La Contrada del Poeta fogli volanti di poesia spersa
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n°10 Lecce, settembre 2014
La Contrada del Poeta fogli volanti di poesia spersa
n째10 settembre 2014 Fogli volanti di poesia spersa, graficamente composti da Mauro Marino nella sede del Fondo Verri di Lecce Direttore: Maurizio Nocera I fogli sono pubblicati su Spagine (issuu.com/spagine) e stampati in fotocopiatrice a tiratura limitata
La madre di Luigi e la straordinaria collezione di santini del madonnaro che compare in un particolare sulla copertina di questo numero de La Contrada del Poeta
Il laboratorio di Luigi nella casa di Vernole
La Contrada del Poeta fogli volanti di poesia spersa
L’elica variopinta di Luigi De Giorgi madonnaro di Vernole
B
uuuuuummmmmmm!!!! Era quasi la mezzanotte quando, alla periferia di Vernole qualcuno, che stava ancora seduto sulla porta di casa a prendere un po’ di fresco in quest’estate infuocata arrivata con un po’ di ritardo, ha sentito il botto. Ha subito pensato: “Sant’Anna e san Gioacchino miei! Chissà che incidente c’è stato da quella parte della strada che collega Vernole a Calimera. Appena ancora qualche minuto è ha sentito la sirena del 118, e poi ha visto passare davanti a sé la macchina della polizia, e quella dei vigili urbani, e anche qualche altra macchina. Quell’uomo ha capito subito che molto probabilmente c’erano dei feriti e forse anche qualche morto: “Pace all’anima sua, poveretto!”.
Era il giorno di san Brizio (29 luglio 2014), patrono di Calimera, e Luigi De Giorgi il pittarda (trasandato, per via dell’abitudine che aveva di vestirsi come veniva, magari anche con una giacca sopra l’altra, perfino d’estate), conosciuto da molti come il Madonnaro di Vernole, se ne stava tornando a casa con la bicicletta quando, all’altezza dell’ultima curva, dopo la quale c’è subito la periferia del paese, è stato investito da un balordo avvinazzato che conduceva la sua auto a folle velocità. Il povero corpo di Luigi è stato sbalzato di parecchie decine di metri ricadendo infine riverso e morente sul guard-rall. I soccorritori hanno capito subito che per il povero incidentato non c’era più nulla da fare. Aveva la testa e buona parte del corpo aperti a fiore ormai appassito.
di Maurizio Nocera
Gli stessi soccorritori, in particolare i vernolesi, hanno capito subito a chi apparteneva quel povero corpo. Era quello di Luigi De Giorgi, il Madonnaro. L’hanno capito dando uno sguardo al tratto di strada dove era avvenuto l’incidente: letteralmente cosparso di monetine e di santini, prevalentemente di san Brizio. *** La storia dei santini del Madonnaro di Vernole la conoscevano tutti in paese ed anche a Lecce e provincia. Sapevano quali fossero i suoi rituali settimanali, soprattutto d’estate, periodo in cui, in Salento, si registra la maggior parte delle feste religiose paesane. Egli conosceva quasi a memoria tutti i santi segnati sul calendario. Per la verità conosceva anche la vita di quei santi, e conosceva pure di quale paese essi/e fossero patroni o matrone. Per questo, accadeva che, con l’avvicinarsi della festività dedicata a quel tale santo o madonna, egli si recasse dalle “Suore Paoline” di Lecce, per acquistare qualche migliaio di figurine con l’immagine del santo o della santa o della madonna del momento. Con questo suo sacro acquisto se ne tornava poi a Vernole, sempre in bicicletta e sempre attento alla strada per evitare incidenti. Aspettava poi il giorno del santo o della santa per recarsi al paese in cui veniva festeggiato/a e lì disegnava per terra il santo patrono o matrona e cominciava così a donare i suoi santini. Non chiedeva mai dei soldi, ma lasciava che la gente spontaneamente gli gettasse sul disegno qualche monetina. Se ne faceva di strada con la bicicletta, Luigi. A volte arrivava perfino sotto il Capo di Leuca. Per que-
