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Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Spagine della domenica n°42 - 7 settembre 2014 - anno 2 n.0

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

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L’inganno delle L

a parola magica da un po’ di anni a questa parte in Italia e in Europa è “riforme”. Sembra che tutto dipenda dalle riforme. Tutto va bene dove sono state fatte per tempo; tutto va male dove non sono state fatte. In Italia stiamo facendo riforme dagli anni Settanta del secolo scorso. Basti pensare alle tantissime riforme della scuola; alle tantissime del sistema elettorale. Altre sono state impedite. Basti pensare a quella della giustizia. Non parliamo della Costituzione, per la quale si è minacciata per anni una vera e propria resistenza; si sono scomodati referendum. Abbiamo la Costituzione più bella del mondo! Era l’opinione, condivisa poi da milioni di italiani, dell’ex Presidente della Repubblica Scalfaro. “Resistere, resistere, resistere” fu il testamento dell’ex Procuratore Generale della Repubblica di Milano Borriello nel lasciare l’ufficio per raggiunti limiti d’età. Magistrati in processione con il testo della Costituzione in mano, come guardie rosse col libretto di Mao. Girotondi e spettacoli similari hanno deliziato gli italiani invaghiti della Costituzione. Intorno alle riforme – fatte, tentate, negate – si è sviluppato lo scontro politico di questi ultimi vent’anni. La parola riforma ha in sé l’idea di progresso, di miglioramento, di perfezionamento, di adeguamento a situazioni mutate, a cambiamenti di prospettiva. Culturalmente si sposa con l’illuminismo, col razionalismo, col concetto borghese di sviluppo. Per dire la verità la vera riforma è quella che si fa senza pianificarla in ragione del naturale e spontaneo adeguamento alle necessità insorgenti. La riforma pianificata giunge sempre in ritardo rispetto ai fatti e alle necessità, è la risposta tarda a cambiamenti già avvenuti. Nel migliore dei casi in Italia la “riforma” la usiamo come gli indiani d’America usavano la danza propiziatrice intorno al totem; nel peggiore per nascondere il regresso, il peggioramento, l’involuzione.

Si tratta di frodi e inganni messi in atto dai pubblici poteri, che intellettuali di ogni taglia dovrebbero smascherare e che invece fanno passare addirittura per cose buone. Il filosofo Giulio Cesare Vanini, arso a Tolosa nel 1619, riteneva che compito del filosofo fosse “fraudes detegere, figmenta patefacere” (svelare le frodi, smascherare gli inganni). Vanini dovrebbe diventare il patrono laico dei giornalisti. Se essi, che sono per ruolo mediatori di verità, non stanno nella formula vaniniana sono dei traditori. L’inganno delle riforme si può capire e si capisce in una società basata sull’immagine, sulla propaganda, sulla falsificazione eretta a sistema. Meno democrazia e partecipazione c’è e meglio funziona l’inganno. Mussolini, dopo le sanzioni economiche della Società delle Nazioni per la guerra d’Etiopia, voleva convincere gli italiani che i fagioli sono la carne dei poveri; che il te, il caffè, lo zucchero, i dolci sono alimenti per popoli debosciati e corrotti. Ancora oggi, in qualche sacca sociale della realtà meridionale, dove resiste il concetto arcaico di frugalità, c’è qualcuno che esclama: quanto vale una pignata di fave o di piselli o di ceci! Oggi, nel vuoto politico che si è creato, ci vogliono convincere che la politica è un inutile chiacchiericcio; che i partiti sono comitati di affari; che due camere parlamentari sono troppe e che l’una è dannosa per l’altra e tutte e due per il Paese; che stare ricoverati in ospedale fa male alla salute perché si possono contrarre malattie; che a scuola i supplenti, che sostituiscono i titolari quando ne ricorre l’esigenza, sono un danno; che i postini con la posta elettronica non hanno più senso; che cinque corpi delle forze di polizia sono troppi e via renziando o riformando, nell’indifferenza o addirittura con la complicità dei giornali, che quasi tutti appoggiano gli inganni del governo. Ma come comunica bene Renzi! Comunica così bene da far passare una cosa cattiva per buona, da inventarsi perfino un’opposizione che non c’è. E

tu, che invece di svelarla in tutta la sua fraudolenza, tu giornalista, che fai? Ti limiti ad elogiare il truffatore! E bravo il fesso! Va da sé che l’opera truffaldina del governo non è frutto di cattiveria o di malvagità. Ci mancherebbe altro! Viviamo una situazione difficile, a cui si cerca di porre rimedio. Siamo diventati poveri dopo il grande sperpero partitocratico e, attraverso i partiti, socialmente generalizzato: dagli imprenditori, che si facevano pagare dieci-venti volte di più i lavori pubblici realizzati, realizzati male per giunta, ai politici che si facevano pagare le tangenti, ai falsi contadini che percepivano assegni di disoccupazione e pensioni non spettanti, ai falsi poveri e ai falsi invalidi, è stato un fotti-fotti generale, un fotti tu che fotto anch’io. Quando si sente sparare a zero sulla politica c’è da applaudire; ma quando a sparare a zero e ad applaudire è chi ha beneficiato dello scialo c’è da tagliargli la lingua e le mani. Gli italiani dovrebbero tacere. Tutti hanno lucrato e rubato per più di settant’anni. Nulla in Italia è stato più generalizzato del furto ai danni dello Stato, della Società, della Nazione. Intendiamoci, gli italiani repubblicani e democratici, non hanno inventato il furto e la frode, ma hanno reso il furto e la frode alla portata di tutti. Quel che prima era un’eccezione, spesso punita; dopo, con la democrazia, è diventato regola. Ora al governo abbiamo il grande venditore di fumo, che quando non è dolciastro è acre e irritante. Il modo come comunica Renzi è politicamente primitivo, moralmente squallido, civilmente offensivo. Se un giorno di questi tirasse fuori la ninfa Egeria, la stessa dalla quale il re di Roma Numa Pompilio traeva ispirazione per le sue riforme, sarebbe perfino più moderno, più rispettoso e più educato. A credergli davvero sarebbero in pochi, ma a far passare la sua truffa per verità sbaverebbero i giornalisti di tre quarti dei media nazionali.


