Missioni OMI 06 07 2015 parziale

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Prezzo di copertina € 2,40 - giugno-luglio 2015 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012

Attualità

Dossier

Fatti

200 anni

P. Gnemmi inizia il secondo mandato come provinciale

San Salvador in festa per la beatificazione del ‘suo’ martire

Campi estivi in Repubblica ceca con i Missionari OMI

La gioia della vita in comunità

MISSIONI

RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA

OMI

n. 6/7 GIUGNO-LUGLIO 2015

BEATIFICATO MONS. ROMERO

difensore degli emarginati


SOMMARIO MISSIONI OMI Rivista mensile di attualità fondata nel 1921 Anno 22 n.06/07 giugno-luglio 2015

attualità

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

San Silvestro al Quirinale

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Una missione a tutto campo

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di Fabio Ciardi OMI a cura della redazione

EDITORE

Provincia d’Italia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata Via Egiziaca a Pizzofalcone, 30 80132 Napoli

In missione dal “Re dei giochi”

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Notizie in diretta dal mondo oblato

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di Angelica Ciccone

news

REDAZIONE

Via dei Prefetti, 34 00186 Roma tel. 06 6880 3436 fax 06 6880 5031 pax1902@gmail.com

a cura di Elio Filardo OMI

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Mgc news

DIRETTORE RESPONSABILE

Pasquale Castrilli REDAZIONE

fatti

Salvo D’Orto, Elio Filardo, Gianluca Rizzaro, Adriano Titone COLLABORATORI

Claudio Carleo, Giovanni Chimirri, Fabio Ciardi, Gennaro Cicchese, Angelica Ciccone, Luigi Mariano Guzzo, Thomas Harris, Luisa Miletta, Sergio Natoli, Michele Palumbo

Worship, lavoro ed evangelizzazione

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di Angelica Ciccone

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Il “Si” di Peppino di Marta Covella

PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE

missioni

Elisabetta Delfini STAMPA

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Lettere al direttore

Tipolitografia Abilgraph - Roma

Lettere dai missionari

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FOTOGRAFIE

Qui Ciad, Qui Thailandia

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Si ringrazia Olycom www.olycom.it UFFICIO ABBONAMENTI

Via Tuscolana, 73 00044 Frascati (Roma) tel 06 9408777 - Valentina Valenzi rivista.missioni.omi@omi.it Italia (annuale) Estero (via aerea) Di amicizia Sostenitore

dossier

DOSSIER

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19 euro 40 euro 38 euro 70 euro

Da versare su cc p n. 777003 Home Banking: IBAN IT49D0760103200000000777003 intestato a: Missioni OMI Rivista dei Missionari OMI via Tuscolana, 73 00044 Frascati (Roma) Finito di stampare maggio 2015 Reg. trib. Roma n° 564/93 Associata USPI e FESMI www.missioniomi.it www.facebook.com/missioniomi

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una foto per pensare 014_021.indd 14-15

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foto di Giovanni Chimirri, gio.chimirri@gmail.com testo di Luisa Miletta, luli89@libero.it

UNA FOTO PER PENSARE

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Tempo di mare e di granite al limone, per dirla alla Carmen Consoli. L’estate è un tempo per noi, per le nostre esigenze, per riformulare i nostri desideri, per dare sollievo al corpo e alla mente stanchi dell’inverno; è un tempo per il nostro tempo. Un tempo per guardare il mare e affidargli le fatiche e gli affanni dell’anno dentro una bottiglia di vetro chiusa con un tappo di sughero, per tuffarsi nel blu e respirare infinito, per lasciare che le onde cullino i pensieri leggeri, per ascoltare il silenzio di un tramonto, quando le barche sono ormeggiate, il cielo si dipinge d’arancio e il sole, specchiandosi sul mare ci dice che il tempo è un dono di Dio da non sprecare. 28

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Estate

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editoriale di Pasquale Castrilli OMI pax1902@gmail.com

MISSIONI

OMI

Un uomo e il suo popolo A

Ciudad Barrios la festa scoppia improvvisa. È il 3 febbraio di quest’anno e da poco si è appresa la notizia del riconoscimento del martirio di Oscar Romero Galdámez. Il suo figlio più amato e conosciuto, il vescovo Romero, sarebbe stato presto dichiarato beato, esempio e modello per tutta la chiesa cattolica. Siamo a 150 km da San Salvador capitale di El Salvador, nella cittadina dove il 15 agosto 1917 nasceva il martire. La gioia, dei circa 25mila abitanti è genuina, incontenibile. Nelle strade, al mercato, la notizia corre senza sosta. “Lo ha detto il papa. Adesso è vero!” una delle frasi più ascoltate. Un popolo si riconosce nel sacrificio di un sacerdote, barbaramente ucciso da assassini della sua stessa religione. Le campane dell’unica parrocchia della città suonano a distesa a mezzogiorno, perché tutti, ma proprio tutti devono sapere la buona notizia. Era il 24 marzo 1980 quando il vescovo veniva trucidato sull’altare, dagli “squadroni della morte” mentre celebrava la messa nella cappella di un ospedale. Un delitto che, a suo tempo, colpì tutti per la sua violenza e che ancora oggi lascia sbigottiti. Quel giorno è stato proclamato il giorno dei martiri, di quanti hanno pagato con il sangue la fedeltà a Cristo e la denuncia delle ingiustizie. E ogni anno il

