Il ringraziamento(Onyx)… Daemon POV Ignorai lo sguardo che Dee lanciò verso di me mentre raccoglievo le ultime decorazioni natalizie e immaginai che non mi avrebbe assassinato nel sonno per averle prese. Stava sorridendo con l’aria di chi la sa lunga. Facendo una breve sosta in cucina per prendere i piatti con il cibo, andai verso la porta dove mi aspettava la scatola. «Sei davvero molto dolce.» Disse Dee. «Smettila.» Lei ridacchiò mentre io aprii la porta e uscii fuori. Usai la Fonte per far arrivare la scatola. Se ne stava dietro di me come un cucciolo, fluttuando. Attraversando il prato e facendo un passo nel portico, sapevo di star correndo un rischio, perché in questi giorni non sapevo mai che versione di Kat mi sarei trovato davanti, ma non riuscivo a sopportare l’idea che passasse il Ringraziamento da sola. Che le piacesse o no, avrebbe continuato le sue tradizioni. Bussando alla porta avvertii subito il formicolio alla nuca e sorrisi. Qualche secondo più tardi, la porta si aprì. Le labbra di Kat si dischiusero e diavolo, mi fece venire una voglia matta di baciarla. Ma volevo sempre baciarla, quindi non c’era molta differenza da un qualsiasi altro giorno. «Ciao» dissi alzando il vassoio pieno di piatti. «Buon Ringraziamento.» Lei sbatté le palpebre perplessa. «Anche a te.» «Mi fai entrare?» Ondeggiai i piatti davanti a lei. «Porto doni.» Per un momento lei non sembrò muoversi, poi però si fece da parte. Entrai, facendo un cenno alla scatola dietro di me, che atterrò nell’atrio con un tintinnio. Kat se ne stava lì impalata, fissandomi come se fossi entrato in casa con il sedere nudo di fuori. «Ti ho portato un po’ di tutto.» Andai verso la cucina. «C’è del tacchino, delle patate dolci, la salsa di mirtillo, il purè, sformato di fagiolini, una specie di tortino di mele e zucca… Kitty, vieni?» Silenziosa, mi seguì mentre io prendevo candelabri e candele che avevano l’aspetto di non essere mai stati usati. Con un gesto della mano, si illuminarono. Era ancora tranquilla e io mi misi ad apparecchiare la tavola. «E dopo cena ho un’altra sorpresa per te.» La avvertii. «Davvero?» Sussurrò lei in risposta. Annuii. «Ma prima mangiamo.»
Lentamente si incamminò verso il tavolo e si sedette, schiarendosi la gola. «Daemon, io… io non cosa dire… grazie.» Ero piuttosto a disagio con i ringraziamenti, così scrollai le spalle. «Non c’è di che. Non sei voluta venire e lo capisco, ma non volevo che stessi tutta sola.» Il suo sguardò crollò verso il basso e mi bloccai fissando quelle spettacolari ciglia maledettamente spesse. Poi allungò la mano per prendere il bicchiere di vino che avevo appena versato e lo svuotò tutto d’un fiato. Porca miseria. «Ubriacona.» Mormorai. Le sue adorabili labbra di sollevarono agli angoli. «Forse… per oggi.» Le diedi un colpetto col ginocchio sotto al tavolo. «Fatti sotto prima che si freddi.» Il cibo era divino. Dee era una cuoca terribilmente brava, cosa di cui improvvisamente ero entusiasta, perché guardare Kat che si tuffava sul cibo con tale piacere e godimento la mia mente vagava in posti che non avevano niente a che fare con tacchino arrosto o panini imburrati, ma il loro centro era beh… Kat. Il secondo bicchiere di vino le arrossò le guance, ma le cose andavano bene finché mettevamo in ordine. No. Decisamente molto meglio di bene. La situazione era come intima, familiare. Come se lo facessimo ogni sera, cosa che è assurda, visto che ero fortunato se lavavo i miei di piatti a casa, ma questo… sì, questo era fantastico. Mi seguì all’ingresso, i suoi occhi erano brillanti mentre spostavo la grande scatola nel salotto. Kat si sedette sul divano, stringendo le mani insieme, guardandomi incuriosita. Dolce. Era così maledettamente dolce. E non ne aveva idea. Prendendo un respiro profondo, aprii