ERCOLE BALDINI. Una leggenda italiana - Beppe Conti, Walter Breveglieri (Edizioni Minerva)

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Fausto Coppi. La grandezza del mito a cura di Luciano Boccaccini fotografie di Walter Breveglieri Minerva 2018

Francesco Cavicchi. Il pugile contadino testi di Lamberto Bertozzi e Giuliano Musi fotografie di Walter Breveglieri Minerva 2018

Walter Breveglieri Fotografo Minerva 2019

Dentro l’Osca. Quel miracolo bolognese che seppe stupire il mondo testi di Carlo Cavicchi fotografie di Walter Breveglieri Minerva 2019

L’altro Scorpione. Guido Scagliarini: il pilota che diede vita al sogno Abarth Alessandro Scagliarini Minerva 2019

L’occhio felice del fotoreporter Andrea Samaritani Minerva 2019

Romanzo Spal I biancazzurri come non li avete mai visti Gli anni ’60 testi di Mauro Malaguti fotografie di Walter Breveglieri Minerva 2019

Corse sotto il Vesuvio Le macchine, piloti, i tracciati nell’archivio fotografico Riccardo Carbone Massimo Nobile Minerva 2021

Cronache dal Grande Fiume Le foto ritrovate del dolore e della nuova vita nel Polesine e nel Delta padano degli anni ‘50 e ‘60 testi di Mario Fornasari fotografie di Walter Breveglieri Minerva 2021

Cicli Fuchs Il Commendatore, le sue biciclette e suoi campioni a cura di Rossella Taffa e Andrea Crippa testi di Sergio Giuntini Minerva 2022

Con il patrocinio di

Indice

Presentazione 7

LA FAVOLA BELLA S’INIZIA CON L’IRIDE 11

Il record dell’ora. Un’impresa storica: da dilettante Baldini batte Coppi e Anquetil 27

L’olimpiade ’56 in Australia: Baldini medaglia d’oro nella corsa su strada 37

Baldini aiuta Coppi a cogliere l’ultima vittoria della vita 53

Giro d’Italia ’58: Baldini trionfa in rosa a crono e in montagna 87

Baldini campione del mondo. L’uomo solo al comando con un’impresa d’altri tempi 123

Tanti guai, Tanta sfortuna per Baldini nel ’59: un solo acuto al Tour de France 149 Per Baldini pochi lampi e grandi amarezze nelle ultime deludenti stagioni 193

Baldini tecnico e dirigente. Altre imprese realizzate nel ciclismo e nell’industria 223

Le vittorie 228

Bibliografia 231

Presentazione di Beppe Conti

La notizia è stata di quelle che ti fanno rimanere senza fiato, all’ora di cena del primo giorno di dicembre ’22. Ercole Baldini ci aveva lasciato. Da tempo non era più in forma come una volta, però eravamo in tanti a illuderci, pensando al suo fisico possente dei giorni magici. Volevamo offrirgli questo libro con entusiasmo e affetto, chi vi scrive e l’editore Roberto Mugavero, per festeggiare degnamente i suoi novant’anni, il 26 gennaio ’23.

Un libro illustrato con suggestione dalle foto storiche e quasi commoventi d’un fotografo eccelso, Walter Breveglieri, che a lungo era stato al suo fianco. Foto che a volte vanno al di là dell’impresa e delle spettacolari vittorie, immagini che in fondo gli appassionati già conoscono da tempo. Foto che invece spesso riguardano l’uomo, i suoi affetti, la sua gente, come si dice in questi casi “il dietro le quinte”.

Invece, purtroppo, Ercole non ce l’ha fatta. Che peccato, caro campione di un tempo lontano, personaggio più che mai leggendario, che tanti giovani magari non conoscono, ma credo vada riproposto con somma attenzione. Una leggenda italiana del Novecento. Baldini visse tre stagioni come si trattasse d’un sogno, all’insegna d’una serie di trionfi che stavano per offuscare la fama e la gloria addirittura di Coppi e Bartali. Era ancora dilettante nel settembre ’56 e realizzò il record dell’ora, superando il limite di Jacques Anquetil, che aveva detronizzato Coppi. Era già campione del mondo dell’inseguimento, Ercole. Nessun dilettante ha mai saputo far tanto.