sto stava attento e aveva gli occhi aperti, soprattutto la notte quando, chiusa la festa, se ne ritornava a casa. Egli, aveva una venerazione per la sua bicicletta. Guai a chi gliela toccava. Ne era così attaccato che se la portava perfino in camera da letto, una cameretta, al centro della casa contadina con camere infilate una dietro l’altra, come si usava un tempo. Quella di Luigi era la terza della fila. Entrando dalla porta, che in periferia si affaccia sulla provinciale Vernole-Lecce, occorre attraversare la prima, una sorta di stanza-ingresso, poi la camera della madre, quindi la sua e, a seguire, la cucina e il bagno. Dalla cucina si accede anche a un giardino a canale, lungo lungo, da sempre governato dal fratello Carmelo. Una volta entrato nella sua stanzetta, il Madonnaro si barricava, impedendo al resto dei familiari (familiarmente indicati dai vernolesi come Toremamma) di essere disturbato. Concedeva solo un rapido passaggio da un ambiente all’altro della casa, e anche in questi rari casi, aveva sempre di che protestare. La madre, una donna piccola piccola, molto curvata su se stessa per via dei lavori in campagna, ma soprattutto per quelli domestici (aveva partorito otto figli: quattro maschi e quattro femmine, due delle quali gemelle; poi era rimasta vedova quand’ancora non era diventata vecchia), quando le capitava di dover andare in camera sua per un qualsiasi disbrigo di faccende personali, doveva trotterellare, perché Luigi le gridava dietro: “Ma tu sempre quando io sto qui devi passare?”. Insomma, Luigi il Madonnaro non voleva essere disturbato, perché aveva da pensare molto. Come abbiamo detto, pensava in primo luogo alla sua bicicletta, che spolverava, oliava, lucidava, e perfino baciava. Poi aveva da pensare alla politica: si piccava di essere un politico a tutti i livelli, tanto da fare una parodia di presentazione alla liste elettorali (comunali, provinciali, regionali e nazionali) facendo pure comizi e tanto di propaganda. I vernolesi lo capivano, ci ridevano sopra un po’ e lasciavano fare, tanto Luigi non faceva male a nessuno, e poi il suo sorriso da bambino era tanto innocente da disarmare anche il più astuto degli uomini. Ma soprattutto egli aveva da pensare ai suoi amati santini. Ne aveva accatastati migliaia e migliaia su una parete della cameretta, tutti fascicolati e poi messi in delle buste di plastica. Insomma più che una parete di una camera da letto, quella era diventata la parete delle buste di plastica con al loro interno le figurine che, di tanto in tanto, a qualcuna di esse, forse per via di alcuni automatici assestamenti, capitava di liberarsi e mettere
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fuori in bella vista la propria immagine. Il momento stesso in cui Luigi il Madonnaro è volato in alto nei cieli, subito gli si sono aperte le porte del paradiso e, immediatamente, san Pietro l’ha fatto angelo in attesa dell’ultima decisione di Dio che, forse più in là, avrà tempo di farlo diventare qualcosa di più. Angelicamente sorrideva Luigi, sbirciando dal cielo su quanto stava accadendo nel suo paesello. È così che ha potuto vedere quanta gente seguiva la sua bara: ha visto piangere quello che lo prendeva in giro perché lui portava le giacche fuori misura; e quello che cercava di nascondergli la bicicletta ogni qualvolta Luigi entrava in un bar per farsi offrire il