET Niente freddo, niente acqua, niente vento..toglitela quando arrivi a casa.. www.slamjam.it

6. LA GHIGLIOTTINA “SKULL” GIORGIO ZATTONI PRO MODEL Cintura in vera pelle con fibbia con teschio in nikel verniciato argento. Ai lati sequenza di borchiette teschiate e logo rivettato La Ghigliottina proprio sopra il vostro sedere. Completamente haute couture, realizzato a mano. Altezza 4 cm e made in italy, disponibile misura uomo e donna e in tre colori: bianco, nero, rosso. Ah, le cinture sono veramente leggere...provare per credere. www.laghigliottina.com 7. VANS GEOFF ROWLEY CLASSIC Che dire di questa scarpa ormai entrata nella leggenda del footwear? Nulla, se non esaltare il suo impareggiabile feeling a contatto col grip,la vestibilità ottima del piede e il suo stile inconfondibi68 OVe™

le: un ibrido tra una Vans Classic e un pro-model degno di questo nome. Rinforzi importanti nei punti di maggior stress e attenzione ai particolari nel design. Un must. Distribuito da Manifattura Valcismon www.vansitaly.it vans@sportful.com Tel: 0439/5711

8. FALLEN STRIKE Black/Charcoal Cresce il team Fallen con l’introduzione di Jon Allie e Josh Armony ad accompagnare il fondatore del marchio Jamie Thomas e crescono i modelli con l’aggiunta della Patriot e della Strike. La Strike in particolare ha riscosso immediatamente un ottimo successo dovuto sicuramente alla sua linea essenziale old school, in piena tradizione Fallen, associata a caratteristiche tecniche superiori legate alla protezione nascosta della punta del piede, alla tomaia in Heavy-Duty Suede caratterizzata da un’alta resistenza all’abrasione, al cuscinetto interno in EVA + Latex per assorbire gli

impatti, alla linguetta superimbottita e al battistrada in gomma naturale. Tre colori di base, nero, charcoal, e bianco. www.fallenfootwear.com 9. DVS Wilson Disrtibuito in Italia da Bion distribution: tel:0473.231273 mail: info@biondistribution.it www.dvsshoes.com

10,13. OAKLEY Anorak 100% nylon ripstop con rivestimento 600 mm. Cappotto con pattina antitempesta a chiusura impermeabile Velcro®. Cappuccio regolabile con fodera in pelliccia staccabile all’interno. Pannelli laterali e sulle maniche con mimetica militare a taglio laser e cuciture decorative a rete Bordatura del cappuccio in pelle. Regolazione del cappuccio


a coulisse con fissaggi della corda. Tasca a pattina sulla manica con chiusura in Velcro®. Tasche per le mani a pattina con chiusure Velcro®. Polsini intagliati di maglia a costine. Pannello a filetto sulle spalle. Stampa serigrafica ed etichetta in metallo. info: 00.800.62.55.39.00 11. USELESS JEANS FIRE Useless propone una vestibilità migliorata rispetto al

tradizionale pantalone a cavallo basso ergonomizzando il taglio della gamba e rinnovando particolari importanti. Il Fire, modello “engineered” e rivisto dei sui pants base, propone un nuovo design delle tasche posteriori e una regolarizzazione dell’orlo per una perfetta caduta sulle scarpe. Disponibile in diversi lavaggi e tessuti, oltre che al classico denim. Distribuito da Venture S.a.s. - www.2useless.com info@2useless.com Tel/Fax: 019/480377

14. RAMP LOGIC Finalmente in Italia le strutture RampLogic firmate dai pro americani, qui il Koston Ledge. info: www.cooping.it

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1.2. 3.4.

