spagine
Spagine della domenica n°36 - 6 luglio 2014 - anno 2 n.0 Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri
Diario politico
della domenica n°36 - 6 luglio 2014 - anno 2 n.0
Caro Vendola, N
creda a me, il Medioevo è un deodorante
ichi Vendola è una persona eccessiva. Non è estremista e neppure radicale. Semplicemente incontinente. Lo è in ogni sua manifestazione pubblica, dalla politica alla cultura. Del suo privato non dico; non è lecito dire. Sono fatti suoi. Sabato, 28 giugno, nel corso del Gay pride a Lecce, un mezzo flop con poco più di un migliaio di manifestanti, si è esibito in una serie di eccessi verbali contro chi non aveva ritenuto opportuno, magari anche non condividendo, partecipare alla sfilata degli omosessuali in festa. Li ha chiamati ignoranti, intolleranti; ha detto che queste persone puzzano di medioevo. Premesso che il Medioevo – io lo scrivo con la lettera maiuscola – non puzza, anzi è uno straordinario deodorante giunto fino a noi e andrà oltre in saecula saeculorum, come non puzza nessun periodo della storia, è aberrante pensare che chi non condivide un modello di vita, un modello sociale debba, solo per questo, meritarsi ogni sorta di contumelia. Per di più da un uomo pubblico. E’ aberrante che non si voglia riconoscere ad altri di avere nei confronti degli omosessuali un rapporto di stima e di affetto personali ma di non condivisione delle loro aspirazioni che vanno a modificare una concezione della vita semplicemente diversa e che ognuno ha il diritto di avere e di coltivare. Insomma chi non è con gli omosessuali in tutto e per tutto merita la gogna. Se il trend continuerà, in un futuro non molto lontano, chi non è omosessuale è un troglodita da tenere chiuso in qualche gabbia che elementi come Vendola immaginano di poter realizzare. Non sono le grandi epoche storiche a puzzare, men che meno il Medioevo, dieci secoli in cui si viveva, pur nelle difficoltà storiche, nell’ordine costituito dalla natura e dalla storia. Certamente c’erano uomini che puzzavano; così come ci sono ancora oggi persone che puzzano, come ci sono state e ci saranno in ogni epoca. Queste persone sono riconoscibilissime. Non sono quelle che hanno una concezione della vita fondata su dei valori da difendere coerentemente in confronto aperto e leale con gli altri; ma sono quelle che hanno la pretesa di essere depositarie dell’unico e solo giusto e che dimostrano, ove ne avessero la forza, di imporlo agli altri in tutti i modi possibili: con l’offesa diretta (intollerante, ignorante, puzzone), col ricatto ideologico (se tu avessi un figlio gay che diresti?), con la discriminazione e l’emarginazione (chi non la pensa in un certo modo non è degno di essere considerato una persona civile) e via di questo passo. Persone simili puzzano, sono sempre puzzate dalla preistoria ad oggi. Vendola e i tipi come lui – non intendo riferirmi agli omosessuali tout court – non vivono il rapporto con se stessi in maniera tranquilla; sono disperati. Ostentano sicurezza, orgoglio di essere quello che sono, cercano di mistificare, ce l’hanno coi diversi, in questo caso i normali (si può dire? lo dico solo per esigenza comunicaNella fotografia di Roberto Pagliara Nichi Vendola, Michele Emiliano, Antonio Decaro, Paolo Foresio e Dario Stefano a Lecce nel giorno del Gay pride
di Gigi Montonato
tiva). In realtà si odiano, si disprezzano; vorrebbero contagiare gli altri, giungere ad eliminare ogni sorta di differenza; si comportano come lebbrosi che non tollerano che altri non abbiano la lebbra. Ecco perché non possono accettare che altri non partecipino alle loro sfilate e li minacciano e ingiuriano. Quando Vendola fu eletto per la prima volta alla presidenza della Regione Puglia si ebbe ragione anche di esserne soddisfatti. Un omosessuale dichiarato può anche giungere alla presidenza della repubblica. Che male o che bene c’è? E’ un fatto normale. Ma un omosessuale che voglia violare l’esistenza di un bambino adottandolo per divenirne padre innaturale è cosa che si può anche non condividere, senza per questo essere esposto a pubblico ludibrio. Che non si condivida l’omosessuale che si esibisce in pubblico in atti osceni è un fatto normale. Che non si condivida il Gay pride è un fatto decisamente normale. Perché lo devono condividere tutti? Che ci siano quelli che considerano i Gay pride delle indecorose manifestazioni è perfettamente normale. Per quale ragione devono essere tutti d’accordo? C’è gente a cui non piace il carnevale, altra a cui non piace il calcio, altra ancora a cui non piace la ricotta forte. E, allora? Si vuole ridurre l’umanità ad una sorta di gregge? Se Vendola non fosse così disperante e disperato dovrebbe apprezzare le persone coerenti, ancorché con lui in disaccordo. Piuttosto dovrebbe avere delle riserve nei confronti di altre che, come l’ex sindaco di Bari Michele Emiliano, si dicono sulla strada della conversione. Per carità, ognuno può convertirsi quando e come vuole, ma se poi ci sono sufficienti motivi – e quelli elettorali sono più che sufficienti – per ritenere la conversione strumentale, finalizzata, allora quanto meno bisogna nutrire un minimo di diffidenza. La democrazia non può essere la Tav di ogni pretesa socialmente nefasta, ancorché appagante sul piano individuale o delle minoranze; e se lo è o lo diventa, peggio per lei. Rinunciare a qualcosa nella vita è una prova di forza, non di debolezza: naturae non artis opus est. Certo, occorre ammettere che oggi essere gay non è un fatto scandaloso e drammatico come anni fa, grazie alle battaglie fatte da tante associazioni e da persone coraggiose, ma bisogna anche considerare che la prospettiva incomincia a preoccupare. Non è la prima volta nella storia che gli eccessi finiscono per azzerare importanti conquiste. Oggi nei confronti dei gay si è tolleranti, si può e si deve giungere a non considerarli neppure come diversi, ma se si spinge per la totale condivisione di ogni loro pretesa fino a considerare chi dissente da matrimoni e adozioni un reprobo la reazione potrebbe esplodere di qui a qualche tempo. Ci sono dei valori irrinunciabili, che appartennero al Medioevo e apparterranno al futuro dell’umanità. Chi pensa che la partita dell’umanità si giochi nell’arco di una vita o che certe conquiste o perdite siano definitive non ha capito niente della storia.
