Tonio De Leo - Fermate

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Tonio De Leo

FERMATE

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TONIO DE LEO

FERMATE POESIE

MILELLA


Š 2017 by Edizioni Milella - Lecce ISBN 978 - 88 - 942837 - 2 - 3

Edizioni Milella - Lecce Tel./Fax: 0832-241131 www.milellalecce.it edizionimilellalecce@gmail.com In copertina: Lecce, veduta del lato sud di piazza S. Oronzo - primi ’900


ai mie agli amici

Tanti, troppi, i ritmi frenetici della vita per non imparare ad apprezzare i silenzi! Ăˆ nelle brevi pause che posso soffermarmi a dar valore alle mie piĂš intense sensazioni. Rimodello le giornate e mi arricchisco di nuove consapevolezze! Linda Reale Ruffino



Introduzione

Nu scire te pressa: l’ironia poetica dialettale come logica del più piano Ricordare poeticamente cosa significa? Rispondo così: far incontrare il non presente del presente con l’ assente del passato. L’incontro avviene all’interno di una parola sognante, come quella poetica, la quale è motivata da una tensione duplice: far confluire la nostalgia di ciò che ci manca in quello che abbiamo sempre desiderato e forse mai vissuto. Lo sguardo poetico compensa, intravede, sovrappone, trasferisce, compone: è vincitore nei confronti dello sguardo della Gorgone, che pietrifica, rendendo statico il reale in ciò che è stato, senza coglierne la dinamica reale, in cerca di una realtà più vera da renderla finalmente vivente. La poesia cerca di rendere vivente quanto la vita ci nega, sottraendoci alla storia del possibile: diversa dalla storia effettiva, che è presenza in crisi, soggettività costretta, coscienza inconsapevole, altrimenti l’inquietudine, la solitudine, la sottrazione alla comunità. A meno che la ‘presa di coscienza’ non percorra un’altra strada di consapevolezza, segnata dall’appaesamento della parola dialettale, nel ruolo di lingua-visione con cui vedere il mondo in modo bino, più che ambivalente: in effetti, il presente è consi7


derato da Tonio De Leo dal punto di vista dialettale, ossia secondo la saggezza del paese. Nessuna subalternità, nessuna chiusura municipale: la parlata dialettale è confronto, è sottile ironia, con cui richiamare ai valori dell’esistenza (sottolineo la parola esistenza) quanto di inesistenza la modernità vive ‘non sognando’. Sognare in dialetto significa non trasferimento in un’eterotopia dal dove distante; significa pure non adesione a un ideale di bellezza fatto di sole cose belle: per De Leo il sogno è il recupero di un ‘camminare più piano’, fatto di indugio, di attesa, di tempo, ossia, dello sguardo meditativo, con cui guardare è cogliere e raccogliere l’insieme di natura e uomo, di paesaggio e gesto, di esistenza e di vivente entro la ‘confattibilità’ del reale. Sognare in dialetto è pure partecipare alla comunità come una festa, condividere il gioco con la comunicazione segreta tra compagni che condividono il finale della vincita innocente, appunto per gioco; vivere il proprio corpo non come feticcio edonizzato dalla moda, ma come sé soggettivo nel mostrarsi con il pudore dello sguardo e del dialogare con l’anima. Scoprire nel dialetto il sogno con cui correggere, sorridendo, la modernità, segnata dalla fretta, dalla festa-confusione, dal gioco che censura e vieta la comunicazione, è proposta culturale interessante, per profondità sensibile, per emozione cosciente rivolta alla dilatazione dello sguardo dell’altro. 8


Ecco il ritratto del poeta: un uomo che insegna a guardare fino a far vedere il sogno: che il dialetto avvicina alle cose, accosta alle forme, approssima all’esistente già vissuto, perché diventi vivente ancora. Ancora fino a quando? Fino alla fine stessa dei dialetti come parlata del ricordo, come parola da dire: in ciò consiste la profondità antropologica di una lingua; la sua semantica densa, la sua capacità di significare oltre il suo poter dire. La poesia è la regina della scienza dell’espressività umana; è l’energia di senso che si incarna nel dire delle parole, di qualunque lingua non legata al potere di dover dire, ma al non potere di voler dire nel tempo lungo delle parole che sanno far parlare anche l’origine, esprimendo gli archetipi dell’esistenza: ogni libro di poesia è per me un evento sul piano della sensibilità, che cerca espressione e significazione. Come un sasso grande, qualunque sasso smuove l’acqua dello stagno, perché ritorni a farsi onda ed increspatura: anche la poesia di De Leo contribuisce ad inondare la nostra sensibilità, mossa dalle parole dialettali di una volta, commossa per ciò che esse ci sanno dire, ravvivata per quanto la poesia di Tonio ci motiva nel farci sentire ed anche percepire. Perché no?: pure re-immaginare con il richiamo alle cose evocative del ricordo, vere per l’anima; forse reali per la storia. Carlo A. Augieri 9


“LAUDATO SIE MI’ SIGNORE2- VII EDIZIONE 2016 – PRESIDENTE DEL PREMIO ACC. FULVIA MARCONI PRESIDENTE DI GIURIA PROF. FRANCESCO MULE’ 3° PREMIO AL POETA ANTONIO DE LEO (LECCE) PER “LU NONNU” – N° DI REGISTRAZIONE 43 – SEZ. CI miei nipotini mi hanno cambiato la vita,dice il nonno,sentendosi ritornato ragazzo,felice e fortunato di giocare con loro,di portarli a passeggiare alla villa e di guardarli mentre si divertono sulla giostra o sull’altalena. Coi figli ormai diventati adulti,sono loro,i nipoti,ad essere al primo posto nel cuore degli anziani. È una composizione in quartine a rima incrociata,ognuna con tre endecasillabi e col terzo verso settenario: un preziosismo tecnicoformale a dimostrazione della bravura dell’Autore. È anche una composizione che,traendo ispirazione dagli affetti familiari più genuini invita ad amare l’infanzia e a ritornare alla gioia e alla serenità di quel tempo passato. Prof. Vittorio Verducci Falconara Marittima settembre 2016 Falconara Marittima- Premio Letterario Internazionale


“LAUDATO SIE MI’ SIGNORE2- VI EDIZIONE 2015 – PRESIDENTE DEL PREMIO ACC. FULVIA MARCONI PRESIDENTE DI GIURIA PROF. FRANCESCO MULÈ 2° PREMIO AL POETA ANTONIO DE LEO (LECCE) PER “LA FEDE” – N° DI REGISTRAZIONE 28 – SEZ. BAntonio De Leo si presenta alla 6^ edizione del Laudato con un bellissimo sonetto dedicato a “La fede” in endecasillabi a rima alternata, tranne l’ultima terzina. Impronta religiosamente cristiano/cattolica. Versi assolutamente freschi e profondi, sicuramente scorrevoli, attraverso i quali, il nostro Poeta, trasmettendoci sensazioni,emozioni e sentimenti, viene a testimoniarci che la sua passione/vocazione è e rimane esclusivamente la poesia perché con essa Egli si esprime con tutta l’eleganza e l’assoluta conoscenza letteraria che Gli sono proprie. In questi “dolci” versi i Suoi lettori/fruitori sentono le pulsazioni di un cuore fortemente credente e dotato di un’anima “illuminata”: è il cuore di Antonio De Leo, sicuramente destinato a diventare una voce interessante per il mondo della letteratura e, nello specifico, della poesia del nostro tempo. Una storia/racconto, “La fede”, di tutta la verità cristiana, caratterizzata da un lavoro di esaltazione della parola singola, assolutamente smaterializzata e spiritualizzata; si leggono versi ricchi di poesia sentita in cui il nostro Autore raggiunge un’alta e raffinata forza di fascinazione lirica pel tramite di uno stile di scrittura linda e schietta,spontanea e sincera. Tra i vari scrittori di versi, che abbiamo avuto la fortuna e il piacere di analizzare e, oggi, di premiare per aver suscitato delizia all’animo della Commissione giudicatrice, è da annoverarsi sicuramente il nostro De Leo. “La fede”(lux vitae, direbbe qualcuno) è un componimento nato per regalare all’Autore, non soltanto la gioia di aver ricevuto un ambito riconoscimento cultural/letterario, ma la certezza di essersi maggiormente esplorato, (ri)visitato e (ri)scoperto nel suo Io, nel suo essere l’essenza della sua esistenza. Antonio De Leo,un poeta dal linguaggio lindo e schietto, libero come libera è la sua psiche; poeta della parola / concetto nel cuore dei suoi affezionati lettori, amanti e malati della bella poesia. AD ASTRA! Falconara Marittima,11 ottobre 2015 Il Presidente di Giuria Prof . Francesco Mulè Falconara Marittima - Premio Letterario Internazionale


