MilanoCittàAperta - Journal of urban photography - Issue#20 - Summer/2014 - www.miciap.com
Milano Città Aperta JOURNAL OF URBAN PHOTOGRAPHY
ISSUE #20 SUMMER/2014
ABITARE II
AAA
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MilanoCittĂ Aperta Coordinatore Esecutivo Alberto Locatelli Photoeditor Alberto Locatelli Thomas Pagani Roberta Levi Editor Testi Nicola Bertasi Progetto grafico e impaginazione Daniele Pennati Isacco Loconte Redazione Nicola Bertasi, Alfredo Bosco, Filippo Ceredi, Roberta Levi, Alberto Locatelli, Isacco Loconte, Simone Keremidtschiev, Thomas Pagani
Fotografi Alice Turrina, Marco Cappelletti, Antonio, Theo Pini, Roberta Donatini, Marcella Magalotti, Sara De Santisa Grazie a Popoli, mensile internazionale. Planum - The Journal of Urbanism. Isabella e Oliver Carmi i per le traduzioni. Contatti info@miciap.com submit@miciap.com facebook page
SOMMARIO/CONTENT
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CONSERVAZIONE
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LOBATOMIZZAZIONE
Alice Turrina
Marco Cappelletti
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Antonio Theo Pini
Roberta Donatini
VOLI IN DIRETTA
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TEATRO SCUOLA PAOLO GRASSI Marcella Magalotti
CASCINA CUCCAGNA
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LAMBRETTO ART PROJECT
Sara De Santis
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EDITORIALE /EDITORIAL Restituzioni Luoghi del lavoro, luoghi della cultura.
Recovered Places of work, places of culture.
Milano, come molte altre metropoli europee, è una città postindustriale. Il tessuto urbano è costellato da aree ed edifici che testimoniano il suo passato di città produttiva, in cui a lungo le relazioni sociali si sono sviluppate intorno alle fabbriche, piccole e grandi, e a quello che ruotava loro attorno. Oggi gli edifici destinati alla produzione hanno perso, nella quasi totalità, la loro funzione originaria e una delle sfide urbanistiche che la trasformazione di Milano impone consiste nelle scelte strategiche sulla loro riconversione. Le zone più ampie sono state già trasformate in nuovi quartieri residenziali, con uffici e servizi, ma la mappatura che il lavoro degli studenti del Centro Bauer ci propone si concentra su quelle realtà in cui la trasformazione è avvenuta nel senso di un riuso a scopo culturale. Una destinazione di questo tipo, infatti, recupera alla socialità e all’aggregazione tali spazi, attuando una restituzione alla cittadinanza che ridona ai luoghi quel senso di appartenenza al tessuto sociale urbano proprio di quelle realtà quando ancora erano industriali. Il percorso parte idealmente dagli edifici della zona 6, dove molte riconversioni sono avvenute secondo questa logica, per allargarsi successivamente a tutta la città. L’idea di percorso è poi mantenuta all’interno di ogni lavoro, dove la sequenza fotografica costituisce sempre una sorta di esplorazione del luogo, con avvicinamenti, campionature, rilievi, entrate e uscite: attenzione per la visione generale da una parte e discesa alla ricerca di particolari, anche piccoli o apparentemente insignificanti, dall’altra; ricerca degli elementi che ricolleghino al passato in un senso, o focalizzazione sui contrasti creati dalle nuove destinazioni d’uso nell’altro. E spesso questi elementi vengono combinati all’interno della stessa indagine fotografica per rendere la complessità, il contrasto, l’affastellamento, a volte anche la problematicità che questo tipo di interventi pone. A prescindere dalla maggiore o minore riuscita delle varie operazioni, l’intento non è comunque quello di segnalare una gerarchia di valore privato o pubblico che sia l’agente della riconversione – bensì di valorizzare le risposte alle differenti esigenze manifestate dalla città, nella convinzione che, se i luoghi di lavoro sono stati e sono luoghi di cultura, i luoghi di cultura sono stati e sono luoghi di lavoro.
Milan, like many other European cities, is a post-industrial city. The city’s urban fabric is filled with areas and buildings that testify its manufacturing past, where social relations have developed around factories, large or small. Today, almost all of the manufacturing buildings have lost their original function, and one of the urban challenges that must be faced is the transformation of Milan with strategic choices for their conversion. The larger areas have already been transformed into new residential neighborhoods, with offices and services, but the work that the students of the CFP Bauer School did, focuses on the spots where the process took place with cultural aims. A reclaiming of this kind, in fact, retrieves these areas, returning them to the community with a renewed purpose. The work starts with the buildings of the area 6 of Milan, where many conversions have taken place according to this logic, and then develops throughout the entire city. The focus of the project lies within each work, where the photographic sequence is a kind of exploration that through samples, surveys, inputs and outputs, concentrates the attention both on the overall vision and on details, even small or seemingly insignificant. It can be intended as a study of those elements that link to the past, or a focus on the contrasts created by the building’s new use. Often these elements are combined within the same photographic investigation to underline the complexity, the contrast and sometimes even the problems that could arise. Regardless of the success of the various projects, the aim is not to report a hierarchy of values - a private or a public transformation - but to enhance the responses to the different needs expressed by the citizens, following the belief that if workplaces were and are cultural places, places of culture have been and still are places of work. .
