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It’s Different magazine edizioni Mille srl anno 5 n.32 febbraio/marzo 2014. free press Autorizzazione Tribunale di Ravenna n.1329 del 05/05/2009 - itsdifferent.it
IT’S DIFFERENT 32/2014
L’architetto Benini, spiega: “L’intervento del maestro Arlati, che interessa tutti gli interni e l’intera superficie dei grattacieli, fa sì che un padre possa indicare al proprio figlio la finestra dell’appartamento che ha acquistato, perché vicino alle finestre vi è un segno, una macchia di colore, unica, identificabile”. L’individuale, lo specifico, è valorizzato dall’intervento artistico, in un paese che per molto tempo ha perseguito l’omologazione. Non si tratta quindi di un’opera monumentale ma differente, di una semplicità disarmante che nella decantazione di ogni peso conquista il sublime. Affonda nella terra e s’innalza sino al punto di prendere il volo, verso il cielo. Le opere di Mario Arlati, da sempre ci trasmettono quest’incanto, ci fanno sentire il rumore del mondo, della vita. Il giallo carico, il blu saturo, il rosso deciso, sono colori senza tentennamenti, disposti a costruire un equilibrio che viene da lontano, che si bagna nella storia della pittura e che scorre nei sentimenti e affonda nelle emozioni e poi si fa materia, per comunicare e raccontare agli uomini di ogni tempo, passione e bisogno d’infinito. E’ la stessa ricerca di equilibrio con l’assoluto, che ritroviamo nel gioco leggero dell’opera moscovita che costringe a guardare il mondo in modo diverso, a vedere non solo con gli occhi. Un’arte etica, un’esperienza visiva ed emotiva partita negli anni Ottanta, all’ospedale San Raffaele dove, racconta Arlati: “Ho realizzato un racconto con la cromoterapia, coniugando l’arte con l’architettura”. Alexey Dobashin fondatore di KROST, la società che sta costruendo l’opera, chiamata non a caso Living Art, in una recente intervista ha dichiarato: “Volevo dare alle persone che vi abiteranno luoghi di aggregazione che potessero ricreare l’atmosfera dei vecchi cortili e, nello stesso tempo, volevo creare qualcosa dove fosse possibile respirare arte italiana. Desideravo che Mosca avesse un posto così e, grazie a Benini e Arlati, ci sto riuscendo”. Il progetto comprende quattro grattacieli alti più di centosessanta metri, oltre ad uno di trentacinque piani e un parco d’arte. Quarantacinquemila metri quadri di colore, per dipingere il cielo di Mosca. Il sogno di un pittore italiano, un’artista capace di immaginare e realizzare l’impossibile, come i grandi del Rinascimento, si sta per realizzare. Appeso insieme alla sua “bottega” di pittori, a centocinquanta metri di altezza, con raffiche di vento fortissime e la temperatura ben al di sotto dello zero, Arlati non prova vertigini, ma solo una grande emozione. Le opere di Mario Arlati sono visibili presso le gallerie Contini, di Venezia, Cortina d’Ampezzo e Londra.
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CRISTALLO RISTORANTE
Laura Sciancalepore
Si fa presto a dire Filippine: si parla di un arcipelago composto da circa settemila isole ed è difficilissimo scegliere quali visitare e quali scartare, senza parlare delle relative spiagge… Già da questa premessa si può capire che una meta così lontana, in un posto così baciato dagli dèi, merita una vacanza davvero lunga. Chiariamo però subito un punto: bisogna pianificare accuratamente la data di partenza, scegliendo in particolare il periodo che va da metà dicembre a metà maggio, perché altrimenti vi ritroverete ad avere a che fare con tifoni ed uragani che rovineranno sicuramente la vostra permanenza in questo paradiso, come ègià successo recentemente, purtroppo: E’ bene anche ricordarsi che partire in occasioni delle più importanti festività, come Natale o Pasqua, l’affollamento turistico è davvero impressionante, soprattutto in alcune zone, e quindi può risultare difficile utilizzare i mezzi di trasporto. Marzo e Aprile sono forse i mesi migliori, sia che scegliate la vita di spiaggia, sia che vogliate avventurarvi all’interno, per rendervi conto della natura selvaggia e rigogliosa di questi luoghi e dei meravigliosi terrazzamenti di risaie, che qui hanno una maestosità che non ha eguali nel sud est asiatico. Nell’isola di Luzon, a Banaue troverete una delle meraviglie del mondo: terrazzamenti di riso situati fino a 1.500 metri d’altezza, realizzatiti tra i 2.000 e i 3.000 anni fa, scavando nelle colline, dalla popolazione indigena degli Ifugao, e ancora perfettamente utilizzabili.
Peccato che il turismo stia in qualche modo danneggiando queste “stairways to heaven”: i contadini, infatti, preferiscono abbandonare i campi e lavorare con i turisti, lasciando in abbandono queste strutture che necessitano comunque di tanta dedizione, con il risultato che alcune stano cominciando a scivolare verso il basso, disfacendosi. Sono considerate patrimonio dell’umanità dall’Unesco, speriamo che questo contribuisca a non farle sparire… Se vi parliamo di colline di cioccolato, non pensate a Willy Wonka, ma a distese di circa 1.200 colli tondeggianti che nel periodo siccitoso diventano marroni e ricordano appunto delle chocolate hills: si tratta in realtà di depositi coralliferi emersi anticamente dal mare e poi erosi nel corso dei secoli. Spettacolari anche negli altri periodi dell’anno, danno il meglio di sé soprattutto se viste dall’alto: in questo caso, bisogna pagare un biglietto d’ingresso per salire su una collina in particolare, su cui è stato piazzato un punto d’osservazione, dotato anche di ristorante. Si trovano nell’isola di Bohol, dove le particolarità non mancano: solo qui ad esempio troverete una scimmia di origini antichissime, il tarsi, una specie a rischio d’estinzione e tipica di questi luoghi. Hanno tantissime peculiarità, tra cui quella di essere animali notturni e di ruotare la testa come fanno i rapaci: le guide del centro di sviluppo e ricerca sui tarsi saranno lieti di mostrarvi i luoghi in cui di solito sono attivi (li vedrete addormentati sui rami, però, viste le loro abitudini…). Se cercate mare cristallino e sabbia bianchissima, avrete solo l’imbarazzo della scelta: la più conosciuta e frequentata, e anche per questo motivo non necessariamente la più bella, è la spiaggia di White Beach, a Boracay, lunga circa quattro chilometri e circondata da locali e resorts, per una vita diurna (e notturna) senza interruzioni. Bantanyan ne è una versione più tranquilla.
