Spagine della domenica 77

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della domenica n°77 - 31 maggio 2015 - anno 3 n.0

Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

spagine Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri


Gli austricanti

spagine

I

l 24 maggio appena scorso in Trentino sono state esposte le bandiere a mezz’asta in segno di lutto. Non l’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia per il compimento della sua unificazione nazionale, ma l’anniversario di qualcosa che gli altoatesini considerano una tragedia, qualcosa assai più grave della pur gravissima definizione papale di “inutile strage”. Gli austriacanti dell’Alto Adige o Sud Tirol, come essi lo chiamano, in linea con austriaci e tedeschi, non accettano di aver perso una guerra da loro scatenata. Il Sud Tirol è terra austriaca – dicono – dunque imporre da Roma l’esposizione della bandiera italiana a ricordo dell’entrata in guerra contro l’Austria è insopportabile. E purtroppo della stessa idea sono gli abitanti italofoni del Trentino. Non li chiamerei italiani. Quante concessioni lo stato italiano ha fatto a questi figli della gallina bianca piuttosto che dell’aquila bicipite! Godono di privilegi di ogni sorta, tanto che non poche località delle regioni confinanti cercano di passare in quella regione per agi e comodità vari. E tuttavia il loro odio nei confronti dell’Italia, ora condiviso dagli italofoni, è cresciuto nel tempo. Le richieste di svincolarsi dall’Italia si ripetono e le provocazioni pure. E lo Stato che fa? Nulla, non ne parla, lascia passare sotto silenzio, come se provasse paura e vergogna di imporre sul suo territorio l’esposizione della bandiera italiana, a festa! Perché il 24 maggio è una festa per l’Italia e gli italiani, a dispetto di austriacanti, italofoni e figli di puttana. Siamo onesti. La politica altoatesina di De Gasperi di trovare accordi per evitare la frizione tra gli abitanti di diversa appartenenza etnica è stata apprezzata, dopo una iniziale opposizione nazionalistica, quando si diceva che “i confini della patria si difendono e non si discutono”. Altri tempi! Lo stesso per i confini orientali, che, con la sconfitta subita nella seconda guerra mondiale, si sono sempre più avvicinati alle frontiere precedenti la Grande Guerra e la

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l’opinione

Grande Vittoria del 1918. Una politica rinunciataria mirata alla pacifica convivenza tra le popolazioni si è fatta sempre più apprezzare per i risultati ottenuti: la pace val più di una rinuncia! Non ne siamo neppure ora del tutto convinti, a dire il vero; ma siamo realisti e non gridiamo alle armi. La convivenza, sia pure con qualche sacrificio, è più importante. Ma se in Alto Adige si mette a mezz’asta la bandiera, le istituzioni italiane fanno peggio. Il Parlamento, in ricorrenza del Centenario della Grande Guerra, ha addirittura ammainato la bandiera del coraggio e dell’abnegazione, equiparando, civilmente e moralmente, i disertori condannati a morte durante la Grande Guerra, ai combattenti che obbedirono ai loro comandanti e caddero coraggiosamente. La Camera ha approvato quasi all’unanimità (331 sì e un astenuto) un testo che, se approvato dal Senato, diventerà legge e riabiliterà i mille condannati a morte per diserzione, fuga davanti al nemico e disobbedienza, e li equipara ai circa seicentocinquantamila che morirono combattendo. Saremmo, anche qui, disonesti intellettualmente se non dicessimo che un qualche aspetto positivo in questa determinazione lo cogliamo. In fondo è passato un secolo e quei poveri disgraziati, caduti nell’ignominia, meritano una sorta di amnistia civile e morale. Ma sarebbe stato necessario ribadire anche in sede legislativa che il loro gesto si configura in sé come il più ignominioso delitto contro il proprio Paese in guerra, contro i propri commilitoni, contro la terra a cui appartengono, che è una, come diceva il Manzoni, “d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”. Immagino il sorrisetto di scherno di qualche lettore. Ma di che cazzo parla questo? Quale “una d’armi”! Ma si rende conto di essere nel duemilaquindici? Io sì, me ne rendo conto, perfettamente conto. Ed è per questo che non mi pongo tante domande, come pure hanno detto e scritto altri: ma equiparare chi scappa davanti al nemico a chi lo affronta con coraggio non è

di Gigi Montonato

un’istigazione alla viltà e al disonore? Certo che lo è. Ma – Dio scampi! – dovessimo trovarci in simili situazioni, che credono i vigliacchi di oggi che difendono i vigliacchi di ieri che potrebbero voltare le spalle al nemico e disubbidire agli ordini ricevuti? Brutta idea hanno della realtà. Sarebbero allo stesso identico modo tolti di mezzo, perché nella realtà delle cose comandano le necessità, le urgenze, le azioni immediatamente utili. Gran brutto modo di celebrare il Centenario della Grande Guerra! Papa Francesco ha ripetuto pari pari l’infelice frase di Benedetto XV, quella che tanti ripetono, della “inutile strage”. Certo, anche per questo mantra, in sé stupido, in quanto nella storia tutto ciò che accade ha un profilo di razionalità e di necessità e produce dei risultati che diventano a loro volta fattori di novità, non si può non evidenziare un intento “buono”, che è un invito alla pace, a perseguirla fino in fondo e oltre. Ma qui si sta parlando di qualcosa che è accaduto e che va rispettato per come è accaduto; non lo si può trasformare in un ritornello politico, che poi, di fronte alla realtà, non conta niente. Non è stato Papa Francesco a chiedere al mondo di fermare le stragi dei cristiani in tutto il mondo? E con che cosa si fermano queste stragi, con le omelie domenicali? No, occorrono misure forti perché non è giusto che dei violenti perseguitino persone che non fanno male a nessuno e credono, sbagliando o meno – fatti loro! – in un Dio di pace e di misericordia. Abbasso la guerra! Mai più l’uso delle armi! Interpretiamo e utilizziamo pure diecimila anni di storia per la ricerca della pace; ma chiediamoci anche, senza nascondere la testa nella sabbia: che stiamo facendo per tutte le violenze che accadono nel mondo? Risposta: noi godiamo di pace; gli altri soffrono di guerra! E’ più utile la nostra pace o la loro guerra? Per il nostro egoismo non c’è che una risposta: la pace! Ma per le povere vittime, per i perseguitati, va bene lo stesso?


T

Al voto, senza emozioni Il giorno del dubbio

empo di elezioni senza emozioni. Candidati che lamentano la distanza delle persone dalla politica, pochi elettori si infervorano, qualcuno (il più imbecille) scrive sulle vetrine dei comitati elettorali, qualcun altro, giusto per dare visibilità a chi non ce l’ha, spacca una vetrina dei salviniani del sud (i suoi elettori meridionali lui, durante l’amplesso con la sua amichetta, li chiama “terroni di merda”). Routine insomma, infatti non si notano emozioni, solo noia. Mentre l’Europa, secondo quanto dice il Corrierone, annuncia che nessuno si sogna di prendersi in casa immigrati e che l’Italia s’arrangi un po’, mentre la Grecia è cacciata fuori dalla Comunità non più europea, ma germanica (con l’aggiunta di qualche altro staterello qua e là), qui si fa campagna elettorale. Salvini dice no agli immigrati in tutte le tv. Intanto il chierichetto Fabiofazio rispolvera Berlusconi senza fargli domande importanti, e Renzi dice cose a cui credono in pochi, d’altronde anche il dittatore di bananas aveva i suoi seguaci: (L’Italia cresce, la buona scuola gli ottantaeuro e via dicendo), intanto le regioni votano. E i consiglieri regionali di oggi saranno, dopo la riforma costituzionale

truffa, i senatori di domani. Forse queste elezioni sono importanti in effetti, lo dico per il 65% degli elettori che andranno al mare domenica. Sto stancamente seguendo quanto accade in Puglia, poche iniziative. Sono entrato in un comitato elettorale di “Noi a sinistra” che è la vecchia SEL che ha cambiato nome perché fa fine, ho chiesto “avete iniziative a Lecce?”, la risposta della persona che teneva aperto il comitato è stata esaustiva: “boh, non so mica, questa sera ce n’è una a Casarano” ha detto leggendo il manifesto che avevamo davanti entrambi e che, confesso, avevo già letto da solo. A guardare da fuori “Noi a sinistra” sembra l’anticamera del PD. Dalle altre parti non va meglio però. Il livello locale è speculare a quello nazionale: assenza di rapporti con le persone, mancanza dei partiti dalla società, i candidati arrivano solo ed esclusivamente per chiedere il voto. A parte lodevoli eccezioni ovviamente. La candidata che un tempo voleva essere sindaco dei leccesi tutti e che è stata asfaltata dalla destra e dalla sinistra, in questi giorni cinguetta saluti incontrando persone per strada, il giorno dopo il voto forse tutto tornerà alla normalità, nessuno saluterà nessuno. Il resto è noia, pochissimi volantini a terra, soprattutto di estrema destra: Sal-

di Gianni Ferraris

La bandiera del Sud Tirolo

vini, Forza italia e la Meloni che è venuta a parlare a Lecce. Qualche comparsata nelle TV locali. Ah i tempi delle fabbriche di Nichi che belli erano, c’era verve, speranza, voglia di cambiare. C’era vita. Oggi senti un candidato di centro sinistra, Emiliano, che fa proprie le parole d’ordine di Salvini sugli immigrati e ti cascano le braccia. Leggi della commissione antimafia che dice di quattro impresentabili in Puglia: si tratterebbe di Fabio Ladisa di Bari (Popolari per Emiliano) a giudizio per furto aggravato, tentata estorsione e altro. Massimiliano Oggiano di Brindisi (Oltre con Fitto) imputato per associazione mafiosa, corruzione elettorale con aggravante mafiosa. Enzo Palmisano di Cisternino (Movimento politico per Schittulli), corruzione aggravata, associazione per deinquere, truffa aggravata. Giovanni Copertino di Monopoli (Forza Italia con la Poli Bortone), ha un procedimento per corruzione aggravata e altro prescritta (che non vuol dire assoluzione). Insomma, reati che non sono pinzillacchere. Come si vede ogni schieramento ha il suo bell’inquisito. L’Altra Puglia e i Cinquestelle sono esenti in realtà. Per chi ha dubbi… Più si avvicina il momento del voto, più si insinuano dubbi. Emiliano dovrebbe vincere a mani basse, però…


spagine “La grandezza di questo paese non è più nelle piazze, non è nelle chiese Non è Roma di marmi, fontane e potere Né Milano tradita da chi se la beve. Non è Genova o Taranto, signore del mare. Non è Napoli e questo è persino più grave. Non è più divertente tirare a campare soprattutto non è originale”.