Diario politico

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Dietro le parole solo frodi e inganni

riforme

di Gigi Montonato


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Nella Terra

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oi umani non siamo isole staccate dalla terraferma: siamo soffio, radice, giro vorticoso di venti. Siamo sole che scalda, piatto di grano, alba che aspetta. Siamo la stella sospesa nella prima luce del mattino, il cigolio della brezza, l’orizzonte striato che s’arancia, la notte sciame e fruscio infinito di stelle. Noi umani siamo parole. “Sono nata il ventuno a primavera, ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle, potesse scatenare tempesta”, canta Alda Merini. Per amore, si vive solo per amore. Che è pienezza, ma è anche vuoto, assenza. L’amore è gioia, aurora fremente, sguardi che s’incrociano, corpi che si toccano, sensi che s’estasiano. L’amore è anche perduto amore, astro lontano che brilla nel suo sfuggente altrove, firmamento fuggevole, chimera persa per sempre. L’amore vissuto e quello unicamente vagheggiato, vezzeggiato, sono due eventi aleatori dello stesso dado, lanciato milioni di volte a mostrare sempre l’identica faccia: amore. Si traversa l’esistenza per amore, solo per amore. Per il desiderio di veleggiare sulle creste dell’indefinito, di correre a piedi nudi su incerti selciati, che fortunatamente non possono essere ristretti e tratteggiati da teoremi stringenti e irrefutabili. Il sentimento è l’unica ragione plausibile delle stelle, scuote le coscienze, naviga nel sommerso, emerge alla luce, rappresenta la grammatica dei comportamenti, perché va a fondo scavando nelle fondamenta, nelle scaturigini più recondite dell’essere. Siamo uomini con storie e biografie diverse, ma tutti accomunati da un Dna di sangue, che scorre in passionali rigagnoli. Siamo uomini e figli di questa Terra. Rammemorare amore, è come mirare sirene marine e ballerine e il loro riverbero purissimo, è come pensare allo sguardo carezzevole d’una vecchia madre premurosa, alla Natura che si desta, al mandorlo e al susino che in primavera si vestono di sposa. Quando si agogna amore, non si può non ricordare con riconoscenza e affetto Alda Merini, la grande poetessa, meravigliosa paladina degli ultimi, degli esclusi, dei diseredati. Alda non è morta. Un poeta in eterno fa barbagli di sé. Lei è stata una leggiadra presenza, una gentile psicoterapeuta che ci ha mostrato la strada. Certo, un’anima indocile, ribelle, che purtuttavia ha saputo spalancare le braccia e ci ha accolto nel suo lirico nido. Nella sua Terra Santa, lastricata di dolore e di vigore, la poetessa rubava le rose e aspettava s’aprisse la luna nei giardini del manicomio. Alda ci ha fatto gustare il sapore raffinato e terragno della sua diversità, fatta anche

Poesia

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di Alda di Marcello Buttazzo

di sofferenze estreme, di innumerevoli elettroshock patiti, di figlie partorite e sottratte con la violenza, ma alfine una diversità strutturata sulla parola: che è sempre salvifica, e può schiudere i rosei orizzonti. Nella sua opera “L’altra verità. Diario d’una diversa”, nella prefazione, Giorgio Manganelli così s’esprime: “Grazie alla parola, chi ha scritto queste pagine non è stata sopraffatta, ed anzi non è mai stata esclusa dal colloquio con ciò che apparentemente è nudo e sordo e cieco”. Alda ci ha fatto comprendere la dignità della follia, che non è mai fine a stessa, non è uno spento ostello, ma dinamico accadimento. Ci ha insegnato che non bisogna mai stagnare nella follia, ma la si deve trasformare, oltrepassare, edificando nuove aurore vitali. In una sua poesia, è chiaramente esplicativa: “Anche la malattia ha un senso, una dismisura, un passo, anche la malattia è matrice di vita”. Leggere i versi della favolosa poetessa dei Navigli vuol dire scuotere carne e spirito, coccolare l’io più bisognoso d’affetto e di cure. Lei è una grande e generosa mamma, che ci illumina giornonotte la via, con i suoi scritti pregni d’incanto. “Alda è una macchina d’amore. L’amore in lei è forza scaturente

Alda Merini

ininterrotta: qualsiasi cosa faccia, di qualsiasi cosa parli, si tratta sempre di uno sfondo, di uno scenario: il traslato è sempre amore, una coperta avvolgente larga quanto il cielo”, scriveva anni fa Roberto Vecchioni. Ecco, la Merini è stata una donna straordinaria, davvero folle d’amore, che ha saputo dipingere con tratti soavi gli abissi più fondi dell’anima. È entrata nel nostro immaginario, nel nostro connettivo delle ossa, con la sua capacità unica di introspezione. Ha saputo evocare l’ardore carnale, di sangue e lussuria, ma anche la dirompente forza spirituale, la devozione a Dio, alla Madonna, al Corpo di Cristo, all’anima stremata di S. Francesco. Ci ha descritto l’umanità sofferta e marginale che s’aggira per i Navigli, dal gobbo, ai barboni, a Titano, a Charles che frequentava le osterie dormienti e parlava la lingua di Bacco. E anche quando nel suo capolavoro “La Terra Santa” indugia sulla disperazione e l’avvilimento della vita in manicomio, la Merini sa modulare sempre la tenerezza e la beltà come cimento di vibranti corde. Amore, solo amore. Ha vissuto per amore, solo per amore.


Accade in città

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Bodini’s list

di Antonio Zoretti

A

due passi dall'esito del vincitore di "Capitale Europea della Cultura 2019" un grave episodio mi turba la mente. La sera di sabato 30 agosto scorso al Teatro Romano in Lecce, ivi giunto per assistere al "1° Premio Letterario Internazionale Vittorio Bodini" mi vietano l'accesso dalla stradina laterale che porta al cancello d'ingresso, poiché sprovvisto d'invito. Dall'altro lato mi va meglio, quantomeno mi affaccio sulla cortina di ferro che separa il Teatro dalla strada, pur restando prigioniero lo stesso, all'esterno. Qui due graziose damigelle vestite di nero mi chiedono di giustificare la mia presenza. Faccio affidamento al Fondo Verri e dichiaro la mia appartenenza. Con solerzia e disciplina elle controllano sul prontuario il nostro intervento. Ma con grande amarezza dichiarano che l'Associazione Culturale Fondo Verri non appare nella lista. In cauda venenum. Non so perché, mi viene in mente "Schindler's list" (La lista di Schindler), film del 1993 diretto da Steven Spielberg. E' inverosimile che il Fondo Verri, vero e unico spazio culturale cittadino di cui il fondatore è stato da poco eletto a rappresentare e coordinare tutte le Associazioni Culturali per sostenere la candidatura di Lecce a Capitale della Cultura 2019 sia esente da quell'elenco. Mi chiedo chi vi sia in quella lista, e chi l'abbia redatta... Inaudito! Un bell'incipit per l'avvio alla tirata finale: W la cultura dell'invito. La cultura selezionata. Che grande inganno. Roba da Medioevo. Chi ha visto il film di Spielberg si ricorda quanta fatica fece un ebreo attraverso Schindler ad assicurarsi la scialuppa per il salvataggio. Io non ho ricorso a tali insistenze, poiché supportato dalle clementi fanciulle poste all'ingresso, le quali con parsimonia e rispetto hanno favorito la mia entrata, superando tutto il resto. Le uniche, forse, a concepire l'entusiasmo d'esser diversi. Ho guadagnato così la libertà d'esser prigioniero dentro, dove tanti altri deportati subivano le pretese voglie della presentatrice e le velleità dei politici di turno a declamare poesie di Vittorio Bodini, e incuriositi semmai dalla inusuale serata che si poneva loro davanti, scevra dalla loro modesta esistenza.

