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Questo Natale, per molti il regalo migliore potresti essere tu

Ogni anno con l’avvicinarsi delle feste natalizie ciascuno di noi avverte dentro di sé uno spirito diverso, sembra quasi che per qualche giorno ogni relazione e ogni progetto possano essere affrontati con un ottimismo e una disponibilità d’animo diversi dal solito. Questo spirito è lo stesso che anima tutto l’anno le azioni di AVIS Mirano, l’associazione che fa propria quella cultura del dono che di solito sentiamo così forte a Natale, in stretta collaborazione con i medici trasfusionisti ed il personale infermieristico del Centro Trasfusionale di Mirano. Da più di cinquant’anni i donatori di sangue del Miranese sono in prima linea per far fronte al fabbisogno di sangue e di plasma che quotidianamente è richiesto nei nostri ospedali. Con una donazione periodica, volontaria, anonima e gratuita, ognuno di essi fa in modo che la vita non venga data per scontata e possa continuare ad esserci il sorriso nei volti di tante persone che attraversano difficoltà di salute. AVIS Mirano collabora con le scuole superiori del territorio per sensibilizzare i giovani riguardo i temi della donazione di sangue, promuovendo le visite di idoneità nel centro trasfusionale dell’ospedale. Negli ultimi due anni, in collaborazione con Aido Mirano e Aido S. Maria di Sala, a seguito dell’assegnazione di un bando regionale finanziato con fondi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali stiamo impegnati in: “Un dono a te stessa: regalati la prevenzione”, un progetto che mira alla promozione della prevenzione, mai sentita come in questo periodo pandemico che ha visto drasticamente diminuire le visite di prevenzione. Inerentemente a questo progetto sono stati realizzati dei webinar informativi sulla prevenzione al tumore al seno e sulla medicina di genere ( si possono rivedere sia tramite sito che canali youtube e social) ed è stata data la possibilità alle donatrici di Avis Mirano tra i 40 e 50 anni di effettuare una visita clinico strumentale alla mammella presso la Casa di cura Giovanni XXIII di Monastier per una campagna di prevenzione del tumore al seno; si stanno realizzando incontri su temi di salute e di prevenzione a 360 gradi. L’associazione, attraverso i gruppi locali, collabora con le varie realtà presenti nella nostra comunità (asili, parrocchie, manifestazioni culturali e di svago) per far sì che gli ideali di solidarietà e di altruismo vengano tradotti nella realtà quotidiana. Molti sono i progetti che vedono coinvolti i volontari anche nella diffusione di una cultura della salute, come ad esempio la rubrica settimanale che si occupa di donazione e salute nei canali social assieme all’impegno costante nel promuovere stili di vita sani e attenti alle specificità di ognuno. Saremo presenti il 5 dicembre in Villa Farsetti a S. Maria di Sala per la manifestazione “Christmas in Villa”, e l’8 dicembre in piazza a Mirano per la cerimonia di accensione dell’albero di natale insieme alle altre associazioni di volontariato della Consulta Assistenza e Sanità del Comune di Mirano. La richiesta di sangue è molta e per fare in modo che non manchi mai è necessario che ciascuno faccia la propria parte, anche il gesto più piccolo è importante per qualcuno! Se si è maggiorenni in buona salute e si pesa più di 50 kg, si hanno le caratteristiche per entrare a far parte della grande famiglia dei donatori di sangue e quindi di AVIS. Prenotando la visita di idoneità presso il Centro Trasfusionale dell’Ospedale di Mirano potrai sapere se sei idoneo a diventare donatore di sangue, e diventare così parte attiva della tua comunità. Non è mai troppo tardi per prolungare la bellezza del dono e della speranza anche oltre i giorni del Natale. Per qualsiasi informazione puoi contattarci ai seguenti recapiti, sarai ricontattato il prima possibile: Mail: mirano.comunale@avis.it Cel.: 3516519428 Tel.: 041.5795708 da Lunedì a Venerdì dalle 9.00 alle 11.00 Seguici sul nostro sito www.avismirano.it, e sui nostri canali social per essere sempre informato sulle nostre iniziative.

Nicolò Mandro

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LA FILARMONICA DI MIRANO

Con l’appuntamento concertistico di quest’anno al Teatro Comunale, per la Festa di Santa Cecilia, Patrona della musica,( a causa del l’epidemia l’anno scorso era stata cancellata) la Banda cittadina ha ripreso in pieno la sua attività. L’infezione da coronavirus, che dura ormai da quasi 2 anni, aveva messo in dubbio la tenuta del sodalizio musicale cittadino, costretto prima al silenzio, poi a tutti quei limiti che ne minavano l’identità e la ragione stessa del collettivo. Dall’anno di inizio della malattia contagiosa pochi erano stati i Concerti della Banda e solo all’aperto (corte di villa Errera, piazzetta Aldo Moro, piazza Martiri), con suonatori e ascoltatori debitamente distanziati e contingentati. Anche la scuola di musica, incardinata nella stessa Filarmonica, con il centinaio di allievi, e una decina di insegnanti, aveva visto limitati i corsi propedeutici ai diversi strumenti musicali. Quando le misure restrittive si sono allentate, e il freddo cominciava a sentirsi, il complesso bandistico, ha trovato ospitalità nell’auditorium della Parrocchia di San Leopoldo Mandic, molto più capiente della sala prove della propria sede (casa della musica), naturalmente rispettando tutte le regole sanitarie ( igiene delle mani, distanze, green pass.…). la promozione della passione artistica tra gli scolari, con alcuni maestri della scuola di musica della Filarmonica, coordinati da Chiara Narduzzi, e di costituire in breve tempo la Banda giovanile, diretta da Daniele Marzaro e riservata agli allievi della scuola stessa. Prima le lezioni erano ridotte di numero e qualcuna veniva fatta da remoto, ciascun allievo„on line „ con il proprio maestro.