Fermate* Fermate, spetta! nu scire te pressa, camina cchiù chianu, percè bbai te corsa? È beddhu cu vivi lu tiempu ca passa e nu cu lu faci passare pe forza. Fermate, spetta! eccu l’aurora, nnu giurnu lucisce, lu cielu te russu già se colora, nna barca intru mare stae ferma… …camina nnu ecchiu, nna canna ca spettta nnu pisce, fermate, uàrda: cce beddha matina.

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A mia figlia Daniela.

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Fermati Fermati, apetta! Non andare di corsa, cammina più piano, perchè vai di corsa? È bello vivere il tempo che passa e non farlo passare per forza. Fermati, aspetta! Ecco l’aurora, si fa giorno, il cielo di rosso già si colora, una barca dentro al mare sta ferma… …cammina, un vecchio, una canna che aspetta un pesce, fermati, guarda: che bella mattina.

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Nna fiata* Nna fiata… sù passati ormai tant’anni! -quanti ricordi tornanu a lla mente!nna vita cchiù tranquilla, senza affanni… e nc’era tantu amore tra la gente. E quanti amici, tuttu era cchiù beddhu! mmienzu nna strata sempre nui vagnuni sciucamu sulu a mazza e pizzarieddhu, cu nnu currulu oppuru a lli cantuni. Pupe te pezza estute te merletti, e le bambule cu lla porcellana, li carrarmati fatti te rocchetti, e qualche libru sulu a lla Befana. La luce cu nnu lume la ddumamu, nu nc’era ncora la televisione, la sira sempre a casa la passamu, e cce rispettu, quanta educazione! Lu ìernu tutti nnanti a lla brascera, li nonni ni cuntàanu qualche cuntu, e tutte ddhe cumete a primavera a ncelu nu sapìamu quante suntu.

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Ai miei nipoti Andrea e Lorenzo.

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Una volta Una volta… sono passati ormai tanti anni! -quanti ricordi tornano alla mente!una vita più tranquilla, senza affanni… e c’era tanto amore tra la gente. E quanti amici, tutto era più bello! in mezzo a una strada sempre noi ragazzi giocavamo solo con una mazza e un pezzettino di legno, con un trottolina oppure ai quattro cantoni. Pupe di pezza vestite di merletti e le bambole con la porcellana, i carrarmati fatti di rocchetti, e qualche libro solo alla Befana. La luce con un lume l’accendevamo, non c’era ancora la televisione, la sera sempre a casa la passavamo, e quanto rispetto, quanta educazione! L’inverno tutti davanti ad un bracere, i nonni ci raccontavano qualche racconto e tutti gli aquiloni a primavera in cielo non sapevamo quanti erano.

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E quandu scìamu poi a ll’elementare, ogne piccinnu comu era cuntentu, e me recondu iòu ca s’ìanu fare su nnu quadernu le aste tantu tiempu. Intru la chiesa quanti chierichetti, la cotta bianca tutta ricamata, subbra l’altare comu li angioletti, ognunu poi servìa Missa cantata. …………………………………… Cu ll’ecchi chiusi pensu iòu a nna fiata, e dicu a stì piccinni tantu spierti: uàrdati nnanti, ma cu ll’ecchi pierti.

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E quando andavamo poi alla scuola elementare ogni bambino come era contento e io mi ricordo che si dovevano fare sopra un quaderno le aste per tanto tempo. Dentro la chiesa quanti chierichetti, la cotta bianca tutta ricamata, sopra l’altare come gli angioletti ognuno poi serviva Messa cantata. …………………………………… Con gli occhi chiusi penso io ad una volta e dico questi bambini tanto svelti, guardate avanti, ma con gli occhi aperti.

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Famiglie ‘nsieme* Mòi sta vivimu tutti nnu momentu ca è tantu bruttu pe sta società, nu nc’è cchiùi amore, nu nc’è sentimentu, quantu egoismu! Manca la bontà. Quanta tristezza, quanta delusione! Cu ll’ecchi chiusi sempre camenamu, uàrdamu sulu la televisione, e nu tenimu tiempu cu pensamu. Nu ni tescimu cchiùi nisciuna cosa, nui stamu citti nu parlamu cchiùi, quantu silenziu nc’ete intru ogne casa, quanta indifferenza tra de nui. Mòi simu surdi, nu sentimu nienti, nna uce amica sempre cchiù luntana, e tutti rimanimu indifferenti puru quandu sta sona la campana. S’à persa l’amicizia, nu nc’è amore, mòi stamu suli mmienzu a tanta gente, nu nc’è cchiùi affettu, manca ddhu calore ca te facìa felice senza nienti.

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Alla Comunità parrocchiale San Pio X.

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Famiglie insieme Adesso stiamo vivendo tutti un momento che è tanto brutto per questa società, non c’è più amore, non c’è sentimento, quanto egoismo! Manca la bontà. Quanta tristezza, quanta delusione! Con gli occhi chiusi sempre camminiamo, guardiamo solo la televisione e non abbiamo il tempo per pensare. Non ci diciamo più nessuna cosa, noi stiamo zitti non parliamo più, quanto silenzio c’è dentro ogni casa, quanta indifferenza tra di noi. Noi siamo sordi, non sentiamo niente, una voce amica sempre più lontana e tutti rimaniamo indifferenti anche quando sta suonando una campana. S’è perduta l’amicizia, non c’è amore, adesso siamo soli in mezzo a tanta gente, non c’è più affetto, manca quel calore che ti faceva felice senza niente.

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Quantu su beddhe ste famiglie ‘nsieme, quantu è beddha pe tutti sta sciurnata, ete comunitaria e nc’è lu seme te tutti li valori te nna fiata.

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Quanto sono belle queste famiglie insieme, quanto è bella per tutti questa giornata, è comunitaria e c’è il seme di tutti i valori di una volta.

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Nu se busca nienti* Ogne fiata ca nc’è nna festicciola ène sempre nnu bravu chitarrista, nc’è quiddhu poi ca sona la pianola, e puru nnu cantante veru artista. Canzuni beddhe tutte anni sessanta, quanti ricordi tornanu a lla mente! La voglia te nnu ballu è propriu tanta -coccia!- cu quisti nu se busca niente. Valzer, mazurche, tanghi appassionati, nna musica ca rrìa intru lu core, rimanenu li masculi ssettati, ballanu te sule ddò signore. Le fimmene distinte ed eleganti, ssettate tutte intornu comu è ritu, nu nc’è nisciunu ca se face nnanti, nisciunu ca ni face qualche invitu. Li masculi sù bueni pe sciucare, iòu pensu nu nci suntu cchìui ricette, ca quisti forse ormai sapenu fare sulamente nna scupa o nnu tressette.

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Agli amici del Centro sociale.

