spagine Spagine della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri
Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri
spagine
Dove andremo a parare di questo passo
L
a domanda che pochissimi si fanno in Italia ma che moltissimi avvertono come condizione psicologica è dove andremo a parare di questo passo; voglio dire procedendo a tentoni e a più o meno estemporanee e stravaganti proposte renziane. L’ultima di mettere in busta paga i soldi del trattamento fine rapporto, più conosciuto come buona uscita, per dare l’illusione ai lavoratori di avere più soldi da spendere, di poter consumare di più e di tenere in moto la catena della produzione e del commercio. Così, liquidando nei cittadini – è il caso proprio di dirlo – quella speranza di poter disporre a fine rapporto lavorativo di un bel gruzzolo per realizzare finalmente qualcosa di importante per sé o per i figli. Oppure di dare 80 Euro al mese anche alle mamme, con un reddito sotto i novantamila Euro, per ogni neonato per i primi tre anni di vita, che rievoca politiche augustee e mussoliniane. Si dirà: ma i tempi sono quelli che sono ed è dannoso più che inutile immaginare giornate primaverili sotto la pioggia, la neve e il gelo. Insomma, stiamo male e a mali estremi, estremi rimedi, sia pure improvvisati ed estemporanei. Il guaio è che i rimedi estremi che vengono agitati non sono tali da scongiurare veramente i mali estremi. Che sono, come ognuno sa, quelli che potrebbe infliggerci la troika europea se non dovessimo risolvere la brutta situazione in cui ci siamo cacciati per altrui e nostre colpe. Quali potrebbero essere i mali estremi? Il taglio, senza pietà e misericordia, come è accaduto altrove, di stipendi e pensioni, di unità lavorative senza porsi tanti scrupoli di articoli 18 o cose del genere. Di fronte a questa infelice prospettiva è lecito chiedersi: ma Renzi ci porterà davvero fuori o ci incasinerà di più? Se la risposta, pur col beneficio dell’alea, è positiva, allora dovremmo tutti stringerci attorno a Renzi e seguirlo in questa sua reconquista come cavalieri dietro al Cid Campeador. Ovvio che non tanto noi semplici cittadini, la cui massima forza è il voto, dobbiamo sostenerlo nell’impresa ma tutte le forze vive del Paese, dalle politiche alle economiche, alle sindacali, passando da quelle assai importanti delle strutture burocratiche. Se, viceversa, si ha più di qualche ragionevole dubbio che Renzi possa farcela, allora si ha il dovere di metterlo da parte e di tornare a far politica seria, attraverso una assunzione di responsabilità collettiva degna dei più drammatici momenti del Paese e della Repubblica. Penso a Caporetto del 1917, all’8 settembre del ’43, al terrorismo delle Brigate Rosse degli anni Settanta. Penso ad iniziative forti e lealmente coese perché credo che l’Italia di oggi sia paragonabile a quelle disgraziate situazioni, col minimo vantaggio di essere oggi prima della catastrofe e non dopo. Fino ad oggi la situazione, lungi dal migliorare, è peggiorata. Nel Paese non c’è dibattito politico autentico. Il Parlamento
di Gigi Montonato
è semidelegittimato e impotente al punto che non riesce ad eleggere due giudici per la Consulta, come già non riuscì ad eleggere un nuovo Presidente della Repubblica. Un’intera classe politica è annichilita, incapace di avere un confronto serio e concreto al suo interno. Gli osservatori politici più autorevoli insistono nell’avere seri dubbi sull’operato di Renzi e sia pure con un linguaggio diverso si sono uniti ai critici d’assalto per dire che il governo Renzi è vuoto, che il personaggio si agita, straparla, strainsulta, ma intorno ha pressoché il deserto. I suoi ministri e soprattutto le sue ministre sono di bella presenza, ma di scarsa efficacia. Dall’ironia di Prodi per il “bellu guaglione” rivolto a Rutelli siamo passati a quella assai più velenosa della Bindi per le ministre di Renzi, tali – a suo dire – perché belle, quasi dovessero limitarsi a comunicare atmosfere concorsuali di bellezza e che la bellezza fosse di per sé “vaso d’elezione”. Intanto non ci poniamo il problema nei giusti termini: affidarci a Renzi senza riserve o metterlo da parte perché quel che doveva mostrare lo ha mostrato in tutta la sua inadeguatezza? Tiriamo a campare tra le caricature esilaranti di Crozza e le crescenti manifestazioni di piazza. Ci limitiamo a parlare e a straparlare pure noi, a sfotterci e a tifare pro e contro Renzi e non ci accorgiamo di scivolare sempre più verso la soluzione meno desiderabile. Il secondo quesito pesante che dovremmo porci è se restare o meno in un’Europa che ci penalizza, che ci impoverisce, che ci declassa. In Francia Hollande, che certo non gode di grande consenso, ha avuto il coraggio e la forza di sfidare l’Europa in nome di un sacrosanto diritto, quello di fare il bene del proprio paese, a prescindere da accordi precedentemente sottoscritti. Noi in Italia, invece, abbiamo il complesso di non apparire sufficientemente europeistici e prima di dire mezza parola di dissenso nei confronti della politica europea di rigore ci profondiamo in una serie di interminabili salamelecchi di fede europeistica. Renzi fa bene a dire che la Merkel non deve trattare i suoi partner da scolaretti che non fanno i compiti a casa; che l’Europa la deve smettere con le reprimende epistolari; ma un conto è dirlo da professore a professore, come fa Hollande, un altro da scolaretto discolo e punito a professore severo, come fa Renzi col gelato in mano. Più di un esperto insiste nel dire che noi italiani non torneremo più alle condizioni pre-crisi, quasi a farci mettere l’animo in pace per l’infelice condizione. Ma se è assodato che stare dentro l’Europa, così come oggi è, significa per noi la povertà e la sottomissione, fino a che punto conviene restarci? Forse è giunto il momento di fare dei calcoli come si deve, senza complessi e senza paure e di incominciare ad operare per una uscita che ci consenta di recuperare la nostra condizione economica, ma soprattutto la dimensione culturale e politica.
Diario politico
della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
L’elemosina di Renzi
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ome tutti ricordiamo i primi giorni di settembre, il Gargano fu colpito da un tempo di pioggia devastante. I danni all’agricoltura furono ingenti, di milioni di euro. La popolazione pagò il conto salato con la morte di un giovane imprenditore dell’agricoltura garganica. Il Primo Ministro, Matteo Renzi, visitò quelle zone distrutte dalla violenza della pioggia. Vide con i suoi occhi i danni al territorio e all’agricoltura e senza avvertire nessuna fatica promise impegno tempestivo e interventi adeguati. Il Presidente Renzi promette sempre, ama gli annunci, ma non conosce il valore etico delle promesse e quindi il rispetto della parola data. Così sotto la camicia del Presidente non c’è la memoria e le parole sono impegno vuoto, parole senza responsabilità. Passano i giorni, tanti giorni, ma il racconto dei disastri del Gargano, causati dalla alluvione rimangono impiccati all’oblio del Presidente senza memoria. In Puglia i renziani sono molto forti ed hanno come guida uno sceriffo come: l’ex Sindaco di Bari Michele Emiliano. Nel partito di Renzi c’è una regola ferrea non scritta: è vietato disturbare il manovratore, l’opposizione deve essere silenziosa, di poche parole, come i bambini che sanno contare fino a tre. L’opposizione invece è libera, ha la parola e con Raffaele Fitto, più volte, fa sentire la sua voce contro il Governo che manca di proclamare per decreto lo stato di calamità in Puglia per consentire l’utilizzo dei soldi necessari per ripristinare la normalità nelle zone colpite dalla alluvione. Raffaele Fitto urla contro Renzi, Berlusconi frena. La Puglia è laboratorio di alleanze politiche, di ricerca e di rispetto di interesse dei politici di primo livello: leggi la negazione della autorizzazione a procedere per l’utilizzo delle intercettazioni al Senatore di Molfetta Azzolini, Presidente della Commissione Bilancio del Senato quindi di soldi. Il Segretario regionale PD Michele Emiliano non può essere disturbato nella sua politica a “strascico” per la primarie per avere la certezza della poltrona di Presidente della Regione
di Luigi Mangia
dopo Vendola. La politica ha le sue regole e sono come il fuoco sotto la cenere non si vedono e le parole non sempre le riescono a raccontare. Il romanzo della politica renziana continua, non conosce difficoltà e l’orologio del palazzo regola la successione dei giorni così arriva quello della Leopolda a Firenze. Il giorno che precede la Leopolda, il Consiglio dei Ministri finalmente approva il decreto promesso ai pugliesi. Il provvedimento risulta particolare e politicamente interessante perché in esso vi sono i soldi per l’alluvione che aveva colpito la Toscana e le città di Firenze Pisa e Lucca. Tanti soldi mentre per il disastro del Gargano solo dieci milioni di euro contro un danno stimato di trecento milioni: è semplicemente un elemosina vergognosa contro il Sud che non merita. Renzi ha portato la politica dove a nessuno era riuscito neanche al Cavaliere Berlusconi. Il fiorentino infatti ha completato il modello personalizzato della politica, rendendo liquida la forma del proprio partito. Renzi è andato più avanti di tutti perché è riuscito a trasformare in Comitato elettorale non solo il PD del Nazareno ma anche Palazzo Chigi luogo del Governo. Con Matteo Renzi è finita la democrazia legata al ruolo politico dei partiti regolati dallaCostituzione ed è cominciata la democrazia del principe in maniche di camicia in cui il verbo con il quale declinare il nuovo è quello di sostituire con amici fidati i dirigenti che contano nei posti di potere importanti. Dalla villa di Arcore a Palazzo Grazioli alla Leopolda la democrazia dei partiti arriva al capolinea. Bisogna reagire perché siamo tutti coinvolti. Il Sud non è più nel libro paga del quaderno dell’elemosina di quel potere incapace di vedere la forza e l’intelligenza delle nuove generazioni che con fatica hanno imparato a lottare per il futuro che s meritano di avere e che nessun potere potrà mai più impedire. Al Sud siamo diventati ambiziosi orgoglioso di noi stessi non viviamo più di elemosina. Il Presidente Renzi non si è accorto nel suo viaggio in Puglia perché non conosce il Paese che governa.