I 40 e più suonatori, moltissimi dei quali giovani, per un cambio generazionale che dà fiducia per il futuro, diretti dal Maestro Stefano Corrò, negli ultimi mesi si sono esibiti nei tradizionali appuntamenti Istituzionali ( Festa della Repubblica del 2 giugno, concerto in Piazza Martiri del 10 ottobre, Festa delle forze armate e dell’Unità d’Italia del 4 novembre).Domenica 14 novembre hanno partecipato pure alla Fiera de l’Oca, manifestazione promossa dalla Pro Loco (l’edizione scorsa era stata sospesa per covid). Nell’occasione la ventina di suonatori , con i vari strumenti a fiato, hanno sfilato ( debitamente distanziati) ciascuno con il tabarro, mantello a ruota, dalle lontanissime origini, la cui unica azienda produttrice è a Mirano.Tra ottobre e novembre del c.a. l’Assemblea dei soci (musicisti, colaboratori, estimatori…) ha confermato il Presidente in carica, Gianni Fardin, il Direttore Maestro Stefano Corrò e rinnovato gli organi direttivi (Consiglio Direttivo, Consiglio Artistico), con le deleghe o incarichi a ciascun componente. Ora l’entusiasmo della Banda cittadina è alle stelle, con tanta voglia di recuperare il tempo perduto e di esibirsi di fronte al loro e ad un nuovo e più allargato pubblico, con un repertorio di musica classica, moderna, pop, e di brani originali per Bande, fino a sperimentazioni di nuovi stili di musica. Il programma è particolarmente accattivante, e contribuirà ad ampliare il consenso intorno alla prestigiosa e antica formazione musicale locale, nel segno di quella continuità artistica che la Filarmonica di Mirano da lustri sta dando alla comunità.

IL DOTT. ARTUSO SPARTACO

Il giuramento di Ippocrate

Giuro per Apollo medico, per Asclepio, Igea e Panacea, e per tutti gli Dei e per tutte le Dee che prendo a testimoni, di tener fede a questo giuramento con tutte le mie forze e le mie capacità.

Ho letto, negli anni della mia primissima giovinezza, quel meraviglioso romanzo di Cronin che è la Cittadella. Il dott. Manson, è un umile medico che svolge la professione in un oscuro centro minerario del South English senza alcuna contropartita che la soddisfazione di fare bene il proprio lavoro. Dal Galles alla realtà di un paesino dell’entroterra veneziano, Chirignago, 12mila anime censite al 31 dicembre 1950. Il medico condotto è il dott. Artuso Spartaco. Nato a Zero Branco, nella Marca Trevigiana, il 4 agosto 1922, si era laureato a Padova in Medicina e Chirurgia l’8 giugno 1947 iniziando subito a lavorare all’ospedale Umberto I di Mestre. Inizialmente come guardia medica, poi nei reparti di chirurgia e medicina interna in assistenza ai primari Zanotto e Badile. Nel frattempo, a Chirignago, moriva, il 17 luglio 1951 il dott. Emilio Dal Lago, stimatissimo medico condotto del paese. Il giovane dott. Artuso coprì la vacatio sanitaria della borgata fino al 1956 quando passò alle dipendenze dell’ INAM di Venezia lasciando alla dott.ssa Carina Le Messi il ruolo di medico condotto di Chirignago. Iniziò così per oltre un ventennio il servizio sanitario che il dott. Artuso Spartaco offrì alla popolazione di Chirignago. Il serio giovanotto doveva seguire oltre 3000 iscritti INAM su una popolazione che nel 1955 registrava già 15mila abitanti, iniziando una seppur lenta crescita demografica. I pazienti del medico condotto sarebbero poi scesi a 1500 unità quando l’ INAM introdusse il numero chiuso mentre tutto il sistema socio sanitario nazionale si stava avviando verso quella riforma che nel bene e nel male avrebbe tutelato la nostra salute. In quegli anni 1950 – 1970 la professione di medico si esercitava ben diversamente rispetto ai nostri giorni. Bisognava essere al servizio della gente sei giorni su sette anche con turnazione serale proprio perché lo imponeva un semplicissimo dato statistico. A Chirignago il rapporto medico – popolazione era 1 a 4000. Le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro erano all’ordine del giorno per una borgata a ridosso dell’area industriale di porto Marghera. Disturbi della salute dovuti a malnutrizione, mancanza di riscaldamento nelle abitazioni, a condizione igieniche non partico-