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Non si guadagna niente Ogni volta che c’è una festicciola viene sempre un bravo chitarrista, c’è quello poi che suona la pianola e pure un cantante,vero artista. Canzoni belle tutte anni sessanta, quanti ricordi tornano alla mente! La voglia di un ballo è proprio tanta -oddio!- con questi non si guadagna niente. Valzer, mazurche, tanghi appassionati, una musica che arriva dentro il cuore, rimangono gli uomini seduti, ballano da sole due signore. Le donne distinte ed eleganti, sedute tutte in torno com’è rito, non c’è nessuno che si fa avanti, nessuno che fa loro qualche invito. I maschi sono buoni per giocare, io penso che non ci sono più ricette, che questi forse ormai sanno fare solamente una scopa o un tressette.

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Lu Can Can* E quandu è rriatu poi lu carnevale, te ballerine èstuti e ben truccati, nnu ballettu ndaveru eccezionale ànu ballatu tutti scatenati. “Fatti più in là” facìa lu ritornellu, cantàanu tutti insieme, era nna festa! a mmienzu stia ssettatu lu cchiù bellu, nnu tale ca se chiama Bonatesta. Su nnu divanu stisi, ìatecati, finu a quandu s’à chiusu lu sipariu, a picca tiempu poi s’ànu cangiati, nnu spettaculu riccu, propriu variu. Lu can can a lla fine ànu ballatu, sù stati tutti bravi veramente, bravu ndaveru ci l’à preparatu, e poi tanti gli applausi te la gente. Li masculi estuti te subrette, cu lli vestiti tutti fatti a manu, e quandu quiddhu à fattu le piroette nc’e statu poi nnu forte battimanu..

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Agli amici di San Pio.

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Il Can Can E quando è arrivato poi il carnevale, di ballerine vestiti e ben truccati, un balletto davvero eccezionale hanno ballato proprio scatenati. “Fatti più in là” faceva il ritornello, cantavano tutti quanti, era una festa! in mezzo stava seduto il più bello, un tale che si chiama Bonatesta. Sopra un divano stesi, sbracati, fino a quando si è chiuso il sipario, in poco tempo poi si sono cambiati, uno spettacolo ricco, proprio vario. Il can can alla fine hanno ballato, sono stati tutti bravi veramente, bravo davvero chi l’ha preparato, e poi tanti gli applausi della gente. Gli uomini vestiti da soubrette con i vestiti tutti fatti a mano, e quando quello ha fatto le piroette c’è stato poi un forte battimano.

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Musi tinti, parrucche assai vistose, truccati veramente cu maestrìa, ballàanu propriu comu le sciantose, e quiddhu me parìa nna beddha strìa. Nnu can can ndaveru originale, spettaculu ca se commenta sulu, qundu nc’è statu poi lu gran finale, le gonne a ll’aria e moscianu lu culu.

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Le labbra tinte, parrucche assai vistose, truccati veramente con maestria, ballavano proprio come le sciantose, e quello mi sembrava una bella ragazza. Un can can davvero originale, spettacolo che si commenta da solo, quando c’è stato poi il gran finale, le gonne all’aria e mostrano il sedere.

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A casa a llu Mariu* A casa soa lu Mariu m’à nvitatu cu ni facimu qualche partitina, nc’eranu le ddò soru e lu caniatu, muggherema lu Enniu e la Mimina. Nna partita cu lu Ucciu e cu lla Bruna, simpatiche persone tantu care -ma coccia!- nna pinella almenu una, mancu cu quisti cquai se po’ sciucare. A nna smazzata iòu stia già a chiusura quandu eccu la Mimina, senza pressa, ttacca le carte e chiute, cce figura! puru sta fiata iòu restu te fessa. Te lu dicu ndaveru cu riguardu: sientime Mariu nu pensare a nui, sciucamu sulamente mòi a biliardu, ma a burracu nu me nvitare cchiui.

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A Mario e Mimina.

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A casa di Mario A casa sua Mario mi ha invitato per fare qualche partitina, c’erano le due sorelle ed il cognato, mia moglie Ennio e la Mimina. Una partita con Uccio e con la Bruna, simpatiche persone tanto care ma -accidenti!- una pinella almeno una, neanche con questi si può giocare. A una smazzata io stavo già a chiusura quando ecco la Mimina, senza fretta, attacca le carte chiude, che figura! Anche questa volta io resto da fesso. Te lo dico davvero con riguardo: sentimi Mario non pensare a noi, giochiamo solamente adesso a biliardo, ma a burraco non mi invitare più.

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Torneu te burracu Nnu torneu cu lle carte te raminu, ssettati tutti quanti seri seri, a quattru a quattru pe ogne tavolinu, parenu giocatori propriu veri. Ogne partita nc’è nna discussione: ma quantu è stata brutta ddha sciucata! uàrda lu scartu, fanne cchiù attenzione! e ddha carta percè nu l’à pigghiata? Ma quantu suntu beddhi tutti ddòi, cce beddha coppia! quantu sù perbene! ognunu scioca mòi pe fatti soi, ànu daccordu se nu stanu insieme.

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Torneo di burraco Un torneo con le carte di ramino, seduti tutti quanti seri seri, a quattro a quattro per ogni tavolino, sembrano giocatori proprio veri. Ogni partita c’è una discussione: ma quanto è stata brutta quella giocata! guarda lo scarto, fai più attenzione! E quella carta perché non l’hai presa? Ma quanto sono belli tutti e due, che bella coppia! quanto sono per bene! Ognuno gioca adesso per fatti suoi, vanno d’accordo se non stanno insieme.

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Scupa e tressette* (A Martano) Sù sulu quattro li giocatori, ma propriu tanti li spettatori, uàrdanu, giranu te ogne parte e allora sapenu tutte le carte. Quanti commenti, ma pe favore! sù tutti bravi quiddhi te fore. Ogne tressette nna discussione, sempre ognetunu tene ragione. Se scechi a scupa tocca te impegni, è quasi parlata cu tanti segni. Cu ll’ecchiu rizzu tocca te ‘mpari tieni lu sette ma te denari.

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A gli amici del Circolo cittadino.

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Scopa e tressette (a Martano) Sono solo quattro i giocatori, ma proprio tanti gli spettatori, guardano, girano da ogni parte e allora sanno tutte le carte. Quanti commenti! Ma per favore! Sono tutti bravi quelli di fuori. Ogni tressette una discussione, sempre ognuno tiene ragione. Se giochi a scopa devi impegnarti, è quasi parlata con tanti segni. Con l’occhiolino devi imparare tieni il sette ma di denari.

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Se chiudi l’ecchi vuol dire poi ca tie te sette ne tieni ddoi. Nnu sette sulu ‘mpizzi lu musu, se tieni re la capu susu. Lu piettu nnanti minti te bottu allora è certu ca tieni lu ottu. Poi nnu colpettu fanne le prove, se mùei la spaddha tieni lu nove. Se cacci la lingua tie tieni nn’ àsu, pe ll’autre carte capisci a casu. Fanne attenzione ca ogne sciucata ete nna scupa propriu parlata. Ma à stare attentu, se no è stranu, sapenu tutti cce tieni a manu.

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Se chiudi gli occhi vuol dire poi che tu di sette ce n’hai due. Un sette solo chiudi il labbro, se tieni il re alzi la testa. Il petto avanti metti di botto, allora è certo che tieni l’otto. Poi un colpetto, fai le prove, se muovi la spalla tieni il nove. Se cacci la lingua tu tieni un asso per le altre carte capisci a caso. Fai attenzione che ogni giocata è una scopa proprio parlata. Ma devi stare attento, se no è strano, sanno tutti cosa hai in mano.