spagine
C
Speranze di riconciliazione
attolici e laici sovente su argomentazioni vitali sono in dissidio fra loro. Ma in una società plurale, aperta, in movimento, possiamo accogliere pienamente l’invito rivolto da sempre dal professor Francesco D’ Agostino, che insiste sul tema della “riconciliazione”. Possiamo aggiungere che, nel vivere civile e nell’ agire quotidiano, sia di prioritaria importanza per tutta la comunità cittadina coltivare una inclinazione alla “pacificazione”. “Pacificazione”, prima che un antefatto politico, è una pre-condizione essenziale, un nobile atteggiamento esistenziale, che ci mette in intimo contatto dapprima con noi stessi. Alla base d’una corretta comunicazione con l’altro da sé, c’è un legittimo riconoscimento di se stessi, della propria identità. Non si può essere considerati, “visti” dall’interlocutore, se non si ha consapevolezza del proprio sé. Fra cattolici e laici soffiano venti nuovi. Al recente Sinodo sulla famiglia la Chiesa cattolica ha aperto ai cittadini omosessuali: “Preziosi per la vita dei partner”. Ovviamente, la dottrina morale della Chiesa resta ancorata sulla sua visione tipica, che non mette mai sullo stesso piano l’unione fra due individui dello stesso sesso e il matrimonio canonico fra un uomo e una donna. Ma al Sinodo il documento del cardinale ungherese Peter Erdo fa ben sperare: “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?”. Ora è compito dello Stato laico e liberale giungere ad una “riconciliazione” con la comunità Lgbt, che da tempo aspetta che vengano formulate appropriate leggi contro l’omofobia e contro la transfobia e sulle unioni di fatto. È compito del governo e del Parlamento favorire l’integrazione e la coesione sociale con mirate normative, che tra l’altro ci mettano al passo con gli altri Paesi europei. Indipendentemente dall’eventuale adesione di fede di ciascuno di noi, si avverte in qualche modo il bisogno di fissare un sistema di principi e di valori indiscutibilmente coinvolgenti. La solidarietà, la sussidiarietà, la reciprocità, la predisposizione al dono dovrebbero essere paradigmi di base d’una unitaria morale di comportamento, valida per tutti (credenti, non credenti, diversamente credenti). Certi bioeticisti cattolici sono critici con alcuni credenti che apprezzano la Chiesa allorquando denuncia l’emergenza ecologica e le degenerazioni d’uno spinto e irrispettoso sistema economico e di sviluppo e, al contempo, storcono il naso sulle tematiche eticamente sensibili. La comunità dei credenti non è, però, un blocco monolitico. Ci sono cristiani che non considerano la pillola del giorno dopo e la contraccezione in generale il male assoluto, che non biasimano i registri sul testamento biologico.
Contemporanea
della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
di Marcello Buttazzo
Sul “fine vita” c’è un sentito e frastagliato dibattito. Tante sono state le voci autorevoli di religiosi che si sono levate per marcare una posizione originale, che potremmo definire di “riconciliazione” e “pacificazione” fra opposte istanze e visioni antropologiche. Prima della sua dipartita, il cardinale Martini, aderendo ad una cultura viva, affermò che la sacralità della vita umana “non riguarda solo il concetto di vita fisica ma anche quello di dignità della vita”. In effetti, ragionare per contrapposizioni nette, non giova ad edificare un pensiero positivo. La cosiddetta sacralità della vita umana (se non contempera anche la possibilità di condurre una vita dignitosa o, quantomeno, non di sofferenza estrema e intollerabile) che senso ha? Il bipolarismo etico e le laceranti frammentazioni fra i cosiddetti “paladini pro-life” e i supposti “cultori della morte e del nichilismo morale” sono solo invenzioni di certuni, costruite a tavolino, per perpetrare grossolani e poco sereni malintesi. Siamo tutti uomini, con vissuti di gioia e di dolore, ed esigiamo rispetto dalle istituzioni, che non dovrebbero mai promulgare leggi di “controllo etico”. A proposito di Chiesa, quella cristiana Valdese, rispettosa del pluralismo dei modelli morali, si batte da tempo per la diffusione del testamento
Una fotografia di Mario Giacomelli
biologico. Occorre dire poi che anche tanti sacerdoti cattolici non pensano affatto che il corpo sia un totem o una vestigia “inviolabile" dinanzi all’inevitabile, irreversibile deperimento fisico. Sovraccaricare il corpo mortale di valenze estreme è solo materialismo e biologismo spirituale, che nulla hanno di spartire con la vertigine divina. Sempre su un crinale di “pacificazione”, anche su questioni come quelle educative, si può trovare un minimo terreno d’intesa fra cattolici e laici. In una società disomogenea, con molte zone d’ombra, ben vengano le varie agenzie educative, per proporre ai giovani sane guide di riferimento. I ragazzi non devono essere mai manipolati, o indottrinati, ma solo abbeverati con fonti d’acqua fresca. È una premura sia dei cattolici che dei laici dare agli adolescenti una giusta educazione sentimentale, affinché possano capire la bellezza dei loro corpi e della loro spiritualità da proteggere. Le relazioni affettive sono preziosissime, si fondano sull’onesta, sul rispetto, sull’alterità, sull’accettazione del proprio unico e irripetibile progetto di vita e sul riconoscimento del progetto di vita altrui. L’adempimento della propria libertà è la più nobile aspirazione da raggiungere, nella legittimazione della libertà delle altre persone.
Il festival della condivisione
Accade in città
spagine
della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
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l'idea di far conoscere e promuovere le realtà che sono attive sul territorio e che sostengono il Principio di Condivisione e Consumo Critico delle risorse a nostra disposizione. Tutte le Associazioni sono invitate a partecipare (di fotografia, di informatica... operanti nel settore dei beni di consumo , dell'agricoltura e cosi' via). nel corso della giornata tutte le associazioni svolgeranno le attività che meglio le rapIl GNU/Linux Day si è tenuto ieri 25 ottobre ed presentino e/o che possano mostrare il loro è una giornata nazionale che si focalizza sulla lavoro svolto sul territorio. realtà del Free Software e sul sistema operativo Alle 16.00, l’avvio dei talk con il “Processo, proGNU/Linux. Ogni anno nomi noti sulla scena gettazione tentativa e gestione. - LUA Laboratecnologica-informatica, e non solo, sono invitati torio Urbano Aperto”; a seguire alle 17.30, a testimoniare il forte contatto esistente tra il “Paradigmi di design tra Software e Permaculmondo Free Software e il contesto sociale, cul- ture con Debra Solomon & Jaromil Roio”; alle 19.00, “Quando il diritto d'autore è usato per turale ed economico del nostro Paese. Oggi, domenica 26 ottobre è il giorno del Festi- condividere” con Simone Aliprandi. Dopo la val della Condivisione. L’iniziativa nasce dal- cena sociale alle 20.00 un omento conviviale
i è aperto ieri sabato 25 e continua oggi domenica 26 ottobre, a cura dell'Associazione Culturale SaLUG!, il week end all'insegna della condivisione e della tecnologia open source, alle Manifatture Knos, con il GNU/Linux Day 2014 e il secondo Festival della Condivision.e
reso possibile dalle specialità culinarie offerte dalle Associazioni partecipanti. Durante questo momento si raccoglieranno fondi per sostenere l'Associazione NO profit SaLug. Alle 22.00 un concerto a cura di SUM Project, saliranno sul parco Cristiano Renna, La bestia Carenne ed Esquelito.
Un gruppo di radiocronisti in web radio in onda su Radio Flo e Zero Web Radio seguirà in diretta tutto l'evento commentandolo, mettendo musica ma soprattutto intervistando i partecipanti. Il progetto fa parte delle azioni finanziate dal Bando per attività culturali presso le Manifatture Knos promosso dalla Provincia di Lecce e dall'Associazione Culturale Sud Est.
La sartoria popolare N
ell’ambito del Festival della Condivisione promosso dall’associazione SaLUG presso le Manifatture Knos, sarà presentata domenica 26 ottobre alle 16.30 alle Manifatture Knos di Lecce la “Sartoria popolare”. Un progetto finalizzato all'avvio di un laboratorio di sartoria messo a disposizione della collettività, allestito negli spazi del Knos. Il progetto, a firma dell’Associazione “Acrobatik”, è finanziato dalla Provincia di Lecce attraverso il bando per attività culturali indetto dal Knos (Fondi Europei P.O.FESR 2007-2013. Asse VII azione 7.1.1). L’idea è risultata prima in graduatoria per la sua semplicità e innovatività, ma anche per i molti risvolti sociali che potrà avere presso la popolazione. La sartoria popolare, infatti, consiste in un luogo di condivisione e d’incontro per tessere nuove relazioni e per mettere in gioco la propria creatività a partire da ago e filo. Sarà possibile infatti imparare ad utilizzare le macchine da cucire, reinventare nuovi usi per i propri capi di abbigliamento, decorare e colorare i tessuti. E per chi lo desidera farne una piccola economia Anche chi ancora non sa destreggiarsi bene nell’arte della sartoria, avrà la possibilità di apprendere le nozioni di base di taglio e cucito. I moduli di insegnamento partiranno il 3 novembre con quattro diverse corsi: cucire a mano, cucire a macchina. Come e cosa. Primo approccio al taglio ed alla confezione. Dal prototipo al prodotto finito. Restyling e riciclo. Sono previsti 2 incontri settimanali di 4 ore, a partire da novembre fino a febbraio. A seguire, prenderà il via il laboratorio di “batik”, la suggestiva tecnica utilizzata per colorare e decorare i tessuti. Per la prima tranche sono disponibili 20 posti, 5 dei quali riservati agli abitanti del quartiere Santa Rosa - Salesiani, in cui insistono le Manifatture.