Itali(e)ni! “

Questo paese - Daniele Silvestri

Centocinquanta e non sentirli Fratelli d’Italia”, fratelli gemelli,/ in alto i calici e brindiamo/ a questi centocinquant’anni così belli!/ Centocinquanta, ne porta sul groppone,/ “centocinquanta la gallina canta”,/ la nostra vecchia nazione,/ “gallina vecchia che fa buon brodo”,/ come dire: “se li porta bene!”./ “Sorelle d’Italia”, sorelle gemelle,/ festeggiamo tutti insieme stasera,/ fra managers, tronisti e modelle,/ “l’Italia s’è desta” e pippa forte,/ per non essere da meno, pippa anche tu,/ pippa e gratta, contro la malasorte/…In questo party esclusivo, “solo vip”,/ ce la godiamo e tiriamo davvero/ su con il naso e giù con la zip/…e stretti stretti, balliamo tutti insieme,/ in questo gran reality show,/ il nostro famoso ballo nazionale:/ “no Martini? No party!”/ Ma se “no bunga bunga”, allora,/ “ahi, ahi, ahi!”, il tuo regalone non scarti./ “Fratelli coltelli” e “sorelle bandiera”del Belpaese/ “stringiamci a coorte” perché/ c’è da pagare il mutuo a fine mese./ In questo bel palazzo rinascimentale,/ in cui si mangia e si beve, stasera,/ si decidono i destini della Nazione/ Il menestrello intona le arie napoletane,/ “ohi core ‘e chistu core”, c’ha da pagare pure lui la pigione/ la sosia di Marylin improvvisa pop art,/ e fra nani bagonghi e stilisti concupiscenti,/ le ballerine di burlesque, in versione smart,/ fasciate di morbido chiffon,/ quando “si shampagna” in allegria,/ lanciano mortaretti e cotillons/ e mentre una finta musica ripete il suo loop,/ fra nani pestiferi e giornalisti adoranti,/ si sfregano le mani gli inventori di scoop./ Quando da dietro un separé, il calciatore,/ ebbro di tanto piacere,/ esce in-

sieme alla sua Biancaneve,/ e l’assessore, preso dal groove, fa stomp!, stumb!,/ fra nani ruffiani e chirurghi striscianti,/ si sbrodola il costruttore di “sgub”,/ ovvero “l’osceno del villaggio” che si crede Dio/ e sotto gli effetti devastanti del proof,/ grida: “vi distruggo, come vi ho creati, io!”/ Fratelli d’Italia, siam 150 o 151?/ che importa, tanto in questa festa,/ noi tutti ci sentiamo “qualcuno”./ In questo bel palazzo rinascimentale,/ in cui sfilano virtù locali e vizi capitali,/ si incrociano i destini della Nazione./ In questa all night long, “non spinga!”, “prego dottò”,/ fra nani intriganti e sindacalisti riverenti,/ ci mancava solo il fox trot./ Ed ora ciascuno dà il meglio di se,/ “fratelli bandiera” e “sorelle materassi”,/ orsù “libiamo libiamo” perché,/ è tempo di festeggiare,/ fra letterine e letteronze,/ la nottata dovrà passare/ E anch’io voglio cantare,/ ormai fatti l’Italia e gli Italiani,/ e unirmi al coro della nazione/ E “dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”/ ognuno intonerà la canzone,/ per gridare “evviva il popolo italiano!”/ E “dagli Appennini alle Ande”, il fulmine terrà dietro al baleno,/ quando tutti in coro grideremo/ “evviva il popolo italiano!””.

Fra citazioni dell’Inno d’Italia di Mameli, delle Sorelle Bandiera (“Fatti più in là”), della “Traviata” di Giuseppe Verdi , di Aldo Palazzeschi (“Sorelle Materassi”), Alessandro Manzoni e Edmondo De Amicis, questo brano bislacco, scritto e pubblicato qualche anno fa, prendeva a pretesto la ricorrenza dei Centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, festeggiata con grande pompa, cerimoniere l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nella dilagante e

di Paolo Vincenti

spesso vuota retorica sull’importante ricorrenza storica, il brano per contrasto era dettato dal demonietto che sempre si agita fra le pieghe, da uno spirito goliardico, irriverente, che anima molta parte dei miei scritti. Nel pezzo, prendevo di mira quel fenomeno di massa che era il “Berlusconismo” imperante, che oggi, secondo molti analisti politici, sociologi e massmediologi, è stato soppiantato dal nascente “Renzismo”. Sempre fermo che questo paese abbia bisogno di un “ismo” cui affidare la deriva culturale in atto, di favorire e incoraggiare il culto della personalità a qualsiasi livello e in ogni ambiente, politico, sociale e lavorativo. “Itali(e)ni “ avevo titolato il brano, perché agli occhi del mondo davvero “alieni” a volte possiamo sembrare, talmente accentuati sono i nostri vizi, le nostre idiosincrasie, manie. Itali(e)ni sono infatti, per chi ci guarda da fuori, i truffatori, i professionisti del raggiro, dell’imbroglio, i fuoriclasse della menzogna, della simulazione e dissimulazione (soprattutto in politica, Machiavelli docet), i campioni del fotti fotti, finti medici e avvocati, stregoni, ciarlatani, ciurmatori. Gli ipocriti, i sepolcri imbiancati, i vecchi tromboni: Itali(e)ni !

Così in un altro brano, “Festa italiana”, tratto dallo stesso libro di qualche anno fa: “Ma ora è tempo di abbracciarci,/ dalle Alpi alla Sicilia,/ perché trattenerci?/ In questa festa eccezionale,/ tra una starlette e un portavoce,/ si canta e si balla tutti insieme;/ fra re e regine di cuori,/ in questa sera magica,/ tintinnano i bicchieri./ Volano i coriandoli e scoppia un petardo / che tira su il morale / al borbonico e al savoiardo,/ e fra


spagine un giornalista che va e uno scrittore che viene,/ per questa ricorrenza/ si da fondo al nostro buonumore./… e mentre la notte ritorna su se stessa,/ fra modelli pentiti e visagisti recidivi,/ si riaccende ogni speranza repressa./ “Ce l’abbiamo fatta, evviva!”,/ con le sue labbra al silicone/ grida la diva,/ mentre il direttore per tenersi su,/ di fronte alle meteorine,/ fa scorpacciata di pasticchine blu./…Della festa, protagonista assoluto,/ col suo mantello nero,/ il Cavaliere mascarato fa un saluto,/… e fra un’entrata e un’uscita,/ il macho gay con la sua voce roca/ grida: “evviva la vita!”;/ e fra un promoter che va e un regista che viene,/ in questa festa italiana,/ci si augura ogni bene…/ noi qui si fa la storia,/ quando il popolo in coro/ griderà: “W l’Italia!””.

L’opinionista e il commendatore, il sindaco e il carabiniere, il tronista e il finanziere: dico, scherziamo? Itali(e)ni! Come itali(e)na è la tipica espressione “lei non sa chi sono io!”, pronunciata da chi vanta un credito sproporzionato, oppure amicizie o relazioni altolocate. Itali(e)na è la nostra classe dirigente. Abili mentitori, puttanieri, ignoranti, colorati e folkloristici: così, mediamente, i rappresentanti politici di casa nostra. Itali(e)na è la battaglia sull’uscita dall’euro e dall’Europa che alcune forze politiche conducono. È assurdo scaricare ogni responsabilità sulla Germania ed accostare l’immagine della Merkel con quella di Hitler evocando pericolosi accostamenti storici ( in questo caso, a dire il vero, anche la Germania si rivela un po’ itali(e)na poiché l’ accostamento è stato fatto, qualche settimana fa, sulla copertina del settimanale “Der Spiegel” ). Se l’Europa è “germanocentrica”, come accusano i piccoli politici “no euro” italiani, ciò non sarà certo ascrivibile a demerito della Germania. Se la Germania ha la prima economia europea, è chiaro che gli altri paesi devono andare a rimorchio. Insomma, non sarà mica una colpa se la Cancelliera Merkel è una statista di proporzioni gigantesche ed i nostri politici non sanno nemmeno farsi “nani sulle spalle dei giganti” come diceva Bernardo di Chartres (il quale si riferiva al debito della cultura del suo tempo nei confronti della cultura classica). La Cancelliera tedesca svolge bene il proprio compito, cioè tutelare gli interessi della Germania. Se l’azione riformatrice del Governo Renzi, oltre ai conservatori scontenta gli stessi riformisti, ci sarà una ragione, che va cercata nel merito delle riforme proposte e non nella meschinità di cui il Premier accusa i suoi rivali. Cioè, la meschinità degli avversari politici di RenziPinocchio (specie quelli del suo stesso par-

della domenica n°77 - 31 maggio 2015 - anno 3 n.0 tito) è del tutto evidente, però un presidente riformista come lui non può farsene scudo per una sterile difesa d’ufficio, ma dovrà ben passare al contrattacco. E passare al contrattacco, significa proporre riforme vere e non annacquate come fatto fino ad ora. Facile ottenere il consenso puntando sui bassi istinti, sulla “pancia” della gente, come fanno gli esponenti della Lega Nord. Chiaro che la paura del diverso, un serpeggiante sentimento di xenofobia che fa presto a trasformarsi in odio cieco e violento nei confronti di tutti gli stranieri, l’ignoranza diffusa, la superficialità di questi tempi in cui siamo bombardati dalla comunicazione di massa, siamo informati su tutto ma non conosciamo niente, una certa bassezza tutta italiana e la propensione a seguire chi si ritiene più forte, siano le armi vincenti che utilizzano i catturatori del consenso, i manipolatori delle masse. Molti di questi “trappolatori” sciorinano numeri e percentuali, sondaggi manipolati e truccati, messaggi subliminali, per convincere e persuadere, varano manovre economiche propagandistiche allo scopo di legittimare il proprio potere e conservarlo più a lungo. Populismo e becera demagogia sono la loro caratteristica. Certo, Itali(e)ni sono anche gli elettori che votano questi bagatellieri. Qualche anno fa il comico Corrado Guzzanti celiava: ”se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi elettori”. Oggi tutti i partiti sono cambiati, ma purtroppo non sono ancora cambiati gli elettori, e questo è un guaio molto itali(e)no. Supertestimoni pentiti di mestiere e giudici d’assalto, modelle anoressiche e vacui presentatori, calciatori superpagati e arbitri corrotti, politici corruttori e imprenditori concussi. itali(e)ni? Certo, Itali(e)ni doc! E anche dop, igp e stg, come la mozzarella e l’aceto balsamico di Modena, il Chianti e il Grana Padano, il pane di Matera e la Fontina, e come il pecorino sardo (ehia!). A volte, un po’ per macabra curiosità (come quella dei turisti alle villette dei delitti), un po’ per quel gusto dell’orrido quotidiano che contagia il mio divertimento intellettuale, vado su Youtube e scrivo “”liti furibonde in tv”, per recuperare quanto della televisione spazzatura mi sono perso negli ultimi giorni. Trovo scene tratte dalle trasmissioni politiche italiane, i cosiddetti talk show. Inutile dire che il re incontrastato delle liti e delle volgarità in tv, l’imperatore della parolaccia e dell’insulto, vero “osceno del villaggio”, è Vittorio Sgarbi. Di lui non ci si stupisce più. È risaputo che quando va in trasmissione, nel giro di pochi secondi, si scatena un putiferio indicibile a beneficio di auditel. Viene

l’osceno del villaggio

invitato apposta dagli autori. Ma è comunque uno spasso ascoltarlo, bava alla bocca e occhi fuori dalle orbite, gorgogliare invettive, imbottito di cocaina e perso nel suo delirio di onnipotenza; è quasi più divertente dei salti dei finti indemoniati liberati dalla possessione sotto gli occhi delle telecamere o del video della tossica che si contorce sotto gli effetti del Krokodil, la cosiddetta “droga del cannibale”. Insieme a Sgarbi, nella fauna che si annida nel tubo catodico, trovano spazio, come protagonisti di plateali litigi e risse, altri personaggi, quali l’insulsa Alessandra Mussolini , la “pitonessa” Santanchè, il saccente Brunetta, il ridicolo Gianpiero Mughini, l’irritante Gianni Barbacetto, ex direttore de “Il fatto quotidiano”, l’altrettanto antipatico direttore di “Libero” Maurizio Belpietro, ecc. ecc.