Il teatro era pieno solo a metà, lo guardavo e lo riguardavo. L' horror vacui mi colse all'improvviso, la cenofobia mi era davanti. Così come nell'arte questo concetto definisce l'atto di riempire completamente l'intera superficie di un opera con dei particolari finemente dettagliati e un analogo modo lo si conosce nella decorazione, nell'ornamentazione, e nell'arredamento... io, memore di questo riempio il mio vuoto immaginando rappresentazioni teatrali dell'antichità romana, svoltesi all'interno di quel teatro. Ecco, a distogliermi da ciò un amico si siede a me accanto, raccontandomi la sua triste storia che mi precede nella inutile e ulteriore mia spiegazione. Uniti insieme per amor dell'arte. Così, una volta a casa, ammiro i miei scrupoli sull'esistenza, anche se loro (i fautori della "Lecce's List" e relativa serata mondana) non mi imiteranno per niente e non se ne vergogneranno affatto per non aver aperto le porte alla gente, anzi ne trarranno gioia e godimento, tra gli amici, tra amanti, in famiglia... Non siamo quello che vorremmo essere. Perché mai, dunque, unire a questo millantato credito dell'eredità culturale di massa un'altra falsificazione: quella della cultura ad invito, parodia del doppio imbroglione... ma siamo già milioni di doppi. Restiamo, quindi, in questa saccenteria arrogante, dove il luogo del poetico, dell'artistico, del buio musicale è a noi sconosciuto, quasi sempre dormiente. E un giorno, chissà, forse apprenderemo e ci dimetteremo, senza più simulare. La cultura qui non esiste, esiste solo nel delirio del vostro linguaggio, voi nominate solo la cultura, senza conoscerla. Non ho mai sentito tanta voglia di fuggire come ora, benché il resto del mondo appare per me ormai sepolto. Farò forse una visita nella antica civiltà culturale e letteraria della Mittel Europa, approdando a Trieste. Lì non hanno bisogno di candidarsi a nulla; lì arte e cultura vanno a braccetto da sempre, è il loro pane quotidiano; lì Mozart, Horderlin, Strauss, Goethe ecc. son tutti aperti e non solo a quelli che hanno i permessi. Lì vorrei restare per sempre, e tornare qui solo a morire, dove vivere non mi tocca.


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Autori

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Noterella su Se questo è un uomo di Primo Levi

La macchina e la fame

on ci stancheremo mai di leggere il grande libro di Levi. Forse l'unico libro necessario del secolo scorso, un libro «fatale» come lo definì persuasivamente al suo apparire Umberto Saba. Necessario perché è la più adeguata delle reazioni all'enormità del sistema dei campi di sterminio. Alla testimonianza di sopravvissuto Primo Levi affianca una comprensione, o il tentativo di una comprensione, del funzionamento dei campi, una comprensione che sa fare leva sulla lingua italiana in un modo che non ha eguali nella nostra letteratura. Quello che distingue Se questo è un uomo (SQU) dalla letteratura di testimonianza è una strenua volontà di comprendere il male nazista e il suo meccanismo. *** Cesare Cases ha scritto che Levi «inserisce Dante ad Auschwitz», e il rapporto di Levi con Dante è uno luoghi virtuosi della critica leviana. Potremmo utilizzare il libro di Levi per rileggere da un versante contemporaneo un nostro classico, così per una virtuosa retroattività. Il lager è l'inferno che l'umanità ha sperimentato nel Novecento. Certo la condizione dantesca è la condizione post-mortem, per Levi, invece, si tratta dell'inferno in vita. Se in Dante la pena segue alla colpa, in Levi la pena è senza più colpa. Nel lager non c'è spazio i sillogismi danteschi, e come sappiamo da SQU «non c'è più perché», la consolatoria mediazione, su cui si regge l'intera tradizione giuridica occidentale, tra colpa e punizione è andata a fondo.

di Sebastiano Leotta

Era noto, per esempio, che i magazzini dei lager erano pieni di cucchiai ma ai prigionieri veniva consegnata una scodella senza l'utensile per la zuppa. A un certo punto Levi scrive: «il lager è la fame». Totale identificazione dove il sostantivo fame senza nessuna specificazione si mostra nella sua infinita cruda vastità; in altri passi Levi dettaglierà con «fame vivente» o «fame cronica». Di notte in baracca il prigioniero Levi tende l'orecchio e scorge i segni visibili di un gigantesco sogno collettivo: «Si sentono i dormienti respirare e russare, qualcuno geme e parla. Molti schioccano le labbra e dimenano le mascelle. Sognano di mangiare [...] è un sogno spietato, chi ha creato il mito di Tantalo doveva conoscerlo [...] non si vedono soltanto i cibi, ma si sentono in mano, distinti e concreto se ne percepisce l'odore ricco e violento; qualcuno ce li avvicina fino a toccare le labbra, poi una qualche circostanza, ogni volta diversa, fa sì che l'atto non vada a compimento. Allora il sogno si disfa e si scinde nei suoi elementi, ma si ricompone subito dopo, e si ricomincia simile e mutato».

La fame piega i corpi, li modella li costringe a una perpetua ricerca di qualcosa da mangiare, gli uomini perdono il loro baricentro, e come figure dantesche si aggirano in continuo movimento, si curvano su se stessi o vengono stravolti moralmente. Nel capitolo IX – I sommersi e i salvati – Levi descrive i modi in cui ogni prigioniero cerca da mangiare e sopravvivere. Abbozzo qualche osservazione. C'è chi sopravvivrà esaltando le sue doti di cinismo e egoismo (p.e. la fiIl male nazista si costituisce come una particolare pressione che tende gura di Henri), e c'è chi, come Levi, sperimenterà la cooperazione e deformare l'essere umano, fisicamente e moralmente, per farne venir l’agire in comune, conservando, dunque, un residuo di umanità. fuori il disumano o, come scrive Levi, la bestia. E del resto cos'erano gli ebrei per i tedeschi? Bestie, appunto. Si trattava di umiliare il popolo Il potere nazista prima di gasare le sue vittime procurava di umiliarle e ebraico perché si esaltasse l'equivoca humanitas spirituale dei tedeschi. privarle con tutti i mezzi di ogni dignità. La degradazione della humana Che cos'è il lager? Seguiamo Levi: conditio per fame e sete fu una di queste strategie. «il lager è una macchina per ridere di noi e vilipenderci, e poi è chiaro che ci uccidono [...] quando si saranno stancati di vederci nudi, di ballare «Si aggiravano a decine, i disperati della fame [...] che un istinto fallace su un piede solo». spinge dove le mercanzie più esibite rendono più acre il rodimento dello Oppure: «il lager è una gran macchina per ridurci a bestie». stomaco e più assidua la salivazione». Siamo nei pressi di una cinematica dell'abiezione umana, Levi descrive Queste osservazioni ci ricordano una visione preliminare di Kafka. una delle forme infinite che può assumere il patire dei viventi, la fame da In un formidabile racconto – Nella colonia penale (1914) –, Kafka de- bestie, appunto, capace di confinare l'identità dell'animale umano al suo scrive una strana macchina che tortura lentamente incidendo sulla carne esclusivo dato biologico. dei prigionieri, attraverso un sistema di aghi, i termini della loro colpa, Mangiare e non altro, una bulimia insaziabile dovuta a una mancanza nota Kafka che la macchina « non deve uccidere subito». cronica (il cibo era sistematicamente scarso e mai adeguato alle necessità fisiologiche), che costringe i prigionieri ebrei a una attività senza * sosta alla ricerca di cibo, quasi una deformazione grottesca dei precetti Il lager descritto da Levi si mostra come un dispositivo che modula, ne- della Bibbia ebraica che reclamavano per un giorno della settimana il rigandoli, ma mai del tutto, i bisogni primari degli esseri umani, bisogni poso, la sospensione, la festa, l'inoperosità. che sembrano, fino a un certo punto, indefinitamente comprimibili; come la fame e la sete che, scrive Levi, così come saranno avvertite nel lager Testi sono cosa sconosciuta agli uomini liberi. La macchina del lager è adatta Primo Levi, Se questo è un uomo, edizione commentata a cura di Alallo scopo, le sue parti sono tutte solidali tra loro (amministrazione, treni, berto Cavaglion, Einaudi, Torino 2012. Franz Kafka, Nella colonia penale, in Il messaggio dell’imperatore, trad. funzionari, camere a gas, forni, ordini e finalità). Una macchina totale. Dove stanno la tortura e il vilipendio? Stanno nell'umiliare la fisiologia it. A. Rho, Adelphi, Milano 1981. umana, nel renderla così urgente e selvaggia da modificare il corpo e i caratteri morali.



