Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A.Verri
della domenica 10 - 29 dicembre 2013 - anno I n. 0
spagine
Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri
Antonio Leonardo Verri ritratto da Fernando Bevilacqua
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Lecce, 29 dicembre 2013 - spagine n° 0 - della domenica 10
Diario politico
Se muore la Provincia di Lecce evviva la Regione Salento
Immaginarci al futuro O di Gigi Montonato
rmai la stampa dà quasi per scontato l’abolizione delle province. Per risparmiare soldi, dicono. Non ne siamo persuasi, sia che le aboliscano e sia che, abolendole, si risparmi davvero. Stante la Costituzione della Repubblica, quella che si dice la più bella del mondo, che i magistrati per protesta contro chi la voleva in qualche punto ritoccare agitavano come a Pechino le Guardie Rosse agitavano il libretto di Mao, le province non si possono toccare (artt. 114, 118, 128 e sgg.). La Costituzione non è a convenienza; e, data la sua rigidità, non si presta a manipolazioni pragmatiche: o la si rispetta o non la si rispetta. Ma, per comodità di ragionamento, mettiamo che le province, con o senza la Costituzione, vengano abolite. Quanto lo Stato risparmierà dalla loro soppressione, stando a quanto si dice, è solo questione di numeri; tutti concordano che lo Stato risparmierà. Abbiamo ragione di dubitare, e non perché abbiamo competenze tali da opporre cifre a cifre, ma perché non sono credibili quelle proposte dai cosiddetti esperti. I quali, molto spesso, in Italia, fanno i conti a metà, per la metà che più conviene ai loro ragionamenti. Nessuno si chiede che cosa accadrà con l’abolizione delle province e quali potrebbero essere le conseguenze amministrative, politiche ed economiche. La Fornero, ministra del lavoro, fece la riforma delle pensioni e, come il diavolo, fece la pentola ma non il coperchio e si ritrovò dopo la legge con un problema che ancora grida vendetta, quello degli esodati. Per dire che qui in Italia si inciampa perché prima di intraprendere un percorso nuovo nessuno ne esamina i luoghi e le problematiche. Quanto al risparmio, è da tre anni che lo Stato per risparmiare non fornisce più i servizi di una volta; e di benefici non se ne sono visti. Chi non si è accorto che giustizia, sanità, istruzione, ambiente e paesaggio, trasporti hanno perso efficienza, dopo tagli di tribunali, ospedali, scuole, soprin-
Una carta della Terra d’Otranto dall’ Atlante Geografico dell'Italia - Milano Francesco Vallardi Editore, 1868.
tendenze, treni, strutture e personale? Dunque, gli italiani hanno bisogno di prove concrete, che finora nada. Nessuno ha visto una minchia di niente, direbbero i nostri cugini in loquela siciliani. In realtà la soppressione delle province è un’altra allucinazione collettiva, un fare tanto per fare, perché non si dica che non si fa niente. Paradossalmente si dovrebbero abolire le regioni, non foss’altro che per quanto i loro governi e le loro rappresentanze istituzionali hanno dimostrato in questi anni: inefficienza e sperpero di danaro per vana ostentazione di lusso e di ricchezza e per vergognosi usi e abusi personali. Non è forse andata avanti lo stesso l’Italia nei ventidue anni in cui le regioni non c’erano? Anzi, se ben guardiamo, i guai finanziari italiani hanno le radici negli anni Settanta, dopo l’istituzione delle regioni. Le risorse accumulate col miracolo economico degli anni Sessanta sono state sperperate negli anni Settanta. E, invece, di prendersela con chi è responsabile del disastro, la classe politica, inefficiente e inefficace,