Itali(e)ne sono alcune forme di dipendenza come quella dalla droga, quella dal sesso e quella dal gioco. La pornografia, attraverso Internet, è diventata una vera e propria ossessione negli ultimi anni e ben simboleggia il clima di neo decadenza in cui si dissolve la perdita di ogni valore e punto di riferimento. Viene equiparata alla tossicodipendenza, indotta da sostanze chimiche endogene, rilasciate dall’ organismo di fronte alle immagini stimolanti del porno, nel recente libro di Mark B. Castleman e Tullio De Ruvo “L'ultima droga. La pornografia su Internet e il suo impatto sulla mente” (Il Grande Noce). Gli autori indicano i pericoli che possono derivare da questa psicopatologia, in primis per i bambini nelle forme della pedofilia, ma anche per le donne che diventano vittime come donne oggetto e per gli uomini che diventano nevrotici compulsivi alienati. “La pornografia alimenta il crimine”, affermano, “Il pomo è un killer silenzioso”. Del tutto itali(e)ne sono alcune forme regressive, perversioni sessuali, determinate dal consumismo e dalla mercificazione, le degenerazioni di questa sorta di pansessualismo, per dirla con Freud, o di “pansessualità”, secondo le teorie di Mario Mieli nei suoi “Elementi di critica omosessuale”. Esse sono: l’esibizionismo, il voyeurismo, il feticismo, il sadomasochismo e appunto la pedofilia. Del pari, insidiosa è la ludopatia, la dipendenza dal gioco, di cui secondo alcuni dati soffre il 3 % della popolazione nazionale. Itali(e)na è la sterile moda del selfie, che ha contagiato tutti. Una scarica di selfie al giorno toglie lo psichiatra di torno. Un selfie al secondo fa più bello il mondo. E allora più selfie per tutti! Nella post ideologia dell’epoca renziana, una risata, col selfie, vi seppellirà.


L spagine

Avanti!

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contemporanea

a cattolicissima Irlanda è il primo Paese del mondo ad aver legalizzato, giorni fa, il matrimonio gay mediante referendum. Il sì s’è affermato con un ragguardevole 62%. In alcune città, sono state raggiunte punte del 75%. La classe politica dell’isola s’è quasi compattamente schierata per la concretizzazione d’un voto di civiltà e di emancipazione. Sono stati marginalizzati alcuni gruppi politici minori più iperconservatori. L’affluenza alle urne è stata più partecipe grazie alla presenza massiccia dei giovani, a dimostrazione del fatto che essi sono la speranza del mondo. La Chiesa più intransigente e i protestanti evangelici si sono pronunciati apertamente contro il matrimonio gay. La Costituzione verrà emendata opportunamente, per cui avrà la più giusta e doverosa dizione: “Il matrimonio può essere contratto per legge da due persone, senza distinzione di sesso”. Nel mondo sono 21 i Paesi che si sono già affrancati con una legislazione matrimoniale senza distinzione di genere. Nella vecchia Europa di salde radici cristiane sono 14 quelli che regolarizzano le nozze gay, molti altri riconoscono le unioni di fatto con mirate normative. Dei 28 Paesi dell’Ue solo nove - fra essi spiccano Italia, Grecia, Polonia, Bulgaria - non presentano nessun tipo di tutela per le coppie omosessuali. L’Italia è malinconico fanalino di coda su questo versante, che non è solamente eticamente sensibile, ma è più vasto e tira in ballo questioni più profonde. Cenerentola Italia. Eppure la nostra è la terra delle grandi battaglie referendarie sul divorzio e sull’aborto, la terra dei multipolari e responsabili movimenti di massa, delle conquiste di progresso. Forse, da noi, paghiamo antichi retaggi di clericalismo diffuso, che hanno ossificato e sclerotizzato le varie istituzioni. Paghiamo la sudditanza alle alte gerarchie ecclesiastiche d’una classe politica opportunistica, devota solo all’occorrenza per tornaconto elettoralistico. Ma i tempi sono maturi anche qui. È giunta l’ora di andare fra la gente, nelle piazze, nelle

di Marcello Buttazzo

C’è da sperare per una legge sulle unioni civili in Italia?

scuole, come fanno alacremente alcune associazioni arcobaleno. Discutere, per l’innanzi, con i ragazzi; mostrare loro come la cosiddetta “legge naturale” (quella secondo cui il matrimonio proviene solo dall’unione fra un uomo e una donna) sia solo un arbitrio, un trucco clericale, enunciato per fare proselitismo. Discettare con i più giovani, che sono il presente e il futuro, di Natura, della bellezza della Natura, che è tanto vasta e inclusiva, meravigliosa e comprensiva. Che monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ovviamente contrario alle nozze omosessuali, dica che “su questi temi prevale un delirio dell’emotività e un sonno della ragione”, non sorprende più di tanto. Ma, probabilmente, è giunto il tempo che anche la Chiesa di Roma accetti la realtà effettiva delle cose. Le alte gerarchie ecclesiastiche enfatizzano tanto il valore e la pregnanza della cosiddetta “legge naturale”. Sarebbe l’ora che gettassero uno sguardo oltre le sacrestie e incontrassero de visu la mirabilia della Natura: in essa si muovono vari tipi di famiglie, di diversi orientamenti e appartenenze

di genere. Anche la Chiesa cattolica al suo interno dovrebbe portare qualche aggiustamento relativamente all’etica matrimoniale e sessuale. I cattolici più inflessibili fanno, comunque, quello che possono. Chi, invece, mostra crepe ancora più vistose, arretratezza e sbandamenti, è buona parte della classe politica italiana. Sarà un successo se, prossimamente, in commissione Giustizia al Senato verrà approvato il ddl. della relatrice piddina Monica Cirinnà, che legalizza le unioni civili sul modello tedesco, consentendo la “stepchild adoption”, cioè l’adozione da parte di uno dei due componenti di una coppia di fatto omosessuale, del figlio, naturale o adottivo, del partner. Non si sa se passerà almeno questa legge essenziale, elementare. Ad essere contrari non sono solo alcuni partiti di opposizione (Fratelli d’Italia, Lega Nord), ma anche i devoti e illuminati del Ncd-Ap (che sono al governo con Renzi), che da sempre hanno fatto dei cosiddetti valori “non negoziabili” un furente e irragionevole cavallo di battaglia.


Insieme e solidali

spagine

L

e parole speciali scelte dagli alunni della terza elementare dell'Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Cavallino, sono, in questo caso, insieme e solidarietà. La piccola Kassandra ha scelto di esprimersi in versi liberi per descri-

I

l piccolo Raffaele ha scelto di esprimersi con la tecnica dell'acrostico costruendo una serie di frasi che racchiudono tutto ciò che Solidarietà può e deve essere. Innanzitutto in ognuno di noi un vero e proprio ordine d'aiuto, al quale dobbiamo ubbidire, senza aver paura per-

della domenica n°77 - 31 maggio 2015 - anno 3 n.0

mmsarte

vere il sentimento che la parola "INSIEME" suscita in lei. Ciò che risalta immediatamente è che stare uniti è un istinto rassicurante, capace di incoraggiare chiunque affronti, non da solo, qualsiasi situazione che possa essere di sofferenza, di lotta o semplicemente di gioia. La condivisione fa si che solo "insieme" si può sempre risorgere come luce nuova.

Questa similitudine fra unione di persone che insieme possono risorgere come luce nuova e quindi come sole che spunta dalle acque ogni giorno, ha colpito il piccolo Eros che ha personificato un bellissimo sole "umano" forte luminoso e saldo, pronto a non sparire mai come un grande insieme di felicità.

chè la solidarietà è un'arma che protegge i petti, inducendoci a formare sempre più solide amicizie, una raccolta di cuori che diventa un vero e proprio inno di gioia corale, che trasmette a tutti elettricità di pace, che riscalda più di una tazza bollente col suo profondo affetto e che induce un Drago a sputare fiori.

Ed è questo Drago sputa fiori ad incantare la piccola Alessia, la quale ha voluto cimentarsi rappresentando il Drago della solidarietà! Un enorme Essere mansueto e propenso solo a regalare dimostrazioni d'affetto e attenzioni, rallegrando e rasserenando l'ambiente circostante che si lascia calpestare e avvicinare senza terrore alcuno.


spagine

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I lunghi anni ’70 a Lecce tra memoria e storia

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na serata interessante quella sugli anni ’70 a Lecce, tra memoria, politica, cultura, militanze, anni di formazione, evocati nel foyer dei Cantieri Teatrali Koreja venerdì 22 maggio, su iniziativa di Città Futura, casa editrice e musicale. La storia siamo ahinoi fu un libretto di narrazioni sulle lotte e le musiche di quegli anni, pubblicato tre anni fa, con allegato un CD musicale degli Anima Lunae. Ora è anche la titolazione del ritrovarsi annuale, e siamo alla quarta edizione quest’anno con due serate a Villa Elena. Alcuni amici impegnati nella scena intellettuale e musicale salentina, e comunque interni al lungo decennio ribelle, hanno conversato nello stile pragmatico e post-metafisico, quasi “edificante”, proposto dal filosofo americano Richard Rorty: che la conversazione continui, che sia intesa come esercizio ininterrotto ed interpretativo. E l’esercizio della memoria non può che essere un “lavoro”, quindi elaborativo, soprattutto quando si tratta di memoria collettiva. L’immaginazione al potere il titolo della serata. Attribuendomi il compito di rompighiaccio,ho proposto temi come la differenza tra memoria collettiva e memoria possessiva (patologica, quest’ultima), il senso costituente dei movimenti che aprirono comunque spazi sociali e politici, al di là delle ricadute e del sentimento di sconfitta seguiti alla fine del lungo decennio degli anni ’70, il conflitto sulla memoria, i blocchi che hanno lavorato per la rimozione, i nuovi movimenti che hanno contribuito a sbloccare la memoria, la necessità di restituire allo spazio pubblico e civile il ricordo dei caduti, come è stato a Bari per Benedetto Petrone. Diamo per scontata la differenza tra memoria e storia, e su quegli anni si comincia ormai a scrivere seriamente, sia da parte di storici come Giovanni De Luna che di giovani storici trentenni. Il prof. Mimmo Fazio, Filosofia a Unisalento, appassionatamente l’ha presa da lontano, vale a dire dalle culture libertarie