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in Agenda

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Fino al 30 novembre, il Castel del Monte, il Castello Svevo di Bari e il Castello Svevo di Trani ospitano le sculture di Arnaldo Pomodoro

uando una terra, in questo caso la Puglia, ed alcuni dei suoi monumenti più significativi come Castel del Monte si incontrano con l'arte contemporanea, quella dello scultore Arnaldo Pomodoro, l'esperienza che ne scaturisce per gli amanti dell'arte e dell'architettura diventa singolare e significativa. Questa occasione unica è proprio quello che troveranno i visitatori fino al prossimo 30 novembre in tre castelli federiciani pugliesi partecipando a una interessante iniziativa promossa dal MIBACT, dalla Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia e dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bari, Barletta, Andria, Trani e Foggia, in collaborazione con Il Cigno GG Edizioni, Nova Apulia e lo Studio Copernico di Milano. Le mostre si avvalgono dei patrocini delle città di Andria, Bari, Trani e Molfetta, in collaborazione con la delegazione FAI di Bari. Le opere di Arnaldo Pomodoro saranno in mostra in Puglia, nella cornice medievale di tre dei Castelli di Federico II di Svevia: quello Svevo di Bari, l’ottagonale Castel del Monte presso Andria, riconosciuto dall’UNESCO “Patrimonio Mondiale dell’Umanità”, e infine quello Svevo di Trani, in assoluto tra le più importanti testimonianze delle residenze e fortezze imperiali del Meridione. Gli scettri, gli scudi, le lance di luce, le steli, le sfere di Pomodoro, originali declinazioni contemporanee di emblemi antichi, articolano un dialogo ideale con questi luoghi carichi di storia, simbolo dello straordinario connubio di potere e cultura espresso dallo “Stupor Mundi”.

Per nutrire lo stupore

Chi è Arnaldo Pomodoro? Arnaldo Pomodoro è nato nel Montefeltro nel 1926 da una famiglia di origini pugliesi, ha vissuto l’infanzia e la formazione a Pesaro. Dal 1954 vive e lavora a Milano. Le opere del Cinquanta sono altorilievi dove emerge una singolarissima “scrittura” inedita nella scultura. E’ passato al “tuttotondo” nei primi anni Sessanta e poi alla grande dimensione. Sue sculture di bronzo sono presenti in spazi urbani in Italia e all’estero e nelle raccolte pubbliche maggiori del mondo. Memorabili mostre antologiche lo hanno consacrato artista tra i più significativi del panorama contemporaneo. Ha insegnato nelle università americane: Stanford University, University of California a Berkeley, Mills College. Si è dedicato anche alla scenografia con “macchine spettacolari” in numerosi lavori teatrali, dalla tragedia greca al melodramma, dal teatro contemporaneo alla musica.

Informazioni utili Titolo: “Arnaldo Pomodoro nei Castelli di Federico II” Curatore: Lea Mattarella Date: 9 luglio – 30 novembre 2014 Catalogo:Il Cigno GG Edizioni Informazioni al Pubblico Castello di Bari Aperto tutti i giorni dalle 08,30 alle 19,30 Tel NOVA APULIA: 080.5213704 castellodibari@beniculturali.it Informazioni al Pubblico Castel del Monte Aperto tutti i giorni dalle 10,15 alle 19,45 Tel: 0883.569997 Fax: 080.5245540 casteldelmonte@beniculturali.it Informazioni al Pubblico Castello di Trani Aperto tutti i giorni dalle 08,30 alle 19,30 Tel: 080.5286239 Fax: 080.5245540 sbap-ba.castelloditrani@beniculturali.it

La pagina è a cura di Marisa Milella* e Fabio A. Grasso. *Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia


Corrispondenze

I giardini comunitari di Montreal raccontati e fotografati da Milena Galeoto


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Coltivare la bellezza

di Milena Galeoto

a qualche mese vivo a Montréal con la mia famiglia e mi è difficile non comunicare le numerose iniziative urbane e culturali che si presentano quotidianamente. Impossibile poi non innamorarsi di una città che promuove la “Champagne d’embellissement” (letteralmente, la campagna di abbellimento urbano). *** La prima caratteristica che balza agli occhi, quando si percorrono le strade di Montréal, sono gli spazi verdi. In questo periodo dell’anno la luce del sole è filtrata dalla fitta vegetazione che ricopre ampie aree urbane, dove si alternano giardini all’inglese, cresciuti in maniera spontanea e alla francese con composizioni più geometriche. Convivono entrambi gli stili perché le maggiori comunità qui presenti, sono quella francofona e anglofona. E’ difficile non farsi una cultura di giardinaggio qui perché, Montréal, è una delle città canadesi dove le aree verdi, i parchi, gli orti comunitari, rappresentano il 25% del territorio e la tutela del verde rientra nei piani di sviluppo del governo attraverso numerose iniziative. Questa campagna di cura e abbellimento è un buon esempio di come la città risponde alle richieste dei cittadini, di potersi prendere cura delle aiuole e degli spazi verdi adiacenti alla loro abitazione, strada o quartiere. Richieste così numerose nel corso degli anni (si parla di mezzo milione solo negli ultimi sei anni) che hanno reso necessario l’allestimento di giardini comunitari, aree protette e organizzate dove potersi recare per prendere gratuitamente bulbi e semi da trapiantare nelle zone interessate. Nello stesso modo, è avvenuto lo sviluppo di orti comunitari, e data la portata del successo, altri comuni del Canada e degli Stati Uniti, hanno chiesto informazioni sul Programma di gestione comunitaria di Montréal.

M’informo su questo programma da uno dei giardini di fronte alla casa dove adesso viviamo, quello del parco Baldwin, così, di seguito riporterò le informazioni sulla gestione di queste aree comunitarie, gli enti comunali coinvolti e la gerarchia dei membri associati.