la scatola e tirai fuori il primo ramo ricoperto di aghi di pino. La punzecchiai. «Direi proprio che abbiamo un albero di Natale da fare. So che non è durante la parata in tv, ma credo che stiano trasmettendo il Ringraziamento di Charlie Brown adesso e, beh, non è poi così male.» Le sue labbra si schiusero ancora, ma questa volta non si limitò a fissarmi. I suoi occhi improvvisamente cominciarono a luccicare. Kat saltò dal divano e si fiondò fuori dalla stanza. Fissai la porta e poi mollai il ramo. Muovendomi più veloce di quanto lei potesse notare, mi diressi nel corridoio, apparendo di fronte a lei, bloccandole la via per le scale. Frenò di colpo e tentò di girarsi, ma io le afferrai le braccia. «Non volevo farti piangere Kat.» «Lo so.» Disse lei, tirando su col naso. «È solo che…» Fanculo. Questo non era quello che avevo pianificato. Volevo farla felice, farla sorridere. Volevo che lei vedesse che anche senza suo padre, avrebbe comunque potuto avere delle tradizioni. «È solo che… cosa?» Presi le sue guance fra le mani spazzando via le lacrime con i pollici. «Kitty?»
Le sue spalle si alzarono e crollarono. «Non credo che tu sappia quanto… qualcosa del genere significhi per me.» Altre lacrime bagnarono le sue guance. «Non lo faccio da… da quando papà era vivo. E mi dispiace piangere, non è che sono triste. È solo che non me lo aspettavo.» Dannazione. Quelle parole mi colpirono nel petto come se un pugno mi avesse preso alla sprovvista. Forse, nei recessi della mia mente, sapevo quanto potesse significare per lei questo, ma ero preparato. Tirandola stretta a me, la avvolsi con le mie braccia, e chiusi gli occhi mentre appoggiò la sua testa al mio petto. «È tutto ok. Lo capisco. Sfogati quanto vuoi.» Kat non rispose, ma mi abbracciò a sua volta e, in quel momento, sentii il suo cambiamento. I suoi muscoli si rilassarono come se per tutto questo tempo avesse tenuto lontana se stessa. E assaporai il momento, crogiolandomi come se fosse la sensazione di calore della luce del sole dopo un inverno rigido. E poi si mosse. Allungandosi verso l’alto, afferrò le mie guance e guidò la mia testa verso il basso. Il mio cuore si fermò durante il suo bacio. Fu veloce e finì molto prima di quanto avrei voluto, ma mi aveva colpito a fondo. Cazzo, molto a fondo. «Grazie.» Disse, con la voce sospirante. «Dico sul serio, grazie.» Mi ci volle ogni minimo grammo di autocontrollo per non portare la sua bocca di nuovo sulla mia, ma in qualche modo ci riuscii. Tolsi le ultime lacrime dal suo viso. «Non dire a nessuno che so essere dolce. Ho una reputazione da difendere.» Kat scoppiò a ridere. «Va bene. Dai, mettiamoci al lavoro.» Appendere le decorazioni natalizie con Kat fu completamente diverso dalle altre volte. Lei era emozionata, amorevole nel toccare ogni pallina e filo di luci. Qualche volta rideva. Altre volte distoglieva velocemente lo sguardo, credendo che io non mi accorgessi che i suoi occhi erano diventati improvvisamente sfuocati e luccicanti. Non glielo feci notare, non volendo sopraffarla e poi si riprendeva piuttosto in fretta. Quando raccolse una pallina brillante e verde guardò prima me e poi la pallina, sorridendo in quel modo che mi faceva domandare cosa stesse succedendo nella sua testolina. Quando l’albero fu finito, io ero stanco, ma la nottata aveva dato i suoi frutti e ne era di certo valsa la pena. Alla fine fissò il risultato con il più grande e bel sorriso che avessi mai visto. «Lo adoro.» Dichiarò lei. L’albero era sproporzionato e storto, ma se lei lo adorava, per me andava bene così com’era. «Sì. È piuttosto bello. Dee lo ha fatto questa mattina. Doveva avere tutto lo stesso colore, ma penso che il nostro sia più bello. È come una palla da discoteca.» Il suo sorriso diventò ancora più grande.