memoria

di Silverio Tomeo

e critiche alla base del movimento degli anni ’68: quindi Marcuse, Adorno, il giovane Marx dei manoscritti economico-filosofici. Ha detto che le narrazioni del libretto La storia siamo ahinoi vanno riprese e continuate, tutti assieme, se ci va, o chi ne abbia voglia. Del resto gli anni ’70 siamo davvero noi, qui nel Salento, e trasmettere memoria riflessiva potrebbe far bene a noi e alla gioventù. Massimo Melillo, giornalista romano catapultato sin dagli inizi dell’avventura del Quotidiano di Lecce, ora di Puglia, si è dichiarato salentino acquisito. Arrivò a Lecce nello scorcio terminale degli anni ’70 e conobbe subito quello che lui chiama le “eccellenze” nel campo del lavoro culturale, dalla scomparsa Rina Durante ai soggetti oggi operanti. Il suo “sguardo esterno” mi sembra oltremodo utile, così comecome l’operazione di auto-valorizzazione del Salento che è stata decisiva per la rinascita culturale degli ultimi decenni, per quell’autonomia culturale del Sud di cui parlava una volta Franco Cassano. Il sociologo Piero Fumarola ci ha messo da parte delle sue riflessioni e lavori sulla colonizzazione dell’immaginario collettivo come operazione di sistema, sulla scia di Cornelius Castoriadis. Ha parlato della nostalgia come fatto rivoluzionario, come desiderio, impegno collettivo per uscire dal capitalismo, appunto immaginazione al potere contro il potere della colonizzazione. Come si vede ritorna in diverse salse uno dei leitmotiv di quegli anni: “il sistema”. Aggiungo anche come dispositivo produttivo di poteri (Foucault), come teologia economica e politica che ci costringe a pensare, parlare, agire e vivere in orizzonti chiusi non semplici da oltrepassare. Sulla musica di quegli anni alcuni musicisti tuttora attivi hanno voluto riflettere sull’utopia, la dissoluzione dell’io, la liberazione, la crescita culturale in quegli anni fondativi per tutta una generazione. Molto ricordato, e giustamente, Toni Robertini per la musica e gli articoli sulla rivista Alfabeta e Marcello Primiceri per le anticipatorie esperienze teatrali. Sulle rotture culturali delle donne nella loro autonomia, e sulla scuola e i

movimenti collettivi, è voluta intervenire Luisa Rizzo. Raffaele Gorgoni, giornalista RAI, ha voluto parlare sulla componente clericale e anti-libertaria presente con notevole pesantezza nella società italiana, allora ed a tutt’oggi e dei suoi anni romani in quegli anni al quotidiano “l’Unità”.

Quello che mi sta a cuore rimarcare è come si possa parlare di un’autonomia culturale del ’68 italiano, e non solo. Agli albori della Nuova Sinistra militante di quegli anni, nel cuore dei movimenti collettivi già globali, agisce un’autonomia di riferimento culturale ben al di là delle sinistre storiche e degli intellettuali organici di partito. Nel lungo ’68 italiano, il più lungo in Europa e nel mondo, le organizzazioni militanti fecero da gruppi di continuità rispetto ai conflitti collettivi. Anni di piombo? Colpa della traduzione falsata del film del 1981 della von Trotta (Die Bleierne Zeit), certo, ma non che mancasse allora il piombo vagante. La criminalizzazione, la rimozione, la banalizzazione “revisionistica” di quegli anni è stata combattuta e lo sarà necessariamente ancora. Speriamo che quella fase storica sia tematizzata come fatto di autorappresentazione sui territori, le università, i corpi coinvolti, le culture produttive, luogo per luogo, memoria per memoria, come in parte già si è cominciato. Nelle foto di quegli anni e nei filmati saltati fuori anche qui nel Salento, ci sono i volti sorridenti della “felicità pubblica” (come la chiamava HannahArendt). In altre foto relative ai funerali per fatti di donne, studenti, operai uccisi in agguati e manifestazioni di piazza,si vede l’ombra del lutto collettivo. Molto presente è stata la memoria del movimento del ’77 a Lecce, a Bologna, Roma, Milano. I “giornali di marzo”, come li chiamò Claudio Lolli, parlavano davvero di uno scontro ininterrotto nelle piazze. Che la conversazione continui ancora, con altre e collettive espressioni e memorie, possibilmente anche con nuove scritture e documentalità.


Ad illustrare un opera di Giuseppe Capogrossi


Fotografie “sotto spirito” spagine

G

iancarlo e Massimiliano, i vostri scatti, riuniti sotto il titolo Sotto spirito (Sotto spirito, Quando il tempo è sospeso: la Distilleria De Giorgi di San Cesario di Lecce, Palazzo Vernazza, Lecce nell’ambito della rassegna Mediterraneo Foto Festival 2015, 23 maggio – 2 giugno) sono, innanzitutto, un referto. Un resoconto, a distanza di vent’anni e poco più, che porta con sé delle quote documentali di un’attività imprenditoriale cessata improvvisamente (un venerdì del 1988). Un rapporto, che suggerisce, prima di ogni altra cosa, che il fare dell’uomo, per quanto esemplare possa essere (nel bene e nel male), ha un solo destino: soccombere alla polvere.

L’ALLESTIMENTO Le vostre foto sono accompagnate da una nota esplicativa. Chi guarda le foto, vede bottiglie in fila, fusti e silos metallici, tavoli con provette, palloni, imbuti, ampolle, macchine e utensili vari. Senza la nota, dubito che lo spettatore (che non sia un chimico o un esperto di distillazione) possa capire di che si tratta. Queste righe di premessa, per introdurre la domanda (peregrina?): senza nota esplicativa, le foto cosa dicono? Ossia: il distacco delle foto dal referente è comunque espressivo? Io credo di sì. Forse (la mia è una piccola e palese provocazione che ha un legame arbitrario con la vostra esposizione), il coefficiente di artisticità dell’operazione sarebbe pure esaltato. (L’interrogativo solleva la questione delle quote di autonomia del visivo rispetto al verbale; le quote variano, ma non diventano mai il 100%, credo.) Le vostre immagini raccontano, anche senza l’indicazione precisa del luogo e del tempo, un decadimento, una lenta erosione nel tempo di una qualche attività dismessa. Dicono l’eloquenza (e il fascino) delle rovine. Un lascito del tempo (della Storia) in grado di scavalcare qualsiasi difesa (per quanto composta e organizzata possa essere) e di colpire con alto impatto l’immaginazione di colui che guarda

LA MEMORIA COLLETTIVA, LA MEMORIA PRIVATA Il vostro intervento segna la fine dell’abbandono dell’opificio all’azione entropica del tempo lasciato a sé stesso (si colloca sul confine tra il periodo di abbandono dello stabilimento e l’acquisizione dello status di archeologia industriale). Prepara il terreno all’allestimento di un set, o di una scena, in cui si rappresenta il dramma Entropia contro

di Massimo Grecuccio

Antropia (il soliloquio del tempo a cui succede il dialogo tra il tempo e l’azione dell’uomo). L’abbandono prima, di cui fornite testimonianza visiva; il riutilizzo e la conservazione ora (rispetto ai quali il vostro gesto corrisponde simbolicamente a dare il là). Entrambi, l’abbandono e la riqualificazione, si possono caricare (con un grado di arbitrarietà, certo) di un valore allegorico che investe la memoria. La memoria non è per sempre. Il cambio di destinazione d’uso dell’opificio dona una nuova valenza sia alla memoria collettiva che alla memoria individuale. Saperi, pratiche, sicurezza economica, valori simbolici e materiali erano intrecciati quando la fabbrica funzionava. Ora, e sono passati più di venti anni, quel portato, che rischiava di cadere nel nulla (per il naturale avvicendarsi delle generazioni umane), subisce uno scatto creativo (alla lettera, un atto di creazione) che rinnova le memorie individuali di quelli che già c’erano, o ne crea di nuove in quelli che non c’erano. Il vostro reportage, che mostra (con diversi gradi di allusività) il passato, e che anticipa (con l’azione di fare e selezionare alcune foto) il futuro immediato (il parco-museo, il luogo di eventi, lo spazio espositivo etc.), costruisce il passaggio del testimone a rilanciare la memoria. Nella doppia valenza, in relazione ai testimoni: memoria collettiva/ memoria privata (il singolo e la comunità); in relazione alla durata: a breve e a lungo termine (il presente e la tradizione).

LE PERSONE, LE COSE, LA LUCE Nelle fote che esponete non ci sono le persone. Tutto quelle che si vede, però (gli uffici amministrativi, il laboratorio chimico, le macchine industriali, la torre di distillazione, le officine, il giardino …), rimanda agli uomini. L’assenza delle persone rimarca, ulteriormente, che si è in uno stato temporale di transizione tra la fabbrica-luogo del lavoro (l’operosità industriale degli uomini) e la sua trasformazione in un tempio del tempo libero (l’operosità ricreativo-culturale degli uomini). Tra le tante cose che avete fotografato, ricordo vividamente la chiave assalita dalla ruggine, l’ape e il camion old style che si fronteggiano (in una rimessa della fabbrica?), i silos con le superfici rigate solo da rivoli di ruggine, la scrivania che sembra ormai mimetizzata con la stanza che la contiene, la torre avvolta dalla scala che conduce ad un cielo coperto, la bottiglia della famosa Anisetta. Tutto quello che avete collocato nelle foto, rimarca che la Distilleria era pienamente nel regno dell’analogico quando ha cessato la sua attività. La Distilleria non ha fatto in tempo


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Lettera aperta a Giancarlo Greco e Massimiliano Manno

ad essere investita dal digitale. L’espressione archeologia industriale (che sembra rimandare a lunghi intervalli temporali), qui non è un’attenuazione esagerata (una litote). Perché in una distanza temporale di circa ventanni (l’equivalente, grosso modo, della distanza tra due generazioni), si è consumato un distacco molto più ampio nel modo di operare. La luce, infine. Tutto (anche gli esterni) sembra immerso in una luce artificiale smorta ma con toni caldi. Una luce ossimoro, quindi. Questa luce crepuscolare accomuna le vostre foto e rende quasi indistinguibile la mano di ognuno di voi.