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Contemporanea
della domenica n°36 - 6 luglio 2014 - anno 2 n.0
La vita e la cultura
I
dell’inclusione
l miracolo della vita nascente suscita interesse, stupore, meraviglia. Un embrione che si forma, che matura, che cresce, è un evento biologico prodigioso. In specie il mondo cattolico è attento e vigile sui vari sistemi di tutela etica e giuridica da dare all’embrione. Al contempo, laicamente ci chiediamo: è lecito ricercare e sperimentare sulle cellule embrionali? Ed ancora: quando all’embrione si deve dare una patente d’intoccabilità? E a partire da quale stadio? E, soprattutto, è eticamente corretto che il mondo politico intervenga doverosamente per “condizionare” e “determinare” le grammatiche del vivente? Sono tutte domande moralmente corrette che da comuni cittadini, ormai completamente immersi nella moderna bio-epoca, ci poniamo quasi quotidianamente. Si sa, i cattolici hanno una visione diversa, rispetto ai laici, relativamente allo Statuto ontologico dell’embrione. La passata, illiberale, impraticabile Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, piena di incongruenze e di divieti, è stata in questi mesi smantellata dai tribunali e dalla Corte Costituzionale. È stata aperta la strada per la diagnosi genetica pre-impianto e per l’eterologa, che del resto sono routine in numerosi altri Paesi. Persiste, però, il divieto di manipolare gli embrioni autoctoni. Tanti politici del Parlamento italiano, in questi anni, sulle grandi questioni eticamente sensibili, hanno subito il fascino e l’influsso della Chiesa cattolica, ligia alla sua dottrina. I valori “non negoziabili”, evidentemente, rendono bene da un punto di vista elettorale. Addirittura, alcuni giornalisti liberali, cosiddetti atei devoti, hanno abbracciato integralmente la prospettiva bioetica cattolica. È il caso di Giuliano Ferrara, direttore de “Il Foglio”, che ribadisce spesso la sua rigorosissima concezione antropologica: “Come si può convivere con la produzione di embrioni umani, e con la loro macellazione a scopi di ricerca, senza svalutare vita e diritti della persona, dignità dell’esistere? Non hanno forse ciascuno una propria struttura cromosomica? Non sono i singoli, unici, irripetibili Sé, e progenitori del nostro stesso Sé, che la cultura dei diritti dovrebbe rispettare universalmente, senza eccezioni, per principio?” Forse, il proprio Sé si costruisce meticolosamente con la fatica e con il pianto, con la gioia e con il dolore, con l’abnegazione di gente con una quantomeno abbozzata vita di relazione. Certe analisi perfettamente integrali e irreprensibili denotano
di Marcello Buttazzo
una consistente dose di integralismo. Per i laici, fino ad un certo grado e dinamica di sviluppo dell’embrione, non si può parlare di persona, ma solo di “progetto di vita”; per i cattolici, invece, già all’atto dell’unione anfimittica d’uno spermatozoo e d’una cellula uovo, si forma un embrione vitale, una persona a tutti gli effetti. Usando parametri diversificati di giudizio morale, i laici e i cattolici approdano a definizioni di vita, che stridono fortemente fra loro. Purtroppo, accade che si confrontino e si scontrino filosofie ritenute antitetiche, difficilmente conciliabili. L’unione d’uno spermatozoo e d’una cellula uovo per formare un embrione rappresenta, sempre e comunque, un evento. Fuori d’ogni pregiudizio ideologico, l’approccio di metodo e di considerazione dinanzi alla magnificenza della vita nascente dovrebbe essere diverso, plurale: l’embrione, da subito, appena formato, è un progetto di vita (come vogliono i laici) ed è anche vita pulsante ( come ritengono i cattolici). Forse, bisognerebbe partire dal presupposto che le due concezioni (laica e cattolica) non s’elidono necessariamente a vicenda; anzi, ognuna di essa apporta un contributo, un fondamento profondo per l’approfondimento, per la discussione. La cultura dell’inclusione.
E tutti dovremmo adoperarci per approntare rudimenti d’una bioetica quantomeno parzialmente condivisa. In tal senso, razionalmente, non si comprende perché mai, in Italia, non si utilizzino per la ricerca scientifica gli embrioni sovrannumerari orfani congelati, condannati al limbo raggelante dei frigoriferi, destinati comunque ad un lento e irreversibile spegnimento. Il mondo politico, nell’attuale avanzante bio-epoca, ha il dovere di intervenire e di regolare morbidamente le questioni, che sono sommovimenti delle coscienze dei cittadini. L’era che viviamo è politica, le nostre scelte sono politiche. È auspicabile che i rappresentanti delle istituzioni, sovente latitanti o fortemente ideologizzati, s’assumano a pieno le responsabilità. “Il profilo generale della biopolitica coincide con quello d’un potere destinato a produrre forze, a farle crescere e ordinarle attraverso un’azione sulla vita che mira a gestirla, esercitando su di essa controlli e regolazioni d’insieme”, scrive il biochimico Lauro Galzagna ne “La nascita della biologia molecolare”. I politici dovrebbero incrementare con gli investimenti la libertà di ricerca, dovrebbero incoraggiare una vasta socializzazione delle conoscenze, diffondendo capillarmente la cultura scientifica fra la gente.
