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magazzino di poesia

Maria Grazia Palazzo

Da dove

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spagine



Spagine

Magazzino di poesia


spagine - magazzino di poesia - poesia [scritture] n° 36

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce L’Ass. Cult. Fondo Verri è in via Santa Maria del Paradiso 8.a a Lecce (cap 73100) telefono 0832-304522 - mobile 3891252739 fondoverri@tiscali.it marinomauro7@gmail.com

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Maria Grazia Palazzo

Da dove

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A Neal, alla sua innocenza

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Mi sono perso. Chiunque mi abbia visto, prima e dopo, saprà meglio di me cosa è accaduto. Sento un rumore, sordo, nelle orecchie. Ho freddo, ho caldo. Sono solo. Non c’è stato tempo per l’addio. Non ho avvertito il distacco. Devo essermi distratto. O forse sono caduto, da dove non ricordo. Devo essermi addormentato. O sono svenuto. Poi mi sono risvegliato. Ma ero solo…

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Nella calca, nella polvere bianca. Mezzo nudo. Nell’afrore di carne ammassata. In uno schianto di fischio. Sulle rotaie di un treno su cui ero salito. Sono caduto o sono sceso, durante quella corsa.

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Non ricordo bene cosa sia successo. Esattamente credo di essermi perso. Forse quando cercavo di fare la pipĂŹ. Cercavo il posto giusto. E mi sono perso. Addio. Senza un addio.

Da dove


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Padre che sei sparito. Mi stai cercando? Madre che ci hai lasciato a casa, in quel grido di breve malattia, col fiato in gola, dentro una lacrima che brillava, soffocata. Ricordo bene, si. Che mi baciavi e mi stringevi al petto, dicendo, amore mio‌ Ti amo, ti amerò anche dal cielo sempre. Ricordami, sarò sempre nel tuo cuore. Guardando le stelle sentirai il mio amore.

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Le guardavamo insieme nelle notti di calura quando, con i nostri vicini, ci radunavamo tutti, grandi e bambini. Qualcuno aveva messo a disposizione una televisione. E si dormiva insieme, dieci, venti, insieme. Sulle lenzuola sistemate sul tetto della casa di mattoni. Era bello stare fino a tardi svegli‌

Da dove


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Ecco cosa deve essere accaduto. Nel viaggio con mio padre,

silenzioso, partiti dopo aver lasciato mia sorella, con la vicina amica della mamma. Ricordo il suo braccio magro e nervoso che mi ha preso per mano. Siamo saliti insieme su quel treno. Ne sono certo. Siamo saliti su quel vagone.

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Ho ancora un pezzo di pane e un poco di acqua, nel sacco cucito a mano dalla nonna. Mi hai sibilato qualche cosa, guardandomi, senza fermarti troppo, dentro agli occhi. Mi hai detto, chiamandomi per nome, in modo secco, che sono grande.

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Ma ho solo quattro anni, circa, credo. Se sono grande è perché mi è stato detto, ma non ne sono più così sicuro. Certo, ora che il sole non è alto, devo trovare il modo di stare al sicuro. Ho le mani fredde, sudate. Ho voglia del petto caldo di mia madre.

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Mamma che mi stringevi e mi lasciavi il tuo profumo sulla pelle. Mamma, dimmi che stanotte verrai ad aiutarmi. E me la cavo di sicuro. Madre dove sei, madre‌ Madre che mi hai promesso stelle notturne in soccorso, hai dimenticato la promessa? Sono tuo figlio, rispondimi mammina bella‌

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Sono il tuo cucciolo dagli occhi di brace, sono la tua carne ambrata bella, di mirra, di sole. Mamma, forse è quella la tua stella? Puoi vedermi dal cielo? Ora grido, grido più forte il tuo nome. Mammaaa… Mi mordo le labbra per la furia, la rabbia. La tua mancanza mi divora. Mamma ho paura…

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Madre, dammi un aiuto, un indizio. Dimmi soltanto dove sono. Dove vado. Cosa devo fare. A chi dovrò chiedere aiuto, un riparo, un po’ di cibo. La tua focaccia di farina è finita. Aiuto! Mamma… Aiutooo!!! Sono o no il tuo amore?