info@salug.it
Basta ‘nquacchi
V
Corsivo
orrei che la piantassero di 'nquacchiare (sporcare) la città di Lecce con disegni o opere di discutibile valore estetico, che poco o niente hanno a che vedere con l'arredo urbano (come oggi viene definito). Per esempio: i fiori infantili sui marciapiedi sul Viale che porta alla stazione; i feticci sul Viale degli Studenti, con stupidi cassonetti legati con una catena a una incolpevole sedia - che ad altro ambiva, e che se potesse parlare chiederebbe subito di essere liberata, poiché impossibilitata ad evadere; o un altro cassonetto con su un brutto disegno, che storpia e rovina il contesto in piazza Pellegrino compreso palazzo Vernazza; o altri approssimativi disegni incisi sui marciapiedi periferici. La proposta più imbarazzante è quella di colorare i pali della linea elettrica tramviaria (in cauda venenum): mai idea più azzardata poteva illuminare l'essere umano: orrido, orrido. Il colore attuale dei suddetti pali almeno si mimetizza tra gli alberi dei viali; pensare di cambiare colore (eccettuato il verde) apporterebbe solo più vistosità all'immagine già dannosa, di per sé. Insomma, ai fautori di queste ordinarie follie consiglio loro delle bambole gonfiabili, per farli divertire altrimenti. Quando poi alle insane operazioni si unisce la commiserata buona fede degli amministratori, ecco instaurata la pericolosa dinamica dell'estetismo moderno. Basta, bisogna ricorrere ai ripari. Fermare la deriva. Opinare le scelte. Con questo annuncio finale: DECORO e non DECORAZIONE. di Antonio Zoretti
spagine
La città
del degrado
I primi rilevamenti prima dell’esecuzione degli scavi in Piazza Tito Schipa, ottobre 2011
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rosegue l’ormai annosa vicenda detta “Ex Caserma Massa” di Piazza Tito Schipa a Lecce. Un cantiere ormai nel degrado assoluto, abbandonato, con una vera e propria foresta sugli scavi e con reperti all’aria aperta. Il progetto di un’azienda privata in projet financing con il Comune di Lecce prevede la costruzione sul sito di un parcheggio sotterraneo e di edifici commerciali, amministrativi, negozi e abitazioni. Dove ora ci sono scavi aperti prima c’era una caserma militare (Massa, appunto) prima ancora un convento quattrocentesco e la chiesa Santa Maria del Tempio. Nel sito si sa per certo che esisteva un cimitero all’epoca “fuori le mura” dove ci sarebbero stati i resti di due sindaci della città oltre a quelli di frati. Contro la realizzazione del progetto è spontaneamente nato un comitato che chiede la salvaguardia degli scavi, la restituzione del sito alla cittadinanza, la creazione di uno spazio verde al posto di parcheggi e centri commerciali, soprattutto in una realtà in cui i negozi sfitti abbondano. Alla base di tutto ciò c’è una scelta politica precisa, si vuole che il centro città continui ad essere assediato dal traffico o che si vada verso una città vivibile, pedonalizzata, ciclabile? Si vogliono auto in pieno centro o sarebbe meglio fare parcheggi di scambio e servizi navetta? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Alessandro Presicce del Comitato per la tutela dell’area archeologica e Caserma Massa.
convento e chiesa denominati Santa Maria del Tempio. La completa distruzione centralissimo sito archeologico avverrebbe in conseguenza della realizzazione, in project-financing, di un centro commerciale con parcheggio interrato per 500 posti auto proprio sull'area degli scavi.
Come si è mosso il comitato fin’ora? Abbiamo mobilitato l'opinione pubblica cittadina e lanciato una petizione affinché il sito venga tutelato come si conviene ad un bene culturale. La petizione è stata firmata da molti esponenti del mondo della cultura, accademico, da ambientalisti, associazioni tra cui WWF e Legambiente, Italia Nostra, da cittadini e famiglie sensibili, urbanisti, architetti, insomma dal meglio che la città può esprimere in termini di competenze e di amore per il territorio. Ha firmato anche il Preside della Facoltà di Beni Culturali dell'Università del Salento, il Difensore Civico della Provincia di Lecce, il suo predecessore on. Bray.
Con quali esiti? Il Comune di Lecce intende tener fede alla convenzione di project-financingsottoscritta nel 2010 con la ditta attuatrice (De Nuzzo Costruzioni) e consentire la realizzazione dell'inutile centro commerciale e parcheggio interrato annesso. Il procedimento autorizzativo appare però viziato in più punti e molti passaggi sono stati omessi o posposti rispetto ad un normale iter da seguirsi quando si interviene in una zona che da 500 anni è occupata da strutture storiche di pregio (cfr: deDa chi è composto il comitato? Il Comitato raduna singoli e associazioni che si libera GC n. 4/2013) battono, nella nostra città, per evitare lo scempio derivante dalla distruzione, nella odierna Piazza Immagino ci sia stato un parere della soprinT. Schipa, delle fondamenta del quattrocentesco tendenza ai beni artistici e culturali.
di Gianni Ferraris
La Soprintendenza ha inizialmente concesso un parere preventivo "favorevole con condizioni", ma le condizioni poste non appaiono in alcun modo rispettate nel progetto proposto dal soggetto attuatore! Ora la Soprintendenza deve esprimersi con un parere definitivo sul progetto approvato dalla Giunta Comunale con la citata delibera di Giunta Comunale 4 del gennaio 2013. Diciamo inoltre che il convento e la chiesa di Santa Maria del Tempio furono barbaramente abbattuti nel 1971 dall'Amministrazione Comunale dell'epoca, ma - anche grazie al fatto che il piano-strada del 400 è quasi un metro sotto quello attuale - le fondamenta oggi apparse e indagate dall'Università del Salento presentano un elevato che in alcuni punti arriva ad un metro e “presentano caratteri di organicità, unità e buono stato di conservazione che le rendono intangibili ai sensi del Codice dei Beni Culturali” (Dalle Osservazioni ad Assoggettabilità a VIA, punto 3). I leccesi hanno memoria storica del sito? Moltissimi, nonostante il tanto tempo trascorso, ne sono affezionati. Lo ricordano come la zona del Tempio, che è stato, oltre che un convento francescano per 500 anni, anche un luogo dove leccesi e forestieri si sono curati nei secoli scorsi. Il Soprintendente di Lecce, arch. Canestrini, in un intervento pubblico sulla stampa ha definito il progetto del centro commerciale e parcheggio interrato, un "progetto di scarsa qualità". Per questo speriamo che la Soprintendenza di Lecce, che ha visto alternarsi in questi anni vari dirigenti, voglia bloccare il dannoso e insensato progetto, che peraltro non rispetta le prescrizioni poste.
Accade in città
della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
Ex Caserma Massa In Piazza Tito Schipa a Lecce un cantiere abbandonato, con una vera e propria foresta sugli scavi e con reperti all’aria aperta Ne abbiamo parlato con Alessandro Presicce del Comitato per la tutela dell’area archeologica
Piazza Tito Schipa oggi, la boscaglia domina nel cantiere
La prima recinzione prima degli scavi
La protesta dei parcheggiatori di Piazza Tito Schipa, ottobre 2011
Resti di colonne e capitelli dopo i primi scavi
Nell’isolamento d’Albania spagine
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Letture
della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
La casa in cui trascorremmo l’infanzia a Tirana era una grande villa di tre piani con due ingressi situata nella zona del cosiddetto “Blocco della dirigenza”. Vivevamo nel secondo appartamento, al secondo piano. Un giorno domandai a mia madre cosa fossero quelle piccole finestre con reti d’acciaio, poste sul muro delle scale tra secondo e terzo piano. Mia madre, pur non essendo un ingegnere, mi rispose che servivano per l’aerazione, ma io non le credetti. All’epoca dovevo avere circa dodici anni e pensavo che quelle finestrelle fossero state volute dall’ex proprietario per controllare chi avrebbe vissuto da quel momento nella villa che gli era stata sottratta con la forza”. E’ l’incipit che apre le 294 pagine de “La villa con due porte”, il romanzo autobiografico di Vera Bekteshi in uscita da Edizioni Besa nella Collana Nadir. Vera Bekteshi è abile nel rappresentare, con leggerezza e ironia, il periodo più difficile della storia albanese, quello della dittatura di Enver Hoxha. E lo fa regalando al lettore la
storia della sua famiglia, che visse fino al 1974 in una villa del famigerato Blocco. Da donna, abbandonata improvvisamente dal marito, madre, figlia e amica, veste i panni di testimone del suo tempo e dovrà adattarsi a un’esistenza fatta di soprusi, prigionia e sete di rivalsa. Non più libera e in condizioni di povertà estrema, sorprenderà il lettore con il suo racconto ricco e sfaccettato delle vite di chi la circonda, vittime e carnefici, ognuno con la propria personalità e il proprio spessore, in un mondo crudo e avulso dalla normalità. L’autrice è nata e cresciuta a Tirana, nel cosiddetto “Blocco della dirigenza”. Figlia di un militare di alto grado, è stata vittima della dittatura: dopo il divorzio politico, la perdita del lavoro e l’arresto del padre, ha trascorso quasi sedici anni di isolamento, con la famiglia e il figlio, nei più remoti villaggi dell’Albania. Tornata a Tirana nel 1991, nel 1969 si è laureata in fisica e dal 1997 è dottore in fisica. Negli ultimi anni si è dedicata quasi completamente alla scrittura letteraria.
Da Artusi per Don Pasta
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Mangiare è come respirare. Senza si muore. Non potevo trattarla alla leggera la cucina italiana. Non potevo raccontarla da solo. Non ne sarei stato in grado. Doveva essere una cosa corale. Perché corale è la cucina italiana. Avevo paura prima di iniziare, paura che tutto fosse perso per sempre Che a mio figlio non c’era nulla da lasciare della cucina del sud, della cucina d’Italia Ma ho scoperto che il tesoro è ancora li custodito nel cuore di ognuno. Ho ricevuto le parole belle che ognuno ha quando parla della propria cucina. Ricette senza grammi, senza indicazioni precise come si fa quando si parla d’amore. Mi parlavano di qualcosa di intimo, fragile, qualcosa che potrebbe scomparire da un momento all’altro e si stringe forte. E non c’era nulla di malinconico, patetico in quelle lettere. Ma Nulla è per sempre. Bisogna scegliere se questo tesoro si conservi o se lo si veda scomparire a furia di reinventare, alleggerire, infiocchettare, fare riduzioni del cazzo. Che il cibo resti lontano dalle mode, che resti linguaggio di ognuno. Patrimonio fatto di donne che hanno retto l’Italia intera, piegate dal dolore e dalla stanchezza, donne che
hanno caricato chili di limoni, formaggio, raccolto riso nell’acqua e fatto figli grandi e forti. Gente che è andata via per sempre in luoghi lontani con quel ricettario stretto in mano più importante di qualsiasi gioiello con il dolore atroce del non sentire più i profumi della propria terra e riprodurli testardamente in qualsiasi parte di mondo. Che resti cibo dell’anima dunque, cura, profonda cura per i nostri cari in quell’offrire qualcosa che si ama a qualcuno che si ama. A mio figlio, a ogni bimbo e bimba, che sappiano che una delle rivolte più belle è conservare ogni singola traccia delle diversità della cucina italiana, perché nella vita non ci si deve omologare mai passivamente alle regole, alle abitudini, alle leggi imposte, alla globalizzazione dei gusti che ogni cosa cancella. Perché la cucina italiana è cucina geniale a partir da nulla. Ed ha aiutato a vivere con dignità nella disoccupazione, nelle ingiustizie, nelle emigrazioni, durante regimi infami, nella guerra, nella fame. Proteggiamoci, soffriggete." Don Pasta
Don Pasta Artusi Remix. Mondadori Con il patrocinio di Casa Artusi Dal 4 novembre in libreria
Letture
della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
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Dell’inizio
Fabiana Renzo è creatura d'acqua... Così donne, bambini, venti, pesci, coralli, torri, giardini, pietre, barche, spezie, fiori, treni, presenze familiari e presenze fugaci come quelle agli snodi del mondo, fantasmi ferroviari e metropolitani, di mercati e di piazze, di aeroporti e di marine diventano caleidoscopiche e armoniche sincronie di visitatori mondani, passaggi terrestri e celesti con incursioni costanti nell'elemento acquatico.