Pochi mesi e all’Olimpiade di Melbourne, che si svolgeva d’inverno, Baldini colse l’oro nella prova su strada staccando tutti alla maniera dei più grandi. Gli australiani non avevano previsto l’inno italiano nella cerimonia di premiazione. Lo cantarono gli emigranti nostrani d’Australia.

Poi, il passaggio al professionismo e subito altri successi di prestigio, fra questi il Campionato italiano, ma anche il Trofeo Baracchi, crono a coppie storica che chiudeva la stagione. Con lui correva Fausto Coppi, che colse così grazie a Ercole, l’ultima vera vittoria della sua breve vita.

Le prove contro il tempo diventarono in fretta l’arena delle spettacolari esibizioni di Baldini, all’insegna d’una serie di duelli esaltanti e mai più visti contro due specialisti francesi, Jacques Anquetil e Roger Rivière, forse i più grandi di sempre.

Ma nel 1958, a parte le sfide contro il tempo, Baldini realizzò una doppietta che appartiene alle figure immortali dello sport della bicicletta. Vinse infatti sia il Giro d’Italia che il Campionato del mondo nella stessa estate. Come Binda e come Coppi. Più nessun altro campione italiano da quei giorni ha realizzato la storica doppietta nella stessa stagione. E nessun altro ha mai vinto l’oro olimpico, il Mondiale su strada e su pista, il Giro d’Italia, realizzando anche il record dell’ora.

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Però al di là della statistica e della storia, è soprattutto il modo in cui ha trionfato sia al Giro che al Mondiale su strada che suscita, anche a distanza di una vita, rispetto e ammirazione. Nel ciclismo, da sempre, più dei numeri contano infatti le imprese. Baldini vinse il Giro d’Italia dominando pure in montagna, lui che era un grande passista. Si aggiudicò quattro tappe, compresa quella dolomitica a Bolzano, l’altra in salita a Bosco Chiesanuova, compresa una crono a Viareggio di 60 chilometri in cui mandò fuori tempo massimo tanti corridori, infliggendo distacchi pesanti ai suoi rivali di classifica, Gaul e Bahamontes, Bobet, Nencini e Geminiani. Figure altrettanto leggendarie di grandi ciclisti.

Al Vigorelli di Milano il suo storico direttore sportivo alla Legnano, un pioniere, Eberardo Pavesi, nel festeggiare il pupillo in maglia rosa sentenziò: «Potenzialmente Baldini è superiore a Binda, Bartali e Coppi».

Al Mondiale di Reims, nelle terre dello champagne, Ercole vinse il titolo iridato con un’altra impresa che appartiene alla storia del ciclismo. Fra le più belle in assoluto di tutti i tempi nella sfida per la maglia con i colori dell’arcobaleno. Baldini entrò nella fuga vincente a 250 chilometri dal traguardo, consigliato nella caccia agli attaccanti da un suggerimento di Coppi, una mossa che nel tempo divenne una sorta di giallo che vi racconteremo. Baldini staccò poi i compagni d’avventura, fra i quali il grande di Francia, Louison Bobet, compiendo in solitudine gli ultimi 50 chilometri fra gli applausi di tutti. Aveva venticinque anni.

Ma in breve si spense la luce, complice un intervento d’urgenza d’appendicite e soprattutto una polmonite, nei giorni in cui stava preparando l’assalto al Giro d’Italia ’59. Il campione non ritrovò più le magie degli anni belli, restando comunque fra i protagonisti dello sport della bicicletta, sempre eccellente nelle sfide contro il tempo, in trionfo anche nel leggendario Gran Premio delle Nazioni. Sino a ritrovare la grandezza di gioventù come tecnico e come dirigente del ciclismo mondiale, soprattutto come imprenditore, da tutti apprezzato per l’intelligenza, l’arguzia e la signorilità.