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CONSERVAZIONE Alice Turrina
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012 Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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© Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
La conservazione delle opere d'arte e di artigianato nei candidi laboratori dei Frigoriferi Milanesi.
The preservation of artworks and craftworks in the stainless laboratory of the Frigoriferi Milanesi.
Quando arrivi in via Piranesi ti ritrovi immerso nell'enorme stecca rossa appesa a un intero palazzo del complesso dei Frigoriferi Milanesi. Entri e ti sembra di essere nel paese dei balocchi dell'arte. Opere d'arte ovunque, spazi enormi dove qualsiasi attività può essere accolta. Quando si parla di restauro, si ha un'immagine polverosa dell'artigiano in un cumulo di scheletri d'arte ammassati. Qui i laboratori sono spaziosi, bianchi, puliti, ordinati. Un tempo vi era produzione, scambio e conservazione di merci e ora vi è produzione, scambio e conservazione di cultura e arte. Gli scatti evidenziano come gli edifici sono stati ricostruiti rispetto al tessuto urbano circostante, con il risultato di emergere e contrastare completamente. All'interno la conservazione è coordinata attraverso tecniche di restauro moderne e all'avanguardia, per preservare e recuperare l'aspetto d'origine di opere antiche e contemporanee. Il linguaggio compositivo che viene adottato per le immagini cerca di creare un legame tra interno ed esterno che all'apparenza sembra non esistere esteticamente. Un tessuto di riuso, conservazione, cultura che è offerto alla città, a tutta Italia e all'estero.
When you arrive in Via Piranesi you find yourself immersed in the enormous red stripe which wraps a building, part of the Frigoriferi Milanesi complex. As you step into this venue, the feeling is that of being in the disneyland of art: gorgeous works of art everywhere and huge spaces where all kind of activities are welcome. When it comes to restoration, we usually immagine a craftsman surrounded by a dusty pile of old art pieces. Yet, here the laboratories are spacious, white, clean, and tidy. A place where, once upon a time, goods were produced, exchanged and stored; has turned into a lieu where art is produced, exchanged and protected. In my work, I highlighted how the buildings have been rebuilt compared to the surrounding urban net, and the vibrant contrast that has resulted from this juxtaposition. Inside the venue, the conservation has been done through modern and cutting-edge restoration techniques in order to preserve the original appearance of ancient and contemporary works. The compositional language I used creates an inside - outside link which aesthetically does not exist. Restoration, conservation and culture offered to the city, to Italy and to the world.
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012 Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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Š Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
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© Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
Marco Menghi Alice Turrina nasce nel 1984 a Villafranca di Verona. Grafica pubblicitaria e laureata in Beni Culturali a Verona, intraprende successivamente il corso di fotografia biennale presso il CFP Bauer di Milano per seguire la sua passione: la fotografia. L'interesse primario è la fotografia sociale e documentaria. Il suo recente progetto, "In-quinati", indaga il legame tra la popolazione e un ambiente difficile come quello del polo chimico di Mantova. Dal 2013 insieme al suo compagno di viaggio Edoardo Setti, videomaker, avvia Zenzero, piccola ma solida realtà creativa che offre servizi multimediali a 360 gradi sfruttando le immagini in tutte le sue forme: fotografia, video, animazione digitale. Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: aliceturrina26@gmail.com sito web: www.zenzerostudio.com
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© Alice Turrina, Conservazione, Milano 2012
Alice Turrina Alice Turrina was born in 1984 in Villafranca di Verona. In high school she studied graphic design and, afterwards, earned her bachelor degree in Cultural Heritage in Verona and completed a two-year photography course at CFP Bauer in Milan, to pursue her passion: photography. Her primary interest is social and documentary photography. In her last project is “In-qui-nati” (polluted) she investigates the link between the population and the difficult environment of a chemical plant located in Mantova, Italy. In 2013 Alice, together with her business partner Edoardo Setti, skilled videomaker, she set up Zenzero, a small but creative reality that offers multimedia services using images in all their forms: photography, video and digital animation. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: aliceturrina26@gmail.com web site: www.zenzerostudio.com
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LOBATOMIZZAZIONE Marco Cappelletti
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Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
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Il Carroponte, una riappropriazione contro la "Lobatomizzazione" del tessuto urbano post-industriale. La città evolve disorganicamente in metropoli e l'uomo è sempre meno al centro di tale cambiamento. Evidenti sono le trasformazioni che stanno interessando la città di Milano. Le reti di trasporto collettivo stentano ad espandersi, mentre le grandi catene e l'edilizia residenziale conquistano spazi superiori al necessario. Parallelamente le relazioni sociali si riducono al minimo: le piazze e le strade perdono le loro funzioni, la famiglia non ha più radici nella comunità ed in generale vige l'anonimato. E' in atto un processo di progressiva atomizzazione. In questo contesto l'architettura può intervenire per mantenere vive la storia e l'identità dei luoghi attraverso il processo del riuso. Sesto San Giovanni costituiva un punto di riferimento per l'industria europea. Ora le grandi fabbriche hanno cessato la loro attività e l'identità operaia è oggi mascherata da un paesaggio che non la descrive più. Il tessuto urbano attuale sembra vittima di quella che Rem Koolhaas definisce lobotomia, in riferimento ai grattacieli di New York che una volta raggiunta una "sovradimensione" non sono più in grado di sostenere una corrispondenza tra facciata e funzione interna dell'edificio. Luoghi come il Carroponte consentono di riappropriarsi del territorio e del passato, anche da un punto di vista visivo-concettuale. Perché ciò accada è necessario che l'intervento di riuso abbia come obiettivo la riattivazione del tessuto sociale e la sua restituzione ai cittadini. Questo progetto cerca di evidenziare valori e criticità della nuova identità assunta dal Carroponte che un tempo faceva parte delle acciaierie Breda e ora trasformato in arena concerti. La sintesi raggiunta da queste immagini è frutto del deposito di sensazioni, pensieri ed idee che il territorio circostante ha riversato su di me.