se la prende con le povere province. Non è questione di campanilismo o, ad essere onesti, pure. Ci chiediamo noi salentini: che cosa accadrà con l’abolizione della Provincia di Lecce sul piano di tutte quelle competenze che ancora oggi sono della provincia, così come previsto dalla Costituzione? Se già prima le proteste per il baricentrismo, che non deriva da baricentro, ma dalla tendenza di Bari di accentrare tutto, erano forti e i sostenitori delle esigenze salentine invocavano l’istituzione della Regione Salento, ora essa è un’autentica rivendicazione di popolo. Non è più la battaglia elitaria che da Ennio Bonea a Paolo Pagliaro ha accompagnato le competizioni elettorali e i movimenti culturali di questi ultimi anni, ma l’irrinunciabile istituzione che deve rispondere alle necessità politiche, amministrative, economiche, organizzative di una “regione” che ha di suo specificità nette ed evidenti. In questi ultimi vent’anni il Salento è cresciuto, è diventato nel
mondo una categoria culturale, e non solo per la pizzica, che certamente ha creato un alone d’interesse importante, ma anche per tante altre sue risorse naturali e potenzialità economiche. Eppure, quando si parla in televisione – ma non c’è da sorprendersi data l’ignoranza di tanti conduttori – di dialetto pugliese si fa riferimento al barese, che sta al leccese o al salentino come i cavoli a merenda. Qualcuno si chiederà: contano tanto la questione linguistica e l’immagine? Sì, bisogna tornare a dare la giusta importanza anche agli aspetti meno venali e materiali della vita. Finora la proposta della Regione Salento non ci aveva convinti più di tanto, anzi ci ha trovati perplessi e a volte anche critici. Se le province non fossero minacciate da abolizione, continueremmo ad essere perplessi e critici. Ma ora, davanti al pericolo che effettivamente una classe politica imbelle e sciagurata, abolisca le province, noi salentini protestiamoci Regione. Ne abbiamo tutti i diritti e le ragioni.
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Contemporanea
Desiderio
di semplicità
È tempo di dire basta allo spendi e spandi
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n passato, disponendo mediamente di poco, ci sentivamo appagati e sorretti da due grandi ricchezze e forze: la semplicità e la robustezza della spina dorsale. Con naturale consapevolezza e senza grilli per la testa, rispettavamo i momenti difficili, facendo la cernita dei pur legittimi desideri e aspirazioni, rinviandone l'appagamento e l'attuazione a tempi più propizi.
Giochi di bambini, Kenia una fotografia di Rossano Razzoli
Per fare un esempio, alla crisi petrolifera del 1973, rispondemmo con la scelta di muoverci, il sabato e la domenica, rigorosamente a piedi, e ciò non per scopi ecologici, ma per risparmiare sulla spesa per carburante. E’, però, successo che il cosiddetto miracolo economico, nel nostro Paese, ha recato con sé una sorta di tarlo che, pian piano, ha fiaccato o sgretolato completamente molti degli an-
tichi principi di rigore, prudenza e parsimonia. Al punto che, oggi, non è il caso di parlare genericamente d'impatto con il cambiamento fisiologico dei tempi, bensì di stravolgimento e capovolgimento di costumi, usi e abitudini: il senso del sacrificio e della rinuncia si è ridotto al lumicino. Siamo ormai soliti concederci tutto, senza prendere le misure con le nostre disponibilità; siamo divenuti esperti del credito persona-
le o, per essere chiari, dell'indebitamento. Si sono così riformate numerose e diffuse sacche d’accentuata povertà, simili alla miseria debellata nell’anzi richiamato periodo del boom. Nulla sembra riuscire a frenarci nello “spendi e spandi”.
