Il collezionista di orologi

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IL COLLEZiONiSTA Di OROLOGi


IL COLLEZIONISTA DI OROLOGI di Roberto Raisi

Si ringrazia Giorgio Grassi per la gentile concessione delle foto presenti nel volume Direttore Editoriale: Roberto Mugavero Editor: Paolo Tassoni Grafica e impaginazione: Nicola Catassi ©2010 Minerva Soluzioni Editoriali srl, Bologna Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi. Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata.

ISBN: 978-88-7381-335-4

Minerva Edizioni Via Due Ponti, 2- 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 – Fax 051.897420 www.minervaedizioni.com e-mail: info@minervaedizioni.com


ROBErTO RAISI

IL COLLEZiONiSTA Di OROLOGi

MINErVA EDIZIONI



Spesso, nel leggere un libro, mi sono chiesto come l’autore immaginasse i propri personaggi e ciò indipendentemente dal fatto che, nel corso del testo, li descrivesse minuziosamente o si limitasse a darne una breve raffigurazione. È, in sintesi, una questione di faccia, di connotati, di espressione, di sguardo: aspetti, questi, che possono essere percepiti solo visivamente. Così, nell’ideazione di questa mia prima opera di narrativa, ho cercato di soddisfare a priori l’eventuale curiosità del lettore, fornendogli tutte le fisionomie. E siccome non c’è niente di più romanzesco della realtà – almeno questa è opinione comune e diffusa – ho applicato un mio personale concetto di rappresentazione teatrale al rovescio: sono cioè partito dalle persone – persone vere, autentiche, reali – che, con grande autoironia, prestano il proprio volto e i propri nomi ad un racconto di pura fantasia. Interpretano, quindi, ruoli che nulla hanno a che vedere con la vita quotidiana. Se pertanto, man mano che procederete nella lettura, vi chiederete che aspetto hanno i personaggi della mia storia, sfogliate queste prime pagine e guardate le foto riprodotte: ne scoprirete il volto, il ruolo ricoperto nella finzione ed il vero mestiere. Sono gli amici di Molinella, piccolo grande paese della Bassa bolognese in cui tutto può accadere… anche il delitto più efferato! Roberto Raisi

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GLI ATTORI

La vittima, Alba Fregna, dalla cui morte è partita la vicenda di questo libro. In realtà è viva – ben viva! – ed è titolare del negozio Alba mode.

Il geniale commissario Gianni Passerini, ex direttore tecnico Magneti Marelli. Non vi sembra che assomigli a Pietro Germi?

Il vice commissario Raoul Romano Burnelli, nella vita ex venditore di auto.

L’infaticabile piantone del Commissariato, Mauro Bolognesi, già pensionato, anche se è ancora giovane… VI


GLI ATTORI

Il pitagorico Gianluca Vogli della Scientifica, nella realtà progettista elettronico.

Il fulminato Giorgio Grassi della Scientifica, fotografo nel libro e nella vita. Qui non ha i capelli elettrici perché, prima della foto, il barbiere Enrico gli ha fatto due sciampettini antistatici…

Il capo patologo Mauro Tura, nella vita medico di grande competenza, infatti non ha ancora ucciso nessuno dei suoi pazienti…

Il vice patologo Tiziano Paglia, anche lui medico serio e competente, forse… VII


GLI ATTORI

Il questore Amanda Alborghetti, dal fascino enigmatico e con relazioni molto, molto pericolose… Nella vita è titolare del Caffè degli Artisti di Molinella.

Il tatuatore Luciano Cucciolo Moretto, nella realtà imprenditore e showman.

Il fascinoso e seducente funzionario dell’Interpol Sandra Chinni, nella vita commerciante.

La DJ di Radio Zero Lorella Monchi, dalla voce calda e suadente. In realtà è direttore di BMM ZONE e vice direttore di BMM Internazionale. VIII


GLI ATTORI

L’ex scassinatore Massimiliano Max De Bernardo, che in realtà è un agente di commercio.

Maurizio Rizzi, giornalista nella realtà e nella finzione.

L’esperto di veleni Riccardo Giglioli, titolare di Progetto Terra. Anche lui ha interpretato se stesso!