suo immancabile bicchiere di latte quotidiano; e quell’altro che lo apostrofava “presidente” e che ora seguiva il feretro con il capo chino in segno di penitenza e chiedendo perdono. Il Madonnaro vedeva tutti, anche le più alte autorità del paese, e poi quelli come lui, uomini-bambini innocenti, per i quali la vita è un dono e l’amore è il segno profondo di essa. A tutti Luigi De Giorgi volgeva il suo sorriso da bambino, un po’ anche benedicendo e, a sua volta, ringraziando i suoi concittadini per il grande e sincero affetto che gli stavano mostrando. Un sorriso particolare volgeva poi a d. Elio Quarta, parroco di Maria Ss. Assunta che, nella notte in cui aveva benedetto il suo corpo squarciato oltre la linea della strada, non potendo dormire, e spesso con gli occhi che gli piangevano, gli era venuto spontaneo scrivere un accorato bellissimo compianto che, leggendolo, i vernolesi sanno di non poterlo più dimenticare. Questo: Caro Luigi, «vogliamo ricordarti così. Col tuo incedere incerto e inconfondibile, ben abbinato al piglio determinato, qualunque fosse la persona con cui avevi a che fare […] Luigi, colorato e semplice, come i tuoi santini, innocente e insostituibile, nel cuore di tutti. Per il tuo coraggio di inseguire i tuoi sogni di bambino. Disarmante nel cercare di realizzare i tuoi desideri. […] Ripenso a Luigi. Ai nostri dialoghi, mai troppo lunghi, al suo desiderio di accaparrarsi l’ultimo lavoro uscito dalla tipografia, libro, brochure, o locandina che fosse. Il mio tentativo di spiegare, di chiedere di pazientare, che sapevo sconfitto sul nascere. […] Luigi voleva essere un personaggio pubblico: oggi Lutto cittadino per lui e bandiere a mezz’asta, un modo ufficiale di esprimere uno stato condiviso. Per ricordare un fratello povero in Spirito, mai domo per rispondere al richiamo della sua antica passione artistica. Povero, ma pur sempre a modo suo./ Che strana giornata, oggi. Sospesi tra il do-
lore, che tocca ogni vita, e la gioia del Vangelo che un cristiano non può mai mettere tra parentesi. Che strana giornata, oggi, fatta di emozione e di lacrime, ma anche della dolcezza dei sorrisi, tra infiniti ricordi, della paura di Luigi, in quell’ultimo tragico volo, perché lui non voleva morire, e di uno spontaneo senso di solidarietà, che corre sul web, su “Lu Caffa”, come per le vie del Salento, in ogni strada di Vernole. […] Con Luigi va via un pezzo importante del nostro essere famiglia, che ne sarà di tutto questo?/ Riusciremo a riconoscere che, in fondo, nelle cose importanti ha davvero ragione Luigi? Ci lasceremo ancora irretire dal mito dell’uomo che non deve chiedere mai, correndo verso la solitudine da cui vorremmo fuggire, o ci lasceremo ancora affascinare dalla semplicità che appartiene ai piccoli del Vangelo? Lo vedremo, domani./ È appena oggi e ci manca già. Ma stavolta non tornerà a chiedermi una carezza e una benedizione. Vorrei poterlo aspettare e rassicurare ancora, ma stavolta è toccato a me andare su quella strada e, in un misto d’incredulità e impotenza, regalargli l’ultima benedizione. I suoi sogni tenaci di bambino non avranno più il suo volto. […] Se in qualche modo si sono invertiti i ruoli, ora chiedo a Luigi di benedirci, per tornare a sperare, pur tra tanta sofferenza. Ne ha vinte tante Luigi, di battaglie, tutte direi. Questa me la deve: una benedizione che lasci trasparire la forza della vita, una preghiera, anche per chi pensa che pregare non serva o non basti. Con lo stesso stile, per cui tanto si è dato da fare./ Nella Bibbia la memoria diventa testimonianza, e poi racconto e solo dopo testo scritto. Ora “ci