spagine Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri
Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri
della domenica n°28- 11 maggio 2014 - anno 2 n.0
Lecce, 11 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 28
Diario
pagina n°2
Riuscirà Matteo Renzi a salvare la Repubblica in pericolo?
Il dittatore L
della Res Publica
a gloriosa Respublica Romana aveva una magistratura particolare per i tempi in cui versava in seri pericoli: la dittatura. Il Senato si sospendeva per il periodo necessario ad uscire dalla crisi dopo aver affidato tutto il potere ad un dittatore, il quale, a pericolo scampato, rimetteva la carica allo stesso Senato dal quale l’aveva ricevuta. Il più celebre di questi dittatori fu Cincinnato, il quale, richiamato “in servizio” preferì l’aratro alla spada. Oggi in Italia viviamo qualcosa di simile, senza che nella Costituzione della Repubblica tanto fosse previsto e contemplato. Per una serie di congiunture economiche e politiche si è pensato di congelare la massima istituzione, quella del Presidente della Repubblica, che formalmente è stato rieletto a stragrande maggioranza di consensi. E, pur di fronte ad una sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato il Parlamento eletto con una legge incostituzionale, il Porcellum, si è andati avanti come se nulla fosse, fino a giungere all’affidamento del governo ad un signor “nessuno”. Matteo Renzi, infatti, è capo del governo con una investitura presidenziale che i costituzionalisti, non tutti e non in maniera esplicita, giudicano forzata o borderline. Per politically correct: bisogna capire. *** Renzi, che nel volto e nella loquela ricorda qualche personaggio boccaccesco, si è circondato di comparse in gran parte femminili, le quali gli sono così devote che non oserebbero mai creargli dei problemi; della serie diversamente maschilista. Grillo a parte, che comunque non è configurabile come opposizione attendibile, non tanto nella qualità quanto nella quantità, non c’è opposizione. Quella di Forza Italia è, a volerla giudicare benevolmente, una mezza opposizione, dato che per le riforme appoggia il governo e si dice pronta ad appoggiarlo se il Paese dovesse trovarsi in ancor più serie difficoltà. Nel Pd nessuno osa più fiatare. Nessuno, neppure i rottamati, gli umiliati e offesi. Conviene a tutti che Renzi vada avanti, perché porta il pane a casa, fuor di metafora sembra che dal punto di vista elettorale funzioni. Renzi, dunque, si trova ad esercitare il potere da solo; nella forma
di Gigi Montonato
Matteo Renzi
non lo è, ma in sostanza è così. Dice: in settanta giorni abbiamo iniziato le riforme e abbiamo dato ottanta euro a dieci milioni di italiani. Non è molto quanto è stato fatto, ma non è neanche poco, anche se la solita politica degli annunci, di cui fu maestro Berlusconi – ricordate lo spot televisivo con il timbro “fatto”? –, stia facendo capolino, pur nel rispettoso silenzio dei grandi elettori e dei media, tutti allineati e coperti. Ma prendiamo per credibile quanto dice il Capo e quanto subito dopo replica, con le stesse parole, il gineceo. La situazione, tuttavia, non sfugge a nessuno: Renzi fa quello che vuole. Prende provvedimenti senza sentire le parti sociali; se qualche
dissenso emerge nella sua stessa maggioranza pone il voto di fiducia e il suo provvedimento passa. Poi esce in televisione e con iattanza dice: la palude voleva fermarmi, ma non è riuscita. La palude sarebbe quella parte della sua stessa maggioranza che lo aveva costretto a porre il voto di fiducia. In verità – bisogna sempre dire la verità! – sta crescendo una nuova idea di dirigenza politica a livello governativo, che va ben oltre i singoli provvedimenti. Non è tanto il decisionismo in sé quanto il decisionismo nella versione Renzi, qualcosa di più rapido, rude e veloce; tollerato e favorito. Renzi è riuscito a far passare l’idea che tutti, in presenza
di una crisi così minacciosa come quella che stiamo vivendo, devono piegarsi a qualche sacrificio. Quando mai sarebbe stato possibile ridurre stipendi e pensioni di manager e magistrati? Che, scherziamo? Fosse stato non dico Berlusconi, ma chiunque altro in altro momento, sarebbe stato fatto fuori il giorno dopo, salvo che non fosse stato ricoverato in psichiatria il giorno prima. Renzi è riuscito. Sta accadendo che anche per il reperimento di danaro per fare fronte ad alcune iniziative, come i dieci miliardi per gli ottanta euro in busta paga per dieci milioni di italiani, Renzi è riuscito a trovarli. Chi altri sarebbe riuscito? Nessuno. Ho sentito un esponente del Movimento 5 Stelle dire che quando certe proposte le facevano loro si rispondeva che non c’erano i soldi per farvi fronte; quando le ha fatte Renzi i soldi sono stati trovati. Non ci si meraviglia. Accade tante volte anche in piccoli comuni che ad un sindaco gradito l’apparato dica sempre sì e rimuova gli ostacoli, ad un sindaco sgradito sempre no, e agli ostacoli veri ne aggiunge altri fittizi. Renzi, il “Sindaco d’Italia”, così lui ama definirsi, ha a disposizione quella burocrazia che in altra sede dice di voler combattere; ma intanto essa lo aiuta a fare quello che vuole. Per il bene del Paese, si capisce! La burocrazia è femmina. Che sia spaventata o conquistata da Renzi? Può essere una cosa e l’altra, entrambe sono condizioni femminili. Dove si vuole arrivare con tutta questa premessa? Che se Renzi riuscirà nel suo intento, di trasformare questo Paese in qualcosa di moderno, di funzionale, di pulito, tanto sarà dovuto più che al suo genio politico a tutta una serie di circostanze. Voglio dire che è normale che riesca nel suo intento; non è normale che non riesca. Se tanto dovesse accadere, se, cioè, la sua dittatura non riuscisse a salvare la Repubblica dai barbari esterni e interni, vuol dire che non i mezzi gli sono mancati ma le capacità. Nessuno, infatti, ad eccezione di Mussolini, ha governato l’Italia in assenza di oppositori e con un’ampia convergenza di fattori favorevoli. Ci sarebbe una terza spiegazione, disperante, come disperate erano le condizioni di quando Mussolini la enunciò: governare l’Italia non è né facile né difficile, è inutile. Speriamo che non sia sempre così. In fondo, ci vogliamo bene.