LE FOTO, LA MEMORIA La valenza principale delle vostre foto è la commemorazione? In questo caso, per il forte legame con il luogo (San Cesario di Lecce) della costruzione (una ex fabbrica), il valore preponderante dei vostri scatti è quello memorialistico, sì. È l’unico? Il vostro lavoro a me suscita alcuni interrogativi sull’autonomia delle immagini rispetto alle parole (riprendo il filo lasciato sospeso nel paragrafo L’allestimento). Proprio perché le vostre immagini sono fortemente intrise della comunità di cui fate parte, la loro autonomia (l’autonomia estetica?) è ridotta. Il valore in sé delle immagini (in fondo, il guardare è una delle forme dell’esperienza) è carico, in sovrabbondanza, di memorie private e collettive. C’è un surplus di sentimentale che, nonostante l’atteggiamento attenuante dei vostri allestimenti (la luce crepuscolare e le

Una fotografia dall’Ex Distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce

inquadrature poco o nulla enfatiche), emerge tuttavia. Da questo viene, io credo, un’osmosi continua tra parole e immagini. Parole e immagini dicono il dolore della fine di un’epoca. Mi viene da pensare, non sono della vostra comunità, che la diminuzione dell’enfasi che io colgo nei vostri scatti è un modo per lenire, o addirittura cauterizzare, la ferita della Distilleria ferma. Ferita che l’unguento del tempo non ha chiuso del tutto. L’enfasi ridotta, tra l’altro, si adatta bene anche all’attesa per il rilancio e la riqualificazione (oggi, 2015, in atto) dell’opificio e della memoria collettiva. La vostra azione di fotografi si muove tra queste due eventi, l’abbandono e il rinnovamneto, carichi entrambi di valori simbolici.

Giancarlo e Massimiliano, credo che i vostri reportage non siano stati fatti nello stesso momento (forse, sono stati effettuati nello stesso periodo). Voi, però, avete scelto di mescolare le foto (benché l’attribuzione è chiara, di ogni foto è indicato il fotografo). La luce smorzata le accomuna. Gli accostamenti non sono casuali; penso, per esempio, al Camion versus Ape e a Le due grazielle (i titoli sono miei, con arbitrio). Non ho avuto modo di riflettere abbastanza (la responsabilità e solo mia) sulle differenze di sguardo tra voi due. Una prima impressione (minima) è questa: in Massimiliano scorgo una prevalenza di spirito catalogatore; in Giancarlo scorgo accenti d’ironia. Una valutazione più puntuale è rimandata.


Il punto e l’accapo spagine

P

link! E fu Sogno. Per una scrittura si applica sempre e comunque un metodo, sia esso il dovuto o il dichiarato nell’artificiale o nel presunto naturale. Per un’idea non ci s’avvede ch’è pur sempre il sogno a farla scaturire. Scrivere dunque è condurre quel sogno sempre in ogni fine ed inizio. Il giorno dopo l’altro, quello per intenderci del quotidiano, è l’inaspettato adeguarsi del linguaggio sino alla più alta delle percezioni per quel che si scriverà o si dovrà dire. Il mezzo di quel metodo farà il resto ed il linguaggio ne diventa così veicolo. Necessità? È per dar luogo ad una corretta interpretazione, barriera comunque superabile e non sarà l’attribuzione dei nomi da assegnare a tutti gli oggetti di cui amiamo circondarci, è sufficiente riconoscerne la forma. Utilità? Possiamo persino partire dal non avere i nomi né aver dato mai nome alle cose, non avere, persino, sebbene animati, noi stessi, un nome e cognome. Se si è in codesta opportunità tutte le relazioni e le differenze dei suoni da articolare poi in un sogno passerebbero in transiti così veloci da ricondurci fra il riconoscere gli oggetti e i loro fonemi, per appropriarli nella totalità dello stesso sogno. S’è il tanto, cioè il dover persistere fra un chiedersi di una necessità e di un utile, le essenze, più sono tra loro vicine, tanto più, di seguito, del loro suono, ne verrebbe descritto il nome dovuto. L’invisibile diviene il riconoscimento dell'animo e si direbbe che, le energie di un suono per l’oggetto si avvicinano o vengono rese dallo stesso suono in immagini a noi intelligibili. Persino le nostre possibili astrazioni diverranno le nozioni per riscoprire ed immaginare le nuove creazioni purché trasmesse e trasfuse in un'altrettanta immagine da manipolare ad uso esclusivo di un sogno. Hugh Blair scriveva nelle sue lezioni di retorica e belle lettere, già nel 1801 (credo di averlo già riportato da qualche parte):

imperfetta, poiché il lor metodo di vivere colla coccia o la pastura delle gregge dove a frequentemente separarli l'uno dall'altro. In tale stato, mentr'erano gli uomini sì divisi, e sì raro il loro commercio, come mai alcuna forma di suoni o di parole poté fissarsi per generale accordo a significare le loro idee?»

La domanda. Ci sono giorni particolari per nascere in un nome o per assegnare il nome ad un oggetto? No, se, in un PUNTOACCAPO, in un (Plink!) non va a trovarsi l'IDEA, che porta alle Realtà. Sì, s’è dal PUNTO, dal (Poff!) che nasce la nuova raccolta di idee che portano alle realtà e s’è prima del margine dell'[ac-càpo] (Plink!). Oggi è il giorno ch’è l’uguale del precedente in quell’accapo. Volta e rivolta, evincere la possibilità di un (a capo) è dar luogo all’Idea in un Sogno. Giungere a descriverlo è per l’adeguarsi alle non qualsiasi forme di linguaggio. Intrattenersi nella forma è il purché in grado di non mancare, sia nell’aggregazione che nello stabilirne l’iter. La necessità di un sogno da descrivere, quindi, non potrà aver luogo se la trascrizione fonica di un qualsivoglia rumore non verrà codificata attraverso stranifonemi. È lo scrivere che n’è conseguenza? (NOSI-FORSE) Sufficiente è non intrattenersi nel solitario disbrigo della pratica della scrittura ed avere voce per quel irraggiungibile. In un Sogno, qualsiasi "voce imitativa" o di "interiezione" sarà ed è fra l’uomo errante sognante e le sue cose. In un sogno racconto, il valore evocativo delle onomatopee vissute sarà ed è l’emblematico risultato di un fatto probabile ed altresì accaduto. Scrivere è già di per sé un sogno e scrivere del (non c’era perché sogno), sarà stato l’inizio di un giorno del sarei andato a ramengo. Plink! No, no, non voglio dire che sarei andato in rovina o in bancarotta finanziaria. Uso il termine nell’improprio per quel senso di un correre in un nulla che a volte ti prende e credi nell’improvviso cessare di «Andavano gli uomini allora erranti e di- un valore assegnato alle tue necessità e spersi; non eravi società, fuorché quella di non esclusivamente le voluttuarie, nonché famiglia; e la società di famiglia era pure crederti nel non più immune o non sperare

di Francesco Pasca

nel probabile rimedio, nella tua ennesima convenzione o, nel peggio, nel non successivo adeguarti a sopravvivere e alieno dal tuo stesso pensare. Il motivo? Da rifletterci. Ma in quel sogno da raccontare il giorno era talmente strano e nell’uggioso che, l’impressione sostava immersa in un adagiarsi nel curvo non so bene se per comodo o scomodo, forse solo per il consapevole del ben appropriato e accurato di un sostare per strati, in bolle di bolla dopo bolla in bolla. Plink! Poff! Plink! Poff! Insomma, mi sentivo vestito dall’angoscia e dal contemporaneo piacere di quell’essere nulla e non il meditato vivere da cipolla o da carciofo nonché certo dallo starci ed essere parte di un definito simile ad un’altrettanta bolla, l’ultima, la colma d’acqua e anice. Plink! Sì! Ero in una mia immaginaria e tonda matrioska la cui dimensione e collocazione era tutta da stabilire. Doveva essere il mio mondo, quello. Un temporale estivo accompagnava quell’idea e germogliava in me l’esigenza di un accapo, rituffarmi in un altro sogno. Poff! & Plink! Cercavo un germoglio da pittura tonale, verdognolo, un po’ simile a quello utilizzato e nell’immagine descritto, così com’è nel dipinto veneto, dal giovane Giorgione e con ben presente un fulmine, anch’esso ben delineato nel minaccioso di farfuglianti strati di nubi. Il bagliore di quel che sarebbe stato il rumore del tuono conseguente, proprio perché pensato, mi raggiungeva e rimbalzava lungo le superfici curve di quegli involucri trasparenti in cui ero costretto e, le visioni, ovviamente, inseguivano le leggi della rifrazione in un liquido fattosi amniotico e con il visivo di quel che sarebbe stato l’anticipo, il tipico dell’imminente luce. Del poi ne ascoltavo il propagarsi nel ritardo ed era il tutto, l’entusiasmo sommato in un fragore e rumore che scuoteva persino le viscere. Ero in un c’è che sarebbe diventato il ci sarà, in un’idea che si sarebbe preannunciata come l’essere l’uguale del veggente dentro alla propria sfera di finto cristallo, in un sogno ch’è nel sogno e che ne attendeva il risveglio in altro sogno. Poff! In involucri per rotonda matrioska non ero, certamente, come novello Adamo rappre-


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sogni

Giorgione - La tempesta o Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso

Giorgio Barbarelli,o Zorzi da Castelfranco, detto il Giorgione, nacque a Castelfranco Veneto nel 1477 e morì di peste a Venezia nel 1510, ma quasi tutti i riferimenti alla sua vita sono incerti, compreso il nome.

sentato dal Giorgione con bastone in mano e mente trasognata e con un ben indirizzato e preciso luogo a cui guardare, né potevo essere la donna discinta e al contempo pudica cigana o zigana. Per farla nel breve non ero ancora nel secondo sogno, non ero nemmeno lo sguardo di Adamo alla zingara con in grembo il suo bambino. Nel sogno che immaginavo nel poi che sarebbe stato mi sarebbe piaciuto d’essere fra Terra e Fuoco, fra l’Acqua e l’Aria e vederne solo un'unione tra Cielo e Cielo. Mi sforzavo a pensarci sul perché ero ancora lì, nel primo dei miei sogni, nell’andare a ramengo, e, a ripensarci bene, l’unica di quelle immagini volute per il poi s’accostava di più ad un’unione amorevole fra madre e figlio, fra quel ch’era stato e che c’era. La forte sensazione? Voler essere io bambino, l’appena partorito dalla zingara e il già pronto a succhiare il candido latte per crescere e salvaguardato dall’eros di Adamo. Di quel secondo sogno, di quel che tardava ancora ad entrare, ricordo solo che s’attendeva come per l’assegnato di un nome. Infatti, neppure il nome avevo, né certificato da alcuno il sesso. Se mi avessero chiamato Andrea avrei sicuramente sodisfatto il chiudersi positivo di quella scena lasciando l’uguale mistero di quell’improvvisa nascita e assegnazione

di un nome nell’indefinito. Come tutti i bambini o bambine era l’aspettare e solo per crescere e per accondiscendere al fenomeno del prima vedere (anch’esso in ritardo) e poi sentire nell’ovvio (non vedere in anticipo). Sentivo, sentivo eccome e conoscevo anche che, non avrei fatto da grande il veggente o la veggente ma, al più, dimorato nel certo di una luce dalla quale ne sarebbe scaturito il suono. Sapevo pertanto di un tempo relativo e che quest’ultimo avrebbe dovuto impiegare altrettanto tempo relativo per raggiungermi. Certo del sogno, che m’aveva abbracciato, sapevo che, il suono non si sarebbe mai potuto sovrapporre a quella luce e che, fra i due eventi, ci sarebbe stato altro ritardo, quello del mio apprendere. Il Tempo in un sogno senza tempo avrebbe avuto il suo racconto? Il probabile? Due ritardi differenti per un uguale da conoscere nel simultaneo? Oggi che ne scrivo, non credendo ai veggenti, come nel mio sogno di ieri ho solo ed esclusivamente l’intorno, un po’ come nel sogno dell’oggi che ne scrivo e ne vedo, ne ascolto e ne attendo in una non sentita premonizione di altri eventi. Ieri attendevo quel che sarebbe accaduto per la prossimità dell’oltre, di quel che, a me, era dato del vedere e dal sentire. Comunque nel mio sogno persistevo ad essere nel primo sogno e, il mio tunnel di luce lo supponevo o fattosi per essere un

