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It’s Different magazine edizioni Mille srl anno 6 n.37/2015. free press Autorizzazione Tribunale di Ravenna n.1329 del 05/05/2009 - itsdifferent.it
PHOTO NIMA BENATI
IT’S DIFFERENT N. 37/2015
SAPORI DI ROMAGNA
I SAPORI del Radicchio Rosso
La cucina che rispetta
la tradizione romagnola
LA PIZZA cotta in forno a legna. IL PESCE di prima scelta. IL VENERDI’ El sabor de Espana La Paella
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Di Paolo Gentili Nella città degli angeli si potrebbe vivere mille vite e non arrivare a conoscerla mai abbastanza. La seconda città più grande degli Stati Uniti ha dimensioni, distanze e composizione impossibili da rinvenire in qualunque altro luogo del mondo, e la durata del vostro soggiorno in questa metropoli, dipenderà unicamente dalla vostra curiosità nei suoi riguardi. Hollywood vale da sola il viaggio: sulle colline a nord ovest della città campeggia la celeberrima scritta, e proprio in quella zona si dislocano gli studi cinematografici e le ville di attori e registi. L'Hollywood Boulevard attraversa il quartiere, presentando la famosa Walk of Fame su cui dal 1958 sono passate le star più famose della storia del cinema, che hanno lasciato l'impronta delle loro mani su questo marciapiede, a loro imperituro ricordo. Sul suo percorso, il Dolby Theatre ospita la serata dei premi Oscar che si tiene ogni anno a febbraio, mentre nel Museo delle cere di Madame Thussaud potrete ammirare a grandezza naturale i vostri idoli, riprodotti alla perfezione. Un altro museo imperdibile è il Guinness World Museum, in cui sono custodite le testimonianze di ogni possibile estremo raggiunto dal genere umano. Restando nel quartiere, troverete anche gli Studios delle principali case di produzione cinematografica. Ad esempio, la Paramount può vantare le riprese di numerosi film western e filmati addirittura risalenti agli anni Venti: gli orari d'apertura sono estremamente comodi, dalle otto di mattina fino a quando il sole tramonta, e l'ingresso è free. Gli Studios della Fox, pur essendo raramente aperti al pubblico, sono tra i più antichi e conservano ancora le scenografie di film come Il pianeta delle scimmie, tranquillamente fotografabili.
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La Universal propone gli studi più visitati e ricchi di attrattive, anche perché hanno separato fisicamente la zona dedicata allle riprese da quella dedicata ai turisti, come vero e proprio parco tematico: in quest'ultima area è possibile vedere lo Squalo protagonista del film di Spielberg oppure King Kong, ma spesso i set vengono ricostruiti fedelmente, pur non essendo originali, in modo da rendere la visita ancora più interessante. Nell'Hollywood Cemetery si tengono in estate proiezioni di film, basta presentarsi con una sedia pieghevole per assistervi. Potrete rendere omaggio, inoltre, alle tombe di registi come Cecile B: De Mille, John Houston, attori come Tyrone Power e Jayne Mansfield, e ovviamente Michael Jackson. La tomba di Marylin Monroe è invece collocata nel Westwood Memorial Park, collocato nella West Los Angeles. L'Hollywood Bowl ospita spettacoli di musica live lungo tutto l'arco dell'anno, mentre se vi interessa la vita notturna nella sua massima espressione, il Sunset Boulevard ne è la meta d'elezione. Prossima ad Hollywood, Beverly Hills deve la sua notorietà proprio alla vicinanza con il paradiso del cinema, di cui custodiscono non solo le ville più lussuose ma anche i ristoranti, alberghi e locali tra i più esclusivi del mondo, tra Rodeo Drive, via dello shopping più glam, e il già citato Sunset Boulevard. Si organizzano anche tour per fare vip-watching, dando una sbirciata alle case delle celebrities, a tutti gli effetti “vicini di casa”, come Tom Cruise e Britney Spears.
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Per i più sportivi, la meta balneare irrinunciabile porta il nome di Venice Beach: le piste ciclabili e i percorsi pedonali che la caratterizzano invitano al movimento, tra pattini, bici e skateboard, e la presenza di vari seguaci di filosofie orientali vi porteranno a guardare il tramonto con occhi diversi, magari con un bicchiere di qualcosa di salutista in mano. Palm Springs dista quasi 180 chilometri da Los Angeles, ma merita comunque una puntata. È stata poco meno di un secolo fa il centro di villeggiatura privilegiato dalle star della cinema, abbagliate dalla gradevolezza del clima e dalle sorgenti d'acqua minerale, che sorgono proprio in mezzo al deserto e le regalano quel verde brillante che caratterizza i campi da golf che la punteggiano. La Pacific Coast Highway vi porterà anche a Malibu, dove la maggior parte delle spiagge è privata, ma in quelle pubbliche avrete modo di godervi una location da classico sogno californiano, tra surfers e bagnanti statuari. Nella Downtown di Los Angeles, la parte più antica di questa metropoli, potrete fare bellissime passeggiate: basta rivolgersi alla Los Angeles Conservancy, che organizza questo tipo di escursioni a piedi per raggiungere in questo modo inconsueto -pensando alle distanze implicite per una città come questa- alcuni dei più importanti motivi d'attrazione turistica della città. In Olvera Street potrete immergervi nel coloratissimo mercato messicano in cui acquistare oggetti tipici, mangiare piatti tradizionali e ascoltare anche musica dal vivo. Curiose da vedere, le Watts Towers, situate nell'omonimo quartiere, sono diciassette costruzioni con materiali di scarto, dalle bottiglie di bibite alle conchiglie, dai gioielli alle piastrelle, create nel tempo libero da un immigrato italiano a partire dagli anni venti, nell'arco di circa un trentennio, con vari interventi di stabilizzazione con barre d'acciaio e cemento, permettendo loro di sopravvivere anche a vari terremoti e di raggiungere, in due casi, la ragguardevole altezza di trenta metri. L'effetto finale è inquietante, ma il suo potere d'attrazione è comunque fortissimo. Altri colori, altro effetto per la vita notturna di Los Angeles: come già accennato, troverete la maggior parte dei locali di tendenza lungo il Sunset Boulevard, come lo Sky Bar, all'interno dell'Hotel Mondrian. Vista panoramica mozzafiato, piscina infinita, atmosfera tutta relax e glamour, in cui non vi sarà affatto difficile avvistare attori e personaggi famosi, e questo varrà per tutti gli altri locali in cui v'imbatterete. Los Angeles è un ottimo punto di partenza anche per visitare moltissime località turistiche vicine, è anche splendida da gustare così com'è, e se proprio doveste annoiarvi, le isole Hawaii sono a soli sei ore di volo…
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PONTI
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Design Homann
THE HOLY FAMILY 2014
COLLEZIONE LUPIN 2014
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TIGER MAN MON
OLIVIA 2009
LE SORELLE 2013
di Tobia Donà
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Vi sarà capitato spesso di trovare l'aggettivo provocatoria, al seguito della parola arte. Certo, l'arte può essere tante cose, anche una provocazione poiché cerca di instillare in noi delle riflessioni, delle domande. E proprio perché è l'esigenza di un artista di comunicare con noi, l'arte è, contemporaneamente, osservatrice e coscienza critica della storia. Succede che su determinati argomenti, l'artista dichiari perfettamente il contrario di ciò che pensa e prenda in considerazione solo gli opposti. E c'è chi, tra gli artisti contemporanei, per mantenerne alta l'attenzione, per instaurare una determinata comunicazione, scelga di sposare un'icona del cinema porno o di impiccare tanti bambini ad un albero (fortunatamente dei manichini). Sto parlando di noti e quotati artisti. Faccio questa premessa poiché anche per Giuseppe Veneziano l'appellativo provocatorio è stato utilizzato spesso. Vittorio Sgarbi, uno che di provocazioni se ne intende, più volte è intervenuto in difesa di alcune sue opere, spiegandone il significato e tentando di mediare a superficiali interpretazioni benpensanti che sono di fatto il bersaglio di Veneziano. Ora, l'intensa mostra cortinese alla Galleria Contini, puntualizza sulla figura di questo importante artista, facendo luce sul suo duplice universo, che dietro la falsa allegria del colore, è un'inquietante specchio della realtà. Quello che ne emerge è un'eccezionale dote creativa, che unisce un'acuta duplicazione della memoria collettiva a una complessa riattivazione di risonanze di senso: frammenti di percezioni quotidiane, fantastiche registrazioni di fatti ed eventi, pronti a diventare remoti reperti della memoria. Fatti di cronaca, immagini iconiche di civiltà massmediatica, sono ricomposte nelle tele di Veneziano, in una messa in scena che sconvolge i significati usuali e li spiazza, li rovescia, in simboli del contemporaneo, provocando naufragi di sensi, falsi miraggi, ossessioni di sogno o malinconici riflessi. Un'arte che riflette lo stato della cultura, termometro di istanze sociali, come l'incertezza e la morte dei valori del passato, con le quali tutti dobbiamo definitivamente convivere, a volte con ironia, altre con incerti presagi.