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pagina n° 3
Migranti
spagine
Secondo alcuni esponenti politici le operazioni di salvataggio in mare sono controproducenti, perché “sono un irresistibile richiamo per i clandestini”
Noi e loro
di Marcello Buttazzo
L
a vita, per molti, non è un viaggio in prima classe, non è una crociera voluttuosa con tutte le luci accese. La vita può anche essere sofferenza, vento gelido che soffia sulla faccia, corsa a piedi nudi su selciati di fuoco. Per certuni, la vita è l’eterno cammino senza un meritato riscontro, il rattristato scenario dove si rincorrono vanamente speranze, attese, e il desiderio d’abbracciare il mondo. A varie latitudini, la cupidigia e la violenza dell’uomo partoriscono guerre, odi, sperequazioni sociali, differenze insostenibili, sicché tanti esseri umani vengono quotidianamente uccisi, vilipesi, calpestati, privati della dignità e dei diritti, costretti a lasciare forzatamente le terre natie. Essi giocoforza devono subire l’oltraggio dello sradicamento imposto, per potersi guadagnare l’esistenza altrove. Numerosi migranti alla deriva continuano ad approdare in Sicilia e sulle nostre coste meridionali. Dalla Libia, dove i controlli sono pressoché inesistenti, nei prossimi mesi arriveranno nel nostro Paese, forse, decine e decine di migliaia di disperati. Uomini, donne, bambini, in fuga dalle guerre, dalle dittature, dalle persecuzioni etniche. Gli sbarchi avvengono, ormai, di continuo, senza sosta. E con l’approssimarsi della bella stagione, del tempo più indulgente e favorevole, gli arrivi sono destinati ad aumentare. Per fortuna, la macchina della solidarietà, seppur già al collasso, sta funzionando a pieno regime. I profughi vengono accolti dappertutto: nei palazzetti dello sport, nelle scuole abbandonate, nelle tendopoli, negli istituti per anziani e per disabili, nelle strutture religiose. È, nei fatti, un’emergenza di enorme portata: sbarcano anche donne incinte, con i bambini in grembo. Ogni mezzo di fortuna è buono per tentare la traversata verso lidi meno afflitti, che possano arridere un po’ e dare sollievo: si hanno notizie di naufraghi aggrappati a gommoni e a piccole e fatiscenti imbarcazioni. L’Italia è un paese strano, con-
Notte, migranti in mare in una illustrazione di Marco Paci dahttp://marcpax.blogspot.it/
Nel libro “Il mio nome vuol dire bella faccia Ti racconto la mia fuga di rabbia e paura” edito da Esperidi per il Comitato Territoriale dell’Arci, realizzato nell’ambito dei progetti attivati dal Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, trentadue racconti di migranti si succedono, passo dopo passo, orrore dopo orrore, speranza dopo speranza. Un libro a più voci: quelle di richiedenti asilo e rifugiati che hanno trovato in Italia una nuova vita. Importante il contributo delle politiche per il Welfare, di Arci per l’immigrazione, delle persone che giorno per giorno affiancano questi fratelli nel duro percorso di riscatto.
traddittorio, ma di certo al cospetto d’una marea di gente che chiede aiuto, che rischia di perdere la vita, che lancia laceranti grida di dolore, ha avuto il pregio di aprire il cuore, riuscendo in qualche modo a farsi carico della urgente e terribile contingenza. Su tutto, oltre alla passione dei volontari, affascina il pensiero e l’abnegazione della Chiesa cattolica, sempre in prima linea, pronta a rammentare che anche Gesù è stato un migrante, un derelitto, un profugo. La Chiesa cattolica, tra l’altro, è molto pragmatica, tanto che il cardinale Paolo Romeo, senza ampollosi giri di parole, ha dato
una immagine veritiera della critica situazione: “Come lo scorso secolo i siciliani andavano in America, come tanti siciliani vanno in Germania, adesso questi nostri fratelli raggiungono le nostre coste per una vita migliore”. Mesi fa, dopo l’immane tragedia di Lampedusa, che vide 366 persone inghiottite in un crudele e inclemente utero di mare, l’Italia istituzionale ebbe il merito di predisporre un’operazione militare e umanitaria nel Mar del Mediterraneo, denominata “Mare Nostrum”, che ha svolto finora azione di prevenzione, di contrasto alla criminalità, strappan-
do alla furia delle acque numerosissime vite umane. In questi giorni, volontari della protezione civile e operatori di diverse associazioni si adoperano, in Sicilia, per dare sollievo e primo soccorso apoveri cristi, che hanno visto la morte in faccia. Purtroppo, in un periodo caldo di campagna elettorale per le prossime Europee, può succedere che un’emergenza umanitaria venga demagogicamente strumentalizzata per “ragioni” di piccolo cabotaggio. Secondo alcuni esponenti politici italiani, le operazioni di salvataggio sono controproducenti, perché “sono un irresistibile richiamo per i clandestini”. E c’è addirittura chi ha chiesto di “bloccare subito un’operazione demenziale”, che renderebbe il nostro Paese “di fatto complice dei mercanti di morte”. La politica dovrebbe essere luogo supremo della mediazione, dell’esercizio dialettico, della critica costruttiva, della sintesi. Dispiace che, soprattutto in momenti particolari, c’è chi pensa di vellicare la pancia degli elettori, con la speranza d’ottenere un facile tornaconto. Non possiamo, però, cedere a derive pericolose. Non possiamo credere alla deteriore e volgare vulgata leghista e di qualcun altro, che scorge nell’immigrato il capro espiatorio, il nemico da abbattere, da rimandare comunque indietro e ricacciare nella bocca del leone. “L’Italia è un Paese civile, non può abbandonare i migranti al loro destino di morte”, ha ripetuto più volte il ministro della Difesa Roberta Pinotti. È un fatto di solidarietà, di responsabilità, di umana comprensione. Ma c’è anche una istanza politica più ampia, di cui tener conto. Il nostro governo dovrebbe saper coinvolgere doverosamente l’Europa, fino a questo momento latitante sulle grandi questioni dell’immigrazione. Servirebbe più che mai una soluzione europea ai flussi migratori. L’Italia, la Francia, la Germania e gli altri Stati dell’Unione dovrebbero concedere alla Commissione europea l’onere di governare e siglare praticabili, trasparenti e democratici accordi bilaterali con i Paesi a sud del Mediterraneo.
