Liber tertius
Una rubrica a cura di Fabio A. Grasso
La gioia visiva del coro ligneo della Cattedrale di Gallipoli
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Fra le molte gioie visive della nostra storia dell’arte, quella del coro ligneo della cattedrale di Gallipoli potrebbe nasconderne una tanto inaspettata quanto non ancora scritta nella sua interezza: la maestria di Giorgio Aver, ebanista tedesco e di Gaetano Carrone, noto scultore di pietra e non solo forse.
I
Giorgio Aver e Gaetano Carone
del legno e della pietra
n un surreale capitombolo, l’aspetto più intrigante della ricerca storico-artistica, che sempre di bellezza si occupa, è nei percorsi lunghi, brevi, contraddittori che collegano due punti ovvero un’opera e il suo probabile autore. In quel contesto, in modo ancora più surreale, il diletto principale, secondo alcuni, è però nel percorso prima ancora che nel risultato finale; quest’ultimo viene fatto coincidere da altri con l’identificazione di un nome. In questo senso potrebbe essere utile affrontare una curiosa vicenda d’arte. Cosa lega, ad esempio, la cattedrale di Gallipoli (Lecce) con la chiesa che fu dei Domenicani nella medesima città? Opere di scultura, prima di tutto, e poi i nomi di due artisti, per non fare un torto ai più fedeli di una consolidata tradizione, quelli di Giorgio Aver e di un membro della famiglia dei Carrone, Gaetano in particolare. Il primo fu ebanista di origine tedesca, stabilitosi e ammogliatosi a Gallipoli; il secondo, ricordato come scultore di pietra, proveniente da Corigliano
d’Otranto (Lecce). Una altrettanto consolidata letteratura storica assegna al primo la realizzazione del coro e del pulpito, entrambi lignei, entrambi nella cattedrale di Gallipoli; in più al medesimo, su base documentaria (si veda fra gli altri: M. CAZZATO, «Aver», in Lecce e il Salento. I centri urbani, le architetture e il cantiere barocco - a cura di V. Cazzato e M. Cazzato; con la collaborazione di Vita Basile -, De Luca Editori d’Arte, Roma 2015, vol. 1, 593), si riconosce l’altare dedicato a san Domenico nella chiesa del Rosario, sempre nella stessa città. Di Gaetano possono tornare utili due note opere autografe: l’altare di San Giovanni Battista nella matrice di Maglie (Lecce), datato 1706, e l’altare di San Nicola nel transetto destro della parrocchiale di Corigliano d’Otranto, datato 1716. Il suo nome, infine, compare fra le maestranze impegnate nella costruzione del convento di Santa Teresa a Gallipoli (costruzione: 16871690; C. CASOLE, Il Monastero delle Carmelitane scalze di Gallipoli, Manduria, Tiemme,
Di Gaetano Carone possono tornare utili due note opere autografe: l’altare di San Giovanni Battista nella matrice di Maglie (Lecce), datato 1706, e l’altare di San Nicola nel transetto destro della matrice di Corigliano d’Otranto, datato 1716.
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Tutte le foto, realizate da Fabio Grasso, raffigurano il coro ligneo della cattedrale di Gallipoli
#Libertertius 1992, 95) ma senza associarlo all’esecuzione di dea, pezzo erratico, collocata provvisoriamente oggi, scendendo in cripta, a ridosso della parete un’opera in particolare. perimetrale della scala destra. Fra le più significative, riconducibili a Gaetano, Per quanto riguarda ancora Gaetano un altro vogliamo ricordarne soprattutto alcune. suo altare (con caratteristiche formali simili a Il portale meridionale della cattedrale di Otranto quanto di tale artista accennato in precedenza) (quello verso il cortile dell’attuale palazzo arci- è quello recentemente montato nella chiesa vescovile) - caratterizzato da una decorazione dell’Addolorata a Corigliano d’Otranto; nella nicscultorea riferibile, per via dello stemma sommi- chia centrale di esso è una statua raffigurante
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sant’Antonio da Padova con il Bambino. Quest’ultima scultura a figura intera è attribuibile al coriglianese Antonio Fiorentino (per maggiori dati biografici su quest’ultimo artefice tra cui gli estremi, Corigliano d’Otranto 1633 – 1673, si veda: G. O. RUSSO, Corigliano d’Otranto Memorie dimenticate, Lecce, Del Grifo, 115 - 119). Un caso interessante è, inoltre, quello della presenza di Gaetano Carrone a Gallipoli dove, come qui già segnalato, lo scultore è ricordato
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tale, in termini più generali, all’episcopato, 1690 - 1719, di Francesco Maria De Aste- esecutivamente ricorda proprio le forme di Gaetano. Le figure che compongono tale opera nella sua interezza, infatti, benché fortemente corrose dagli agenti atmosferici, hanno quelle caratteristiche stilistiche che si riscontrano nell’altare autografo a Maglie. A questo scultore ricondurrebbe, nella stessa cattedrale otrantina, lo stile di una corona lapi-
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La committenza di tale vescovo non si esaurì però tutta nella costruzione di convento e chiesa; l’alto prelato, infatti, portò a compimento anche la facciata della cattedrale di Gallipoli.