Un ricordo personale s’impone, usando la prima persona singolare. Ero un bambino, forse predestinato al ciclismo come ragione di vita, visto che avevo nove anni e ricordi molto nitidi. Era la stagione ’60 e Baldini, appesantito e un po’ avvilito, non vinceva più. E io soffrivo come può soffrire un bimbo alle prese con l’idolo in disarmo. Deriso dagli amici, anche dagli adulti, che quasi si divertivano a vedermi così deluso da una serie di sconfitte ravvicinate e ripetute del campione.

Ricordi lontani ai quali si sono sovrapposti nel tempo un’amicizia sincera e intensa, una stima reciproca, affetto e simpatia nei confronti d’un personaggio con il quale ho sempre avuto una particolare sintonia, gli stessi entusiasmi e gli stessi interessi per il grande ciclismo, per la buona tavola e le cose belle della nostra esistenza. Così, adesso che ci ha lasciato, raccontarlo con entusiasmo e orgoglio in un libro, lo considero davvero un grande privilegio della vita.

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LA FAVOLA BELLA S’INIZIA CON L’IRIDE

La favola bella s’iniziò nella calda estate del ’56. Ercole Baldini campione del mondo su pista, fra i dilettanti, nell’inseguimento individuale sui 4 chilometri a Copenaghen. Ercole Baldini che poi realizza il nuovo record dell’ora al Vigorelli di Milano, facendo meglio di Jacques Anquetil, il quale tre mesi prima il primato l’aveva tolto a Fausto Coppi, dopo ben quattordici anni di regno del “Campionissimo”. Sempre da dilettante. Mai nessuno al mondo c’è riuscito, prima e dopo Ercole, quando militava ancora in quella categoria. Infine, Ercole Baldini che vince per distacco l’oro olimpico ai Giochi di Melbourne, corsa su strada, quando l’estate apparteneva ormai soltanto all’Australia, noi eravamo già in dicembre.

Un’avventura straordinaria, un tris che nessuno mai ha saputo realizzare nel tempo in un’annata a tinte forti, un decennio dopo le tragedie della guerra. Quante storie da ricordare nel ’56, storie di vita e d’avventura, dal gelo e neve micidiali di febbraio, fra i più intensi addirittura degli ultimi secoli, centinaia i morti di freddo. Ma anche matrimoni che fanno sognare la gente, si sposa Grace Kelly con Ranieri di Monaco, si sposa Marilyn Monroe con Arthur Miller.

Gli italiani sono affascinati dalla tv e dal nuovo gioco a quiz che ferma la penisola, Lascia o raddoppia?, e a San Donato, periferia milanese, viene posta la prima pietra per costruire l’Autostrada del Sole. Esce un nuovo quotidiano destinato a scrivere storie importanti nel mondo del giornalismo, “Il Giorno”. C’è anche Gianni Brera, che già era stato a trent’anni direttore della “Gazzetta”. E con lui ci sono illustri grandi firme d’ogni settore. L’ha voluto l’Eni di Enrico Mattei.

Però quanti lutti nel ’56, affonda l’Andrea Doria, nave passeggeri vanto dell’Italia dell’epoca, speronata incidentalmente da un mercantile svedese al largo della costa americana nel viaggio verso New York, cinquantuno i morti. La tragedia maggiore comunque avviene in una miniera in Belgio, a Marcinelle, dove a causa di un incendio persero la vita 262 poveri minatori, 136 dei quali erano italiani, andati lassù per sfuggire alla fame e alla miseria. Sul finire dell’annata invece, l’Armata Rossa sovietica invade l’Ungheria, che esce dal Patto di Varsavia. Una mossa che sconvolge anche in Italia il mondo comunista, ben 101 intellettuali di sinistra firmano un documento contro l’invasione. In tanti stracciano la tessera del partito. Palmiro Togliatti, in ogni caso, viene rieletto segretario a larga maggioranza.

In questo scenario a fine agosto Baldini diventa per la prima volta campione del mondo. Il torneo dell’inseguimento, nato nel dopoguerra nelle sfide iridate, affascina la gente ed è fra le prove più spettacolari su pista. All’epoca non c’era questa inflazione di maglie con i colori dell’arcobaleno che purtroppo vediamo oggi. I cardini erano la velocità, l’inseguimento e le gare dietro grossi motori.