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Società
pagina n° 4
Domani, lunedì 12 maggio, a Lecce la manifestazione promossa dal Quotidiano
Esserci! Per dire no al racket di Gianni Ferraris
E
sserci è importante, e bene ha fatto Quotidiano a lanciare l’iniziativa di una manifestazione contro estorsioni, racket, malavita organizzata per lunedì 12 maggio. E’ tempo che la società civile si mobiliti. Il 21 marzo scorso la giornata per la legalità e l’impegno indetta come ogni anno da Libera a Lecce è stata devastante per l’assoluto silenzio che l’ha avvolta, c’erano le scuole di ogni ordine e di molte parti della provincia, accompagnate da docenti che hanno a cuore l’educazione dei ragazzi a vivere nella società. Si potevano contare sulla punta delle dita invece le persone della cosiddetta “società civile”, quasi fosse un problema d’altri. E mancava la “società civile” a Nardò, nell’anniversario dell’assassinio di Renata Fonte, assenze sottolineate da Don Ciotti. Ora invece, grazie a Quotidiano, pare che molte adesioni stiano arrivando, in un periodo in cui non passa giorno senza che pallottole, incendi, auto che saltano, minacce di chiaro stampo mafioso siano sulle cronache. I comportamenti magari non mafiosi a tutto tondo, ma che potremmo definire mafiogeni sono all’ordine del giorno, dal voto di scambio, ai rasati davanti ai seggi a controllare chi vota e chi no. Vicende fosche che portano agli onori della cronaca anche amministratori della cosa pubblica, sono tutte avvisaglie che inducono la malavita a dire che “se lo fanno loro, tutto è lecito”. Appalti dati con leggerezza, cosa pubblica trattata come affare di famiglia, arroganza, richieste ed offerte di favori, a volte di lavoro, fino ad arrivare a pass palesemente falsi. Sono tutti segnali di un malessere sociale inquietante, vischioso, che alla lunga
L’appuntamento alle 18.00 a Porta Napoli il corteo si concluderà nell’atrio di Palazzo dei Celestini può indurre ad alzare il tiro. Ed è strano, pur se in certa misura comprensibile, che nessun commerciante, artigiano che riceve pallottole nelle buste o nelle serrande, che si vede andare a fuoco l’auto, dichiari di non aver sentore di nulla, nè richieste nè minacce. Senza l’aiuto delle persone la magistratura poco potrà fare. Non esistono città mafiose e città non mafiose, esiste una malavita che si insinua nei gangli vitali della società, la blocca, la insidia e alla fine la manovra. Una manifestazione è una grande cosa, però deve proseguire nel tempo, occorre riappropriarsi
della legalità in ogni sua forma, senza cercare scorciatoie neppure per non pagare una multa per divieto di sosta, il funzionario che si concede, alla lunga chiederà conto e vorrà essere ripagato in qualche modo, magari chiedendo i voti non perché è un buon amministratore, ma perché lui gli amici degli amici li tratta bene. Mafiosi? Certo che no, sono i comportamenti che sono mafiogeni, che inducono a passare al livello successivo. Nel territorio ci sono moltissime criticità che la cronaca ci fa leggere ogni giorno: caporalato per la raccolta di pomodori, malaffare nella gestione di personale straniero per i pan-
nelli solari, gioco d’azzardo, rifiuti pericolosissimi lasciati nelle campagne (amianto, pneumatici ed altro) e potremmo proseguire, far finta di non vedere o, peggio, dire che non ci riguardano da vicino è pura miopia. E la miopia, se non curata, può diventare cecità. Per fortuna gli anticorpi ci sono tutti, associazioni, giovani e meno giovani, ragazzi e persone anziane che non ci stanno. Se le esplosioni diventano abitudine e non fanno sobbalzare, se ci si rallegra perché un politico ha ricevuto pallottole in una busta, le mafie e i comportamenti mafiogeni vincono. E l’informazione puntuale è uno degli strumenti più efficaci per combattere il malaffare, come creare oasi di incontro e discussione è esiziale per capire. Quanti sanno, per esempio, che il gioco d’azzardo è uno dei veicoli più efficaci per la criminalità organizzata per riciclare denaro e creare fonti di reddito da usura? E’ sufficiente leggere le cronache per sapere come ogni mese vengano pescati apparecchi da gioco (slot machine) irregolari, truccati, disconnessi dall’erario. In Puglia e Calabria si stima che questi siano sotto la media nazionale con quote che arrivano al 70%. Il tutto a fronte di una propensione al gioco pari al 100% della media nazionale. E’ più che ipotizzabile la gestione della malavita in questo settore, con le conseguenze per gestori e giocatori che tutti conosciamo. Ben venga una mobilitazione massiccia e trasversale, soprattutto nei comportamenti quotidiani. Ben venga una mobilitazione onesta, non “pelosa”. Sarebbe pessimo vedere se si riscontrasse la presenza di eletti che poi comprano voti o concedono appalti con leggerezza. Rischierebbe di veder falsare gli sforzi di molti.
MMSarte
E’ in atto dal 24 marzo Art-icoliamo senza barriere nuovo percorso di poesia visuale rivolto ai bambini di quattro classi della Scuola Primaria Leonardo Da Vinci di Cavallino e Castromediano a cura di Monica Marzano
spagine
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L’unione fa il coraggio
L
a piccola Maria Serena con una sfilza di metafore ha rivestito la parola aiuto di immagini davvero preziose e di ottimo spessore poetico. Aiutarsi porta con più facilità alla realizzazione
L
a parola coraggio è per Raffaele una somma di azioni che testimoniano la grande forza di volontà e forza d'animo che occorre in ognuno di noi per riuscire a raggiungere degli obiettivi di qualsiasi na-
Il testo è di Maria Serena Grasso, il disegno di Victoria Montinaro
dei nostri sogni e sentire l'appoggio di qualcuno sempre pronto a darci una mano, non può che procurarci "inondazioni" di forti emozioni. L'aiuto è l'emblema assoluto della solidarietà e delle grandi alleanze. L'aiuto è un ombrello sotto il quale la pioggia degli imprevisti e
delle situazioni difficili non deve infastidirci e preoccuparci più di tanto, una sicurezza al benessere interiore. La piccola Victoria ha apprezzato molto il concetto di aiuto inteso anche come un darsi man forte a cercare i tesori più belli della vita, e
certamente il tesoro più grande è scovare prwziose amicizie sulle quali poter sempre contare e per le quali si deve esser sempre pronti a lottare! Nel disegno si respira aria di serenità quella serenità che solo una mano amica ci può dare.
Il testo è di Raffaele Thiam, il disegno di Nicolò Boccia
tura o grado di importanza. Il coraggio non è degli arroganti ma è soprattutto dei timidi che riescono perfino a giocare con i "nemici" . Il coraggio è di chi non ha nulla ma se costretto "gira per il mondo" in cerca di un posto migliore e più sicuro in cui far crescere i propri figli...un co-
raggio che sfida la morte in nome della pace e della giustizia e di un mondo migliore. Nicolò ha avvolto il suo disegno in una nube scura che simboleggia gli imprevisti della vita, il male in agguato, che non appartiene a una o ad un'altra zona del mondo. Tutti viviamo circon-
dati da possibili negatività e avversità, ma il coraggio di affrontare sempre tutto, magari sfoderando anche un largo sirriso non ci deve mai abbandonare. Proprio quel coraggio che ha il ragazzo mentre gira intorno al mondo certo che un giorno il suo coraggio sarà premiato
La galleria dei lavori della precedente edizione è su www.mmsarte.com
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Libri
Dopo “Partigiani e Antifascisti di terra d’Otranto”del 2012 e “Partigiani e Antifascisti e deportati di Lecce e provincia” del 2013 per Giorgiani Editore, il nuovo testo di Pati Luceri “Partigiani e deportati deceduti”
Il Salento e la memoria della Resistenza
È
fresco di stampa, per Giorgiani Editore, il testo di Pati Luceri “Partigiani e deportati deceduti” relativo al contributo di lotta e spesso di sangue della provincia di Lecce alla guerra di Liberazione tra partigiani e deportati deceduti. Come rileva il segretario dell’ANPI di Lecce Maurizio Nocera nella sua prefazione, siamo alla terza edizione di un lavoro di ricerca che è in se stesso ogni volta una prima edizione, con nuovi apporti documentali frutto di una ricerca instancabile operata negli archivi, dalle sedi territoriali ANPI agli Istituti Storici della Resistenza, dagli Archivi di Stato all’Archivio Vaticano, a volte anche dall’apporto spontaneo e documentato dei familiari di deportati e resistenti. *** Appare impressionante la mole di nomi, a volte con numerose notizie ma spesse volte con poche e scarne. Appare prezioso il valore documentale di questo lavoro. Vengono restituite alla memoria pubblica nomi, circostanze, persino foto dell’apporto salentino alla lotta di Liberazione dal nazifascismo che infettò l’Europa e produsse una guerra totale di più di 50 milioni di caduti di cui più della la metà civili. Anche per questo libro è facile prevedere che ad ogni presentazione pubblica nei paesi della provincia si sprigionerà la memoria familiare di più di un partecipante, come è già accaduto per i lavori precedenti. In paesi che hanno avuto numerosi partigiani e deportati deceduti poche o nessuna targa e lapide a tenere accesa la memoria. Già nel secondo dopoguerra agì la rimozione della guerra e della Resistenza, a volte persino gli stessi protagonisti si chiusero nel silenzio. L’ANPI, allora di soli partigiani e patrioti e familiari, tenne viva la memoria e promosse qui nel Salento i primi pionieristici studi, da Enzo Sozzo a Salvatore Sicuro, e successivamente da Maurizio Nocera in avanti.