Ospedale civile di Mirano larmente curate, a promiscuità familiari, erano altrettanti motivi per scatenare febbri, malattie alle vie respiratorie, necessità di ricovero ospedaliero. In compenso non c’era l’assenteismo professionale di nostri giorni. Al medico si ricorreva solo in caso di estrema necessità: infatti non venivano pagati al lavoratore i primi tre giorni di indisposizione e per tutto il successivo periodo di malattia l’ammalato-operaio percepiva solo il 70% della retribuzione. La gestione della salute pubblica era quindi pesantemente condizionata da un’ ingiusta legislazione sociale. Ma a qualunque chiamata d’assistenza il dott. Artuso rispondeva prontamente. Alto, vestito sempre elegantemente e con il cappello in ogni stagione come un vero gentiluomo, arrivava in casa dell’ammalato prima in Vespa, poi con la vecchia Topolino lasciatagli in eredità dal compianto dott. Dal Lago, suo suocero ed infine con la mitica 1100 della Fiat. Non senza che la 500 avesse fatto un fugace passaggio. Curava l’ammalto febbricitante sul misero lettuccio del più freddo o umido angolo della casa, con lo stesso scrupolo riservato al più facoltoso paesano. Non esistevano differenti classi sociali per il dott. Artuso. Propri perché era la malattia che livellava tutti, falcidiando seppure con armi diverse dal più povero al più ricco. Era il teorico delle “quattro medicine”, convinto assertore che fossero davvero poche, appunto quattro le medicine che servivano per davvero. Precorreva i tempi. Oggi ci si rende finalmente conto che le overdosi di farmaci creano assuefazione senza alcuna contropartita in termini di guarigioni definitive. Austero nel portamento, serio e rigoroso nella diagnosi, conosceva benissimo i limiti delle sue capacità di guaritore, preoccupandosi di indirizzare il paziente verso più approfonditi esami ospedalieri. Salvo poi riprenderlo in cura, seguirlo e consigliarlo nel suo decorso di convalescenza. Ma il binomio paziente-medico andava stretto al dott. Artuso perché voleva impegnarsi su più vasti orizzonti, liberandosi dalle pastoie di un lavoro dipendente dove tutti, a suo avviso, si sentivano in diritto di interferire con la sua linea operativa. Dall’INAM, suo datore di lavoro, allo stesso paziente che chiedeva, suggeriva, pretendeva. In tanti condizionavano il suo diritto-dovere di fare il medico con la stessa autorità che gli derivava dalla stessa professione. E che comportava, ovviamente, precise responsabilità. Visse ed accettò quindi con notevole entusiasmo la specializzazione di Medicina del Lavoro ed Ambientale che esercitò dal 1975. Lo ritroviamo in quegli anni consulente per la MONTEDISON di porto Marghera e per l’ENEL di Fusina, sulla qualità dell’aria presente nei rispettivi stabilimenti. E ascoltato esperto di anti–infortunistica per l’ENPI (Ente Nazionale Prevenzione Infortuni, oggi INAIL). Una specie di precursore ante-litteram della Legge. 626/94 riguardante la sicurezza sui posti di lavoro, che sarebbe stata introdotta esattamente venti anni dopo. Non mancò un suo personale impegno nel sociale della professione. Nel 1963 fu il fondatore della FIMM, il sindacato veneto dei medici. Poi presidente dell’Ordine dei Medici di Venezia dal 1966 al 1976 e membro del Comitato Centrale della categoria. Salvo poi lasciare ogni incarico quando si rese conto che la riforma sanitaria, che si stava avviando, avrebbe comportato non pochi risvolti negativi per l’utenza, e lui non voleva sentirsi responsabile per qualsiasi livello di coinvolgimento. Nel suo integrato ruolo di consulente il dott. Artuso si sentiva realizzato e felice. Apparentemente burbero, dal modo di fare sbrigativo, dimostrava nella sua vita privata un’ insospettabile dolcezza e una notevole cultura umanistica. Appassionato di tutte le discipline artistico-letterarie, i suoi interessi spaziavano dall’amatissima musica classica alla letteratura, alla pittura, all’oggettistica antica di tutte le più diverse civiltà. Puccini e Giacomo Leopardi erano i suoi preferiti e spesso la moglie lo sentiva ascoltare pezzi di musica classica nella mezz’ora di riposo che intercorreva dal rientro a casa dalle visite esterne, alla riapertura dell’ambulatorio serale, ala terminale del suo personale Lambarénè, l’ospedale di fortuna fondato dal medico e filosofo Albert Schweitzer in Gabon nel 1913. Amava la natura, i fiori, la montagna, il mare del Lido di Spina. La sera del 17 giugno 1979 il dott. Spartaco Artuso tornava a casa dal Lido di Spina in direzione Mestre. Era molto stanco. La moglie sedava al suo fianco quasi in dormiveglia. La serata non era bella e grossi nuvoloni scuri minacciavano un imminente temporale. La Fiat 132 procedeva spedita sulla strada Romea, quando all’altezza di Piove di Sacco, il dott. Artuso si accorse tardi di un furgoncino mal parcheggiato sul ciglio della strada e senza alcuna segnalazione di sosta pericolosa. Il medico notò l’ostacolo all’ultimo momento, né poté fare qualcosa per evitarlo. Il tamponamento fu terribile. Il dott. Artuso fece solo in tempo a dire alla moglie, ferita in modo non grave, che doveva aver preso un brutto colpo di frusta al collo e di essersi rotto il femore nell’impatto della gamba sull’acceleratore. Ultima diagnosi di medico su se stesso prima di spirare. Ecco una splendida figura di medico che ha rispettato il suo giuramento a Ippocrate. Un vero giuramento non diluito da tutte quelle incrostazioni di interessi, privilegi e baronie che spesso, volenti o nolenti, condizionano oggi la professione medica.

Ospedale civile di Mestre, oggi abbattuto.