Accade in città
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zzzzz
P
Cose di ordinaria sanità
di Gianni Ferraris
raticare la sanità da comuni cittadini a volte riserva sorprese piacevoli, più spesso, parlando di burocrazia, imbarazzanti. ASL di Lecce, banalissima pratica di cambio medico. Arrivo alle 12,15 la signora, gentilissima e sorridente, mi dice “Lo sportello è aperto al pubblico dalle 8,30 alle 11,30 però venga per le otto, altrimenti finiscono i numeri e deve ritornare, sa, con la riduzione del personale allo sportello c’è un solo addetto”. Per il resto della conversazione mi ha fornito informazioni puntuali, precise e cortesissime, una che ne sa, ho pensato. L’indomani alle 8,15 sono lì a cercare il mio numero. In ogni salumeria, supermercato al banco affettati, in panetteria, in uffici diversi esiste una macchinetta dove prendi il tuo numero, un self service. Alla ASL di Lecce non c’è. Dietro una scrivania ci sta la signora sorridente e gentile del giorno prima, mi avvicino con un sorriso in risposta al suo, lei mi riconosce e mi porge il numerino, identico a quelli delle macchinette. Si vede
che le ristrettezze economiche fanno si che l’ASL possa acquistare i numerini e non le macchinette. Poi mi siedo sulle panche assieme alla folla di chi già stava lì alle sette e mezza, ho il 77 e chiamano il 68. La chiamata però non è un display come dal fruttivendolo, neppure come dal salumiere, no, è una signora che esce dall’ufficio e chiama. Parlo con il signore che sta vicino a me, si occupa di immigrati “sono qui per loro, lavoro in un ufficio accoglienza e ci sono mille problemi”. Qualche considerazione sull’edificio, in stile decisamente del ventennio, con un dipinto sopra gli ex sportelli per il pubblico che ritrae lavori di campagna, tabacchine. Non c’è né pesca, né mare. “Li avranno fatti per la bonifica” mi fa notare il vicino. Finalmente il 77, entro e saluto tutti… Beh, tutti, saluto lui, l’unico impiegato che riceve il pubblico. Fatti i conti ci sono tre persone che lavorano, uno ascolta, consiglia e si occupa di pratiche, una ha il compito di dare i numerini, la terza di chiamare i numerini. In sostanza, due su tre svolgono un lavoro, per quanto dignitoso, assolutamente inutile, la folla non è poca lì fuori. Esco alle 10,30 circa.
Poi debbo prenotare una radiografia. Se uno fuma per quarant’anni non si deve meravigliare se poi respira quanto, come e se capita. Vado in parafarmacia (i parafarmacisti mi stanno simpatici, i farmacisti meno, sembrano nobili in fase di decadenza). La ragazza prende la richiesta, digita sul computer e mi dice “A Lecce per metà ottobre, a Maglie e Poggiardo in agosto. Il ticket è di 46,50 euro”. Parliamo un po’ e mi fa, visto che devi pagare vedi se te la fanno privatamente, al massimo torni e facciamo la richiesta. Vado dal privato e mi dice “in convenzione sono 20 euro per metà agosto, a pagamento 40 euro e la facciamo immediatamente”. Ma non è la sanità pubblica che costa meno al paziente? Mah… Mistero… Ah, a proposito, sappiate che per l’esenzione del ticket siamo considerati ricchi se guadagniamo una cifra pari o superiore a 8236,31 Euro (688,634 mensili). Non per dire, ma quei 31 centesimi fanno la differenza fra un povero e un ricco. Poi dici che i politici non fanno una mazza, sapete quanto ci vuole per arrivare a concepire 0,31 euro? Almeno tre intere sedute a camere riunite.
Accade in città
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Il diritto alla luce
L
Un convegno sulla Salute degli Occhi all’Istituto per Ciechi Anna Antonacci di Lecce
Ad illustrare la fornella “Duello e trionfo di Davide” attribuito allo scultore Gabriele Riccardi, nell’androne di Palazzo Giaconia dove ha sede l’Istituto Antonacci
di Luigi Mangia
un senso di sgomento. La cecità è sgomento e l’orizzonte è monotonia, a tutela della salute degli occhi, il di- sofferenza. ritto alla luce e la riabilitazione visiva L’Istituto nacque il 10 agosto 1906 come Scuola come sfida nel terzo millennio. Il 26 di istruzione, ed in quelle mura i ciechi impararono giugno nella sala conferenze dell’Isti- a vivere e a vincere la cecità come emarginazione tuto per ciechi Anna Antonacci si è sociale. discusso di salute degli occhi, di di- Oggi l’Antonacci ha un ruolo e funzioni diverse, diritto alla luce e di riabilitazione visiva con esperti, venta infatti Centro di servizi per non vedenti, non come il Professore Zaccaria Scalinci dell’Univer- svolge più il ruolo di istruzione. sità di Bologna, della Dottoressa Maria Rosaria Il Centro dell’ipovisione è l’importante novità del Franco del C.R.V.I. dell’Antonacci del Presidente nuovo Antonacci. Il vocabolario della cecità è camAvvocato Castronovo dell’Agenzia Internazionale biato infatti oggi si parla di riabilitazione delle didella prevenzione della cecità e di Mario Barbuto sabilità visive ed il ricercatore Scalinci sottolinea Presidente Nazionale dell’Unione Ciechi. di essere le cecità disabilità personale e sogget*** tiva. Nell’Istituto Antonacci, luogo della storia della ce- La ricerca è molto impegnata nella riabilitazione cità salentina, si è approfondito il problema della visiva e, quindi, sono molte le soluzioni e le teccecità nella dimensione personale della vita e so- nologie utili alla valorizzazione del residuo visivo ciale della politica. nelle persone non vedenti. La cecità non ha la guida delle stelle nell’orizzonte La guerra è culturale perché si è abituati a vedere dello sguardo ed i ciechi vivono con disagio la solo il cieco. Con il bastone bianco, o accompamancanza della loro presenza così come nello gnato da un familiare o da una persona amica e spirito del poeta Leopardi si è riflettuto: il poeta è non si vuole vedere l’ipovedente: non esiste non seduto sul monte Tabor ed è circondato da una è considerato cieco. “siepe” che gli impedisce la visione dellorizzonte. La riabilitazione non è più cultura di frontiera, di Il limite sensibile sollecita la mente a spaziare nel- pochi illuminati oculisti. Ma è vista come servizio l’immaginazione ed il pensiero si rappresenta al di essenziale da essere parte integrante del patto di là di quella siepe regioni sconfinate, silenzi sovru- salute nel nuovo modello di sanità. mani e profondissima quiete che infondono quasi A Lecce si è di esempio perché abbiamo una Con-