Le diedi un colpetto con la spalla. «Sai, mi sono divertito.» «Anche io.» Abbassai il mio sguardo. «È tardi.» «Lo so.» Fece una pausa e la sua espressione si fece tesa. «Vuoi restare?» Stavo avendo un’allucinazione o me lo aveva chiesto per davvero? «Non volevo dire… quello….» Aggiunse immediatamente. «Non mi sarei lamentato.» Mi affrettai a dire abbassando lo sguardo. «Per niente.» Alzò gli occhi al cielo, ma il suo viso era decisamente di una carina sfumatura di rosso, e il mio battito… il mio battito cardiaco era fuori controllo. Anche se in apparenza ero calmo, la mia mente percorreva un chilometro al minuto. «Vado a cambiarmi.» Disse. «Hai bisogno di aiuto?» «Che cavaliere, Daemon.» Sorrisi, incapace di fermarmi. «Guarda che ci guadagneremmo entrambi. Giuro.» Il suo rossore si fece più scuro. «A cuccia.» Restai a cuccia sul posto per un intero minuto, almeno quello. E sapevo che sarei dovuto rimanere ancora lì, ma ho sempre avuto problemi a controllare gli impulsi. In effetti, avevo problemi con gli impulsi sono quando si trattava di Kat. Salendo le scale furtivo, andai dritto verso la sua camera da letto. Potevo sentirla muoversi in bagno mentre ciondolavo vicino alla finestra. Quando lei uscì, si bloccò immediatamente, e io immediatamente mi interrogai riguardo l’intelligenza dietro la decisione di salire qui su, perché mi piaceva un sacco quanto corti fossero i suoi pantaloncini. Amavo davvero quei piccoli maledetti pantaloncini. «Mi annoiavo.» Scosse la testa. «Non sono stata via nemmeno cinque minuti.» «Ho una breve soglia dell’attenzione.» Il mio sguardo scese. «Bei pantaloncini.» Le sue labbra si contrassero in un sorriso. «Che ci fai qui su?» Bella domanda. Credetti che “sono un masochista” non fosse la risposta giusta. «Hai detto che potevo restare.» Lanciai uno sguardo al letto. «Immaginavo non intendessi restare sul divano.» Mentre il suo sguardo seguiva il mio, vidi l’incertezza guizzare sul suo viso. Non volevo questo. Non volevo che cambiasse idea e mi cacciasse fuori. Non sta sera. Né qualsiasi altra sera.
Camminai lentamente verso di lei e mi fermai davanti a lei. «Non mordo.» «Oh, bene.» «A meno che tu non voglia.» «Simpatico.» Brontolò, girandomi attorno. Visto che non mi aveva detto di portare il mio sedere fuori di lì, decisi che era una buona cosa. Scalciai via le scarpe e poi tolsi la maglietta, proseguendo subito dopo con i pantaloni prima che cambiasse idea. «Cosa… cosa fai?» Mi chiese, balbettante. Guardai verso di me e poi verso di lei. «Mi preparo per andare a letto.» «Ma ti stai spogliando!» Alzai un sopracciglio. «Ho addosso i boxer. Che c’è? Ti aspetti che dorma con i jeans?» «Lo hai fatto l’ultima volta.» Scoppiai a ridere. «Veramente avevo il sotto del pigiama.» Kat aprì la bocca come se fosse sul punto di dire qualcosa, ma poi invece cambiò idea. Allontanandosi da me, camminò per prendere un libro sulla sua scrivania. La guardai per un momento e poi mi decisi. Salii sul letto, mettendo le braccia dietro la testa in modo che non la stringessi a me, l’esatto secondo in cui decideva di portare quei fantastici pantaloncini sotto le coperte. Finalmente, dopo circa dieci anni, si voltò e sussurrò: «questa è stata una cattiva idea.» «Probabilmente è l’idea più intelligente che tu abbia mai avuto.» Le sue mani si mossero lungo i fianchi, attirando la mia attenzione. «Ci vorrà molto più che una cena del Ringraziamento e un albero di Natale per venire a letto con te.» Qualche volta mi chiedevo che diavolo pensasse di me. «Dannazione. Ecco che se ne va il mio intero piano.» I suoi occhi si strinsero, ma finalmente si mosse. Camminando con passi pesanti -sì, con passi pesanti- fino all’altro lato del letto, strattonò le coperte indietro e si mise a letto. Sorrisi. «Puoi spegnere le luci?» Chiese. Senza alcun movimento, le spensi e l’oscurità ci circondò. «Comodo così.» Mormorò. «Lo è.»