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© Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
The Carroponte as a reappropriation against the "Lobatomizzazione" of the post-industrial urban context. The city evolves inorganically into a metropolis and the individual is less and less involved in this change. The changes concerning the city of Milan are obvious. Collective transport networks are struggling to expand, whilst big corporate chains and the residential spaces are over-dimensioned compared to existing demand. Simultaneously, social relations are reduced to a minimum. Squares and streets are losing their function, the family no longer has roots in the community and anonymity tends to rule. There is a gradual atomization process going on. In this context, architecture, through the process of repurposing, can play a role in keeping the history and identity of certain places alive. Sesto San Giovanni was a reference point for European industry, now big factories have closed their activity and the working class identity is now masked by a landscape that no longer describes it. The current urban fabric seems a victim of what Rem Koolhaas defines as lobotomy, in reference to New York’s skyscrapers that – when “over-dimensioned” - are no longer able to find the link between their internal function and their facade. Places like Carroponte allow us to recapture the territory and our past, also from a visual-conceptual point of view. For this to happen the “repurpose” intervention must have the goal of re-activating the social fabric, returning it to its citizens. This project seeks to highlight the values and the critical role of Carroponte’s new identity. Whilst it used to be a part of Breda’s steel factories, it has now turned into a concert arena. The synthesis reached by these images is a result of the feelings, thoughts, and ideas that the surrounding territory has struck me with.
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Š Marco Cappelletti
Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
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Lobatomizzazione, Milano 2013
Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
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Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
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Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
Š Marco Cappelletti, Lobatomizzazione, Milano 2013
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Š Marco Cappelletti
Marco Cappelletti Diplomato in fotografia al CFP Bauer di Milano, città dove vive e lavora. Svolge la sua attività di fotografo con particolare attenzione al paesaggio. Per saperne di piĂš... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: marco.cappelletti.info@gmail.com sito web: www.marcocappelletti.com
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Lobatomizzazione, Milano 2013
Il cantante jazz brasiliano Manoel Claudiano Zani. Š Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012
Marco Cappelletti Marco Cappelletti graduated in photography at CFP Bauer in Milan, the city where he lives and works. The main focus of his work is landscape. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: marco.cappelletti.info@gmail.com web site: www.marcocappelletti.com
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VOLI IN DIRETTA Antonio Theo Pini
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Š Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
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© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
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© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
La produzione RAI si svolge nella dimensione parallela degli studios, insediati nei locali di una vecchia fabbrica.
The RAI production takes place in the parallel dimension of the studios, established in the premises of an old factory.
In una sospensione in cui apparentemente nulla accade ma tutto è in continua mutazione, i luoghi assumono una loro vera e propria identità. Luoghi che si trasformano, si nutrono di uno spazio temporale parallelo, scandito dalla programmazione televisiva; una città nella città che vive perennemente in penombra, come una sorta di stasi magica. Paesaggi imprevisti che emergono attraverso l'oscurità che placa ed alimenta allo stesso tempo tensioni. Se per uno spettacolo televisivo il protagonista è il performer, il palcoscenico delle telecamere di sorveglianza siamo noi, attori principali della realtà, con lo sguardo sempre fisso sulla finzione del piccolo schermo. Italia, Milano, oltre la coltre costellata da mattoni rossi dell'ex Caproni (la più antica fabbrica aeronautica italiana), nelle profondità del corpo di un'architettura industriale di primo Novecento, vive l'odierno Centro di produzione Rai (televisione nazionale). All'esterno quell'aspetto spettrale e logoro, di un passato sospeso, all'interno invece quell'articolazione di macchine, non più industriali, ma pienamente inserite e necessarie a una civiltà dell'immagine, a una società dello spettacolo definitivamente avviata. Un contrasto netto tra passato industriale, ideologico, moderno e presente postindustriale, post ideologico, postmoderno che si dispiega nel medesimo luogo, una dimensione dicotomica forte articolata negli strati dell'epidermide e nelle membra più recondite. Spazi abissali quelli televisivi in cui i colori vari e ipersaturi collassano, ma altrettanto abissali quegli spazi ex industriali in cui un secolo collassa portando con sé una ristretta gamma cromatica. E' spettacolo quello registrato negli studios, tanto quanto spettacolo diventa paradossalmente il fotografo furtivo tra il labirinto delle telecamere di sorveglianza, innescando uno stratificato dialogo tra immagine, registrazione, fruizione, significato.