U
n'arte, fra tutte la più esigente e rara, prodigio e grazia, l'arte di osservare, diventare ciò che guardiamo, empatia e compassione, abitare il mondo ribaltandone le gerarchie. Nessun antropocentrismo, abbiamo fallito, è un dato di fatto. Inorganico, vegetale e animale hanno da insegnarci molto, moltissimo. Leggi di natura, fatti cosmici, ciclo delle stagioni. È tempo che a parlare siano le cose mute, le stesse che incantano occhi senza macchia, occhi dei primi battiti, delle prime stagioni, del primo mare. Occhi testimoni di mondi appartati e potentissimi, tanto invisibili quanto onnipresenti. Occhi dell'Inizio. È tempo di parole nuove - antiche - quelle che la meccanica del mondo, nella foga dell'andare cieco senza gioia né consapevolezza, ha reso fossili e imbalsamato in scrigni di ciò che sfugge alla plastica della contemporaneità. Fabiana Renzo rianima mondi, disseppellisce ciò che l'uomo senza attenzione confina nelle discariche della dimenticanza. Lo fa con grazia creaturale, innata, con freschezza e limpidezza, voce nel deserto, voce nobile e bambina, testimone benedetta di ciò che immobilmente perdura. Fa ritornare alla luce dei giorni, con eleganza simile a una donna in abito lunghissimo e dal portamento umile e insieme austero che avanza sulla battigia di gallipoline caotiche spiagge nell'ora di agostani aperitivi. Coralli e madreperle, amuleti, stoffe pregiate e bianchissime, organza e percalle. Siamo nel ninfeo del mondo, un mondo prima di quel peccato dell'origine. Perché nei versi di Fabiana nei suoi occhi - l'Inizio perdura, è qui, è questo momento. Condizione dell'essere, sguardo attento, trasparente, immacolato. “Qui il tempo trova la sua misura/ e nella rotondità di un'aia/ come d'incanto si risolve/ l'uguaglianza e la diversità.” E ancora:“Poi da un'altura si stagliano/ improvvise/ grandi pale eoliche/ inchiodate come giganti teste su una pertica/ a prender nota con un sogghigno/ di quanti oltrepassano il confine.” Ecco, creatura di grazia. Mantiene alla vita ciò che la vita ci promise invano. Promessa d'in-
di Ilaria Seclì
canto, promessa d'Attenzione, lettura su molteplici piani della realtà intorno a noi, verità in figure. Poiché il poeta, diciamo con Cristina Campo, ricrea quelle figure, le scioglie, mediatore tra Dio e gli uomini, tra l'uomo e le cose, tra l'uomo e l'altro uomo, tra l'uomo e i segreti della natura. Attenzione, cura, unico cammino verso il mistero, l'Inesprimibile. È una sensibilità proustiana quella della Renzo, ma tutta votata all'hic et nunc, al tempo del suo cammino nel mondo. Mondo popolato di presenze nivee, vivissime, rese ancor più vive dalla fluidità e dal rigore di un lessico forbito, attento, minuzioso, esatto. Caleidoscopiche e armoniche sincronie di visitatori mondani, passaggi terrestri e celesti con incursioni costanti nell'elemento acquatico poiché Fabiana è creatura d'acqua, anche per ragioni biografiche. Così donne, bambini, venti, pesci, coralli, torri, giardini, pietre, barche, spezie, fiori, treni, presenze familiari e presenze fugaci come quelle agli snodi del mondo, fantasmi ferroviari e metropolitani, di mercati e di piazze, di aeroporti e di marine. Agli uomini è dato di vivere un paradiso già qui, sulla terra, ma a pochi è data la facoltà di abitarlo. Ne ha facoltà Fabiana Renzo, capace di ascoltare il respiro di ciò che vive, l'invisibile e magico passaggio da una stagione a un'altra, da una luna all'altra, il vibrare e gonfiarsi impercettibile di una gemma o di una pancia che accoglie, il glorioso alternarsi delle stagioni sullo sfondo di un Sud assolutizzato, mitico, intemporale eppure attualissimo. Luce metafisica e fascino della sua Finibus Terrae. Ne ha facoltà il poeta in perenne ascolto e visitazione di misteri ignoti, ineffabili, che preserva dall'inclinazione del linguaggio odierno a ridurre, uniformare, scolorire. Non si può nominarli ma inquiete e dolci confidenze li fanno compagni di giochi cosmici, siderali. Attenzione alle mute e minute presenze del mondo. Tracce, simboli, visioni. Segreti che Fabiana Renzo coi suoi versi avvicina e invita ad avvicinare. Respiro di risacca di Fabiana Renzo, Kurumuny, 2014
Per canti e cantine spagine
M
usica e vino, parafrasando posso dire “Io non so parlar di vino, l’emozione non ha voce…” come cantava più o meno un Celentano d’epoca, invece del vino lui ci metteva l’amore, però era giovane, ora che siamo sicuramente meno giovani, forse più maturi cerchiamo emozioni anche in amori altri, nella natura, a volte, come si legge nelle brevi note biografiche dell’autore del libro, Pino De Luca “dopo una vita trascorsa fra scienza e peccato, è approdato all’e(t)nogastronomia…”. Parlando di vino, anzi dei vini, nella fattispecie di quelli salentini, un osservatore dotto e colto dovrebbe scrivere frasi come: “rosso cupo, con preponderanza del violaceo; profumi avvolgenti di vaniglia e poi di spezie, fino all’eucalipto. Al palato è morbido, setoso, consistente ma molto ben educato…" Bene, non lo scriverò mai per il semplice fatto che per mia formazione il vino è un liquido da degustare, quando proprio voglio fare il raffinato intenditore mi faccio guidare da chi mi consiglia cosa abbinare con cos’altro. Altre volte (barbaramente) mi piace rinfrescare un rosso importante in frigorifero qualche tempo. Riesco a volte, è vero, a capire se un vino sa di tappo, e riesco a sentire, altre volte, aromi e profumi che non saprò mai a quali spezie si riferiscono, e lì mi fermo, sono un consumatore più o meno abituale, non un raffinato conoscitore. Però sono grato a Pino de Luca perchè, con “Per canti e Cantine”, forse a sua insaputa parla anche a me e prova a mettermi a mio agio abbinando la cantina alla musica, ed essendo di una generazione quasi contigua (lui è decisamente più giovane) ricordo i canti che cita, le cantine invece le intravedo e i bicchieri di vino li immagino. E ricordo, i filari di viti che ho visto da sempre. Mi hanno accompagnato dal Monferrato alle Langhe, sulle colline Toscane, le pianure Romagnole e giù, fino al Salento. Da Fenoglio e Pavese e Paolo Conte, a Verri, Bodini, Mino De Santis. Con l’amore, la musica ed il vino si può diventare grandi, immensi, immortali forse, per dirla con Galeano “siamo tutti mortali fino al primo bacio e al primo bicchiere di vino”. Non so se Galeano si è spinto troppo oltre, però manca la prima emozione provata ascoltando Chopin piuttosto che il bolero di Ravel o, più prosaicamente ma neppure troppo, il salentino e irridente Mino De Santis che canta “tuttu è cultura, anche se cangia la temperatura”. E ricordo Guccini che nei suoi concerti, accanto alla sua seggiola, aveva una bottiglia di vino. Si, De Luca dice a me, profano, che nei canti e nelle cantine (perché non ha messo anche incanti, nel titolo?) ci si può perdere. Le parole avvolgono perché sono: “come il vino, hanno bisogno del respiro e di
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Non possiamo bere tutto il vino del mondo, ma è nostro ineluttabile dovere provarci Pino De Luca
di Gianni Ferraris
La copertina del libro edito da Kurumuny e l’autore Pino De Luca
tempo perché il velluto della voce riveli il loro sapore definitivo” (Luis Sepulveda) . Così è piacevole farsi accompagnare in questo non immaginifico viaggio fra paesi, città, cantine e produttori attenti e capaci, nominati uno ad uno, da Taranto a Manduria, a Copertino a Brindisi e ancora altri, campi di terre rosse, viti e vitigni, canti e cantori. Fare accarezzare il negramaro di Copertino dalla voce di Sangiorgi, il Negramaro e i Negramaro. Oppure sentire irrompere “libiamo libiamo” de La Traviata bevendo bollicine ad Alezio. O ancora immaginare il sapore forte e prepotente di un primitivo bevuto sulle note di “All’alba Vincerò” cantato da Mario Del Monaco. E ancora risentire, perché scordarcene?