!!! LOUDEN UP NOW WARP RECORDS

1

“! ! ! Pronunciatelo chk chk chk, pow pow pow o sceglietelo voi, basta che siano 3 parole uguali senza un significato ben definito”. Così è scritto sulla copertina del disco, e già si preannunciano gli intenti di questa band: ironia, libertà e arbitrarietà. I 3 punti esclamativi in realtà sono in 8, vengono dalla scena newyorkese, e suonano bene di tutto (basso, batteria, chitarre, percussioni, fiati e synth): il risultato è principalmente funk, con ritmiche che spaziano dalla disco ‘70 alla samba, bassline notevoli, cantati e chitarre wave, psichedelia e rumorismo. Divertenti e ipnotici, naif e ricercati al tempo stesso, i !!! stupiscono per l’accuratezza dei suoni e delle strutture dei brani che suonano dinamici, compatti, e mai ripetitivi; Louden up now è ancora su Warp dopo l’esordio del singolo Me and Giuliani down by the school yard (a true story), e c’è ancora la collaborazione di Andrew Weatherall (vedi Two lone swordsmen): peccato che su dieci tracce, due siano versioni alternative di Shit, sheisse, merde, e uno duri circa 1 minuto... Nonostante tutto, rimane tra le cose migliori dell’ondata disco punk ( ascoltare bene Pardon my freedom e Me and Giuliani....) che ci sta circondando. E’ possibile trovare un mini-album precedente, Self Titled, su Gold Standard Laboratories. Matteo Ronchetti

RONI SIZE RETURN TO V V RECORDINGS

2

Torna il padrino del drum’n’bass e questa volta e’ in vena di riconoscenza e gratitudine. Il suo secondo album da solista, dopo quella potente collezione di bombe da club che era stato ‘Touching Down’ nel 2002, e’ una sorta di contributo a coloro che piu’ di dieci anni fa lo accolsero e, riconoscendo il suo straordinario talento, spianarono la strada del suo indiscusso successo, cioe’ i ragazzi della V (vedi Brian Gee e Jumpin’ Jack Frost). E’ comprensibile quindi quell’aria di ritorno alle origini che si respira ascoltando l’album e quel desiderio di includere le sue radici e la sua storia sia in termini di suoni che di 70 OVe™

persone. Ne viene fuori un lavoro che racchiude al meglio l’essenza musicale di Size, profondamente segnata dai rapporti umani (lo si vede dalle numerose collaborazioni che appaiono su tutte e 18 le traccie), fortemente influenzata dal soul-jazz (Want your body feat. Joe Roberts, No more feat. Beverley Knight & Dynamite MC, Sing feat. Jocelyne Brown), dal funk (Cheeky Monkey feat. Tali & Dynamite MC) e dalla cultura hip hop e r&b (Time feat. Darrison, Problems feat. Slaze). Il tutto pero’ passa per un groove di basso e batteria sopra i 165bpm che caratterizza l’intero album e che, derivando dalla sua personale fusione tra l’anima digitale della rivoluzione dancehall reggae dei primi anni ’80 e lo spirito rave dell’acid house di fine decennio, ne fa un prodotto decisamente rivolto al dancefloor (in particolare con Fassyhole feat. Wilks, On and on feat. Stamina MC e Out of breath feat. il beatbox mozzafiato di Rahzel dei The Roots). Cio’ che colpisce di piu’ di questo lavoro e’ la facilita’ con la quale Roni riesce ad incastrare nel suo particolare stile le varie influenze di artisti provenienti da tutt’altri lidi musicali (altri nomi da segnalare sono Rodney P, Victor Duplaix e Fallacy) ma che per riconoscenza, stima o semplicemente eccitamento creativo sono ben disposti a mettere le loro doti a disposizione del genietto di Bristol (forse vale la pena ricordare che il ragazzo, con il suo collettivo Reprazent, ha vinto il Mercury Prize nel ‘97 con l’album New Forms), ben consapevoli che non andranno di certo sprecate. Il tutto e’ fuso alla perfezione con lo stesso equilibrio con cui lui riesce a cavalcare il successo del mainstream senza mai perdere in credibilita’ nella scena underground. Respect! Mauro Campana

NEUROSIS THE EYE OF EVERY STORM RELAPSE RECORDS 2004 PRODUTTORE: STEVE ALBINI

3

Attivi dalla seconda metà degli anni ottanta, i Neurosis rappresentano tutt’oggi una realtà underground senza compromessi in ambito heavy. Passando dall’allucinante furia hardcore dei primi lavori, considerati dei masterpiece del genere estremo, ad un sound e ad una produzione sempre più matura tendente al progressive ed alla psichedelica, il gruppo dimostra per l’ennesima volta che si può crescere senza ammorbidire la propria attitudine ruvida, e al contempo poetica e decadente, mai svenduta ad MTV. The Eye Of Every Storm, certamente difficile ai primi ascolti, può sembrare un disco sottotono agli affezionati delle passate e più fragorose incisioni; ma in realtà si tratta dell’ultima frontiera di un viaggio verso l’alienazione che dura ormai da oltre quindici anni, un percorso oscuro ed angosciante, efficacemente scandito dal possente drumming di Jason Roeder, con atmosfere tra il sabbath più nero, il noise e l’ambient, ideati da Noah Landis, Dave Eduardson e Josh Graham. Il tutto cantato da una delle più brucianti ed espressive voci estreme degli ultimi decenni: Scott Kelly. In un’epoca musicale in cui il termine originalità non

esiste più, e si fanno tanti soldi rubando composizioni di venti, trenta anni prima, i Neurosis, ostili al gusto di massa, ridanno lustro all’Heavy Metal del 2004. Alessandro Gargiullo