Nulla di chiaro è finora in merito alle maestranze che lavorarono a questo secondo cantiere (poco distante dal convento stesso di Santa Teresa) ma, considerando che la committenza è la medesima (lo stemma del vescovo de la Lastra è scolpito proprio sopra la porta principale della cattedrale) così come pure i tempi («1696» è l’anno inciso a cifre arabe sulla parte sommitale destra della facciata principale), non si può escludere che nella costruzione della parte superiore della facciata (della cattedrale) siano state reimpiegate le stesse maestranze che intervennero proprio in Santa Teresa (ricordiamo ancora che sulla porta laterale del convento si legge, sempre inciso, ma a cifre romane «1690») e fra queste proprio Gaetano Carrone.
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(C. Casole, Il monastero delle Carmelitane Scalze di Gallipoli, Manduria, Tiemme, 1992, p. 95) come uno degli artefici presenti nella costruzione della chiesa di Santa Teresa voluta dal vescovo della diocesi di Gallipoli Mons. Antonio Perez de la Lastra (episcopato: 1679 – 1700). All’interno della chiesa, contrariamente a quanto ritenuto fino ad oggi, solo in due altari, di fatto, si potrebbe riconoscere l’intervento formale di Gaetano e forse di qualche suo aiuto. Essi sono: l’altare maggiore e, sempre nella medesima, quello laterale (parete destra entrando nella chiesa dalla porta maggiore) con lo stemma scolpito del vescovo committente (tali opere sono state modificate in tempi più recenti in alcune loro parti); datato 1690 - e come le precedenti opere, pure stilisticamente vicino all’altare del Battista a Maglie - è il composito fastigio del portale laterale di accesso alla chiesa conventuale con epigrafe e stemma del prelato che quest’edificio volle.
#Libertertius All’interno della cattedrale, nel coro, gli scranni lignei sono ricordati come opera di quell’intagliatore tedesco stabilitosi a Gallipoli, Giorgio Aver, cui si attribuisce anche il pulpito ligneo nella medesima chiesa.
Non solo. All’interno di questa stessa cattedrale, nel coro, gli scranni lignei sono ricordati come opera di quell’intagliatore tedesco, già qui citato, stabilitosi a Gallipoli, Giorgio Aver, cui la tradizione attribuisce anche il pulpito ligneo nella medesima chiesa (la prima pietra del coro fu posta nel 1706, l’ultima nel 1707: http://www.cattedralegallipoli.it/il-coro-ligneo-del-settecento/; B. RAVENNA, Memorie istoriche della Città di Gallipoli, Napoli, presso R. Miranda, 1836, 335). In quanto al solo coro ligneo, allo stato attuale delle ricerche, non è stato possibile chiarire e verificare ulteriormente la notizia che G. Aver ne sia l’autore (pulpito e coro sono stilisticamente differenti: più essenziale il primo nelle linee, ricco e articolato il secondo). Andrebbe rilevato, in più, come il disegno degli intagli lignei del coro (il carattere articolato, frastagliato, a tratti esasperatamente umbratile delle foglie, ad esempio) non meno che il volto d’angelo posto sopra il grande, centrale stemma vescovile - quello del successore di Mons. de la Lastra ovvero Mons. Orazio Filomarino (episcopato: 1700 – 1741) - ricordano proprio le sculture realizzate da Gaetano
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Carrone le cui forme, come si ricordava qui, sembrano apparire anche nella facciata superiore della cattedrale gallipolina in più punti (ad esempio ai lati estremi, a destra e sinistra, del prospetto principale e del finestrone centrale e meglio ancora nel volto angelico che domina la grande nicchia centrale sopra la porta maggiore dell’edificio sacro).
Non si può escludere, quindi, e ciò su base stilistica, che soprattutto Gaetano, oltre che sulla facciata principale, abbia fornito i disegni per il coro ligneo della cattedrale eseguito poi da G. Aver (?) o, meglio ancora, addirittura proprio da quel Carrone e i suoi. Si rileva inoltre che le forme presenti nel citato altare di San Domenico differiscono in modo sostanziale (come concezione compositiva) da quelle presenti nel detto coro ligneo ed è proprio questa diversità a spalancare ancora di più la finestra verso l’ipotesi qui proposta e costruita attorno al nome di Gaetano Carrone. Interessante sarebbe avere, inoltre, una conferma di questa ricostruzione perché dimostrerebbe che quel Carrone fu anche intagliatore di legno oltre che di pietra. Si approfondirà la questione; ed è questo solo l’inizio di un nuovo, lungo viaggio.
Fabio Grasso
Si ringrazia per la collaborazione la Diocesi di Nardò - Gallipoli.
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E, infatti, alcuni dei volti d’angelo (ma anche la decorazione vegetale più in generale) presenti su quella parte della facciata della cattedrale ricordano da vicino la struttura formale dei motivi simili riscontrabili, ad esempio, nell’altare di San Giovanni Battista a Maglie, opera autografa di Gaetano come già ricordato.