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VENERE TURCHINA 2014
Speciale Open Day Una consulenza personalizzata e una seduta omaggio per provare il trattamento
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Il Cristallo è un ristorante che ormai è parte integrante del paesaggio di Punta Marina: il 5 Marzo del 1955 aprì i battenti e da allora non ha mai smesso di deliziare i clienti, spesso affezionatissimi e sprezzanti dei chilometri che possono dividerli da questo locale stimato, a soli dieci metri dal mare. “Arrivano da Modena o Bologna, oltre che da Ravenna; qualcuno frequentava già il ristorante quando io ero bambino, e ora di anni ne ho quaranta…” ci racconta Christian Savini, attuale gestore del Cristallo insieme alla mamma Emanuela, che aiuta la zia Roberta in cucina. “I miei nonni materni hanno creato quest'attività quando avevano ventitré anni, partendo da zero. Nonno Luciano Succi era un pescatore e insieme alla nonna Silvana, che in realtà si chiama Domenica Valentini, si è buttato in quest'avventura negli anni della ricostruzione e del turismo di massa, e la risposta è stata subito molto positiva. Era un posto semplice e alla buona, venti posti a sedere, nel menù frittura di mare e risotto. Le mode nel frattempo sono cambiate e noi abbiamo cercato di adeguarci, mantenendo però viva la tradizione. Oggi i clienti sono più selettivi ed esigenti, rispetto ad una volta, e quindi è una sfida continua tra mantenere il prezzo entro limiti accettabili, senza far soffrire la qualità dei prodotti offerti.” Da un paio d'anni, il ristorante ha cambiato aspetto: “Dopo così tanti anni di attività, è importante cercare nuovi stimoli nel cambiamento, anche senza stravolgere lo spirito dei luoghi e del proprio modo di lavorare” spiega Christian. “Abbiamo ripensato gli ambienti basandoci sul nostro gusto personale: desideriamo che il cliente trovi un'atmosfera accogliente e fine, ma non pretenziosa, perché l'obiettivo è quello di farli sentire come a casa. La qualità del cibo comunque, resta la nostra priorità.”
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Il pesce fresco viene cucinato da zia Roberta in modo tradizionale, con qualche rivisitazione settimanale o stagionale, in base alla diponibilità dei prodotti in natura. La cantina del Cristallo è molto ben assortita, con circa 150 referenze: anche la clientela più assidua ha modo di variare le proposte, e questo è un ulteriore modo per far sentire coccolato il cliente. D'autunno e in inverno si organizzano delle serate degustazione di cibo e vino, in cui si getta un po' lo sguardo fuori dal solito menù, con qualche suggestione orientale, senza però sopraffare il gusto del pesce. “Come a molti, mi piace viaggiare, e quando lo faccio torno poi a casa con idee e proposte che servono a creare nuove motivazioni sul lavoro, altrimenti si va in automatico” conclude Christian. Anche i clienti reagiscono bene ai cambiamenti, e li apprezzano tanto quanto i punti fermi. Uno di questi è il servizio d'asporto, che è un must per tutto l'anno, con ovvie punte di attività in primavera e estate, ma sostanzialmente in sintonia con l'attività del ristorante. Infine, al Cristallo si godono tutti i privilegi di un servizio d'ineguagliabile gentilezza, dallo staff di sala, affiatato e competente, a quello di cucina, con mamma Emanuela e zia Roberta che con grande passione ed esperienza realizzano quotidianamente in cucina ogni sorta di prelibatezza. E il mare a due passi è sicuramente il miglior biglietto da visita per un'esperienza a tavola ricca di gusto e cortesia, da ripetere sempre, e da sempre.
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Nima Benati è l'autrice della nostra copertina e di questo bellissimo servizio fotografico, realizzato in esclusiva per It's Different. Conosciamola meglio attraverso l'intervista a cura di Lucia D'Angelo di Vogue. Nima Benati, giovane fotografa bolognese classe 1992, si racconta in esclusiva su Vogue.it, svelando quali sono le sue aspirazioni e le sue passioni, e com'è nata quella fortissima - per la fotografia, toccando temi quali l'influenza, e di conseguenza l'importanza, dei socialnetwork nel suo lavoro e di come vive e vede la moda, essendo una curvy girl diventata ormai trai suoi followers una vera e propria icona. Com'è nata la tua passione per la fotografia? La mia passione per la fotografia è nata inconsciamente, sfogliando i giornali e innamorandomi perdutamente delle immagini pubblicitarie che vedevo: le modelle, le ambientazioni, i vestiti che non credevo neppure potessero esistere davvero. Sono cresciuta in una famiglia di sportivi e tutto ciò che conoscevo erano tute da ginnastica o da sci: volevo avvicinarmi in qualche modo a quel mondo incantato che vedevo rappresentato sulla carta e che così poco assomigliava al mio, anche se non sapevo in che modo. Inizialmente mi sono appassionata al make-up, truccando chiunque me lo permettesse, in seguito collezionando abiti e accessori particolari. La macchina fotografica è arrivata per ultima, ed è stata la chiave per aprire i cancelli del parco giochi: ho messo insieme tutti gli aspetti che amavo e ho iniziato la mia personale fotografia di moda 'tutto fare', tentando di emulare le foto che vedevo nei giornali seguendo da sola trucco, parrucco, styling e post produzione. Quattro anni di tentativi dopo, ho il mio studio fotografico, il mio team e qualche vera campagna pubblicitaria e copertina in tasca! Che importanza ha la moda nella tua vita e nel tuo lavoro? È un'influenza continua, la mia mente associa tutto ciò che vedo o faccio ad un possibile shooting, perciò mi lascio ispirare da ogni cosa: compro decine di giornali ogni mese, seguo tutti i profili social delle più importanti modelle, degli stylist, direttori, stilisti. Mi rendo conto che, essendo autodidatta, l'unico modo di crescere è studiare ogni giorno, non dando mai nulla per scontato, osservando la minuzia di particolari dei 'grandi' del settore e cercare di tenere aperta la mente il più possibile: pensi che tutto sia già stato sperimentato e poi ogni volta c'è un genio che se ne inventa una nuova e ti fa capire che non c'è limite all'immaginazione, e mai ci sarà. La tua popolarità sul web e in particolare sui social network come pensi abbia influenzato la tua carriera? Credo che la mia popolarità sul web sia una conseguenza dei passi che ho mosso sul mio lavoro, non si era mai vista una ragazza così giovane appassionarsi con tanta dedizione ad un lavoro simile e perciò credo di aver suscitato curiosità nelle persone. Credo sia un po' come seguire un piccolo 'Truman show', le persone possono vedere in tempo reale che direzione prende la mia vita e il mio lavoro, i miei miglioramenti o i miei 'scivoloni'. Io sono estremamente influenzata da questo seguito, ma credo in termini positivi: mi sento in dovere di non annoiare mai e di dimostrare sempre qualcosa in più, perciò mi stimola a studiare e tentare strade sempre nuove.
