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Misticanza
MISTICANZA #15 DICEMBRE 2020
MISTICANZA.ONLINE laposta@misticanza.online Copertina: Diego Roncarati 2 e 3 di copertina: Michelle Reviglio
4 di copertina: Federico Balboni
Revisione: Michelle Reviglio, NanaCaverna, Marco Cagnoli Illustrazione Editoriale: Diego Roncarati Ill. Indice: Diego Roncarati Ill.Intermezzo: Diego Roncarati Michelle Reviglio
Dicembre#15
N
elle storie di fantasia di solito è il cavaliere a trionfare, sottraendo innocenti vittime a grinfie malvagie o liberando i popoli da opprimenti tirannie, una figura immacolata che evoca senso di sicurezza e ammirazione, purtroppo, la verità è che per ogni cavaliere di cui i bardi raccontano le mirabolanti gesta , altri migliaia rimangono uccisi contro draghi e bestie di ogni tipo, oppure preferiscono cedere al vile denaro e diventare mercenari, o magari sono stati esiliati per ordine della stessa principessa che hanno salvato da una tetra fine. Di questi cavalieri, che non riescono nella loro impresa, che non hanno mai ricevuto valore, onore o gloria e che nessuno ne ricorda le virtù, non si conosce neppure il nome. Ma chi dice che anche queste avventure non siano altrettanto accattivanti? Certamente non saranno poemi epici rinomati, ma non sempre è necessaria la grandezza per destare interesse. Son tempi duri, lo ripetiamo da qualche mese, ma purtroppo la situazione ristagna e la vita di tutti i giorni, in questo periodo, rimane piuttosto complicata e ci dona una costante confusione di fondo. Per questo motivo, Il collettivo in questo numero, si impegna ad accogliere le gesta di questi eroi dimenticati, vogliamo mostrarvi alcune storie che, sebbene non ritraggano l’archetipo della leggenda, potranno regalarvi la panacea dei tempi moderni: L’intrattenimento. con affetto Il collettivo Misticanza
MISTICANZA # 15 EDITORIALE
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Kioko Elena Nana
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L’Armata dei Cavalieri Gallinacci Elena maccari Enrico Vezzani
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Falsi Miti Gabriele Bitossi Edoardo Comaschi
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Di Cavalieri, Demoni e Terrore Elena Elaborati
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Cavalleria una poesia di Marco Elaborati Illustrazione di Elena Elaborati
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ILLUSTRAZIONI: Cavalieri Enrico Vezzani Leo Bellei
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CREDITS
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CHIUSA
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CON AMORE
Continua...
L’Armata dei Cavalieri Gallinacci una storia di
illustrazioni di
Elena Maccari Enrico Vezzani
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“L
e galline e i galli mangiano sempre per ultimi, in ogni fattoria che si rispetti questa è la regola, prima i cavalli, poi le mucche, i conigli, le anatre, le oche e altri pennuti, perfino i maiali mangiano prima di noi, ma vi sembra giusto? Questa storia deve finire!” Inizia così, con queste dure parole il discorso di Gallantonio, il gallo più impertinente della fattoria “Piggy Land”. Lui, davanti a tutti i suoi ruspanti colleghi, stufo di sopportare queste ingiustizie decide una volta per tutte di far sentire il suo coco-rocò a gran voce. “Non è possibile, Galluciano non si è ancora ripreso dall’attacco delle spregevoli bestiacce dell’altra sera”. Purtroppo infatti, qualche sera prima, due volpi in cerca di cibo hanno attaccato le povere bestiole e il pollaio ha perso un membro anziano, amico di tutti, il saggio Galberto che non ce l’ha fatta. Galluciano invece, più giovane e agile è riuscito a divincolarsi dal morso di una delle due predatrici, beccandola dritta in un occhio e riuscendo così a costringerle alla fuga. Il fattore, come ogni volta che si verificano queste orribili vicende, il mattino seguente ha esclamato soltanto: “ormai era vecchio, un gallinaccio in meno da sfamare!”. La situazione, diventata ormai insostenibile, doveva assolutamente cambiare. Gallantonio, con il suo bizzarro pennacchio, era determinato a organizzare una rivolta. “Chi mangia sempre per primo? Il