Ma se cercate la natura più incontaminata, recatevi senza indugi nell’isola di Palawan, dove nella parte più settentrionale troverete El Nido, un gruppo di isolotti corallini gettati come perle tra le scogliere di arenaria e il mare color smeraldo. Fa parte dell’arcipelago di Bacuit, un paradiso per tutti coloro che amano il mare nella sua essenza più pura, in particolare divers e appassionati di snorkeling. Nella stessa isola, esiste il parco nazionale del fiume sotterraneo, che merita davvero la visita: si trova a cinquanta chilometri circa da Puerto Princesa ed è considerato patrimonio dell’Unesco. Questo fiume, prima di sfociare nel Mare Meridionale Cinese, scorre sotto una grotta per circa quattro chilometri e mezzo. L’intero ecosistema della zona è meravigliosamente intessuto di biodiversità e le foreste che troverete qui, sono tra le più belle del mondo.
I surfisti non hanno dubbi e convergono sull’isola di Siargao, che si trova a circa ottocento chilometri da Manila: quest’ultima è la capitale delle Filippine, e la zona antica, Intramuros, è la più suggestiva, ma ciò è tutto quanto vi serve sapere, poiché il turismo sessuale è la sua principale attività e l’inquinamento d’ogni genere, il suo tratto caratteristico, quindi, se si può, è meglio saltarla a piè pari… Le isole Calamian sono un concentrato di spunti interessanti: gite in barca (quelle caratteristiche a doppio bilanciere si chiamano bangka e sono ideali per spostarsi da una caletta all’altra) o in kayak oppure a piedi in tenuta da trekking saranno le vostre attività preferite alla scoperta della natura, mentre in fondo allo splendido mare, ricchissimo di pesci e guglie sottomarine, vi aspettano numerosi relitti giapponesi della seconda guerra mondiale, frutto dei bombardamenti degli americani nel 1944. Ancora più famoso tra i divers, tanto da essere inserito nella top ten di Forbes Travelers dei migliori punti d’immersione del mondo, è Coron Island: qui le navi affiorano a circa trenta metri di profondità, con una visibilità eccezionale. Nell’isola di Busuanga si trovano sette piccole isolette che formano la Coron Bay e sono denominate los siete pecados: qui la natura è selvaggia e incontaminata e lo snorkeling riserva belle sorprese, per non parlare delle sorgenti caldi e frizzanti di Mequinit, praticamente una spa a cielo aperto.
Le isole Calamian vi riserveranno altre sorprese, come il lago vulcanico Kayangan, che oltre ad essere mozzafiato per la particolare caratteristica di essere incastonato tra pareti di roccia, risulta essere il più pulito d’Asia, oppure Culion, sede ormai dismessa di un lebbrosario costruito dagli americani agli inizi del secolo scorso, nel tentativo di tenere sotto controllo la malattia. Tutti gli oggetti utilizzati e le cartelle cliniche sono ancora perfettamente conservati e consultabili, ed è considerato uno dei musei più suggestivi della zona, senza contare la vicinanza di una splendida chiesa con le parti in corallo e di un faro da cui si gode un panorama spettacolare. Forse potrà sembrarvi macabro quanto stiamo per dirvi, ma in realtà è una potente rappresentazione del concetto di morte e di come le popolazioni del luogo abbiano trovato una personalissima soluzione al problema della sistemazione dei cadaveri: a Sagada si usa mettere i propri morti in una semplice bara di legno, in posizione fetale, e appenderla alle pareti di grotte calcaree che caratterizzano in maniera diffusa il paesaggio in questa zona. Alcune bare risalgono addirittura a cinquecento anni fa: nella maggior parte dei casi comunque, dopo circa una trentina d’anni e tre rituali intermedi, in cui si riportano i resti a casa, si ricompongono dopo una festa e vengono rimessi nelle cave, trovano definitiva dimora nella casa dei parenti, avvolti in panni tradizionali. Si possono visitare le cave vestiti adeguatamente e pronti a scivolare in qualche pozza d’acqua, ma se vi basta la vista dall’esterno, potrete godervi il resto del panorama, verdissimo come al solito. Cebu fa parte dell’arcipelago delle Visayas e non mancherà di stregarvi: il meteo è clemente per tutto l’anno, le spiagge sono bianchissime e incontaminate, le Kawasan Falls vi proietteranno in uno scenario da Laguna Blu, con acqua limpidissima che confluisce in un laghetto da cui si diparte l’omonimo fiume, e troverete strutture ricettive molto ben attrezzate. Last but not least, dicono che qui vivano le donne più belle di questa parte del mondo… Le isole Filippine sono talmente tante che è impossibile elencarle tutte, perciò vi ricordiamo solo che qui la vita costa pochissimo, che come in ogni paese del sud est asiatico troverete grandi contrasti tra ricchezza e povertà e situazioni, soprattutto a Manila, al limite del sopportabile. Gli europei non sono ancora molto presenti, anche per l’assenza di voli diretti, ma è sicuramente un paese da tenere d’occhio, e in cui si può anche pensare di trasferirsi, e molti l’hanno fatto. Alcuni sostengono che non sono all’altezza di altre location del sud est asiatico, Thailandia in testa, ma non potrete rimanere indifferenti alla natura dei luoghi, né al sorriso luminoso della gente di questo angolo di paradiso.
PANI’
In questo numero, It’s Different incontra una delle anime del progetto Mariani Life Style, lo chef Mauro Zanarini, per capire meglio il segreto di questo successo e il concept dell’offerta enogastronomica di questa nuova realtà che, a poche settimane dopo l’apertura, i clienti stanno scoprendo con entusiasmo. Mauro, qual è il tuo ruolo all’interno del Mariani? Con Maurizio Bucci (proprietario del Mariani, ndr) ci siamo visti ad inizio 2013 e da subito abbiamo capito e condiviso un progetto. Entrambi abbiamo le idee chiare e un buon bagaglio d’esperienze precedenti iniziate dalla gavetta nelle aziende di famiglia e proseguite nelle attività successive. Sono un suo consulente, impegnato su un progetto molto importante che non si esaurisce con il Mariani. E’ proprio la preparazione e la sensibilità per la qualità dell’iniziativa che caratterizzano questa collaborazione ideale. Cosa è e cosa significa Panì, il panino del Mariani? Un pane fragrante, pieno e gustoso, un taglio nel mezzo per accogliere ed esaltare sapori veri genuini, un morso deciso; pochi gesti, per entrare nel mondo di Panì. Panini fatti con amore. I panini “I Solisti” esaltano i salumi, che nel giusto spessore vengono affettati ed uniti al panino. Un binomio dove le qualità della materia prima, di altissimo livello, si sposa con il pane, in una perfetta sinfonia. Assaporateli con calma e coglietene i singoli profumi e sapori. I panini “I Farciti” uniscono alle caratteristiche dei singoli salumi, farciture e salse che interagiscono tra loro con gusto e fantasia. Chiudete al primo morso gli occhi, l’emozione è forte. I panini “ I Vegetariani” racchiudono verdure di stagione del nostro territorio, insieme a formaggi e pesce che ne esaltano le caratteristiche.