Da curvy woman come vedi predisposto il fashion system riguardo alle modelle e donne plus size? Penso che ci sia e ci sarà sempre una sorta di pregiudizio nei confronti di questa categoria che chiaramente non è ancora 'accettata', altrimenti la partecipazione di Candice Huffine al Calendario Pirelli 2015 non avrebbe suscitato tutto questo clamore: nessuno ha scritto articoli sulla partecipazione di una donna dai capelli rossi o di una con le lentiggini, perciò significa che quei chili in più non sono ancora considerati una semplice caratteristica fisica. Credo che la bellezza di una donna abbia poco a che fare con il suo peso, ma non sarò ipocrita: la gente tende a dimenticare che nonostante le modelle siano ormai super star, il loro ruolo sia quello di indossare abiti e valorizzarli e volenti o nolenti sono i fisici più snelli e slanciati a svolgere meglio questo compito, soprattutto fotograficamente parlando, perciò non mi stupisco che si continuino ad utilizzare modelle con queste caratteristiche fisiche. Parlaci del tuo stile. Quali sono per te i capi curvy-friendly must-have per la prossima stagione? Ci sono modi molto diversi di essere 'curvy' perciò i miei consigli non possono valere per le cosiddette 'mele', ma solo per chi ha un fisico a clessidra o 'pera' come me. Mi trovo estremamente a mio agio con gonne lunghissime e aderenti che abbraccino le mie curve nascondendo però le gambe un po' più grosse, ma anche con le ampie gonne corte a ruota, che evidenziano la vita stretta ma nascondono i fianchi. Amo indossare stivali sopra al ginocchio che rendono la gamba più lineare e sottile nascondendo le curve del muscolo della coscia e del polpaccio che la rendono visivamente più corta. In generale si pensa che se si ha qualche chilo di troppo bisogna nascondere tutto sotto capi oversize ma io credo che peggiori la cosa, facendo sembrare il corpo un unico blocco rettangolare che, abbracciato invece dai capi giusti può risaltare punti di forza come seno e punto vita. Kim Kardashian, che la si ami o la si odi ha imparato molto bene questo gioco ed è facile trarre ispirazione da lei per valorizzare un corpo morbido.
Chi è la tua musa? E più in generale da dove trai ispirazione? Non ho una musa in particolare perché amo moltissimi stili diversi, anche se non sempre posso interpretarli, se non li sento in linea con la mia fisicità. Mi piace molto lo street style chic di Elena Perminova, Olivia Palermo e Miranda Kerr, ma probabilmente mi ispiro di più a dive curvy come Beyoncè, Rihanna e Kim. Quali sono i tuoi progetti per il futuro e quelli ai quali stai lavorando al momento? Il progetto più emozionante di tutti credo sia la campagna pubblicitaria di Miriam Stella che scatteremo a Marrakech: non ci sono mai stata e non vedo l'ora di esplorarla, perché viaggiare è sempre stata una delle mie passioni più grandi! A gennaio è uscito su Glamour in esclusiva un articolo sulla mia ultima ADV scattata a Londra ma non posso dire molto di più a riguardo, mentre non vedo l'ora che le città più grandi d'Italia vengano tappezzate con le immagini della mia ultima campagna di bikini Pin-up Stars! Lucia D’Angelo
ATENE
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ATENE
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Si può iniziare il giro partendo proprio dall'Acropoli, sede di tutti i principali templi dell'antichità, posizionata nel punto elevato di Atene su uno sperone di roccia e in grado di offrire un panorama della città davvero mozzafiato e a perdita d'occhio: questa capitale si estende infatti dal mare alle colline, e la certezza di essere nel luogo in cui è nata la cultura che ha formato tutta la civiltà occidentale rende l'intera esperienza estremamente suggestiva. Il Partenone, il più famoso monumento greco, risale al V sec a.C. e fu Pericle ad ordinarne la costruzione, per celebrare la grandezza di Atene. Le condizioni in cui versa attualmente non sono delle migliori, vittima di un restauro la cui tempistica è a dir poco omerica e ciò può rendere deludente l'approccio del turista medio. Qualunque pezzo archeologico vi capiterà di vedere qui, se si mostra in buone condizioni, sarà sicuramente la copia di qualche originale custodito nel British Museum, ormai dai primi anni del XIX secolo, quando l'ambasciatore inglese Lord Elgin trafugò una serie di capolavori archeologici dei maestri di Fidia, per la restituzione dei quali il governo greco si sta battendo strenuamente da tempo. Oltre al Partenone, saranno innumerevoli gli altri monumenti in marmo da ammirare, e in cui la storia parla anche a noi uomini contemporanei: il Tempio di Athena Nike e il Tempio di Roma e Augusto, tra i più notevoli.
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Nella parte bassa dell'Acropoli troverete due teatri antichi, uno solo dei quali ancora utilizzato, la Via Peripatetica, le mura maestose, e il tempio dedicato a Zeus: sebbene di quest'ultimo non sia rimasto molto, è comunque raccomandabile la visione dei suoi resti. L'Agorà era il cuore pulsante della città antica, dove s'incontravano Socrate e i suoi allievi, e in cui il filosofo venne condannato a morte, dove i mercanti vendevano la loro merce e dove si mettevano a punto le strategie politiche ed amministrative di Atene. Sebbene ciò che resta non sia ben conservato, la potenza evocativa della sua storia lo rende un luogo particolarmente coinvolgente per qualunque visitatore. È il caso di sottolineare che una visita ad Atene risulta essere particolarmente gradevole in primavera o in autunno: in piena estate, le temperature si fanno torride e percorrere l'Acropoli col sole a picco non è sicuramente un'esperienza da rubricare tra le più piacevoli… Vicinissimo all'Agorà è situato il Foro Romano, in cui è presente la cosiddetta Torre dei Venti, a base ottagonale e in marmo, alta dodici metri e larga otto: su un fregio sono rappresentate le otto divinità che rappresentano altrettanti venti, mentre al suo interno si trova una clessidra funzionante, grazie all'acqua che scende dall'Acropoli. Il Museo Archeologico Nazionale rappresenta il culmine di un viaggio nel tempo che non solo vi proietterà nelle epoche più brillanti e fertili della storia occidentale ma anche nei personali ricordi di scuola: in quello che è uno dei musei più importanti del mondo, infatti, troverete pezzi mille volte ammirati o guardati distrattamente sulle copertine dei libri di storia, uno su tutti la maschera di Agamennone.