24 marzo si prega per la chiesa missionaria e per i martiri che continuano ancora oggi a benedire la vita della chiesa. Il cortile della chiesa parrocchiale a Ciudad Barrios si è riempito di gente, nel pomeriggio di quel 3 febbraio. Sono state accese 35 candele rosse in ricordo dei 35 anni trascorsi da quel delitto. «Uno di noi da pregare» dice un membro del Museo Monseñor Romero luogo simbolo di questa città, che aggiunge: «Adesso dobbiamo riconoscere il merito e pregare, senza attaccare nessuna bandiera politica a questa vicenda. Doveva essere un papa latino a darci questa gioia». E la musica salvadoregna si è accesa nelle case e nelle strade a sottolineare la gioia di questa cittadina che oggi è la gioia di tutta la chiesa, di quanti sentono che la fede è un dono, che Dio ama i poveri e spinge verso di loro. La beatificazione di Romero è la fine di infinte strumentalizzazioni della figura di questo vescovo, la liberazione da caricature che hanno appesantito la sua memoria rallentando il cammino verso gli altari. Sabato 23 maggio, giorno ufficiale della beatificazione, è stata una data attesa a San Salvador e, in realtà, in ogni angolo del pianeta. Questo giorno, d’ora in avanti memoria liturgica del nuovo beato, ricorderà per sempre l’amore di uomo per Dio e per il suo popolo. n

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lettere al direttore

MISSIONI

OMI

Premiato un progetto sociale in Congo Il progetto sociale Petite Flamme che p. Giovanni Santolini aveva iniziato con noi negli edifici abbandonati della scuola italiana a Kinshasa, ha ricevuto il premio per la dignità dell’uomo della fondazione Roland Berger. È un premio molto prestigioso. Il ministro degli esteri tedesco, FrankWalter Steinmeier, ha tenuto la laudatio e Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, ha consegnato il documento. La cerimonia, che si è svolta il 29 aprile al Jewish Museum di Berlino, è stata trasmessa in

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livestreaming sul sito www.rolandbergerstiftung. org. Il tema è stato il problema dei rifugiati, molto attuale dopo gli ultimi eventi nel mediterraneo. Davvero il messaggio cristiano dell’amore al prossimo è risuonato forte in quel momento. Petite Flamme è emersa come una

iniziativa che risolve il problema dalla radice, cioè aiutando bambini e giovani ad imparare a vivere una vita dignitosa nel proprio paese. Petite Flamme prova a prevenire, infatti, la fuga dal paese, cercando di dare ai bambini (ormai oltre 2000) la possibilità di una esistenza dignitosa. Romano Prodi ha fortemente sottolineato questa necessità di risolvere il problema alla radice, cioè di ottenere la pace con l’intervento di tutta la comunità internazionale. Siamo stati premiati assieme a due organismi che lavorano in vari campi. P. Giovanni ne sarà certamente contento. Monika-Maria Wolff Kinshasa, Congo

Mario Borzaga. Verso la beatificazione Da una chiara nota della Sala stampa vaticana del 6 maggio 2015, dal notiziario della Radio vaticana e da altre fonti di informazione abbiamo appreso la notizia che la chiesa intera, ma specialmente quella che è in Trento e la congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, attende da anni: P. Mario Borzaga OMI e il catechista Paolo Xyooj saranno proclamati Beati. La provincia, la missione del Laos, la congregazione e la chiesa, gioiscono per questi due nuovi martiri, che vanno ad arricchire la moltitudine di coloro che sono stati uccisi per amore di Cristo


MARIO BORZAGA OMI E PAOLO THOJ XYOOJ, CATECHISTA

e della Chiesa. Dopo il voto unanime dei teologi, dato il 27 novembre 2014, è giunto il 5 maggio 2015, quello definitivo del Congresso dei cardinali, con l’immediata conferma da parte di papa Francesco, che nel pomeriggio ha firmato il Decreto riguardante “il martirio dei Servi di Dio Mario Borzaga, sacerdote professo della congregazione dei Missionari Oblati della Beata Maria Vergine Immacolata, e Paolo Thoj Xyooj, laico catechista, uccisi in odio alla fede in Laos nel mese di aprile del 1960”. Il prossimo passo sarà dunque la solenne beatificazione. La domande che tutti si pongono sono: quando? come? dove? Le

Un passaggio atteso da molti quello dello scorso 5 maggio quando il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza privata il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, autorizzando la Congregazione dei santi a promulgare il decreto riguardante “il martirio dei Servi di Dio Mario Borzaga, sacerdote professo della Congregazione dei Missionari Oblati della Beata Maria Vergine Immacolata, e Paolo Thoj Xyooj, laico catechista, uccisi in odio alla fede in Laos nel mese di aprile del 1960”. P. Mario Borzaga era nato a Trento il 27 agosto 1932. Dopo gli anni nel seminario diocesano, a 20 anni entra nella congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Il 24 febbraio 1957 è ordinato sacerdote. Riceve l’Obbedienza per il Laos il 2 luglio 1957 e il 31 ottobre salpa da Napoli con il primo gruppo di Missionari Oblati italiani. P. Mario, con i suoi 25 anni, è il più giovane della spedizione. A Paksane, piccola città in riva al fiume Mekong, non lontana dalla capitale Vientiane, il Servo di Dio trascorre il primo anno dedicandosi allo studio del laotiano, per entrare il più presto possibile in contatto con la gente cui poter annunciare la Buona Notizia. Verso la fine del 1958 raggiunge la comunità cristiana del piccolo villaggio Hmong di Kiucatiàm. Domenica 24 aprile 1960, dopo la messa, alcuni Hmong gli si fanno incontro rinnovandogli la richiesta di recarsi al loro villaggio di Pha Xoua, che è a tre giorni di marcia. Il giorno dopo, lunedì, p. Mario s’incammina accompagnato dal catechista Paolo Thoj Xyooj. Da quel viaggio non faranno più ritorno. Le ricerche intraprese in seguito alla scomparsa non daranno alcuna risposta. Le testimonianze raccolte fin dall’inizio, con quelle pervenute soprattutto in questi ultimi anni, confermano l’uccisione dei due per mano del Pathet Lao. risposte richiedono un attento discernimento, innanzitutto in vista di una buona ed efficace preparazione spirituale e pastorale e la celebrazione in tempi e luoghi da stabilire. A questo scopo

