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magazzino di poesia
Atti minimi Dario Goffredo
di sopravvivenza
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spagine
Marcello Buttazzo
spagine - magazzino di poesia - poesia 31
Aprile 2016
Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce
Spagine
Magazzino di poesia
Dario Goffredo
Atti minimi di spravvivenza Note alla lettura di Osvaldo Piliego e Mauro Marino
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ono le parole della veglia, quelle oltre il crepuscolo, quelle che aspettano l’alba. Figlie di notti insonni tracimano dopo silenzi troppo lunghi. Sono così queste poesie di Dario, preghiere laiche, mantra devozionali, conta dei resti alla fine delle feroci battaglie del quotidiano. Nel silenzio del buio pesto la lingua si libera, con la solitudine danzano i fantasmi, ed è ritrovandosi soli che si fanno i conti, con il tempo passato e quello rimasto. È lì che si intravede la fine, qualcosa che somiglia alla morte, alla pace forse.
Cercano cura alle ferite della vita questi versi, inclementi, senza perdono, anelano speranza nell’alba del giorno nuovo. Dopo quelli freddi di un inverno del cuore, attaccati a un ricordo, cognizione di dolore nuovo che si somma a quello atavico.
“Attimi minimi” di sopravvivenza è la sufficiente lotta per “restare viventi”, giusto per citare Houellebecq, è il disincanto dell’età matura, la camminata lenta in una nuova geografia dello spirito in cui la natura e i suoi abitanti diventano simboli, in cui il passo pesante è espiazione, pellegrinaggio ad esplorare se stessi. Parole che sanno di carne lacerata, costretta a cauterizzarsi piano, corpo violato dal vizio che si consuma, che sottrae ossigeno e mi*
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nuti, che attende qualcosa anche minuscola, apparentemente insignificante. Delle piccole cose capaci di muovere tempeste interiori si innamora la sua penna precisa come un bisturi.
Con Dario gli anni non bastano e l’amicizia neanche, questa piccola raccolta è la resa dei conti di una voce trascurata per molti anni. Ricordo che furono le sue prime poesie a farmi intraprendere un approccio nuovo alla scrittura che fino a quel momento era solo su commissione. Con lui ho capito la scrittura come questione personale, come un dovere verso se stessi, un affare privato. La scrittura come soluzione di qualcosa, non elegia del circostante ma piuttosto biopsia. A lui devo molto e lo trovo con lo stesso stupore in queste pagine dopo tanto tempo. Osvaldo Piliego
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Atti minimi di spravvivenza
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Ed è la quiete di una stanza fumosa Il brullo silenzio d'una notte insonne.
Ti trovo ogni giorno da quando ti cerco Da quanto ti cerco lo so io ti trovo E nel trovarti s'ostina il mio cercarti E nel cercarti solo s'appaga il mio trovarti. Vago da fermo per posti remoti Seguito da cani, mostri e gendarmi. Rassetto ogni giorno e arieggio la casa. Ma ogni giorno di nuovi fantasmi S'affolla ogni stanza.
Ogni giorno è perduto e nel nuovo Mai più ritrovato, forse cercato. S'aggiungono nuovi crucci Ad altri già vecchi.
E s'invecchia dunque così? Temuti, tremanti, dementi? Assolti da ogni colpa per mero vizio di forma?
Atti minimi di sopravvivenza
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Mascheriamo assenze con altre assenze medichiamo ricordi con altri ricordi. Il dolore è cauterio al dolore. Cicatrici slabbrate come un appunto veloce, per non dimenticare che siamo stati felici. Ăˆ questo in fondo la vita: accumulare memorie come frasi d'amore scritte sul conto del bevuto.
Ricordati ancora, ogni tanto, che l'hai fatta felice quel giorno, almeno un minuto, al tramonto.
Dario Goffredo
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Cerco spazi di serenitĂ , colmo il silenzio con il disordine naturale dei miei pensieri. Nutro attimi di vuoto, li gonfio a farli esplodere in pozze di fango. Mi sei tornata in mente. Per una frase banale, un rito mai speso, un buono al mercato dei sensi.
Tutto scivolerĂ tra dita ingiallite dal fumo. E un sottile soffio di fiato sarĂ tutto quello che resta. Viaggio leggero e cammnino piano.