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La visita in una struttura del genere potrebbe facilmente non esaurirsi in un solo giorno, malgrado gli orari di apertura siano davvero ampi. Se siete in vacanza con i vostri bambini, ne esiste una versione a loro più accessibile: è il Museo Ellenico dei Bambini, in cui il gioco è il veicolo privilegiato per comprendere la storia e la cultura greca. Se volete però tuffarvi in un altro tipo di atmosfere, senza dimenticare la storia che comunque occhieggia tra le piccole chiese bizantine e gli edifici neoclassici e le casette con i gerani al balcone, in un trionfo di stili ed epoche, il quartiere di Plaka vi offrirà gli stimoli migliori. Vi potrete giungere scendendo dall'Acropoli, o risalendovi: Anafiotika è un suggestivo “quartiere nel quartiere”, s'inerpica sulle pendici della rocca, proponendo lungo le scalinate una miriade di ristorantini, taverne e locali con tavolini all'esterno. Le casette bianche con gl'infissi blu richiamano alla mente i paesaggi degli isolotti greci in cui probabilmente sarete diretti dopo la visita alla Capitale oppure, se siete sulla via del ritorno a casa, costituiranno un piacevole motivo di ricordo. L'impressione di essere alle Cicladi è dovuta al fatto che a realizzare queste case sono stati costruttori provenienti proprio da una di quelle isole, Anafi, i quali sbarcarono ad Atene per edificare il Palazzo di Re Ottone I, nel diciannovesimo secolo, principale artefice della rinascita della città dopo secoli di dominio ottomano. La Plaka è sicuramente uno dei luoghi più frequentato dai turisti: fare shopping in via Adrianou tra gioielli e arte greca, è sicuramente un must, così come una sosta nei ristoranti nelle varie piazze e scalinate, magari accompagnati dalla musica degli artisti di strada. Piazza Syntagma vi riporterà ad una dimensione più contemporanea: si tratta del cuore moderno della città, all'ombra del Palazzo Presidenziale, edificato alla fine del XIX secolo come palazzo reale e utilizzato come sede del presidente della Repubblica greca a partire dalla metà degli anni Settanta. Il principale motivo d'attrazione di questo edificio è costituito dal momento del cambio della guardia d'onore: gli Evzoni sono soldati scelti che, al passaggio di consegne, compiono una serie di evoluzioni che lascia sempre i turisti a bocca aperta e pieni di curiosità sul perché di questa strana marcia e del loro abito peculiare, costituito da fez rosso, minigonna a pieghe e calzature simili a delle ciabatte con enormi pon pon. Ricordiamo che il loro corpo di fanteria, che ha combattuto molte battaglie per l'indipendenza, ha origini montanare e attualmente ha compiti unicamente legati al cerimoniale di Stato. Non hanno l'inamovibilità delle guardie inglesi o il rigore dei corazzieri italiani: non è difficilissimo rimediare una foto in loro compagnia. Purtroppo, in questa piazza si tengono le maggiori manifestazioni di protesta contro la crisi, durante le quali è meglio cambiare aria. Monastiraki vi accoglierà con una piazza molto più pittoresca e dal sapore orientale, con l'omonima stazione di metropolitana e il famoso mercato delle pulci, in cui è possibile trovare davvero di tutto. Il monastero cui s'ispira il nome del quartiere si trova nell'omonima piazza, ma saranno innumerevoli le chiese, cattedrali e moschee che si mescoleranno al brulicare di gente che anima le strade soprattutto nei giorni di mercato: fate attenzione ai borseggiatori ma soprattutto ai venditori, perché è ovvio che pezzi davvero antichi non possono essere regalati a prezzo basso...
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La contrattazione resta comunque la loro più grande passione, quindi lanciatevi pure. Il Porto di Atene si affaccia sul Pireo e da qui è possibile raggiungere tutte le isole greche con un traghetto: questo e tutti gli altri posti notevoli della città sono agevolmente collegati da una bellissima metropolitana, che può essere anche una meta turistica in sé, visto che tutto ciò che è stato trovato duranti gli scavi fatti per realizzarla è custodito in teche che tutti possono ammirare gratis, lungo l'intero percorso. Sono molti gli hotel, le caffetterie ed i ristoranti presenti in questa zona molto frequentata dai giovani di sera, così come i quartieri di Thisio, famosa per i ristoranti trendy e le taverne tradizionali, oppure Gazi, dove troverete innumerevoli teatri, bar, ristoranti e locali musicali e un quartiere decisamente gay friendly. Psyrri è nota come la “Soho di Atene”: pur essendo uno dei suoi luoghi più antichi, si rivela come il quartiere in cui meglio si mescolano antichità e tendenza: le ricche case neoclassiche si mescolano alle gallerie d'arte contemporanea, negozi e teatri alternativi. Per concludere, Atene saprà mostrarvi molti volti, saprà incantarvi con le vestigia del passato, con la sua cucina e i tramonti panoramici, con la calda accoglienza della gente e soprattutto, con una promessa di eternità che non dimenticherete.
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Di Lolo Cisco
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Fabrizio Plessi, noto artista di fama internazionale, ha recentemente fatto ritorno a Ravenna, ospite dell'Accademia di Belle Arti cittadina. Era il 2001 quando negli spazi della Loggetta Lombardesca furono esposte le opere di Fabrizio Plessi, in occasione della mostra dal titolo il Teatro della Memoria, interamente dedicata al grande maestro della video-arte. Si trattava d'installazioni ispirate al tema del teatro, molto caro all'artista, che da anni opera con l'immagine elettronica e con gli schermi televisivi anche nella realizzazione di scenografie teatrali. Opere che furono in grado di relazionarsi abilmente con l'architettura e l'atmosfera della Loggetta, luogo carico di storia e di memorie. Quest'anno su invito della coordinatrice didattica dell'Accademia Paola Babini, Fabrizio Plessi è tornato in città per incontrare gli studenti, visitare l'istituto e essere protagonista dell'appuntamento, oramai consueto, con studenti e cittadini ravennati in occasione dell'apertura dell'Anno Accademico. L'incontro con Plessi, uno dei primi in Italia e in Europa ad usare lo strumento del video come mezzo artistico esclusivo, proponendo pregiati interventi dal significato profondo, rappresenta il naturale prosieguo alle innumerevoli collaborazioni che l'Accademia di Belle Arti di Ravenna ha intessuto nella sua lunga storia con noti artisti contemporanei, le recenti collaborazioni con Sandro Chia e Enzo Cucchi, ma anche in passato con i grandi del Novecento, italiani e stranieri. “È con grande piacere che ospitiamo Fabrizio Plessi, un artista di grande eccellenza, per riconfermare il nostro impegno nel confronto con l'arte contemporanea ai livelli più alti” ha dichiarato alla nostra rivista Paola Babini, ed ha aggiunto: “Si tratta di iniziative d'indiscutibile qualità, nell'ambito degli scambi di conoscenza a livello nazionale e internazionale a sostegno del progetto di rinnovamento che l'Accademia di Belle Arti sta portando avanti a partire dal 2008, creando le condizioni per valorizzare sempre più la qualità̀ didattica e le specificità̀ funzionali, riscoprendo al contempo l'antica vocazione ad esprimere un ruolo propositivo di collaborazione con le istituzioni culturali ma, più in generale, con l'ambiente sociale della città”. Noi crediamo, a giudicare dalla grande folla intervenuta all'incontro pubblico con il maestro, svoltosi presso Palazzo Rasponi, che la risposta della città sia stata assolutamente positiva e confortante.