faremo al più presto i dovuti passi. Gloria a Dio: Te Deum laudamus! Con la Madonna cantiamo il Magnificat, in attesa della grande festa! p. Angelo Pelis OMI Vice postulatore

Siamo qui

- www.missioniomi.it - www.facebook.it/ missioniomi Il direttore: pax1902@gmail. com. Per comunicare con l’ufficio abbonamenti: tel. 06 9408777 (ore ufficio) oppure valentina.valenzi@omi.it.

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cartolina missionaria

La Roma di sant’Eugenio/5

San Silvestro al Quirinale dimora romana di sant’Eugenio M ai visto la Madonna della catena? È una stupenda tavola del 1200 riproducente la Virgo lactans (la bizantina Galaktotrophousa), la Madonna che allatta Gesù Bambino. Ha preso questo nome perché si racconta che tra il 1646 e il 1650 un giovane uscito di senno, tenuto in ceppi per due anni, fu guarito dalla sacra immagine, presso la quale lasciò come ex voto la catena che lo aveva avvinto. Vale la pena entrare nella chiesa di san Silvestro al Quirinale anche solo per contemplare questo capolavoro. La chiesa rimane fuori del giro turistico e apparentemente è inaccessibile. Si trova sulla strada che da piazza Venezia porta al Quirinale. Una chiesa piuttosto bizzarra, con una bella facciata… ma puramente ornamentale, senza porta d’entrata. La cosa è dovuta al fatto che nel 1877, quando il Quirinale, che fino alla conquista di Roma da parte dei Piemontesi era stato la sede del papa, divenne la reggia del re d’Italia, la strada che passava davanti alla chiesa fu allargata e abbassata, tagliando la parte frontale. La chiesa è rimasta così “per aria”, nove metri più in alto rispetto al livello stradale. Per entrare occorre suonare alla casa dei Padri della Missione, entrare nel loro appartamento, e da lì in chiesa.

Se sommiamo i soggiorni romani, il fondatore degli OMI vi ha abitato per più di un anno… di Fabio Ciardi OMI ciardif@gmail.com

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Fu il punto di approdo di sant’Eugenio quando venne a Roma la prima volta, nel 1825, per chiedere al papa l’approvazione della sua Regola. Scelse di abitare con i Padri della Missione per essere più vicino alla casa del papa, il Quirinale, appunto. «Alloggio a S. Silvestro, presso il palazzo del Quirinale - scrive il 26 novembre 1925, appena arrivato a Roma -. È il noviziato e lo studentato dei missionari di S. Vincenzo de’ Paoli». Era contento di avere insieme «l’altare e la mensa», e anche di trovarsi proprio in mezzo ai figli di quel san Vincenzo de’ Paoli, che amava in un modo tutto particolare: era uno dei santi che lo avevano ispirato nella fondazione dei Missionari di Provenza. Si trovò bene in quella casa e in quella chiesa, al punto che vi ritornò altre tre volte, nei successivi viaggi a Roma. Dalla sua stanza aveva una meraviglio-

sa vista su Roma: «Sono contento del bello spettacolo che scopro dalla mia finestra da dove spazio su tutta la città vedendo davanti a me (…) i giardini di Palazzo Colonna; di fronte, a poca distanza, le cupole del Gesù e di altre chiese; un po’ più lontano S. Andrea della Valle; a sinistra la Colonna Traiana, a poca distanza da lì il Campidoglio, a destra S. Ignazio, il Collegio Romano e l’osservatorio; più lontano la Colonna Antonina, Montecitorio, piazza del Popolo e tanti altri notevoli edifici; al di sopra di tutto questo bel Vaticano e questa incomparabile cupola di S. Pietro: tutta la città insomma» (Diario, 13 dicembre 1825). Non proprio tutto era perfetto in questa casa, per esempio la cucina. «Nonostante ogni sforzo - scriveva all’amico p. Tempier -, non posso mandar giù l’olio pessimo in uso a Roma. Durante le Quattro Tempora si osserva lo stretto