raccontiamo” Luigi. Un giorno forse scriveranno di lui, perché altri possano conoscerlo, avere in regalo un sorriso, essere consapevoli che Dio si serve di questi suoi figli per dire a noi, frettolosi e caparbi, di quanta tenerezza abbiamo bisogno, ma in modo imprevedibile e originale, unico./ Grazie, fratello povero abitato dal Cristo. Ti abbraccio, con una lacrima e un sorriso. [Il tuo] don Elio Quarta]». Si tratta di uno dei più commoventi compianti (Stabat filius) che un vivente abbia scritto a un uomo/bambinoangelo volato via per sempre da questo mondo. E si tratta anche di una preghiera che l’uomo/bambino-angelo Luigi ha esaudito. Perché, è avvenuto proprio questo: il parroco guidava il corteo del funerale e Luigi dall’alto benediceva lui e la comunità che ora tanto lo piangeva. Sì, sicuramente il Madonnaro ha dato la benedizione ai vernolesi e a d. Elio Quarta il quale, subito dopo l’inci-
dente, aveva fatto stampare un manifesto affisso per tutta Vernole. Sul quale campeggia un mezzo busto di Luigi, con la coppola bianca in testa, tra le mani un bel pacchetto di santini e, sul suo volto, stampato come quello di un suo caro santino, un sorriso fanciullesco disarmante per chiunque. Sullo sfondo di questo manifesto, sovrimpresso c’è scritto: «Ti rendo lode, Padre,/ Signore del cielo e della Terra,/ perché hai nascosto queste cose ai sapienti/ e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli./ Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Matteo, 11,25). E ancora oltre: «Luigi,/ ricordiamo il tuo modo semplice di richiamare la fede,/ la tua sorprendente costanza nel ricordare le feste dei santi,/ il tuo essere caratteristico, vicino a tutti, perché, in fondo,/ in te c’è una parte di ciascuno./ Ora che il Padre ti ha accolto nella comunione dei santi,/ ti accompagniamo con la nostra preghiera/ tu veglia su di noi e sulla tua famiglia».
Anche il Sindaco (ing. Luca De Carlo) e l’Amministrazione comunale, dopo aver saputo dell’incidente, hanno trovato la forza di scrivere dei versi. Eccoli, pur’essi intensi e commoventi: «Il silenzio di un paese./ La tristezza di una comunità intera./ Lo sgomento di ogni vernolese per aver perso un simbolo, un uomo dalla mente semplice, conosciuto ovunque e ben voluto da tutti, un amico, protagonista della nostra quotidianità./ Ciao Luigi/ Ci mancherà la tua presenza, la tua voce, ogni tuo singolo gesto, il tuo amore per Vernole, la tua semplicità, la tua arte./ Non bisogna per forza essere degli eroi per rivivere gli onori istituzionali.// L’Amministrazione Comunale si associa al dolore della famiglia e facendosi portavoce di un sentimento comune proclama un giorno di Lutto Cittadino e le bandiere a mezz’asta per oggi giorno delle Sue esequie.// Il Sindaco/ e/ l’Amministrazione Comunale».
E un poeta, amico del Madonnaro, ha trovato la forza e la passione di scrivergli dei versi con la sua stessa lingua, il vernolese: «Luigi// e na fatti fessa tutti quanti/ e te ‘da sciutu cu li santi…/ auru ca figurine/ te le suore paoline/ sta fiata suntu quiddhri veri/ e nu servenu fiuri o ceri…/ sta te dàune la manu/ te ccumpagnanu chianu chianu/ giustu cu nu te ‘mpauri…/ suntu beddhri suntu puri/ e tie mmienzu a iddhri…/ e cònzate ddhri capiddhri…/ la giacca sempre ‘mpisa cchiui nu ‘mbale/ moi te toccanu
le ale…/ ormai sinti angelu te paraisu/ e ieu vardu lu cielu/ e me sentu nu fessa ‘mpisu…/ tie statte tranquillu nu te preoccupare/ ca lu latte te lu fazzu ttruare…/ sia ca tocca caminu/ sacci ca suntu lu ‘ntoni…/ egnu… te ttrou…/ e ni facimu do risate sutta li lampioni… (- lu ‘ntoni rizzu -)» (Antonio Rizzo).