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A quella che è stata denominata la lectio magistralis di Fabrizio Plessi, oltre agli interventi della professoressa Babini e dell'architetto Tobia Donà, quello dell'assessore alla cultura Ouidad Bakkali, che nell'occasione ha informato sullo stato di salute dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna: nel suo importante ruolo di custode d'una tradizione millenaria, qual è quella del mosaico, essa ha visto infatti un importante aumento degli iscritti, confermandosi una fondamentale eccellenza per lo studio dell'arte specificatamente rivolta al mosaico. La lectio magistralis, anche grazie a un supporto audiovisivo, ha ripercorso l'intera carriera di Fabrizio Plessi, dalla fase “concettuale”, in cui in margine alle poetiche sessantottesche, e in particolare della Land Art, Plessi si era dato a concepire interventi utopistici che avevano per oggetto il mare o comunque l'acqua, con la quale lo familiarizza la sua residenza a Venezia. Il tutto nasceva “nella mente” dell'artista, come appunto voleva il clima concettuale del momento, approdando a intriganti proposte grafiche, eleganti e provocanti. Ed è arrivato il periodo del video che ha permesso di dare a quelle ipotesi, fin lì trattenute per così dire nel cassetto e a un livello virtuale, dei pieni e clamorosi corrispettivi visivi, con ricorso a successioni di monitor pronti ad accogliere i fenomeni naturali, moltiplicandoli di schermo in schermo. Attraverso il dialogo con l'artista, gli studenti hanno potuto comprendere i principi che hanno ispirato le maxi-installazioni di Plessi che, nella sua lunghissima carriera, hanno avuto numerosi riconoscimenti di alto livello presso i musei e le istituzioni più importanti al mondo, dal Centre Pompidou di Parigi, al Guggenheim di New York, alle numerose partecipazioni alla Biennale di Venezia, sino alla realizzazione del Plessimuseum, al passo del Brennero, museo interamente dedicato all'opera del maestro Veneziano.
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RISTORANTE
CRISTA LLO S P E C I A L I T A’ P E S C E
Piazza Saffi, 13 Punta Marina Terme (Ra) Tel.0544.437228 www.ristorantecristallo.com - cristalloristorante_55@virgilio.it
chiuso mercoledì
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DELTA OF VENUS FOTO ROGER SALLOCH
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Di Francesco Forlani
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Cos'è un delta? Un'entità geografica posta a fine di un corso di cose e che di cose si alimenta per quella sua segreta natura che sedimenta ed altera, accumula, costringe e separa ogni sbocco in mare aperto. Erodoto aveva chiamato delta la foce del Nilo per la sua forma triangolare; è la quarta lettera dell'alfabeto greco (δ, Δ). Anaïs Nin invece, il suo libro per via della figa di Anita, la ballerina brasiliana. Parigi è una città che è costruita intorno ad un fiume e il suo punto più sicuro in caso di alluvione è proprio l'isola che ospitava l'antico centro, Lutetia: è un arcipelago d'isolati che una rete di fiumi, canali, di linee di metrò, boulevard attraversa da Est a Ovest, da Nord a Sud, irrora di vita, rendendo ogni cosa fertile al passaggio, al movimento. Non esiste una Parigi per sempre perché cambia ogni volta; se si prendessero tutte le guide della capitale se ne potrebbe fare una nuova fatta soltanto di strade che non ci sono più, parchi e giardini al posto dei quali sono nati palazzi per signori. Il nome dato alla rue du Delta, è un omaggio al Jardin du Delta, un luogo di feste e balli libertini come lo sarebbe stato il Tivoli poco più a sud. Al numero 7 ci andava Amedeo Modigliani, dal docteur Paul Alexandre che ci organizzava i suoi incontri. Su una vecchia fotografia si vedono due quadri di Modì. La juive e Le portrait de Drouard. È un Faubourg che scorre lungo il Boulevard Magenta accarezzando le due grandi stazioni: la Gare du Nord e la Gare de l'Est. Un Nord e un Est che sono a quattro minuti di macchina senza traffico, vicini oltre ogni ragionevole suddivisione dei segni cardinali. Dominique Diot, abita da sempre alla Rue du Delta. Lavora poco distante, nella rue d'Hauteville e ci arriva scendendo lungo la strada che è all' angolo, la rue du Faubourg-Poissonnière – appena a metà c'è la libreria italiana a fargli da pusher per Pavese e Calvino- e poi incrocia la rue du Paradis separata da quella della Fidelité. Dominique Diot, a una bibliotecaria che si chiama Cécile, cui aveva chiesto di autori ormai fuori commercio, alla domanda di lei su come facesse, tra lavoro e vita a trovare il tempo per leggere così tanti libri, lui, Dominique aveva risposto che non aveva né moglie, né figli e che tutto il suo tempo lo dedicava ai suoi amori: letteratura e lavoro. Proseguendo oltre il nono arrondissement, fino al decimo del Faubourg St. Martin c'è le Passage du Dèsir ma è distante. Dominique Diot fa l'assicuratore per le grandi imprese. Quando ha scoperto che sulla cornice del palazzo in cui lavora – questo accadeva pochi giorni dopo la sua assunzione- ci sono le due iniziali K e F, a una collega che si chiama Sylvie, con la scrivania di fronte alla sua, ha subito confessato il suo amore per Kafka, Franz Kafka, l'assicuratore alle Generali.
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Delta nell'alfabeto fonetico dei militari viene subito dopo Charlie. Nulla sembra arrestare il fiume in piena di persone e turisti in giro per la città. Nulla, nemmeno l'attentato del 7 gennaio. Cavalcano l'onda sirene che cambiano di lampeggiante a seconda dei casi e per quanto occupata da ronde di militari che imbracciano FAMAS come clairon nelle fanfare, nulla sembra fermare la vita. Le giovani coppie si lasciano andare sui prati della Place des Vosges – ma solo se è bello – e una banda di piccoli amici gioca a pallone nei pressi del Panthéon forse soltanto per interrompere il sonno dei grandi spiriti che lì dentro ci dormono, per l'eternità. Al Jardin de Luxembourg qualcuno spinge con una canna la propria barca inaffondabile e corsara mentre, sotto la cappa di una sequoia o di un cedro, in arti marziali si esercitano due ragazze fragili. Ma questo accade al di là della Senna. La vita di Dominique Diot invece è tutta al di qua, in un crocicchio di viuzze, budelli di segni come quello che sulla mappa del suo quartiere disegna il percorso dalla Rue du Delta alla Rue la Bruyère in cui Kafka aveva soggiornato. Si ferma strada facendo davanti ai negozi e alle loro curiosités. –Tiens- ha pensato fissando, in una di quelle vetrine particolari, un manichino la cui assenza di braccia faceva pensare alla Venere di Milo. Dominique Diot, Mino per pochi amici, s'era del resto divertito quando aveva letto della delusione dello scrittore che in uno slancio libertino condiviso con l'amico Max Brod, sprofondando nella Paris la nuit e proibita alla ricerca di un vecchio bordello al 7 rue de Hanovre, racconta come non vi avessero trovato che uffici. Poi ha fatto la sua solita pausa al Bistrot Smiley che è al 47. Ci va perché “incontrando altri sguardi, si capisce di trovarsi di fronte a facce vere, si sente come siffatte ringhiere fra i tavolini accostati contribuiscano molto ad avvicinare le persone”. Alfa, Bravo, Charlie, Delta. Quando Mr Diot è sceso lungo la Rue des Martyrs quasi non ci poteva pensare che fosse proprio lì accanto al caffé il domicilio di Patrick Pelloux, il medico urgentista che faceva parte della redazione di Charlie Hebdo e tra i primi a prestare soccorso ai suoi compagni massacrati. Martiri non sono gli assassini, mai – ha pensato passando davanti all'autoblindo della Gendarmerie che fa da scorta e presidio al domicilio del sopravvissuto. Quando rientra a casa, al n°1 della Rue du Delta, riprende i diari del suo assicuratore preferito al punto in cui si era fermato alla vigilia: «Parigi a tratteggio: i camini alti e sottili che sorgono dai camini piatti insieme con quelli piccoli e numerosi, simili a vasi da fiori - i vecchi candelabri del gas, straordinariamente muti - i tratti orizzontali delle persiane, alle quali, nei sobborghi, si aggiungono, sul muro di casa, i tratteggi delle sudice impronte. - I correnti sottili sui tetti che abbiamo visti nella rue Rivoli - il tratteggiato tetto di vetro del Grand Palais des Arts - le finestre suddivise a strisce nel negozi - le grate dei balconi - la torre Eiffel che è formata di righe - il grande effetto di tratteggi dei listelli laterali e mediani nelle porte dei balconi di fronte alle nostre finestre - le seggioline all'aperto e i tavolini dei caffè, le cui gambe sono righe - i cancelli a lancia dorata dei giardini pubblici.»* Delta, è la quarta lettera dell'alfabeto greco (δ, Δ); dal dalet fenicio che significa, tetto, porta, in una sola parola casa. *Franz Kafka, Diari, a cura di Ervino Pocar, introduzione di Remo Cantoni, Oscar Mondadori 1988, pag 43
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Di Lehila Laconi Imponenti cattedrali del lavoro, che ancora colpiscono per la maestosa perfezione delle loro forme. Sono i Paraboloidi, un patrimonio storico, architettonico e culturale di valore inestimabile. Finalmente un lungo lavoro di ricerca su questi particolari edifici, condotto da Marcello Modica e Francesca Santarella tenta di far luce, per la prima volta in Italia, su una tipologia architettonica, spesso sottovalutata e costantemente a rischio di estinzione. Si tratta di manufatti di grande fascino che colpiscono per le loro forme ardite e per l'uso della volta e dell'arco ad andamento parabolico che ne caratterizza il nome. A partire dai primi decenni del '900 molti ingegneri, spesso rimasti sconosciuti, si cimentano con questi modelli costruttivi, inizialmente interamente gettati in opera, dando vita ad una storia in cui il nostro paese è protagonista e che spesso ha esportato in Europa. Veri e propri capolavori saranno i Paraboloidi di Pier Luigi Nervi (Margherita di Savoia, Tortona, Bologna, Saline di Volterra, Cagliari, Porto Marghera).