magro con proibizione di uova e latticini, ed io ho ringraziato il Signore di non essermi avvicinato a quell’olio orrendo, contentandomi a pranzo di un pezzo di pesce bollito su cui ho spremuto mezzo limone» (18 dicembre 1825). In compenso la conversazione con i religiosi della casa lo edificava: «Ho fatto la ricreazione con p. Collucci, uno dei nostri Lazzaristi, di 74 anni. Gliene avrei dato sessanta. Non posso esprimere quanto sia stato edificato dalla sua bella semplicità, dalla bellezza della sua anima e dai sentimenti che esprimeva con ammirevole dolcezza. (…) Mi diceva che ciò che l’ha sempre sostenuto era la pace d’animo di cui aveva la gioia di godere nel suo santo stato e che tutti i giorni ringraziava Dio della sua vocazione. Avevo già notato la carità con cui, tutti i giorni, era pronto ad andare al confessionale e i suoi modi rispettosi verso tutti. Credo che questo prete sia un grande servitore di Dio. Mi diceva anche che ciò che contribuiva di più alla sua felicità era ricevere tutto dalle mani di Dio» (6 dicembre 1825). Sant’Eugenio tornò altre volte a vivere in questa casa. Particolarmente intensi i giorni che vi trascorse in occasione della sua consacrazione episcopale, avvenuta proprio nella chiesa di san Silvestro il 14 ottobre 1832. In quel periodo assaporò «con soddisfazione il silenzio e la pace che regnano attorno», e occupava gran parte del suo tempo in preghiera, stando su «una piccola tribuna che si affaccia sull’altare del Santissimo». San Silvestro al Quirinale: la casa e la chiesa romana di sant’Eugenio. Se sommiamo tutti i suoi soggiorni, vi ha dimorato per più di un anno. Qui ha lavorato per l’approvazione del suo Istituto, ha scritto tra le lettere più belle e un diario fitto nel quale racconta nei minimi particolari visite, incontri, stati d’animo. ■

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attualità

In missione dal

“Re dei giochi” Il gioco degli scacchi richiede impegno, sacrificio, volontà, passione e dedizione. Come la Vita consacrata di Angelica Ciccone angelica.ciccone@gmail.com

O

blato per vocazione, scacchista per passione. In molti conoscono l’eclettismo di p. Gennaro Chicchese, sacerdote da 26 anni, oblato da 32. Teologo, autore di diversi volumi e saggi, musicista compositore, appassionato di tennis, vive la sua missione tra l’Italia, dove insegna Antropologia filosofica alla Pontificia Università Lateranense, e il Senegal, in qualità di visiting professor al Centro St. Auguatin di Dakar. Approfittando della sua vittoria, lo scorso dicembre, alla Clericus Chess International, il campionato mondia-

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Alla scoperta di un pianeta nuovo, di un’esperienza divertente che unisce memoria e creatività, fantasia ed estetica le di scacchi per sacerdoti e religiosi, vogliamo saperne di più della passione per questo gioco antico e affascinante, riconosciuto come sport dal Comitato Olimpico Internazionale. Da dove nasce questa tua passione per gli scacchi? Immagina un ragazzo curioso di 1213 anni che si annoia mortalmente in casa, a letto, a causa di una brutta influenza. Ha visto un importante quiz televisivo, il “Rischiatutto” di Mike Bongiorno, e ha sentito parlare del gioco degli scacchi da un concorrente simpatico e preparato, Angelo Cillo, conosciuto personalmente anni dopo. Per di più ha una scacchiera in casa,

ma non sa come usare i pezzi. Allora chiede a sua madre di acquistare un libro con la spiegazione delle regole. Il ragazzo legge e impara da autodidatta. Sua madre stessa, insegnante, lo invita al doposcuola delle medie dove c’è anche un corso di scacchi. Il ragazzo gioca e rischia di battere il professore che lo incoraggia... Comincia così la mia avventura scacchistica, alla scoperta di un pianeta nuovo, di un’esperienza divertente che unisce memoria e creatività, fantasia ed estetica. Come poter resistere? E poi la scoperta del circolo di scacchi, un mondo pieno di adulti, nel quale il gioco diventa anche iniziazione alla vita e ai rapporti col mondo. Divento

il beniamino e tutti desiderano giocare con me (perché mi battono), ma in un paio d’anni sono io che batto tutti, diventando uno dei più forti del circolo. E poi l’agonismo, i tornei fuori città, in giro per l’Italia, anche da solo, una vera iniziazione alla vita, fino ai successi più belli, tra il 1976 e il 1978: 5° assoluto al campionato italiano di terza categoria a Tivoli, 2° assoluto al torneo di Latina e campione regionale molisano, imbattuto! Come conciliare la passione per un gioco, uno sport, e l’essere sacerdote e missionario? Come armonizzare i tempi? Con la scoperta della mia vocazione

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dossier

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news

Notizie in diretta dal mondo oblato

messaggi Spagna e notizie Periferie alternative dalle missioni . Louis Lougen ha chiesto ai Missionari Oblati di Maria