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cavallo, loro sono così grassi e coccolati da quelle orrende creature senza peli ne piume, gli umani fanno schifo e non capiscono nulla, i cavalli non possono volare, non hanno un pennacchio bello come il mio, perché sono così amati?”, dice Gallantonio e aggiunge: “Ci serviremo di loro, proprio dei cavalli, saranno la chiave della nostra rivolta e noi saremo i cavalieri di questa ingiusta fattoria!”. Il piano era ormai architettato, Gallantonio e Galluciano, i più agili e scaltri, a loro dire, avrebbero dovuto sgattaiolare fuori dal pollaio di notte, salire in sella ai cavalli più alti e aspettare fino al mattino seguente l’arrivo del fattore per poi balzargli negli occhi con il becco, proprio come Galluciano aveva fatto con le volpi, ma questa volta con ancor più forza. Sicuramente il fattore avrebbe avuto molto più rispetto di animali cosi potenti e feroci e dal giorno dopo senza alcun dubbio avrebbe portato a loro il cibo per primi. Nella stessa gloriosa giornata avrebbero dovuto attendere le volpi sempre in sella agli alti destrieri, dato che le volpi passavano dalla loro recinzione per entrare nella fattoria, per poi colpirle nella stessa identica maniera. Il piano di Gallantonio sembrava veramente perfetto, peccato non avesse tenuto in conto il becco di Gallinrosetta. Lei era sicuramente la più petulante tra tutte le pollastre, sempre a parer di Gallantonio e Galluciano, voleva partecipare ad ogni iniziativa e metteva in
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mezzo i suoi due piccoli, ormai cresciuti ma ancora senza cresta, Pollalvaro e Pollernesto. I due gemelli si credevano dei galli, ma erano ancora ragazzini, così le rispondeva sempre Gallantonio ogni volta che lei voleva inserire i figli in qualunque vicenda. Questa volta però poteva servire tutto l’aiuto possibile, infondo Galluciano era ancora ferito e alla fine i due galli decisero di comune accordo di accettare l’aiuto proposto. L’armata dei cavalieri sarebbe dunque stata formata da due giovani pollastri e da due esperti galli, uno con un pennacchio vistoso e l’altro ancora malandato, nulla poteva sicuramente andare storto.
La Grande Beccata 6.30 del mattino, i quattro eroi pronti a scattare con i becchi ben affilati. Il fattore sarebbe arrivato da li a poco e tutto era pronto. Intanto però nel pollaio Gallinamelia, la vecchia saggia e purtroppo da poco vedova del buon Galberto, essendo molto agitata decide di condividere con Gallinrosetta la sua preoccupazione: “Co-co, cara non credi che i tuoi pollastri siano troppo giovani per la guerra? Infondo non hanno ancora nemmeno la cresta, per me dovresti andare ad aiutarli!”. Gallinrosetta, dopo quelle parole decide di raggiungere i suoi piccoli, “infondo un becco aguzzo in più
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potrà solo aiutare”, pensava. Euforica e soddisfatta, si dirige in tutta fretta verso la recinzione dei cavalli, ma non si accorge che una volpe stava da tempo nascosta dietro a delle erbacce in agguato pronta ad attaccarli, dato che prima o poi sarebbero dovuti scendere dal dorso dei cavalli. “Chi-chi-ri chi ti ha mandata qui da noi? Chiedono Pollalvaro e Pollernesto, “mamma siamo abbastanza grandi per cavarcela senza di te!”. Lei non riesce nemmeno a rispondere perché proprio in quel momento la volpe scatta fuori dal suo nascondiglio e la azzanna al collo, i gallinacci e i pollastri scattano giù di colpo per salvarla e i cavalli, svegliati da quel fastidioso starnazzio, iniziano ad agitarsi e scalpitare per lo spavento. In quella incredibile baraonda, interviene inaspettatamente la moglie del fattore, che con un fucile cerca di colpire la volpe, mancandola riesce comunque a metterla in fuga, questa
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volta definitivamente. “Ecco brava scappa e non tornare più sai, lascia stare i miei pollastri preferiti che hai già fatto troppi danni qui!” urla la donna, aggiungendo anche, rivolgendosi direttamente ai cavalieri “non credo vi darà più fastidio, ma sicuramente dobbiamo migliorare il vostro pollaio, siete pennuti di tutto rispetto e meritate di stare al sicuro!”. Gallantonio sconvolto rivolge lo sguardo ai suoi compagni di avventura, anche loro increduli, la donna, che aveva con un sol gesto rasserenato i cavalli, invita i cinque eroi a tornare nel pollaio e una volta tornati aggiunge davanti a tutti gli altri polli e galline: “mio marito non capisce niente, gli avevo detto che il vostro pollaio era troppo malandato e cos’è quell’erbaccia alta qua e la, il prato va tenuto bene altrimenti quelle volpi disgraziate si nascondono facilmente in mezzo a voi bestiole”. “Da adesso ci penso io qua, lui è meglio che pensi ai suoi adorati cavalli, che a quanto pare sono ben poco coraggiosi rispetto a voi!”. La donna lancia i chicci e li fa mangiare tranquilli, poi se ne va, lasciando nel pollaio una strana sensazione, la vittoria sicuramente c’è stata ma senza alcuna beccata. Che strana vicenda eppure da quel giorno nessuna volpe è più tornata alla fattoria “Piggy Land” e nessun cavallo ha mangiato prima di Gallinrosetta, e i suoi due pollastri, Gallantonio, Galluciano, la vecchia Gallinamelia e tutti i loro compagni di “splumazzeria”.