“…La fatica è di più Sulle braccia scure Lacrime Non ne abbiamo più Facce scolpite e dure Voglia di cambiare Bella terra mia Nata allu soli Forte terra mia All’odio e all’amuri E sacra como stu cielu Grande co’a stu mari Tutta la vogghiu Tutta la vogghiu liberari…” cantava in un Festival di Sanremo il secolo scorso da Mariella Nava da Taranto. E ascoltarla mentre si beve un negramaro figlio della forte terra da liberare dall’ipocrisia, dai rifiuti forse. Terra grande, immensa, imprigionata fra i due mari. “Una zattera” per citare un altro immenso salentino, il regista, autore, attore Mario Perrotta. Oppure sedersi e sorseggiare un rosato di negramaro, perché altro non può essere, secondo Pino, il vino rosato se non di uve Negramaro. Perché il rosato non è del Salento, ma è il Salento stesso. Ne ha i profumi, la luce, la forza. Chissà, questa domanda la giro all’autore, se ne ha anche le contraddizioni di essere un rosso fermatosi a mezza strada. Sorseggiare e ascoltare musica di rinascita e di colori intensi, albe e tramonti che fanno rima con amori e la leggera pesantezza di sentimenti forti e avvolgenti, ascoltando la primavera di Vivaldi. A leggere il viaggio salentino di De Luca, piuttosto che le colline monferrine o langarole, terre di nobilissimi vini che si chiamano Barolo, Barbaresco, Barbera, il misconosciuto (ingiustamente) Grignolino ecc., mi è venuto in mente il ligure sciacchetrà. Vitigno coltivato su terrazzamenti che guardano il mare delle Cinque Terre. Terreno strappato alle rocce, ripulito, dove si produce quella meraviglia. Forse saranno quelle rocce che vedo spuntare di tanto in tanto dalle terra rossa di Salento a ricordarmelo, chissà. O forse la vicinanza del mare. E non si può parlare di Liguria, mi consentirà Pino, senza riascoltare Creuza de ma di Fabrizio De Andrè. Quei sentierini che fanno tornare alla mente contadini con la vanga in spalla. Ho fatto una digressione geografica anche se, ammetto e concordo pur nella mia enoica ignoranza, con Pino “…Abbiamo vini in Salento che non temono assolutamente i maestri d’altre parti d’Italia e nemmeno quelli d’oltralpe…”, ma sui vini francesi non facciamo digressioni, quando vorranno imparare a vinificare, l’Italia intera li accoglierà con gioia e senza far loro pesare una pur evidente superiorità. Pino De Luca, Per Canti e Cantine Kurumuny editore - € 12,00
Diavolo! di Francesco Pasca
Perché può, è inutile un romanzo. Di motivi per chi legge ve ne possono essere tanti, magari nella convinzione: “sei più forte di loro (di lui). Puoi vincere. Non ti far fregare”, oppure trovarti alla fine o durante il rincorrere delle pagine, quando si è certi di essere nella “calamità naturale” di una scrittura. Di motivi per chi scrive, forse, UNO, il solo. Infatti l’autore per giustificare quell’inutile se ne disfa come di un fardello di memoria inquieta, repentinamente, addossando la colpa ad un altro/altri. Il boomerang di 237 pagine di Manlio Ranieri per Musicaos:ed Smartlit 06, nel suo esordio, viene evitato egregiamente e a essere colpito resta ancora una volta il lettore. L’altrettanto con il suo reso è metafora di un tal Giacomo Lavermicocca, l’altro scrittore. Un altro che insegue un altro è la trama. Il blog che insegue se stesso con nomi, sovrapponibili nell’intento, ma diversificati negli approcci è il messaggio, non è più quello digitale. Sebbene, oltre ad non averlo richiesto - e non sono stato costretto a leggerlo - lo leggo. Capire le ragioni di un inutile è l’oltre, è il che ed il perché scriverlo, anche farlo leggere, ovvero farlo incappare anche nell’inutile "PARANOIA" semi/seria dello scrittore. Nell’odierno si apprende che, Facebook, Twitter e i tant’altri blog servono per preparare e poi tappare le attese, per spendere energie o per costruire alternative con messaggi di ritagli non digitali ma reali: ATTENTO, LAVERMICOCCA. È questo l’altro aspetto dell’immaginario, è il monito a: Pubblicare? Leggere? Attento, Lavermicocca prim’ancora c’è scrivere. Scrivere! Scrivere! Ma dal prim’ancora, ch’è l’immaginare, s’è il nuovamente banale, non è il pubblicare? Attento! Pubblicare? Pubblicare! Attento Lavermicocca, lo stile deve essere piano, il “Fuori” deve essere la scrittura trasversale di chi attende nella palude nascosta di e in un blog. “Scendere in campo” per il lettore è il chi vuole anche il “fuori” dalla sensazione e che sia il dunque e che sia l’Ahi! Il me ne duole. Le avvisaglie sono così, sono e fanno differenza e lasciano, diventano “il sottile”, la sembianza sagomata dall’ombra di un blog ch’è una vacca, ch’è grigia per essersi palesata all’imbrunire di un pixel e per aver osato campagne di guerra in sordina. (É)? Sì proprio con l’acuto e non col grave. Ma è il facile ed [è] perché s’è dato nel MAI
Ovvero, perché mi son bevuto il cervello per un romanzo descritto inutile
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e, nel ciò, se n’è descritto per sensazione. Beh! Si sarà detto Giacomo: Ora ne ho, quindi, scrivo e qualcuno leggerà in pubblicazione di altro show, di altro populismo, di altra democrazia non più sorretta da Costituzione ma da blog continuamente lento e soffocante del nuovo essere politico. Per me che leggo lo farà per il prima e per il poi ed è, sarà scrittura in quel dubbio. È, sarà il prospettando, sarà solo per l’immaginare. È il semplice nel rinforzo di un ricorsivo posposto, forse, in un “non volevo diventare un politico di professione”. È ansia in quel che si prefigura e nel quanto si possa accumulare in altra ansia e in altrettanti accumuli di tensione. Nell’immaginare, leggere, divento anch’io azione, l’Azione del: “che mai sarà”. Com’(É)? Qui è inutile riprendere l’acuto nel grave. Giacomo è nell’anch’io giovane, fa il virgolettato per azione. Ma, al contempo, scrive, legge e pubblica anche dell’immaginare, e, per chi ne legge, dovrà essere il sì,
L’immagine di copertina del libro edito da Musicaos:ed
trovarsi nei meandri del target, nella sua giusta durata, nell’implementazione. Forse è questo il motivo che farà scaturire: “Ambition makes you lokk pretty ugly/Kicking, squealing, gucci little pyggy/You dont’t remember/You dont’t remember…” L’interesse è presto detto: Lettura/scrittura, “benvenuta nel mondo della politica(?)”. Ma nell’inutile, chi mai potrà leggere senza quell’immaginare? Magari io da lettore lascerò, Giacomo lascerà perdere o prendere il romanzo come il fare quotidiano politico. Giacomo mi dà il sé ed è nel chi è, è già nell’immaginare e non solo per potenziali lettori o elettori, né per solitari editori o per compratori stampatori. Chi scrive e vive i perché, mai dovrà preoccuparsi della risposa: “Criterio oggettivo un cazzo, Giacomo”. Nell’Oggi, non vi è quel sapere di ...: Di che cosa avrà bisogno uno scrittore per decidere di fare politica in un libro? Vedere il bianco di una pagina non è forse l’inutilità del riempirla? Comunicare con l’inutile non è forse il solo scrivere? Così! Ma anche se si è detto nella definizione, così ama Giacomo (Manlio Ranieri), così amerà richiamarsi nel mondo confuso, nella malferma visione di una nebbia fitta. Così forte è il bisogno del ritornare a scrivere? Così è quell’(É): Sì! Così è l’[È] ma non della signora annoiata che passa dal Sole alla Luna per durata, per dinamica frescura di un corpo lettera, per comunicazione e per esser vacca all’imbrunire nel grigiore. Oppure "Così" (È) quella di Giacomo nell’incerto o nell’intellettuale ch’è nell’apparente superfluo, così è che lo sento esclamare nelle 237 pagine del suo detto “inutile”: «Orsù, la Terra non muove, ch’è fatta per dimora e per essere grave nei corpi, per dire e sapere, per non solo stampare, non per solo leggere prim’ancora dell’imbrunire o nel volare. Per me non è fare o finta d’editare.» Un bel libro, giovane, da leggere comodo, scelto con cura dalla collana diretta da Luciano Pagano per la altrettanto giovane Casa Editrice Musicaos:ed. Buona lettura!
Open dance , UaU... di XE
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rosegue con un nuovo imperdibile appuntamento Open Dance, la rassegna dedicata al teatrodanza e alla danza contemporanea organizzata dai Cantieri Koreja di Lecce col sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e Regione Puglia. In scena domenica 26 ottobre alle 20.45 UaU… lo spettacolo della Compagnia XE di Firenze. Fondata e diretta dalla coreografa e regista Julie Ann Anzilotti, la Compagnia nasce nel 1991 come possibilità di ricerca e di approfondimento del rapporto tra lin-
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guaggio coreografico e linguaggio teatrale e dal 1997 svolge la sua attività di produzione e formazione. Utilizzando un metodo che fa riferimento alla memoria e all’immaginazione, la coreografa insieme alle danzatrici della compagnia, esplora le intermittenze del cuore e i loro ritmi per tradurli in movimento e per restituirli all’armonia di una danza che comunica la ricerca di profondità e di emozione. Proseguendo l’analisi di una tematica così complessa come quella della memoria su cui la Compagnia lavora da qualche anno, lo spetta-
colo fa riferimento a processi che coinvolgono i ricordi d’infanzia e quegli aspetti della fragilità umana che possono diventare veri punti di forza. Gli scritti e le opere dello scultore Alberto Giacometti (1901-1966) e alcuni racconti del poeta Dylan Thomas (1914-1953) hanno sollecitato le intuizioni delle tre interpreti. "Il tempo dell’azione è un assoluto presente – sostiene J. A. Anzilotti - con tempi della memoria e tempi dell’ipotesi che vi s’infiltrano senza preavviso, a volte sotto altre vesti, a volte con prepotenza e altre sommessamente."
I suoni di Out Electronic Recordings alla Masseria Ospitale
Out-Er
ut-Er, ovvero Out Electronic Recordings, durante la giornata di domenica 26 ottobre, ospita artisti, tecnici e professionisti del settore musicale per condividere teorie e tecniche sulla composizione e la resa ottimale di brani musicali. L’evento si svolgerà alla Masseria Ospitale, Torre Chianca dalle 16 alle 24 e vede coinvolti artisti di musica elettronica internazionali, tecnici del suono, giornalisti e organizzatori di eventi.
In occasione del dodicesimo disco di Out-ER, Holzwege EP, prodotto da Simone Gatto e remixato dallo storico produttore olandese e maestro nell’uso del sintetizzatore Legowelt, appassionati e addetti al settore saranno invitati ad assistere a lezioni teoriche e pratiche tenute dal team Out-ER, che si pone l’obiettivo di trasmettere i
propri metodi lavorativi (artistici, tecnici, manageriali, promo-zionali) nel mercato delle etichette discografiche indipendenti. Dopo la prima parte teorica, si ter-ranno alcune performance in vinile, in cui ogni artista Out-ER porterà i suoi migliori dieci dischi di sempre. Questa parte ricreativa dell’evento vedrà protagonista Orlando Voorn, artista olandese famoso per essere il primo ad entrare in contatto con la cultura della musica elettronica di Detroit e averla diffusa in Europa nei primi anni ’90.