venzione aggiornata ed un equipe completa, interdisciplinare. La riabilitazione visiva infatti è complessa ed interessa più competenze: l’oculista, lo psichiatra infantile, lo psicologo, il sociologo, il tiflologo, ed il pedagogista. L’equipe della Dottoressa Maria Rosaria Franco a Lecce, nell’Antonacci, è già una realtà operativa ed ottiene ottimi risultati. La riabilitazione per la salute degli occhi è fondamentale e deve cominciare già nei primi anni di vita del bambino dal nido alla scuola elementare. Strategico è il suo ruolo nella terza età dell’uomo quando cominciano i problemi con la vista e la riabilitazione diventa necessaria. L’esperienza della riabilitazione visiva in Italia è cominciata trentasei anni fa, con la riforma sanitaria del 1978, ma la sua strada non è stata facile; infatti l’articolo 26 della legge per lunghi anni è rimasto sulla carta, ancora oggi incompleto. Ora la popolazione dei disabili visivi non è diminuita, anzi: i ciechi assoluti sono un numero superiore ai 130 mila mentre gli ipovedenti superano i due milioni su una popolazione di sessanta milioni. In Puglia i ciechi sono circa diecimila, gli ipovedenti più di centomila. I numeri dicono che il problema sociale della cecità è rilevante e quindi merita grande attenzione politica. È proprio la politica ad essere in ritardo, mancano infatti le linee guida della riabilitazione visiva e di questo si è occupato anche il Convegno di Lecce.
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P
Produzioni
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La collezione di Pipi&Pupu a Firenze per gli appuntamernti di Pitti Bimbo
Se la maglietta
non è solo
una maglietta
Il negozio on-line http://www.pipipupu.com/shop/
ipi & Pupu art kids wear, giovane marc h i o indipendente per bambini ha presentato la nuova collezione primavera estate 2015 nel corso delle sfilate e degli appuntamenti dell’edizione di Pitti Bimbo a Firenze dal 26 al 28 giugno. Un grande traguardo per il piccolo brand leccese nato dalla passione di tre giovanissimi artisti-imprenditori grazie al progetto Principi Attivi della Regione Puglia.
Stefan Labuschagne, sudafricano trapiantato a Lecce, anima del marchio assieme ad Alessandra Zizzi, ricorda che “quando abbiamo vinto Principi Attivi nel 2010 non avremmo mai immaginato che un giorno il nostro marchio potesse essere riconosciuto e accettato dal comitato creativo del salone ormai più importante d'Italia e d'Europa per le tendenze dell’abbigliamento bambino”.
Pipi&Pupu ha come line guida il rispetto per l’ambiente utilizzando per le proprie collezioni unicamente cotone organico certificato unito alla creatività di illustratori per l’infanzia e proprio per questo la nuova collezione nella prestigiosa fiera fiorentina sarà esposta nella sezione EcoEthic - uno spazio dedicato al cotone organico, l’ecososteniblità e marchi etici assieme ad altri marchi provenientu da tutto il mondo. Al cuore del progetto dunque c'è la creatività degli illustratori per l’infanzia con la loro grande capacità di portarci in mondi che grandi e i piccoli sognano disegnando abbigliamento e accessory per bambini come tshirt felpe, tute, costumi da bagno, gonne, leggings e cappellini. Un progetto all’inizio non classificabile nella moda,
ma crescendo e verificandone le potenzialità, “la nostra strada” aggiunge Labuschagne “si avvia verso quello che il mercato richiede oggi, cioè il rinnovamento con ogni stagione e una collezione composta da più tipologie merceologiche”. Allo stesso tempo però Pipi&Pupu resta un marchio di abbigliamento per bambini che non segue i trend ma si concentra totalmente sulle illustrazioni e sui concept che di volta in volta vengono proposti agli illustratori scelti per svilupparli con le loro creazioni. Il marchio ha visto nelle prime tre collezioni la collaborazione con gli illustratori leccesi Efrem Barrotta, Vincenzo Zichella e Francesco Maggiore, mentre la collezione primavera estate 2015 coinvolge quattro nuovi giovani illustratori italiani ed è composta da 4 serie: Under the sea, illustrazioni di Philip Giordano, artista italo-giapponese premiato di recente all’International award for Illustration di Bologna. Monstrous, illustrazioni della toscana Ilaria Guarducci (giovane illustratrice d’infanzia e illustratrice del libro “A spasso con gli alieni”. Princes & princesses, illustrazioni di Ilario Albano e Simone Miri (giovani illustratori di libri e cartoon). Tootyfruity, magliette in cotone organico maltinte a freddo con colori naturali, e con essenze di frutta per creare un’immagine super fresca e bio.
Un piccolo miracolo nato dalla tenacia dei tre giovani creativi che hanno colto grazie alla lungimiranza del progetto Principi Attivi, la possibilità di fare della propria passione un lavoro vero e proprio.