A sinistra: Ercole Baldini ancora dilettante per la Giberti-Borelli ottiene primi successi importanti.

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Il torneo dell’inseguimento sui 4 chilometri (uno in più tra i professionisti) aveva caratteristiche semplici e avvincenti. Prima una gara di qualificazione sulla distanza per realizzare i migliori tempi poi, in base ai numeri degli iscritti, si svolgevano i quarti di finale oppure le semifinali (opponendo il miglior tempo al peggiore) sino alla finalissima.

Davanti a tutti nelle qualificazioni in Danimarca c’era Leandro Faggin, un grande personaggio della nostra pista, 5’08”10 sui 4 chilometri. Faggin, specialista padovano, aveva già vinto il titolo due anni prima a Colonia. Se ne aggiudicherà ben tre di titoli mondiali tra i professionisti, in virtù d’un talento straordinario. E in quella stessa stagione ’56 coglierà anche due medaglie d’oro ai Giochi di Melbourne in pista, nel chilometro con partenza da fermo e nel quartetto dell’inseguimento.

Breve purtroppo la sua vita felice. Ci lasciò a soli trentasette anni, vinto da un tumore intestinale. Una tragedia pazzesca per Leandro, classe ’33 come Baldini e che quattro anni prima di lasciare questo mondo era ancora diventato campione del mondo dei professionisti, sempre in Germania, battendo in una spettacolare finalissima il campione belga Bracke.

Baldini nelle qualificazioni ai Mondiali impiegava un quinto di secondo in più di Leandro, secondo i cronometri dell’epoca. Era però Ercole che nei quarti di finale raggiungeva, addirittura dopo nove giri e mezzo, il tedesco Schweizer.

In semifinale se la doveva vedere contro l’inglese Geddes. Vinceva facile, sfiorando i 47 all’ora. Con i rapporti dell’epoca qualcosa di notevole. E s’andava verso una finalissima tutta italiana al velodromo danese di Ordrup.

Erano le magie della nostra pista d’oro, che entusiasmavano gli appassionati. Guido Costa, il grande Ct dei pistard, divenne in fretta una sorta di mago. La stagione precedente, ai Mondiali andati in scena al leggendario Vigorelli di Milano, per la prima volta dopo sessant’anni, Antonio Maspes era diventato campione del mondo della velocità professionisti. La nobiltà assoluta, lo sprint. Nessun azzurro aveva mai saputo aggiudicarsi quel titolo, dal 1895 al ’54 tra i prof., tanto per ribadire la portata del successo. Maspes si aggiudicherà ben sette volte la maglia iridata, soccombendo una volta al rivale che divise in due le schiere dei fedelissimi della pista, Sante Gaiardoni. Una leggenda.

Nella finalissima in Danimarca fra Baldini e Faggin, la serata era piuttosto fredda a causa d’una serie di temporali che avevano messo in dubbio la prosecuzione delle gare. Guido Costa, il mago della nostra pista sorreggeva Faggin. Con Baldini c’era Giovanni Proietti, romano, che stravedeva per il suo pupillo romagnolo e sarebbe stato a lungo poi al suo fianco anche tra i professionisti.

Faggin partì molto forte, ma Baldini recuperò già lo svantaggio al secondo giro. Poi Ercole forò dopo 1225 metri, ne aveva una ventina di vantaggio. Si ripartì, secondo regolamento, dalle posizioni acquisite e Faggin si portò alla pari. Un finale incertissimo. Baldini guadagnò metro su metro, in maniera spettacolare, 5’04”4, una media favolosa per l’epoca, 47, 244 all’ora. Era il 28 agosto ’56. Baldini campione del mondo!

Adesso Ercole poteva raccontare a tutti la sua storia, un romagnolo un po’ atipico, abbastanza taciturno, riflessivo, addirittura timido in certe occasioni. E decisamente umile. Nato a Villanova di Forlì il 26 gennaio 1933, il papà si chiamava Romeo, la mamma Angela Tini. Avevano un podere in proprio e lavoravano duramente la campagna forlivese. Sei figli maschi, il primo, Riziero, visse purtroppo una vita breve, colpito da una granata quando aveva vent’anni e la guerra imperversava nelle vicinanze. Morì quasi subito.