THE INTERNATIONAL NOISE CONSPIRACY ARMED LOVE BURNING HEART

4

La banda svedese più cool della musica tira fuori il nuovo disco, e ci fanno urlare! Yeah! Rock n Roll! Con una produzione tirata a lucido da Rick Rubin (do you know Rick Rubin? Mica tanto per i Red Hot, quanto per gli Slayer!) e suoni assolutamente anni settanta, fanno scricchiolare i pavimenti. La sezione ritmica macina senza sosta, con quel rullante che schiocca così hardcore, le chitarre si schiudono spesso e volentieri in assoli valvolari, e un organo compare qua e là a rinforzare, e allo tempo sospendere, le battute. Il rock n roll come lo avrebbero suonato i Beatles degli esordi, adesso. A small demand, Let’s make history, Black mask e via dicendo, ascoltate urlando coretti, battendo le mani a tempo e facendo finta di suonare il cembalo. Un’aria a tratti un po’ Led Zeppelin e addirittura Deep Purple (The dream is over) ma con la consapevolezza che si tratta di uno dei gruppi più politicizzati del rock. E allora avanti con Communist moon, stelle rosse, organi hammond e cori trascinanti. Ecco comparire il fantasma refused (This side of heaven), tempi spezzati e voce strozzata. Ma dura poco e si torna agli urletti e ad una verniciatina un po’ glam, magliette a righe orizzontali rosse e nere, e taglio frangettato. Gli International sono un


mente arricchita di sonorità assolutamente innovative, talvolta addirittura geniali, come nella traccia di DMT. Sicuramente non può mancare nella borsa di un dj, ma va benissimo anche per i non addetti. Mauro Scali

KERRIER DISTRICT REPH

LISTENERS mauoq@orangevalleyent.com

gruppo micidiale, in bilico tra le stelle lucenti del mainstream e quelle rosse dei loro animi. stephen brotherjacci

ELECTRONIC SUMMER IN CORSICA VOLUME 1 HOOTSRECORDS AUTORE: AAVV

5

Uscito sul finire dello scorso settembre, quindi non proprio recentissimo, merita comunque di essere segnalato per la novità che rappresenta nel panorama delle produzioni di nicchia. Nell’affannosa ricerca di contaminazioni che possano rendere innovativo un progetto di elettronica, che spesso sfocia in una pura e semplice trovata commerciale, questa chicca della giovanissima Hoots records, infatti, rappresenta sicuramente un risultato di tutto rispetto anche e soprattutto dal punto di vista artistico. Molti degli artisti presenti, fra cui il total eclipse Florian Seriot, provengono dal mondo della psychedelic, ed in questo esperimento hanno cercato di fondere la propria esperienza nella produzione elettronica con le tradizioni musicali della cultura latina e di quella mediterranea, ed in particolare della Corsica. Ne esce fuori un prodotto ricco di generi e stili diversi, quindi alquanto eclettico e ricercato, ma mai noiso e spocchioso...anzi, pieno di calore e colore, a volte rivolto all’house ma senza banalità. Particolarmente interessanti le due tracce di Nomadbrothers, dove strumenti appartenenti a culture profondamente diverse, come quella araba e latina, si inseguono in una base di bassi di chiara natura psy, senza mai minare l’omogeneità del risultato. Per il resto la ritmica latina è sicuramente dominante, ma sapiente-

Proprietà dell’addizione: cambiando l’ordine degl iaddendi, il risultato non cambia. Proprietà di Luke Vibert:cambiando pseudonimo e genere musicale, il risultato non cambia. Ebbene si, dopo i ritorni alla jungle sotto il nome di Amen Andrews, dopo le incursioni trip-hop funk con lo pseudonimo Wagon Christ, dopo quel capolavoro acid che è Yoseph, con il nome che ha stampato sulla sua driving licence, torna il buon caro e vecchio Luke, stavolta armato di parrucca afro, stivaloni a punta e pantaloni a zampa. Il suo ultimo lavoro,originariamente stampato solo su vinile (ma da poco disponibile anche su cd), ci riporta indietro nel tempo tra atmosfere che svariano tra la disco più pura e quell’electro acida,che lui conosce fin troppo bene, districandosi con stile ed eleganza tra samples di voce semplici, basslines 90’s, e batterie incalzanti e dinamicissime. Risultato? GROOVE GROOOOVE GROOOOOOOOVE!!! Abusatene ragazzi, non può indurre sonnolenza. Valerio Michelini

MASTA ACE A LONG HOT SUMMER M3

5.6. 7.8.