Oscar De Gaspari Nel prossimo numero Milano indifferente

26 APRILE 1986 - 26 APRILE 2021: SONO PASSATI 35 ANNI DALL’INCIDENTE DI CHERNOBYL

Il 26 aprile 1986, alle ore 1 e 23 minuti, esplose la 4° unità della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina. A causa delle alte temperature furono immessi in atmosfera, a quote relativamente alte, sotto forma di gas e polveri, grandi quantità di prodotti di fissione radioattivi. Si stima che sull’intero emisfero settentrionale si sia diffuso un fallout equivalente a 400 bombe di Hiroshima. L’UNSCEAR (United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation) nel suo rapporto del 2000, sulla base di misure di radioattività e analisi di campioni, ha stimato che il rilascio totale di radioattività nell’atmosfera, escludendo l’attività dovuta ai gas nobili, è stato pari a 5,3*10 (18) Bq 1 (5,3 EBq). Il rapporto 2005 del Chernobyl forum, considerando la radioattività totale inclusi anche i gas nobili, arriva a una stima di 14 EBq, pari a 14.000 PBq2. Sono passati 35 anni da allora ed è spontaneo, in questa ricorrenza, cercare di fare un bilancio, seppur conciso, di quanto è stato fatto e compreso in termini di ricerca scientifica (dato l’oggettivo immenso, e si spera irripetibile, laboratorio che il disastro ha reso disponibile) e di conoscenza dell’evoluzione della situazione ambientale in questo lasso di tempo. In particolare ci sembra importante esaminare le conseguenze sugli equilibri naturali e sui meccanismi biologici e trofici e, soprattutto, sulla successione degradativa che chiude il ciclo biologico della rimineralizzazione della sostanza organica, ciclo fondamentale per l’esistenza della vita in tutto il pianeta. Il nostro approccio nello studio degli effetti della contaminazione radioattiva in natura è avvenuto attraverso i funghi. Lo studio ha avuto senso per un periodo limitato di tempo a causa del basso tempo di dimezzamento o emivita del 134Cs (2 anni), mentre l’emivita del 137Cs è di 30 anni. Il Criterio della valutazione è stato l’andamento temporale del rapporto fra la concentrazione nei funghi dei due isotopi ed è chiaro che quando la misura della concentrazione del 134Cs è scesa sotto i limiti di rilevabilità strumentale (dopo 10 anni la concentrazione del 134Cs si era dimezzata 5 volte, riducendosi cioè ad un trentaduesimo dell’originale) le misure potevano dare solo un’informazione grezza e poco significativa. In questo decennio (in pratica fino al 1996) siamo riusciti ad individuare alcune specie fungine che si possono definire “bioindicatrici” della contaminazione radioattiva ambientale fornendo informazioni importanti che ci hanno consentito, per es., di separare la contaminazione dovuta a Chernobyl da quella residuale dovuta alle esplosioni nucleari in atmosfera cessate nel 1970. Le Specie più significative che abbiamo individuato sono Craterellus lutescens (Fr.) Fr. (nome volgare “finferla”) e Cortinarius caperatus (Pers.) Fr. (nome volgare”foliota grinzosa”), Picipes badius (Pers.) Zmitr. & Kovalenko (Sin. Boletus badius Pers.) e alcune specie di Tricholoma (Fr.) Staude della Sezione Inamoena Kuhn. Infatti conoscendo il valore 2 del rapporto 137Cs/134Cs all’uscita della centrale di Chernobyl, i calcoli ci hanno permesso, in particolare per le “finferle” e per la “foliota Grinzosa”, di conoscere la contaminazione residua dovuta, come già si è detto, alla ricaduta delle esplosioni nucleari fatte in atmosfera e terminate nel 1970, quindi precedenti all’incidente di Chernobyl. Per l’incidente di Fukushima (11 marzo 2011), purtroppo, queste valutazioni non sono state possibili perché non si conosce il rapporto 137Cs/134Cs all’uscita della Centrale. Oltre al più alto rapporto 137Cs/134Cs della radiocontaminazione del full-out da esplosioni nucleari rispetto a quella di Chernobyl un’altra importante differenza è che la prima, ricaduta da alta quota, ha contaminato la superficie terrestre in modo uniforme mentre la seconda, arrivata in Italia nei primi giorni di maggio del 1986, trasportata da nubi e perciò ricaduta con la pioggia, è risultata irregolare e quindi a “macchia di leopardo”. Il radiocesio risulta praticamente confinato, per motivi fisico-chimici, nei primi 10 cm di terreno e il 137Cs continuerà ad interessare apparati radicali delle piante e reti miceliari delle componenti micologiche ancora per molto tempo. Dai dati ricavati dalle analisi del terreno effettuate in Italia si è potuto verificare l’elevato contributo della contaminazione dovuta all’incidente di Chernobyl: il nord è risultato più colpito con terreni che, nelle punte più elevate, hanno triplicato la radiocontaminazione, mentre il centro e il sud sono risultati colpiti, rispetto al nord, nella misura del 30% e del 10% rispettivamente. E’ assodato, sulla base delle misure fatte, che le componenti micologiche, o meglio alcune Specie abbiano, rispetto ai vegetali, maggiore capacità di concentrare radioattività, ma ciò che più conta è la biodisponibilità del cesio più che la sua presenza. Infatti i terreni argillosi (calcarei) fissano 137Cs e 134Cs non rendendoli disponibili per i funghi e le piante, mentre nei terreni acidi, ricchi di humus, i radioisotopi sono più mobili e quindi disponibili: in questi terreni sembra proprio che solo i funghi siano capaci di “asportare” il radiocesio. Un’altra riflessione riguarda il danno vero che nella zona di Chernobyl, immediatamente e direttamente interessata dall’esplosione, è stato provocato dalla ricaduta radioattiva: l’elevata contaminazione ha “eliminato” la successione degradativa. Un tronco di un albero caduto in un bosco naturale impiega alcuni anni per essere completamente “biodegradato - rimineralizzato” dalla “successione degradativa” nella quale le componenti micologiche, insieme a batteri ed insetti, giocano un ruolo fondamentale. Nei boschi interessati dalla ricaduta della centrale nucleare i tronchi allora caduti sono ancora integri: ciò vuol dire che il ciclo della vita è stato interrotto (per quanto tempo non è dato sapere). Una delle misure di protezione, prese immediatamente dopo l’incidente, fu la creazione della cosiddetta zona di esclusione, con un raggio di 30 chilometri dall’impianto, che fu evacuata e messa sotto controllo militare. In seguito alla diffusione del materiale radioattivo, le dimensioni dell’area furono poi modificate sulla base delle misurazioni del livello di cesio, fino a raggiungere un’estensione di 4200 chilometri quadrati di cui circa 2100 in territorio bielorusso che ora fanno parte della Riserva Radioecologica posta nella zona di confine tra Ucraina e Bielorussia. La riserva si è rivelata un contesto ideale per studiare la capacità di recupero delle specie animali selvatiche dopo il depauperamento del 1986: i livelli di contaminazione radioattiva sono infatti molto omogenei in tutta la zona. Gli studi più recenti, condotti analizzando i dati dei censimenti effettuati negli ultimi decenni sorvolando la zona in elicottero, mostrano che le popolazioni di mammiferi stiano recuperando il loro numero con un aumento progressivo. Secondo gli autori, le densità di popolazione di cervi, caprioli, cinghiali sono simili a quelle delle riserve naturali incontaminate della regione. Per quanto riguarda i lupi che vivono all’interno della zona di Chernobyl, il loro numero è addirittura sette volte maggiore di quelli registrati nelle stesse riserve. “Questo risultato dimostra per la prima volta che, indipendentemente dalla potenziale esposizione alla radiazioni sui singoli animali, la zona proibita di Chernobyl ospita una numerosa comunità di mammiferi, dopo quasi tre decenni di esposizione cronica alla radiazione” spiega Jim Smith, ricercatore dell’Università di Portsmouth, nel Regno Unito, che ha partecipato allo studio “L’incremento delle popolazioni di questi animali selvatici, paradossalmente, arriva in un momento in cui le stesse Specie stanno diminuendo in diverse altre parti dell’ex Unione Sovietica. E’ molto probabile che le popolazioni di animali selvatici siano più numerose ora di quanto non fossero prima dell’incidente. Chiaramente, questo non significa che la contaminazione radioattiva sia buona cosa per la vita selvatica, ma solo che gli insediamenti umani, la caccia e la deforestazione sono molto peggio”