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Dei circa novanta esemplari censiti sul territorio italiano non possiamo non menzionare il paraboloide della societĂ Sir che si trova a Ravenna, in zona Darsena, che vanta caratteristiche uniche, tanto da renderlo prezioso ed indispensabile documento storico del sapere tecnico e dell'inventiva matematica ed ingegneristica. Fino all'avvento delle travate precompresse in cemento armato, i Paraboloidi hanno rappresentato la soluzione piĂš efficiente ed economica in grado di sfruttare a pieno le caratteristiche del cemento armato da poco inventato. Essi permettevano di realizzare grandi coperture per lo stoccaggio di materiali in cumulo ma anche, ad esempio, per il ricovero di aeromobili.
Paraboloidi – un patrimonio dimenticato dell'architettura moderna. Un libro di Marcello Modica e Francesca Santarella. Edizioni Edifir, Firenze, 2015
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Pubblicata nel libro Paraboloidi, un patrimonio dimenticato dell'architettura moderna, la ricerca di Marcello Modica e Francesca Santarella si conclude con un interessante capitolo dedicato a quei Paraboloidi che in Europa sono stati felicemente recuperati nel rispetto della loro storia ma con nuove e contemporanee finalitĂ di utilizzo. Credo veramente che pubblicazioni come questa possano sensibilizzare le persone e contribuire a porre dei vincoli a quelle strutture che ancora non ne possiedono, scongiurandone l'abbattimento o l'incuria o, addirittura, motivandone il recupero ed il restauro.
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“Il colore di assoluta tendenza per questa primavera è il bronde. Abbinabile a moltissimi tagli e carnagioni, mescola il castano al biondo fino a creare un colore ultra lucente e brillante, che mixa il biondo e rosso, o castano, fino ad ottenere una colorazione chiara e seducente e quidi molto luminosa. Noi Aribelli consigliamo di abbinare il bronde ai tagli lunghi, molto più adatti a questo tipo di colorazione, che fa risaltare le ciocche di capelli. Un taglio perfetto coordinabile a questo colore è il lungo con frangia piena stile beach waves, quindi un morbido taglio in cui le ciocche sono protagoniste.” Un'altra possibile declinazione cromatica a tutto fashion sarà il biondo miele. “Grande protagonista della bella stagione sarà il biondo, in tutte le sue sfumature, ci sarà anche la versione platino e quella fragola. Sulle catwalks P/E 2015, il biondo è stato riproposto in una nuance meno fredda, rispetto a quest'inverno, tendente al miele.” Le passerelle offrono importanti segnali anche a proposito del rosso ramato. “Un must per la scorsa stagione autunno/inverno, il ramato impazza nelle sfilate e si riconferma per i mesi caldi come colore dell'anno. Perfetto per le pelli chiare, soprattutto se declinato in un biondo ramato, dona carattere e luce al volto. E poi ci sarà una nuovissima tonalità di colore: si tratta del ronze, un bellissimo rosso bronzo, già molto amato dalle star.”
Ravenna evento 2015
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Questa primavera il gruppo Aribelli curerà lo styling e il make-up per l'evento ''storie d'amore e di verde'' al palazzo Rasponi di Ravenna per il tuo giorno speciale.
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Ad ogni colore, il suo cut ideale, con la costante attenzione all'effetto finale sul cliente, che da sempre caratterizza il lavoro di Aribelli. “Per quanto riguarda i tagli di capelli 2015, si fanno spazio caschetti cortissimiper un ritorno agli anni '80. Via libera, quindi, al pixie cut e ai tagli cortissimi che delineano il volto, accentuandone una femminilità sicura e sbarazzina. Tagli spettinati, frangette ribelli e sfumature beach style caratterizzano una donna indipendente e al tempo stesso molto sensuale. Le acconciature si fanno morbide e si rifugiano in code di cavallo basse, con ciuffi liberi e frizzanti. È il momento delle onde dei capelli ricci e delle trecce sbarazzine, tra cui compaiono anche righe centrali perfettamente delineate, sdrammatizzate poi da ciocche sinuose e rotonde.” Un discorso a parte meritano gli uomini, sempre più interessati ad una buona performance visiva, che esprima perfettamente la loro personalità. “Capelli corti e styling ultra-lucido: ecco i trend più forti per i tagli annata 2015, declinati al maschile. La riga laterale c'è, ed è molto bassa, come pure è presente l'effetto wet, che rende la chioma super aderente alla testa, come fosse un casco. A chi ama i ciuffi un po' ribelli, invece, consigliamo capelli più corti e sfumati sui lati, mentre al centro della testa il ciuffo è avanti tutta, con il risultato di un look molto attuale. La punk attitude, l'undercut estremo sono decisamente soluzioni di carattere. Questo tipo di taglio si presta ormai a diverse interpretazioni. In questo caso, i capelli sono totalmente rasati sui lati delle orecchie e sulla nuca, mentre quelli sulla parte superiore della testa sono molto più lunghi e ricadono in basso, creando un contrasto decisamente strong.” Abbiamo strappato al team Aribelli un ultimo suggerimento per quanto riguarda l'abbigliamento per la prossima stagione. Grazie alle loro frequenti collaborazioni con la stilista Cristina Rocca, sappiamo che il focus sarà sui colori del mare e dell'estate, con abiti avvolgenti, in grado di donare sensualità e femminilità alla donna di questa stagione.