Anche la stampa, in particolare il «Quotidiano di Lecce» ha dedicato parole toccanti all’indirizzo del Madonnaro di Vernole. Lo stesso giorno del funerale, Maria Grazia Fasiello, nel suo “pezzo” Lutto cittadino per Luigi, “eroe” dalla mente semplice, scrive: «Aveva “vinto” le ultime elezioni europee ed era diventato “presidente d’Italia e del mondo”, con milioni di voti raccolti nelle urne della sua città. La realtà era esattamente come la voleva lui, semplice come i volti di quei santi disegnati con i gessetti colorati nelle piazze dei paesi di Provincia. Da Acquarica a Calimera, da Lecce a Torrepaduli. Sempre a bordo della sua bicicletta, a macinare chilometri per raggiungere le feste patronali del Salento. I suoi ultimi istanti si possono immaginare con una pioggia di santini e monetine, nel buio pesto della strada provinciale Verniole-Calimera dov’è stato trovato il suo corpo senza vita. […] Luigi De Giorgi, 49 anni, era un eroe a modo suo, un artista molto conosciuto, le cui foto erano comparse su articoli, mostre e riviste. Se ancora esistesse l’invenzione delle leggende, il madonnaro di Vernole sarebbe una di quelle, con quel risvolto tragico che hanno tutte le storie verosimili. Doloroso come un pizzico che distingue il reale dal sogno. Nella sua fantasia, si era candidato a tutte le tornate elettorali possibili e immaginabili. La sua era la lista in più, la lista fantasma che non compariva sulle schede ufficiali del Ministero. Ogni, però, qualcuno dei suoi concittadini gli accordava una preferenza che si trasformava in un sorriso aperto e sincero fuori dai seggi. Andava in giro mostrando a tutti i fogli su cui venivano stampati i risultati segreti della Prefettura, quelli che nessun telegiornale avrebbe mai dato. Ma che lo rendevano una volta presidente d’Italia, un’altra sindaco di Vernole, un’altra ancora sindaco d’Europa. Attendeva la fine dei comizi per salire sul palco e dire la sua. Ore intere a fare il verso ai discorsi dei politici, a spiegare come si poteva cambiare il Paese “e forse anche un po’ San Foca”, il micro mondo a due passi da casa».
E in aggiunta, ma non come finale perché sul web corrono ancora tante e tante altre emozioni rivolte al po-
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vero Madonnaro di Vernole, è stato bello e sorprendente registrare domenica 3 agosto a Lecce, in piazza sant’Oronzo, presente l’intera sua famiglia con la piccola madre seduta su una sedia a rotelle, una toccante iniziativa a cura dell’Osservatorio “Torre di Belloluogo”, la cui presidente prof.sa Carla De Nunzio ha letto un ricordo del povero Luigi, e il M.° Beniamino Piemontese, gli ha dedicato l’Ave Maria di Bach con alcuni squilli della tromba.