Spettacolo
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Spagine della domenica n°36 - 6 luglio2014 - anno 2 n.0
Siamo tutti su una strada il recital di Andrea Rivera a Melpignano
A
Il 19 luglio, alle 21.30, a Melpignano, in Piazza San Giorgio, Andrea Rivera, presenta Siamo tutti su una strada.
ndrea Rivera racconta la sua storia: dalle strade di Trastevere alle strade italiane attraverso il teatro canzone. Sulla scia di Giorgio Gaber, RIvera non racconterà solo la sua storia ma anche quella dell’Italia contemporanea, con i suoi pregi e i suoi difetti, presentando il suo nuovo disco: “Verranno giorni migliori” ( Ed. Fiori Rari) con l’idea di legare la musica al teatro con toni critici e costruttivi sulle onde e i costumi della società di oggi. Ad accompagnare l’artista romano sul palco Alessio Bonomo, cantautore e direttore artistico della rassegna “SummerKult” che presenterà il suo ultimo cd “ Tra i confini di un’era”. AL’attore è nato a Roma, il 23 marzo del 1971 è conosciuto per i suoi interventi comici nella trasmissioni di Serena Dandini, Parla con me, dove veste i panni del "citofonista" ed è interprete della sigla finale e The Show Must Go Off dove con le "interviste doppie" dove interpreta entrambi gli "intervistati tipo". A Roma è molto noto come animatore delle notti trasteverine in numerosi locali e per le strade, dove si è esibito come chitarrista, cercando un nuovo modo di comunicare basato sulle tecniche degli artisti di strada e del teatro canzone. Proprio questo filone teatrale, da lui ripercorso sulla scia di Giorgio Gaber, denunciando con toni fortemente critici le mode e i costumi della società di oggi, gli è valso nel 2004 la menzione della giuria al PremioGaber, per "talento e coraggio". Al cinema, è stato uno dei protagonisti del film Dentro la città di Andrea Costantini, nel 2004; è stato inoltre fra gli interpreti del film per la tv Il generale Dalla Chiesa, di Giorgio Capitani. Nel 2006 ha condotto, su SkyTV, il programma Iride Caffè. Il 1 maggio 2007, in occasione della festa del lavoro, è stato fra i conduttori del tradizionale concerto del Primo Maggio a Roma. Ha presentato anche il 1 maggio 2014 a Taranto con Luca Barbarossa e l’attore Michele Riondino.
Fotografia
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Il comico romano in una illustrazione per il disco “Verranno giorni Migliori”
Ulderico Tramacere con l’Arneo per Portfolio Italia
Ulderico Tramacere premiato a Corigliano Calabro
Una efficace introduzione narrativa consente all'Autore di condurci nella conoscenza storica e geografica del territorio pugliese dell'Arneo. Utilizza in tal senso richiami espliciti all'economia e all'umanità di quella regione riconducendoli ad una ritrattistica forte quanto pertinente e ad un verismo asciutto quanto rigoroso": così la commissione selezionatrice del "VII Corigliano Calabro" premia l'ultimo lavoro del fotografo leccese Ulderico Tramacere. Il portfolio presentato da Tramacere in Calabria è costituito da dieci immagini in bianco e nero riguardanti la comunità marinara di Porto Cesareo. Il corpus si apre con scene tratte dai giorni della festa in onore della Madonna del Perpetuo Soccorso, come il gioco della cuccagna e la caratteristica processione a mare. Successivamente, sempre a bordo della medesima imbarcazione, il lavoro si concentra su una battuta di pesca, dalla quale emerge non soltanto la tradizione marinaresca ma anche la sua evoluzione. Nonostante il tono reportagistico del progetto, Tramacere utilizza un linguaggio simbolico e dei toni lirici tali da superare la contingenza spazio-temporale degli scatti e trasmettere una calda ed intima emotività. Questo portfolio è, in realtà, parte di un più ampio progetto al quale Tramacere ha lavo-
rato per oltre un anno. Il fotografo ha rivolto il suo sguardo non soltanto alla realtà marina del territorio d’Arneo, ma anche al suo entroterra: nell’intero progetto sono infatti presenti aspetti come l’agricoltura e la pastorizia, le comunità dei piccoli borghi, le testimonianze viventi del secondo dopoguerra. Si tratta, dunque, di una ricerca documentaristica alla quale si affianca una più intima ricerca di radici individuali e collettive, condotta per mezzo di linguaggi eterogenei e di un’efficace apertura interpretativa. Il Festival di Corigliano Calabro in provincia di Cosenza è la quarta tappa dell'undicesimo Portfolio Italia, il concorso nazionale organizzato dalla FIAF - Federazione Italiana Associazioni Fotografiche. L'evento si è svolto presso il Castello Ducale della cittadina calabrese nelle giornate di sabato 28 e domenica 29 giugno, durante le quali la commissione ha effettuato le letture dei portfolio presentati. La giuria, composta da Kim Cunningham, Luciano Ferrara, Cosmo Laera, Attilio Lauria, Fulvio Merlak, Pippo Pappalardo, Daniela Sidari e Giancarlo Torresani, ha premiato "Arneo" consentendo così a Tramacere di accedere alla finale del concorso, che si svolgerà al Centro Italiano della Fotografia d'Autore di Bibbiena (Arezzo) il prossimo 29 novembre.
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Musica
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I
Al Salento Sound Festival arriva Shaggy L’appuntamento per l’ottava edizione è il 4 agosto a Supersano
di Alessandra Margiotta
l Salento Sound Festival si svolge ogni anno a Supersano ed è all’ottava edizione. Ha portato sul palco diversi artisti internazionali lasciando però sempre un posto importante a quelli salentini. Quest’anno apriranno il concerto i Bunda Move e come ospite principale ci sarà il singer internazionale Shaggy. Lorenzo Contini, tra i fondatori del festival, ci racconta le novità in questa intervista esclusiva.
Ciao Lorenzo. Ottava edizione del Salento Sound Festival, cosa c’è di nuovo? Questo festival si propone di dare innanzitutto risalto al Salento e ad artisti salentini. Ogni anno abbiamo avuto almeno un gruppo del posto come gli Apres La Classe oppure i Boom Boom Vibration prima che si sciogliessero. Quest’anno come novità ci sarà il gruppo Bunda Move ad aprire il concerto dove presenterà il nuovo disco.