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L Arte di Mauro: gelatiere per passione

Anche quest’anno le giornate ormai si sono accorciato e di tonalità grigie colorate. La temperatura comincia a scendere e in tutti noi prevale il desiderio di una bella cioccolata calda, di un bombardino o di una fetta di panettone decidendo intanto chi tiene il tabellone! Ed ecco che per noi è finita la stagione! Il nostro prodotto dev’essere fresco come il pane altrimenti non sarebbe il nostro gelato artigianale! “se non è fresco non è buono” lo ripetiamo sempre. I consumi di gelato diminuiscono drasticamente nel nostro territorio e i costi per la gestione di un’attività di questo tipo sono troppo alti a fronte di una vendita minima! E il tutto sopratutto va a discapito della qualità del prodotto stesso. Il costo della corrente elettrica è un altro fattore molto sottovalutato da chi è estraneo al settore, basta pensare che solo per l’accensione della nostra vetrina si mettono in moto 13Kw senza tener conto dei motori della parte del laboratorio che non si vedono ma chi riconosce il gelato fresco può percepire. Noi non vogliamo diventare una rivendita di “semi lavorati vecchi” ma vogliamo mantenere la nostra identità di piccola gelateria artigianale chi viene da noi viene per un gelato artigianale fatto alla vecchia maniera, sano, genuino ma sopratutto fresco. Con rispetto a tutte le attività e alle loro scelte ma ogni attività ha la propria identità e di conseguenza la propria stagionalità. Vi ringraziamo tutti per la stagione passata assieme vi auguriamo buone feste e buon inizio anno! Ci vediamo presto non vi promettiamo grandi cose…. Ma siamo certi che ci impegneremo nelle piccole!

Mauro Crivellaro

Enoteca Le Cantine dei Dogi ottiene il Food & Drink Award per il quarto anno consecutivo

Da poco si sono concluse le votazioni per i Food&Drink Awards del prestigioso magazine inglese Lux Life, a splendere è ancora una volta l'Enoteca Cantine dei Dogi che ottiene il Best Wine Retail Business Italy Award 2021. Il riconoscimento non fa altro che confermare l'eccellenza di questa realtà situata a Mirano, nel cuore del Veneto, terra che già di per sè vanta alcune delle migliori eccellenze di tutto il territorio italiano, sia in termini di produzione che di distribuzione. L'Enoteca Cantine dei Dogi da tempo è rinomata per la sua specializzazione nella consulenza e nella stesura delle migliori carte dei vini di enoteche, ristoranti, trattorie, wine bar ed hotel, e per la flessibilità che da sempre adotta indistintamente con tutti i clienti. Ruolo chiave lo svolge l'ottimo rapporto con le piccole realtà emergenti nel panorama vitivinicolo italiano ed europeo, peculiarità che permette ai fratelli Berna di interagire con aziende che tramandano da generazioni prodotti tipicamente legati al territorio da cui provengono, in un perfetto connubio tra memoria storica e ricerca. Il valore di questa collaborazione si traduce nel rendere vini di alta qualità accessibili a tutti. Enoteca Le Cantine dei Dogi dal 2001 è un marchio che garantisce qualità, affidabilità e convenienza nel settore vinicolo. Sono oltre 30 le serate enogastronomiche a tema che ogni anno la cantina organizza nelle più belle location d’Italia. Tra queste le più note sono “La Grande Festa del Vino” e “Bollicine in Villa”.