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Lu nonnu* Tutta la vita mia m’ànu cangiatu, sti ddò nneputi mei, sti picciccheddhi, li uàrdu: cce sù beddhi! me sentu propriu tantu furtunatu. Cu iddhi sù ddentatu nnu vagnone -quanti scechi intru casa a nterra stisu!e poi, quandu me ntisu, quante partite a ddoi cu nnu pallone. E tante macchinine, ddhi pupazzi, li carrarmati cu lli soldatini, tutti ddhi palloncini, ca se ne scoppia unu tie me mbrazzi. Ogne matina poi nna passeggiata a lla villa, a lle giostre, a ll’altalena, e sempre cu nna lena quante cose facìamu a nna sciurnata. Me ène tuttu a mente comu a nsonnu, ogne giurnu cchiù beddhu, ogne momentu iòu sempre cchiù cuntentu, ca è la cchiù beddha cosa essere nonnu.

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Ad Andrea e Lorenzo.

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Il nonno Tutta la vita mia hanno cambiato, questi due nipoti miei, questi piccolini, li guardo: che sono belli! mi sento proprio tanto fortunato. Con essi sono diventato un ragazzo -quanti giochi dentro casa steso a terra!e poi, quando mi alzo, quante partite a due con un pallone. Tutte quelle macchinine, quei pupazzi, i carrarmati con i soldatini, e tanti palloncini, che se ne scoppia uno tu mi abbracci. Ogni mattina poi una passeggiata alla villa, alle giostre, all’altalena e sempre con una lena quante cose facevamo in una giornata. Mi viene tutto a mente come in sogno, ogni giorno più bello, ogni momento io sempre più contento, che è la più bella cosa essere nonno.

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Li figghi mòi sù randi, sù scresciuti, li tieni sempre a mpièttu, intru lu core, nc’è postu pe ll’amore, lu primu postu mòi e pe lli nneputi.

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I figli adesso sono grandi, sono cresciuti, li tieni sempre in petto dentro al cuore, c’è posto per l’amore, il primo posto adesso è per i nipoti.

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Nonnonline Progettu nonnonline a llu liceu Palmieri, insegnanu li alunni, li nonni suntu veri. È stata nn’emozione -lu tiempu comu ola!quandu dopu tanti anni simu turnati a scola. E la cchiù beddha cosa è stata certamente lu garbu e l’attenzione pe nui te ogne studente. Mòi quistu ete lu tiempu ca tutti ànu te fretta, perciò propriu nisciunu te pote dare retta. E nu te pare veru ca tieni mò cquannanti giovani tantu bravi e beddhi tutti quanti. Tante lezioni chiare ànu saputu fare ca lu computer certu mòi lu sapimu usare.

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Nonno online Progetto nonno online al liceo Palmieri, insegnano gli alunni, i nonni sono veri. È stata un’emozione -il tempo come vola!quando dopo tanti anni siamo tornati a scuola. E la più bella cosa è stata certamente il garbo e l’attenzione per noi di ogni studente. Adesso questo è il tempo che tutti vanno di fretta, perciò proprio nessuno ti può dare retta. E non ti sembra vero che tieni qua davanti giovani tanto bravi e belli tutti quanti. Tante lezioni chiare hanno saputo fare che il computer di certo adesso lo sappiamo usare.

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Caru Professore* A llu sessantacinque nu lu pigghiasti a casu ddhu centudieci e lode, tesi su San Tommasu. Laurea in pedagogia e già tenì pretese, ca subitu studiasti filosofia francese. Sartre, Merleau Ponty, l’esistenzialismu, poi nn’analisi ampia crocianesimu-marxismu. Appena laureatu giovane assistente, pe tutta la carriera cquai sempre presente. Prima ricercatore, associatu poi ordinariu preside te facoltà propriu straordinariu.

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Al prof. Giovanni Invitto.

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Caro Professore Nel sessantacinque, non lo prendesti a caso quel centodieci e lode con una tesi su San Tommaso. Laurea in pedagogia, e già avevi pretese, che subito studiasti filosofia francese. Sartre, MerleauPonty, l’esistenzialismo, poi un’analisi ampia crocianesimo-marxismo. Appena laureato giovane assistente, per tutta la carriera qua sempre presente. Prima ricercatore, associato poi ordinario, preside di facoltà proprio straordinario.

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Convegni, conferenze, riviste, relazioni, nn’infinità te tesi, quante pubblicazioni. E mò ca nci sta pensu, besocca cu lu scrivu, ca cu Romanu Prodi facisti tie l’Ulivu. Lu pulmann te Lecce, propriu te ccquai partìu, poi è sciuta comu è sciuta, vabbene, fazzaddìu. Fine, elegante, beddhu, esempiu te onestà, semplice, a lla manu, modellu te umiltà. Cussì iòu t’àggiu istu, cussì t’àggiu ammiratu, professionista veru e tantu preparatu. Serenu, sorridente, nnu veru figurinu, prima cu lla toga e poi cu ll’ermellinu. 44


Convegni, conferenze, riviste, relazioni, un’infinità di tesi, quante pubblicazioni. E adesso che ci sto pensando, bisogna che lo scrivo, che con Romano Prodi acesti tu l’Ulivo. Il pulmann da Lecce, proprio da qua partì, poi è andata come è andata, va bene faccia Iddio. Fine, elegante, bello, esempio di onestà, semplice, alla mano, modello di umiltà. Così io ti ho visto, così ti ho ammirato, professionista vero, e tanto preparato. Sereno, sorridente, un vero figurino, prima conla toga e poi con l’ermellino. 45


Insieme tutti quanti nùi te tecimu in coru, mò ca sta bbai in pensione auguri, buon lavoru. Ca iòu ne suntu certu nu te puèi riposare, tie sì nnu professore, sì natu pe studiare.

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Insieme tutti quanti noi ti diciamo in coro, adesso che stai andando in pensione, auguri, buon lavoro! Che io ne sono certo non ti puoi riposare, tu sei un professore, sei nato per studiare.

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La scola te pittura* È l’ura ca ncumincia la lezione, le tele pronte su lli cavalletti, poi tutti nsieme, quasi nna riunione, pe lli culuri nnanzi a ddhi tubetti. Intru li vasettini l’acqua raggia, cu lli piattini e li pennieddhi a manu, qualche culure manca -beh! mannaggia!nu face nienti nui lu ricavamu. Nc’è lu biancu, lu giallu, lu marrone, nna punta te ddhu russu nu à mancare, e lu verde vescica serve e come, poi tutti a postu pronti pe pittare. Ci tene pe lli fiuri nna passione, ci invece face sempre nnu paesaggiu, quiddha è fissata pe lla precisione e nc’ete puru ci… tene curaggiu. Sempre te pressa te cce à ‘ncuminciatu, tuttu te paru òle cu se ‘mpara, è simpatica, m’àggiu vvicinatu, nu sacciu ncora iòu cce sta prepara.

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Alla Società Operaia.

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La scuola di pittura È l’ora che incomincia la lezione, le tele pronte sopra i cavalletti, poi tutti insieme, quasi una riunione per i colori davanti a quei tubetti. Dentro i vasettini l’acqua raggia, con i piattini ed i pennelli in mano, qualche colore manca, -beh mannaggia!non fa niente noi lo ricaviamo. C’è il bianco, il giallo, il marrone, una punta di quel rosso non deve mancare, e il verde vescica serve, e come! poi tutti a posto pronti per dipingere. Chi tiene per i fiori una passione, chi invece fa sempre un paesaggio, quella è fissata per la precisione e c’è pure… chi tiene coraggio. Sempre di fretta da quando ha iniziato, tutto una volta vuole imparare, è simpatica, mi sono avvicinato, non so ancora io che sta preparando.