La Comunità del Garden Network di Montréal Montréal ha il più grande programma di giardinaggio comunitario del Canada. Secondo i membri dell’American Community Gardening Association (ACGA), si è classificato tra migliori programmi nell’America del Nord. La rete degli orti comunitari di Montréal riunisce 76 aree ben distribuite in tutta la città. Ogni orto è suddiviso in tanti piccoli lotti, grandi circa 3 m x 3 m, delimitati da spesse cornici di legno, dove ciascun cittadino può curare il proprio spazio (se ne contano circa 25 in ciascun appezzamento). Sono circa 6.400 le assegnazioni disponibili di cui 440 sono rivolte ai ragazzi di età compresa tra 9 e 14 anni, tanto che quella del giardinaggio è considerata una delle attività ricreative

più significative per i Montrealesi. Le zone urbane non rappresentano gli unici orti comunitari, ma è in crescente aumento l’adesione di orti collettivi privati: di condomini, case di riposo per anziani, centri ricreativi, ospedali e scuole. Queste iniziative private non sono, però, gestite dal Comune, ma supportate dagli stessi istituti e comunità che li ospitano. Apprendo con grande meraviglia e quasi incredulità, che ci sono orti urbani sui tetti di ospedali come l'Hôpital General de Montréal, e l’Hôpital Sant-Mary à Montréal. Sul primo sono coltivati ben 775 mq e gli ortaggi sono utilizzati per la mensa dell’ospedale. Si è notato anche che questo sistema rende gli ambienti interni freschi d’estate e caldi d’inverno.

Il programma comunale di giardinaggio di Montréal Esattamente, è da quasi 40 anni (dal 1975) che il Comune risponde alle richieste dei cittadini, non solo di essere coinvolti nella cura degli orti comunitari, ma anche di offrire supporto tecnico e una varietà di servizi. Un sostegno reciproco che negli anni ha coinvolto numerosi enti come il Dipartimento di Cultura, Sport e Tempo libero e Sviluppo Sociale (DCSLDS), in collaborazione con altri dipartimenti comunali e associazioni di volontariato. André Pedneault, che presiede un comitato di consultazione, spiega che il programma di orto comunitario è stato istituito a Montréal per consentire ai cittadini un maggiore contatto con la natura e permettere loro di coltivare i propri ortaggi. “L’orticoltura”, spiega, “è un'attività divertente e istruttiva per il tempo libero e favorisce anche uno spirito comunitario. Oggi, il programma ha raggiunto una certa maturità perché è ben gestito e solidamente instaurato nella comunità”.

Gli elementi che garantiscono il funzionamento di questo programma, sono: - Il coinvolgimento dell’amministrazione comunale; - Una cooperazione consolidata tra le commissioni di volontariato e la città; - L’accessibilità imparziale per tutti i cittadini; - Il servizio di “esperti orticultori” che visitano i giardini a rotazione; - Un focus sui metodi di giardinaggio ecologico; - La creazione di "orti per ragazzi" adattato alle esigenze specifiche di una clientela più giovane.

La città fornisce la terra, le attrezzature e i materiali necessari perché tutto funzioni in modo efficiente. Garantisce la riparazione delle attrezzature, fornisce acqua, raccoglie i rifiuti e offre i servizi di consulenza di esperti. Inoltre, collabora con le associazioni di volontariato e i comitati di giardinaggio, supervisionando la gestione, la distribuzione dei terreni e l’assistenza.

Gli obbiettivi Il piano di gestione degli orti e giardini comunitari stabilisce le seguenti priorità: - Consentire ai cittadini di tutte le età di aderire a questa iniziativa per migliorare la loro qualità di vita così come il loro ambiente; - Mantenere un sistema di accesso democratico per tutti i cittadini interessati di Montréal; - Offrire un efficace supporto ai comitati di giardinaggio volontariato; - Migliorare la qualità dei servizi offerti dal comune; - Continuare a offrire consigli pratici di giardinaggio; - Rafforzare la rete esistente con la creazione di zone di parcheggio su più siti possibili; - Promuovere la creazione di nuovi orti comunitari


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Corrispondenze

della domenica n°42 - 7 settembre 2014 - anno 2 n.0

gione è sempre il periodo più faticoso per il comitato. Uno dei compiti dei comitati è assicurarsi che i lotti del giardino siano ben tenuti. Il comune, inoltre, richiede che forniscano una relazione finanziaria annuale. Ogni organizzazione richiede una quota d’iscrizione per le attività comunitarie, come eventi e cene. Alcuni comitati di quartiere sollecitano i commercianti a donare premi da sorteggiare.

che riflettono le esigenze della comunità. La città fa ogni sforzo possibile per designare i territori occupati dalle comunità agricole, come alcune zone dei parchi, in modo da proteggerli dalla speculazione commerciale. Alcuni orti sono situati su terreni di proprietà della città che erano destinati per la costruzione di edifici residenziali, altri occupano terreni di proprietà federale o dei governi provinciali, o delle istituzioni religiose. I cittadini che vogliono creare un orto comunitario presentano la loro richiesta al distretto del proprio quartiere che decide in base al numero di orti già esistenti e sulla disponibilità dei fondi.

La collaborazione degli enti comunali Il territorio di Montréal è suddiviso in distretti, ciascuno dei quali gestisce il programma di orto comunitario per i siti nella propria area di competenza e designa un supervisore responsabile. Ogni circoscrizione comunale sostiene i comitati sia per la gestione dell’orto sia per la fornitura di attrezzature e materiali necessari. Il Dipartimento dei Parchi, giardini e spazi verdi fornisce il suolo, il compost o letame, la sabbia, i contenitori per l'acqua o i rifiuti, la vernice, così come tavoli da picnic, tubi e fusti d'acqua. Inoltre si occupa di tagliare l'erba fuori dal perimetro del giardino. Il Dipartimento Lavori Pubblici si preoccupa della manutenzione, di garantire il buon funzionamento idrico, la pulizia e i servizi di riciclaggio e raccolta dei rifiuti. Sono, infatti, disposti accanto alle aree interessate, i contenitori di compostaggio, dove viene raccolto l’umido e le foglie in autunno. Un modo per garantire anche un ottimo servizio di riciclo dei rifiuti urbani.

Il ruolo degli orticultori supervisori Daniel Reid, uno degli esperti orticultori della città, spiega che uno dei suoi compiti è di assistere i comitati delle comunità di giardinaggio con la registrazione: egli convalida l'appartenenza della commissione, le liste di attesa e l’assegnazione dei lotti. Ogni esperto supervisore, visita periodicamente i vari siti per fornire consigli di giardinaggio e per garantire che le norme e i regolamenti siano rispettati. “I nuovi iscritti, ovviamente, vogliono un sacco di consigli”, spiega, “vogliono sapere se è meglio l'acqua al mattino o al pomeriggio, quali prodotti biologici da utilizzare contro alcuni parassiti, etc.” Altri invece sono più fiduciosi, racconta: "Ho visto alcuni nuovi arrivati che fraintendono le istruzioni sugli imballaggi di sementi e si chiedono perché alcune piante non germogliano. E non è raro vedere intere scatole di piantine trapiantate, così come sono! Quando ci viene richiesto, diamo consigli. Questa è la nostra principale mansione.” I supervisori sono impiegati da Aprile a Ottobre, quando cioè il clima permette l’utilizzo di queste aree.