Simone Gatto, compositore neretino, condurrà la prima parte del workshop e toccherà temi quali il rapporto tra suono e sensazioni evocate e il processo empatico che lega la performance dell’artista all’audience, eseguirà inoltre una performance live al termine della quale somministrerà un questionario di verifica per stabilire le sensazioni generate nel pubblico.
Giuseppe Petrelli, sound engineer e sound designer libero professionista, condurrà la parte tecnica del workshop, illustrerà come approcciare il missaggio di un brano, quali elementi evidenziare e quali meno, con quali strumenti e criteri trucchi ottenere la resa ottimale di un brano.
In seguito alla parte didattica, vi sarà una parte ricreativa, in cui Luciano Esse, Limo, Buck, Summed, Mirror 1, Simone Gatto, Santorini e Alfredo Caforio suoneranno i loro migliori dieci dischi di sempre. Ospite speciale della parte ricreativa sarà Orlando Voorn, direttamente da Amsterdam, leggenda vivente della musica elettronica europea, il quale conta moltissime collaborazioni con illustri produttori del settore quali Juan Atkins e Blake Baxter ed è tutt'oggi responsabile di influenzare moltissimi artisti emergenti del settore.
La contrada dei poeti I spagine
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Al Fondo Verri, per Artigiana - La Casa degli Autori Lunedì 27 ottobre, dalle 19.00, un incontro di poesia
di Antonio Zoretti
poeti leccesi ospiteranno, lunedì 27 ottobre, i poeti brindisini, nel Fondo Verri di Lecce (via Santa Maria del Paradiso n° 8). Protagonista della serata la Poesia, appunto. Cioè, quello che rispecchia in pieno le loro tendenze e anche l’orizzonte in cui essi si muovono. Insieme, cercheranno di dare lustro ai loro movimenti, sintetizzati per intero nelle loro composizioni poetiche o formule metriche, ritmiche. Attraverso una serata, dunque, amici, studiosi e collaboratori ripercorreranno il sentiero artistico e il cammino da essi frequentato, e in cui si sono riconosciuti. A conclusione del percorso consolideranno il ricordo della loro devozione alla poesia, a conferma e a testimonianza dell’ormai riconoscimento attribuitogli: essere considerata una delle più belle arti. Espressione artistica che secondo Alessandra Peluso si avvicina al cuore. Libera e rara, originale; e che genera il ritmo, il quale in poesia, come in prosa, è più importante del significato. La raccolta di poesie di Alessandra: “Ritorno Sorgente” ne è la prova evidente. Ella sarà presente nella serata sopra citata, e noi ci sentiremo meno soli con i suoi versi accanto. Se la solitudine ci assale e la malinconia ci svilisce un libro – il suo libro – ci è vicino a rassicurarci e a proteggerci. A volte serve pure addormentarsi con esso vicino, nelle notti rotte solo dai silenzi. Nelle ombre del sogno può toccarci in un bacio come un angelo caduto. Fino a stupirci, travolgerci, come un quadro pungente che ritorna di giorno. Come una sorgente di vita… musicata di sinfonie profonde – dolci, allegre, andanti – che modulano tutto e niente. La sua poesia parla, è un suono la sua voce. Il suo testo si legge tutto d’un fiato, come un vento… è una musica dolce per le nostre orecchie. Ella ci parla, ci invoca nelle notti serene, richiama anche uccelli addormentati tra i silenziosi rami, e riecheggia invano l’amore adorato. Ella erra sulla terra per trovare risposta, cerca anche nelle stelle lontane, contemplando il cielo profondamente… Ella degnata a noi si rivolge, fa in modo che noi l’ascoltiamo, anche per un solo istante! E’ un’aria d’ascolto la sua, che continua, continua… E noi viviamo in questo sonoro, che è la sua poesia! Così che domani avranno termine le nostre fatiche terrene. E troveremo almeno una parola. Una parola sola: Amore! Quando io, melodiosamente, mi avvicinai a leggere la sua raccolta una visione di grazia mi prese. Vicende infaticabili mi apparvero, come nuvole sospinte dal vento, con le stelle dentro al cielo serale. Esse ornavano oscurità indebo-
Voci e versi da Lecce e Brindisi
lite, facendo salire biancore e levità. Così io incontrai il suo libro, nel Fondo Verri. Immerso nell’abbandono lo ascoltai. Mauro non s’accorse neppure della mia presenza, tanto era il silenzio che tale esperienza emanava, ricca di note liete che toccano il cuore, come un bacio dato durante il suono del mare. Questo non si può intendere logicamente, non c’è bisogno quindi di spiegarlo. E’ l’armonia sonora insita nei suoi versi che pervade i nostri sensi, seguono le singole parole. Con descrizioni rare, ma dense di significato. Fatti che non sono mai accaduti fuori dal suo soffio poetico. Tutto è incanto, musica, sensualità astratta e potente! Alessandra fa scorrere la linfa vitale nei suoi frammenti. E’ un continuo ininterrotto che abbiamo davanti agli occhi, col capo chino e le ciglia abbassate. Abbiamo tutti bisogno di andare a fondo, mettendoci l’animo dentro. Fin dal primissimo inizio, da quando apriamo il libro ci
mostra il sorriso porgendoci la mano, e noi rimaniamo presi. Alessandra ci avverte e dice subito che di amore si tratta. E per quanto ci riguarda non ignoravamo che fosse amore. Alessandra parla di lei con calore, senza riserve. Proviamo leggerezza nel leggere Alessandra in “Ritorno Sorgente”, con la sensazione di pensare e di muoverci, pur stando fissi come un masso. Per non soffrire di malinconia e tristezza: ella ci arricchisce di gioia e contentezza. La sua poesia è come la sabbia di una riva livellata da una schiuma frizzante. Ella si forma, si onda e si smonta. I granelli leggeri si disperdono, senza sbocco balzano all’indietro. Il suono tacito la isola in oscurità oceaniche, e in apparenza si prolunga allegra. Alessandra d’amore ci riempie e fremente sale come la brezza del mare. “Il dolore è esperienza, il resto o è bellezza o è un bluff” - ella dichiara. “La voce della bellezza parla sommessa: essa s’insinua soltanto nelle anime più deste” – disse F. Nietzsche. Alessandra è un caso di questi. Ho ricercato l’altra sera al Fondo Verri il suo libro adorato. L’ho invocato la sera dopo, invano. Per trovare “Alessandra Ritorno Sorgente” ho riecheggiato il suo nome, ostinato. Tutto trovai, tranne il suo testo. Devo errare ancora; poiché non trovo nulla a lei uguale. L’ho cercata tra le stelle a vanire… nelle mensole sui muri addormentati, rovistato tra gli scaffali, ho visitato la libreria intera senza trovarla mai. Guardo Piero e Mauro a me intorno… hanno pietà di me, ma io non mi scoraggio. Io ho devozione per lei soltanto! Dimmi che sei lì… fa che io ti senta, che io ti trovi… Ancora un momento, dico agli altri; e poi avranno termine le mie ricerche terrene. Addio, ancora un minuto… per il suo ritrovo. Addio, ci rivedremo ancora? Addio, almeno una parola, ti prego… Dimmi che ci sei… - Alessandra Ritorno Sorgente scompare. Riapparirà come d’incanto nella serata di lunedì 27 ottobre prossimo, intitolata: “La contrada dei poeti”. I poeti leccesi incontrano i poeti brindisini. Ospiti: Mimmo Tardio, Daniela Tateo, Dino Trisolino, Giovanni Valente, Clara Nubile – Lara Carrozzo, Elio Corianò, Maurizio Leo, Maurizio Nocera, e dulcis in fundo Alessandra Peluso. E nella lettura delle poesie si presteranno Mauro Marino e Marcantonio Gallo, musicate dalla cantante Paola Petrosillo. Essi si abbandoneranno ai loro sentimenti, che torneranno presenti proprio perché non dimenticati. Ma rivissuti nel ricordo della lettura. A presto, quindi, sperando che saremo in tanti.
Il Mefisto di Morgagni
M spagine
ercoledì 19 novembre, alle 21.00, al Teatro Paisiello di Lecce (in Via Palmieri), avrà luogo la prima assoluta de “Il Dottor Mephisto”, per la riscrittura e regia teatrale di Davide Morgagni. “Il Dottor Mefisto”, di Davide Morgagni, è la riscrittura, concertata nel Requiem di Verdi, de “La tragica storia del Dottor Fausto” di Christopher Marlowe.