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Nc’è una ca stà face nnu toreru, nc’è nna panchina, nn’arveru sfrundatu, ddhu cavallu lu iti? pare veru, e ddhu quadru me pare stilizzatu. E tanti fiuri, fiuri te campagna, e carofani, calle, margherite, nc’è nna chiesetta sutta la muntagna, nna coppa cu lle mile e tante site. Nc’è quiddha sperta ca à cangiatu postu, è sempre allegra, Ddiu la benedica! ha fattu già ddò quadri prestu prestu: nnu libru piertu e nn’arveru te fica. E nc’ete quiddha te lu pescatore, nna tela rande st’annu sta prepara, la pizzica ca è musica e folclore, sta tradizione noscia tantu cara. Se t’à fermatu e nu sai cce à fare, se puru qualche cosa nu te piace, statte tranquillu no! nu nci pensare, chiama la mescia e bbiti cce te face. Se te sta tela tie nu sì cuntentu o se stu quadru te stà pare bruttu, mòi ène iddha e propriu a nnu momentu nna botta te pennieddhu e giusta tuttu. 50


C’è una che sta facendo un torero, c’è una panchina,un albero sfrondato, quel cavallo lo vedi? sembra vero, e quel quadro mi pare stilizzato. E tanti fiori, fiori di campagna, e garofani, calle, margherite, c’è una chiesetta sotto la montagna, una coppa con le mele e tante melagrane. C’è quella svelta che ha cambiato posto, è sempre allegra, Dio la benedica! ha fatto già due quadri presto presto un libro aperto e un albero di fico. E c’è quella del pescatore (fatto l’anno scorso), una tela grande quest’anno sta preparando: la pizzica che è musica e folclore, questa tradizione nostra tanto cara. Se ti sei fermato e non sai che cosa fare, se pure qualche cosa non ti piace, stai tranquillo no! non ci pensare, chiama la maestra e vedi cosa ti fa. Se di questa tela tu non sei contento o se questo quadro ti sta sembrando brutto, adesso viene lei e, proprio in un momento, un colpo di pennello e aggiusta tutto. 51


Dipingenu cu impegnu tutti quanti, le casalinghe, li professionisti, giovani, anziani, tutti dilettanti, e tanti sù ddentati veri artisti. Quanti ne sù passati te cristiani, cchìui te cent’anni ormai te attività, la scola intitolata a Maccagnani, fiore a ll’occhiellu te sta Società.

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Dipingono con impegno tutti quanti, le casalinghe, i professionisti, giovani, anziani, tutti dilettanti, e tanti sono diventati veri artisti. Quante ne sono passate di persone, più di cent’anni ormai di attività, la scuola intitolata a Maccagnani, fiore all’occhiello di questa Società (operaia).

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La moda Cce bbè la moda? Iòu bu lu dicu: s’à mintere in mostra mòi l’ombellicu. Osce la fimmena è maliziusa, cchiùi beddha ete, cchiùi è tespettusa. E comu se este, madonna mia! Sempre cchiù nuda pare ogne strìa. Cce trasparenze! nci òle coraggiu, cce scollatura, e cce tatuaggiu. Propiu te coste la mutandina, cquai su lla coscia nna farfallina.

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La moda Che cos’è la moda? Io ve lo dico: si deve mettere in mostra adesso l’ombelico. Oggi la donna è maliziosa, più bella è più è dispettosa. E come si veste, madonna mia! Sempre più nuda sembra ogni ragazza. Che trasparenze! ci vuole coraggio, che scollatura e che tatuaggio. Proprio accanto alla mutandina qua sulla coscia una farfallina.

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Ddhi pantaloni! nu riescu a capire, stritti, piccicchi, ma li face trasire. Li jeans curti ormai sù normali puru te jernu cu lli stivali. Esse a passeggiu in calzamaglia, lu face amposta nu ca se sbaglia. Mòi ogneduna se sente donna, quantu cchìù curta è la minigonna. A lla stagione, a llu primu calore, la panza scoperta e lu culu te fore. O beddha o brutta, slanciata o piena, s’à bbitere sempre lu fonduschiena. 56


Quei pantaloni! non riesco a capire, stretti, piccoli, ma li fa entrare. I jeans corti ormai sono normali pure di inverno con gli stivali. Esce a passeggio in calzamaglia, lo fa apposta non che si sbaglia. Adesso ognuna si sente donna quanto piÚ corta è la minigonna. Alla stagione, al primo calore la pancia scoperta ed il sedere di fuori. O bella o brutta, slanciata o robusta, si deve vedere sempre il fondoschiena. 57


O curta o auta quantu nna stanga te sutta porta sempre lu tanga. Ca pe la fimmena piccinna o rande, nna cosa beddha sù le mutande. E comu sù fatte, cce moda, cce stili, nnu triangulu annanti, arretu ddò fili. O russe o gialle o cu qualche fiore, ma ànu bbessire sempre te fore. Te sutta ddhi causi le iti spuntare, cussì tie te giri e continui a ùardare.

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O bassa o alta quanto una stanga, di sotto porta sempre il tanga. Che per la donna, piccola o grande, una cosa bella sono le mutande. E come sono fatte, che moda, che stili, un triangolo davanti e dietro due fili. O rosse o gialle o con qualche fiore ma debbono uscire sempre di fuori. Da sotto i pantaloni le vedi spuntare, cosĂŹ tu ti giri e continui a guardare.

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A casa a llu Sandru* Nna ricorrenza è sempre importante, la festeggiamu a llu Sandru Gigante, o iernu o estate, a casa o a ll’apertu, cquai stamu bùeni e quistu è certu. Nc’è la piscina e se nu te piace nc’ete lu pratu o lu garace. Siccomu le feste poi suntu tante nc’ete la musica e l’altoparlante. Cu turcenieddhi, salcissia e vinu se face la la festa te San Martinu. Nn’anniversariu, nnu compleannu, o nnu cenone te capudannu, o quandu nc’è nna festa speciale comu pasquetta o carnevale, o laurea o cresima o comunione cquai se festeggia ogne occasione. Ogne famiglia porta nna cosa, tutti li primi se fannu cquaccasa, nu nc’è besegnu poi cu lu spiegu ca pe la carne se dduma lu fuecu. Mòi puru lu catering s’ànu mparatu, cussì rrìa tuttu già preparatu. Ma à bèssere prontu, spiertu, scattante, se no sparisce tuttu a ll’istante. Sù propriu tanti li amici cquai e le mangiate nu spiccianu mai. *

Alla famiglia Gigante.

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A casa di Sandro Una ricorrenza è sempre importante, la festeggiamo da Sandro Gigante. O inverno o estate, a casa o all’aperto qua stiamo bene e questo e certo. C’è la piscina e se non ti piace c’è il prato o il garage. Siccome le feste poi sono tante c’è pure la musica e l’altoparlante. Con turcenielli, salciccia e vino si fa la festa di san Martino. Un anniversario, un compleanno, o un cenone di capodanno, o quando c’è una festa speciale come pasquetta o carnevale, o laurea o cresima o comunione qua si festeggia ogni occasione. Ogni famiglia porta una cosa, tutti i primi si fanno qua casa, non c’è bisogno poi che lo spieghi che per la carne si accende il fuoco. Adesso anche il catering si sono imparato così arriva tutto già preparato, ma devi essere svelto, pronto scattante se no sparisce tutto all’istante. Sono proprio tanti li amici qua e le mangiate non finiscono mai.