imbuto o per configurarsi come un cilindro o solo per essere unicamente squarcio. Era certamente di luce e nel trasparente e m’accludeva nella calma di quella certezza e per l’essere al sicuro in una bolla d’acqua e anice. Io ci nuotavo e ruotavo da pesce in quella sfera. Dicono che i sogni non hanno colore ma vi assicuro che nel mio sogno il colore c’era ed era proprio in quel trovarmi fa il futuro già passato di una luce e il futuro del passato consapevole di un rumore e che l’incongruenza mi stordiva, annullava, mandava me, appunto, a ramengo ma, al contempo, nel certo di un cambiamento di stato una volta approdato nel secondo sogno. In quell’elemento di un sì instabile distinguo o dell’essere il pesce scappato dal torrente di un già rappresentato dal veneto Giorgione o l’essere io nel continuo gironzolare in un andirivieni di ponte o l’essere proiettato per dimorare lungo le curve pareti di un invisibile limite o ad essere tuttalpiù l’alcolizzato di turno in cerca del primo bicchierino da ingurgitare. Ciò, vi assicuro, non era solo per strana sensazione, perché per bere bevevo, ma latte e non acqua né tantomeno anice. Ebbene sì, ero lì ed attendevo, attendevo che qualcosa mutasse. Bevevo e speravo, anche s’ero stato messo lì nel ramengo di un come e in attesa di un virtuale per un dipinto e coi segni dovuti per nascita di immagini o senza esserne io l’appurato soggetto. Nel sostare in quel primo sogno ritenevo che, semplicemente, ch’ero lì per idee nate in un punto non terminato e in un accapo mai iniziato e per opera di una fantasia di altro o di altri, di un sogno senza utili suggerimenti. Per il già detto e per il mancante n’ero l’espressione dello stato d'animo, il mio, ed esclusivamente nel Poff!


spagine

della domenica n°77 - 31 maggio 2015 - anno 3 n.0

fotografia

Niña hermosa

In mostra da oggi, domenica 31 maggio da H24 FabrìKa

Il reportage su Miami di Silvia Cannone

Niña Hermosa è il resoconto per immagini del viaggio di Silvia Cannone giovanissima fotografa salentina nella terra governata dalla legge del “Push It To The Limit”, luogo fisico Miami ufficialmente fondata nel 1896 in Florida – U.S.A. Il titolo non solo è indicativo del fatto che alla fine del secondo conflitto mondiale l'esodo cubano portò la popolazione alla soglia dei 500.000 abitanti, è anche metafora della vera natura di questa terra promessa divenuta prospera con i favori del narcotraffico Boliviano e Colombiano che profuse sul territorio miliardi e miliardi di dollari e che la rese una delle città americane tra le più pericolose e tra le più affascinanti. Erano gli anni ottanta, periodo che a Miami passerà alla storia col nome di : "Cocaine Cowboy Era". Di pari passo in Italia prendeva piede quella “Milano da bere” ambiziosa che ammiccando al “sogno americano” e emulando stili di vita e abitudini a stelle e strisce darà vita al fenomeno culturale dello “yuppismo”. Vennero così le partenze dei giovani rampanti italiani fù il momento dei “primi viaggi” segnato da quei “primi arrivi” impossibili da dimenticare. Questo lo scenario raccontato dalla giovane reporter, oggi ventitrèenne. Un viaggio appassionante tra diurno e notturno alla volta di Ocean Drive, Miami Beach senza dimenticare, Little Avana dove gli anziani del luogo continuano a giocare a domino e a discutere di politica. Un diario di bordo quello di Silvia Cannone che racconta lo sguardo sui luoghi e le emozioni di quel “primo arrivo”, le indimenticabili sensazioni che una città come Miami pone su un vassoio di argento complice l'atmosfera latina che ha contribuito a renderla una delle città statunitensi tra le più popolari e appetibili per i turisti e gli immigranti di tutto il mondo. Silvia Cannone ci racconta luci e ombre di una moderna babilonia multi razziale dalle molteplici opportunità che andrebbe affrontata con un biglietto aereo an-

di Rosanna Gesualdo

data e ritorno, presa con la consapevolezza che il suo fascino è di quelli che segnano e dannano. Miami non va guardata troppo da vicino, consigliabile abbassare lo sguardo di tanto in tanto per non varcare il limite perché è luogo che offre e chiede il conto, incanta e ferisce. Uno sguardo di troppo alla “Niña Hermosa” è uguale ad una passeggiata lungo il filo di un rasoio perché Miami è luogo che tradisce, un amante che dopo aver preso tutto ti abbandona per strada senza voltarsi indietro lasciandoti il rimpianto per le opportunità non colte e la nostalgia senza fine dell'averla sfiorata e a quel punto avrà segnato il passo oltre il punto di non ritorno legandoci a lei con il rimpianto”. H24 FabriKa, domenica 31 maggio alle ore 20.30 nell'ambito della rassegna Special Guest : “NIÑA HERMOSA” reportage fotografica di Silvia Cannone in Vico Dietro Spedale Dei Pellegrini 29/a, Lecce

Silvia Cannone nasce a Lecce nel maggio del 1992. Si forma presso presso l'agenzia Whiroo di Danilo Calogiuri e come assistente del fotografo pubblicitario e di moda Silvio Bursomanno. Nonostante la giovane età ha già all'attivo numerose partecipazioni a workshop tra cui quelli di Creative Pro Show a Milano e a Roma con tutor di livello nazionale e mondiale. Con le sue opere partecipa a “Ti fotografo una canzone” organizzata ad Ostia da ArteDegas; ad “Aushmerzen” e “Siamo tutti Charlie” sotto la curatela di Rosanna Gesualdo negli spazi di H24 FabriKa a Lecce. Vogue Italia seleziona e pubblica sul proprio sito due scatti dal titolo “ "Honor Guard" tratti dal reportage “ Niña Hermosa”. Partecipa sino al due giugno al MFF presso Palazzo Vernazza a Lecce con la foto “"Forgot Childhood”.



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in agenda - borgo in festa

S’inaugura oggi, domenica 31 maggio, il nuovo Borgoinfesta festival eco culturale che torna a Borgagne, piccola frazione di Melendugno fino a martedì 2 giugno, con la prima edizione del secondo decennio momento di svolta e grandi novità per tutta la storia della manifestazione

“Voci di terra”

A

gricoltura organica e rigenerativa sono le coordinate entro cui si sviluppa l’intero programma di corsi, dibattiti e riflessioni che danno voce alla terra per raccontare una nuova storia di comunità, promuovendo uno stile di vita legato alla salute dei suoli, dei frutti e di riflesso delle persone. Tutto, però, senza far impallidire il clima festoso che da sempre caratterizza Borgoinfesta, con un programma musicale che taglia il nastro con gli Almoraima che presentano in anteprima “Cafè Cantante”, disco, in uscita ad agosto per AnimaMundi, ispirato dal doppio tour in Messico e dalla feconda collaborazione con il contrabbassista cubano Pavel Molina. I brani battono sentieri attuali aprendo dialoghi tra flamenco e musica latino americana, alla ricerca di un passato e un presente. Ad aprire la serata è la prima nazionale dei Folkalore, gruppo borgagnese che porta sul palco l’album “Souvenir”, lavoro che intreccia il vecchio e il nuovo provando a musicare il pensiero “Salento, Terra e Libertà… quello che è stato e quello che sarà”, con la consapevolezza che, come affermano gli stessi artisti, “in questa primavera turistica”, il rischio sia di impacchettare tutto in un caratteristico e colorato souvenir. Ospite della serata è

Almoirama questa sera in concerto a Borgagne

Una con il suo ultimo singolo “Sotto i cieli dell’Ilva”. * * * Come ogni anno il lungo corridoio a cielo aperto tra piazza Sant’Antonio e il Grande Olmo sarà puntellato di bancarelle del gusto con i piatti tipici della comunità di Borgagne, deliziosi pasticciotti e spumoni, prestigiosi vini e birre artigianali del Salento. Anche quest’anno, poi, i frantoi, la chiesa madre e i palazzi si fanno scrigno di mostre, collettive d’arte ed estemporanee di scultura a cura di Dino Lala e Piero Saracino, Lucio Conversano, Antonio Miglietta, Raffaele Puce, Gianni Chiriatti, Isabella Buccoliero, Domenico Bruno e Franco Chiarello, mentre arte e artigianato si fondono nei vicoli con mastro Bruno, intrecciatore di giunchi, e Mastro Pantaleo, scalpellino e artigiano della pietra leccese. Parallelamente alle attività culturali e d’intrattenimento l’associazione ‘Ngracalati tiene saldo il binomio Borgoinfesta-solidarietà, continuando la raccolta fondi che in questi anni ha sostenuto la costruzione di tre pozzi, l’allestimento di un dormitorio e il sostentamento dei ragazzi dell’orfanotrofio di Ouenou in Benin. * * * Organizzato dai volontari dell’associazione ‘Ngracalati, il festival prende quest’anno una direzione nuova, più es-

senziale ma densa di contenuti, col desiderio di spargere i semi per far germogliare progetti imbastiti sul tema dell’agricoltura, con grande attenzione ai metodi di coltivazione sostenibili. A sugellare questo nuovo corso è una rappresentanza di Deafal, la Delegazione europea per l’agricoltura familiare di Asia, Africa e America Latina, che a Borgoinfesta 2015 porta testimonianze ed esempi di grande spessore, condividendo buone pratiche e preziose informazioni. Deafal, infatti, promuove il miglioramento delle condizioni di vita dei produttori agricoli, l’autodeterminazione alimentare delle comunità e la tutela del territorio e dell’ambiente, che passano attraverso la preservazione della biodiversità, il rispetto dei cicli naturali e la riduzione della dipendenza iniqua dei produttori dal mercato.

La comunità di Borgagne continua il suo cammino di crescita, proseguendo un percorso avviato nel 2014 con l’adesione all’Associazione Nazionale Borghi Autentici d’Italia, una rete virtuosa tra piccoli e medi comuni, enti territoriali e organismi misti di sviluppo locale che condividono un percorso di miglioramento del tessuto urbano, dei servizi, del contesto ambientale e culturale, volto a un graduale e costante incremento della qualità di vita sia in termini sociali sia economici.