Sto per congedarmi dalla piccola madre di Luigi, abbandono la cameretta del Madonnaro e ancora una volta osservo l’impronta sulla quale fino a qualche ora prima c’era il suo letto. Più che un’impronta è una macchia, quella del dolore dell’umanità per la morte di un povero uomo-bambino innocente che aveva sorrisi per tutti e a tutti donava i suoi santini. Quando arrivo quasi sulla porta d’ingresso, noto su una mensola un vaso con una pianta sempre verde. Chiedo se è stata portata da qualcuno per la tomba del Madonnaro. Il fratello Carmelo risponde: “No, non l’ha portata nessuno. È l’ultimo regalo che ci ha fatto Luigi appena il giorno prima di morire”. Poi, appena fuori la porta, davanti alla casa, vedo l’ape con sopra il letto del Madonnaro. Allora capisco veramente che questo uomo-bambino non c’è più, che sicuramente dal cielo sta osservando anche me e Alessandro Turco, suo compagno di classe alla prima elementare: ci sorride e ci fa segni con un santino in mano come per salutarci. Nell’altra mano però ha un’elica giocattolo, quella che i genitori comprano ai bambini nei giorni delle feste patronali. È un’elica variopinta, che credo di aver intravisto nell’ingresso del giardino canale lungo lungo della casa di Luigi. Ad un certo punto, stranamente, mentre a piedi corro verso l’orizzonte imbiancato del Salento, vedo accanto a me, in corsa anche Lui, il Madonnaro col volto dipinto con i mille colori della sua elica. La strada che percorriamo è quella che dalla piazza porta al cimitero. È tutta dipinta alla moda dei madonnari dai giovani vernolesi con gli stessi gessetti usati anche da Luigi. Il primo: un angelo il cui capo è sovrastato da un’iride e la scritta «Buon viaggio/ Luigi». Ecco. Ora, anche per me l’universo è diventato tutto un colore, anzi molti colori, sicuramente tutti quelli dell’iride, che sono poi i colori di Luigi De Giorgi il pittarda, Madonnaro di Vernole.
L’elica variopinta nell’ortale della casa di Luigi a Vernole
Gli articoli apparsi sul Nuovo Quotidiano di Puglia mercoledĂŹ 30 luglio Nelle pagine successive quello di giovedĂŹ 31 luglio e quelli che documentano i funerali di Luigi De Giorgi
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“È appena oggi e ci manca già”
don Elio Quarta
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Parrocchia Maria Ss. Assunta di Vernole
Vogliamo ricordarti così. Col tuo incedere incerto e inconfondibile, ben abbinato al piglio determinato, qualunque fosse la persona con cui avevi a che fare: qualunque autorità religiosa o civile non poteva minimamente frenare i tuoi propositi. Con il tuo viso infantile e sorridente con cui era impossibile arrabbiarsi e, al contrario, capace di strappare un sorriso, sempre, alle vittime della tua caparbietà, tutte più o meno incapaci di porre un limite alla determinazione, con cui irrompevi come un fiume in piena. Nessun pericolo però, niente da temere: semplicemente non si può resistere a lungo alla simpatia. Luigi, colorato e semplice, come i tuoi santini, innocente e insostituibile, nel cuore di tutti. Per il tuo coraggio di inseguire i tuoi sogni di bambino. Disarmante nel cercare di realizzare i tuoi desideri. E allora spazio ai comizi. Sempre in lista, sempre numero uno, vincente, che fosse la Camera o il Senato, il Comune o la Regione, la Puglia o la “Basilicata”, Luigi Presidente, per cambiare l’Italia, “can u se capisce nienti”. Mi chiedo se il mondo che chiamiamo normale poi