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Di Tobia Donà
Diventa assai difficile, con poche righe a disposizione, presentare Luigino Rossi ma ho tra le mani un libro di Monica Setta, dal titolo I POTERI FORTI, che raccoglie le interviste di alcuni tra i maggiori attori dell'economia e della cultura italiana. Ebbene, accanto a nomi come Giorgio Armani, Luciano Benetton, Diego Della Valle, vi è quello di Luigino Rossi, industriale di grande rilievo che in quarant'anni ha portato la sua azienda di calzature di alta moda a essere la prima nel mondo. Recentemente acquistata del grande gruppo francese del lusso LVMH, la ROSSIMODA è stata la prima industria italiana che sin dagli anni sessanta, grazie all'intuizione di Luigino Rossi, ha prodotto e distribuito su licenza, calzature firmate dai grandi stilisti francesi quali Christian Dior, Yves Saint Laurent e Givenchy. Grande collezionista d'arte contemporanea, appassionato di musica e teatro Luigino è oggi il Presidente dell'Accademia di Belle Arti di Venezia. In questa intervista, racconta la sua idea d'istruzione artistica e, conseguentemente, le finalità e gli obbiettivi del suo mandato.
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Che peso ha la sua storia imprenditoriale in un settore creativo e artistico come quello della moda nel suo ruolo di presidente?
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Il mio operare d'imprenditore nel mondo della moda, indipendentemente che sia di lusso o no, mi ha abituato a respirare un ambiente creativo dove l'inventare è quotidiano. Un progrerss quello della moda, che va avanti e si rinnova molto più velocemente che in qualsiasi altro settore. Dalla scarpa, al cappello, ogni giorno bisogna scovare e sperimentare nuove idee e possibilità, idee, che nascono insieme a quei collaboratori di eccellenza che sono gli artigiani, i tecnici, gente capace di lavorare con le mani e al tempo stesso custodi di una grande cultura e tradizione. E' questo che ti tiene vivo, che ti tiene in vita dal punto di vista creativo. Ecco che, alla luce di queste considerazioni, le Accademie di Belle Arti rappresentano la fucina ideale per coltivare e formare, questi straordinari profili professionali ricercati dalle aziende, e così caratterizzanti il nostro sapere italiano fiore all'occhiello della nostra italianità.
E' veramente affascinante. Questo è il lato più romantico, l'ideale a cui tendere. Nella pratica, quali sono i limiti da superare attualmente e quale può essere la strada da intraprendere? Purtroppo anche le accademie soffrono di un male comune a tante istituzioni del nostro paese, e si riassume nella necessità di ammodernamento legislativo e di sostanza. La storia partita nel 1750 dovrebbe essere un punto di forza, di garanzia e autorevolezza di queste straordinarie istituzioni. Sembra invece che il loro essere “antiche” le tenga legate ad un passato, che trova numerose difficoltà ad interfacciarsi e dialogare con il mondo contemporaneo. Potrei riassumere il fine ultimo del mio operare all' Accademia di Belle Arti di Venezia , con la parola ammodernamento per riprendere il passo dei tempi, e aggiungerei il cercare nuovi modi di autofinanziamento, che si generino dall'interno e che permettano una maggiore autonomia e libertà. In questo momento, l'Accademia deve rispondere ad una efficienza e velocità che ci è imposta dal mercato. Questo si ottiene, dando spazio alla ricerca e all'innovazione attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie e parallelamente a una nuova flessibilità degli orari e dei programmi, che permetta finalmente all'Accademia di essere vissuta totalmente come un atelier, come un laboratorio aperto di idee e di confronto. Non è possibile nell'ambito della creatività garantire unicamente un orario “d'ufficio”. Il mio ideale è un'Accademia aperta, dalla mattina presto sino a sera inoltrata in modo che lo studente non debba interrompere la creatività ma possa continuare nella sua ricerca. Ma ahimè, per raggiungere questi propositi occorre una profonda modifica dei regolamenti che normano gli orari di tutto il personale docente e non, e questo è possibile solo a livello nazionale.
Sono molti i traguardi raggiunti sino ad ora, come per esempio la collaborazione dell'Accademia di Venezia con il Teatro La Fenice che riguarda la realizzazione di scenografie. A questo scopo ho allestito alcuni laboratori presso Forte Marghera, un luogo unico dal punto di vista storico e paesaggistico che si sta affermando come culla e territorio deputato all'arte. In questo contesto, i nostri ragazzi realizzano pitture di grandi dimensioni per il palcoscenico e possono lavorare per un fine preciso. Altro importante traguardo è nell'Isola di San Servolo dove ci siamo concentrati nell'insegnamento della video arte e della formazione di professionisti nell'ambito del video in tutte le sue fasi di lavorazione. Tecnologie all'avanguardia e strumentazioni nuovissime caratterizzano questa struttura, dove i ragazzi sono seguiti da figure altamente professionali. Un salto di qualità gigantesco.
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Lei si è posto degli obbiettivi davvero importanti e io so che ne ha raggiunti parecchi, ce li vuole raccontare?
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Altro grande traguardo importante è il Magazzino del Sale Tre. Uno spazio espositivo nel cuore di Venezia, a Punta della Dogana che, l'Accademia potrà utilizzare per diciotto anni ancora. Restaurato e allestito per ospitare mostre d'arte di ogni genere, grazie alla flessibilità delle sue strutture interne, il Magazzino del Sale Tre è il luogo ideale per dare visibilità ad un pubblico molto ampio, alle numerose collezioni che l'Accademia conserva nonché al lavoro dei nostri studenti. Da quando utilizziamo questa prestigiosa vetrina abbiamo realizzato un numero impressionate di mostre e tantissimi sono i nuovi progetti al vaglio. Non potremmo davvero più farne a meno.
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Saluto e ringrazio Luigino Rossi sulla soglia dell'ascensore di casa sua, uno splendido palazzo su Canal Grande a Venezia. Le pareti, completamente occupate da opere d'arte, da Lucio Fontana a Keith Haring, da Giacomo Balla a Andy Warhol, raccontano la storia di una passione sconfinata e sono la testimonianza di un impegno, che Luigino ha intrapreso in diversi ambiti, nella salvaguardia delle Ville Venete, nelle associazioni di categoria a difesa dell'artigianato e dell'arte calzaturiera, ma anche all'interno della Fondazione Gran Teatro La Fenice, così come a Confindustria ed anche nel restauro e nella conservazione di beni storici di Venezia. Credo che al nostro paese, così ricco di arte e tradizioni occorrono, non solo persone che “ci credono” ma che come Luigino, nell'arte “ci credono veramente”.
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L'Expo 2015 di Milano ha deciso di dedicare l'esposizione universale al cibo e alla necessità di nutrire il pianeta, possibilmente, in modo sostenibile, con infinite varianti tematiche che dovrebbero coprire tutti i possibili ambiti dell'argomento. Si moltiplicano le pagine di foodbloggers che dettano i loro comandamenti, mentre gli chef vengono assurti a ruolo di megastar. Le casalinghe non sono da meno e si organizzano in vari gruppi sui social per copiare le idee proposte in tv e stupire ogni giorno con composizioni che normalmente si riservavano alle occasioni più esclusive, complice la diffusione di planetarie e macchine che lavorano il cibo e contemporaneamente possono cucinarlo, riducendo drasticamente i tempi delle preparazioni e moltiplicando le possibilità di cucinare ogni sorta di manicaretto, anche per i più pigri e per chi è privo di talento, o tempo, da dedicare ai fornelli. Il cake design, fino a qualche anno fa rilegato nelle segrete dei laboratori di pasticceria ed utilizzato soprattutto nei paesi anglosassoni, oggi viene praticato da tutti, a partire dalle mamme alle prese con le torte di compleanno dei figli già sotto il metro d'altezza, fino alle cupcakes per consumare il tè con le amiche e fare bella figura. Anche le preparazioni hanno subito rivoluzioni copernicane, grazie non solo ai progressi tecnologici che permettono la creazione di attrezzi in grado di rinnovare, anche visivamente, il concetto di gusto, ma anche a quelli scientifici che individuano metodi di cottura e lavorazioni basate sulle caratteristiche fisiche e chimiche degli ingredienti.