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Elena Elaborati
Di Cavalieri, Demoni e Terrore
Di Cavalieri, Demoni e Terrore Eryin avanzava tra la nebbia spessa e a tratti talmente densa che nemmeno la sua spada sarebbe stata in grado di tagliare. Il suo destriero dal manto nero come le tenebre stesse arrancava a fatica sul terreno impervio. I rami degli alberi si allungavano come viscide ed esili mani fino al cielo, oscurando completamente la foresta nella quale il cavaliere, lentamente ed inesorabilmente, andava addentrandosi. Il solo rumore era prodotto dagli zoccoli della sua cavalcatura che ad ogni passo facevano scricchiolare i rami secchi presenti sul suolo. Eryin sospirò e il suo respiro si addensò in una piccola nuvoletta bianca. Faceva freddo, troppo freddo. Un gelo talmente forte da penetrare sin nelle ossa come tanti piccoli spilli appuntiti. Ma il cavaliere non aveva paura, sapeva ciò che stava facendo e ad ogni istante in cui la sua sicurezza vacillava si ricordava perché fosse lì: qualcosa stava decimando gli abitanti della città, agiva di notte e penetrava fin dentro alle abitazioni, lasciando sul suo cammino una scia di cadaveri orribilmente sfigurati. Il mattino precedente era toccato a Sarah, una ragazza di quindici anni. Era stata trovata nel suo letto dalla madre la quale, povera donna, aveva avuto un crepa cuore che non
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le aveva lasciato scampo. La ragazzina era stata ritrovata rannicchiata con le ginocchia strette al petto e la coperta fin sopra alla testa, quasi stesse cercando di nascondersi. Il suo viso, prima giovane e paffuto, era diventato livido e scheletrico, le guance scavate, gli zigomi sporgenti e le labbra viola. Ma la cosa più terribile erano gli occhi: non c’erano più. Al loro posto due crateri neri dai quali era inizialmente colato del sangue, ora rappreso. Eryin aveva a fatica trattenuto un conato di vomito alla vista della piccola Sarah. In quanto primo cavaliere il suo compito era di proteggere gli abitanti della città, ma qualcosa glielo stava impedendo. Quella mattina, prima del sorgere del sole aveva montato in groppa al suo destriero ed era uscita dalle mura della città. Erano ore che marciava ma ancora nessuna traccia della creatura. Più si addentrava tra gli alberi e più l’oscurità la ghermiva in un abbraccio gelido e tetro, quasi fosse la morte stessa ad accoglierla. Poi, ad un tratto, un rumore, seguito da un rapido movimento alle sue spalle. Il cavallo si imbizzarrí e la disarcionò, fuggendo poi in direzione di casa. Eryin rimase ferma, la spada sguainata e stretta in pugno. La sua natura umana, o forse il suo istinto, le dicevano di fuggire il più velocemente possibile, ma il suo temperamento da cavaliere no: doveva restare e porre fine a quella carneficina. 39
Un altro fruscio sempre seguito dal solito movimento. Eryin si voltò di scatto e la vide. La creatura, o meglio l’essere, perché di terreno non aveva niente. Se ne stava davanti a lei, immobile a fissarla. Una figura nera, senza contorni, alto almeno due metri, la testa piegata innaturalmente da un lato, le mani erano talmente grandi da stonare completamente sulla sua figura scheletrica. Non aveva un volto, fatta eccezione per gli occhi: azzurri come il ghiaccio. Eryin li riconobbe subito perché nel villaggio c’era una sola persona con quel colore, Sarah. Quelli erano gli occhi della ragazzina uccisa la mattina prima. Eryin trattenne un grido, strinse ancora più saldamente la spada tra le mani e si preparò ad affrontare la creatura, la quale