Il secondo figlio si chiamava Renato, poi vennero Romano, Ercole, Bruno e Renzo. Quest’ultimo ha corso anche un paio d’anni tra i professionisti. Tutti ragazzi diplomati, all’epoca non era poco, geometra,

perito agrario, elettrotecnico, meccanico. Tutti tranne Ercole, che pure andava bene a scuola ma era già travolto dalla passione per la bicicletta. E papà Romeo, che tanto amava il ciclismo, lo lasciò fare, anche se avrebbe dovuto severamente vietargli di pedalare per il fatto che non voleva più studiare. Ma come si faceva a dirgli di no nelle stagioni in cui il fascino di Coppi e Bartali faceva davvero sognare la gente? Compreso Romeo Baldini.

E allora ecco le prime pedalate nella campagna forlivese del ragazzo Ercole, le prime salite, affrontate come se niente fosse, più passavano i chilometri e meglio si sentiva il giovanissimo Baldini. Così iniziò a correre da allievo nella Scat di Forlì, a diciassette anni, stagione ’50, anche se senza grossi risultati, almeno all’inizio. Poi, la stagione successiva arrivano le prime vittorie, quelle che non si scordano mai, la Coppa Gatteo a Mare, la Medaglia d’Oro Corbari, il Gran Premio Tricolore.

Il passaggio fra i dilettanti avviene con i gloriosi colori della Baracca di Lugo, la società dedicata a Francesco Baracca, leggendario eroe della nostra aviazione, romagnolo proprio di Lugo, medaglia d’oro al valor militare e che perse la vita a soli trent’anni, in combattimento al Montello, nel corso della Prima guerra mondiale. Baldini al debutto fra i dilettanti vinse a Faenza, nonostante fosse spesso bersagliato dalla cattiva sorte. Ercole lo ha ricordato persino sorridendo:

Foravo sempre, non so ancora oggi come mai mi accadesse. Sempre una bucatura col passare dei chilometri. E i tubolari erano buoni. Venni notato dai tecnici e dai dirigenti delle altre squadre proprio per quel motivo. Nel senso che per rimediare ad una foratura mi esibivo in inseguimenti fantastici, tutto solo alle spalle del gruppo, sino a riprendere gli avversari. Poi magari foravo di nuovo, un mistero.

Fra quelli che lo notarono c’era anche un personaggio che diventerà una figura importante e familiare per Ercole, vale a dire Anselmo Beccari, presidente della Nicolò Biondo di Carpi, nel modenese. Non tutti sanno però chi era Nicolò Biondo, pur essendo noto nel mondo del ciclismo. Era una figura storica carpigiana, addirittura del Cinquecento. Si chiamava in realtà Nicolò Trombetti di Agostino e avrebbe inventato in quei lontanissimi giorni il “truciolo” dai tronchi di pioppo, che rese famosa e ricca nel tempo la città di Carpi. Gli hanno anche dedicato una via.

Baldini andò a vivere nel modenese dove la squadra disponeva d’una sorta di collegiale. L’avvio non fu fortunato.

A Modena nella classica Coppa Ghirlandina, Ercole cadde e si fratturò la clavicola sinistra. Un bel guaio nel momento in cui in tanti lo stavano seguendo con somma attenzione. Però fece in fretta a riprendersi e iniziò a vincere corse importanti, la Coppa presidente della Repubblica a Jesi, la Targa d’oro città di Legnano, il Giro della Svizzera Meridionale a tappe. Fra i primi nella prova a cronometro vinse a Locarno balzando in testa alla classifica con grande sicurezza. Pensò in quei giorni che in futuro forse chissà, le gare a tappe avrebbero potuto costituire un grande bersaglio. E nel finale di stagione ’54, ecco un risultato che suscitò grandi entusiasmi a livello nazionale.