In a suspension where nothing appears to happen but everything is ever changing, places confer their true identity. These places are in constant mutation, nurtured by a parallel space, punctuated by television programming, a city within a city that lives forever in the shadows, as a sort of magical stasis. Unexpected landscapes emerge through the darkness that, at once, soothes and nurtures tensions. If in a TV show the performer is put in the foreground, to surveillance cameras we are the performers, the main actors of reality with eyes fixed on the fiction of the TV screen. Milan, Italy over the redbrick dotted blanket of the former Caproni (oldest Italian aircraft factory), deep within the body of an industrial architecture of the early twentieth century, stands Rai’s production center (national television). On the outside, it projects a spectral and worn image, a suspended past, on the inside it reveals a joint machinery, that is no longer industrial, but fully incorporated and essential to the civilization of entertainment, now fully established. The stark contrast between the industrial ideological modern past and the post-industrial, post-ideological and post-modern present that unfold in the same place, creates a strong dichotomous dimension articulated in the layers of the epidermis and in the most hidden limbs. The television spaces in which various and hyper-saturated colours collapse are abysmal, but equally abysmal are such former industrial spaces where a century collapses carrying a limited color selection. Entertainment is what is recorded in the studios; likewise, the photographer - who sneaks between the maze of surveillance cameras and triggers a stratified dialogue between image, recording, enjoyment and meaning - is entertainment.
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© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
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© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013 © Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
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Š Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
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© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013 © Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
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© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013 © Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
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© Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
Antonio Theo Pini Antonio Theo Pini è nato a Livorno. Nel 2010 ha studiato all'Accademia di Belle Arti arti multimediali, ora frequenta la scuola di fotografia Bauer. Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: info@antoniotheopini.com sito web: www.antoniotheopini.com
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Š Antonio Theo Pini, Voli in Diretta, Milano 2013
Antonio Theo Pini Antonio Theo Pini was born in Livorno, in 2010 he studied media arts at the Academy of Fine Arts, and he is currently attending the school of photography CFP Bauer in Milan.
To learn more... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contacts: email: info@antoniotheopini.com web site: www.antoniotheopini.com
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CASCIANA CUCCAGNA Roberta Donatini
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Cascina Cuccagna da via Muratori 53. Cascina Cuccagna from via Muratori 53. Š Roberta Donatini. Cascina Cuccagna, Milano 2013
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Š Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Facciata ed ingresso su via Cuccagna. Facade and entrance on via Cuccagna. Dettagli corte Sud e cucina dalla corte Nord Details from the South courtyard and the kitchen from the North courtyard.
Š Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
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© Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Un Posto a Milano, il ristorante. Un Posto a Milano, the restaurant.
Gli spazi della Cascina Cuccagna dopo il restauro: un tentativo di restituzione ai cittadini.
The spaces of Cascina Cuccagna after restoration: an attempt to restitution to the citizens.
La Cascina Cuccagna è presente sul suolo milanese dalla fine del 1600, ed è oggi una delle quasi sessanta cascine di proprietà comunale, nonché la più insediata nel tessuto urbano di Milano. Inizialmente proprietà dei Padri Fatebenefratelli, la Cascina Torchio è comprata dalla famiglia Galli nel 1881 e nei primi decenni del Novecento prende il nome di Cuccagna da un vicino cascinale abbattuto per costruire la circonvallazione. Negli anni ospita attività artigianali, alloggi popolari e una trattoria. Nel 1989 diviene proprietà del Demanio comunale e dopo dieci anni è dichiarata inagibile e sgombrata. Nasce allora la Cooperativa Cuccagna, che nel 2005 vince un bando emesso dal comune e finanziato della fondazione Cariplo e si aggiudica la concessione ventennale d'uso della Cascina e dei suoi terreni. Quattro anni di lavori di ristrutturazione e restauro conservativo portano all'inaugurazione nell'aprile 2012. Se alcune attività partono a pieno regime, come il ristorante gestito da Esterni, gli orti e la Ciclofficina, altri spazi risultano praticamente vergini ancora per molti mesi, come le grandi stanze al primo piano, utilizzate per qualche esposizione o conferenza, o l'ostello, interamente arredato per il Fuorisalone 2012 ma ad oggi non in funzione. Lo spazio è la componente fondamentale di queste immagini, che vogliono essere documento di come la Cascina risultasse nei mesi dopo la sua apertura al pubblico, quasi come una scatola pronta ed essere riempita. È passato più di un anno dalla fine del mio progetto ed ora le attività della Cuccagna sono molte e diversificate: chi è a Milano possa avere il piacere ed il dubbio di dire se questa riconversione sia ben riuscita e se si possa parlare di una restituzione alla città e ai suoi abitanti.
Cascina Cuccagna is a Milanese landmark since the end of the 17th century, and nowadays it's one of the nearly sixty council-owned farmsteads, as well as the most central. Being initially property of Padri Fatebenefratelli, Cascina Torchio was bought by the Galli family in 1881 and in the first decades of 20th century it acquired the name of Cuccagna, from a nearby farmstead, destroyed to build one of the transportation rings that circles the city center. Over the years it had housed artisanal activities, public housing, and a tavern. In 1989 it became part of public property and after ten years it was declared impracticable and was evacuated. That's when Cooperativa Cuccagna began: winning a public-notice financed by Fondazione Cariplo in 2005, the Cooperativa gained a twenty-year concession on the farmstead and its gardens. After four years of preservation and restoration works, in April 2012, Cuccagna finally opened. Although some activities started right away, like the restaurant run by Esterni, the gardens, and the Ciclofficina (bike self-repairing lab), other places were almost unused, like large rooms on the first floor, furnished only occasionally for exhibitions or conferences, or the hostel, completely furnished since Fuorisalone 2012, but still not operative. Space is essential in these pictures that want to document how Cuccagna was after its public opening, just like a box ready to be filled. I finished my project more than one year ago, and today the farmstead offers more activities. Those who live in Milan can decide for themselves whether this reconversion has been successful and if the farmstead has truly been returned to the city and its people.