La bacheca si arricchisce

I riconoscimenti ottenuti dalla realtà negli ultimi anni sono numerosi. Nel 2016 arriva il premio come miglior sito dell’anno nella categoria shopping, davanti a colossi come Amazon, eBay e Groupon. Nel 2020 Vanni Berna viene eletto personaggio dell'anno per la categoria Sala & Hotel nel sondaggio annuale di Italia a Tavola. Mentre è il quarto anno consecutivo (2018, 2019,2020 e 2021) che la cantina vince il Food & Drink Award Wine Retailer of the Year. Innegabile è l’orgoglio dei proprietari Ezio e Vanni Berna che commentano «Siamo estremamente emozionati per questo prestigioso riconoscimento che premia il nostro lavoro e la nostra storia. Vogliamo condividere con tutti Voi la vittoria perché rappresenta il coronamento di un lavoro di squadra che tutto l’anno portiamo avanti per riuscire a garantire il massimo al cliente. È incredibile ricevere questo premio per la quarta volta consecutiva. Vincere una volta è fantastico, ma quattro volte... siamo semplicemente senza parole!»

Buone Feste!

ADRIANO CAMOLI

Durante le mie escursioni micologiche nelle Ville e Parchi del nostro Territorio, scopro ogni volta quanta ignoranza ancora in molte persone e al mio rientro impreco contro quei VANDALOMICETI che si sentono autorizzati a distruggere tutto ciò che ha una parvenza di fungo non commestibile. Esiste ancora “GENTE” e per GENTE intendo anche quei micofagi piopparellisti incalliti che, non contenti di raccogliere punte di spillo, ma sempre piopparelli, scavano dentro i tronchi per levare anche l’ultimo pezzetto di fungo rimasto pensando “se non lo prendo io, me lo frega il Bepi” non sapendo, che così facendo, levano l’ultimo sprazzo di vita all’albero stesso. “Gente” che ben distingue il comune piopparello da una Russola o Amanita, si comportano come Attila, lasciando al loro passaggio una scia di distruzione. Quante volte dopo aver visto embrioni di Pol. Squamosus o di Lentinus Cyathiformis o una volata di Russ. Parazurea ancora immatura, mi sono riproposto di ritornare il giorno dopo per immortalare la loro bellezza su delle DIA e mostrarle poi ai nostri soci nelle serate di studio. Ho trovato invece, addirittura, tutto il tronco spaccato e tutti i carpofori staccati e calpestati, mentre le Russole facevano brutta mostra capovolte, estirpate dal loro letto di foglie e peggio ancora calpestate quasi con disprezzo. VANDALI! Non tutti i funghi si possono confondere con i piopparelli, quindi un fungo rosso, giallo, verde non porta addito a confusione, lasciamoli li, raccogliamo solo quelli occorrenti a una classificazione e studio, ma non tutti, i rimasti serviranno alla diffusione delle spore e alla perpetuazione della specie. Non sanno queste persone il danno che arrecano. Tutte le specie fungine, anche quelle mortali, sono utili e necessarie al biodegrado ecologico dei boschi, infatti se non ci fossero, saremmo completamente sommersi di materia organica in decomposizione, maleodorante e putrida. Non sanno che tra fungo e pianta esiste un mutuo scambio di sostanze nutritive chiamate SIMBIOSI O MICORRIZA che fa crescere più rigogliosa la pianta e produrre più carpofori. Quindi se amiamo la natura rispettando tutte le forme di vita, rispettiamo anche i funghi, dal più piccolo al più grande. Sono stati creati, ciò significa che hanno anche loro un’importanza nel grande ciclo della vita dell’Universo stesso.

Adriano Camoli

IO SONO MARCO, IL PITTORE! UN’AUTOBIOGRAFIA ROMANZATA.

Paolo Meneguzzo, conosciuto e apprezzato architetto, libero professionista miranese, raggiunta la pensione, ha dedicato gran parte dei suoi interessi culturali nello studio delle opere del pittore Francesco Marco Vedoà, di cui con passione ha voluto scrivere l’autobiografia romanzata. Paolo ha conosciuto di persona l’artista Vedoà, di cui è stato amico. Francesco Marco Vedoà bellunese di nascita, per molti anni ha vissuto nella riviera del Brenta, dove è morto nel 1971. Paolo Meneguzzo si è immedesimato nel Vedoà come se fosse Lui a narrare la sua vita e a descrivere gli aspetti più significativi della sua opera. Vedoà è stato un grande artista, pittore, ceramista e scultore; però è ancora un autore quasi ignoto. Le sue opere, quasi del tutto sconosciute, sono state in quattro edizioni della Biennale di Venezia e in altre mostre antologiche, come a Mira (1981) e a Mirano (1997). Dai “pochi”, che le hanno viste, studiate e ammirate, esse sono ritenute veri capolavori, espressione di una profonda interiorità e portatrici di autentiche novità. La biografia romanzata è intitolata “Io sono Marco, il pittore !, edita nel 2021, 50 anni dalla morte dell’artista, dalla CLEUP (Cooperativa libreria editrice Università di Padova), con il contributo dell’Azienda ” Vittoria Tessuti s.n.c. di Marano di Mira (VE).

Luigi Cocchi

GENTE ...È ARRIVATO IL CALZOLAIO A MIRA !!!

Andrea è un prestante giovanotto, che guarda al futuro con tanto ottimismo. Il papà Fabio e la mamma Elena hanno aperto, da diversi anni, due “botteghe” di calzolaio a Dolo e a Mirano. Dai genitori, Andrea ha appreso l’arte e, con immenso orgoglio dei genitori, porta avanti la tradizione di famiglia. Sulla scia “si chiude una porta, si apre un portone”, ha aperto una sua “bottega di calzolaio” ed ha inaugurato questa nuova avventura a Mira, in via Toti. Il tutto con tanto entusiasmo e sicuro che sarà una bella avventura. La professione del calzolaio è un mestiere del passato, che sta scomparendo e, per ottenere risultati ottimi, oggi più che mai richiede abilità manuale e conoscenza delle materie prime. C’è un tempo in cui le scarpe si rompono e un tempo in cui le scarpe si aggiustano: ciò è una metafora della vita di Andrea e della sua carriera da calciatore deluso, al quale non è stato riconosciuto il giusto valore e l’impegno come meritava. Però ora è certo, anzi siamo certi che i risultati non mancheranno nella nuova attività. Che dire? . . . . che San Crispino lo aiuti !