All’epoca in un ciclismo con dirigenti davvero illuminati e preparati, si svolgeva a fine stagione al leggendario velodromo Vigorelli di Milano la Settimana dei record dedicata ai giovani. E Baldini realizzò il nuovo record del mondo dilettanti sui 20 chilometri e soprattutto il record dell’ora di categoria, viaggiando per 60 minuti ai 44,870 di media. Non era poi così lontano da Fausto Coppi, che deteneva il primato tra i professionisti dall’ormai lontano ’42, ai 45,798 e in tanti, quasi per rispetto, non avevano neppure tentato di batterlo. I pochi che si erano cimentati erano falliti, pur essendo fuoriclasse come Louison Bobet e Fiorenzo Magni.

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Fra i primi a esultare per il record di Baldini sull’ora dilettanti c’era in pista il Ct della categoria, Giovanni Proietti, che diventerà da quei giorni una figura importantissima al fianco di Ercole.

“Giovannone” Proietti, però, rimase parecchio deluso quando nel ’55 Baldini non ottenne più certi risultati causa il servizio militare, il Car a Brescia, il servizio a Bologna (non esisteva ancora la Compagnia Atleti per i ciclisti). Ercole ottenne due sole vittorie e neppure di primo piano, la Coppa Appennino a Vignola e il circuito di Villa Seta. Decisamente poco a ventidue anni.

Ercole, ragazzo intelligente, un po’ inquieto per certe sconfitte, si rese conto che andando avanti così il professionismo sarebbe stato più che mai una chimera. E pensò che forse era meglio curare di più l’alimentazione, allenarsi con maggior intensità e giocare tutte le proprie carte nel ’56. Pronto a dare l’addio alle amate corse se non fossero arrivati altri verdetti importanti, tenuto conto che in gennaio avrebbe già compiuto ventitré anni.

A credere tanto in lui comunque, c’era sempre Anselmo Beccari, che addirittura fondò una nuova società per consentire a Baldini di dare il meglio, la Giberti-Borelli, il marchio di un’azienda che produceva salumi e della quale Beccari era socio e direttore generale. A quel punto Ercole non poteva davvero più deludere.

Il primo momento di gloria di una vita.

Ercole Baldini è campione del mondo dell’inseguimento dilettanti a Copenaghen nell’estate ’56.

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Trascorse un inverno di grandi attenzioni a tavola. Lavorò parecchio in bici e in palestra. E iniziò a vincere presto nel suo magico ’56. Iniziò con il prestigioso Gran Premio Liberazione a Bologna, il 25 aprile, poi la Coppa del mare a Senigallia, ovviamente l’eliminatoria regionale in Emilia della Coppa Italia a squadre, chiudendo al terzo posto la finalissima di Treviso. Poi la crono del Giro della Svizzera Meridionale, da Biasca a Locarno, corsa che chiuse al quarto posto. In maglia azzurra venne scelto come capitano per una prestigiosa e inedita sfida all’isola di Man di 182 chilometri che Baldini vinse in maniera spettacolare.

Sino al titolo italiano dell’inseguimento su pista al Vigorelli di Milano. Ecco un altro momento che suscitò entusiasmi fra la gente. Nel torneo dell’inseguimento per il tricolore eliminò Gandini nei quarti di finale, raggiunse addirittura Pizzali in semifinale, ma si pensava che a quel punto dovesse arrendersi a Leandro Faggin nella finalissima, tenuto conto che il padovano nel ’54 era diventato addirittura campione del mondo della specialità. E invece Baldini superò anche Faggin volando i 4 chilometri a quasi 49 di media. Un trionfo. La pista magica a quel punto diventava il luogo in cui poteva davvero avere inizio il sogno.

Il trionfale podio azzurro al prestigioso Mondiale d’inseguimento dilettanti nel ’56 a Copenaghen. Baldini ha appena vestito la maglia iridata, alla sua destra Leandro Faggin secondo e a sinistra il britannico Geddes terzo.

Assieme ai genitori mamma Angela e papà Romeo, Ercole festeggia anche il prestigioso e inedito successo colto all’isola di Man.

A sinistra: Baldini al rientro dai mondiali festeggia con la mamma la prima maglia iridata della vita.

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Una serie di foto dolci e struggenti di Ercole Baldini a casa con i genitori, la sua gente e il suo mondo al rientro dopo il trionfo iridato su pista a Copenaghen.

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