lo è davvero: il Regno di Dio è quel mondo nuovo a cui tutti aspiriamo, una terra promessa in cui trovare terre nuove e cieli più puliti, in cui avrà stabile dimora la giustizia e che ama si sentirà riempire di senso. E ripenso a Luigi. Ai nostri dialoghi, mai troppo lunghi, al suo desiderio di accaparrarsi l’ultimo lavoro uscito dalla tipografia, libro, brochure, o locandina che fosse. Il mio tentativo di spiegare, di chiedere di pazientare, che sapevo sconfitto sul nascere. Che strana giornata, oggi. Noi, ancora una volta tenuti insieme, come paese e comunità, da questo piccolo grande uomo, in cui ciascuno può trovare qualcosa di sé, Luigi voleva essere un personaggio pubblico: oggi Lutto cittadino per lui e bandiere a mezz’asta, un modo ufficiale di esprimere uno stato condiviso. Per ricordare un fratello povero in Spirito, mai domo per rispondere al richiamo della sua antica passione artistica. Povero, ma pur sempre a modo suo. Che strana giornata, oggi. Sospesi tra il dolore, che tocca ogni vita, e la gioia del Vangelo che un cristiano non può mai mettere tra parentesi. Che strana giornata, oggi, fatta di emozione e di lacrime, ma anche della
La madre e il fratello di Luigi De Giorgi con Maurizio Nocera in una fotografia di Alessandro Turco
dolcezza dei sorrisi, tra infiniti ricordi, della paura di Luigi, in quell’ultimo tragico volo, perché lui non voleva morire, e di uno spontaneo senso di solidarietà, che corre sul web, su “Lu Caffa”, come per le vie del Salento, in ogni strada di Vernole. Perché Luigi è un po’ di tutti noi, unico e originale e in fondo porta in sé qualcosa di noi tutti. Proprio per questo gli appartiene la facoltà di poterci unire. Ancora una volta. Come un’unica famiglia. Poi un senso di paura mi scuote: è pericoloso perdere i segni e ancor più dimenticare i simboli. Con Luigi va via un pezzo importante del nostro essere famiglia, che ne sarà di tutto questo? Riusciremo a riconoscere che, in fondo, nelle cose importanti ha davvero ragione Luigi? Ci lasceremo ancora irretire dal mito dell’uomo che non deve chiedere mai, correndo verso la solitudine da cui vorremmo fuggire, o ci lasceremo ancora affascinare dalla semplicità che appartiene ai piccoli del Vangelo? Lo vedremo, domani. È appena oggi e ci manca già. Ma stavolta non tornerà a chiedermi una carezza e una benedizione. Vorrei poterlo aspettare e rassicurare ancora, ma stavolta è toccato a me andare su quella strada e, in un misto d’incredulità e impotenza, regalargli l’ultima benedizione. I suoi
sogni tenaci di bambino non avranno più il suo volto. Amo pensare, parafrasando Giovanni Falcone, che i suoi sogni cammineranno sulle nostre gambe, o almeno su quelle di chi avrà il coraggio di essere più autentico e più vero, che poi vuol dire anche più umile. Se in qualche modo si sono invertiti i ruoli, ora chiedo a Luigi di benedirci, per tornare a sperare, pur tra tanta sofferenza. Ne ha vinte tante Luigi, di battaglie, tutte direi. Questa me la deve: una benedizione che lasci trasparire la forza della vita, una preghiera, anche per chi pensa che pregare non serva o non basti. Con lo stesso stile, per cui tanto si è dato da fare. Nella Bibbia la memoria diventa testimonianza, e poi racconto e solo dopo testo scritto. Ora “ci raccontiamo” Luigi. Un giorno forse scriveranno di lui, perché altri possano conoscerlo, avere in regalo un sorriso, essere consapevoli che Dio si serve di questi suoi figli per dire a noi, frettolosi e caparbi, di quanta tenerezza abbiamo bisogno, ma in modo imprevedibile e originale, unico. Grazie, fratello povero abitato dal Cristo. Ti abbraccio, con una lacrima e un sorriso.