Roberto Ansaloni, tecnico di elettrodomestici nella realtà e nella finzione. IX


GLI ATTORI

Il termotecnico Marco Battaglia, detto Black & Decker il trapanatore, nella vita agente di commercio.

Il ricchissimo collezionista Claudio Golinelli, vispo e allegrotto pensionato di Molinella.

Guido Roda, factotum di Claudio Golinelli, nella vita impiegato.

Mario Timacchi, l’indispettito fidanzato di Alba Fregna, in realtà commerciante di elettronica. X


GLI ATTORI

Gianluca Mascherini, il prevenuto ex marito di Alba Fregna, fuggito ad Auschwitz subito dopo il divorzio ma… in realtà vive a Molinella e lavora alla Telecom.

Leonardo Leo Borghi, titolare della Leofinance, specialista in consulenze finanziarie nella finzione e nella vita.

Il bellone! Michele Simeone, l’assistente della direttrice della Scuola per orologiai di Molinella. In realtà è uno stilista di moda.

Monia Maiani, la conturbante e sexy direttrice della Scuola per orologiai di Molinella. Nella vita è titolare del negozio Il mondo in pentola. XI


GLI ATTORI

Giacomo Jack Nolo, il vero e inimitabile chef di Oro Bianco di Cesenatico, uno dei locali più chic della Riviera Adriatica.

Giacomo Jack Bertocchi, da non confondersi con Nolo! Il nostro Bertocchi, infatti, è un appassionato sassofonista e suona alla Locanda Pincelli.

Guido Mazzara, nella finzione cliente pressante e impaziente, nella vita titolare di Baccarat Interni di Faenza.

Il magnate cinese Stanley Hoko Bolo, nella vita Fabrizio Bolognesi il Bolo, di mestiere uomo di fatica. Cliente del barbiere Enrico, è la colonna portante di Monte Citorio. XII


GLI ATTORI

Loris Corinno Sallioni, portavoce di Monte Citorio. Ciclista per passione, usa sempre bici da donna.

Il barbiere Giuseppe Enrico Roncarati, titolare del negozio detto Monte Citorio, fotografato mentre, con aria volpina, si dedica alla folta capigliatura di Sara Bolognesi, la splendida e raggiante ragazza immagine di Monte Citorio. XIII


GLI ATTORI

Monte Citorio, la bottega del barbiere Enrico, è il punto di ritrovo nonché il motore di tutta l’ampia e goliardica attività di spionaggio e di chiacchiericcio del paese di Molinella. Costituisce quindi lo sfondo ideale della mia storia. È un universo molteplice, fatto di cose piccole ma che scendono diritte al cuore, perché fortemente connaturate nella cultura padana: il dialetto, lo scherzo, la bonaria canzonatura, la voglia di vivere una quotidianità intessuta di allegria e di serenità, di amicizia vera e mai banale, perché autentica e solidale, pur nella burla e nel gioco. I frequentatori di Monte Citorio sono ragazzi mai cresciuti nell’anima, sono adulti col cuore e con la voglia di vivere di un ventenne. XIV


Eccomi qua! Roberto Raisi alias Santo Merendino, piÚ Merendino che Santo‌ Rappresentante di mobili sia nella vita che nella finzione e, di notte, scrittore per hobby. Infine, due amiche di Bologna che hanno contribuito con tanto affetto alla realizzazione di questo libro.

La zelante Piera Cipriani, editor solerte e alacre.

L’ineffabile Rossana Bandini, grafico immaginifico e fantasioso. XV


Ringrazio tutti gli attori di questa fantastica storia, che ho finalmente terminato. Una vera fatica! Però non vi nascondo che già mi manca… Non credo che diventerò mai un Faletti o un John Grisham, ma posso assicurarvi che mi sono molto divertito e più di una volta, nel mezzo della notte, mentre scrivevo da solo nel silenzio più totale, ho fatto sentire le mie sonore risate agli assonnati vicini di casa.