Nella nostra proposta un occhio di riguardo è rivolto all’Emilia Romagna, ma non mancano proposte da fuori regione: salumi romagnoli, salumi dell’Antica Ardenga di Parma e delle Officine Gastronomiche Spadoni di Brisighella, i pecorini del Buon Pastore di Sant’Alberto, il parmigiano reggiano di Vacche Rosse Grana d’Oro e la bellissima selezione di formaggi del Tagliere, le salse biologiche di Cereal Terra. Ampia la gamma dei presidi Slow Food: mortadella classica Bonfatti, culatello, mariola, spalla cotta di San Secondo, alici di Menaica, pomodori del Piennolo, capperi di salina, in stagione robiola di Roccaverano, palamita di Orbetello. Particolarmente ricercate dai clienti, alcune vere rarità di panini, come la Spalla cotta di San Secondo con la mostarda classica cremonese di Luccini, la robiola con le alici di Menaica e salsa di cipolle bio, la mortadella classica con parmigiano di vacche rosse fuso e aceto balsamico di Italo Pedroni, lo speck con taleggio orobico e salsa di funghi bio. Il nostro panino, attore principale, è lo strumento perfetto per fare conoscere al pubblico numerose eccellenze gastronomiche: è così che, grazie ad esso e uno staff preparato e disponibile, il cliente ha a disposizione un’ampia scelta di prodotti presentati in modo professionale ed accattivante. I panini disponibili ogni giorno sono ventitré. Il pane viene scaldato per renderlo più croccante e godibile. Tutto, dal pane alla farcitura, è preparato al momento. Un pasto completo, un vero e proprio piatto unico. Un vero piacere il primo morso dopo avere schiacciato il pane con le mani. I clienti, una volta ordinato il panino, possono accomodarsi a sedere nel tavolo nella saletta contigua, dove barrique e tavoli in legno creano un’atmosfera semplice e informale quanto curata ed accogliente. Salumi appesi in bella vista, scaffali per le bottiglie di vino e soprattutto il banco refrigerato per i formaggi e i salumi. Consiglio l’abbinamento con i nostri ottimi vini o alla fresca birra artigianale Theresianer alla spina. Questo è quello che noi intendiamo per panino. Perché uno spazio così ampio dedicato al panino? Nato come umile cibo da strada, destinato ai lavoratori e agli studenti, il panino da noi diventa gourmet. Panini fatti con le specialità locali ed italiane, tutto per i nuovi golosi. Negli ultimi anni, causa la crisi, il panino ha conosciuto un successo inaspettato per l’esigenza dei consumatori di mangiare in modo economico. Attenzione però, i panini non sono tutti uguali, da quelli in autostrada che soddisfano utenti veloci e distratti, dall’altro proposte più accattivanti che attraggono un pubblico con risorse limitate ma affascinato dalla qualità proposta, un vero boom di panini gourmet, panini di Panì, il sapore della semplicità. Preparati con un solo prodotto, elaborati, farciti, rivoluzionano il grigiore della pausa pranzo e rianimano impiegati, studenti e turisti. La qualità viene prima del prezzo: spendere un poco di più, se necessario, purché ne valga la pena. In tempo di crisi vince ancora il buono e ben fatto di casa nostra, e molti si dichiarano pronti ad acquistarli, indipendentemente dalla spesa, comodamente seduti fino all’ultimo morso con panini per veri gourmand. Raccontaci della vostra proposta di aperitivo, molto innovativa per una città come Ravenna… La nostra proposta si amplierà offrendo anche uno spazio per l’aperitivo e saremo aperti sette giorni su sette, proponendo un’offerta gastronomica sempre più ricca in città.
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E’ tempo di crisi, ma il palato non deve risentirne: perciò proponiamo una formula rinnovata, capace di conciliare la capacità di spesa (oggi in picchiata) e la qualità proposta. Oggi più che mai dobbiamo fare conoscere negli ingredienti di base l’inclinazione che li ha resi grandi, ma a piccoli prezzi, su tavoli spogli e senza alcuna concessione a rivestire di superfluo il locale e le ricette: un ritorno alla sobrietà. Prodotti biologici, salumi e carni da allevamenti selezionati, ampia selezione di eccellenti formaggi, tanti presidi Slow Food e, accanto ad una ricca selezione di vini, un cocktail bar con tutti i crismi. Un locale di impronta europea, aperto tutto il giorno: dal mattino, con colazioni che sconfinano nel pranzo e panini (Panì, IL PANINO) che ci portano alla sera, con aperitivi gourmet e cena della tradizione romagnola (Passatelli 1962) e, passando dal Diabolik con pizze ed hamburger fino all’after- dinner, il dopocena a base di cocktail. Atmosfera socializzante, disponibilità e versatilità sono la formula perfetta per un aperitivo goloso al Mariani. Come intendi promuoverlo? I prodotti offerti non hanno bisogno di essere promossi: sono l’eccellenza italiana, presenti nei locali migliori d’Italia. Noi dobbiamo solo farli conoscere con gentilezza ed umiltà, mettere al centro della nostra proposta il cliente. A breve partiremo con due iniziative: per quattro mercoledì con l’aperitivo Slow, dove presenteremo un produttore di spumanti abbinato a piccoli assaggi di alcuni presidi Slow Food. Il secondo, il giovedì, aperitivo dedicato agli studenti universitari. Il nostro aperitivo è anche una proposta culturale, un dignitoso ritorno alle origini delle nostre osterie con l’offerta di ceci, lupini, ciccioli, polpettine fritte, frittatine e il nostro Taglierino con una proposta buona, con materie prime di pregio, ed economica. Ringraziamo lo chef del Mariani Life Style, Mauro Zanarini, per il tempo che ci ha dedicato descrivendo la sua attività. Amore per il proprio lavoro, passione per la qualità e rispetto della clientela: questa è l’ennesima dimostrazione che le cose fatte bene, e con passione, nascono raramente per caso. 21
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L’isola di Tobago, nelle piccole Antille, sta diventando molto popolare come meta turistica tra coloro che amano le immersioni, tanto più che in queste acque, in cui la visibilità può raggiungere i 45 metri di profondità , si ha l’opportunità di nuotare fianco a fianco con mante giganti tra canyon rocciosi, grotte e coralli colorati. Insieme alla isola maggiore di Trinidad, forma la Repubblica di Trinidad e Tobago, posta al largo delle coste del Venezuela, di fronte al delta dell’Orinoco. L’isola di Trinidad è la più grande delle due e dista solo 15 Km dalla costa venezuelana. Tobago, invece, si torva a circa 32 Km a nord-est di Trinidad e si estende per 303 Kmq. Di origine vulcanica, Tobago è attraversata da una catena montuosa che raggiunge nel punto più alto i 576 metri (Pigeon Peak).