di Rocco Boccadamo
zzzzz Lecce, 29 dicembre 2013 - spagine n° 0 - della domenica 10
Autori Nel 2014 il centenario della nascita di Anna Maria Ortese Ho ritrovato dei disegni di Santa Scioscio che ritraggono Anna Maria Ortese. Tempo fa pubblicai per Spagine delle impressioni di lettura di Scioscio sulla Ortese... Quei segni mi fanno tornare il desiderio di proporre ancora scritture che riguardano la grande scrittrice italiana. Il 2014 segnerà il centenario della nascita della scrittrice, nata a Roma nel 1914 e scomparsa a Rapallo nel 1996. Cercando in rete mi sono imbattuto in Nazione Indiana. Il 30 maggio 2011, Franco Buffoni pubblica a cura di Andrea Breda Minello, “Il male freddo di Anna Maria Ortese”, lo ripropongo unitamente alla nota del curatore... “Due anni prima di morire, Anna Maria Ortese rilasciò a Goffredo Fofi per Linea d’ombra (1996) le dichiarazioni che di seguito sono riportate. La scrittrice può e deve essere annoverata fra la schiera di quei nostri profeti laici troppo spesso vilipesi, mal interpretati o piegati a logiche che con la verità non hanno nulla a che fare. Profetessa laica, come lo sono stati Morante e Pasolini, in una costellazione di sostenitori dello scandalo, come punto di partenza per resistere agli abomini della società post-postmoderna. Questi lacerti, così come gli scritti di Corpo Celeste o il morantiano Pro o contro la bomba atomica e gli Scritti Corsari di PPP, sono il passepartout di una resistenza civile, prettamente umana, di una denuncia quotidiana del “vizio di forma”, corto circuito che palesa unicamente il ripiegamento, un’implosione del mondo. Eppure Ortese, che talvolta sembra Cassandra, talvolta Sibilla, interiorizza e ripropone la lezione leopardiana della Ginestra con un dettato inusitato, che non ha pari o quasi nel nostro Novecento”. MM
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o sono una persona antipatica. Sono aliena, sono impresentabile. Sono esigente col mondo, non vorrei che le cose fossero come sono, ma conoscendo del mondo solo delle parti infime e dando giudizi che invece riguardano tutto, finisco per sembrare e per essere ingiusta, e così preferisco non parlare. Per questo quando mi si chiedono notizie su di me mi viene rabbia. I soli che possono amarmi sono coloro che soffrono. Se uno davvero soffre sa che nei miei libri può trovarsi. Solo persone così possono amarmi. Il mondo? Il mondo è una forza ignota, tremenda, brutale. Le creature belle che pure ci sono, noi le conosciamo poco, troppo poco. Non seguo la letteratura contemporanea, so poco chi sono gli scrittori che valgono. Non conosco gli altri, degli altri paesi, e questo è sbagliato. E anche questo va messo sul conto dell’antipatia… i poeti? Caproni. E naturalmente Montale: le sue poesie mi vengono incontro, c’è il Nord, c’è il freddo, certo, ma con una radice dolcissima. Mi piaceva molto Gozzano.Stevenson ha avuto un’influenza su di me? Sì, perché guardava tutto con gli occhi di un bambino, c’era il gioco della vita, i briganti, l’avventura… Il “cattivo” dell’Isola del tesoro, il Capitano zoppo, non è, come ha detto qualcuno, il male odioso, puro, totale. Dove c’è divertimento, non può esserci il male assoluto, c’è il lato ingenuo del male, il lato infantile. Il male vero è l’industria, è il denaro. Il male è il freddo che essi provocano; se oggi ci fosse più calore, non ci sarebbe tutto questo male. Prima gli uomini avevano a disposizione elementi favolosi di realtà, oggi hanno voluto perderli: non c’è più la campagna, non ci sono gli animali… resta solo il denaro, che chiede e impone un’altra natura, una natura artificiale. Una volta delle persone in cenci potevano sem-
brare vestite di tutto lo splendore della terra. Ho visto di recente il Pinocchio di Comencini: quanto freddo vero c’era in quegli anni, ma anche quanta libertà: un pezzo di legno, cioè niente, e si apriva il mondo della libertà… oggi tantissima gente al confronto sta benissimo, ma è come se avesse perduto ogni energia profonda, e come se avesse perduto la bellezza. Io ho avuto il vantaggio di una famiglia che mi lasciava libera di camminare e di leggere: sono state queste due possibilità a formarmi. Un tempo i giovani pensavano, avevano idee, non finiva tutto in attività organiche come è ora, non c’era un tempo libero da sciupare malamente come lo sciupano oggi. Una persona importante ha detto a proposito dei morti del sabato sera, dopo le discoteche, che bisognerebbe mettere nei pronti soccorsi del personale medico specializzato nel recupero immediato degli organi dei ragazzi morti negli incidenti di auto. Addirittura. Io sono stanca di vedere ricchi, gente che spende troppo per vestire, che vive nell’imitazione di gente ancor più ricca. L’oro, il denaro, hanno tutto questo spazio