Atti minimi di sopravvivenza
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Non sapevamo forse, amico mio, di essere nati a soffrire? È la luce di questa città che ci rende prigione a noi stessi. Luce che brilla su capelli normanni, sul mio astruso profilo di pietra. (Ed ero a Padova nel buio quando all'alba si spengono le luci. Casa di Galileo immersa nel silenzio). Avverto un bisogno di fuga, leggero, amico mio. Lo so, lo so che il sole del Nord non scalda, non scalda abbastanza. E lo so che l'ancora è in mare, ma tornerà il tempo, credimi, per restare vivi.
Dario Goffredo
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In una mattina come questa, calda in inverno, ascolta. Fai in modo di.
In una mattina come questa, quando cammini, fallo bene. Guarda. Osserva. Assorbi.
In una mattina come questa, quando anche il Sud è buono, ringrazia, sii grato a te stesso.
In una mattina come questa, senza tempo, sorseggia un caffè, aggiungi un passo ad un altro. In una mattina come questa.
Atti minimi di sopravvivenza
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Venendo subito al dunque posso dire, con molta umiltà , che non è sprecata una vita appresso al dolore, a seguire le ombre.
Dario Goffredo
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Ho un sopravanzo di nostalgia. Siamo fatti di memoria e non importa chi resta se pensiamo a chi parte.
Costruiamo mausolei con ricordi e souvenir. Cornici ingiallite e foto impolverate, velieri e mosaici di dolore a ricordarci di quando eravamo felici. E le lacrime, le lacrime a innaffiare la pianta della gioia, che cresce nel secco, ma ha bisogno di acqua salata.
Una ciabatta sugli scogli, un'alba arrivata troppo presto, un secondo di troppo attardati a guardare il sole. Sarà un libro che ci salverà , il letto è freddo e triste e io ho un sopravanzo di nostalgia. Atti minimi di sopravvivenza
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Ma portami qui, ora, nel bel mezzo del nulla con la pioggia e il primo freddo dell'anno e mi sentirai respirare. Adesso, io respiro.
Tu dove sei, dove sei andata? Non importa che io lo sappia. Starai godendo anche tu del freddo e di questo cielo grigio? Sei scesa a patti con la vita? Hai trovato fiducia? Quante domande quando ne basterebbe una sola: siamo ancora vivi?
Dario Goffredo
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Il difficile è restare. Andiamo, non si può sempre camminare senza una meta. Vivere per un sorriso può valerne la pena. E poco importano le pene e le gioie, che passano sempre. Tutto passa, il tempo e il dolore. La felicità, quella passa presto. Passano gli anni, passano le auto. Passano le case e gli amori. Il difficile è restare.
Atti minimi di sopravvivenza
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Non posso quello che desidero, sai? Posso soltanto quello che trovo. Vino da poco e poco cibo. Qualche ora serena passata a dormire. Ma è nell'ansia di una notte come questa (una luce al neon su un foglio giallo, l'anima mia che vola lontano, niente da bere) che sono me stesso. Tu prendi quel che ti serve, quel che si salva. Asciugati al sole delle tue paure, delle mie nostalgie.
Ritaglio da un foglio di giornale vite meno noiose. Tu cuci il tuo mondo, dagli colore. Non cedere nulla.
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Il sole in faccia e il caffè caldo. Lascio andare i tumulti e penso a un viaggio a piedi, da fare magari in primavera. Le mie colleghe le ho salutate o forse no, agli amici dico se sto bene o male. Ăˆ tempo di rinascere come le rose in primavera, metter su spine e fiori e andare lontano. Tu scrivi, che io leggo.
Atti minimi di sopravvivenza
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Piango per i vivi, che i morti han pianto abbastanza. Ha un peso la gioia, il dolore è leggero, si nutre di sé. Scava le carni, annerisce l'epitelio, cerchia gli occhi. Conosco gli effetti del vomito: è simile al sesso, se vuoi.
Doloro, mi ottundo, marcisco. Cicatrizzo. Tutto è tessuto cicatriziale, autodifesa di un corpo stremato. Melodramma in technicolor per nonne assonnate, bestemmia triviale da bar. Questo è il mio dolore, amor mio, che m'incateni alle rose. L'esofago è piagato ormai e io vorrei davvero abitare in venticinque stanze.
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Che colori dai oggi al tuo mondo? Il mio è in bianco e nero, come sempre, sfocato. Un po' sghembo ai lati e il centro non è preciso. In alto vola un'aquila ma si scorge a mala pena. In basso anatre e cani che latrano. Hai mai visto la gioia? La mia l'ho persa in quello stagno laggiÚ.