Tutto ciò quindi per dare una connotazione ‘autoctona’ al festival? Assolutamente sì. Ogni anno abbiamo avuto artisti internazionali ma ritagliando in particolare uno spazio importante per artisti salentini.
A proposito di artisti internazionali, quest’anno sarà Shaggy a chiudere il festival. Perché avete scelto proprio lui? Noi abbiamo scelto di rimanere sulla linea ska/reggae e dunque sui ritmi in levare. Shaggy poi è un valido artista e piace davvero tanto. Ci aspettiamo molte persone.
Cosa vi spinge ogni anno ad organizzare il Salento Sound Festival? La gente che ce lo chiede ma soprattutto la nostra grande passione. Non facciamo nulla per lucro, ogni anno il concerto è stato gratis, solo quest’anno ci sarà un contributo volontario di due euro perché nessuno ci dà una mano ma è tutto autofinanziato. Un piccolo aiuto per tutte le spese del festival che sono davvero tante.
Pensi che questo evento possa cambiare qualcosa a Supersano? Credo proprio di sì. Ogni anno ha portato un grande movimento di giovani ed un incremento di turisti che affollano trattorie e B&B favorendo i piccoli imprenditori e i commercianti locali. E’ stato sempre così dalla prima edizione del festival. Anche quest’anno stiamo già avendo delle richieste di prenotazione. Un piccolo contributo culturale ed economico per Supersano e per il Salento.
Lascia un messaggio a chi sta leggendo questa intervista... Ci saranno degli ospiti, delle grosse sorprese che adesso non possiamo dire. Venite in tanti perché ne vale davvero la pena.
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di Vito Antonio Conte
Ci sono Momenti… Ci sono Momenti che durano un Attimo. Ci sono Momenti Infiniti. Il Tempo, come l’Amore, è Benedizione, Salvezza, Vita. Il Tempo, come talvolta l’Amore, è Maledizione, Dannazione, Morte. Il Tempo è Gioia e Dolore. Poi, ogni cosa contiene anche l’altra. Poi, il Tempo contiene l’Amore. Poi, l’Amore contiene la Vita. C’è il tutto nel niente. C’è il niente in ogni cosa. C’è che di tutto e di niente rimane sempre qualcosa. Com’ogni corpo è capace di disvelare, sempre e comunque, in un modo qualunque, un’anima o qualcosa che (chiamatela come volete) le somiglia. Com’ogni anima che, per essere, necessita d’un involucro. Com’ogni suono che, per diventare musica, ha bisogno d’essere organizzato e, prim’ancora, ispirato e mosso. Spesso di musica (e con e per la musica) ho scritto. Spesso di musica ho parlato. Spesso, molto più spesso, senza non ho vissuto.
I
l mio lutto è stato senza musica (se escludo il suono strepitoso del silenzio…), a lungo senza musica, senza alcuna musica, senza tutta la mia musica. Esclusi gli orribili suoni dell’assenza lungo la lunga strada della metabolizzazione della mancanza… Escluso il suono sordo del mistero d’essere.
Antonio e suo figlio Max…). Me ne han fatto dono (del CD intendo) i miei figli (insieme a tre righi d’Amore…), che conoscono i miei gusti musicali e (bene) si son fatti consigliare dal tizio della musicheria, dove l’hanno acquistato.
Sono ripartito dal buon J. J. Cale (anche lui altrove, da un anno ormai). Poi, antichi ritmi, ritmi ancestrali, ritmi tribali, ritmi primitivi… E l’amato jazz (che di tutti quei ritmi possiede l’anima). Il tremito è giunto qualche giorno fa: il suo nome è “Free Souls”, ultimo lavoro dell’eclettico Nicola Conte, uscito il ventisei maggio scorso. L’ho ascoltato esattamente un mese dopo, il ventisei giugno scorso, il giorno del mio compleanno (ch’è anche quello di mio padre, sebbene all’anagrafe risulti – in certe carte - il ventotto, come mia figlia Andre, o – in altre – il ventinove…; così almeno ci è sempre piaciuto credere… per un fatto di famiglia: come zio
Così, da una settimana ormai, nel mio stereo, gira sempre “Free Souls”, e mi fanno compagnia le anime libere del sound (stessa radice di soul) di Nicola Conte, del suo Combo e dei tanti musicisti ospitati per quest’ultima produzione musicale del poliedrico artista pugliese (di origini, ma di respiro internazionale). L’ho scoperto (una vita fa) su un promo della Putumayo World Music, contenente otto tracce d’artisti diversi: “Putumayo Grooves”. Il pezzo di Nicola Conte era “Missione A Bombay” (tratto da “Bossa Per Due”), un jazz intriso d’elettronica e echi esotici, più groove che swing, e mi ha fatto (in quel 2003) venire in mente “Le avventure indiane di Giuseppe Bergman” di Milo Manara. Parafrasando un’altra opera di Milo Manara (su testi dell’immenso Hugo Pratt), si potrebbe dire (per “Free Souls” di Nicola Conte) che “Tutto ricominciò con un’estate indiana”. “Free Souls” contiene suoni e melodie che vengono da lontano e, in certi casi, da molto lontano. Delle tredici tracce contenute, cinque appartengono alla migliore tradizione jazz, blues e bossa, e sono state sapientemente riprese da Nicola Conte; le rimanenti otto tracce sono da ascrivere allo stesso Conte (con varie collaborazioni di artisti nazionali e internazionali). “Ahmad’s Blues”, composta dal pianista jazz statunitense Ahmad Jamal (nome che Frederick Russell Jones – lontano parente di Malcom X -
Musica
della domenica n°36 - 6 luglio 2014 - anno 2 n.0
L’amore è suono assunse nel 1952 dopo la sua conversione all’Islam), è interpretata meravigliosamente da Melanie Charles. Breve digressione su Ahmad Jamal: è stato (a lungo ignorato dalla critica – anche per la sua fedeltà al Midwest: prima Pittsburgh, luogo di nascita, e poi Chicago, dove a lungo diresse il suo club, l’Alhambra, rispetto a New York, luogo d’elezione dei jazzisti più noti negli anni cinquanta -) un innovatore del piano jazz, uno dei primi (nella seconda metà del XX secolo) a diversificarsi dallo stile bop (introdotto dal pianista Bud Powell) in voga in quegli anni, prediligendo la leggerezza del funky, ispirato alla musica caraibica, sempre con virtuosismi e crescendo, e mai abbandonando l’uso dell’attacco forte e del rilascio altrettanto forte e improvviso. Jamal era amatissimo da Miles Devis, che lo considerava un “grandissimo pianista che non ha mai avuto il riconoscimento che gli spettava”. Col nome di “Fritz” Jones accompagnò (giovanissimo) la grande Dinah Washington. Due suoi brani (“Music, Music, Music” e “Poinciana”) sono stati utilizzati da Clint Eastwood nel suo film “I Ponti di Madison County” (tratto dall’omonimo romanzo di Robert James Wallace). “If I Should Lose You”, scritta da Ralph Rainger e Leo Robin, già interpretata da monumenti quali Nina Simone e Frank Sinatra, è cantata da Marvin Parks (che, per quel che posso dire, non fa rimpiangere le precedenti interpretazioni).