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A tutti gli amici di Monte Citorio di Molinella



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Hong Kong - Sabato 20 giugno 2009, ore 9,30 Se cerchi un orologio classico oppure all’ultima moda, devi andare ad Hong Kong. Qui, le possibilità di trovare uno strumento a prezzi esenti da tasse sono infinite: dai modelli per bambini, venduti a pochi euro, a quelli ornati con pietre preziose, che costano come un’automobile, fino ad orologi d’epoca, rari o addirittura unici, a prezzi ovviamente vertiginosi. Importarli in Italia, però, è illegale, per via dei blocchi commerciali. E quando ci si riesce, dopo aver ottenuto permessi speciali dallo Stato cinese, è d’obbligo pagare costosissimi dazi, che fanno ancora di più lievitare il prezzo. Per questo motivo esiste un mercato sotterraneo e illegale di contrabbando. Due collezionisti, un uomo ed una donna, sono giunti fin qui per ricercare una vera rarità, un orologio meccanico, da polso, Patek Philippe. Il modello è un cronografo monopulsante sdoppiante, commissionato nel 1930 dalla Maison Cartier. Ha la cassa in oro giallo con pulsante rettangolare, numero individuale 617297, quadrante in argento, due contatori, una scala tachimetrica con numerazione Breguet, lancette a foglia, numero di movimento 198405 con numero di referenza 130 e, nel fondello, porta un’incisione che raffigura San Giorgio che uccide il drago, valore: un milione e cinquecentomila euro. Il possessore di questo fantastico orologio è il magnate cinese Stanley Hoko Bolo, il più importante collezionista di orologi del mondo.

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L’incontro con il magnate è fissato per le 9,30 presso il grattacielo della I&C Bank of China. È tutto pronto, lo scambio sta per avvenire, i collezionisti sono eccitatissimi! Ammirano incantati lo strumento e Stanley Hoko Bolo non vede l’ora di incassare il suo compenso. Compratori e venditore si stringono la mano. Ora, ai collezionisti spetta la parte più difficile, portare in Italia l’orologio senza farsi scoprire, evitando così di pagare i dazi doganali o rischiando il sequestro. Lo stratagemma è quello di inserire l’orologio nel doppio fondo ovattato di un beauty case, che è schermato e quindi sfugge ad eventuali rivelatori di metal detector, impossibile rintracciarlo. Rientrati in albergo, i due collezionisti si guardano negli occhi, pieni di entusiasmo per l’affare appena concluso. Lui, giovane e gentile, le sussurra all’orecchio. «Dobbiamo festeggiare, ho prenotato al Luk Yu Teahouse, il miglior ristorante di Hong Kong.» La donna, bionda, snella, con i capelli lisci che si appoggiano morbidamente sulle spalle, gli risponde sorridendo. «Va bene, ma non dobbiamo fare errori per il rientro in Italia. Come già programmato partirò prima io, ti aspetto tra tredici giorni, la Mostra di orologi inizierà il 3 luglio.»

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Bassa bolognese – Lunedì 22 giugno 2009, tardo pomeriggio Per oggi il lavoro è finito, l’autoradio è puntata sui 100.2 MHz, la voce calda, professionale e suadente di Lorella Monchi, DJ di Radio Zero, mi accompagna sulla strada del ritorno. È l’ora dell’oroscopo del giorno dopo: «Ariete, si avvicinano momenti di incertezza e di tentennamenti. Le tentazioni bussano alla porta e sarà difficile non aprire!» Dentro di me penso: “Lascia che bussino! L’incertezza e i tentennamenti mi hanno sempre fatto compagnia nelle esperienze della vita. Quanto alle tentazioni, speriamo siano gastronomiche...”. Il finestrino dell’auto è un po’ abbassato, l’aria entra e mi arruffa i capelli. È stata una bella giornata ed il sole sta calando. È questo il momento in cui i pensieri arrivano al capolinea e chiedono spiegazioni alla mia coscienza: “Tutto a posto con i clienti? Ho scordato qualcuno o qualcosa? Ho fatto tutte le telefonate in azienda?”. Dalla via San Zenone svolto a sinistra, dove c’è la chiavica per la Riccardina, l’argine del fiume Idice che costeggia il lato destro, quasi fino ai Ronchi. Arrivo al Santissimo. Nei campi si cominciano a vedere i frutteti rigogliosi, curve a gomito a Mezzolara, destra, sinistra, subito dopo l’edicola un piccolo dosso per rallentare, sobbalzano i cataloghi dal baule, di nuovo destra, sinistra, rettilineo di 300 metri, destra, si saltano i binari della ferrovia, i cataloghi dal baule fanno l’ennesimo salto, sinistra e rettilineo, tutta pianura e sempre pianura. Giù gas, l’esperienza mi dice di rallentare prima del cimitero di Mezzolara.