Anche per questo libro è facile prevedere che ad ogni presentazione pubblica nei paesi della provincia si sprigionerà la memoria familiare di più di un partecipante, come è già accaduto per i lavori precedenti
di Silverio Tomeo Anche Enzo Bianco e Salvatore Coppola hanno prodotto studi significativi e ora si aspettano nuovi studiosi. È deprimente che dall’Università del Salento non vengano ricerche in questo senso né progetti collettivi sulla memoria salentina della persecuzione degli antifascisti, dei deportati dopo l’8 settembre del 1943, della partecipazione alla Resistenza nel Nord Italia, nei Balcani, in Grecia . Così come è deprimente che le istituzioni locali non supportino progetti sulla memoria storica in alcun modo, tranne qualche rarissima Amministrazione Comunale. La Regione Puglia ha supportato il progetto da cui nasce questo sito che voglio segnalare sulla memoria partigiana salentina: http://www.testimonidellaresistenza.it/. L’ANPI provinciale ha sostenuto, per la sua piccola parte, le pubblicazioni storiche sull’apporto salentino all’antifascismo e alla lotta di Liberazione del prof. Pati Luceri per l’evidente interesse pubblico di questi studi. Opportunamente nella sua prefazione Maurizio Nocera scrive che di quest’opera “sarà difficile fare a meno nelle future ricerche”. Nel futuro prossimo la ricerca dovrà fare il salto dalla memoria recuperata alla storia come narrazione documentata e come interpretazione dei processi di lunga durata e delle fratture di civiltà, nel contesto di una ripresa notevole degli studi seri che sono altra cosa dall’uso pubblico e politico della storia e dell’accondiscendenza alle “revisioni” strumentali. Sradicare la Resistenza dalla memoria pubblica e dalla Costituzione repubblicana di cui pure è costitutiva è un’azione che perdura da alcuni decenni, in particolare dalla crisi della cosiddetta Prima Repubblica, ed è cosa purtroppo ancora attuale come intenzionalità politica. Resta sempre e ancora da rimarcare come la memoria storica sia un bene comune e come l’antifascismo sia inscritto nella Costituzione e vada riattualizzato nei frangenti attuali della crisi della democrazia.
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Appuntazzi Cos’è insegnare in una tavola di Gianluca Costantini
spagine
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Corsivo
S
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“Scivoloni irreversibili“ incombono
in da quando ero ragazzo, nel mio intimo, ha sempre albergato, con impulsi composti ma nitidi, un piccolo e insieme speciale sentimento: il sano orgoglio dell’italianità, dell’appartenenza - sia pure a guisa di granello piccolissimo - al decantato, ammirato e stimato “ popolo di santi, navigatori e poeti”. Per di più, a prescindere dall’effetto come anzi riversatosi sulla mia persona, trovo bello sottolineare che siffatta lusinghiera reputazione goduta dalla gente del vecchio stivale si è perpetuata nell’arco di secoli, grazie anche alle implementazioni che man mano sono arrivate a conquistarsi un posto a fianco delle emerite realtà originarie: si pensi alla moda, e al “fai da te”in genere, con etichetta italiana. Non che il vivere quotidiano nel nostro paese sia stato dispensato da problemi, disagi, sacrifici e limiti; tutt’altro, di sicuro nessun paradiso in terra. Però, l’impronta delle qualità, delle eccellenze, delle doti di spicco verso cui si volgevano gli altri popoli, quasi a volersi specchiare, hanno per lunghissima pezza costituito, nella penisola, una solida e sana pietra miliare per le coscienze, le azioni e i comportamenti concreti dei più. Purtroppo, come è cambiato, e non da adesso, lo scenario che ci circonda! Al punto, che non sembra affatto sintomo di qualunquismo affermare che lo scadimento dei costumi trovasi proprio alla portata degli occhi di tutti. Lontana, dunque, anni luce la terra di “santi eccetera”, il giorno d’oggi il Bel Paese presenta sul palcoscenico del mondo prevalentemente un cast di “divi”, di cui, davvero, non v’è chi non avrebbe fatto volentieri a meno: faccendieri intriganti, maneggioni senza scrupoli, finanzieri, imprenditori e dirigenti che fabbricano carte false e rubano, controllori che non vigilano e forse sono collusi, autorità e politici che latitano quando, addirittura, non vanno a braccetto con coloro che si macchiano in prima persona di reati. E, schiacciata, danneggiata e resa povera dal grande circo di scellerati impuniti, ecco un’autentica marea di cittadini ignavi e sprovveduti, ai quali chissà se sarà mai resa giustizia e se verranno rifusi, in tutto o in parte, i danni. Ci si soffermi per un attimo, ad esempio, sulla clamorosa vicenda, proprio da prima fila e autentico caso di scuola, del noto colosso italiano del latte o di Parma: se in tanti hanno imbrogliato il globo intero sottraendo o distruggendo miliardi, falsificando documenti e bilanci e così via discorrendo, come sarà stato il comportamento dei medesimi a proposito della garanzia della qualità e della salubrità dei prodotti alimentari recanti il famoso marchio, di cui, su incalcolabile scala, ci nu-
Italianità
di Rocco Boccadamo
“Italianità” è anche il titolo di un volume curato dal designer Giulio Iacchetti dove sono reinterpretati “gli oggetti di qualità che hanno formato la coscienza visiva nazionale da un punto di vista grafico ed emozionale” Qui, la moka Bialetti diventa un condominio http://www.giulioiacchetti.com
triamo? Possiamo stare tranquilli? Le autorità competenti hanno compiuto e predispongono puntualmente i controlli del caso per rassicurarci? Oltre che per via delle suddette specifiche note dolenti, provo un senso di rammarico nel constatare che ormai il mio Paese è caratterizzato da frequenti scioperi e/o discese in piazza: ogni volta, una singola categoria, sia pure sotto la bandiera
della rivendicazione di propri legittimi diritti, danneggia vistosamente, spesso irrimediabilmente, molteplici, se non tutte le altre, categorie di cittadini. Un’immane spirale viziosa, un’inconcepibile catena di controsensi. Per non parlare, infine, dell’imo assoluto in cui risultano precipitati finanche valori e principi elementa-
ri, naturali e fondamentali. A questo punto, che aggiungere? Semplicemente auspicare che il Padreterno e/o altre divinità poste in alto ci salvaguardino dagli “scivoloni irreversibili “ che incombono e intervengano nella maniera più consona per rimettere tutti sulla retta carreggiata.