P

Immacolata d’Europa di aprire tra 8 e 10 nuove comunità in periferia. La proposta del superiore generale OMI, lanciata al termine di un incontro svoltosi a Pozuelo (Madrid) dal 12 al 17 aprile, è un appello ad andare verso i poveri di oggi. Ieri Eugenio de Mazenod aveva identificato questi luoghi con le campagne del sud della Francia. Oggi, invece, le periferie coincidono spesso con aree metropolitane europee ormai diventate crocevia per gente proveniente da tutte le parti del pianeta. Un’Europa che, come ha detto il gesuita Pierre de Charentenay nel corso della sua conferenza, “era un continente cristiano. Essa ha portato il cristianesimo in tutto il mondo, mediante le missioni, ma anche attraverso la colonizzazione. Un cambiamento lento, avviato in Europa fin dal XVIII secolo e che verso la metà del ventesimo secolo è culminato in una vera e propria rottura, ha cambiato lo statuto del cristianesimo in questo continente”. Di fronte a questa situazione 47 missionari oblati hanno proseguito l’analisi rilevando che in questa nuova grande periferia del cristianesimo si stanno formando nuove sacche di povertà che interessano soprattutto giovani e immigrati. Per andare verso questi luoghi bisogna stabilire nuovi rapporti di collaborazione tra gli Oblati e progettare insieme. Già da qualche anno, infatti, sono stati avviati dei processi di unificazione tra le province oblate che è necessario continuare per assicurare una presenza efficace sul territorio. Una migliore distribuzione del personale oblato a livello internazionale può dare certamente un nuovo impulso alla missione. Gli Oblati nati nel continente europeo dovrebbero imparare a varcare le frontiere dei loro paesi per formare delle comunità internazionali capaci di integrare al loro interno anche i missionari provenienti da altri continenti. L’inserimento di questi Oblati nati nei paesi dove la chiesa è più giovane, richiede una prassi che tenga conto della situazione personale e dei contesti in cui si inseriscono. In ogni caso questo processo di condivisione del personale, specialmente tra l’est e l’ovest dell’Europa, secondo p. Lougen deve essere accompagnato anche da una positiva e più esplicita proposta vocazionale verso i giovani, invitandoli a partecipare alla missione oblata. Il cammino avviato a

a cura di Elio Filardo OMI eliofilardo@omimissio.net

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CONGO

FORMAZIONE AI MASS MEDIA PER LE RELIGIOSE

Pozuelo è stato affidato all’esame dei superiori delle unità oblate in Europa che dovranno individuare le fasi concrete per facilitare l’attuazione di queste istanze. P. Fabio Ciardi, durante la giornata del 13 aprile dedicata al ritiro, aveva parlato dell’eterotopia, cioè di “luoghi alternativi che lasciano intravedere ciò che la redenzione ha operato e come può essere una società animata dal Vangelo. Dobbiamo poter creare - ha detto p. Fabio - gli “spazi del Risorto” che diano visibilità al cielo sulla terra”. Alcune comunità oblate internazionali localizzate nelle periferie, sarebbero dei buoni luoghi alternativi degni del profetismo ispirato al carisma di sant’Eugenio.

Un centinaio di religiose a voti temporanei, appartenenti a più di 50 congregazioni, hanno partecipato al corso di formazione sui media tenutosi a KinshasaLimete il 7, 8, 14 e 15 febbraio. L’iniziativa che ha avuto come tema Vita comunitaria e mass media oggi è stata promossa dall’Unione dei Superiori Maggiori. L’animatore del corso, un oblato congolese, Jean-Baptiste Malenge, membro del Centro di Ricerca e di Educazione alla Comunicazione (CREC), ha precisato che l’ascolto è il presupposto per una buona comunicazione. Il corso ha ricordato alle giovani suore l’importanza di seguire le notizie su televisione, radio, giornali o internet per contribuire al bene comune della società con conoscenza di causa. Questo principio, ispirato dal n. 5 del Decreto conciliare Inter mirifica del Vaticano II, promuove la cittadinanza responsabile. Durante l’anno che la chiesa universale dedica alla Vita consacrata sono previste altre sessioni di formazione. A marzo, infatti, sono stati organizzati altri due week-end dello stesso tipo per due gruppi di religiose che hanno da 4 a 7 anni di voti. (fonte: pretredanslarue.blogspot.com)

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Chi hai incontrato alla missione? La valigia del ritorno sarà più pesante? Eleonora (Fi) Tante persone curiose che volevano sapere, conoscere! Madre Teresa diceva: “Non importa quanto ami, ma quanto amore metti nel farlo”. E così anche noi: non importa quanto abbiamo seminato, ma quanta gioia ed entusiasmo ci abbiamo messo. È ciò che ha colpito la gente, l’unica cosa che rimane rispetto a tante parole. Silvia (Vc) La missione non è sempre facile, ma se tante sono le porte chiuse, quelle che si aprono sono così belle che compensano tutto. Ho incontrato ragazzi che aspettavano di essere “toccati”, sia negli incontri per strada che nelle scuole: vedere la loro risposta ha riempito il cuore. Alessia (Pe) Ho avuto l’opportunità di calarmi in realtà a me sconosciute e di sperimentare come le parole possano trasformare vite fatte di solitudine, in momenti di gioia e condivisione. Marco (Vc) Un’esperienza particolare è avere incontrato, in diverse occasioni, giovani che ai nostri inviti si sono professati non credenti. Ma proprio loro ci hanno aperto la porta di casa, o hanno scritto una preghiera la sera dell’adorazione eucaristica sul lungomare. Chiara (Fi) “Non c’è niente da capire, c’è solo da amare”. Questa la parola che ha scandito la mia missione: amore per il fratello