Nella zona di Batteaux Bay a Tobago vivono circa una dozzina di mante (Manta rays giganti), ciascuna delle quali lunghe dai 2 ai 3 metri; alcune di queste meravigliose creature marine si fermano qui tutto l’anno per via dell’abbondante quantità di placton, da cui traggono nutrimento, insieme a una miriade di altre specie marine. I subacquei avranno il piacere di interagire con queste enormi creature. Le mante infatti sono amichevoli ed incoraggiano i subacquei ad aggrapparsi a loro per fare un giro, al punto che si sono guadagnate il soprannome di “Taxi di Tobago”. Ma anche fare una semplice nuotata in loro presenza è un’esperienza che ha in sé qualcosa di magico ed indimenticabile. Tra le varietà di coralli che si possono trovare a Tobago c’è anche il Brain Coral, uno dei più grandi coralli del mondo, alto 4 metri e largo 6.
Una delle spiagge più belle dell’isola è Pigeon Point (dove è stata realizzata la famosa pubblicità di Batida), dal 1973 parco marino, dove è possibile ammirare tutte le bellezze che offre una spiaggia caraibica: mare cristallino, sabbia bianca e finissima, laguna chiusa dalla barriera corallina, palme che lambiscono il mare. Purtroppo per godere di queste bellezze bisogna pagare, dato che Pigeon Point è una spiaggia privata, cosa che la rende inavvicinabile per la gente del posto e frequentata soprattutto da turisti stranieri. Tobago è anche la meta ideale per gli amanti del bird watching. Qui si possono avvistare diverse specie di uccelli, tra i quali tucani, cuculi scoiattolo, civette e colibrì. Per poterli avvistare ci si può recare all’Asa Wright Nature Centre and Lodge, posto all’interno della foresta pluviale settentrionale dell’isola, a 360 metri di altezza. In questo santuario naturale si danno appuntamento bird watcher, naturalisti ed escursionisti. Tobago, infatti, ospita una quantità inimmaginabile di piante tropicali e animali selvatici sconosciuti in altre parti dei Caraibi e le sue foreste sono tra le più antiche del pianeta. Il periodo migliore per visitare l’isola di Tobago va da novembre a metà dicembre e da gennaio ad aprile.
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Radicchio Rosso
Il giovedi’ il più divertente gioco a quiz live
il venerdi’ del Radicchio Rosso concerti, degustazioni enogastronomiche e serate a tema
Di Tobia Donà “Il fiume è quello della vita, ma è anche il grave, il maestoso, il bellissimo Po, che, libera forza di natura, da una parte trascorre indifferente e indomabile fra tanta umanità che urge alle rive, dall’altra alimenta, protegge, caratterizza, divide e unisce, esalta o deprime terre e genti contigue al suo gran corso. Esso distribuisce il bene e il male, le disgrazie o la fortuna. Ora specchiante di sole, ora candido di luna, ora idillico e sereno, ora impetuoso e collerico; gonfio d’acque musicanti oppure increspato dal vento in mulinelli e voragini…” Nello Quilici, in Corriere Padano, 1938. La memoria, la lontananza sempre maggiore che ci separa dal passato. La certezza dell’irreversibilità del tempo, l’ansia di trattenere ciò che appartenne alle nostre esperienze, il desiderio di assaporare qualcosa che non è più. “Sono nata a Crespino, vivevo in una casetta sull’argine del Po…” così Elisa rispose alla mail che le inviai per complimentarmi del suo lavoro. Le sue opere sono le delicate filigrane dei sogni, pagine non scritte a sondare i dimenticati e misteriosi moti dell’inconscio. Il suo è un fiume appassionato dove le fronde dei pioppi, che si specchiano nell’acqua, proiettano bagliori, un’immagine capovolta nel flusso incessante del tempo. Elisa estrae figure e situazioni e riesce a trasferirle di colpo nel silenzioso fiume della vita. Una topografia onirica con la quale descrive il mondo e suoi accadimenti. Personaggi del mito, del passato e del presente, figure reali o inventate o trasformate o colte nell’atto di trasformarsi, che lei fa rivivere e agire in un paesaggio evocativo ricostruito attraverso un’esperienza vissuta poeticamente, e poeticamente reinventata. Ciò che più colpisce è un senso d’inquietudine, talvolta di apprensione, ma basta prendere respiro, per sentire che in ognuno di noi c’è qualcosa di straordinario, di ambiguo, di angoscioso, di onirico dominato tuttavia da una forza che ci impedisce di naufragare nel terrore.
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Immagini delicate ma enigmatiche, potenti. Un’autobiografia segreta, come un sogno registrato graficamente in un tracciato. Una confessione mormorata, affidata a simboli da decifrare. Ella dipinge quello che ha visto e amato, immergendo il ricordo in uno stato d’animo di favole e leggende ascoltate, che riemergono quando interviene la nostalgia per quel mondo così straordinario. Una forza che è fede nell’uomo, nella natura, capacità di intuire quello che avviene o avverrà, nella “regione sconosciuta”. We are such stuff, as dreams are made on.
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Elisa Bertaglia: Nasce a Rovigo nel 1983. Nel 2009 consegue la Laurea di II Livello in pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia e vince una Borsa di collaborazione didattica presso l'Atelier del Prof. Di Raco. Nel 2011 viene selezionata per esporre nel Padiglione Accademie alla 54° Biennale di Venezia. Dal 2009 collabora a diversi progetti ed espone sia in Italia che all'estero. Tra le mostre principali: "Alma Venus et Venatrix Diana", "Art Stays", "Dc Pulse/Two", "Vertigo" (2011), "Dolomiti Contemporanee" (2012), "Con la bestia nel cuore", "Eclettica" (2013). È stata inoltre selezionata in vari premi, tra cui, "93° Collettiva Bevilacqua La Masa" (2009), "Premio Combat", "Premio Celeste", "Premio Ora" (2012), "MantegnaCercasi" e "Premio Combat" (2013).Come scrive Chiara Serri, "L'immaginario di Elisa Bertaglia [...] è popolato da animali e bambini, radici sospese e lacerti di paesaggio, tutti sottoposti ad una progressiva semplificazione, che si esplica nella scelta cromatica essenziale e nel segno tenace, capace di ampie volute e grande incisività. Un vocabolario personale che l'artista ha elaborato negli ultimi anni, a partire da alcuni riferimenti autobiografici, ma anche dal sogno, dalla letteratura e dal mito [...]".