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Letture
“Il bambino che era stato” di Mimmo Tardio
spagine
Lecce, 11 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 28
Lo scrigno U
della memoria
na produzione letteraria di mole portentosa non fornisce alcuna allusione sul fatto che ci possa essere stato un bambino, prima... un bambino ancora presente accanto all'uomo adulto, rimembra il tempo che è stato. “Il bambino che era stato” di Mimmo Tardio è un racconto dolcissimo e delicato partorito da una penna elegante, raffinata, profondamente poetica. Tardio ama il suo paese, legato alle sue origini, rispettoso della famiglia, ricorda ciò che è stato: la perdita del padre a 20 anni; “gli anni delle prime prove di sapienza e di ricerca e delle corse, lente e benefiche, sulle littorine delle Ferrovie del Sud-Est”. Un'autobiografia - edita da Ferrarelli & D'Andrea - pubblicata qualche anno fa che mi piace qui riproporre. Una narrazione dove abbonda la storia... anni bui, inquieti in una terra descritta sempre con amore e gratitudine nonostante le tante avversità. Una dolce nostalgia pervade, il desiderio di tornare indietro nel tempo, quasi fosse necessario, il passato, per non dimenticare, per rendere ancora più salda la presenza di ciò che non c’è più. Proprio come può accadere ad un figlio che avvertendo l'assenza degli affetti più cari, per rendere meno acuta la mancanza, ricorda quotidianamente le persone amate come in un mantra, come in una preghiera. È commovente leggere le pagine di questo libretto che accoglie un racconto nato per partecipare al “Festival nazionale Città e paesi in racconto” nel 2007. La forte suggestione del luogo natio - Francavilla Fontana - e poi lo Ionio, Otranto, i viaggi con la mitica littorina con la quale il “bambino” percorreva le varie tappe della sua crescita. Leggiamo: «Il 17 gennaio a sera, osservava strabiliato un grande fuoco che si levava al cielo di Novoli, da una grande catasta di le-
di Alessandra Peluso
Mimmo Tardio
Francavilla Fontana: Torre dell'orologio Ulisse in Arte - Rossano Massaccesi su http://www.ulisseinarte.it
gna. Quel rosso, reso più vivido dal soffio della tramontana e quei mille lapilli, sembravano al ragazzo come una grande preghiera levata in alto». (p. 24). Memoria nitida, i ricordi stringono il cuore, trattengono le lacrime. Il padre amato e l'amore riconoscente verso la madre, il fratello, l'affetto per la casa di famiglia; Mimmo Tardio con dedizione e umiltà racconta il suo ieri come se quel bambino che egli stato non l'abbia mai abbandonato, era lì, seduto, silenzioso, aspettava soltanto di essere ricercato, ritrovato. L'“Ecce Homo” lo chiama, avverte il bisogno di farlo conoscere, di palesare quel mondo che gli era appartenuto, quella terra che ancora è la sua vita: il Salento, a volte duro, acre, “bruciato dal rimorso e dagli abbandoni”, altre volte generoso, accogliente. Ecco qui “Il bambino che era stato” di Mimmo Tardio è un prezioso libello, uno scrigno non più segreto perché il poeta, lo scrittore, il teatrante mette in scena con compostezza, serietà, amore, coraggio, determinazione la storia di quel bambino che oramai ha preso il volo lasciando il posto al presente, ad un uomo adulto, il quale lo guarda con un sorriso, con un tiepido e malinconico sorriso e una carezza che pare rassicuri.
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Letture Siamo noi che, finalmente morsi dalla curiosità e dal dubbio, dobbiamo svegliarci e sperimentare un po’ di vita autentica...
Essere unici di Antonio Zoretti
«Mi appare chiaro che, senza una dose notevole di megalomania, non si può intraprendere nulla, anzi non si può nemmeno pensare. Solo se ci si sente istintivamente il centro del mondo è possibile emettere sentenze e atteggiarsi a giudizi universali. Certo un dubitatore non è in grado di reagire in modo diverso. Sfortunatamente questa specie di mostri è una rarità». da Fascinazione della cenere, Da Vaugelas a Heideggerr di Emil Cioran
L
a Storia è piena di paranoici, di personaggi con manie di grandezza... ancora oggi paghiamo le conseguenze di ciò che fu nel Secolo scorso, il culto di personalità e, ai dittatori, son succeduti i leader. Prodotti in scatola inventati e creati da millantatori in maschera per comunicare ed essere attendibili presso il popolo. Oratori da bottega, dagli oracoli profeti, simulano la retorica, ostentano sicurezza e perspicacia, arguti e desiderosi di dirigere e indirizzare leplebi, rispondono alle loro richieste concedendosi profeticamente. Il divino si mostra e venerato dalle mantiche folle dei suoi martiri, servili, senza opinioni che lo danneggino. Lo acclamano tanto a lungo purché duri e offra loro finalmente una esistenza piena, di scopo. Accorrono al suo seguito sognatori e illus: ragionieri, avvocati, notari, professori, industriali, dottori, impiegati ecc. ecc. ecc.; cadono ai suoi piedi soprattutto le donne, purtroppo. Ahimè! Ahinoi! Che miseria vedo, che miseria, in questa straripante società odierna, dove tutto è spettacolo e spettrale al tempo stesso. Gli spettri che abbiamo veduto potrebbero essere diavoli. Se vuole, un diavolo, può prendere anche dolci apparenze. Ci può cogliere in un periodo di crisi, di depressione o malessere… menandosi a salvatore. Non mancano certo le occasioni al suo intento. Rappresenterà il bene con cui cogliere la coscienza di tutti. Atroce! Atroce, troppo atroce. Se c’è ancora sentimento umano, noi non possiamo tollerare tutto questo. Non possiamo concede-
Max Stirner, pseudonimo del filosofo anarchico Johann Kaspar Schmidt (Bayreuth, 25 ottobre 1806 – Berlino, 26 giugno 1856)
re che un qualsiasi impostore sia considerato condottiero e ridotto a uno strame per i desideri e i rapporti diretti con gli altri. Ripugnante. Essere o non essere: questo è il dubbio. E’ forse più dignitoso patire nell’interno dell’animo… o infilarci, contro lo stato infelice, e opporsi contro di esso per porre una fine? E quel messaggero, foriero di pace e amore, potrà calmare i dolori e le mille offese di cui siamo eredi da millenni?