continuò a rimanere immobile. Il cavaliere attaccò. Si scagliò contro l’essere, la spada pronta ad un potente fendente e colpí. Tutto si poteva aspettare Eryin, tranne ciò che avvenne: la spada passò attraverso il demonio come se fosse un fantasma. La giovane donna non poté credere ai suoi occhi. Riprovò, ancora e ancora, ma senza risultati. A quel punto capí che non avrebbe potuto sconfiggerlo in quel modo. La creatura aprí la bocca, che fino a quel momento Eryin non aveva notato, in un sorriso compiaciuto e terribile, mostrando i numerosi denti bianchi come la neve e appuntiti come lame. Emise un verso che poteva sembrare una risata e avvicinò il viso a quello del cavaliere, piegandosi innaturalmente. Da vicino Eryin notò che gli occhi di Sarah erano 40
stati incastrati all’interno di quelle gigantesche orbite alla bell’e meglio, erano storti e conficcati in profondità, tanto da sembrare quasi schiacciati. Il cavaliere non resistette, gridò e fuggì. Corse attraverso il bosco, inciampò e cadde. Si rialzò il più velocemente che poté perché sentiva quel demonio correre rapido, le lunghe braccia a penzoloni, dietro di lei. La foresta sembrava tutta uguale, non sapeva dove andare, il mostro dietro di lei era sempre più vicino, poteva quasi sentire le sue lunghe ed orribili dita deformi sfiorarle i lunghi ricci rossi. Mentre correva iniziò a togliersi parte dell’armatura: l’appesantiva e le rallentava la corsa. Doveva tornare in città e far evaquare ogni civile, avrebbe chiesto aiuto alla capitale, ma doveva prima sopravvivere. Un ringhio alle sue spalle la fece sobbalzare. L’essere demoniaco era quasi dietro di lei. Presa dal panico si nascose dietro ad un ammasso di cespugli, sperando di camuffarsi tra la fitta nebbia. Si portò la spada al petto e con la mano libera si tappò la bocca. Attese. Sentí i passi zoppicanti del demone proprio dietro di lei, avrebbe voluto gridare ma non poteva. Dai suoi occhi verdi come foglie di quercia scendevano copiose lacrime. Si vergognò. Poi, il silenzio. Il demone si allontanò e svanì. Eryin attese a lungo prima di uscire dal suo nascondiglio. Avrebbe voluto restare al sicuro lì dietro per sempre, come una bambina che ha paura ad uscire da sotto alle coperte durante la notte. 41
Ma non poteva, doveva tornare in cittĂ , aveva un compito. Raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e, lentamente, sporse la testa fuori dal cespuglio. Ed ecco. Due occhi color ghiaccio e un sorriso compiaciuto su un volto di tenebre la fissavano ad un centimetro dal suo. Eryin gridò. E tutto, come era iniziato, finĂ.
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Cavalleria
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di Marco Elaborati
Per qual motivo, di tanti sguardi Proprio sul suo i tuoi occhi dovettero posarsi.
In lui, cui sogni e speranze troneggiavano sul suo animo, Bastò un tichettio d’orologio sopraffino Per spezzare colpi posti sulle spalle E per farlo scivolare da un trono di vesti da stalle,
“
Eretto da stretti parenti dal dolce sorriso Che lo rivolsero fino al loro ultimo respiro. Lì, tale sguardo si ritrovò su di un suolo, Macchiato da stivali d’oro E laddove nessuno sforzò il collo Per seguire il suo tracollo.
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Michelle Reviglio
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Gabriele Bitossi
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Chiusa
Rallegratevi, l’anno è finito, siam fuori da supplizzi, virus e schifo, tra malanni e imprevisti, lesto destreggio, L’anno che viene, forse andrà peggio...