I comitati di giardinaggio Più della metà delle organizzazioni sono gestite da associazioni senza scopo di lucro, al fine di proteggere gli amministratori delle commissioni e consentire la raccolta di fondi. La città richiede che ogni comitato sia composto da almeno tre membri eletti annualmente (di solito l’elezione è tenuta la prima giornata di apertura). Il membro eletto fa poi da tramite con l'Amministrazione comunale. Ogni comitato si assicura che le regole dello statuto comunale siano rispettate. Ogni giardino ha anche le proprie norme e regolamenti e l'inizio della sta-

Destinatari del programma Il programma è destinato agli adulti, mentre i ragazzi hanno accesso ai Giardini della Gioventù. Il 38% dei partecipanti ha 55 anni o più. Gli orti sono disponibili esclusivamente ai residenti, per questo è richiesto il certificato di residenza al momento della registrazione. Solo un lotto può essere assegnato a ciascun indirizzo civico. La registrazione avviene a Marzo. L'amministrazione comunale invia un modulo per rinnovare l’iscrizione e da un recente sondaggio, circa il 75% e l'80% dei giardinieri dell'anno precedente, rinnovano la loro adesione. E quasi il 25% degli intervistati aveva fatto parte da almeno cinque anni. Negli ultimi anni, il livello di occupazione in tutti i 76 giardini si è avvicinato al 100%. Naturalmente, queste aree sono attrezzate in modo da consentire l’accesso alle persone con disabilità fisica o problemi di salute particolari, incluso il disagio mentale.

Montréal è una città dove il multiculturalismo è una realtà e questa caratteristica è visibile anche negli orti comunitari, poiché cittadini provenienti da diverse aree del mondo, coltivano i loro prodotti tipici. Prerogativa considerata nell’organizzazione di eventi dove avvengono interessanti scambi culturali gastronomici. L’agricoltura urbana è una vera e propria disciplina prevista nei programmi scolastici, rivolta ai ragazzi dai 9 ai 14 anni, ai quali vengono destinati alcuni lotti, dove poter apprendere questa attività. Anche le scuole si attrezzano riservando alcuni spazi esterni per realizzare i loro orti.

Il comune di Montréal ha sperimentato da tempo come queste attività siano fondamentali per favorire una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita comunitaria di quartiere. Attività che permettono di fraternizzare, di migliorare la qualità di vita e soddisfare il proprio bisogno di contatto con la natura. Perché l’ambiente urbano è determinante nella vita dei singoli cittadini, che grazie a queste iniziative sono motivati a rispettare maggiormente la loro città, apprendendo l’efficacia di azioni ecologiche e di solidarietà. Infatti, tutti gli ortaggi prodotti in eccesso, sono destinati a essere venduti attraverso mercatini organizzati dai comitati, dove è possibile comprare a prezzi simbolici pane e dolci fatti in casa.


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L’agricoltura urbana è una vera e propria disciplina


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Terza di copertina

I territori sono narrazioni

La summer school del Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo dell’Università del Salento

al 7 al 14 settembre, su iniziativa del Dipartimento di Storia, Società e Studi sull'Uomo dell'Università del Salento, con la collaborazione della Rete Italiana di Cultura Popolare e di altri soggetti pubblici e privati – tra gli altri l’Associazione Officine Culturale di Carpignano Salentino -, grazie anche ad un contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, con il patrocinio del Comitato Lecce 2019, si terrà la terza edizione della Summer School di Arti Performative e Community Care. Ogni anno la scuola ha focalizzato la sua attenzione su un tema sociale: l’anno scorso era stato messo a fuoco l'argomento delle migrazioni e le pratiche attorno alla terra, nella prima edizione era stato trattato il caso di alcuni lavoratori atipici, quello dei casellanti della Ferrovia Sud-Est; quest’anno, sotto il titolo I territori sono narrazioni, si tenterà di raccontare in modo appropriato il patrimonio materiale e immateriale di alcuni luoghi significativi del Salento, riprendendo e rilanciando un'esperienza che negli scorsii anni aveva dato luogo all'iniziativa denominata Laboratorio Memoria che aveva visto la possibilità della coltivazione nell'ambito del Gruppo di ricerca informale “Il Connettivo” di una interessante riflessione sulla memoria collettiva, sia in senso teorico che di ricerca sul campo con l'esplorazione di alcuni topoi della memoria salentina.

I luoghi sono coagulo di narrazioni individuali e sociali: è un pensiero-guida che ci consente di interpretare, dalla nostra prospettiva, i suggerimenti e le indicazioni che ci provengono da alcuni documenti ufficiali istituzionali in ordine alla cultura immateriale e all'eredità culturale. L'idea della Scuola è quella di offrire agli allievi l'opportunità di acquisire metodiche per progettare e realizzare attività socio-educative, funzionalizzate all'attivazione di processi comunitari partecipativi, fondati sulle potenzialità di coinvolgimento che hanno le arti performative. La natura laboratoriale della Scuola metterà alla prova un nuovo dispositivo di ricerca-intervento elaborato nell'ambito della cattedra di Pedagogia sperimentale dell'Università del Salento e non ancora applicato sul campo. Tale dispositivo, denominato "ACL" (Action Community Lab), rivisita in modo originale WebQuest (nella versione storica e in quella aggiornata denominata New-webquest) e le metodologie che vanno sotto l'etichetta di Living Lab, rendendoli funzionalmente idonei ad un intervento di esplorazione ed attivazione delle risorse della comunità, quale prima fase di un successivo, più articolato processo di promozione dell'innovazione sociale per lo sviluppo locale. Direttore scientifico dell’iniziativa è il professore Salvatore Colazzo, preside della facoltà di scienze della formazione, scienze politiche e sociali, titolare della cattedra di Pedagogia Sperimentale, che viene affiancato da Antonio

Damasco, regista di origini napoletane, che vive ed opera a Torino, dove dirige il Teatro delle Forme e coordina la Rete Italiana di Cultura Popolare, e da Ada Manfreda, dottore di ricerca in scienze delle mente e delle relazioni umane. Ampio e diversificato è il quadro delle collaborazioni che rendono possibile l’iniziativa: il Comune di Carpignano Salentino, il Comune di Ortelle, l'Ente Parco Naturale Regionale Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, il Comune di Martignano, l'Associazione culturale Salento Griko di Martignano, lo IAT di Martano, Espéro, azienda spin-off dell’Università del Salento, che svolge attività di ricerca e di intervento nel campo della formazione avanzata. Quest’ultima documenterà l’iniziativa formativa e monitorerà i processi di apprendimento per consentire una definizione sempre più puntuale del modello d’intervento.