Altra digressione: questa volta sul brano: fu utilizzata (1936) nel remache del film muto (western) “Rose of the Rancho” (1914). Il testo è un’intensa e delicata dichiarazione d’amore: “Se dovessi perderti
/ Le stelle cadrebbero dal cielo / Se dovessi perderti / Le foglie appassirebbero e morirebbero / Gli uccelli in Maytime / Canterebbero un ritornello solitario / E io vorrei vagare / Odiando il suono della pioggia / Con te accanto a me / Nessun vento in inverno soffierebbe / Con te accanto a me / Una rosa fiorirebbe nella neve / Ti ho dato il mio amore / Ma i ho vissuto un sogno / E vivere sarebbe invano / Se ti perdessi”. “Baltimore Oriole”, di Hoagy Carmichael e Paul Francis Webster, è magistralmente reso da Bridgette Amofah, della quale ancora dirò. “Sandalia Dela”, composta da Claudio Luiz (de Castro), uno dei maggiori (benché trascurato) autori di bossanova (todo sentimento e todo Brasil), è un gioiello (interpretato – tra gli altri – da Duke Pearson e portato al successo da Stan Getz – con Flora Purin –) reso ancor più lucente dalla voce di Heidi Vogel. L’ultimo dei pezzi “ripresi” da Nicola Conte è “Ode To Billie Joe”, che, a giudizio di chi scrive, è meravigliosamente fantastico, un pezzo con le palle e con il cuore. Visceralmente cantata dalla già citata Bridgette Amofah: sei minuti che vorresti non finissero mai! Nuova digressione: “Ode To Billie Joe” è il singolo col quale l’allora sconosciuta Bobbie Gentry scalzò dalle classifiche, nel 1967 in America, niente meno che “All You Need Is Love” dei Beatles, vendendo quasi un milione di copie in breve tempo, così dando popolarità e celebrità durature alla Gentry, tant’è che il testo (narrazione della vita quotidiana – duro lavoro nei campi - nell’assolato e povero entroterra del Delta del Mississippi e l’indifferenza – dei familiari – e l’estrema sensibilità – di altri… - di fronte alla morte: suicidio del giovane Billie Joe, lan-
Nicola Conte è compositore e produttore a Bari, sua città natale ha curato la direzione artistica del mitico club “FEZ”
ciatosi nella corrente del Tallahatchie…) ha ispirato un film e il mistero che aleggia nei versi della Gentry è fonte inesauribile di fascino sino a oggi (anche per i temi connessi al fatto principe e al modo in cui l’autrice li ha trattati…). “Era il tre di Giugno / Un’altra sonnolenta, polverosa giornata nel Delta / Io ero fuori a tagliare il cotone / E mio fratello raccoglieva fieno / E all’ora di pranzo ci fermammo, / E camminammo fino a casa per mangiare / E mamma gridò dalla porta sul retro / <Ricordatevi di pulirvi i piedi> / E poi disse che aveva avuto delle notizie la mattina da Choctaw Ridge / Oggi Billie Joe MacAllister è saltato giù dal Tallahatchie Bridge. / Papà disse a mamma, facendo girare il piatto dei piselli, / <Be’, Billie Joe non ha mai avuto un briciolo di buonsenso, / Passa i biscotti per favore / Ho ancora cinque acri da arare nella parte bassa> / Mamma disse che era comunque un peccato per Billie Joe / Sembra che non succeda mai niente di buono a Choctaw Ridge, / E adesso Billie Joe MacAllister è saltato giù dal Tallahatchie Bridge. / E mio fratello disse che ricordava quando lui e Tom e Billie Joe / Mi misero una rana giù per la schiena al cinema di Carrol County / E non ero forse io a parlargli dopo la messa la scorsa domenica sera? / <Prendo un’altra fetta di torta di mele. Sai, mi sembra strano / L’ho visto proprio ieri al mulino a Choctaw Ridge / E adesso mi dici che Billie Joe è saltato giù dal Tallahatchie Bridge>. / Mamma mi disse <Tesoro, cos’è successo al tuo appetito? / Ho cucinato tutta la mattina e non hai toccato nemmeno un boccone. / Quel giovane e carino predicatore, Brother Taylor, è passato oggi, / Ha detto che gli farebbe piacere cenare con noi Domenica. A proposito, / Ha detto che ha visto una ragazza che ti somigliava molto su a Choctaw Ridge / E lei e Billie Joe stavano buttando qualcosa giù dal Tallahatchie Bridge>. / Un anno è passato da quando abbiamo sentito la notizia di Billie Joe / Mio fratello ha sposato Becky Thompson, hanno comprato un negozio a Tupelo / C’è stato un virus in giro, papà l’ha preso ed è morto la primavera scorsa / E adesso mamma non ha più voglia di fare granché / E io, passo parecchio tempo a raccogliere fiori a Choctaw Ridge / E li lascio cadere nelle acque fangose giù dal Tallahatchie Bridge”. Ce ne sarebbe da dire… “Ode To Billie Joe”, nel CD in parola, è superbamente arrangiato da Gaetano Partipilo. Gli altri otto pezzi sono tutti di ottima fattura. Una nota particolare per la traccia numero tre, “Free Souls”, che dà il titolo al CD, e (una volta ancora) a chi la intepreta: Bridgette Amofah. Il risultato complessivo è d’un’estrema gradevolezza, frutto della capacità di Nicola Conte di recuperare, creare, assemblare, giocare con diversi stili musicali, inventare nuove strutture e armonizzare il tutto avvalendosi di musicisti e voci straordinarie. Tutti meritano un plauso. Soprattutto quelli che non ho menzionato. Per conoscerli, però, procuratevi “Free Souls”. Farò un’eccezione per Luca Alemanno, ch’è figlio di questa nostra Terra. Ascoltate questo CD, è un passo importante verso la scoperta dell’anima e il connubio con madre Natura. È l’Amore fatto Suono.