Paolo Trevisanato

MIRANO RICORDA IL 9 NOVEMBRE 1971

1971 – 2021: 50 anni sono trascorsi da una tragedia, che ha portato lutto in tante famiglie d’Italia e anche in due famiglie di Mirano. Il 9 novembre 1971 si è svolta tragicamente una esercitazione aerea militare, con la partecipazione anche di aerei dell’Inghilterra. In tutto parteciparono 8 aerei C 130. Partendo da Pisa, dovevano raggiungere la Sardegna, volando a pochi metri sopra le acque del mare, per non essere intercettati dai radar. L’esercitazione si chiamava “Cold Stricam. Per gli aviatori, quel giorno, la sveglia era stata suonata alle ore 2.00 del mattino e l’imbarco era avvenuto alle ore 5.00. Gli aerei venivano identificati con un numero stampato col gesso. La tragedia avvenne nel tratto di mare denominato “Secche della Meloria”, situato a circa 7 km al largo di Livorno. Alle ore 6.00 di quel mattino l’aereo denominato “Gesso 4” si inabissò e persero la vita 53 paracadutisti, di cui 7 inglesi. L’episodio è stato ripreso il più grave occorso alle Forze armate italiane dopo la seconda guerra mondiale. Morirono, anche, due concittadini di Mirano, Carlo Frasson e Sandro Licori. La sezione Paracadutisti di Mirano ricorda, ogni anno, il 9 novembre l’evento con una celebrazione pubblica, che si svolge in Piazzetta Calle Ghirardi. Quest’anno la cerimonia è stata particolarmente solenne. La manifestazione è iniziata alle ore 18.00 con l’Inno d’Italia, l’alza Bandiera, la deposizione di una corona d’alloro e delle stelle !! a ricordo dei due paracadutisti deceduti di Mirano e la benedizione del sacerdote don Carlo Gusso. Sono, quindi, stati chiamati per nome uno per uno, tutti i militari deceduti nella tragedia e i presenti rispondevano “Presente”. Al termine dell’elenco, si è suonato “Il Silenzio” in onore di tutti i caduti. Poi, mediante filmati e foto, il Generale paracadutista Gianni Quaresimin ha fatto conoscere le ricerche effettuate allora, per ritrovare i corpi dei caduti nelle acque, profonde circa 50 metri, delle Secche della Meloria. La sezione Paracadutisti di Mirano ha consegnato ai famigliari dei deceduti Carlo Frasson e Sandro Licori una targa a memoria. Si sono, pure, ricordati i dieci anni della fondazione Paracadutisti di Mirano, con un presente, a chi ha dato lustro alla sezione, a Pio Gasparini e al generale Gianni Quaresimin. La cerimonia si è conclusa con un “rompete le righe” e un grande “Folgore”. Alla cerimonia erano presenti le Autorità Civili, militari e Religiose e i labari delle sezioni Paracadutiste di Venezia, Padova e Treviso, e delle Sezioni aeronautica, bersaglieri, Combattenti e reduci della zona.

L`ASSISTENZA SISTEMISTICA È UN ASPETTO DELLA GESTIONE INFORMATICA DI UN`AZIENDA DA NON SOTTOVALUTARE

L’esigenza di aggiornare, manutenere e ottimizzare il parco hardware e software non è più un’esigenza secondaria per la vostra azienda, ed è per questo che la nostra proposta di servizi è sempre più orientata ad un rapporto di partnership cliente/fornitore. Dopo un primo intervento di analisi del sistema informatico e l’individuazione delle problematiche possiamo profilare una proposta di fornitura hardware e una soluzione di assistenza tagliata sulle vostre esigenze. I nostri contratti di assistenza si basano su un canone personalizzato valutato assieme ai responsabili dei sistemi formatici e danno la precedenza alle chiamate di intervento oltre ad un costo orario convenzionato, che godere di ulteriori agevolazioni è possibile scegliere anche dei pacchetti orari prepagati. Il know how acquisito in 40 anni di esperienza permette di avere una consulenza professionale e verticalizzata in risposta alle vostre richieste di innovare e rendere sempre più smart la vostra infrastruttura aziendale.

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Promozione riservata alle sole aziende