La Scuola avrà base nel Comune di Carpignano Salentino, ma, a differenza degli anni passati, non si svolgerà interamente in questo luogo, farà delle incursioni in altri comuni del Salento, scelti per realizzare gli interventi laboratoriali. La nascita della scuola aveva visto la sua localizzazione a Carpignano Salentino poiché luogo significativo del teatro sociale, essendo lì nato, nel 1974, il costrutto di “baratto culturale”, ad opera di Eugenio Barba e dell’Odin Teatret, insediatisi a Carpignano per preparare uno spettacolo. Sebbene sussista questo ideale richiamo all'esperienza di Barba, la scuola trae i suoi fondamenti epistemologici e metodologici da una pluralità di esperienze che hanno nutrito i molti rivoli dell'attivazione sociale mediante i dispositivi performativi: la tradizione italiana dell'animazione sociale e teatrale, la pedagogia libertaria di Raffaele Laporta, fautore dell'autoeducazione della comunità, quella sudamericana di Paulo Freire, di Augusto Boal, di José Antonio Abreu, la socioanalisi di Georges Lapassade, talune suggestioni di Ivan Illich, l'approccio alla capacitazione di Amartya Sene di Martha Nussbaum, le teorie e le pratiche del digital storytelling.

Oggi la scuola, giunta al suo terzo anno di funzionamento, intende proporsi come patrimonio dell'intero territorio salentino, continuando nel suo lavoro di approfondimento dei presupposti epistemologici e delle metodologie di intervento, allargando il quadro delle collaborazioni e delle intese, anche in vista di un ampliamento temporale della sua operatività. L'edizione 2014 della Summer School si apre, come si è detto in Carpignano Salentino, con una sessione di briefing che consentirà di illustrare il dispositivo agli allievi, di formare i gruppi e di affidare loro le consegne. Continua con delle "incursioni" nei territori di Ortelle, Vignacastrisi, Martignano e Martano finalizzate ad un'esplorazione del patrimonio materiale e immateriale dei luoghi prescelti, attraverso svariate fonti, compresi i testimoni delle comunità incontrate. L'intento è

quello di raccontare il territorio, avendo a disposizione un tempo molto limitato, attraverso i sensi. I partecipanti lavoreranno in tre distinti gruppi, ciascuno dei quali dovrà esplorare il territorio e narrarlo privilegiando rispettivamente: vista, udito e tatto, odore e gusto. Alla fine ogni gruppo produrrà una performance intermediale, che verrà restituita alla comunità ospitante. Il messaggio che si vuole lasciarle con queste azioni, è: una comunità che impari a narrarsi, è una comunità che, negli scenari odierni, si dà delle possibilità di sviluppo locale, fondato sulla messa in valore dei suoi beni materiali e immateriali. L'odierno turismo si volge sempre più a fruire dei territori in quanto espressioni culturali. Perciò, se le attività connesse al turismo si radicano socialmente, acquistano in attrattività. Questo significa che i soggetti locali devono diventare protagonisti manifestando capacità progettuale. La Summer School, andando sui territori, in qualche modo interferisce con l'autorappresentazione "data" della comunità e la sollecita a modificarla. Naturalmente si tratta di un innesco, che andrebbe proseguito attraverso un successivo, più articolato e complesso Laboratorio di comunità. Nelle giornate dell'incursione in ciascun comune, la Scuola offrirà alla comunità ospitante degli eventi pubblici, “LE SERATE DELLA SUMMER”, capaci sia di creare maggiore contatto e scambio tra i cittadini e i partecipanti alla scuola, sia di portare sguardi, esperienze, proposte performative esterne, per essere di stimolo, suggestione, attivazione. Una tavola rotonda tra esperti, con la partecipazione anche degli amministratori delle comunità interessate dalle "incursioni" della Scuola, che si terrà in Carpignano Salentino, l’ultimo giorno della Summer, consentirà di approfondire da un punto di vista teorico il tema della terza edizione della Summer School: "I territori sono narrazioni". Ci interesserà comprendere il punto di vista di diverse prospettive di studio: quella geografica, quella sociologica, quella del servizio sociale, quella pedagogica, quella del performer. Si farà anche una sintesi, da parte degli allievi, dei risultati ottenuti, con la presentazione di tutte le performance realizzate nel corso delle giornate formative. A distanza di una settimana dalla fine della Scuola, un momento di reflective learning con gli allievi consentirà di portare a consapevolezza e consolidare gli apprendimenti conseguiti. Presiedono l’organizzazione logistica, che è in carico ad EspérO, Paolo Petrachi e Maria Grazia Celentano. La Scuola si rivolge a tutti coloro che sono interessati ad approfondire il nesso performing art, intervento sociale e pratiche socio educative. A titolo esemplificativo indichiamo: pedagogisti, operatori sociali, animatori, assistenti sociali, educatori professionali, docenti, formatori, artisti, attori, musicisti. Il programma completo della Summer School è nella pagina successiva


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Formazione

della domenica n°38 - 20 luglio 2014 - anno 2 n.0

I giorni della Summer school CARPIGNANO SALENTINO Domenica 7 settembre ore 9,30: Raduno allievi // ore 10,00: Saluto autorità ore 10,30: Briefing con gli allievi effettivi con Ada Manfreda, Claudia Venuleo ore 12,30: Seminario (effettivi e uditori) con Stefano De Rubertis, S. Colazzo, A. Manfreda ore 13,40: Formazione dei gruppi // ore 14,00: Break ore 15,30: Laboratorio CNV (effettivi e uditori), condotto da Donato Sarcinella ore 16,00: Palestra narrativa (effettivi) condotta da A. Manfreda, S. Colazzo, A.Damasco. ore 19,30: Chiusura lavori, con aperitivo

ORTELLE E VIGNACASTRISI Lunedì, 8 settembre ore 9,00: arrivo degli allievi e dei docenti della Summer School (allievi effettivi). Raduno al Parco di San Vito di Ortelle per definire il piano dell'"incursione". ore 10,00: Invasione delle vie del paese da parte degli allievi, con piccola formazione strumentale al seguito (condotta da Luca De Giorgi) ore 10,30 - 13,00: Esplorazione: gli allievi della Summer School incontrano cittadini e testimoni privilegiati. ore 13,00-14,00: Break buffet presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 14,30-16,00: Debriefing, a cura dello Staff formativo ore 16,00-19,00: Continuano l'esplorazione e le interviste. ore 19,30-20,30: Cena presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 20,30: LE SERATE DELLA SUMMER (aperte al pubblico). Incontro in piazza con la comunità. Si illustra la Summer School, le sue finalità, i suoi propositi a cura di S. Colazzo e A. Damasco. A seguire la performance di comunità dell'anno scorso NARRAZIONI DALLA TERRA PER LA TERRA (a cura di A. Manfreda e Mauro Marino) ore 22,00: Ballate d'amore dal Salento, concerto di Luigi Mengoli, con guida all'ascolto di S. Colazzo ore 23,00: Chiusura

Martedì, 9 settembre 2014 ore 9,00: arrivo a Vignacastrisi degli allievi e dei docenti della Summer School (effettivi). Raduno nella piazza di Vignacastrisi per definire il piano dell'"incursione". ore 10,00: Invasione delle vie del paese da parte degli allievi, con piccola formazione strumentale al seguito (a cura di Luca De Giorgi) ore 10,30 - 13,00: Esplorazione: gli allievi della Summer School incontrano cittadini e testimoni privilegiati. ore 13,00-14,00: Break buffet presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 14,30-16,00: Debriefing, a cura dello Staff formativo ore 16,00-19,00: Continua l'esplorazione e le interviste. ore 19,30-20,30: Cena presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 20,30: LE SERATE DELLA SUMMER (aperte al pubblico). Centro Canali: Conversazione con Fabio Tolledi sull'Ascolto. ore 21,00: Centro Canali: Installazione sonora di Antonio De Luca e reading sull'Ascolto a cura di Fabio Tolledi del Teatro Astragali, con interventi sonori e musicali improvvisativi di Andrea Gargiulo e Luigi Mengoli ore 22,30: Chiusura