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che ho cercato di dare, e del quale sono stata travolta. Un amore che si respirava nell’aria e si vedeva negli occhi delle persone, amore che mi ha fatto sentire a casa con persone nuove. Ho capito la difficoltà di raccontare questo amore nelle scuole e di viverlo in chi nelle visite ti chiudeva la porta in faccia. Ho sentito Dio vicino, lì a ricordarmi di amare anche quando è difficile. Annarita (Pe) Ho incontrato giovani con tanta voglia di stare insieme in nome di Gesù. Francesca (Rm) Facce contrariate, bocche dischiuse per lo stupore, sguardi schivi, ma anche braccia spalancate, cuori in fermento e orecchie pronte a ricevere la Parola di Dio. Tutti hanno lasciato un segno profondo in me. Gli occhi che però non scorderò mai sono di quei ragazzi privi di fede, in cerca di una luce nuova che mi hanno spinto a continuare la missione.

che si è aperta nonostante fossi un’estranea; le preghiere di tutti quelli che si sono fidati di me, che mi hanno ascoltato e che hanno partecipato alla missione; la comunità e l’amore che ci unisce e ci rende uno in Dio.

Giulia (Pe) L’esperienza che mi ha segnato di più é stata vedere una mia compagna di classe atea, che non frequentava più la chiesa né un gruppo in parrocchia, condividere con noi la festa finale. L’emozione più grande é stata vederla entrare in chiesa per la messa e vederla pregare!

Edoardo (Rm) Ho incontrato prima di tutto me stesso. Ero partito sentendomi un supereroe, credendo di non trovare difficoltà, poi mi sono reso conto dei miei limiti e ho trovato la forza per superarli, con l’energia che Dio ci ha donato e la concretezza dell’amore che abbiamo cercato di testimoniare.

Francesca (Rm) La valigia è piena di esperienze ed emozioni, di rifiuti ed accoglienza. In particolare porto con me la famiglia che mi ha ospitato e

Eleonora (Fi) La mia valigia del ritorno é molto più pesante dell’andata! Ci sono dentro la parola famiglia, quella che ho trovato nell’equipe missionaria,


mgc news

rimarrà nel mio cuore, come le singole persone che ne hanno fatto parte.

che mi ha fatto sentire a casa; la parola accoglienza che é un sentimento che ho provato, a partire dal fatto di essere ospitati nelle case, e che ho cercato di far provare alle persone che ho incontrato; e infine preghiera perché questa missione é stata riscoprire Gesù presente nella vita quotidiana. Alessia (Pe) Il mio bagaglio è colmo di gioia per i bei momenti trascorsi insieme ai tanti amici venuti da lontano, ma è anche sovraccarico di tante intenzioni e della consapevolezza che ogni mia azione resterà vana se non compiuta con l’aiuto di Gesù e del buon cuore di chi incontrerò sul mio cammino. Marco (Vc) La missione si è incastonata in una periodo particolare della mia vita e mi ha permesso di mettere meglio a fuoco alcuni aspetti di me nella relazione con l’altro. Chiara (Fi) La mia valigia è stracolma, ma soprattutto il cuore è colmo di gioia e gratitudine per questa esperienza che mi ha fatto crescere. Torno a casa

sapendo che la mia missione non è finita. La difficoltà ora sta nel vivere questa esperienza nel quotidiano. Nonostante ciò sono felice, perché ora posso mettermi nuovamente alla prova, vivendola nel quotidiano, con la certezza di non essere da sola. Silvia (Vc) Torno a casa con la riscoperta consapevolezza che senza di Lui non possiamo fare nulla. È Gesù il motore di tutto, la nostra è solo una risposta a Lui. Nell’unità che si è creata tra noi in questa missione si respirava davvero la Sua presenza! Annarita (Pe) Porto con me un’esperienza di grande gioia e soprattutto di fiducia e responsabilità per il futuro. Giulia (Pe) La missione si é divisa in tre parti: all’inizio l’entusiasmo di non sapere cosa mi aspettava. In seguito la stanchezza si faceva sentire: mi sentivo demotivata dopo aver ricevuto varie porte chiuse in faccia; l’ultima emozione é arrivata sabato, quando tutto scorreva velocemente, e non realizzavo che poche ore dopo sarebbe finita. La missione

Edoardo (Rm) Sento che la missione mi ha donato un’esperienza di amore. L’andare incontro ai ragazzi, il farsi forza, l’armonia tra noi, tutto è stato un’esperienza “tangibile” dell’amore di Dio che è stato sempre presente. La missione mi ha fatto crescere: sentire in prima persona il peso di alcune responsabilità, mettermi in gioco in prima persona. C’è stata una doppia missione: dentro e fuori di me! Gilda (Cs) Torno a casa con il cuore pieno di amore e consapevole che, ogni giorno, soprattutto nel quotidiano, sono chiamata a “ri-partire” da Lui. Filippo (Pe) Quello che ti lascia dentro la missione è qualcosa di stupendo e inesprimibile a parole, per capirlo devi viverla in prima persona. Gilda (Cs) Questa missione è stata una luce che mi è entrata nel cuore. Le esperienze belle sono state due: l’equipe e le visite al liceo. Ho sperimentato la gioia nel vivere con una ‘famiglia’, quella oblata, che mi ha aiutato a comprendere quanto Gesù in mezzo è l’unione perfetta per ogni rapporto autentico e vivo. Le visite al liceo sono state una vera rivelazione. Nel raccontare la mia esperienza, ho visto crescere negli occhi dei ragazzi lo stupore, ma allo stesso tempo la voglia di conoscere e sapere da dove nascesse la mia “gioia”.