Da dove


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Madre dal cielo aiuto, aiuto mamma… Non ho più voce. Le lacrime mi soffocano il pianto. Non ce la faccio più a gridare. Sono solo. Solo. Ho soltanto queste mani e i piedi cominciano a far male. Altri cani mi seguono e un vecchio. Ho paura. Corro nella notte fino a un riparo. Ho un piccolo bastone di legno nella mano. Mi accuccio in un angolo. Finché il sonno…

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Avrei bisogno di tornare a casa. Aiuto padre. Come ho potuto perdermi sul treno? Ho un senso di vuoto, una specie di nausea o il bisogno di un improvviso svuotamento. Devo restare calmo. Forse sto per vomitare. Da dove viene questo tremore? La mamma non risponde. E non vedo in lontananza neanche mio padre o qualcuno che somigli alla sua ombra. Solo polvere bianca ed un fetore di morte.

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Resto tutta la notte da solo. Finché mi sveglia un’ alba sconvolgente. In lontananza donne e bambini corrono, dispersi da uomini a cavallo. Rimango fermo, immobile. Acquattato con le ombre che mi fanno compagnia. E qualche filo d’erba. Vicino a me c’è una coccinella.

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Trascorro il giorno cercando sul ciglio della strada tracce di qualcosa che mi indichi la via del ritorno. Ma tutto è nuovo. E c’è un rumore strano di fondo. Un traffico che non avevo mai visto prima, di auto, di moto, di tuk-tuk…Un finimondo!

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Ho sete. Non ho piÚ acqua. Ho male alla pancia. Devo trovare qualche cosa per calmare questa fame. Provo a raggiungere una piazza che vedo in lontananza. Attraverso, non so come, la strada chiassosa. M’infilo dentro un mercato a cielo aperto. Ma qui la gente sembra non vedermi, non vedere niente. Da dove verrà un conforto, un aiuto?

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E cammino. Cammino, col sole ormai alto. Sto per arrendermi di nuovo alla paura. Un uomo si avvicina, mi chiama con strana gentilezza. Mi chiede se ho bisogno di aiuto. Non so se posso fidarmi. Non credo. Corro. Corro nella folla, fino a perdermi di nuovo. Attraverso la strada, salto un muricciolo. Ho le gambe che tremano. Sputo.

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Non so dove sono. Il sole sta calando di nuovo. Mi fermo. Ho recuperato un uovo e un frutto da una donna che assomiglia di spalle a mia madre. Ma sono ancora solo. In una piazza piena di carretti a due ruote. E luci in fondo, intermittenti. Forse è lÏ che mio padre mi sta aspettando. Da dove sbucherà di nuovo?

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Più avanti, salendo in alto, un’altra piazza. Provo a raggiungere quel posto. Forse incontro qualche amico che abita vicino a dove si dormiva insieme, sotto al cielo. Riuscirò a salutare qualcuno che conosco. Forse mi offrirà una piccola focaccia ed una tazza di te caldo. Forse vedremo un film insieme.

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Ma non mi sembra di riconoscere nessuno. Una mano si ferma sulla mia spalla. Non ho il tempo di capire. Mi afferra, mi porta via, senza battere ciglio, con una parola mozza. Ragazzino cosa fai da solo? Rimango ammutolito. Cerco di svicolarmi. Come ti chiami? Devi seguirmi! Alla stazione di polizia troveremo qualcuno che ti aiuti.

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Poi non ricordo piÚ niente. Credo di essere svenuto. Mi hanno fatto tante domande, troppe, anche al mio risveglio. Ho avuto paura. Ho dato loro un nome di fantasia. Cercavo di spiegare cosa deve essere successo su quel treno. Ero partito con mio padre. Devo essermi perduto dove non so. Da dove sono venuto‌

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Devono averlo ripetuto cento volte. Da dove vieni? Volevano una risposta chiara. La mia, dicevano, era confusa. Finché ho perduto le forze. Non so come si chiama il posto da dove vengo. Ricordo solo che era bello. Eravamo in quattro, io mia madre, mio padre, mia sorella, più piccola di me. Chissà dov’è? Starà guardando quella stella?

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Sorellina mia, stai bene? Stanotte dormo al chiuso. Il cielo stasera, se chiudo gli occhi, posso solo immaginarlo. E’ uguale al tuo? Mi hanno dato qualcosa da mangiare ed un lenzuolo su cui dormire. Domani dicono che ci faranno rincontrare. Che devo riposare. Domani dicono che potrò tornare a casa. Lo spero proprio.