spagine
Al Fondo Verri il ciclo di matinée dedicate ai “viaggiatori” della domenica n°36 - 6 luglio 2014 - anno 2 n.0
Copertina
I
l Salento è nei suoi riti integro, intenso, unico. Un ricordo ormai… È così in ciò che ha perso: “sanato” dal tempo, “risolto” dalla modernità che di riti ancora ha bisogno per sentirsi viva, utile, efficace, “corale”. Da questa riflessione nasce l’idea delle mattinate di proiezioni de “Il Salento nel film etnografico”, prima iniziativa di “Artigiana-La casa degli autori” progetto del Fondo Verri che rientra nel Programma delle attività culturali della Regione Puglia per il 2014. La rassegna è realizzata dal Fondo Verri con la direzione artistica di Mauro Marino e Piero Rapanà in collaborazione con Giovanni Chiriatti e la casa editrice Kurumuny. Un ciclo di appuntamenti tematici rivolti soprattutto alla fruizione giornaliera del pubblico dei viaggiatori, dei turisti, che sempre più numerosi attraversano le strade del centro storico di Lecce desiderosi di scoprire i “segreti” della terra che generosamente li accoglie. I film e i documentari di carattere etnografico che saranno proposti nel ciclo delle matinée sono scelti dal catalogo delle produzioni di Kurumuny, casa editrice specializzata in pubblicazioni di carattere multimediale riguardati la storia, la cultura e la musica del nostro territorio. Saranno proposti al pubblico: “La Taranta”, film del 1962 di Gianfranco Mingozzi (durata 20 minuti); “Stendalì Canti e immagini della morte nella Grecìa Salentina”, film del 1960 di Cecilia Mangini (durata 11
minuti); “Il male di San Donato” film del 1965 di Luigi Di Gianni (durata 10 minuti); "Fata Morgana" film del 1962 di Lino Del Fra (durata 11 minuti). Disponibili nella collezione del Fondo Verri, in una particolare sezione dedicata al film di ambientazione salentina: “Pizzicata” film del 1996 di Edoardo Winspeare (durata 95 minuti); “L’Arneide” film del 2002 di Luigi del Prete (durata 59 minuti); “Italian Sud Est” film del 2003 di Fluid Video Crew (durata 120 minuti); “Ritorno a Kurumuny” film del 2003 di Piero Cannizzaro (durata 36 minuti); “Il sibilo lungo della Taranta” film del 2005 di Paolo Pisanelli (durata 88 minuti), “Hanna e Violka” un film del 2009 di Rossella Piccinno (durata 56 minuti). ***
Salento: Movies and Memories
A program of movies and documentary films organized by Verri Fund in collaboration with Kurumuny publishing house. Matinée shows: Monday to Friday, 9:30/ 12:30 7-25 July 18-29 August 2-19 September
Salento might still seem untouched, intense, unique, when seen through its rituals, …but in reality, rituals faded out over time, they are only reminiscences.
Yet, in modern days there is the need for rituals to feel alive, strong, in harmony with ourselves. Salento: Movies and Memories stems from this reflection, it is the first initiative of ‘Artisan-the house of authors’, a Verri fund’s project part of Puglia's cultural program 2014. The initiative is particularly thought for all tourists and visitors who wander with curiosity in Lecce’s alleyways, searching for the secrets of a land that warmly welcomes them. The program of the matinée shows will be selected from Kurumuny’s productions. Kurumuny is the publishing house specialized in multimedia publications of documentary films and movies on history, culture and music of Salento. Selected program
“La Taranta”, directed by Gianfranco Mingozzi , 1962, lenght: 20’; “Stendali, songs and images on the death of Grecia Salentina”, directed by Cecilia Mangini, 1960, length: 11’; “The Ilness of San Donato”, directed by Luigi di Gianni, 1965, length 10’; “Morgan the Fairy”, directed by Lino del Fra, 1962, length: 11’. *** In a special section dedicated to the film's contemporary setting of Salento: “Pizzicata”, directed by Edoardo Winspeare, 1996, lenght: 95’; “L’Arneide”, directed by Luigi del Prete, 2002, lenght: 59’; “Italian Sud Est” film del 2003 di Fluid Video Crew 2003, lenght: 120’; “Ritorno a Kurumuny” directed by Piero Cannizzaro 2003, lenght: 36’; “Il sibilo lungo della Taranta”, directed by Paolo Pisanelli, 2005, lenght: 88’; “Hanna e Violka”, directed by Rossella Piccinno, lenght 56’.