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Case Lipparini, la cisterna grigio porporina mista a ruggine dell’acquedotto mi avverte di essere in prossimità delle Buriane, anche qui l’esperienza mi suggerisce di rallentare, a volte i vigili si appostano nel piccolo parcheggio, nascosti dagli alberi. I Casoni, qui tutto è a patate e frumento. In questa campagna, apparentemente sonnolenta, con la coda dell’occhio vedo i fagiani imperiali che se la godono con le femmine nel campo di frumento. Rallento a Guarda, il semaforo diventa rosso se si superano i 50 chilometri orari prima dell’ingresso nel paesino, ancora patate e frumento. All’incrocio di Alfonsoni saluto con un colpetto di clacson Mauro e la Fiorella, che stanno ancora lavorando nel campo di patate, finalmente il palazzo delle Bisce: Bologna-Molinella in 35 minuti! L’auto entra dritta in paese come se sapesse a memoria la strada, e ancora una volta i miei pensieri hanno superato il ricordo, non mi sono nemmeno accorto di averla fatta. Passo davanti al barbiere Giuseppe detto Enrico. La sua bottega è un ritrovo denominato Monte Citorio, soprannome dovuto al gruppo di persone, in genere uomini, che vi bivaccano davanti, tutti seduti in circolo, su seggioline stile regista, e che commentano i fatti politici, paesani e nazionali. Mentre il barbiere lavora ad uno scalpo, spesso non molto folto, data la buona clientela over settanta, il chiacchiericcio diventa sempre più intenso: «Berlusconi doveva fare…», a cui qualcuno replica «No, invece doveva….», mentre un altro afferma «Sbagliate tutti e due perché…». Le voci si accavallano con sempre più vigore: «Soccia, no, no Bersani doveva fare… e Casini.. ma làsa stèr Franceschini!!!».

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Parcheggio l’auto, scendo, e mi ritrovo a chiacchierare con il gruppo di Monte Citorio da cui, a un certo punto, si alza una voce. «Allora, Santo, tu che sei sempre in giro per il mondo, che cosa ci racconti, ci sono novità?» «Cosa volete che vi dica? Non si vende più niente, non vendo neanche più una sedia, c’è una crisi…! E poi non paga nessuno. Però oggi ho mangiato benissimo, nel ristorante che era di Pavarotti, Europa 92, fuori Modena.» «Mò sorbole, Santo Merendino, cadi sempre lì! Se non parli di mangiare sembra che ti debba venire il mal di pancia!» A rispondermi è stato Corinno, il portavoce di Monte Citorio, di cui è assiduo frequentatore nonché fondatore. è anche presidente di vari club sportivi locali e un gran pedalatore, naturalmente di bicicletta. «Caro Corinno, è l’unica cosa positiva della giornata…» Non ho nemmeno finito la frase che lui mi prende per il polso della camicia e me la tira guardandomi negli occhi, come se volesse dirmi qualcosa di importante. «Hai saputo?» «Cosa?» «Hanno trovato la Fregna, morta.» «Ma questo è un lutto nazionale!» «Santo, non sto scherzando, cosa hai capito? Non sto facendo doppi sensi, sto dicendo sul serio: è morta l’Alba Fregna!» «Ma cosa dici, Corinno!? L’ho vista l’altra mattina al bar a fare colazione!! Ma come è morta?» «Era in casa, l’hanno trovata riversa sulla poltrona. Pare che l’abbiano strozzata, ma di preciso non si sa ancora niente. Da quello che abbiamo letto sui giornali non ci