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della domenica n°77 - 31 maggio 2015 - anno 3 n.0

in agenda

Ad illustrare da Edward Topsell, l’immagine di una Manticora il mostro dal volto umano, 1607

Uomini e Animali Prospettive per un futuro sostenibile

I

Tre incontri il 5, il 12, e il 19 giugno a Sannicola promossi dal Presidio del Libro VerbaManent

e per una nuova coscienza umana l Presìdio del Libro “Archivio del libro d’artista VerbaManent” propone il ciclo di incontri “Uomini e Animali. Prospettive per un futuro sostenibile e per una nuova coscienza umana”, gli appuntamenti il 5, il 12 e il 19 giugno 2015, dalle 19.30, a Sannicola. Gli incontri sono realizzati in collaborazione con le associazioni Archés, AVA, LAV, Le Randage, Quattro Zampe, SalentoVegan con il sostegno di Villa Excelsa, dimora d’arte, di gusto, di bellezza e Mandorle e Miele, pasticceria artigianale vegana e no glutine.

di conoscenza e riflessione organizzato dal Presidio del Libro VerbaManent di Sannicola sul tema della questione animale che intende indagare non solo lo sfruttamento e il massacro operato dall’uomo nei confronti di esseri da noi “diversi” ma anche recuperare il valore della nostra animalità nella considerazione del diritto all’esistenza e al benessere di tutti gli esseri viventi per immaginare uno scenario morale che non sia piegato dal peso della violenza e dell’ingiustizia. In questo nuovo sistema etico che rifiuta ogni forma di violenza verso l’uomo, la natura e gli animali si afferma il veganesimo, come scelta consapevole, filosofica, spirituale. Da ciò la speranza che si diffonda una * * * nuova idea diversa di mondo: l’esistenza “Gli animali nati con l’unica sfortuna di di una società senza sfruttamento aninon essere uomini, vivono vite terribili, male e l’abolizione di ogni rapporto di dobrevi e meschine, solo perché è nei nostri minio verso umani e non umani. poteri abusare delle loro esistenze per i nostri tornaconti. Privati dei loro rapporti Il programma con il mondo, della maternità e dell’infanzia, della luce e del respiro, del correre e Il 5 giugno, alle 19.30, presso il Centro dell’invecchiare, sviluppano le loro brevi Culturale di Sannicola parabole di vita entro teche di coltiva- La presentazione de “Il maiale non fa la zione: non appena pronti vengono man- rivoluzione. Manifesto per un antispecigiati, indossati, usati per la ricerca smo debole”, ed. Sonda, di Leonardo scientifica o, se fortunati, messi tra le Caffo , docente di Filosofia_Università sbarre di uno zoo oppure esposti alla ber- degli Studi di Torino Interventi dei rappresentanti delle Assolina di un circo”. Trova fondamento nelle parole del filo- ciazioni: Archés, Marco Cavalera; LAV, sofo Leonardo Caffo il senso del percorso Chiara Fiordaliso; Le Randage, Fiorella

Guerrieri; Quattro Zampe, Luigi Marulli; SalentoVegan, Roberto Armentaro, Sara Cacciatore, Simone Milanese

Il 12 giugno, alle 19.30, presso il Centro Culturale di Sannicola “La cura omeopatica degli animali domestici”, Vito Lisi, veterinario omeopata “La comunicazione con il cane, Iacopo Rapinese”, educatore cinofilo, consulente per la relazione uomo-cane: dall’analisi di alcuni comportamenti e segnali dei cani, visti attraverso la proiezione di video e slides, si comprenderà come costruire un’autentica relazione basata sulla conoscenza e reciproca intesa.

Il 19 giugno, dalle 19.30, a Villa Excelsa a Sannicola, la presentazione del libro “Codice Vegan. Strumento di benessere personale ed evoluzione sociale”, ed. Anima, di Franco Libero Manco, fondatore del Movimento Universalista, Presidente dell’Associazione Vegetariana / Vegan Animalista di Roma. A seguire degustazione di torte vegane senza glutine diversamente golose della Pasticceria artigianale “Mandorle e Miele” di Agnese Cimino (Alliste)

Per la cena con menu vegano è necessaria la prenotazione al n° 3355316262 o all’indirizzo mail villa excelsa@gmail.com


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in agenda

L’ombra della madre

Da Kurumuny il nuovo romanzo di Paolo Vincenti

La presentazione mercoledì 10 giugno a Tuglie La copertina del libro

C’è una linea obliqua che attraversa la vita. Una linea che interseca incontri e pensieri, andate e ritorni, aspettative e fallimenti. Su quella linea si incontrano i destini dei personaggi di questo libro. Il tempo danza con loro al ritmo delle occasioni perse.” Un noir in cui si intrecciano in modo incredibile i destini dei protagonisti, Francesca, Riccardo e Fabrizio, sospesi tra la routine del quotidiano e i riti misterici di un passato che si perde nella notte dei tempi. Quale valore assume il culto della Grande Madre Cibele nella vita disordinata della protagonista femminile

dell’opera? Francesca è una docente di Storia delle religioni, una donna colta e intelligente, con molti nodi irrisolti nella propria vita, a partire da un complicato rapporto con la madre. E chi è davvero Fabrizio, suo ex amante e come lei adepto del culto di Cibele, che alla fine del racconto sarà al centro di una rivelazione sconcertante? A Riccardo il compito di dipanare il bandolo della intricata matassa, di ricomporre i pezzi di un quadro che si tinge di colori foschi, di mettere ordine nella vita di una donna che lo ha travolto, in un turbine di mistero e sensualità, scardinando ogni sua certezza, demolendo ogni equilibrio. Una storia intrigante, narrata con una

scrittura versatile, densa, impreziosita da un’interessante ricerca storico-religiosa che ci riporta molto indietro nel tempo.

Il nuovo libro di Paolo Vincenti sarà presentato in prima assoluta a Tuglie, mercoledi 10 giugno alle ore 19.30 presso il Frantoio Ipogeo (Museo della Radio), a cura della casa editrice Kurumuny e dell’Associazione “Amici della Biblioteca”. Dialogheranno con l’autore, lo scrittore Livio Romano e l’editore Luigi Chiriatti. L’attore Michele Bovino leggerà alcuni passi del libro ed eseguirà brevi interventi musicali. Introduce Paola Sperti.

L'Introduzione del culto di Cibele a Roma è un dipinto tempera a colla su tela (73,5x268 cm) di Andrea Mantegna, datato al 1505-1506 e conservato nella National Gallery di Londra.


“Terra”

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in agenda - musica

Al via il 7 giugno, a Supersano, la rassegna a cura di Carmela Solidaro

di suoni

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omenica 7 giugno, alle 21.00 il giardino comunale di Supersano ospita il primo appuntamento con il progetto “Terra”. Con la direzione artistica e organizzativa di Carmela Solidoro, voce dei Carmy Electric Jazz Quartet, ogni anno alcuni dei talenti presenti sul territorio vengono invitati ad esibirsi in concerti che si svolgono in luoghi insoliti ma particolarmente suggestivi del Salento.

Questo primo appuntamento ospita, insieme al Carmy Electric Jazz Quintet, Cesko degli Après la classe, i Transalento e il chitarrista Raf Q. Nel delizioso giardino del Castello di Supersano, in una calda atmosfera blu notte, i Carmy Electric Jazz Quartet presentano un nuovo caldo repertorio che spazia dagli anni Quaranta ai Settanta toccando autori ed interpreti come Nina Simone e Ella Fitzgerald che, con assoluta e testarda indipendenza, hanno attraversato un secolo di musica ame-

Carmela Solidoro in una fotografia si Salvatore Vantaggiato

ricana. E poi ancora Domenico Modugno, Sam Paglia e Luigi Tenco. Il concerto vede ospiti, inoltre, la formazione Transalento con il suo progetto di world music e sound contemporaneo, il chitarrista Raf Q che presenterà alcuni brani del suo nuovo album ed ospite d’eccezione Cesko e le sue atmosfere vintage. L’evento è realizzato in collaborazione con l’agriturismo “Le Stanzie” e con il patrocinio del Comune di Supersano. Per info 388.8625213


L’Arneo va a Milano spagine

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lderico Tramacere ha presentato nel pomeriggio di gioved’ 28 maggio il suo libro fotografico “Arneo” nella Sala Colucci del Palazzo Castiglioni a Milano. L’evento, nell’ambito degli appuntamenti del Photofestival, è stato organizzato da Roberto Mutti, critico fotografico e curatore dello stesso festival. A seguito di una videoproiezione commentata delle immagini Roberto Mutti ha dialogato con l’autore. "Arneo" edito in mille copie numerate, è un libro fotografico con immagini in bianco e nero realizzato tra il 2013 e il 2014 e pubblicato da Edizioni Grifo (Lecce) in versione italiano/inglese a Gennaio 2015.

“Da Nardò fino a Taranto non c’è nulla, c’è l’Arneo, un’espressione vagamente favolosa, come nelle antiche carte geografiche quei vuoti improvvisi che s’apri-

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fotografia

vano nel cuore di terre raggiunte dalla civiltà”: così Vittorio Bodini negli anni Cinquanta descrive l’Arneo, terra in cui Tramacere ha deciso oggi di soffermarsi. Conscio dell’intrinseca volubilità dei giudizi di valore, Tramacere sperimenta nel suo lavoro vari linguaggi narrativi che consentano di oltrepassare il mero dato documentaristico per interrogare il territorio (e sé stesso) sul valore dell’identità e sul ruolo che la fotografia riveste in tale ricerca. “Non ha lasciato la sua terra Ulderico. Sapeva, evidentemente, che da tutto si può fuggire, meno che mai da sé stessi”: Ferdinando Scianna conclude così la sua introduzione al libro di Tramacere, lavoro che richiama esplicitamente l’economia e l’umanità del territorio attraverso un uso del ritratto fotografico tanto evocativo quanto essenziale.

Il volume consta di cinquanta immagini b/n suddivise in cinque “storie”. Nell’ottica di un dialogo fototestuale, ogni storia è prece-

duta da una citazione letteraria con la quale il capitolo dialoga e discute; tale rapporto tra parola e immagine si intensifica, infine, con una nota di carattere storico-culturale scritta da Chiara Agagiù, anche traduttrice dell’opera. Il progetto è rientrato tra i finalisti di Portfolio Italia 2014, concorso nazionale organizzato dalla FIAF – Federazione Nazionale Associazioni Fotografiche ed è stato esposto al Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena (AR) fino al 22 Febbraio.

La presentazione ufficiale è avvenuta lo scorso 15 marzo presso la Cantina Moros (Guagnano, Lecce) con la partecipazione di Ferdinando Scianna all’evento e all’inaugurazione della mostra fotografica; successivamente è stato presentato a Roma presso la Galleria Gallerati (26 Aprile). Il libro è stato realizzato con il sostegno del Gal Terra d'Arneo e con il contributo della Banca di Credito Cooperativo di Leverano.