Mercoledì, 10 settembre ore 9,00-13,00: Raduno (allievi effettivi) a Parco San Vito di Ortelle e lavoro in gruppi per l'ideazione e la scrittura della drammaturgia (con l'assistenza dello Staff formativo) ore 13,00-14,00: Pranzo presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 14,30-16,00: Debriefing, a cura dello Staff formativo ore 16,00-19,00: Montaggio performance con l'ausilio dello Staff formativo e tecnico) ore 19,30-20,30: Cena presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 20,30: LE SERATE DELLA SUMMER (aperte al pubblico). “Comunità e legalità”, intervento di Guglielmo Minervini ore 21,00: Maria Elena Bagarella e Liborio Grizzaffi della Associazione "Il Germoglio" di Corleone illustrano il progetto "Intus": Emanciparsi dallo stereotipo ore 21,30: Proiezione del video Evò ce Esù con una prolusione di Pantaleo Rielli ore 22,30: Reading "Metapolis", a cura di Antonio Damasco e Valentina Padovan. ore 23,00: Chiusura

Giovedì, 11 settembre 2014 ore 9,00-13,00: Raduno a Parco San Vito e lavoro in gruppi per il montaggio della performance (allievi effettivi) ore 13,00-14,00: Pranzo presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 14,30-16,00: Debriefing a cura dello Staff formativo ore 16,00-19,30: montaggio performance e prove in situ (col supporto dello Staff formativo e tecnico) ore 19,30-20,30: Cena presso Agriturismo 'Lu Campu' ore 21,00-22,30: LE SERATE DELLA SUMMER (aperte al pubblico). Gli allievi restituiscono alla comunità il lavoro di esplorazione del territorio compiuto nei giorni di permanenza a Ortelle e Vignacastrisi, con tre brevi performance intermediali col supporto dello Staff formativo e tecnico ore 22,30: Forum con la comunità

MARTIGNANO Venerdì, 12 settembre. Giornata tematica: “Cibo, territorio e alterità” con Pantaleo Rielli alla scoperta della comunità di Martignano, dei luoghi d'interesse e delle buone pratiche connesse con la sua esperienza di lavoro nell'ambito culturale (allievi effettivi). ore 13,30-15,00: Pausa-pranzo partecipativa (con l'ausilio di Pantaleo Rielli e dei ragazzi dell'Associazione Salento Griko) ore 16,30-17,30: Seminario "Etnografia, socioanalisi e narrazione" con Vito D'Armento e Salvatore Colazzo (effettivi e uditori) ore 17.30-18,30: Seminario su Rina Durante, autrice del Teatro a Malandrino e giornalista enogastronomica, con Massimo Melillo (effettivi e uditori). ore 19,30: Conversazione a più voci su cibo e biodiversità con Carlo Licci, Mario Martina e Antonio Bruno. Modera Ada Manfreda (effettivi e uditori) ore 20,30: LE SERATE DELLA SUMMER (aperte al pubblico). Proiezione Kandia e breve intervento di Jean Baptiste Hamado Tiemtoré ore 21,00: Indovina chi viene a cena: presentazione a cura di Antonio Damasco ore 21,30: Degustazione prodotti tipici del territorio griko (a cura di Pantaleo Rielli) e del Basso Salento (tra cui 'cunserva mara' di Spongano a cura di Luigi Mengoli) ore 22,00: Reading poetico e narrativo: Lettura di poesie grike sul cibo della tradizione e di Cesare de Santis Lettura del racconto di Italo Calvino, da Sotto il sole giaguaro dedicato al cibo, "Sapere/Sapore" (Marco Marelli) Lettura percorso poetico dal libro di Armando Marrocco, L'Arte dei sapori (Mauro Marino, Valentina Padovan, Marco Marelli, Antonio Damasco) MARTANO Sabato, 13 settembre Giornata tematica su Scienze sociali e narrazione ore 9,30-12,30: Conosciamo il territorio di Martano (a cura di Luigi Orlando) (allievi effettivi). ore 13,00: Pranzo ore 15,30: Seminario Franca Pinto Minerva: "Pedagogia e narrazione" (effettivi e uditori) ore 16,30: Seminario Mariano Longo: "Sociologia e narrazione" (effettivi e uditori) ore 17,30: Seminario Luigi Spedicato: "Welfare biografico" (effettivi e uditori) ore 18,30: Seminanrio Sergio Tramma: “Narrare le comunità” (effettivi e uditori) ore 19,30: Aperitivo ore 20,30: LE SERATE DELLA SUMMER (aperte al pubblico). Gli allievi della Summer School presentano le performance realizzate durante l'Incursione nel territorio di Ortelle (con l'ausilio dello Staff formativo e tecnico) ore 21,30: Antonio Damasco illustra e legge, assieme a Valentina Padovan alcuni passaggi dalla guida Metapolis ore 22,30: Progetto "Gnothi seauton" di Luigi Mengoli. Proiezione del video. ore 23,30: Chiusura lavori. CARPIGNANO SALENTINO Domenica, 14 settembre ore 9,30: Raduno allievi (effettivi e uditori) ore 10,00: Tavola Rotonda : "I Territori sono Narrazioni. Il punto di vista del...” “del Pedagogista”, intrervengono Luigino Binanti, Giuseppe Annacontini e Piergiuseppe Ellerani. “del Geografo”, intevengono Stefano De Rubertis, Fabio Pollice. “dello Psicologo”, interviene Claudia Venuleo. “del Sociologo”, intervengono Davide Borrelli, Mariano Longo. “del Politologo”, interviene Massimo Ciullo. “del... Filosofo”, interviene Giovanni Invitto. “dell’Antropologo”, interviene Antonio Damasco (anche nella veste di Performer). “del Performer”, interviene Fabio Tolledi (anche nella veste di Sociologo) ore 13,30: Break ore 16,00-18,00: Messa a punto della serata (allievi effettivi), con l'ausilio dello Staff ore 18,30: Seminario pubblico (allievi effettivi e uditori): Realtà e prospettive della Summer School di Arti Performative e Community Care, con Salvatore Colazzo, Paolo Fiorillo, Francesco Rausa, Nicola Panico, Vitantonio Gioia, Luigi Orlando, Annatonia Margiotta ore 20,00-20,30: Modelli di intervento sul territorio: il modello EspérO per l'attivazione della comunità e animazione degli ecomusei (allievi effettivi e uditori) ore 21,00: LE SERATE DELLA SUMMER (aperte al pubblico). Gli allievi della Summer School presentano l'attività di storytelling realizzata durante le attività formative (con l'ausilio dello Staff formativo e tecnico) ore 22,00: Consegna degli attestati e chiusura della Summer School edizione 2014.

*Il programma in corso d’opera potrebbe subire variazioni

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