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Sù tutti te garbu, ànu d’accordu, mòi cercu iòu me li rrecordu. Nc’ete lu Massimu lu pasticcere, nc’ete la Mary ca è la mugghere. Nc’è la Daniela nc’è la Valeria, nc’ete lu Fabiu persona seria, mentre scherzusu è lu Damianu, sempre la rima a purtata te manu, pe tutti quanti, nu nc’ete scontu, cu nnu bicchieri e lu brindisi è prontu. Nci suntu spessu li genitori, Lillina e lu Sandru ddho bravi signori. Poi nc’ete l’Angela ca a llu Carlu, n’à dicere sempre: basta, non farlo! lassa ddhu cocktail, ma per piacere! se no te sculi nn’autru bicchiere. Daniela e Giuseppe nn’autra presenza, nc’è l’Annamaria, nc’ete la Enza, Doriana e Luigi tantu ngarbatu, Valeria e Valeriu ca ni ete caniatu, Daniela De Giorgi nc’ete e lu Sandru e tante fiate don Alessandru. Nci suntu li strèi te tutti costoru ca sciocanu sempre pe fatti loru. Eccu li numi mò ca nci pensu: Matteu, Samuele, Andrea, Lorenzu, Francescu, Valentinu, Angelu e Chiara, Cristrina, Chica, Elisa tantu cara. Te quandu sù nati ca stanu insieme, sù tutti beddhi e se òlenu bene. Cquai le serate ndaveru sù tante grazie a ll’amicu Sandru Giagante.

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Son tutti bravi, vanno d’accordo adesso cerco io di ricordarmeli. C’è Massimo il pasticcere c’è la Mary che è la moglie. C’è la Daniela c’è la Valeria c’è Fabio persona seria, mentre scherzoso è Damiano, la rima sempre a portata di mano; per tutti quanti non c’è sconto con un bicchiere e il brindisi è pronto. Ci sono spesso i genitori Lillina e Sandro due bravi signori. Poi c’è Angela che a Carlo deve dire sempre: basta, non farlo! lascia quel cocktail, ma per piacere! altrimenti ti scoli un altro bicchiere. Daniela e Giuseppe un’altra presenza, c’è l’Annamaria, c’è la Enza. Doriana e Luigi tanto garbato, Valeria e Valerio che gli è cognato. Daniela De Giorgi c’è e Sandro e molte volte don Alessandro. Ci sono i ragazzi di tutti costoro che giocano sempre per fatti loro. Ecco i nomi adesso che ci penso: Matteo, Samuele, Andrea, Lorenzo, Francesco, Valentino, Angelo e Chiara, Cristina, Chica ed Elisa tanto cara. Da quando sono nati che stanno insieme, sono tutti belli e si vogliono bene. Qua le serate davvero son tante, grazie all’amico Sandro Gigante.

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A llu Pieru* Caru Pieru Montinaru t’àggiu fare nna proposta: cquai nu nc’ete nnu scarparu pare ca sì rriatu amposta. Perciò iòu àggiu pensatu ca mòi intru a ll’oratoriu nci ole forse preparatu propriu nnu laboratoriu. Nci sù tante scarpe rutte ca ni lassanu cquannanti, ni le giusti propriu tutte cu llu tamantile nnanti. Minti tacchi e puru sole e poi mentre ca sta spietti te sicuru nc’è ci ole subbratacchi e li menzetti. E cussì don Salvatore è cuntentu veramente, sù cuntente le signore e poi puru tanta gente.

*

A Piero Montinaro.

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A Piero Caro Piero Montinaro ti debbo fare una proposta: qua non c’è un calzolaio, sembra che sei arrivato apposta. Perciò io ho pensato che adesso nell’oratorio ci vuole forse preparato proprio un laboratorio. Ci sono tante scarpe rotte che ci lasciano qua vicino, ce le aggiusti proprio tutte con il grembiule avanti. Metti tacchi e pure suole e poi mentre che stai aspettando di sicuro nc’è chi vuole sopratacchi e mezze suole. E così don Salvatore è contento veramente, sono contente le signore e poi pure tanta gente.

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La solista* Te lu coru è la solista, cura teatru e campu estivu, face puru la regista, ete tosta, iòu l’ammiru. Se à cantare su ll’altare e lu Salmu nu ni ntona, nienti propriu se pò fare, nu la smuovi sta vagnona. Ni lu face recitatu, canta poi lu ritornellu ca nu bbete mai stunatu, e te certu ete cchiù bellu. Qundu nc’ete qualche festa tutta intenta a preparare gira sperta, lesta, lesta e se tàe sempre da fare. Quante cose sape fare, beddha, allegra, sorridente, sape puru recitare a cquai stae sempre presente.

*

Ad Elena Casali.

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La solista Del coro è la solista, cura teatro e campo estivo, fa pure la regista è energica, io l’ammiro. Se deve cantare sull’altare ed il salmo non le va a genio, niente proprio si può fare, non la smuovi questa ragazza. Ce lo fa recitato, canta poi il ritornello che non è mai stonato e di certo è più bello. Quando c’è qualche festa tutta intenta a preparare gira svelta, lesta lesta e si dà sempre da fare. Quante cose sa fare bella, allegra, sorridente, sa anche recitare e sta qua sempre presente.

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Ăˆ la Elena nna stria brava, semplice, ngarbata, face tanta simpatia, su ogne cosa è preparata.

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Ăˆ la Elena una ragazza brava, semplice, garbata, fa tanta simpatia su ogni cosa è preparata.

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Tutta pipe* È piccicca tutta pipe e bbe brava cu prepara, sempre calma, se la rite, e tra tutte è la cchiù cara. Se se mangia qualche sira quantu è sperta! …nu la ‘mpatti, scappa nnanti arretu e gira, confeziona e porta piatti. Nnu momentu te attenzione se la torta s’à tagghiare, face iddha ogne porzione ca se nò nu po’ bastare. E cce tene pe gioielli: nc’è la Sara ca è nn’amore, Luca e Marcu ddò gemelli, lu maritu ca è nn’attore. Cce me piace a mie sta strìa, è sincera, nu te nganna, face tanta simpatia, s’à capitu: ete l’Anna.

*

Ad Anna Capolongo.

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Tutta pepe È piccola, tutta pepe ed è brava per preparare, sempre calma se la ride e tra tutte è la più cara. Se si mangia qualche sera quanto è svelta! …non la contieni, scappa avanti dietro e gira, confeziona e porta piatti. Un momento di attenzione se la torta si deve tagliare, fa lei ogni porzione altrimenti non può bastare. E cosa tiene per gioielli: c’è la Sara che è un amore, Luca e Marco due gemelli e il marito che è un attore. Quanto mi piace questa ragazza, è sincera, non ti inganna, fa tanta simpatia, si è capito: è l’Anna.

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A mmienu a ll’anche* A mmienzu a ll’anche la tene ritta, la tene scusa, la tene stritta. Sì, padre Beppe puru la tene, la mmoscia sulu a ci ni conviene. La tene a ddhai, nu s’à tuccare, se esse te fore se po’ bagnare. E stae attentu cu nu ni scappa. Cce sta pensati? Ete la grappa!

*

A Padre Beppe.

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In mezzo alle gambe In mezzo alle gambe la tiene diritta, la tiene nascosta, la tiene stretta. SĂŹ padre Beppe pure la tiene, la mostra solo a chi gli conviene. La tiene lĂ , non si deve toccare, se esce di fuori si può bagnare. E sta attento che non gli scappi. Cosa state pensando? Ăˆ la grappa!

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Foliage* Concorsu: “I maestri del Paesaggio”, cquai nna ricetta à fattu assai furore, forse ca nc’era Sgarbi pe ll’assaggiu, stu piattu pare a mie quadru t’autore. Foliage nume propriu a lla francese, la cuoca ete nn’artista te Milanu, l’origine te certu è calabrese, mancu nnu picca nc’è te zafferanu. Cipolle e arance te Tropea è la fonte, te la Calabria è lu peperoncinu, pistacchi siciliani sù te Bronte, e poi l’egghiu te ulia, quiddhu estrafinu. Quandu la barbabietola è lessata, se ccogghie l’acqua intru nnu recipiente, se minte poi a lla pasta cuscenata ca se culura te nnu russu ardente. Se tagghia tutta a forma te cubetti ca cu ll’egghiu se saltanu in padella, lu cipollotto fattu poi a pezzetti se minte cu ll’arancia e la granella.