Questo è auspicabile devotamente. Sognare anche. E forse solo il sogno ci è dato di sognare. Son troppi ormai i racconti di creduloni che ascoltavano i governanti di turno profondamente, che scossi, dopo, rivelavano l’inganno. Noi dobbiamo ancora accettare che simile sorte tocchi anche ai nostri figli? Davanti a noi? Ne seguiremo il dramma, senza contegno, così che stupirà ancora l’onestà della gente? No!
E’ ora di agire in modo diverso, più appropriato, consono. Ora che loro sono intenti profondamente in altri pensieri e attività, ora possiamo contraccambiare dell’offesa e danno ricevuto. Ma, questo intento lo dobbiamo pure esaminare attentamente: una persona malvagia e astuta ha tradito le nostre aspettative e, per questo motivo, noi questa persona la mandiamo via? Cioè la assolviamo? Questo è restituire il favore e non vendetta. I Capi non hanno mai rimorsi, né coscienza. Sono attori che sopravvivono alle lunghe carriere simulatorie, simulacri dell’altrui vita, frequentata solo apparentemente e riferita come lettera morta di parole defunte. Siamo noi che, finalmente morsi dalla curiosità e dal dubbio, dobbiamo svegliarci e sperimentare un po’ di vita autentica e disporci a vere passioni: e tra le tante… decidiamo per la “partecipazione”, il confronto, l’opinione, l’obiezione, l’analisi critica, il pensiero autonomo, le idee, l’astrazione, il dissenso… e il dubbio, soprattutto il dubbio. E non emularci e sacrificarci per volere del Podestà di turno, che fa di noi dei poveri, degli schiavi, ci mette nel popolo, nella Storia, ci rende maggiori o maggioranze. Di questo dobbiamo prendere coscienza, per non consegnarci al leader edessere schiacciati da posizioni già decise e prestabilite. Il confine non transita nella storia, e neanche dentro una struttura stabilita, e neanche nel “popolo”. In nome del popolo ci inseriscono nel linguaggio maggioritario. Ma, a questo punto è proprio il popolo che manca, cioè coloro dei quali la Storia non tiene conto. Bisogna essere antistorici nella storia. Essere minoranza. Un divenire minoritario universale. E allora l’uomo può risorgere, con una carica politica particolare. La nuova politica sorgerà come ciò che non rappresenta niente, ma come ciò che propone e forma una coscienza di minoranza, conquistando e producendo la propria luce, il proprio determinato cambiamento. In questo stato ci si sentirà meno soli, altrimenti si è solo massa, massa in sé, massa di automi. Potenzialmente, un nuovo divenire della coscienza. Ne va della nostra
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spagine
Søren Aabye Kierkegaard (Copenaghen, 5 maggio 1813 – Copenaghen, 11 novembre 1855)
democrazia e dei nostri valori. Aspettando fiduciosi l’insorgere di tale sentimento… pertanto abbiamo potuto sottolineare che Il Re è nudo, riprendendo la famosa frase della fiaba di Anderson, dove solo un bambino mise a nudo il Re, appunto, dicendogli che non aveva niente addosso; mentre i suoi consiglieri gli avevano confezionato un abito cangiante con la magnifica proprietà di essere invisibile agli stolti, agli ignoranti e agli stupidi. Da allora, tale espressione ha assunto un preciso significato simbolico, cioè quando si mettono a
nudo le debolezze delle pubbliche autorità. Ecco dimostrato il sistema che subordina l’individuo, cioè una forma patologica di ossessione e di pregiudizio che si traduce nella schiavitù delle gerarchie. Dopo la conquista delle minoranze, la libertà autentica la si potrà raggiungerecon l’io singolo: l’individuo. Ne consegue una società di uomini liberi, non gerarchizzata, dove la propria forza sia costituita da un’associazione di individui, mediante una insurrezione dei singoli, appunto.
Questo parte finale è tratta dal poderoso pensiero di Max Stirner nel suo L’unico e la sua proprietà (1845), che ci ha rivelato quale alto volo abbia spiccato la sua volontà. Non lasciamoci ingannare dall’utopia che scaturisce dal testo; dietro quel messaggio, quegli strani concetti è celata tutta la sua profonda convinzione, tutta la sua filosofia. Purtroppo, come sovente succede, i geni passano invano, l’umanità si comporta come se non fossero mai esistiti. Comunque, noi non ci daremo mai per vinti:
noi siamo al di sopra di tutto, eccellere si deve e dubitare, sempre dubitare. Poiché la certezza non esiste, viene sempre prima il dubbio, e anche dopo… soprattutto nel delirio del linguaggio massificato dove si chiacchera soltanto, finanche negli emisferi dei Palazzi… Noi invece dobbiamo essere e pensare solamente in chiave unica. Fuori da infusi e invasamenti: «La gente esige la libertà di parola per compensare la libertà di pensiero, che invece rifugge» scriveva Soren Kierkegaard, c’è da riflettere...
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Accade in città
E’ nata l’Associazione fondata da un gruppo di genitori e di amici di persone che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare
V
enerdì 9 maggio, presso il Centro per la Cura e la Ricerca sui Disturbi del Comportamento Alimentare del DSM della ASL Lecce, l’Associazione dei familiari e amici MadamaDorè, da poco costituitasi, ha incontrato il Senatore Dario Stefano e il Sindaco di Lecce Paolo Perrone. Erano presenti anche il Direttore Generale Valdo Mellone, il Direttore del DSM Serafino De Giorgi, oltre alla Responsabile del Centro Caterina Renna, Rocco Melcarne e tutti gli altri operatori, i pazienti e i loro genitori. L’incontro è stato occasione per discutere su anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata, patologie di notevole rilevanza sociale e in crescente aumento. La Presidente Anna Lucia Graziuso ha elencato quelli che sono gli scopi dell’Associazione: sostenere e aiutare concretamente le persone affette da disturbi del comportamento alimentare e le loro famiglie tutelandone i diritti fondamentali; promuovere azioni dirette a sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni sulla necessità di migliorare le condizioni di assistenza e di vita attraverso anche concrete azioni legislative, normative oltreché assistenziali; collaborare con i servizi preposti alla cura e all’assistenza sostenendone le attività. È la prima volta che rappresentanti Istituzionali chiedono di incontrare genitori e pazienti nel loro luogo di cura e prendono atto delle attività del Centro di eccellenza attivo presso la ASL Lecce. I soci hanno potuto parlare della loro esperienza e del difficile percorso della guarigione, sottolineando l’importanza di ricevere le giuste cure e la necessità che si possa disporre sul territorio di tutti i livelli, dal meno al più intensivo, di assistenza.