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sono notizie né particolari certi, speravamo di avere informazioni dal commissario, ma qui a Monte Citorio oggi non si è ancora visto. Poi sembra che non abbiano rubato niente. Era appena tornata da un viaggio all’estero, non so esattamente dove». «Aspetta, Corinno. Cerco il commissario e sentiamo cosa dice.» Estraggo dalla taschino della camicia il mio cellulare, vado alla rubrica, voce commissario, pigio il tasto esecuzione veloce del numero. Primo squillo, secondo, terzo, quarto, quinto… Poi il commissario mi risponde. «Merendino, ti chiamo io.» Non faccio in tempo a dire niente che ha già chiuso la comunicazione. «Corinno, il commissario non mi ha lasciato parlare, quando fa così è perché non sa da che parte prendere. Mi sa che ha un diavolo per capello! Faccio un salto a trovarlo al Commissariato, se so qualche cosa, Corinno, ti chiamo.» Lungo il corso di via Mazzini, andando verso la stazione dei treni, in quello che era l’edificio di un ex ospedale ora si trova il Commissariato di polizia del paese. Lascio la macchina a Monte Citorio, dove è già bella parcheggiata, e mi avvio a piedi. Attraverso la strada, passando davanti alle tante attività del paese: la pizzeria Snoopy, la Galleria d’arte, la profumeria della Deanna, la Sala scommesse, il Call center degli indiani, il macellaio e infine il negozio di Roberto Ansaloni, il commerciante di elettrodomestici, uno dei miei primi datori di lavoro. A quindici anni facevo il fattorino per lui, cambiavo le guarnizioni delle lavatrici e in primavera pulivo le stufe a kerosene.

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Roberto Ansaloni è proprio davanti alla porta del suo negozio e mi saluta. «Ehi! Santo Merendino! Du’n vét? Dove vai?» «Ciao Roby, faccio un salto in Commissariato.» «Sei sempre stato un impiccione… Io lo so perché ci vai, sei curioso quasi come il nostro Piger. Perché non apri una bella agenzia di ficcanaserie per conto terzi? Da ragazzino dicevi a tutti che volevi fare il detective, poi sei diventato un rappresentante di mobili. Ti voglio dare un bel consiglio, guarda che quella lì che hanno fatto fuori, era in un giro strano...» «Perché fatta fuori? Non si sa ancora come sia morta. Suicidio? Omicidio? Cause naturali? E poi, perché strano? Roberto, per me tu vuoi arrivare troppo in fretta alle conclusioni.» L’avvertimento di Roberto non mi desta sospetti, ma lo tengo comunque in seria considerazione. Guardo l’orologio del campanile pendente di corso Mazzini, è tardi e Sabrina, mia moglie, mi aspetta per la cena. Prima, però, voglio passare dal Commissariato. «Roby, ti saluto, ho fretta, mi fermo un’altra volta, poi mi racconterai, ciao.» Riparto con il passo spedito, supero il negozio di scarpe di Benetti, il bar La dolce sosta della Lella, il barbiere Nirvano, la Casa famiglia, il barbiere Marco, ma quanti barbieri ci sono a Molinella? Davanti a me il portone principale del Commissariato, una piccola discesina ed ecco Mauro Bolognesi, il piantone di turno, ben difeso da una vetrata antiproiettile, che mi guarda e mi blocca. «Alt, documenti, chi desidera?» «Mauro, sono Santo, Santo Merendino.»

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«A me, chi è lei, non me ne frega niente. Fuori i documenti e mi dica chi desidera.» «Mauro, il commissario mi aspetta, e poi non ho con me il portafoglio con i documenti, l’ho lasciato in macchina, cavolo, aprimi! Mi sa che al Commissariato oggi avete i giramenti… Mauro lo sai chi sono, dai, aprimi!» «Ordini dei superiori! A me, chi è lei, proprio non me ne frega niente! Fuori i documenti e mi dica chi desidera.» La tensione aumenta e i modi diventano minacciosi. «Allora? Devo tirare fuori il telefono, eh!? Vuoi davvero che chiami il commissario?» «Tiri fuori tutto quello che vuole, ma insieme ai documenti, così riconosco la faccia.» Bella la battuta, l’ho capita, deve essere stata una giornata un po’ pesante in Commissariato. Da come si sta mettendo la serata decido di girare i tacchi e di andarmene a casa, sperando di non prendere anche lì dei rimproveri per il ritardo. Ripasserò domani mattina.

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