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© Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Un Posto a Milano, area bar. Un Posto a Milano, bar area.
© Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Primo piano: galleria e stanza 11, vista su via Muratori. First floor: gallery and room 11, view on via Muratori.
© Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Esterno, dettagli corte Nord e veranda. Outside, details from North courtyard and veranda.
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Dettagli stanze al primo piano. Details of the room on the first floor. Š Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Primo piano, stanza delle capriate. First floor, room with truss.
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© Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
L'ostello, stanza secondaria. The hostel, secondary room..
© Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
L'ostello, stanza grande. The hostel, big room.
© Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Interno Ciclofficina, dettagli. Inside Ciclofficina, details.
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Š Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Esterno Ciclofficina.
Outside of Ciclofficina.
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Roberta Donatini Roberta Donatini, nata nel 1989, vive nella provincia di Bergamo fino ai 19 anni, età in cui si trasferisce a Milano e frequenta Design della Comunicazione al Politecnico. All'ultimo anno di triennale, durante l'Erasmus, segue i corsi dell'indirizzo fotografia alla Birmingham Institute of Art and Design. Nel 2011 si iscrive al CFP Bauer, seguendo il corso biennale di fotografia. Nell'estate 2013 si trasferisce a Parigi per seguire uno stage con il fotografo Cyrille Weiner, con cui collabora tutt'ora come assistente, lavorando allo stesso tempo come fotografa e grafica freelance. Per saperne di pi첫... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: robs.donatini@gmail.com sito web: wwww.behance.net/robsdonatini
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Š Roberta Donatini, Cascina Cuccagna, Milano 2013
Gli orti condivisi. Shared gardens.
Roberta Donatini Roberta Donatini, born in 1989, lived in Bergamo until she was 19 years old, when moved to Milan to attend Communication Design at Politecnico. In the last year of her bachelor's degree, during the Erasmus, she attended the photographic class of Birmingham Institute of Art and Design. In 2011 she attended CFP Bauer in Milan, where she graduated from the two-year course of photography. In summer 2013 she moved to Paris to follow an internship with photographer Cyrille Weiner, with whom she continues to collaborate as assistant, working at the same time as freelance photographer and graphic designer. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: robs.donatini@gmail.com web site: wwww.behance.net/robsdonatini
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TEATRO SCUOLA PAOLO GRASSI Marcella Magalotti
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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© Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
Un percorso attraverso la Scuola Paolo Grassi, nei contrasti tra esterno e interno e tra aule e ambienti teatrali.
A journey through the Paolo Grassi School, in the contrasts between inside and outside, between classrooms and theater environments.
Nella seconda metà dell'Ottocento in zona Ticinese ed intorno al Naviglio Pavese iniziarono a sorgere numerose cascine, affiancate da laboratori per la lavorazione del latte. Una di queste cascine, la Fattoria Vaccheria e Latteria Vittadini, diventata poi Centro Sperimentale del latte e Fabbrica dello Yogurt, ospita oggi la sede del Teatro Scuola Paolo Grassi, punto di riferimento formativo per il mondo del teatro italiano.
In the second half of the 19th century in the Ticinese area and near the Naviglio Pavese canal many farms began to rise, along with by laboratories for milk production. One of these farms, the Fattoria Vittadini, which later became the Yogurt Factory, is now the headquarter of the Teatro Scuola Paolo Grassi, a landmark of the Italian formation in theater professions.
Restaurata dal noto architetto Antonio Zanuso nel 1992, non venne mai privata del forte carattere industriale che la caratterizza. La "torre nera" che si nota appena varcato il cancello, che costituisce il tetto del teatro interno alla scuola, si erige a fianco della ciminiera, parte importante della struttura originale e simbolo dell'archeologia industriale di Milano. La struttura, a forma di ferro di cavallo, è circondata per tre lati da palazzi e si affaccia col quarto lato sul Parco Ravizza. Ciò che mi ha affascinata sin da subito del Teatro Scuola Paolo Grassi è stato il grande contrasto tra gli esterni - rimasti pressoché invariati dai primi del Novecento - e gli interni, completamente rimodernati ed adattati alle esigenze di una scuola. Solo dopo alcuni sopralluoghi mi sono resa conto che i lunghi corridoi e le aule mi portavano sempre al fulcro dell'edificio: il teatro. È nata così l'idea di un percorso, un gioco di scatole dettato dall'alternanza del colore delle aule, tutte bianche o nere, e dai forti contrasti tra luce e buio.
Restored by the famous architect Antonio Zanuso in 1992, it was never deprived from its industrial character. The "Black Tower" that is barely noticeable through the gate, which is the theater’s roof, stands next to the chimney, an important part of the original structure and symbol of the industrial archeology of Milan. The horseshoe shaped structure is surrounded on three sides by buildings and on the fourth side it faces Parco Ravizza. What fascinated me most about Paolo Grassi school was the big contrast between the exterior – which remained almost unchanged - and the interior, which has been completely modernized and adapted to the school’s needs. Only after a few visits I realized that the long corridors always brought me to the heart of the building: the theater. This gave rise to the idea of a journey, a game of boxes characterized by the alternating colors of the classrooms, all black or white, and by the strong contrasts between light and dark.