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anni
PHOTO ERMES TAZZARI RUSSI RAVENNA
Di Tobia Donà Un libro bello. Una favola. Un documento storico. Un ritratto intimo e inedito di un uomo immenso; Federico Fellini. “Segreti e Bugie di Federico Fellini” è tutto questo. Da leggersi tutto d’un fiato, l’ultimo libro di Gianfranco Angelucci incuriosisce già dal titolo, e dopo aver letto le prime pagine, diventa impossibile abbandonarlo. Intanto spieghiamo che l’autore è colui che scrisse la sceneggiatura di “INTERVISTA”, film del grande Fellini datato1987, che non solo vinse il Premio Speciale della Giuria a Cannes ma anche il Primo Premio al Festival di Mosca. Ma non basta ancora, Angelucci è stato collaboratore e amico di Fellini dal 1969, anno in cui, ancora studente, si rivolse al Maestro per scrivere di lui nella tesi di laurea. Da allora un’amicizia durata sino alla morte del regista romagnolo. Gianfranco Angelucci ha respirato, accanto a Fellini, quella Dolce Vita romana divenuta oramai mitica. Ma tutto questo non è sufficiente per scrivere un buon libro, ed infatti ciò che Angelucci scrive non sono solo i suoi ricordi, ma le emozioni che egli ha vissuto da professionista del cinema, con la consapevolezza di vivere un momento speciale, un’occasione unica, collaborando con un grande genio del ‘900. Scrive Gianfranco Angelucci “Sono persuaso che la strada migliore per stare vicino a Federico sia assorbirne la luce, unica e irripetibile, lasciarsene riverberare. Come è successo a me” . Un racconto che, a vent’anni dalla scomparsa del regista, si presta a diverse letture, molte commoventi, altre curiose, ma tutte, come si usa dire, di “prima mano”. Sarà questo, come afferma lo stesso Angelucci, “Fellini non è incasellabile neppure sulla pagina”, il motivo di un libro così intenso e insostituibile che non vuol essere né una biografia, ma nemmeno una raccolta di gossip. Segreti e Bugie di Federico Fellini, rivela fra mille retroscena, gli eventi che più hanno caratterizzata la vita del regista Premio Oscar, e come questi abbiano influito nella sua produzione e nel suo pensiero d’artista.
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Il grande amore per la moglie, l’attrice Giulietta Masina che è rimasta al suo fianco sino alla fine, ma anche i molti amori passeggeri che hanno contraddistinto la sua vita sentimentale, in perenne conflitto. E poi la ripresa da un ictus, una grande prova di coraggio ed amore per la vita, ma anche cose di lavoro… come la scelta di un attore piuttosto che un altro. Per questo non poteva mancare la descrizione dei sentimenti verso i suoi personaggi, i suoi attori preferiti, come Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, con il quale non mancarono le incomprensioni, sino ad arrivare all’incarnazione dei suoi sogni e delle sue storie, Marcello Mastroianni, icona incontrastata del cinema felliniano. E ancora Angelucci ci narra i sentimenti e le considerazioni verso i colleghi registi e intellettuali quali, Pier Paolo Pasolini e Roberto Rossellini regista che Fellini ha ammirato, ma anche l’umana rivalità con Luchino Visconti e i momenti di difficile comprensione verso il poeta Flaiano. Grazie anche alla disponibilità, dell’editore calabrese Walter Pellegrini oggi possiamo trovare in libreria, non solo un libro carico di storia recente e umano sentimento, nel quale a volte riconoscerci o sognare, ma anche un documento importante sulla nostra Italia, pregna di creativa originalità e popolata da geniali figure artistiche e creative. Un monito alla fiducia nella gente di questo nostro grande paese che, nell’inventiva e nella sua grande storia artistica può e deve trovare le energie per una rinnovata e florida stagione creativa, e la notizia della nomination agli Oscar al film di Sorrentino “La grande bellezza” ci fa ben sperare. Un’ultima curiosità raccontata da Angelucci: in una scena del capolavoro di Federico Fellini 8 e 1/2 si sente pronunciare “ASA NISI MASA” che altro non è che la parola ANIMA ed è questa che secondo Angelucci rendeva e renderà unica tutta l’opera di questo regista le cui doti tutto il mondo ha riconosciuto.
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di Paola Berti
principale che ha portato due noti ioni, ed è sicuramente questo il motivo pass di gran o, su pre sem iano pogg etti Grandi prog o. Maurizio Bucci e Paolo Gentili: il prim a concretizzare un sogno comune: la radi ia, fanz tanto , d’in i lità” amic agno i, “rom nnat rave della itori sana e rend part imp ri della vativa, con una particolare visione a colo un imprenditore dalla mente aperta ed inno la realizzazione di un locale assolutamente o vers attra ”, style “life rio prop e vero e com , esso succ con orla Ravenna. Il secondo, un affermato da diffonderla e prop iani, ora Mariani Life Style, in centro a Mar ma cine una l’ex le paro altre in une, fuori dal com un progetto che pone le proprie radici in , moda e gusto. Questi i principali attori di stile ttore nde dire diffo di ne ità pagi qual te in a ques da volt che coin re edito icamente ia mai sopita, e che ora mi vede entusiast passione adolescenziale per la radiofon ito dell’emittenza privata. amb nell’ rse, dive i sion man con vario titolo e ato lo spazio fisico e artistico che una artistico, a causa di ben 25 anni passati, a vidu indi va che un cantiere, veni più poco solo era iani Mar ma cine l’ex Ancora quando tica: in questo senso, da allora, ci siamo le, insieme alla sua organizzazione artis loca del no nter all’i e aver to potu bbe avre radio soluzione web. o dal tradizionale FM fino alla più moderna ica che opererà nelle attivati, vagliando possibilità che passavan a Network”: una nuova emittente radiofon venn “Ra o radi web la e, brev a erà, esportandone, il gusto, l’arte e la Ed è proprio qui che nasc “della” provincia ma “dalla” provincia, are parl per non rete, dalla rte offe tà infinite possibili storia in forma di stile.
nola, famosa in a emiliano- romag giorni stiamo nd ie az a ltr ’a un e ti n la quale in ques ncreto, contribuisc te innovativo e co si tratta della Axel Broadcasting, co l Mariani. en rm rio te ul to et de A rendere il prog studi radiofonici: fana della work, all’interno le di Ravenna Net la realizzazione di n considerarsi or tutto il mondo per sarà lo studio di trasmissione centra che partono sicuramente dal no o una selezione musicale che ssano attravers ecisi obiettivi, mi in allestendo quello nascendo con pr lità della rete, e pa chirà nel tempo di voci e program ia sta nz te k po or w se et en N m a im ric alle ar ie lle si az de Ravenn te gr , lia en lta lm fig la prima vo tivi, e natura quenza, ma r va pe fre : no di lo in i so ne n tic io tis no az e ar te ul i mod enut unque, ini, avre la opositiva, dai cont ork vi seguirà ov eranno le immag nd ffo di ne e ch internazionale e pr r allo smartphone, Ravenna Netw i nt te agli schermi giga diretta. Dal compu sizione all’interno del Mariani e à anche sul a. ss ste o po radi k, qualcosa accadr centrale e visibile teramente coinvolti nella vita della , in città: ora, con Ravenna Networ re in qualcosa possibilità di esse le, è già successo sty e lif o su al e ni Grazie al Maria web! A presto
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Di Tobia Donà Ogni premio porta in sé una malinconia, poiché celebra sempre qualcosa che è già stato: un impegno, un lavoro, una carriera. Il premio Alinovi – Daolio, assegnato pochi mesi fa a Maurizio Cattelan, di malinconie ne porta con sé più d’una. E’ nato per ricordare Francesca Alinovi, ricercatrice e critica d’arte poco più che trentenne, barbaramente uccisa nel 1983, anno in cui Bologna fu al centro della cronaca nera per gli omicidi del DAMS. Erano gli anni ’80, partiti male, con la strage di Bologna. Ma erano anni di grande fermento culturale e sotto i portici si potevano incontrare anche dei tipi tosti come Andrea Pazienza. Anche Francesca Alinovi e Roberto Daolio, hanno contribuito con l’arte a rendere quel periodo denso, mitico e internazionale. Daolio purtroppo è scomparso lo scorso giugno, aveva sessantacinque anni, e questa è un’altra malinconia. Fu uno dei primi a credere nel lavoro di Maurizio Cattelan, che esordì nel capoluogo dell’Emilia Romagna proprio sul finire degli anni Ottanta, al tempo della galleria Neon. Come già sapete, poiché la notizia un istante dopo la consegna del premio era già su tutti i siti web delle principali testate, Cattelan non si è presentato, come sempre fa, mandando al suo posto I soliti idioti, duo comico irriverente arcinoto alle masse.