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La cucina molecolare ha fatto la sua comparsa in Italia ormai una dozzina d'anni fa, grazie all'incontro tra un fisico, Davide Cassi ed un cuoco, Ettore Bocchia, e da allora le loro intuizioni sono passate nella cucina dei più grandi chef, come l'osannato Massimo Bottura, che continua da anni a comparire ai primi posti di qualunque lista dei migliori cuochi al mondo. Non dimentichiamo le nuove frontiere della cucina vegan, oppure le gioie dei prodotti gluten free, passati da un'esistenza grigia sugli scaffali delle farmacie per la dieta di celiaci ed intolleranti alle luci del desiderio per chiunque voglia provare, a prescindere dalla necessità medica, a mangiare sano. Su quest'ultimo sintagma si apre un ulteriore, enorme fronte, in cui il biologico, le produzioni a chilometri più o meno zero oppure lo slow food sembrano essere un'àncora di salvezza tra le sofisticazioni criminali degli alimenti, l'inquinamento di mari e terreni e ingredienti permessi dalla legge (si spera ancora per poco) di dubbia o pessima qualità. Nella realtà, la crisi spinge la gente ad acquistare sempre meno, e sempre peggio: tra le varie nuove tendenze possibili, dallo street food, in cui i ristoranti si trasferiranno sulle quattro ruote, all'autoproduzione e al ritorno a modalità di coltivazioni ed allevamenti tradizionali, sostenibili ed ecocompatibili, quella che sicuramente avrà più successo sarà legata al riciclo degli alimenti. Dalla doggy bag, con cui ci porteremo via i nostri avanzi dal ristorante senza imbarazzi, ai supermercati alla spina per evitare il più possibile packaging da smaltire, dalle app per cuochi in cui si aiuta ad eliminare il più possibile gli sprechi, a quelle per comuni mortali sulle quali gestire anche acquisti di prodotti freschi in tempo reale e consegnati in brevissimo a casa propria. Proprio l'Expo darà il buon esempio: in un refettorio per i poveri ricavato da un teatro alla periferia di Milano, gestito dalla Caritas, verranno cucinati gli avanzi dei padiglioni, per tutto il mese di maggio, da quaranta grandi chef, tra cui l'ideatore dell'iniziativa, il già citato Bottura. Siamo sicuri che per Natale, tra gli scaffali delle librerie dedicati alla cucine, straripanti di volumi e proposte, occhieggerà anche il risultato di questa esperienza. Da copiare!
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Di Marianna Perazzini
Roberto Pagani e Georges Mathieu 1959
La città più grande della Romagna, Ravenna, è un contenitore di storia, una storia che si racconta attraverso i favolosi tesori che da secoli si mostrano in tutto il loro splendore, molti dei quali dichiarati patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. In una città così eclettica come Ravenna, dall'aria signorile e apparentemente sorniona, se ne nascondono sicuramente molti altri ,di tesori. Ed, infatti ,un giorno ho avuto la grande fortuna di scovarne uno: la collezione Ghigi-Pagnani e tutta la sua storia, oltre 200 opere raccolte ed esposte in una originale villa, che spicca per la sua unicità e costruita ad, hoc proprio per raccontare e per diffondere la passione per l'arte di Roberto Pagnani e di sua moglie Raffaella Ghigi.
Raffaella Ghigi e Daniel Pommereulle 1961
Villa Ghigi-Pagani (arch. Luciano Galassi) 1956
Realizzata nel 1955 dall'architetto ravennate Luciano Galassi, alla sua prima committenza privata, la villa venne costruita in uno stile misto, americano e mediterraneo, con il tetto di tegole e coppi rossi, grandi finestre e spazi interni aperti, senza colonne che disturbassero la visione delle opere, come si conviene alla casa di un vero collezionista. Era stata ideata, inoltre, una rientranza tra la parete ed il soffitto delle stanze dove inserire piccoli ganci a cui legare le catenelle per i quadri, come era allora in uso nelle gallerie, per eliminare la funzione dei chiodi, antiestetici e soprattutto poco pratici per chi modificava spesso la disposizione delle opere. Roberto Pagnani incarnava la rara figura del collezionista colto – come sottolinea con orgoglio il nipote, Roberto Pagnani pittore, che assieme al padre Giorgio gestisce e cura questo meraviglioso patrimonio. Il suo amore per l'arte non aveva fini speculativi né dimostrativi, lo si percepisce immediatamente entrando in casa e osservando le tante fotografie che raccontano di una passione profonda che lo legava agli artisti, con i quali manteneva dei veri rapporti di amicizia. “Comprava i lavori che più riteneva coerenti con il processo filosofico ed esecutivo che li aveva generati. Quello che cercava era la coerenza tra l'idea e la sua realizzazione e, certamente, dei valori estetici convincenti.” Nato nel 1914, Roberto Pagnani era un intellettuale eclettico e dalla personalità aperta. Frequentava le maggiori gallerie d'arte dell'epoca alla ricerca dei linguaggi che le avanguardie pittoriche del dopoguerra stavano diffondendo in Europa e nel mondo, in particolar modo l'arte gestuale dai colori decisi dell'Informale francese ed italiano, e l'Espressionismo astratto.
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All'inizio degli anni 50 strinse una forte amicizia con il critico e storico dell'arte Alberto Martini, allievo di Roberto Longhi ed ideatore della famosa collana I Maestri del colore, che lo avvicinò ai più interessanti artisti del momento e gli fece conoscere il critico bolognese Francesco Arcangeli, che passò spesso a Ravenna.
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Mattia Moreni / Alberto Martini 1960
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La casa stessa divenne una sorta di residenza d'artista e un cenacolo di intellettuali, dove passarono artisti come Mattia Moreni ed il francese Georges Mathieu, tra i nomi più noti dell'informale italiano e francese, ma anche il pittore Ben Shahn, il poeta Raffaele Carrieri, la scrittrice Elisabeth Mann Borgese e tanti altri ancora, un vero luogo di incontro e scambio sincero, ma soprattutto di creazione. L'archivio di casa Ghigi-Pagnani – catalogato dalla storica dell'arte Federica Nurchis comprende capolavori dell'arte informale di Appel, Moreni, Mathieu e Vedova, ma anche dell'esistenzialismo lombardo con Cazzaniga, Vaglieri, dalle tinte più scure. Si trova anche un'opera di Imai Toshimitzu del Gruppo Gutai del 1961 e “La sagra della primavera”di Gianni Dova, voluta nel 1964 dal regista Michelangelo Antonioni per il suo film Deserto Rosso. La collezione, uno degli esempi più interessanti di raccolta d'arte privata, si formò nell'arco di un decennio, fino a quel tragico 8 maggio 1965, quando in un incidente d'auto Roberto Pagnani perse la vita assieme alla moglie Raffaella Ghigi e al giovane amico Alberto Martini (proprio quest'anno ricorre il cinquantenario della scomparsa). Un evento dalle pesanti conseguenze, conclude il nipote Roberto “Mio padre Giorgio, all'età di venti anni si è ritrovato da solo e dovette lottare per salvare la collezione da varie specie di avvoltoi. E' riuscito nell'impresa, coadiuvato anche dal formidabile aiuto di mia madre che lo ha sostenuto con forza e determinazione nella salvaguardia della casa e del suo contenuto. Ora è con orgoglio che dedichiamo la nostra vita alla conservazione della collezione per continuare a farla dialogare ancora”.
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