«Forse un giorno potrò anche io essere pigra quanto e te e spegnere le luci senza muovermi.» «É una cosa a cui aspirare.» «Dio, sei così modesto.» Replicò, ma potevo sentire che sorrideva dalla sua voce. «La modestia è per santi e perdenti. E io non sono nessuno dei due.» «Wow Daemon, davvero solo wow.» Rotolando su un fianco per guardarla, fissai per un momento la sua nuca. «Non ci credo che non mi hai ancora cacciato.» «Nemmeno io.» Rispose. Mi spostai più vicino, fermandomi quando le mie gambe sfiorarono le sue. Il contatto di pelle contro pelle era difficile da ignorare, ma questa cosa andava detta. «Davvero non volevo farti piangere prima.» Si distese sulla schiena e alzò lo sguardo su di me mentre io mi alzavo su un gomito. «Lo so.» Disse lei. «Tutto quello che hai fatto, è stato stupendo.» «Non sopportavo l’idea di saperti da sola.» Ammisi semplicemente. Kat inspirò velocemente e il suo sguardo incontrò il mio. Non potevo distogliere lo sguardo. Solo lei aveva quel potere su di me. Come diavolo faceva a non vederlo? Mi allungai, catturando una ciocca di capelli e sistemandogliela dietro l’orecchio. Una scossa elettrica viaggiò su per la mia mano. Il suo sguardo incontrò la mia bocca e io sapevo… dannazione, sapevo che stava provando la stessa identica cosa che stavo provando io. «Dovremmo metterci a dormire.» Mi disse, con la voce bassa e roca. «Dovremmo.» Le accarezzai la guancia. Non guardò altrove, mentre sollevava la mano, toccando lievemente le mie labbra con le sue dita. Quel tocco mi mandò una scarica di desiderio. Le concedetti più spazio per muoversi mentre facevo scivolare la mano giù per la sua gola. Il suo cuore accelerò, attendo in sincrono con il mio. Il mio cuore sprofondò, dandole un veloce bacio sula punta del naso. E poi la baciai. Mi presi il mio tempo. Era lento e profondo. Mi bruciò ogni singola parte del corpo, ma volevo di più, così tanto di più. Volevo lei. Volevo lei ogni modo potessi averla. Ma lei non era mia. Per tenere a freno la situazione, raccolsi ogni briciola di autocontrollo che avessi e alzai la testa, distendendomi sulla schiena. Tenni le mie braccia attorno a lei. «Notte, Kitty.» Lei sospirò rumorosamente. «Tutto qui?»
Dannazione. Risi. «Tutto qui. Per adesso...» Il suo cuore non rallentò e nemmeno il mio. Dopo un paio di minuti sospirò ancora e poi mi strinse più vicino, colpendomi delicatamente finché non misi il mio braccio sotto la sua testa e lasciai che la sua guancia si appoggiasse lì. Girai la testa nella usa direzione. I nostri occhi si incontrarono. Il suo profumo mi avvolse e anche quando chiusi gli occhi sapevo che non avrei dormito, per niente. E inoltre sapevo che anche se lei non era mia adesso, lo sarebbe stata un giorno.