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fatti

Worship

lavoro ed evangelizzazione

Un’esperienza estiva nella Repubblica Ceca per facilitare l’incontro tra le persone e per annunciare il Vangelo di Angelica Ciccone angelica.ciccone@gmail.com

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O

gni estate i Missionari Oblati di Maria Immacolata della Repubblica Ceca organizzano, insieme ai giovani, una settimana di volontariato lavorativo che permette di incontrare numerose persone. Abbiamo rivolto qualche domanda a p. Vlastimil Kadlec. In cosa consiste questa esperienza? Con la scelta del nome Workship vogliamo unire due realtà fondamentali che fanno parte di questa iniziativa: il lavoro come luogo naturale di incontro tra le persone (work) e la dimensione spirituale o religiosa, come luogo di incontro con Dio (worship). Ogni anno ad agosto la nostra


comunità oblata di Plasy (ad ovest della Cechia) insieme alla comunità del Verbo Incarnato (KVS, il Centro giovanile ispirato dall’esperienza di Marino laziale in Italia) e ad un gruppo di giovani collegati con la nostra comunità (OMIGang) organizza nella zona a noi affidata una settimana di lavoro per i giovani tra i 18 e i 30 anni. I partecipanti vengono da tutta la Repubblica Ceca, abbiamo anche qualche presenza dalla Slovacchia e quest’anno ci sarà per la prima volta qualcuno dalla Germania. Il programma delle giornate è diviso in due parti: tempo di lavoro e parte “culturale”. Dopo la celebrazione eucaristica mattutina, a colazione si presentano le varie regioni che partecipano a Workship, oppure qualcuno dall’équipe condivide con gli

altri un pensiero per la giornata. Alla fine si dividono i giovani in gruppi, che ricevono l’indirizzo del posto di lavoro, gli attrezzi e un’automobile. Si lavora nelle case delle persone che hanno bisogno di aiuto, in particolare degli anziani o ammalati, ma anche delle famiglie con figli piccoli. Il lavoro è abbastanza vario: verniciare, imbiancare, tagliare la legna, lavori in giardino, piccole riparazioni... Quale la giornata tipo? Si inizia alle 9 e si lavora fino alle 16. A mezzogiorno c’è il pranzo che viene portato dal “gruppo logistica” direttamente sul posto di lavoro oppure offerto dalle persone che accolgono i lavoratori. Dopo il lavoro si torna a casa, c’è il tempo per sistemarsi e poi

la cena. Le serate le trascorriamo invitando anche la gente del posto e le persone dalle quali si lavora. Ogni serata ha un suo “colore”. Il lunedì di solito c’è la proiezione di un film all’aperto. Cerchiamo sempre un film che presenti valori importanti. Il martedì c’è il teatro. Ogni anno cerchiamo di invitare una compagnia interessante con uno spettacolo che possa suscitare una riflessione comune. Il terzo giorno è dedicato ai bimbi e ai giovanissimi del posto. I partecipanti a Workship preparano per loro un programma: giochi, canti, balli. Ceniamo con le famiglie che vengono a trovarci. In questa serata c’è sempre un ospite artista: un pagliaccio o un gruppo di nostri amici che fanno spettacoli di scherma medioevale. Il giovedì è il giorno

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fatti

IL “SI” di Peppino

Una forte testimonianza di un laico tarantino formato nella spiritualità oblata e dell’Ideale dell’Unità di Marta Covella

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V

orrei raccontare l’esperienza vissuta con papà Peppino, anzi babbo, come ero solita chiamarlo negli ultimi cinque anni e come la grazia dell’Ideale (Movimento dei focolari fondato da Chiara Lubich, ndr) mi ha aiutato a vivere. Sin dal primo ricovero mi fu comunicato l’esito della diagnosi “metastasi polmonare”. Avvertii un colpo al cuore, ma nel


fidarsi dello

spirito

Sappiamo bene che ogni incontro ci fa compiere un passo in avanti nello scoprire la bellezza della Chiesa che ci mette insieme per eliminare alcune difficoltà che incontriamo nella via. Proprio per questo gli incontri sono necessari per evitare situazioni che non ci mettano nella stessa onda. Per quanto ci riguarda, comunque, è necessario continuare a fidarsi dello Spirito Santo che può aiutarci a capire e guidare e tenere a bada

ogni atteggiamento che noi pensiamo… Ecco perché fidarsi è necessario per vivere la Chiesa Universale in linea con papa Francesco che ci spinge all’universalità e non è pensabile ancora dire noi… voi… invece di dire siamo tutti in cordata a vivere felicemente la Grazia, i doni che Dio ci dà. Naturalmente offro tutta la situazione personale di questo momento che mi vede “in corsia preferenziale” abbandonarmi alla Sua Volontà, certo del Suo Amore, contemplando la realtà del cielo e della terra. Un abbraccio fraterno a tutti i presenti. Uno, Peppino.

con papà per un qualsiasi esame o visita. Erano queste le occasioni (viste le lungaggini) per parlare di tante cose. Tutto finiva con il fare colazione insieme o prendere il pane per poi fermarci a mangiare a casa. Quanto condividevamo, cercavamo di renderlo normale: le paure, le angosce, i dubbi… Avvertivo nel contempo la gioia ogni volta di poter alleggerire quel peso gettando tutto nelle mani di Dio. Mi mancherà la comunione profonda, quella comunione d’anima che difficilmente si stabilisce tra padre e figlia.