perché c’è la televisione, non potevano averlo senza le televisioni. Il desiderio è diventato il veleno. Nessuno consiglia il distacco, nessuno consiglia a nessuno: “ferma il desiderio”. Occorre fermare il desiderio. Invidio la libertà che c’era prima dell’industria. Se uno è soffocato da un peso, questi va aiutato a rimuoverlo. Siamo una famiglia, dobbiamo assumerci le responsabilità di una famiglia. Chi soffre deve essere aiutato subito. Dove questo non avviene, non posso considerarlo il mio mondo. Ognuno è responsabile della caduta degli altri, e deve pagare per loro. Siamo coinvolti non per una nostra colpa, ma come membri di una famiglia. Anche se ne fossimo i membri privi di colpa, abbiamo delle responsabilità. Jimmy Op, in Alonso e i visionari, vuole riparare. Il concetto centrale del libro è questo. Io non credo nella condanna, per esempio non credo nell’inferno. Non vado in chiesa dall’età di 14-15 anni per l’orrore che mi fa l’idea dell’inferno, della pena eterna… dove c’è il dolore bisogna toglierlo, e subito. C’è un ragazzo in America che aspetta da dieci anni il
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“Il divertimento è immorale, quando gli altri soffrono. Bisogna stangare tutto ciò che è follia consumista... Il divertimento è tempo rubato a chi ha bisogno di aiuto. ... su queste cose nessuno si arrabbia più, si lascia correre. Non bisogna perdonare tutto. È per questo che io risulto antipatica e che mi sento antipatica, che non posso essere simpatica”
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Attrezzatura
per r-esistere
boia che gli dia la morte, che è condannato a morte, che vive nell’attesa. Sarebbe persino meglio se lo ammazzassero, è orribile questa condanna all’attesa. Ma sarebbe meglio se lo liberassero. Chi è caduto va aiutato. Sia esso un verme, un dittatore, una creatura qualsiasi… Bisogna aiutare il prossimo sempre. Ci sono tanti ragazzi colpiti da Aids, che cosa si fa per loro? Chi cade è invece il più disprezzato. Ancora e sempre: guai ai vinti! Si tolgano i soldi alle spese dei ricchi, alle spese ricchissime. Quando c’è chi soffre, queste spese sono immorali. Il divertimento è immorale, quando gli altri soffrono. Bisogna stangare tutto ciò che è follia consumista, divertimento. Il divertimento è tempo rubato a chi ha bisogno di aiuto. Invece su queste cose nessuno si arrabbia più, si lascia correre. Non bisogna perdonare tutto. È per questo che io risulto antipatica e che mi sento antipatica, che non posso essere simpatica. Solo chi ce l’ha, sa davvero cos’è il dolore. Sì, è vero, un qualche dolore, una qualche infelicità l’hanno tutti. E allora? Allora si tratta di aiu-
tare tutti, di non dire mai di no a uno che ha bisogno di aiuto, di essere intimamente pronti ad aiutare, sempre. C’è anche il dolore della natura di cui tenere conto, che è immenso; pensiamo soltanto agli allevamenti di animali, a tutte quelle creature tenute rinchiuse per poterle uccidere, pensiamo al dolore degli animali. Sarebbe meglio rinunciare a tutto, piuttosto che condividere queste colpe, o tollerarle. Per salvare il mondo c’è bisogno della nostra responsabilità, per salvare noi stessi dobbiamo responsabilizzarci verso il mondo. La creazione è tarata, ma si può correggerla. Però non bisogna perdere tempo, il tempo che ci resta è poco, la natura sta morendo. E il tempo che ho io è limitatissimo: se non parlo di queste cose, di cosa parlo?Parlando di libri, di romanzi, di letteratura, bisognerebbe anche parlare di stile. Nell’opera è fondamentale lo stile, ma a volte, quando la società intorno a noi non sente, non conta: lo stile, in questo tipo di società, non conta più nulla.Non ho più le piccole cose che possono dare consolazione; o meglio: non mi consolo più con le piccole cose. Non è retorica,
davvero mi detesto, davvero mi viene sconforto a considerare cosa scrivo e faccio, cosa ho scritto e ho fatto. Le interviste le vedo come delle provocazioni. Io non voglio piacere per un’immagine, io no voglio “immagine”. Non posso più avere rapporti con la realtà, la realtà mi stanca, la realtà è un muro di volti. Io sono una persona isolata. Mi sembra di venire dal fondo delle tenebre, però sì, ho avuto il piacere di fare qualche cosa, di poter dire: io esisto.I libri, la scrittura, l’invenzione… sono ricordi e malattie dell’intimo. I libri sono ferite dell’anima. L’ostrica costruisce perle vere, io forse no, le mie sono forse perle false. Però questo so fare. La perla è la malattia dell’ostrica. Scrivere è una malattia; mi costano molto queste cose luccicanti che cerco di costruire. Nei miei libri ci sono proposte che appaiono ineluttabili, proposte che il mondo rifiuta. Ci vorrebbe rinnovamento, nel mondo, non rivoluzione, che alla fine non cambia niente. L’importante è il rinnovamento.