*

A mia nipote Laura.

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Foliage Concorso: “I maestri del paesaggio”, qua una ricetta ha fatto furore, forse che c’era Sgarbi per l’assaggio, questo piatto pare a me quadro d’autore. Foliage nome proprio alla francese, la cuoca è un’artista di Milano, l’origine di certo è calabrese, neanche un poco c’è di zafferano. Cipolle e arance è Tropea la fonte, della Calabria è il peperoncino, pistacchi siciliani sono di Bronte e poi l’olio di oliva quello extrafino Quando la barbabietola è lessata si conserva l’acqua dentro un recipiente, si mette poi alla pasta cucinata che si colora di un rosso ardente. Si taglia tutta a forma di cubetti che con l’olio si saltano in padella, il cipollotto fatto poi a pezzetti si mette con l’arancia e la granella.

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Pistacchi interi pe decorazione, le fogghie crude e verdi pe finire, quistu è nnu piattu propriu te campione fumante a tutti eccu se pò servire. ‘Aggiu provatu a fare sta ricetta, sù bravu pe lle dosi e la cottura, ma sulu m’àggiu dittu: sienti, spetta! Fanne prima nnu corsu te pittura. La vincitrice è cuoca amatoriale, professionista comu se conviene, è nna vagnona propiu eccezionale, ete nnepute mia. Ni ogghiu bene!

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Pistacchi interi per decorazione, le foglie crude e verdi per finire, questo è un piatto proprio da campione fumante a tutti ecco si può servire. Ho provato a fare questa ricetta, sono bravo per le dosi e la cottura, ma solo mi son detto: senti, aspetta! Fai prima un corso di pittura. La vincitrice è cuoca amatoriale, professionista come si conviene, è una ragazza proprio eccezionale, è nipote mia. Le voglio bene.

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Nna serata cu lli amici* Nna sira pe nna cena conviviale nui cinque amici n’ìmu ttrati insieme, è stata nna serata eccezionale e s’ìmu stati veramente bene. Sta fiata lu Ferrucciu à organizzatu, s’ìmu partuti cu nnu furguncinu lu Dinu Traldi, iòu e lu Renatu, nc’era a lla guida poi lu Cosiminu. N’à purtati a nnu bùenu ristorante, tantu accogliente cquai è lu personale, lu cameriere a nìuru assai elegante, è preparatu e bbe tantu cordiale. Ùlia cu mangiu iòu le fàe e cecore, e l’ìa ordinate già a llu cameriere, quandu lu Dinu, ca è nn’intenditore, m’à dittu: nui ìmu dare mòi piacere. Ferrucciu a llu Matisse n’à purtati, lu mugghiu ristorante cquai te Uggianu, nnu cinque stelle tra li cchiù quotati, stasira sulu pisce nui mangiamu.

*

Al caro amico Ferruccio Giannoccolo.

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Una serata con gli amici Una sera per una cena conviviale noi quattro amici ci siamo trovati insieme, è stata una serata eccezionale e siamo stati veramente bene. Questa volta Ferrruccio ha organizzato, siamo partiti con un furgoncino Dino Traldi, io, Renato, c’era alla guida poi Cosimino. Ci ha portati ad un buon ristorante, tanto accogliente qua è il personale, il cameriere a nero è assai elegante, è preparato ed è tanto cordiale. Volevo mangiare io le fave con le cicorie, e le avevo già ordinate al cameriere quando Dino che è un intenditore mi ha detto: noi dobbiamo dare adesso piacere. Ferruccio al Matisse ci ha portati, il migliore ristorante qua di Uggiano, un cinque stelle tra i più quotati, stasera solo pesce noi mangiamo.

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Gamberi e scampi cu lli ravioloni su nna salsina verde vellutata, cu pisce azzurru pe ddò golosoni gustu forte ddha sagna ncannulata. E nn’autru piattu poi n’ànu purtatu, calmari rustuti e pe contornu insieme a nnu scampu gratinatu nc’eranu puru le patate al fornu. La minerale liscia e la gassata, lu megghiu vinu nui ìmu scucchiatu ca nci ole certamente sta serata “Salice russu”, lu cchiù prelibatu. Cu lla cupeta infine ni mangiamu dolcetti ca lu Stella n’à purtati, restanu pacchettini e li lassamu pe nn’omaggiu a ddò beddhi fidanzati. Stamu ssettati ncora nui a ddha fore quandu s’à fatta quasi menzanotte, dduma lu sigaru mòi lu fumatore, è rriata l’ura te la bonanotte. Grazie Ferruccio

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Gamberi e scampi con i ravioloni su una salsina verde vellutata, con pesce azzurro per due golosoni gusto forte quella lasagna attorcigliata. E un altro piatto poi ci hanno portato calamari arrostiti e per contorno insieme ad uno scampo gratinato c’erano pure le patate al forno. La minerale liscia e la gassata, il migliore vino noi abbiamo scelto, che ci vuole certamente in questa serata Salice rosso il più prelibato. Con la copeta infine ci mangiamo dolcetti che Stella ci ha portati, restano pacchettini e li lasciamo come omaggio a due belli fidanzati. Stiamo seduti ancora noi lì fuori quando si è fatta quasi mezzanotte, accende il sigaro adesso il fumatore, è arrivata l’ora della buonanotte. Grazie Ferruccio.

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Capitale Europea te la cultura “Terra mia, casa mia” mòi se po’ fare qualche progettu nèu pe llu futuru, è quista l’occasione pe cangiare, ne simu nui capaci, sù sicuru. Nc’è lu culure cquai te lu Salentu e te la gente noscia lu calore, nc’è l’accoglienza, nc’ete lu talentu pe nnu percorsu nèù “Sogno d’amore”. Nci ole l’impegnu mòi te tutti quanti, nci ole passione, nci ole volontà, cu mille sforzi nui ìmu scire nnanti e l’eutopia po’ bbessere realtà. Città d’arte sì tie pe tradizione e la bellezza toa è nnu richiamu, basta cu uàrdi a ll’aria nnu balcone, ogne angulu, ogne curte è nnu ricamu. Anfiteatru, porte, arcu te Pratu, San Niccolò e Cataldu, Santa Cruce, capolavoru duomu e vescuvatu, te notte nna magia ete ddha luce.

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Capitale Europea della cultura “Terra mia, casa mia” adesso si può fare qualche progetto nuovo per il futuro, è questa l’occasione per cambiare, ne siamo noi capaci, sono sicuro. C’è il colore qua del Salento e della gente nostra c’è il calore, c’è accoglienza, c’è il talento per un percorso nuovo “Sogno d’amore”. Ci vuole l’impegno adesso di tutti quanti, ci vuole passione, ci vuole volontà, con mille sforzi noi dobbiamo andare avanti e l’eutopia può essere realtà. Città d’arte sei tu per tradizione e la bellezza tua è un richiamo, basta che guardi all’aria un balcone, ogni angolo, ogni cortile è un ricamo. L’anfiteatro, le porte, Arco di Prato, san Nicolò e Cataldo, Santa Croce, capolavoro duomo e vescovato, di notte una magia è quella luce.

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Li altari te le chiese sù gioielli testimonianza te l’età barocca, intagli, balaustre, capitelli… coraggiu Lecce mia a tie mòi tocca. Firenze te la Puglia sì chiamata ddomiladiciannove è rriata l’ura ca pe lla storia toa sì candidata “capitale europea te la cultura”.

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Gli altari delle chiese sono gioielli, testimonianza dell’età barocca, intagli, balaustre capitelli, coraggio Lecce mia a te adesso tocca. Firenze della Puglia sei chiamata, duemiladiciannove è arrivata l’ora, che per la storia tua sei candidata “capitale europea della cultura”.