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
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Marcella Magalotti Marcella Magalotti nasce a Cesena nel 1987. Si avvicina concretamente alla fotografia grazie all'Accademia di Belle Arti di Bologna, che le da la possibilità di vivere gli anni dell'università a stretto contatto con le sue passioni: teatro e musica. Subito dopo la laurea in Scenografia si trasferisce a Milano e si diploma al Biennio Specialistico di Fotografia al CFP Bauer. Oggi lavora come fotografa freelance, porta avanti progetti personali e collabora come assistente con lo Studio Marco Craig e con Paolo Mazzo di F38F. Per saperne di pi첫... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: marcellamagalotti@gmail.com sito web: marcellacarlottamagalotti.tumblr.com
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Š Marcella Magalotti, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano 2013
Marcella Magalotti Marcella Magalotti was born in Cesena in 1987. She approaches photography through to the Academy of Fine Arts in Bologna, which gives her the chance to live her university years in contact with her passions: theater and music. After the graduation in Set Design she moves to Milan, where she graduates in Professional Photography at the CFP Bauer. Today she works as a freelance photographer, carries on personal projects and collaborate with Studio Marco Craig and Paolo Mazzo of F38F. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: marcellamagalotti@gmail.com web site: marcellacarlottamagalotti.tumblr.com
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LAMBRETTO ART PROJECT Sara De Santis
Lambretto Art Project, Esterno Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Vista laterale © Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
Nell'ex Innocenti l'iniziativa di Lambretto Art Project si fa strada per togliere spazio all'abbandono.
The Lambretto Art Project goes ahead within the ex Innocenti factory to steal space to the abandonment.
Il progetto fotografico è nato nel 2012 da una forte voglia di conoscere il quartiere in cui ho vissuto per 2 anni, Lambrate. 5 anni fa, in via Arrighi (una strada confinante il fiume Lambro), in sordina ha visto la luce il LAP, riconversione dell'ex indotto industriale della Innocenti. La struttura realizzata ex novo (la L capovolta), risulta essere poco visibile e difficile da raggiungere, infatti dall'inaugurazione nel 2009 sono stati pochi gli eventi che il Lambretto Art Project ha ospitato. La prima impressione è stata quella di ritrovarmi in un contenitore, custode di opere d'arte e pezzi di design "abbandonati". Quello che doveva essere un "nuovo osservatorio del contemporaneo" mi sembrava ritornato a ciò che era in passato, una fabbrica dismessa. Per questo motivo avendo avuto il Lambretto solo per me, sono riuscita fin da subito ad entrare in stretto contatto con l'ambiente. Nel novembre 2013 (a tre mesi dall'inizio del progetto), l'Officina Temporanea ha organizzato un evento dal titolo "Capitolo 4. Sognare". Per la prima volta e per la durata di una sera, lo spazio aveva ripreso vita. Presentate in ordine cronologico, queste fotografie, vogliono essere un sunto del tempo che ho passato a documentare questo luogo. Di mese in mese ho potuto osservare i piccoli cambiamenti che ci sono stati ed instaurare un rapporto a tu per tu con questo spazio ormai "decadente", perché citando mia nonna: "Se la casa rimane vuota, si rompe!"
The project "Restituzioni" aimed to investigate those factory buildings in the Milan area, that nowadays are used as cultural and artistic centers. 5 years ago, in Via Arrighi (a street bordering the Lambro river), the LAP was quietly born, a reconversion of an industrial building owned by Innocenti. The new structure (the upside down L) seemed not to be clearly visible and kind of hard to reach. In fact, since the inauguration in 2009, there have not been many events organized by the Lambretto Art Project. My first impression was that it would be a container, a guardian of "abandoned" works of art. What was supposed to be a "new observatory of contemporary" seemed to be stuck in the past, a disused factory. In November 2012 (3 months after the beginning of my project), the Officina Temporanea, organized an event called "Chapter 4, To Dream". For the first time, for one night, the space was back to life, reborn and full of people. Month by month I could see the little changes that were going on to create a close relationship with this "decadent" space; because quoting my grandmother, "If the house stays empty, it stays broken."
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Lambretto Art Project, Veduta del fiume Lambro e della Bazzi Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate Lambretto Art Project, Ingresso Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Interno Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate Lambretto Art Project, Interno Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Interno Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Interno Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Interno Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
Lambretto Art Project, Capitolo 4, Officina Temporanea Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Capitolo 4, Officina Temporanea Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Capitolo 4, Officina Temporanea Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Lambretto Art Project, Interno Š Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
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Sara De Santis Sara De Santis nasce nel 1987 a Termoli (Molise). Laureata in Scenografia all'Accademia di Belle Arti di Brera, nel 2011 studia fotografia al CFP Bauer di Milano. Nell'Agosto 2013 si trasferisce a San Paolo (Brasile) e lavora con il collettivo brasiliano CIA de Foto. Artista residente presso lo Estudio Madalena, attualmente collabora con i fotografi e curatori IatĂŁ Cannabrava e Claudi Carreras. Frequenta la specialistica in Fotografia presso la facoltà Fundação A. Álvares Penteado di San Paolo.