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Da dove vengono le voci fuori? La stanza è aperta e si avvicina una donna in divisa. Dice che non devo preoccuparmi. Che andrò in un posto dove ci sono altri bambini. Chiedo di te e di papà. Se lo hanno trovato. Rispondono di non sprecare fiato. Da dove vengono le voci entra la luce del nuovo giorno. Mi dicono di lavarmi in fretta. E di seguirli. Vado. Sei già sveglia?

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Le luci delle case sulla strada, forse, si sono fulminate, alcune sembrano addormentate o si sono spente, una dietro l’altra, come candele tremolanti, a raffiche sparse, lente, dopo una lunga notte piovosa. Il vento ci avrà soffiato così forte sopra che sono esplose, insieme ai fuochi d’artificio dell’ultima festa che ricordo… Tutto sembra essersi fermato. Da dove siamo partiti?

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Il viaggio in auto è una furia, tra strade trafficate, ponti, tratti di campagna, isole di verde, case a due piani. Frenate, curve, sorpassi. Mi gira la testa. Dopo non so quante ore l’auto, finalmente, si ferma davanti ad una casa, fatta di mattoni rossi. Un uomo con una camicia azzurra ed un cappello, risponde da un gabbiotto, dietro un’inferriata nera. Scambia parole brevi con chi mi accompagna. Si, è qui… E poi non riesco a sentire.

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Da dove viene il ragazzino? Da dove? Risponde senza parole, il mio accompagnatore, tirando su le spalle. La signora seduta a fianco a me, dietro al conducente, mi fa uscire di lato. Scendo sul marciapiedi. Ho freddo. Attraverso l’inferriata. Salgo le scale. Lei mi dice di salire.

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Ma “questa non è casa mia”, tento di protestare con la voce che si strozza in gola. “Per ora starai qui, in buona compagnia”, mi risponde la signora. Mi sorride, secca. Mi accarezza sulla testa e dopo poco se ne va. Mi lascia in compagnia di altre due signore ed una corte di bambini intorno che mi guardano fissandomi, interrogativi.

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Uno di loro si stacca dal coro frusciante, mi viene incontro. Fa un gesto di saluto, con il palmo delle mani giunto. E mi accompagna sul tappeto. C’è una televisione! Sento un buon profumo di cucinato. I cartoons intanto vanno a tutto volume. Forse anche qui la notte guardano le stelle. Chiudo gli occhi e sogno di tornare presto a casa.

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Mi accompagnano nella stanza, al piano di sopra, dove siamo almeno in otto, due per letto. Meglio che stare solo, per strada. Domani capirò meglio se la mamma dal cielo ha ascoltato la mia preghiera. Intanto c’è una tv anche qui, da guardare insieme. Ma si, la mamma mi ha ascoltato… Da dove, da quale stella, è tutto da vedere! Se chiudo gli occhi, forse, posso sentirla nel cuore. Forse mi aiuterà a ritrovare quel treno. Sento una voce che mi chiama. Ci faremo buona compagnia io e il mio nuovo amico.

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L’autrice

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Maria Grazia Palazzo è nata in valle d'Itria a Martina Franca nel 1968 e vive a Monopoli dal 2006. E' autrice di Azimuth, LietoColle, 2012 e di altri testi pubblicati in collettanee. E' di prossima pubblicazione In punta di piedi con Terra d'Ulivi.

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14 maggio 2017 Questa raccolta di scritture di Maria Grazia Palazzo la n° 36 della collana Magazzino di Poesia di Spagine è stata graficamente composta e impaginata da Mauro Marino nella sede del Fondo Verri in Via Santa Maria del Paradiso 8, a Lecce. Ogni pagina ha formato 148 per 210 mm i caratteri scelti sono il “Calibri”e il “Georgia”

La raccolta viene pubblicata on line su https://issuu.com/mmmotus e diffusa su https://www.facebook.com/perspagine

L'autore è libero di stampare, diffondere o servirsi in qualunque forma della sua opera, anche nel formato PDF ed utilizzando Internet. Ogni opera dell'ingegno appartiene al proprio autore e non è possibile copiarla o beneficiarne in alcun modo se non debitamente autorizzati.

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