Insoddisfatto dei saperi umani e degli “scribi mercenari”, deciso a darsi alla negromanzia per aspirare al predominio universale e all'arte totale, esoterica, Fausto invoca il diavolo, al quale rende l'anima e tutto se stesso. Il Dottor Fausto è un visitato, e al ritmo dell'invocazione, complice l'inedito montaggio dell'opera verdiana, finalmente appare a Mefisto. E di questo Mefisto vestito da sposa, da servapadrona danzante, sua proiezione, assume la voce messaggera, per andare oltre il Discorso dominante, il discorso dell'accademia teatrale, per farla finita con l'inferno, in un perpetuo divenire femmina... L'opera di Marlowe, fra le prime versioni in assoluto delle vicende di Faust, è una macchina sovversiva, che va oltre ogni “borghesia” del senso, una macchina burlesca, destabilizzante, che sottrae l'inferno all'aldilà, proprio perché l'inferno non esiste, se non in scena, nella poetica attoriale, coreografato, sagomato, amplificato dalla orchestrazione fonica. Il Dottor Fausto è ateo, isolato in un mondo cristiano, terrorizzato dalle bestemmie e troppo vicino alla fede per risultarne indifferente. Christopher Marlowe, scomparso all'età di ventinove anni, ha scritto alcune delle pagine più
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della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
alte del teatro elisabettiano e, come scrisse il poeta e premio Nobel per la letteratura T. S. Eliot: “In Faust, Marlowe andò oltre: ruppe il verso, guadagnando d'intensità, nell'ultimo soliloquio; e sviluppò un nuovo e importante tono discorsivo nel dialogo di Faust col diavolo”, uno humour selvaggio, comico e terribilmente serio. La regia di Davide Morgagni restituisce a quest'opera la serietà di un montaggio essenziale, nel quale musica, testo e danza sono in simbiosi, sulla scena. Insieme al regista, la danzatrice Valentina Sciurti e Beatrice Perrone, al suo debutto sulla scena. Davide Morgagni è nato a Lecce nel 1977. Si laurea in Filosofia. Nel novembre del 2013 debutta alla scrittura e regia teatrale con "Riccardino III", da William Shakespeare. Nel 2014 ha pubblicato “I pornomadi” (musicaos:ed), romanzo dal quale è stato tratto un reading. Valentina Sciurti nasce a Lecce nel 1989, studia danza classica e sperimenta differenti forme di danza contemporanea tra Italia, Germania e Inghilterra. Nel 2012 inizia la sua ricerca come danzatrice indipendente. Nel gennaio 2013 fonda Blooddancecompany di cui è coreografa e regista. Produce "NO EXIT" (2013) e "L'altra mano dell'amore" (2014) Teatro Paisiello – Lecce Mercoledì 19 Novembre 2014 – Ore 21.00 INGRESSO UNICO 10€ info e biglietti 334.6572108 – 389.9904568 Prevendita Caffè Letterario Via Guglielmo Paladini, 46, - Lecce 0832.242351
Al Teatro Paisiello di Lecce il 19 novembre una riscrittura da Marlowe
Il disegno del cielo spagine
N
Scritture
della domenica n°49 - 26 ottobre 2014 - anno 2 n.0
I miei amici storni: a Lecce, in questi giorni e a Roma, nel ricordo di una storica nevicata e di un giuramento con stellette
el volgere lo sguardo verso l'alto, in direzione della distesa turchina, può talvolta capitare, specialmente durante le frequenti giornate terse e serene del corrente periodo autunnale, di cogliere uno spettacolo non consueto, che, almeno secondo il mio sentire, affascina in modo profondo. Il riferimento attiene alle immense macchie, color grigio scuro, di storni in movimento, una serie di rapidissimi ghirigori, dalle forme più svariate, autentici ricami, mutevoli negli schemi e nei contorni, da un attimo all’altro. Dalle piroette dei minuscoli alati, sembra quasi trasparire un senso di gioia e di divertimento. V’è inoltre, che chiunque alzi e tenga l’attenzione fissa lassù, non può fare a meno di pensare che nessuna umana maestria pittorica o di cesello sarebbe in grado di dar vita, con getto talmente istantaneo, ad analoghi, mirabili e versatili disegni sul palcoscenico azzurro. Personalmente, devo aggiungere, non senza chiedere venia agli scettici che dovessero leggere le mie note, che la visione in discorso m’ingenera, dentro, anche autentici moti ed effetti suggestivi, per un attimo sembrandomi, inspiegabilmente, di scorgere due volti affacciati da altrettanti piccoli squarci nello scenario pullulante lassù. Volti, che ho sempre vivi e stagliati indelebili negli occhi e non solo lì: il primo, di mia madre, il secondo, invece, d’una Madonna, esattamente della Madonna Bruna, così sono solito appellarla per via della tonalità dell’incarnato, effigiata in un antico e venerato quadro esistente nella Basilica Santuario De Finibus Terrae, in Leuca, sulla punta del Tacco d’Italia. Ritornando al concreto, si tratta di foltissime tribù di piccoli volatili, giustappunto gli storni, della famiglia dei passeracei, intente a compiere processi migratori, soprattutto per proprie esigenze d’ambientamento climatico che stimolano la comprensibile ricerca dell’habitat maggiormente congeniale. Nel corso di tali spostamenti, che possono coprire distanze notevoli, accade, anche, che gli uccelli si concedano brevi soste, sempre e immancabilmente a livello di schieramento complessivo. Alla luce del sopraggiungere, ancorché di passaggio, di simili moltitudini viventi, se il transito e la presenza sono coincidenti con fasi di raccolto dei frutti della terra - ad esempio, adesso, le olive, che, come noto, man mano che maturano, cadono, in parte, spon-
di Rocco Boccadamo
taneamente e gradualmente sul terreno oppure restano a posare per un certo lasso di tempo su appositi teli a rete sistemati ai piedi delle piante - viene a montare, qua e là, qualche complicazione o perplessità o timore. In altri termini, gli “ospiti” in discorso non sono visti propriamente di buon occhio da taluni proprietari di campi e/o agricoltori, paventando, quest’ultimi, che gli storni, per il loro nutrimento, facciano man bassa dei frutti. A questo punto, però, scaturisce spontanea un’osservazione: ma, il fenomeno, non dovrebbe rientrare e inquadrarsi nell'ambito dei millenari processi della natura, delle stagioni e degli equilibri tra vegetazioni e fauna? Si diceva prima, di fermate intermedie delle nuvole di pennuti e, al riguardo, v’è la peculiarità che, sovente, gli stazionamenti hanno luogo all'interno dei centri abitati, scegliendo, le creature del cielo, di prendere fiato stando-
sene per un po’ appoggiate, o appollaiate, sulle chiome e fra i rami delle piante e/o alberi che svettano, conferendo salutare verde, nei quartieri cittadini. Gradita e piacevole riprova di ciò, mi è stato dato di avere in un recente pomeriggio, passeggiando a Lecce nei dintorni di Piazza Mazzini, per la precisione lungo via Zanardelli, impreziosita da una bella infilata di giovani ma già svettanti alberi del genere “ficus”. E si trovavano concentrati, a tratti saltellanti e a tratti semicelati fra quelle chiome, gli amici storni, venuti a salutare la capitale del barocco, protagonisti di un rumorosissimo concerto a base di svelti e reiterati cinguettii, senza limiti, infiniti. Al che, ha decisamente arrestato i suoi passi il comune osservatore di strada, con l’intento di vivere da vicino la presenza degli uccellini, idealmente rivedendo ancora una volta, in alto, anche i loro assembramenti, nel caratteristico formato variabilissimo e geometricamente incontrollabile. Molti i passanti che si sono fermati come me, fra stupore e allegria per il bizzarro concerto fuori programma: così, l'incontro a tu per tu con gli storni, nella città dove attualmente risiedo. Tuttavia, il freschissimo spettacolo non l'ho registrato e assimilato alla stregua d’episodio isolato e localmente circoscritto. Mi ha, bensì, richiamato alla mente un’identica e ancor più grande esibizione, tra gli alberi che abbelliscono, a Roma, la piazza antistante alla stazione Termini. Ricorreva la festività dell'Epifania del 1965, sulla capitale, la sera e la notte precedenti, era caduta un’eccezionale nevicata, si circolava esclusivamente a piedi, affondando sul morbido manto bianco, e io, che abitavo lì per ragioni di lavoro, dovevo recarmi a Rieti, ad assistere al giuramento del mio primogenito, da poco partito per il servizio militare. Avanti di salire sul pullman di linea che, con una certa fatica mi avrebbe poi consentito di raggiungere la cittadina della Sabina, fui inaspettatamente gratificato dal buongiorno per opera di una foltissima tribù di storni, che, contrariamente alle persone, davano a vedere d’essere completamente indifferenti all’eccezionale precipitazione. Storni, dunque, nell’attualità del ragazzo di ieri e storni correlati a stagioni lontane, quando andavo veleggiando intorno ai quaranta. Adesso come allora, ad accompagnarmi, una sorta di personale marcata simpatia nei confronti di tali simpatici volatili.
spagine
La musica do Spagine
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Tempi Moderni
I
Il suono dei Nuju
l gruppo Nuju nasce nel 2009 a Bologna. E’ formato da validi artisti calabresi che da cinque anni arricchiscono la loro produzione musicale cercando di dare un contributo per la società. Il 15 ottobre è uscito il singolo Tempi Moderni accompagnato dal video e presentato ai sostenitori con una festa.
Siete nati nel 2009, avete già tre dischi in attivo e a gennaio 2015 uscirà il quarto, diverse collaborazioni, video, insomma una vasta produzione in soli cinque anni. In realtà il gruppo è nato nel 2009 ma noi già venivamo da altri progetti con grande esperienza alle spalle. Con il nostro incontro è nata l’esigenza di raccontare determinati argomenti e l’abbiamo fatto con i primi tre dischi che in realtà potrebbero rappresentarne uno. Quello che uscirà a gennaio è un po’ il secondo disco. La festa del 15 ottobre era un modo per ‘ripartire’ in una nuova avventura.
Il 15 ottobre è uscito il singolo e video Tempi Moderni . Al primo ascolto si nota uno stile diverso dal solito, questo indica un cambiamento, uno sguardo verso altri generi musicali? In realtà tutto fa parte di un percorso, di una evoluzione. Avevamo bisogno di raccontare una storia tutta contenuta nei tre dischi, il primo rappresenta la precarietà, il secondo la frenesia e il terzo l’indignazione. Questo ha fatto di noi una realtà musicale crescente con tanti concerti nell’anno facendoci conoscere. Riguardo a quello che sarà il nuovo sound dei Nuju c’è da tener conto dell’uscita di un componente e il suo strumento che è la fisarmonica portando a valorizzare di più i sintetizzatori, ma in realtà siamo sempre noi, i Nuju con tanto del passato ed ‘incursioni’ del nuovo. Si cresce, si evolve.
di Alessandra Margiotta
non è mai stato inserito nell’album in quanto è un brano di speranza e noi in quel momento non sentivamo l’esigenza di farlo uscire come invece è successo adesso. Il nuovo sound è una naturale evoluzione, ma siamo sempre noi, i Nuju.
A gennaio esce il quarto album, è possibile conoscere qualche anteprima? Sarà l’evoluzione dei Nuju con tanto di identità sonora. Anche i testi faranno parte di questo percorso musicale. Vi consigliamo di ascoltarlo.
L’etichetta discografica del nuovo disco sarà anche questa volta Mk Records. Come è nato questo incontro? Abbiamo iniziato a lavorare con loro nel secondo disco, sono di Cosenza e ci siamo trovati subito in sintonia soprattutto per dare una mano ad una realtà del Sud. Lavorano molto bene e sono in evoluzione continua.