6

7

Masta Ace è uno dei pochi protagonisti di un’era passata (la favolosa Golden Age di fine anni 80) capace di sfornare lavori interessanti in questa confusa scena Hip-Hop attuale. Decisamente lontano dai trend, sia sonori che concettuali, l’mc di Brooklyn ha il suo miglior pregio nell’onestà intellettuale, una genuinità che dà l’impressione all’ascoltatore di avere a che fare con un amico del quartiere, una persona comune. A Long Hot Summer, come lo straordinario predecessore “Disposable Arts”, è un concept-album che ruota intorno alle vicissitudini di un ragazzo di strada, e tra skit e pezzi, Masta Ace mette insieme un altro grande lavoro. I suoi versi chiari e mai banali prendono quota traccia dopo traccia su produzioni curate da pochi nomi noti (9th Wonder, D/R Period, DJ Spinna, Dug Infinite) e da molti nuovi arrivati, tra i quali il croato Koolade e il francese DAMS. Il risultato è un suono fresco, arioso, a partire dalle influenze soul di Good Ol’ Love passando per il boom-bap di F.A.Y. e Travelocity fino ad arrivare al perfetto sound di Beautiful e alle atmosfere festaiole di Omygod con quei casinari dei Beatnuts. E la “lunga estate calda” di Masta Ace si traduce in versi di rara intelligenza, spesso in grado di catturare l’attenzione con una sola frase, di far pensare o di far sorridere. Sicuramente una testimonianza di ottimo Hip-Hop da parte di chi è nel giro da quasi vent’anni ma ha ancora molte cosa sensate da dire. Claudio Contini

TURI L’AMICO DEGLI AMICI

8

Il viaggio di Turi attraverso la sua passione per la buona musica funk e soul culmina nel suo secondo album, “L’Amico Degli Amici”, un lavoro curato interamente dal rapper calabrese con qualche “amico” a dare una mano. E non si sa se apprezzare di più il Turi produttore oppure il Turi emcee. Se quest’ultimo continua ad essere nell’elite del rap italiano (diciamo tra i primi tre?), il lavoro al livello di produzione è senza dubbio quello che merita di essere evidenziato fortemente. Lungo tutte le 15 tracce dell’album si può respirare il feeling che solo un’accurata conoscenza della buona musica può dare. Breaks, loop, scratch, campionamenti d’autore dal caldo vinile vanno a formare un tappeto musicale che nulla ha da invidiare ai maestri newyorkesi e che senza dubbio alza notevolmente gli standard italici. Testimonianza palese ne sono i passaggi musicali che possiamo trovare al termine delle tracce, culminati in una traccia vera e propria, Blues In Fa, così raffinati da far sperare che in futuro possa venir fuori un progetto solo strumentale. Chiarito quindi l’aspetto sonoro, è bene mettersi comodi sul proprio divano ed ascoltare con attenzione le rime di Turi, uno dei pochi mc’s in grado di scherzare ed essere irriverente ma allo stesso tempo dire cose serissime. “L’Amico Degli Amici” è un album più profondo del precedente a livello lirico, gli argomenti che si toccano sono svariati. Ci sono pezzi dove in risalto è messa la tecnica quali Fuoco Al Tetto e Un Mare Di Come, altri più complessi come Tempesta Del Secolo (con il grande Kaos) o Cartoline Dall’Inferno (con un Danno un pò sottotono) e varianti come l’intelligente analisi dell’amore (e non solo) di Nuove Prove od infine la potenziale hit, la divertente e ben fatta Cosa Vuoi Da Me. Il risultato è un’impressionante testimonianza di talento da parte di un’artista genuino ed in continua crescita capace di regalare all’ascoltatore un disco che fa assaporare dall’inizio alla fine del sano Hip-Hop di alta qualità. Claudio Contini

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