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Insegnami a morire, amore, guidami dove non ci sono strade segnate, perdimi nei tuoi boschi di faggi e castagni. Lasciami indietro, chĂŠ sono lento e stanco, e poi torna a prendermi. Soccorrimi quando perdo il respiro. Parla piano, non mi svegliare.
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La intitolo a te la mia speranza, un cammino di sete, tessuto cicatriziale, una colpa da confessare, un silenzio negato.
Ed è all'alba che si muore.
Il corpo mi mostra i suoi segni, papiro incrostato, lavato e sporcato più volte.
Non si impara una volta ad andare in bicicletta. Sarà come cadere ogni volta da capo. È quando il sole sorge che il cuore si ferma e il corpo muore.
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E questo mio secolo ferito, straziato, di fosfeni malati e insistenti, lampi agli occhi, emicrania, aura che ti circonda, m'ammala. È un secolo nuovo il nostro che di nuovo non ha nulla già vecchio l'odore, la luna più grande, segnali da sogno.
Una gioia grande, un dolore immenso, un giorno da vivere parlando al presente. Il corpo, amore mio, è ferito, abbiamone cura, sia cauto il respiro. Andare per boschi, cercare funghi, spegnere tutto, un giorno soltanto.
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Ăˆ il mattino l'ora di questo, la sera è fatta di sbronze e anime perse nel vuoto.
Lodo molte cose: gli amici e i bicchieri, il riso e il silenzio, il male e il cielo dentro. Le assurde pretese e la luce dell'alba. Lodo il minuto, il piccolo, l'invisibile.
La lama che taglia e le dita, la ruota che gira, la strada lunga, lodo la gioia e la vita.
La mia umanitĂ , che muove a tenerezza.
Atti minimi di sopravvivenza
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Non affrettarti il tempo è fatto di gocce non puoi attraversarlo, non affrettarti. Dimmi di te, del tuo sorriso. Dimmi di boschi e castagne. Dimmi di sogni e parole mal riposti, traditi, caduti. Ascolta, se ho qualcosa da dire, leggi il segno se lo mando. Che tutto sia lento come la posta. Non affrettarti. Le anatre hanno smesso di volare, la pioggia ha preso il posto del sole. Crescono gli angoli di serenità e, da qualche parte, l'aquila è in cielo. Non affrettarti. Metti in fila le parole. Asciuga i colori. Abbi cura di te.
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Lo specchio assorbe e ribalta, se lo guardi negli occhi ti acceca. Avvolgilo in carta d'argento fanne gioiello da portare alle orecchie. Decadi e rinasci, incarni l'inferno nel corpo mutato. Hai tradito tua madre, strizzato la carne e mostrato le ossa.
Un orologio che è rotto s'aggiusta, un ombrello bucato si butta. Fai piano, che mi duole la schiena.
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Dario Goffredo
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C’è suono nella poesia. In ogni verso un canto, l’incèdere del sentire muove all’altro e lo accompagna, parola dopo parola nella temperie sentimentale, nel motivo dello scrivere. Con Dario Goffredo, quel “camminare” l’ho sentito mio, vicino, profondamente simile al mio cercare senso nella poesia. Un movimento vivo, necessario, utile a sanare - a volte – altre, ad accendere/riaccendere il fuoco di ciò che la vita chiama. “Atti minimi di sopravvivenza” appunto ma quanto adatti quando, a fare il battito, è la mancanza, l’inconsolato della sera, l’assolo della notte e ti trovi a nutrire “attimi di vuoto”, “li gonfio a farli esplodere in pozze di fango” scrive Goffredo e noi con lui, leggendolo! Mauro Marino
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spagine - magazzino di poesia 31 Aprile 2016
Il Fondo Verri è in via Santa Maria del Paradiso 8.a a Lecce (cap 73100) telefono 0832-304522 fondoverri@tiscali.it Spagine è su issuu.com/mmmotus https://www.facebook.com/perspagine
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Dario Goffredo è nato nel 1974 vive e lavora a Lecce. È membro della redazione di coolclub.it sue poesie e racconti sono stati pubblicati su riviste e antologie. “Atti minimi di sopravvivenza” è la sua prima raccolta di versi.
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Marcello Buttazzo - Poesie d’amore