Avete partecipato attivamente al progetto ‘Musica contro le mafie’. Può servire davvero a combattere tutto ciò? Il progetto di Musica contro le mafie è legato a Libera e già questo è una garanzia. A noi non interessa parlare di antimafia ma di responsabilità. Il progetto comunque nasce innanzitutto come un contest musicale, poi diventa un libro con il cd allegato e infine un documentario presentato in giro per le scuole a sensibilizzare le coscienze dei nostri giovani.
Lasciate un messaggio a chi sta leggendo l’intervista I Nuju nascono come una realtà piccola ma nel tempo si sono fatti conoscere ed apprezzare. Cresce sempre di più il numero delle persone che conoscono le nostre canzoni. A gennaio uscirà il nuovo album e invitiamo tutti a seguire i nostri live rinnovati nella scenografia e anche negli arranQuesto cambiamento di stile potrebbe però allontanare i vostri so- giamenti. Abbiamo anche un sito www.nuju.it e le pagine su facebook e twitter. stenitori… In realtà Tempi Moderni è un brano che è stato scritto già da tempo ma http://www.nuju.it/
Lode a Lindo
spagine
in Musica
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G
di Ilaria Seclì
li ingredienti, i composti chimici, i principi attivi, le categorie letterarie, le mensole per gli ori e quelle per l'argento, gli epigoni, i vegani, le previsioni meteo, la scadenza degli alimenti, la media dei voti, i chilometri per litro di benzina, gli umori della moda, i sondaggi, le soglie e le misure di gradimento e quelle per lo schifo. L'immisurabile cosmo, a ben guardare e per opera dell'uomo, ci ha impiegato poco a ridursi a poca cosa, così le parole, il caos, i pensieri. Tanto ha fatto che il mare ci è entrato nel secchiello, ma non per opera di Grazia. E tutto il pensabile e fattibile, tutto l'ineffabile, in un messaggio affidato alla bottiglia. Dall'Immenso al liofilizzato, fatto pugno di note e trite cose, in serie. Giovanni Lindo fa la differenza, ostile a compiacere. Qui si separano le strade tra chi procede per ossido del pensiero e chi le mappe di volta in volta le riformula. Avere la capacità di essere dove si sta è prodigio dell'uomo in grazia, analizzare l'ogni cosa del vivere privato e sociale con sguardo teso, terso, nuovo, senza sponde né cordoni di protezione è fatto prometeico. E non si perdona. Lo sguardo è quello che sappiamo, barbarico severo fragile profetico. Anche il corpo testimonia Altro, tensione costante, verticale. La storia e l'Inenarrabile. Ci vuole coraggio per vivere e per vivere sono necessari pensieri coraggiosi. E ci vuole Attenzione. La vita è mistero e non è riducile a grossolane, mediatiche formule, dice, ma senza prediche, lo dice per sé: restituisco complessità alla mia figura, alle Creature, al Creato. Il mistero è grande e grande è lo stupore per la Creazione. Lindo. Spirito barbarico e montanaro. Attento. Gli anfibi sono gli stessi, salivano sui palchi di m'importa 'na sega, si impolveravano galoppando e si impolverano ora, nella stalla e nella chiesa. Le litanie sono nastri rossi che gli baciano la fronte dai tempi di Maddalena. Il Mistero si ignora o si accoglie. Giovanni lo ha accolto, ne è Lui stesso traccia, storia, testimoninza, presenza. Guardo alla sua esistenza come ad un'offerta, inanellarsi nella Grazia e nel dolore, di preghiere in forma di canzoni, pensieri e parole. Da sempre. Vivo uomo di montagna, non plastica ma legno e acciaio. L'attenzione. Barbaro con facoltà di parola arreso al Mistero. La parola testimonia l'impegno dell'esistere e dello stare al mondo, modo autentico, scorticato, sofferto, gioioso, poetico. Poeta. Spia nella notte ciò che si farà aurora. L'occhio percorre distanze siderali, visibile e invisibile, parola della comunicazione e parola ineffabile, felicità e infelicità, popoli e parole estinti e uomini e verbi dell'oggi. I conti che nelle tasche altrui non tornano, qui si fanno chiari, e il progresso non illude chi non vuole e sa che la gioia è la stessa di cento, mille anni fa e il dolore pure, uguale. Nascita vita morte e quel che si accoglie in forme di prodigio, di miracolo. La tecnologia non aggiunge letizia al cuore. E per quanto lo specchio dei tempi l'ha visto vigile e attento, dai tempi ha preso sempre le distanze, considerato poco lo spazio dell'attuale a fronte dell'intemporale moto delle cose, leggi di natura, lo spazio visto dalle nuche delle montagne, le distese dei deserti, il vivo che non muore. Ci vuole coraggio.
Editoria
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copertina Nel centro storico di Bari dal 7 al 24 dicembre un bookstore dedicato al libro, all’editoria e alle produzioni visive
FLY OR I AF RY N -S G M
lying Circus - Temporary Small Press Bookstore è un progetto che si propone come grande vetrina nel cuore di Bari - e come luogo temporaneo di fruizione dell’editoria, di ricerca delle immagini e di scambio culturale. L’obiettivo del progetto è di condurre il fruitore a una conoscenza sensibile di tutto ciò che il mondo delle immagini, sperimentando costantemente, produce attraverso la pubblicazione di libri d’arte, giornalismo disegnato, fumetti ma anche autoproduzioni, serie e zines. Il bookstore, allestito in un locale adiacente al Pub Flying Circus sito nel centro storico di Bari e affittato per l’occasione, servirà a ritrovare la concezione tradizionale del libro e delle produzioni visive in cui, ciò che risulta materialmente tangibile, riacquista valore e si carica di nuovi signifcati comunicativi e progettuali. Il locale, in linea con lo spirito dell’iniziativa e con la filosofia che da più di un anno anima il pub, verrà allestito con complementi d’arredo derivanti da materiale di risulta e da pezzi di mobilio riciclati. Il bookstore, che resterà in attività dal 7 al 24 dicembre 2014, sarà un luogo dove dedicarsi del tempo e aprire le menti. All’interno è prevista: promozione e vendita di una ricca gamma di libri della piccola e media editoria illustrata; autoproduzioni italiane ed estere; riviste specializzate nelle arti visive con un’accurata selezione della stampa più settoriale e di diffcile reperimento. Inoltre sono previsti nella programmazione alcuni eventi satelliti connessi tra loro per tematiche, i quali saranno allestiti negli spazi messi a disposizione dai partner del progetto. Fra questi: workshop sulla produzione di fumetti; di risografia e tecniche di stampa; dedicati all’infanzia; mostre di illustrazione e fumettistica; incontri con autori. La particolare scelta del programma risiede nella natura stessa del pub Flying Circus il quale, oltre a svolgere regolari attività commerciali, si propone da sempre come una fucina culturale per il territorio tramite iniziative di socializzazione e di formazione come workshops, laboratori, proiezioni ed espo-
sizioni. Il motore di questo progetto è l’irrefrenabile fiducia nella cultura, nella sua diffusione e produzione nella società contemporanea. Il bookstore sarà un luogo aperto alla contaminazione dei saperi e delle abilità grazie alle proposte dei singoli e delle realtà associative, territoriali e non, promotore di attività destinati alla diffusione del progetto. La comunicazione dell’evento prevede performances ad opera di illustratori, materiale pubblicitario e cartellonistica autoprodotta ed eventi promozionali a carattere culturale e musicale. Il bookstore si propone come uno speciale punto d’incontro culturale, accessibile a tutti, capace di costruire un rapporto forte con il quartiere e la città al fne di diventare esso stesso punto di contatto e di scambio tra persone e realtà inedite. Tra gli eventi aggregativi, vi saranno letture, incontri con autori e performace di illustratori e artisti che si accompagneranno a eventi serali a tema musicale. Sono invitati a partecipare tutti coloro che operano nel campo della comunicazione visiva tramite l’editoria e il giornalismo illustrato, la fumettistica e tutte le arti visive legate alla stampa e alla diffusione di immagini. Case editrici Il progetto è rivolto a tutte le piccole e medie case editrici indipendenti, legate al mondo dell’illustrazione. Con la propria adesione sarà possibile inviare 4 o più copie per ogni titolo presente in catalogo, le quali saranno destinate all’esposizione e alla vendita per tutta la durata dell’ iniziativa. Le case editrici sono inoltre invitate a segnalare eventuali titoli in uscita in modo da poter eventuantualmente organizzare presentazioni o incontri con autori le cui spese di viaggio, vitto e alloggio saranno a carico dell’organizzazione. Riviste Possono partecipare tutte le riviste di settore, inviando qualsiasi tipo di materiale inerente alla divulgazione di opere illustrate. La partecipazione è gratuita e senza limiti di quantità di copie da inviare. È possibile inviare anche materiale di archivio, numeri di anni precedenti ed even-
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tuali edizioni limitate il cui valore è cambiato nel tempo. Zines autoprodotte Si invitano tutti i collettivi, le crew e i singoli artisti a partecipare con le loro zines di recente o datata stampa, inviando il proprio materiale al fine di raccoglierne una quantità considerevole per comprendere l’evoluzione e le metamorfosi delle autoproduzioni. Illustratori Un’area del bookstore sarà destinata al lavoro dei singoli illustratori, i quali sono invitati a partecipare inviando del materiale quali posters, immagini o proprie opere, che saranno esposte e messe in vendita insieme ai prodotti editoriali. Termini e condizioni per aderire La partecipazione al progetto è del tutto gratuita. Le spese per l’invio delle copie saranno a carico del partecipante mentre, a carico dell’organizzazione, le spese per la restituzione dei resi invenduti. L’organizzazione trattiene il 40% dei profitti della vendita per ogni copia. Se tutte le copie saranno vendute prima del termine del bookstore, sarà possibile effettuare un secondo invio di materiale a carico dell’organizzazione, sul quale sarà applicata la stessa percentuale. Diventare sponsor dell’iniziativa Per supportare l’iniziativa in modo più attivo è possibile versare un contributo di 40 euro all’organizzazione. Questa si impegna a sponsorizzare il brand del partner garantendogli visibilità su tutta la comunicazione dell’evento e sulle piattaforme social. Inoltre il Flying Circus si impegna ad ospitare e organizzare le presentazioni delle future 6 uscite dello sponsor, per un periodo valido fino a marzo 2015. La spedizione del pagamento e del materiale venduto, sarà inoltrata entro e non oltre il 31 gennaio 2015.
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Chi fosse interessato a proporre un proprio laboratorio, un workshop o una performace è invitato a contattarci all’indirizzo: fcsmallpress@gmail.com