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La consegna è avvenuta nell’ex Chiesa di Sant’Ignazio, oggi Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti a Bologna. Lungo e commovente l’applauso a Roberto Daolio. Tutto era pronto per il rito, e le autorità collocate dove un tempo vi era l’altare, sembravano rimarcare il senso liturgico e solenne all’investitura che si stava per compiere. Maurizio Cattelan, da bravo cristiano, ha fatto quel che tutti si aspettavano da lui. Un’azione comica ed esilarante che lascia subito dopo l’amaro in bocca. I soliti idioti, coppia d’allegri c/pretini che pare appena uscita da una fotografia di Mario Giacomelli, ha mostrato, tra una battuta e l’altra, immagini dell’artista celebrato vestito da chierichetto. Probabilmente, l’artista ha compreso che il suo sarebbe stato solo un ruolo marginale all’interno della celebrazione, ed ha trasformato la liturgia in un evento sociale. Certamente ha colpito nel segno, altrimenti non saremmo qui a parlarne. Nell’era mediatica e immateriale della comunicazione, dove tutto passa e si consuma rapidamente, egli ha fatto sì che questo premio arrivi ben più in là rispetto allo spazio condiviso dai soli addetti ai lavori. Poi, dopo i giullari, l’ultima diapositiva mostrava un cristo ligneo, senza braccia, che dondolava impiccato ad una croce. E quel che resta, è malinconia in più.
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Una storica attività di Ravenna si è trasferita nella nuova sede di viale Luigi Cilla: si tratta di Quartadimensione atelier, azienda che ha allargato prospettive di mercato ma non i suoi spazi, anzi li ha contenuti in un involucro completamente diverso dal precedente. D. Perché vi siete trasferiti? R. Dopo 20 anni di presenza nella struttura che progettammo in funzione delle esigenze di allora, avevamo la necessità di uno spazio a misura d’uomo; non nascondiamo l’esigenza di un ambiente con dimensioni minori per contenere i costi, che oggi devono poter agevolare la possibilità di offrire prezzi concorrenziali, senza diminuire la qualità che ci ha sempre contraddistinto, e questo periodo di austerità ci ha spronato ad abbandonare la struttura dove ci siamo fatti conoscere, sperando di trasmettere nuovi stimoli alla nostra clientela. D. Che pareri avete riscontrato? R. Avevamo l’obiettivo di realizzare un ambiente che fosse più “casa” e siamo rimasti piacevolmente sorpresi dal coro unanime di approvazione per il nuovo spazio e per la comodità di parcheggio, e ci ha meravigliato lo stupore per quei prodotti che, in molti casi già presenti nella precedente esposizione, non sembravano suscitare l’adeguato interesse. Avremo un quadro più chiaro soprattutto dopo che avremo formalmente inaugurato il nostro trasferimento, con un evento al quale desideriamo fare intervenire i nostri clienti, che ci conoscono bene e sanno quali sono le nostre caratteristiche….. D. Cosa vi distingue dagli altri? R. Sicuramente l’approccio al progetto; la nostra “marcia in più” consiste nel consigliare prima di proporre una vendita e progettare per noi è il continuo stimolo a mantenere alto il livello di qualità, anche con prodotti che non possono contare su particolari “griffe”. Annoveriamo marchi di alto livello ma non sono gli unici che vendiamo: li abbiamo scelti e li proponiamo soprattutto per la qualità intrinseca dei loro prodotti. Inoltre, non lasciamo i nostri clienti senza il necessario supporto per inserirli nel miglior modo possibile all’interno dei loro ambienti, e non per ultimo i nostri collaboratori al montaggio sono persone che continuano a stupire per la cura e l'attenzione dedicata alle abitazioni dei nostri clienti.
D. Abitazioni sempre più difficili da arredare…. R. Veramente sempre più complicate, soprattutto per via delle dimensioni contenute degli alloggi che ci vengono sottoposti. Anche per questo motivo ci stiamo proponendo come progettisti totali, non ci limitiamo più all’arredo inteso solo come mobilio, ma stiamo portando avanti la nostra filosofia di “Progetto Totale”, che coinvolge anche la scelta dei materiali con i quali realizzare l’abitazione nell’insieme delle sue parti. D. Fornite anche i materiali per gli interni? R. Proprio così. Ci siamo attivati, ormai da diverso tempo, per gestire in modo completo l’esecuzione di un nostro progetto, non solo negli elaborati grafici ma nella fornitura dei prodotti e dei materiali adatti: dalle pavimentazioni ai tendaggi, dagli apparecchi sanitari fino al tipo di prese elettriche. Ci occupiamo sempre di più di ristrutturazioni e ri-sistemazioni degli interni di ogni genere. Qualsiasi cosa ci stimola, si tratti di interventi edili oppure no: scale, rivisitazioni di locali ormai obsoleti, nuovi cromatismi materici e decorativi, per aggiornare le abitazioni ai tempi e alle necessità di oggi. D. Come proponete i vostri progetti? R. Da diverso tempo abbiamo abbandonato a malincuore il vecchio “tecnigrafo” per utilizzare la fonte tecnologica che impera in tutti i campi. Una nostra scelta precisa, però, è di utilizzare i programmi che le aziende forniscono, per non limitare i nostri progetti al semplice trasferimento di moduli già impostati, e quindi usiamo il computer come un tecnigrafo: lo schermo diventa il piano sul quale trasferire le nostre idee, con maggior facilità di lettura da parte del pubblico. Non abbiamo abbandonato, comunque, la cara matita: quella ci guida prima di stendere, sulla tavolozza del computer, il quadro che dedichiamo ogni volta ai nostri clienti. 52
Di Lehila Laconi Ha inaugurato lo scorso 26 gennaio Idola Mentis. Una mostra collettiva curata da Silvia Bignetti per No Title Gallery e ospitata presso lo spazio espositivo Cantiere Barche 14, nel cuore di Vicenza. Un evento multi-mediale che sta coinvolgendo il pubblico vicentino sotto molteplici punti di vista, cercando di abbattere gli idola mentis, i pregiudizi che affliggono la percezione dell’arte contemporanea. Intento della curatrice è suggerire la via emozionale per fare esperienza delle opere d’arte contemporanea. Spesso l’opinione del singolo spettatore non è pura, bensì influenzata da pregiudizi di carattere socio-culturale o da pre-giudizi, ovvero ”dal giudizio che lo stesso spettatore produce, ancora prima di vedere l'opera, sulla base delle sue convinzioni personali e o conoscenze tecniche”. L’intelligenza emozionale sarebbe dunque lo strumento che permette una connessione tra l’artista, l’opera d’arte e lo spettatore.