MadamaDorè,
primo atto Due momenti dell’incontro con Dario Stèfano e Paolo Perrone
*** Il Centro per la Cura e la Ricerca sui Disturbi del Comportamento Alimentare del DSM della ASL Lecce istituito nel 1998 è dotato di ambulatorio e day hospital e opera con un protocollo di intervento all’avanguardia, integrato e multidisciplinare, che pone attenzione agli aspetti
non solo psichiatrici e psicologici ma anche medici, nutrizionali e sociali. In queste malattie della mente, infatti, anche il corpo è purtroppo coinvolto con conseguenze e complicanze alla quali bisogna porre la giusta attenzione per scongiurare un esito infausto. Il protocollo è in perfetta sintonia
con le linee di indirizzo emanate dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute e tanti pazienti e tante famiglie vengono curate con competenza, passione e abnegazione nonostante le gravi carenze di organico. Questo è stato uno dei punti nodali affrontati durante questo incontro. Implementare l’organico consentirebbe di curare molti più pazienti, di dedicare attenzione alla prevenzione delle ricadute purtroppo molto frequenti in queste patologie e di aprire finalmente la prima Residenza terapeutico-riabilitativa intensiva della Regione Puglia. Il trattamento residenziale è utile per quei casi più gravi e più complessi che ancora oggi possono ricevere risposta solo in altre Regioni con notevole dispendio di risorse affettive ed economiche a carico delle famiglie e dei Servizi sanitari pubblici, nonostante presso la ASL Lecce il luogo fisico dove effettuare i ricoveri è pronto e aspetta solo di essere finalmente aperto agli utenti. Perché questo accada è necessario però implementare l’organico con personale competente e specializzato nel campo dei disturbi dell’alimentazione . *** Il Senatore Dario Stefano e il Sindaco Paolo Perrone hanno voluto conoscere personalmente i componenti dell’Associazione, dimostrando tutta la loro disponibilità e sensibilità nel farsi promotori degli interventi di potenziamento delle cure attualmente offerte, accendendo la speranza di pazienti e soprattutto di genitori che, tra mille difficoltà, sostengono giornalmente i loro ragazzi in una battaglia lunga e difficile che comporta enormi sacrifici. La Presidente a nome di tutti ha ringrazia sentitamente, certa che questo incontro rappresenti il primo momento di una fattiva e proficua collaborazione tra genitori e istituzioni sanitari.
Quattro appuntamenti per il Maggio di Informazione Psicologica
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Conoscere le emozioni
sycommunity, la comunità online degli psicologi italiani, presenta la 7ª edizione del Maggio di Informazione Psicologica, la prima campagna nazionale di prevenzione del disagio psichico, perché “non c’è salute senza salute mentale”! Anche quest’anno gli psicologi Mip di Lecce partecipano all’iniziativa nazionale con l’organizzazione di colloqui gratuiti, a chiunque ne farà richiesta, e 4 appuntamenti aperti al pubblico, completamente gratuiti: si è iniziato il 9 e il 10 maggio, con “Storie di vita ed incon-
tri mancati”; si prosegue il venerdì 16 e sabato 17 maggio, alle 17.00, con “Il circolo delle emozioni”. Per partecipare è necessario effettuare la prenotazione sul sito ufficiale www.psicologimip.it/lecce o telefonare al numero 380.1887467 (referente provinciale Lecce). *** Il MIP nasce nel 2008 per favorire la conoscenza della figura dello psicologo-psicoterapeuta e permettere di comprendere che consultare lo psicologo non ci sottrae dalle sofferenze future, ma ci permette di essere più preparati ad affrontarle e, soprattutto, ci consente di farlo con maggiore serenità. Pertanto, l’opportunità offerta del
colloquio gratuito, all’interno del MIP, costituisce un’occasione utile ad approfondire e migliorare la conoscenza di se stessi, imparare a riconoscere i punti di debolezza e quelli di forza, a individuare le strategie più efficaci per fronteggiare una certa situazione. Nell’incontro “Storie di vita ed incontri mancati” (tenutori il 9 e il 10 maggio), lo psicologo è intervervenuto nel facilitare la verbalizzazione e la condivisione di storie di vita ed emozioni con gruppi di lavoro pratico-esperienziali di Ben-essere e Psicologia sul tema delle biografie emozionali e i legami familiari e di coppia, analizzando tutti i vari possibili momenti critici (l’adolescenza, la
separazione coniugale, il lutto, il gravidanza, la menopausa, l’invecchiamento). Nel prossimo incontro “Il circolo delle emozioni” (16 e 17 maggio, dalle 17), si porrà invece maggiore attenzione allo psicologo-psicoterapeuta come “mediatore centrale” nell’ascolto di singole problematiche legate al vivere quotidiano, come il lavoro, le relazioni sociali, la coppia. Ampio spazio, in particolare, sarà dato al delicato ruolo della figura dei genitori e del sistema genitori-figli, sia nell’età infantile che nella transizione adolescenziale. Gli incontri sono aperti a tutti (dall’adolescente all’adulto)
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Teatro
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spagine
La Compagnia di Io ci provo, è tornata in scena, dal 5 all’8 maggio, nella sala della Casa circondariale di Borgo San Nicola con l’Ultima cena di Alfredo Traps,la regia di Paola Leone adattamento a cura di Mariano Dammacco del racconto “La Panne” del drammaturgo svizzero Friedrich Durrenmatt
Del far giustizia! É di Mauro Marino
la terza volta in scena per “Io ci provo” e, a furia di provarci, il laboratorio rivolto ai detenuti della sezione maschile della “Casa circondariale Borgo San Nicola” ci regala, di anno in anno, “emozioni” sempre più certe sul fronte della costruzione teatrale. L’adesione al lavoro di una Compagnia, al suo “segno ”, è sempre emozionale: il rapimento degli occhi, della complessità cognitiva, s’innerva nel sentire dello spettatore, spettacolo dopo spettacolo, con il crescere di quel “segno” che si fa necessità, espressione e lingua. E se la necessità è il motore migliore per trovare motivo in un attore, questi attori, di necessità, ne hanno da vendere. Sentirsi liberi da detenuti, attraversare territori prima estranei alla loro vita, saggiare la propria capacità comunicativa, dimenticare un sé invadente spesso preso dall’orgoglio quando ostaggio di codici malavitosi, è pratica che muove bisogni, necessità, che mutano in stile, in nuovi comportamenti, in altra vita. Eroica la perseveranza della regista Paola Leone, nella suo credere e nel suo chiedere, nel suo alzare ogni volta il tiro della rappresentazione, sfidando il senso comune e quello particolare che detta le regole della vita carceraria. “Il carcere scompare con lo spettacolo” dice qualcuno e la sfida di Factory Compagnia Transadriatica, trova alleati per far progetti e continuare a lavorare in carcere tra dentro e fuori; quest’anno il sostegno finanziario è venuto dalla Chiesa Valdese, con il patrocinio della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, del Comune di Lecce, del Teatro Pubblico Pugliese. *** Le pareti del tunnel, che dopo i cancelli d’entrata immette nel complesso delle sezioni, cambiano colore: l’odore di vernice fresca chiama lo sguardo al soffitto: da giallo diventa grigio. Poi guardi le pareti, tinte di un tenero glicine, colore non proprio istituzionale, pensi. Il colpo d’occhio lascia ben sperare sul futuro di questo carcere che sperimenta tra i tanti progetti attivati al suo interno anche la costruzione dal basso di nuovi spazi sociali come la barberia o la stanza del telefono…. Quel colore glicine bene si accorda con gli abiti degli attori, già in scena, per l’arrivo in sala degli spettatori. Rosso bordeaux la giacca, rosa i pantaloni, rosa e marrone le scarpe dei due camerieri in attesa. Che eleganza, che eleganza! Anche gli altri, portano toni raffinati, accordati, borghesi… Un tango apre la scena