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Li pali niuri A ogne incrociu puntu e daccapu nn’autru rondò, me gira la capu. Lu sacciu ca servenu, nu suntu arretratu, ma pensu ca cquai mò s’à esageratu. A llu bar commerciu nnu veru portentu: ci frabbeca e sfrabbeca nu perde mai tiempu. Nnanti San Piu nc’è nnu rondinu, se provi cu passi è nnu veru casinu. Cu rrì a stu quartiere se t’àggiu spiecare nu sacciu te dicu la strata ca à fare.

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I pali neri Ad ogni incrocio punto e daccapo un altro rondò, mi gira la testa. Lo so che servono, non sono arretrato ma penso che qua si sia esagerato. Al bar Commercio, un vero portento, chi fabbrica e demolisce non perde mai tempo. Davanti a san Pio c’è un piccolo rondò se provi a passare è un vero casino. Per arrivare a questo quartiere, se io ti debbo spiegare, non so dirti la strada che devi fare.

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Quante corriere, parecchie sù noe, l’ànu ccattate cu fannu le proe. Caminanu vuote, cce bella pensata! è stata ogneduna perciò raddoppiata. Ddhi pali niuri me dici cce suntu? M’àggiu straccatu iòu cu li cuntu. Forse li tingenu te tanti culuri e subbra nci mintenu puru li fiuri. Tuttu ddhu fierru, ddhi fili, ddhi pali mmienzu li alberi lungu li viali. Metropolitana te superficie cussì àggiu ‘ntisu ca a Lecce se tice. 88


Quante corriere parecchie sono nuove le hanno comprate per fare le prove. Camminano vuote, che bella pensata! è stata ognuna perciò raddoppiata. E quei pali neri, mi dici che cosa sono? Mi sono stancato a contarli. Forse li tingono di tanti colori e sopra ci mettono pure i fiori. Tutto quel ferro, qui fili, quei pali in mezzo agli alberi lungo i viali. Metropolitana di superficie, cosÏ ho sentito che a Lecce si dice. 89


Ăˆ propriu brutta, nnu veru dannu, cce se nde futtenu intantu la fannu. SĂš tutti convinti ca nu serve a niente, ma tantu nu cunta cce pensa la gente.

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Ăˆ proprio brutta, un vero danno, ma non importa a loro, intanto la fanno. Sono tutti convinti che non serve a niente, ma tanto non conta cosa pensa la gente.

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Epigrammi


La filovia Ddhi pali, ddhi fili pe lla filovia, sĂš stati per Lecce nna vera pazzia. Quei pali, quei fili per la filovia sono stati per Lecce una vera pazzia.

La spazzatura Te quandu ete differenziata rimane spessu mmienzu la strata. Da quando è differenziata riamane spesso in mezzo alla strada.

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Lu burracu Quanti tornei, è l’unicu svagu, sciocanu ormai tutti a burracu. Quanti tornei, è l’unico svago, giocano ormai tutti a burraco.

Lu gratta e vinci E ratta, ratta, àe propriu te pressa, ma ogne fiata rimane te fessa. E gratta, gratta, va proprio di fretta, ma ogni volta rimane da fesso.

95


Vigili nonni Ddho vigili nonni passeggianu a coppia, ùlia cu sacciu ci è ca li ncocchia. Se ùei te scangi qualche parola, li ttrèi la matina nnanti la scola. Due vigili nonni passeggiano a coppia, vorrei sapere chi è che li accoppia. Se ti vuoi scambiare qualche parola li trovi la mattina davanti alla scuola.

96


La badante Mantienite forte, lucidu,aitante, ca subitu pronta nc’è nna badante. Conservati forte, lucido, aitante, che subito pronta c’è una badante.

Casa te riposu Casa te riposu pe li ecchiareddhi, nna fiata se tecia… a lli perieddhi. Casa di riposo per vecchierelli, una volta si diceva… ai poveri.

97


Cristiani pe casu Vuota è la chiesa, me accorgu se trasu, ca simu cristiani ndaveru pe casu. Vuota è la chiesa, mi accorgo se entro, che siamo cristiani, davvero per caso.

Parcheggiatore T’à stare attentu a llu parcheggiu, ca se nu paghi te face nnu sfreggiu. Devi stare attento al parcheggio, perché se non paghi, ti fa uno sfregio.

98


Caru arciprete Mòi tutti quanti ànu te pressa, cangianu chiesa e riesti te fessa. Nna cosa t’àggiu dire a signuria: falla cchiù curta st’annu l’omelia. Adesso tutti quanti vanno di fretta, cambiano chiesa e resti da fesso. Una cosa debbo dire a voi: falla più corta quest’anno l’omelia.

99


Lu vigile Nu parcheggiare in divietu te sosta ca nc’è lu vigile ca face la posta. Non parcheggiare in divieto di sosta perché c’è il vigile che fa la posta.

Serenu Nu bbete certu nnu segnu buenu se unu te dice: statte serenu! Non è certo un segno buono se uno ti dice: stai sereno.

100


Giovani Se bacianu sempre nnanti la gente, se poi stanu suli nu fannu mai niente. Si baciano sempre davanti alla gente, se poi stanno soli non fanno mai niente.

Parolacce Li iti in giru cu certe facce, ogne parola ddò parolacce. Li vedi in giro con certe facce, ogni parola due parolacce.

101


Studenti A mezzanotte se ndianu a zonzu, me pare la festa te Santu Ronzu. A mezzanotte se ne vanno a spasso, a me pare la festa di Santo Oronzo.

Lu matrimoniu Durà nna fiata tutta la vita mò picca giurni e già è finita. Durava una volta tutta la vita, adesso pochi giorni ed è già finita.

102


La mugghere Passa lu tiempu, se puru te stanca, tĂŹenila cara, Ăšai se te manca. Passa il tempo, pure se ti stanca, tienitela cara, guai se ti manca.

Li pensieri Se si serenu tie lu capisci quandu te curchi e te ddurmisci. Se sei sereno tu lo capisci quanto ti corichi e ti addormenti.

103


Lu tifosu Rita, se ncazza, poveru fessa, la squadra poi perde pe nna scommessa. Grida, si arrabbia, povero fesso, la squadra poi perde per una scommessa.

La partita Vuotu è lu campu, cce delusione! ogne partita in televisione. Vuoto è il campo, che delusione! Ogni partita in televisione.

104


Lu centru storicu Le giravolte, lu basulatu, lu duomu te sira tuttu ddumatu. Lu centru storicu restauratu e nnu parite tuttu nquacchiatu. Le giravolte, il basolato, il duomo di sera tutto acceso. Il centro storico restaurato e un muro tutto impiastrato.

105


L’amante Puru ca è beddha, e a tie te piace, t’à stare attentu ca pierdi la pace. Perciò nu te fare ènire lu spilu, cchìui te nnu nzartu tira lu pilu. Sientime a mie, nu te conviene, sempre problemi pe ci la tene. E nu me dire: iòu poi la scartu, tira lu pilu cchiui te nnu nzartu.

106


L’amante Anche se è bella e a te piace, devi stare attento che perdi la pace. Perciò non ti fare venire il desiderio, più di una corda tira un pelo. Senti a me non ti conviene, sempre problemi per chi la tiene. E non mi dire: io poi la scarto, tira più un pelo di una corda.

107


Telefoninu Sempre ddumatu, sempre in funzione ete te tutti nna dannazione. Sempre acceso, sempre in funzione, è di tutti la dannazione.

Amicu Nnu veru amicu è propriu raru, quando lu ttrèi, tienilu caru. Un vero amico è proprio raro, quando lo trovi, tienilo caro.

108


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