Sei gli artisti scelti per questa mostra: Giulia Bersani, Massimiliano Boschini, Pio Francesco Chierici, Roberta Feoli, Maurizio L’Altrella e Christian Palazzo. Giovani creativi che hanno espresso la loro personalissima concezione di libertà artistica svincolandosi da pregiudizi legati alla tecnica e proponendo opere di forte impatto, non solo visivo ma anche emozionale. Questa esposizione collettiva apre il terzo anno di attività di No Title Gallery, associazione culturale e piattaforma online per l'arte giovane e alternativa, che per questa occasione inaugura nuovi percorsi, collaborazioni e aree di ricerca. Un laboratorio didattico per bambini della scuola primaria anima le sale del Cantiere Barche 14, mentre è possibile ammirare e acquistare dei notebook realizzati a mano da ElTì in collaborazione con Roberta Feoli. L’inaugurazione è stata una felice occasione di convivialità offerto da Officina Eventi e arricchito dalla performance musicale di Leonardo De Marchi, chitarrista dei Son Ensemble.
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Il Giappone è pieno di tesori: un viaggio insolito, certamente indimenticabile. Non è possibile, infatti, restare insensibili di fronte alla bellezza del paese tradizionale che affianca quello moderno. Tokyo, città immensa, non mancherà di sorprendervi: è davvero uno scontro di culture! Si possono trovare quartieri alla moda, pieni di giovani, come Harajuku o Shibuya. Nel quartiere Asakusa, feudo di Takeshi Kitano, si possono ammirare la fiamma d’oro e il Tempio di Sensoji. Se volete farvi una bella passeggiata a Tokyo, vi consiglio caldamente Omotesando-dori, viale alberato che collega Aoyama-dori a Harajuku. Se siete alla ricerca di un bel panorama, la torre di Tokyo è senz’altro il posto il più famoso, ma l’ingresso è a pagamento. Un posto migliore, anche se meno alto, bisogna ammetterlo, è il municipio di Tokyo. Le due torri offrono un panorama, dalle piattaforme, che nei giorni limpidi si estende fino al Monte Fuji. E l’ingresso gratuito è tutt’altro che sgradito. Un’altra vista interessante si ha dalle colline di Roppongi. Per accedere al punto panoramico si pagano 1500 yen, ma da qui si ha un panorama a 360 gradi della città. Tokyo è anche la città dalle case di legno incastonate tra palazzi di cemento armato, dei "Love Hotel" dall’architettura incredibile, delle sale giochi sommerse dalle luci al neon e dalla musica a tutto volume (chiamate pachinko), e dei vivaci quartieri di Shibuya, Yurakucho e Ginza, gli Champs-Elysées giapponesi, pieni di negozi di lusso. A Tokyo ci sono tappe obbligatorie.
Gli Izakaya e i Karaoke, luoghi di divertimento dei giapponesi, i quartieri giovanili di Shibuya e Harajuku, Gli Champs-Elysées di Tokyo: Omotesando, Shinjuku, il quartiere degli affari, Akihabara, il quartiere dell’elettronica, Ginza, il quartiere dei grandi magazzini e Il Tempio di Sensoji ad Asakusa. A tre ore da Tokyo, la città di Kyoto ha tutto ciò che un visitatore possa desiderare: più di 1800 templi (come il Kiyomizu-dera o il Sanjusangen-do, che ospita oltre 1000 statue della divinità buddista Kannon), santuari, monumenti e quartieri storici, giardini e siti naturali. Nel centro di Kyoto, si può inoltre osservare la pagoda di To-ji. Ma Kyoto è famosa anche per le sue feste. Ho potuto assistere ad una di queste feste, il "Gion Matsuri", che si svolge a luglio e durante la quale le ragazze sfilano per le strade indossando costumi estivi. Preparatevi al calore infernale e alla marea umana che si accalca davanti ai carri! Una visita obbligatoria è anche quella a Kamakura, dove si trova, sin dal 1252, imperturbabile di fronte alle guerre e alle catastrofi naturali, l’enorme Daibutsu (Grande Buddha). Ma Giappone significa anche giardini: i giardini di pietra a secco dalla ghiaia ordinata, frequentissimi a Kyoto, evocano un paesaggio d’isole e mare.
Se visitate il Giappone in primavera, dal sud di Honshu (primi d’aprile), all’Hokkaido (metà maggio), non perdetevi il magnifico spettacolo costituito dai ciliegi in fiore. Molti appassionati si affollano sotto gli alberi, facendo abbondanti pic-nic a base di sushi annaffiati con sake e birra. Allora, perché non partite? Buongustai, per voi c’è l’imbarazzo della scelta: i piatti sono numerosi e tutti buonissimi. Alcuni sono imperdibili, come il sushi (riso all’aceto con fetta di pesce crudo o uovo), la Tempura (frutti di mare e verdure fritti), gli Yakitori (spiedini di carne), il Mochi, gli Yakisoba (pasta fritta) gli Onigiri, piatti a base di carne di maiale impanata e i Gyoza. Per quanto riguarda i dessert, vi raccomando le torte con il tè matcha, i gelati al sesamo bianco e nero e quelli alla patata dolce: delle vere delizie! Due parole anche sui giapponesi, che sono molto ospitali, si fanno in quattro per aiutarvi e abbondano di buoni samaritani sempre pronti a darvi una mano quando vi perdete nella metropolitana. Una cosa che mi ha colpito, durante il soggiorno, è stata la pulizia della metropolitana e delle sue stazioni, che non hanno veramente nulla a che vedere con quelle della metropolitana di Parigi, assai più sporche. Forse dovremmo prendere una lezione dal Giappone... La pulizia, la comodità e l’aspetto della metropolitana fanno passare in secondo piano i prezzi relativamente elevati dei biglietti. Il prezzo è proporzionale alla distanza percorsa. Una cosa sorprendente è osservare i giapponesi che attendono la metropolitana in fila indiana, secondo l’ordine d’arrivo. Una disciplina infallibile. Durante le ore di punta, alcuni vagoni sono riservati alle donne per evitare le mani morte. In queste ore, nelle stazioni della metropolitana si trovano anche gli "spingitori".