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Contatti: email: saradesantis.art@gmail.com sito web: saradesantisphoto.tumblr.com
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Lambretto Art Project, Vista notturna © Sara De Santis 2012, Milano, Lambrate
Sara De Santis Sara De Santis was born in 1897 in Termoli (Molise). Graduated in Production Design in Academy of Art of Brera, in 2011 studies photography at CFP Bauer in Milan. In August 2013 she moved to São Paulo (Brazil) where she worked with the brazilian collective CIA de Foto. Resident Artist at Estudio Madalena, collaborates with the two photographers and curators Iatã Cannabrava e Claudi Carreras. She’s currently attending a Postgraduate studies in photography at Fundação A. Álvares Penteado in São Paulo..
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Contacts: email: saradesantis.art@gmail.com web site: saradesantisphoto.tumblr.com
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MANIFESTO /MANIFESTO
MilanoCittàAperta
MilanoCittàAperta
Durante la seconda guerra mondiale, alcune città europee furono dichiarate “aperte” dalle forze in campo. L’esercito nemico lasciava così la possibilità agli occupanti di abbandonare il centro abitato, evitando di distruggere completamente il patrimonio storico e artistico (promessa in realtà raramente mantenuta). Tra le “città aperte” di quegli anni: Roma, Firenze, Parigi, Atene. Milano non fu mai dichiarata “città aperta”. Forse anche per questo motivo il monte Stella, simbolo della ricostruzione milanese del dopoguerra, nacque proprio dalla necessità di sotterrare un milione di quintali di macerie recuperate in seguito ai bombardamenti anglo-americani.
During World War II, some European cities were declared “open” by military forces. This way, foreign armies left the inhabitants the possibility of abandoning their houses, without completely destroying the historical and artistic resources and architecture (a promise which was rarely kept). Among the “open cities” were Rome, Florence, Paris, Athens. Milan was never declared an “open city”. This partly explains why the (Stella mountain), a symbol of post-war reconstruction, was born from the burial of over a million hundred kilos of rubble resulting from the EnglishAmerican bombings.
La seconda guerra si è conclusa da alcuni decenni e Milano, come tutte le principali città italiane, si è data da fare per ricostruire ciò che aveva perduto. Sotterrati morti e detriti, lo sviluppo si è imposto come il primo obiettivo della popolazione. Ancora oggi la maggioranza delle persone ritiene che il progresso di una società sia legato più alla sua crescita quantitativa piuttosto che alla qualità delle risorse di cui già dispone. Ecco allora che la ricostruzione non si accontenta di ri-costruire, ma vuole espandersi, ingigantirsi, svilupparsi all’infinito. La Storia non si può fermare.
World War II had recently ended and Milan, as all the major Italian cities were doing, was working hard to rebuild what was lost. After burying its dead and debris, development was the first thought in people’s mind. The majority of the population still thinks a society’s progress is determined more by the quantity than the quality of its resources. That’s why reconstruction wasn’t only about re-building, but also infinitely expanding, enlarging, developing. History can’t be stopped.
Un conflitto sociale resta dunque ancora in atto: quello tra l’oggi e il domani, tra le necessità (presunte) e le speranze (reali). Questo conflitto non ha né principio né fine, non ha confini, né prospettive. È inesorabile. Se volessimo nominarlo con una parola, potremmo chiamarlo “Tempo”. Al Tempo e alla sua opera di creazione e distruzione si relaziona l’Uomo, che non accetta di essere sconfitto senza avere prima combattuto con le armi di cui dispone. Di fronte alle rovine e alle macerie del passato, l’Uomo ha da sempre progettato il proprio futuro in funzione di una nuova Storia. E oggi l’Uomo si è fatto Cittadino per poter portare avanti la propria battaglia all’interno di un luogo apparentemente più adatto: la metropoli. La fine della Guerra, nonostante tutto, è ancora lontana. Come scrive Benjamin, a proposito dell’Angelus Novus dipinto da Klee: “L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi (…) Ma una tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle (…) Ciò che chiamiamo il progresso è questa tempesta.” La storia, dice Benjamin, non è una lineare catena di eventi in successione e il progresso dell’era capitalista non conduce necessariamente verso il paradiso. Nel mondo della modernità, la dimensione esistenziale dell’Uomo coincide sempre più con l’essenza della Città industrializzata e il passato di uno è ormai racchiuso nel tempo dell’altro. L’alienazione del singolo individuo confuso nella massa indistinta della folla, costituisce infatti da Baudelaire in poi uno dei temi fondanti la poetica della cultura occidentale.
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A social conflict is still happening: one between the past and the present, between the (presumed) needs and the (real) hopes. This conflict has no beginning nor an end, no conflicts or perspectives. It’s inexorable. If we could give it a name, it would be “Time”. Man relates himself to Time and its work of creation and destruction, unable to accept defeat before fighting, using all the weapons he has. Looking at the ruins of the past, Man tries to create a future imagining a new History. Today, Man has become a Citizen to carry on his battle inside a more apt environment: the big metropolis. The end of the War, despite everything, was still very far. As Benjamin wrote about Klee’s painting of the Angelus Novus: “The angel of history must have this characteristic: his face must be turned towards the past. Whereas we see a chain of events, he sees only one catastrophe that accumulates ruins on ruins and throws them at his feet (…) But a tempest pushes him towards the future, despite him turning his back to it (…) This tempest is what we call progress.” History, says Benjamin, is not a linear chain of events and the capitalist era’s progress doesn’t necessarily bring to Paradise. In the modern world, Man’s existential dimension coincides more and more with the essence of the industrialized City and one’s past is contained in the other’s time. The individual’s alienation, confused in the crowd, constitutes one of the fundamental themes of Western culture, from Baudelaire on.