* Parroco di Vernole
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La madre di Luigi De Giorgi in una fotografia di Alessandro Turco
«» LUIGI
E na fatti fessa tutti quanti e te ‘da sciutu cu li santi… auru ca figurine te le suore paoline sta fiata suntu quiddhri veri e nu servenu fiuri o ceri… sta te dàune la manu te ccumpagnanu chianu chianu giustu cu nu te ‘mpauri… suntu beddhri suntu puri e tie mmienzu a iddhri… e cònzate ddhri capiddhri… la giacca sempre ‘mpisa cchiui nu ‘mbale moi te toccanu le ale…
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ormai sinti angelu te paraisu e ieu vardu lu cielu e me sentu nu fessa ‘mpisu… tie statte tranquillu nu te preoccupare ca lu latte te lu fazzu ttruare… sia ca tocca caminu sacci ca suntu lu ‘ntoni… egnu… te ttrou… e ni facimu do risate sutta li lampioni… (- lu ‘ntoni rizzu -)
Antonio Rizzo
Luigi De Giorgi con una sua opera
Luigi De Giorgi in un ritratto pittorico
«» TE LA STA RITI MOI
Te la sta riti moi cu li angeli e li santi alla facce te nui, tutti quanti senza scundi cu la manu drhi do’ tienti nu c’è bisegnu chiui, nu serve a nienti tuttu neu a drha subbra t’aune fattu robbe bone te gran sartu te le scarpe alla camisa bianca e liscia tisa, tisa lu cappieddrhu e li quasetti causi nei e do’ fazzuletti. Tutti quanti moi te stringenu la manu puru quiddrhi ca a qua’nterra te scansanu; mo’ profumi te rosa e te lavanda fiuri e abbracci a ci chiui te manda. Tanti gissi colorati fatte tare c’è nu cielu cussì rande te pittare. Te Matonne, te Angeli e te Santi inchi li cieli tutti quanti. Ogni tantu, però, nu te scerrare ci simu nui quassutta te iutare mo’ ca sì nu veru Sinnicu e Presidente t’aune votatu tanti, tutta la gente cumanda a ogni cristianu cu nu tira arretu mai la manu quandu ‘ncete te iutar ci ae bisegnu pe’ campare. Perdunande comu sulu tie sapii fare cu drhu sorrisu fattu apposta pe’ mbrazzare. Piero Tramonte
PERCENE TANTA PRESSA
Percéne tanta pressa cu lassi stu paìse? eppuru, la sapìi, eri unu de li mejiu! Hai creatu, a mienzu a nui, na sorta de traùjiu appena la notizia dhra notte a quai se ntise. Nù b’era sulamente ca ìa muertu nu cristianu, la mente rifiutàa cu accetta sta sventura, lu fattu ca nù nc’eri già de qualche ura, intru a nu fiàt passàu de manu a manu! Nu nnùticu s’ha fermatu a ncanna a tutti quanti, puru a cinca a vita t’ha calculàtu …nienti, se mpizzi ricchia toa su’ sicuru ca li sienti puru ca moi stai a ngiru a mienzu a tanti santi. Nù nc’è chiùi presidente, nù nc’ete sonatore nù nc’ete cinca dice, de fiaccu o cu le bone, “tie sinti amicu miu”…oppùru “tie hai scire alla prigione”, senza cu uardi a nfacce ci' sintìa ste palore. Mo’ ula intru alli santi…ula a mparadìsu, se puèti, a Santu Pietru falli lu ritrattu, oppùru nu dispiettu de quiddhri ca hai già fattu, e poi fanne sapìre cce bete ca ha decisu! E poi fanne nu comiziu e sbàttili lu pede, mòstrali la carta cu li risultati, dilli a tutti quanti ca l'hai...sconfittàti, ca gente comu a tie a dhra mera nù nci nn'ete! Parìi na cosa sciunta, na cosa ca era de chiùi, na cosa ca, per casu, a quai s’ìa truàta e invece moi ca Diu de quai ne l’ha purtàta ne manca comu cosa ca ha nata insieme a nui. Percène tanta pressa cu lassi stu paìse? eppuru, la sapìi, eri unu de li mejiu! Livio De Carlo
I vestiti nella stanza di Luigi
Luigi sulla cassarmonica dirige la banda
Luigi De Giorgi in un ritratto fotografico
Luigi De Giorgi ritratto con palloncino e cravattino
La contrada del poeta è composta in QuarkXPress con caratteri Adobe Garamond Pro; Arial e Bodoni MT. La testata è composta con Cooper Std Black Il Fondo Verri è in via Santa Maria del Paradiso 8.a a Lecce (cap 73100) telefono 0832-304522 fondoverri@tiscali.it
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La Contrada del Poeta
in morte di Luigi De Giorgi, Piazza S. Oronzo, Lecce 3 agosto 2014. Iniziativa dell'Osservatorio Torre di Belluoluogo di Carla e Beniamino Piemontese
fogli volanti di poesia spersa a cura di Maurizio Nocera