Alcuni attori della compagnia Io ci provo
con il primo giro di molti giri di bicchierini. I due, a turno, vengono avanti a controllare il pubblico, occhiate lunghe, un tempo tenuto, serafico, autorevole. E tutto diviene liquido, assorbi la scena prima delle parole e poi godi quando cristallizzandosi tutto si ferma, immobile, nel divenire quadro, pittura proprio, come in chiusura, quando evocato, è l’ordine di Leonardo: la sua ultima cena. *** Rimbalzi di voci introducono la storia. La panne di una Maserati e il protagonista, per caso, si trova coinvolto in una serata tra soli uomini. Si sa, i maschi, quando giocano fanno sempre sul serio: a loro, avendolo già fatto per lavoro, piace far processi: “noi quattro qui seduti a questo tavolo siamo ormai in pensione e perciò ci siamo liberati dell’inutile peso delle formalità, delle scartoffie, dei verbali, e di tutto il ciarpame dei tribunali. Noi giudichiamo senza riguardo alla miseria delle leggi e dei commi”. Un tribunale severo, un tribunale privato dove godere - inanellando la giusta strategia processuale - della libertà d’eccedere… Un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e l’imputato. In quella per lui fatale sera, sarà il commesso viaggiatore Alfredo Traps - interpretato dal veterano della compagnia Alessio Pallara - un reato lo si trova sempre e se indagando indagando viene fuori il morto, è fatta, il senso di colpa farà il resto, in assenza del boia. Una storia grottesca in cui “il destino muove da dietro le quinte e si compie, facendo giustizia”, si legge nel comunicato che accompagna lo spettacolo e ancora: “I dieci attori-detenuti - Gjeli Luftar, Alessio Pallara, Gertian Zaho, Gaetano Spera, Maurizio Mazzei, Marco Errini, Francesco Chiarillo, Benjamin Islamaj, Elis Dedei, Pierluigi Bolognese - in nome della giustizia invitano il pubblico a riflettere. Non si tratta di definire una giustizia ideale, un dover essere, che indica la strada da seguire per realizzare o avvicinarsi a ciò che vi è di perfetto. Si tratta piuttosto di seguire le strade tortuose, grottesche, spesso feroci, lungo le quali la giustizia trova la sua realizzazione”. *** Lo spettacolo tenutosi dal 5 all’8 maggio è stato proposto nel giorno del debutto ad un pubblico di soli detenuti, il giorno dopo agli studenti di istituti delle scuole superiori di Lecce, poi ancora al pubblico prenotato e alla stampa e nell’ultimo giorno di replica agli studenti dei corsi di Logica e teoria dell’argomentazione giuridica e di Procedura ed esecuzione penale dell’Università del Salento, accompagnati dai loro docenti.
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Copertina
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LIbr I Malapianta
di Rina Durante al Salone del libro di Torino
“
La Malapianta” di Rina Durante, (premio Salento 1964), ristampato da Zane editrice nell’ambito del progetto “Rina Durante il mestiere del narrare”, sarà presentato da Alessandro Leogrande e Massimo Melillo, oggi domenica 11 maggio, al Salone Internazionale del Libro di Torino. In un momento di grande visibilità, soprattutto turistica, per il salento, è davvero una grande occasione poter far conoscere una delle voci che meglio ne ha saputo scandagliare e narrare la vera anima. L’obiettivo principale del progetto è quello di stimolare un nuovo interesse letterario e antropologico intorno alla figura e all’opera di Rina Durante, avendo cura di trasmettere il valore della sua produzione letteraria e della sua ricerca antropologica alle giovani generazioni. Soprattutto Rina Durante deve tornare ad essere letta e studiata, e riportata ufficialmente al suo posto, nell’ambito dell’importante patrimonio letterario del novecento pugliese. Promuovere la conoscenza della persona, della scrittrice di romanzi, della ricercatrice e della giornalista il cui pensiero, la scrittura e lo spirito battagliero seppero restituire ad alta voce dignità e identità alla cultura popolare. La Supervisione scientifica del progetto è del Prof. Antonio Lucio Giannone – Docente di Letteratura Italiana Contemporanea – Dipartimento di Studi Umanistici - Università del Salento, che ha curato anche la ristampa del libro. Nell’ambito del progetto è stato realizzato un sito internet ufficiale dedicato a Rina Durante, www.rinadurante.it, con taglio scientifico e promozionale, contenente tutte le informazioni riguardanti l’autrice e la sua produzione letteraria, tutte le iniziative legate alla sua persona e realizzate in sua memoria. Primo e unico romanzo di Rina Durante, “La malapianta” vide la luce nel 1964 presso Rizzoli nella collana “Zodiaco”, nella quale erano apparsi, tra l’altro, volumi di giornalisti-scrittori famosi, come Indro Montanelli e Oriana Fallaci. Ambientato nel Salento e, in particolare, in una ristretta area geografica che comprende tre piccoli comuni, Melendugno, Cannole e Calimera, il romanzo narra la storia della famiglia Ardito, composta da Teta e Rosa e dai loro rispettivi figli, in un arco di tempo che va dalla fine degli anni Trenta alla caduta del fascismo. Come afferma nell’introduzione a questa nuova edizione il prof. Antonio Lucio Giannone, “Il romanzo, di primo acchito, farebbe pensare a un’opera tipica del neorealismo al quale rimandano indubbiamente alcune caratteristiche, come l’ambientazione meridionale, la scelta di personaggi appartenenti alle classi subalterne, l’arretratezza delle condizioni di vita in cui essi vivono, nonché il riferimento a precise coordinate storiche e geo-
La copertina della nuova edizione de La malapianta edita da Zane e il seguito (in copertina la prima parte) della “velina” con le motivazioni della giuria che assegna il Premio Salento a La malapianta. Dall’archivio fotografico e documentale di Caternia Gerardi
grafiche. Ma nel 1964, com’è noto, il contesto storico-letterario italiano era assai diverso da quello dell’immediato dopoguerra e dei primi anni cinquanta nei quali sorge e si svi-
luppa la tendenza neorealista. “La malapianta” si allontana dai canoni neorealistici e si avvicina a forme e modi più sperimentali e moderni’ di narrativa”.