Rapporti

contempo una voce mi diceva: “Dovete essere miei testimoni”. Immediati sono stati i nostri contatti con i vari centri, medici, ma essendo un campo particolare chiedevo all’Eterno Padre di darmi la lucidità per capire cosa fare… Ci trasferimmo a Bari per quasi un mese. Ogni volta ci si muoveva tutti insieme

In questi anni abbiamo costruito tanti rapporti con i vari dottori, infermieri e addetti al settore ospedaliero. A loro dire, essi ci portavano come esempio per la tempestiva e corretta attività riguardante la terapia e, soprattutto, per l’attenzione e l’amore dimostrati, grazie ai quali si concretizzava la realtà di una famiglia unita. Ho pensato tante volte, quando li sentivo parlare “di qualità della vita”, che forse il segreto sta proprio in questo. Certamente molto aiuto lo abbiamo ricevuto dai nostri mariti e figli. A casa ormai si passava poco tempo, spesso solo a pranzo e in

fretta per alcuni servizi. Soprattutto nell’ultimo periodo la presenza a casa dei miei era 24 ore su 24. Papà accusava dei dolori forti e anche la morfina non riusciva a ridurli, non poteva più camminare o fare spostamenti. Pur vivendo questa situazione il suo pensiero era per mia madre, anch’ella sofferente. Ha cercato sempre, sino all’ultimo, un rapporto bello con la moglie, comprendendola e perdonandola. Il suo dolore più grande era l’ impossibilità di non essere più a disposizione degli altri della parrocchia, delle ACLI, nel sociale, in politica. Gli mancava sentire, come diceva lui, il “profumo” della parrocchia il “profumo” della strada. Anche nel suo ultimo ricovero lo aiutai a scrivere qualcosa in occasione di un imminente incontro e oggi, rileggendo quelle parole, le avvertiamo come un suo testamento. Averlo potuto ascoltare, aiutare, ma soprattutto contemplarlo era una continua preghiera e solo l’amore a Gesù Abbandonato mi dava la possibilità di andare oltre, di accettare, di vedere un padre consumarsi continuando a dire quel “sì”. Recitavamo ogni sera il rosario insieme e quasi ogni giorno comunicavamo con Gesù Eucarestia, essendo io ministro stra-

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200 anni

In cammino verso i 200 anni dalla nascita dei

Missionari OMI

La comunità: che gioia Preparate il luogo dove la comunità si incontrerà. Chiedete ai partecipanti di arrivare all’incontro con un simbolo che richiami la comunità o qualcosa che indichi il proprio impegno nel contribuire alla qualità della vita della comunità. Iniziate con un canto per sottolineare la gioia di stare insieme.

200 ANNI Missionari Oblati

di Maria Immacolata Costituzioni e regole oblate La comunità degli Apostoli con Gesù è il modello della loro vita. Egli aveva riunito i Dodici attorno a sé per farne i suoi compagni e i suoi inviati. La chiamata e la presenza del Signore in mezzo a loro oggi unisce gli Oblati nella carità e nell’obbedienza per far loro rivivere l’unità degli Apostoli con lui, e la loro comune missione nel suo Spirito. (Costituzione 3)

CONDIVISIONE Quali sono le tre cose concrete che mostrano che la comunità di Gesù con gli apostoli è il modello della tua vita comunitaria? Quali sono le qualità della comunione che maggiormente mancano nella tua vita personale e nella tua comunità? Potresti spiegare il significato del simbolo che hai portato all’inizio della riunione?

IMPEGNO Redigi un elenco di azioni concrete che hai fatto in quest’ultimo anno con le quali pensi di aver aiutato a creare comunione nella tua comunità. Cos’altro avresti potuto fare per favorire una vita di comunione?

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LA PAROLA DI DIO

1816-2016

Gesù prega il Padre perché tutti siano una cosa sola.

Giovanni 17, 20-26

Un commento di J. Sullivan e R. Haslam OMI La comunità di Gesù con i suoi Apostoli, come pure le prime comunità cristiane ed anche le nostre comunità sono realizzazioni storiche della comunione trinitaria. Il perdono ricevuto da Dio è la condizione che rende possibile ad ogni comunità di conoscere un vero perdono, di vincere l’odio, le contraddizioni, i limiti e il peccato, radice di ogni disgregazione. Questa comunione è frutto della croce di Gesù. Essa è un dono dello Spirito Santo che strappa gli uomini all’egoismo, al peccato, all’inimicizia e all’odio. È un processo che permette di vincere il peccato all’interno d’una fraternità dinamica che è molto diversa da un gruppo di amici. La comunione è una vita nuova che integra i valori umani dell’amicizia e della fraternità. Ecco l’essenza, il fondamento di ogni comunità, questa comunione teologica, dono del Padre per mezzo del Figlio e nello Spirito Santo. Questa comunione ha deter-

minate qualità. Essa accetta le differenze tra le persone, perché è Dio che ha fatto l’altro così come è; supera le opposizioni; porta il perdono; converte coloro che la vivono; unisce in uno stesso desiderio, ma non necessariamente in uno stesso sentimento; è gratuita in quanto è un dono del Padre a noi e il dono di noi stessi ai fratelli. n


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Destinare il 5x1000 non costa nulla! Beretta, S. Balestra, S.. Contro la fame Diritto al cibo, accesso alla terra EMI 2015 p. 64 €5

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