Cosa resta dunque del paradiso perduto? Come salvarsi dalla tempesta? Italo Calvino risponde così, in chiusura delle Città invisibili:
What’s left of our lost paradise, then? How to save oneself from the crowd? Italo Calvino answers at the end of Invisible Cities:
“L’inferno è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
“Hell is already here. There are two ways to avoid suffering from it. The first is easy for many: accepting hell and becoming a part of it until one doesn’t see it anymore. The second is risky and needs continuous attention and learning: Trying to understand and being able to understand who and what, amongst hell, is not hell, and make it last, and give it space”.
Già, ma in che modo si può dare spazio a ciò che merita essere salvato? E soprattutto, come possiamo “farlo durare”?
Good, but how is it possible to give space to what deserves to be
Siamo arrivati al punto del nostro discorso. Da questa domanda ha inizio il viaggio che la nostra rivista spera di poter intraprendere. Proviamo quindi a rispondere: L’essenza del passato passa di sfuggita ma nell’immagine, che balena una volta per tutte nell’attimo della sua conoscibilità, si lascia fissare. “La verità non può scappare”, scrive Benjamin. Ecco allora una risposta: la Fotografia eccede la Guerra. Come dice il filosofo Giorgio Agamben, tutto ciò che si fotografa è chiamato a comparire nel Giorno del Giudizio. L’immagine fotografica è dunque sempre più che un’immagine: è il luogo di uno scarto, di uno squarcio sublime fra il sensibile e l’intellegibile, fra la copia e la realtà, fra il ricordo e la speranza. Se dunque non possiamo possedere il presente ma solo il passato, se possiamo possedere della realtà solo un’immagine a testimonianza del nostro stato di mortalità, allora il fotografo è chiamato a diventare il “flâneur”, poeta della modernità e nomade dell’eternità. Ricorda Henri Cartier-Bresson: “Vagavo tutto il giorno per le strade, sentendomi molto teso e pronto buttarmi, deciso a prendere in trappola la vita, a fermare la vita nell’attimo in cui veniva vissuta”. Il fotografo è come un cacciatore e la sua macchina è un fucile. Ad ogni scatto/sparo, un frammento di realtà viene catturato per sempre, sottratto al divenire e consegnato all’eternità. Il fotografo ha così la possibilità di offrire alla società il proprio sguardo etico attraverso quello estetico e viceversa. La nostra rivista si pone proprio questo obiettivo. Eredi della tradizione del fotogiornalismo d’inchiesta nato grazie alla Magnum negli anni ’50 e consapevoli della ricerca sociale e artistica delle avanguardie del Novecento, tentiamo così di inscriverci all’interno del cammino della Fotografia con lo sguardo (e l’obiettivo) rivolti verso il futuro. Desideriamo discendere nella realtà, liberarne i segreti, utilizzare il gesto fotografico per concretizzare l’azione vissuta in prima persona. Dichiariamo così finalmente Milano “città aperta” e accettiamo la nostra guerra all’interno del divenire caotico della città. Questa stessa città che, in quanto fotografi, desideriamo conoscere e far conoscere. E far conoscere per poter cambiare.
saved? Most of all, how can we “make it last”? We’ve reached the topical point of our discussion. This question is the beginning of the journey that our magazine wants to undertake. [Let’s try to answer: the essence of the past is in passing but it’s possible to fix it in the image flashing once and for all in a moment where it’s possible to know it.] “The truth can’t escape” says Benjamin. This is a possible answer: Photography goes beyond War. As the philosopher Giorgio Agamben says, everything that is photographed will be called to appear on Judgment Day. The photographic image is the place of a sublime break between what’s substantial and what isn’t, between a copy and a reality, between memory and hope. If we can’t possess the present but only the past, if all we can have is an image of our mortality, then the photographer becomes the new “flâneur”, the poet of the modern age and the vagabond of eternity. Henri Cartier-Bresson remembers: “I used to hang around the streets all day, feeling very tense and ready to throw myself into things, determined to “trap” life, to stop life in the moment it’s being lived.” A photographer is like a hunter, his camera is like a rifle. In every shot, a fragment of life is captured forever, taken away from possible changes and given to eternity. A photographer, then, has the opportunity of offering to society his ethical vision through an aesthetic vision, and vice versa. That’s the aim of our magazine. Heirs to the tradition of photojournalism born in the ‘50s thanks to Magnum cameras, and aware of the social and artistic research of the past century, we’re trying to insert ourselves in this path with our eyes (and our lens) looking at the future. We want to delve into reality, freeing its secrets, using photography to make our first-person experience concrete. We finally want to declare Milan an “open city” and we accept our war within the chaotic continuous changes of our city. This city that we, as photographers, wish to understand and be understood. So that we can change it.
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