Maurizio Foffano

Tecnosoft srl – www.tecnosoft.it

MICHELANGELO STREGAPEDE, UNA PASSIONE: IL PIANOFORTE

Abbiamo incontrato il pianista, concertista e didatta Michelangelo Stregapede, figlio d’arte, nostro concittadino e abbiamo voluto chiedergli come procede la sua attività artistica. Naturalmente con i problemi e le restrizioni dovute al virus e alla pandemia in generale, la questione negli ultimi due anni ha avuto una ricaduta assai negativa, riguardo le esibizioni in concerti e manifestazioni con pubblico in presenza, ma anche in altre attività legate all’arte in generale, e nel circuito teatrale gli spettacoli e le esibizioni sono stati bloccati per diversi mesi. Michelangelo ricordiamo, si è diplomato con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio di Musica “Benedetto Marcello” di Venezia e ha svolto poi un’importante carriera concertistica; restiamo piacevolmente sorpresi nell’apprendere ha trovato comunque, anche in questa fase critica per l’arte e la cultura, nuove opportunità e soprattutto nuovo slancio, con la voglia di ritornare ad immergersi nello studio per dare vita a nuovi progetti. Scopriamo così che il Maestro ha dedicato l’ultimo anno alla realizzazione di quanto segue: a febbraio 2022 porterà a compimento una registrazione in video di 26 nuovi brani, che costituiscono anche il repertorio che poi eseguirà dal vivo in varie località del Veneto e d’Italia tra la fine del 2022 e il 2024 (auspicando si torni alla normalità). Questo programma è stato denominato “Gocce di Musica”, i brani che lo compongono sono celebri e quindi fruibili a un vasto pubblico, per lo più tratti dal repertorio pianistico classico, ma l’artista ha colto l’occasione per inserire anche alcuni brani di musica leggera (Morricone, Yann Tiersen e altri autori), potendo così avvicinare anche i giovani e tutti gli appassionati di musica per pianoforte. Questi video verranno inseriti nel relativo canale youtube già da marzo 2022 e poi, via via nel corso di tutto il nuovo anno con una cadenza regolare, aggiornando così tutti i contenuti già ora presenti e dando un seguito cronologico alla sua attività concertistica, che continua ad evolversi e offrirà ogni anno nuovi spunti. Ci rallegra sapere che figure professionali così rilevanti e ben preparate, contribuiscono a rendere la nostra vita più gioiosa e gratificante, offrendoci l’opportunità di ascoltare e seguire l’evoluzione dei loro talenti, anche seppur nel nostro limitato contesto locale. Speriamo di poterlo ascoltare presto dal vivo anche nella nostra bella Mirano. Maggiori informazioni e un contatto diretto è possibile attraverso il sito internet www.stregapede.it, il quale è stato completamente aggiornato, pronto a diventare “la vetrina sul mondo” (come ama definirla il Maestro), e attraverso i vari canali social.

VIAGGIARE AL TEMPO DEL COVID 19, SI PUÒ?

COSA È CAMBIATO? QUAL`È IL RUOLO DELL`AGENTE DI VIAGGIO?

La risposta è si ! si può viaggiare al tempo del Covid Sarà semplice? Probabilmente no, almeno per ancora un medio periodo.

È cambiato tutto, dalla burocrazia che spesso fa impazzire in quanto le regole cambiano di giorno in giorno, alle diverse modalità previste da paese a paese. Se per viaggiare in Europa le regole sono abbastanza comprensibili non si può dire altrettanto per il resto del mondo, dove ogni stato fa da sé, ed inoltre il nostro Governo complica ulteriormente le cose con regole confuse e per niente allineate alla Comunità Europea. Ad alimentare la confusione ci pensano molti siti internet che offrono pacchetti per destinazioni non consentite dallo stato Italiano e che inducono il malcapitato ad infrangere la legge attraverso le tante scappatoie offerte. Molte volte va bene, altre no! È cambiato molto anche nel modo di prenotare la vacanza. Molti clienti usano i portali delle agenzie per avere una prima infarinatura sulla destinazione e sul prezzo della vacanza. Anche la nostra agenzia in questo periodo di evidente difficoltà si è impegnata per mettere a punto un sistema, accessibile online, che permette al cliente di “viaggiare” con i nostri prodotti turistici e quindi selezionare un pacchetto turistico in base ai propri desideri e necessità. Si può variare dal semplice volo + hotel con assicurazione medica gratuita, fino alla progettazione di un viaggio più complesso. Di portali ne esistono a centinaia in rete, ma solo pochi sono gestiti direttamente da personale presente in agenzia pronto a rispondere ad ogni richiesta, ecco perché diventa importante scegliere opzioni che garantiscano una adeguata assistenza. L’elaborazione dei dati di prenotazione, fa emergere che la maggioranza dei viaggiatori preferisce il contatto diretto con l’agente di viaggio, il confronto. Il cliente desidera chiedere informazioni sul viaggio prescelto e avere risposte chiare su eventuali dubbi che possono sorgere prima di prenotare o prima della partenza. Viaggiare con tutti i documenti di viaggio e le certificazioni in regola è una altro elemento importante e il cliente lo ha potuto apprezzare soprattutto durante la scorsa estate , quando molte compagnie aeree hanno rifiutato l’imbarco a molti passeggeri fai da te, perché non avevano compilato i vari documenti relativi ai paesi che andavano a visitare. Esiste poi la possibilità di prenotare tutto on-line, ma il cliente deve essere consapevole che in tal caso si limita ad acquistare un viaggio che non prevede una assistenza post vendita. Il compito dell’agenzia e dell’agente di viaggio è di accompagnare il cliente in tutte le fasi del viaggio: scelta, acquisto, assistenza prima, durante e dopo la vacanza. In un periodo di oltre venti anni di esperienza nel settore ho avuto modo di gestire le più svariate esigenze dei viaggiatori e, soprattutto, di fornire pronte soluzioni agli “inconvenienti” di viaggio che a volte possono accadere. Ad esempio aiutare il cliente ad ottenere rimborsi assicurativi o rimpatri in caso malattia. Oppure, conoscendo le procedure assicurative, è più facile gestire la presentazione dei documenti corretti per ottenere il rimborso nel minor tempo possibile. Infine, una considerazione, importante, sui “corridoi turistici”. Se ne parla da molti mesi, e finalmente sono arrivati. Attenzione, sono destinati ad uso esclusivo di prenotazioni con Tour Operator ed agenzie viaggio che sono autorizzate a rilasciare il Travel pass, cioè il documento che attesta che il pacchetto di viaggio è stato confezionato da un professionista che garantisce che tutte le norme sulla sicurezza Covid 19 siano rispettate. Riceviamo telefonate da persone che ci chiedono di prenotare solo l’hotel perche il volo il cliente lo ha comperato mesi fa quando costava poco: purtroppo non potrà essere utilizzato, perché non conforme alle direttive ministeriali.

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