Le ore di punta, che esperienza! Questi "spingitori" spingono gli ultimi della fila nei vagoni affinché le porte possano chiudersi correttamente e la metropolitana non accumuli ritardo, che è il vero terrore dei giapponesi. Mentre mi trovavo in Giappone, ho fatto esperienza sia dei terremoti sia dei tifoni, ma non sono questi i ricordi che porto oggi con me: piuttosto, conservo l’immagine della splendida architettura che mescola Oriente e Occidente, dei giardini zen, dei numerosi templi e santuari, del Kinkakuji (Padiglione d’oro), senza dimenticare gli Onsen (terme), considerate ancora oggi un luogo di vacanza dai giapponesi. Si tratta di vasche calde la cui acqua sgorga da sorgenti vulcaniche, spesso rinomate per le proprietà curative.Favorita da un clima molto caratteristico, la natura giapponese riveste colori diversi che cambiano con l’alternarsi delle stagioni: il rosa dei fiori di ciliegio in primavera, il verde luminoso delle risaie e dei bambù in estate, il rosso degli aceri e il giallo dei ginko in autunno, il bianco della neve in inverno. Così, il visitatore che viene e ritorna in Giappone può ammirare magnifici paesaggi, sempre diversi. Ma questi cambiamenti di colore e d’atmosfera non sono limitati ad aree naturali: è l’intera società giapponese che si adatta al trascorrere delle stagioni. Qui, forse più che altrove, il clima segna il passo della vita e il ritmo delle conversazioni e influenza l’ispirazione letteraria e artistica. Ogni corrispondenza, ad esempio, sia essa privata o ufficiale, inizia con un riferimento al tempo e alla stagione. Questi agganci sono spesso ripresi dagli operatori della televisione nell’introduzione ai loro programmi. Televisione e giornali informano d’altronde in due precisi momenti dell’anno, a proposito di un tema che non cessa di stupire: l’avanzata del fronte di fioritura dei ciliegi in aprile e il fiammeggiare delle foglie d’acero in ottobre. Per un paese che ambisce ai traguardi della modernità e dell’alta tecnologia, può sembrare sorprendente trovarsi tanto legato al quotidiano progredire di fenomeni, in fin dei conti, del tutto naturali e prevedibili. Ma lungi dall’essere pittoreschi o rimanere nell’aneddoto, questi eventi scandiscono l’anno segnandolo con buone notizie, offrendo l’opportunità di ammirare la bellezza e sottolineando il legame al corso insieme cangiante e immutabile del tempo. Alcuni anni fa, il direttore del Meteo nazionale giapponese aveva presentato le dimissioni a causa di un errore di pochi giorni nella stima del periodo di fioritura dei ciliegi. Un fatto del genere può sembrare incredibile, eppure rispecchia l’importanza attribuita al ritmo stagionale, come pure gli enormi interessi economici che vi sono connessi, dato che notoriamente la gente si sposta in massa per andare a vedere i più bei posti di ciliegi (in autunno d’aceri).In realtà, il cambiamento di colori che accompagna le stagioni sembra trovare corrispondenza in tutte le attività.
È normale per esempio, per le vetrine dei negozi, un adeguamento al momento che fa parte di strategie di marketing di base. Ma è ancora più sorprendente constatare che molti prodotti, anche i più banali, cambiano il tipo d’imballaggio. Avremo allora una pioggia di fiori di susino sui sacchetti di caramelle in primavera, pacchetti di patatine con scoppio di fuochi d’artificio in estate, lattine di birra vestite di foglie d’autunno, fiocchi di neve sulle bottiglie d’acqua minerale in inverno, eccetera. Senza contare, poi, i prodotti esclusivamente stagionali. L’entusiasmo non solo per l’imballaggio, ma anche per il gusto adattato alla stagione è talmente forte che ad esso si piegano anche i marchi dell’industria agroalimentare internazionale sviluppando prodotti in esclusiva per il Giappone. Perciò, non troverete da nessun’altra parte una Pepsi al cetriolo ghiacciato o dei Kit Kat al gusto dei fiori di ciliegio (primavera). Se ne avete occasione andate ad ammirare i reparti dolciumi dei minimercati in inverno, più precisamente nel mese di gennaio: è la festa della fragola e tutto è color fragola, caramelle, biscotti, yoghurt e tutto quello che vi è possibile immaginare d’altro. Eh sì, in questa bella continuità delle stagioni, a volte ci sono delle anomalie, e il fatto che l’inverno sia la stagione della fragola ne fa parte. Un’ipotesi viene dal fatto che il "dolce di Natale", in Giappone, è una torta di panna e fragole bianca e rossa come i colori di Babbo Natale (non dimentichiamo che il Natale è un fatto di recente importazione e non ha alcun significato religioso nel paese). O semplicemente può corrispondere alle decorazioni di Capodanno, in cui dominano il rosso acceso e il bianco. Oltre ad alcune "manie" come questa, un aspetto che rispecchia significativamente il trascorrere delle stagioni in Giappone è il cibo. Non si mangiano gli stessi piatti o alimenti in estate o in inverno: i sapori e i colori sono all’unisono del momento. Ecco altrettante opportunità di degustare i diversi aspetti della cucina giapponese, così come lo è viaggiare in stagioni diverse. Ad esempio, in primavera, il piatto tradizionale della "festa delle bambole" è il chirashizushi, riso con aceto sormontato da decorazioni dalle morbide tonalità di giallo, rosa e verde, che ricorda il risveglio della natura. In estate, invece, largo alle presentazioni di prodotti freschi su un letto di ghiaccio o su stoviglie di bambù. Ma ecco che è già l’autunno dei funghi deliziosi, con piatti decorati con raffigurazioni di foglie per simboleggiare la momijigari, la ricerca delle foglie più belle, o gli oden che annunciano i primi freddi. E d’inverno? Niente di meglio di un nabe rinvigorente, per affrontare le gelate. Beninteso, alcuni alimenti superano la frontiera delle stagioni e vengono consumati durante tutto l’anno. Ma sono allora alimenti di tutti i giorni, che non offrono il piacere intenso del consumo di prodotti stagionali. Ci sono anche sottili differenze. Come con il sushi, così spesso associato all’idea di cucina giapponese, i pesci variano a seconda della loro disponibilità o del loro gusto particolare in quel particolare periodo dell’anno. Sapori, colori: nonostante il suo modernismo, il Giappone ha mantenuto un profondo attaccamento al corso naturale del tempo. Il rispetto della natura: non è forse questo il primo passo per proteggerla?
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