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Copertina In chiusura (e in prospettiva) dell’Anno Verriano, ventennale della scomparsa di Antonio Leonardo Verri
Fate fogli
di poesia, Cominciate, poeti, a spedire fogli di poesia ai politici, gabellieri d'allegria, a chi ha perso l'aria di studente spaesato a chi ha svenduto lo stupore di un tempo le ribalte del non previsto, ai sindacalisti, ai capitani d'industria ai capitani di qualcosa, usate la loro stessa lingua non pensate, promettete ... «disarmateli» se potete! (al diavolo le eccedenze, poeti le care eccedenze, le assenze anche, i passeri di tristezza, i rapimenti i pendoli fermi, i voli mozzi, i sigilli le care figure accostate al silenzio gli addentellati, i germogli, gli abbagli… al diavolo, al diavolo …) Disprezzate i nuovi eroi, poeti cacciateli nelle secche del mio gazebo oblungo (ricco di umori malandrini, così ben fatto!) fatevi anche voi un gazebo oblungo chiudeteci le loro parole di merda i loro umori, i loro figli, il denaro il broncio delle loro donne, le loro albe livide. Spedite fogli di poesia, poeti dateli in cambio di poche lire insultate il damerino, l'accademico borioso la distinzione delle sue idee la sua lunga morte, fatevi poi dare un teatro, un qualcosa raccontateci le cose più idiote svestitevi, ubriacatevi, pisciate all'angolo del locale combinate poi anche voi un manifesto cannibale nell'oscurità riparlate di morte, dite delle baracche schiacciate dal cielo torvo, delle parole di Picabia
poeti
delle rose del Sud, della Lucerna di Jacca della marza per l'innesto della tramontana greca che viene dalla Russia del gallipolino piovoso (angolo di Sternatia) dell'osteria di De Candia (consacratela a qualcosa!). Osteggiate i Capitoli Metropolitani, poeti i vizi del culto, le dame in veletta, i 'vendìtori di tappeti' i direttori che si stupiscono, i direttori di qualcosa, i burocrati, i falsi meridionalisti (e un po' anche i veri) i surrogati le menzogne vendute in codici, l'urgenza dei giorni sfatti, non alzatevi in piedi per nessuno, poeti ...se mai adorate la madre e il miglio stompato le rabbie solitarie, le pratiche di rivolta, il pane. Ecco. Fate solo quel che v'incanta! Fate fogli di poesia, poeti vendeteli e poi ricominciate. Fatevi disprezzare, dissentite quanto potete fatevi un gazebo oblungo, amate gli sciocchi artisti beoni, i buffoni le loro rivolte senza senso le tenerezze di morte, i cieli di prugna le assolutezze, i desideri da violare, le risorse del corpo i misteri di donna Catena. Fate fogli di poesia, poeti vendeteli per poche lire!
Dedicato al poeta di Caprarica in rete c’è VERRIANA antonioverri.blogspot.com