Una fotografia di Ulderico Tramacere

La sovracoperta del libro fotografico


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in agenda

Pausa di riflessione

on la motivazione, invero reale, di dover necessariamente assistere ad alcuni interventi di riordino stagionale nel giardino attiguo alla casetta delle vacanze, mi sono concesso una pausa, appena quarantotto ore, evadendo così dalle quotidiane abitudini personali fra le pareti domestiche e allontanandomi, in abbinata, dai frastuoni, dalle chiacchiere noiose, dalle beghe, il più delle volte senza senso, che caratterizzano, purtroppo poco dignitosamente, la vita e la cronaca cittadina. Dall’esperienza, grazie anche alle eccellenti condizioni atmosferiche, ho potuto trarre profondo apprezzamento, rendendomi soprattutto conto - credetemi, ogni tanto c’è proprio bisogno di una riflessione del genere - come, in fondo, siano sufficienti limitate e semplici scansioni ed azioni, durante il giro dell’orologio esistenziale, per riuscire a sentirsi appagati dentro. Invece, di quanti inutili e superflui

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Spagine Fondo Verri Edizioni

fronzoli siamo soliti, ahinoi, circondarci, ormai senza neppure accorgercene, durante le nostre comuni giornate! Come più immediato effetto della “fuga”, confesso di essermi trovato a lungo, con soddisfazione, ad ascoltare il silenzio, la melodia della mancanza assoluta di rumori all’intorno, tranne solo l’andirivieni a volume bassissimo dei miei respiri e lo scivolamento dei miei pensieri.

Mi è sembrato quasi una magia poter cogliere distintamente - sotto il palmo della mano adagiato sul petto, esercizio non consueto - il “tum, tum” ritmato del cuore; distinguere oltre la finestra, a guisa di note sottili ma non meno armoniose, il fruscio delle foglie argentee degli ulivi e, in un più distante sottofondo, lo sciabordio delle onde leggere sugli scogli, abbrunitisi per via dell’usura millenaria. L’effetto è stato di ritornare, d’incanto, in uno stato di quiete con me stesso, di avvertire una sensazione oltre qualsiasi gioco emotivo.

di Rocco Boccadamo Il provvisorio isolamento, o lieve esilio, mi ha infine dato modo di scorgere, ancora una volta, la dolce e giovane figura di R., ragazza non vedente sin dalla nascita e perciò burocraticamente definita persona diversamente abile. Nel caso specifico, la codifica è impropria e non corrispondente affatto alla realtà, giacché R. non è aiutata, è vero, dalle pupille, ma ha la capacità di sopperire a ciò con le sue spiccatissime doti interiori di sensibilità, discernimento, autodeterminazione e forza di volontà, riuscendo, alla fine, addirittura meglio di noi “normali”: legge benissimo, lavora al computer, durante la stagione estiva, nella bellissima località di villeggiatura dove abita, presta inoltre attività sotto forma d’informazioni e accoglienza ai turisti, collabora presso una radio e, soprattutto, ha conseguito una laurea. Anche il rinnovato impatto con R. mi ha dato molto appagamento in questi giorni di autonoma abdicazione al tran tran delle abitudini.

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Fondo Verri esce la domenica a cura di Mauro Marino è realizzato nella sede di Via Santa Maria del Paradiso, 8.a , Lecce come supplemento a L’Osservatore in Cammino iscritto al registro della Stampa del Tribunale di Lecce n.4 del 28 gennaio 2014 Spagine è stampato in fotocopia digitale a cura di Luca Laudisa Studio Fotografico San Cesario di Lecce Programma delle Attività Culturali della Regione Puglia 2015 Artigiana - La casa degli autori


spagine Al Cineporto di Lecce proiezioni, workshop e incontri per la rassegna, organizzata dall'associazione Poiesis, con la direzione artistica di Gian Maria Greco dedicata ai nuovi scenari dell’innovazione tecnica e sociale nel cinema. Tra gli ospiti esperti e registi italiani e internazionali in prima linea nella promozione dell'approccio all'accessible filmmaking come Pablo Romero-Fresco, Pilar Orero, Louise Fryer, Elisa Fuksas, Elena Di Giovanni

La cinematografia

accessibile

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re giorni di proiezioni, workshop e incontri per parlare di cinematografia e accessibilità: mercoledì 17, giovedì 18 e sabato 20 giugno il Cineporto di Lecce ospita "Cinematografia Accessibile”, progetto promosso dell’associazione Poiesis con la direzione di Gian Maria Greco e il sostegno di Apulia Film Commission che si inserisce all’interno del programma di Lecce Capitale Italiana della Cultura 2015. Una rassegna che mira a fornire uno sguardo inedito sugli scenari dell'innovazione tecnica e sociale nel cinema, attraverso l'incontro con esperti e registi italiani e internazionali in prima linea nella promozione dell'approccio all'Accessible Filmmaking e la proiezione, in prima assoluta sul territorio nazionale, di alcune delle opere più significative realizzate secondo queste modalità. * * * L'Accessible Filmmaking (in italiano, Cinematografia Accessibile) è una modalità innovativa di produzione e realizzazione di opere cinematografiche, un modello sviluppatosi in Gran Bretagna negli ultimi tre anni che si sta diffondendo in tutta Europa. Attraverso questo modello si vogliono rifondare e modificare radicalmente i modi di ideazione e produzione delle opere cinematografiche includendo le fasi di traduzione audiovisiva nei processi stessi di produzione dell'opera. Che si tratti di doppiaggio, sottotitolazione per sordi o audio descrizione, solitamente la traduzione audiovisiva è demandata alla fase di distribuzione, questo però comporta il sorgere di numerosi problemi di fedeltà e

manipolazione dell’opera stessa, nonché un aumento dei costi di realizzazione. La cinematografia accessibile, invece, richiede che la traduzione audiovisiva sia parte del processo di creazione e realizzazione del film, promuovendo un continuo rapporto tra registi, produttori, sceneggiatori, montatori ed esperti e tecnici in accessibilità audiovisiva, così che l'opera finale acquisti una piena fruibilità da un pubblico ampio.

Gli appuntamenti prenderanno il via mercoledì 17 giugno con un workshop gratuito introduttivo (dalle 16.30 alle 19) condotto da Pablo Romero-Fresco, regista spagnolo attivo a Londra, principale sostenitore dell'approccio della cinematografia accessibile e direttore del Master in Accessibility e Filmmaking presso l'Università di Roehampton. Dalle 19.30 la discussione con Arianna Avruscio, Louise Fryer, Kate Dangerfield e Gian Maria Greco che introdurrà i tre film in proiezione "Notes on Blindness”, cortometraggio di Peter Middleton e James Spinney, prodotto dal New York Times, che ha avuto un grandissimo successo internazionale; "Joining the Dots” di Romero-Fresco e "Un granito de arena”, corto firmato dalla regista italiana Arianna Avruscio e dall'inglese Kate Dangerfield, entrambe esperte anche in accessibilità audiovisiva.

Giovedì 18 giugno la rassegna continuerà con il workshop gratuito Traduzione per il cinema: audio descrizione e sottotitolazione SDH (dalle 16.30 alle 19) a cura di Pablo Romero-Fresco ed Elena Di Giovanni, direttrice del Master Internazionale in Accessibility to Media,

arts, and culture presso l'Università di Macerata. Dalle 19.30 discussione e introduzione alla visione con la regista romana Elisa Fuksas, Pablo Romero-Fresco, Elena Di Giovanni e David Katan; subito dopo sarà proiettato “Nina”, opera prima di Elisa Fuksas, uno dei primi film italiani nel quale la regista ha avuto un ruolo attivo nella promozione della resa accessibile della propria opera. Il film ha ricevuto la Menzione speciale al Bif&st 2013.

Sabato 20 giugno la rassegna si concluderà con una giornata ricca di appuntamenti: si comincia in mattinata (dalle 9.30) con il workshop Accessibilità audiovisiva per film per bambini con Elena Di Giovanni. Seguirà la discussione alla quale si uniranno anche Pilar Orero, direttrice dello European Master in Audiovisual Translation presso l'Università di Barcellona e membro del Focus Group on Audiovisual Media Accessibility dell'Agenzia ITU delle Nazioni Unite, Federico Spoletti, direttore esecutivo di Sub-ti Ltd UK e di Sub-Ti Access, e direttore di Fred Film Radio, e Luigi De Luca, dell'Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce. Alla fine dell’incontro spazio alla proiezione del primo video sull'accessibilità audiovisiva realizzato da ITU-ONU, grazie alla collaborazione con Poiesis e IMovePuglia. Gli appuntamenti riprenderanno nel pomeriggio, a partire dalle 16.30, con un laboratorio dedicato ai bambini dal titolo Io, Pinocchio e tu a cura dall’associazione Fermenti Lattici, per preparare i più piccoli alla proiezione di “Pinocchio”, unico film italiano per bambini dotato di sottotitoli per sordi e audio descrizione e ultima


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copertina

opera del regista Enzo D'Alò, autore già pluripremiato per “La gabianella e il gatto” e “La freccia azzurra”, ispirato al romanzo di Carlo Collodi e proiettato con successo alla sessantanovesima Mostra del Cinema di Venezia. * * * Per le opere in proiezione saranno realizzate, in prima assoluta, le versioni con sottotitoli SDH e audiodescrizioni in italiano, nonché gli audio-sottotitoli per le opere in lingua straniera. Tutti gli incontri vedranno la presenza di un interprete di lingua inglese e di un interprete di Lingua dei Segni italiana.

iscriversi è necessario inviare un breve curriculum e una lettera di motivazione all’indirizzo info@poiesis.it entro e non oltre il 15 giugno. La partecipazione può essere riconosciuta tra i crediti formativi presso i corsi di Laurea in Scienza e Tecnica della Mediazione Linguistica (SMTL) e in Traduzione Tecnico-Scientifica e Interpretariato (LM-94) dell’Università del Salento.

Cinematografia Accessibile è un progetto di Poiesis realizzato con la collaborazione e il sostegno di Università di Macerata, Università di Roehampton, SubTi Ltd UK, Subti Access, Lucky Red, SounI workshop sono riservati a un massimo dMakers Festival, AssonoProfit, AssociaFermenti Lattici, Distretto di 15 partecipanti per sessione. Per zione

Un immagine dal cortometraggio “Notes on Blindness”

Produttivo Puglia Creativa, Arci Lecce, Calliope Comunicare Cultura, IMovePuglia, Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce e altri partner. Poiesis dedica i propri sforzi alla promozione dei diritti di accesso all’arte da parte di tutti e ha fatto parte del gruppo di lavoro nazionale che ha portato alla stesura del “Manifesto Nazionale della Cultura Accessibile”. Il progetto è finanziato dell’Apulia Film Commission con risorse europee e rientra nell’attuazione degli interventi a titolarità regionale “Incremento dei flussi cine turistici tramite attività di promozione, comunicazione e attrazione troupe cinematografiche – 2014 – Promuovere Cinema (PRO.CINE)”, a valere sulle risorse FESR Azione 4.1.2.


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in agenda

Pe(n)sa differente 2015

I

Il festival a Palazzo Vernazza, a Lecce, l’11,12,13 giugno l Festival dell'espressione creativa, Pe(n)sa differente. Festeggia il tuo peso naturale!, che si tiene a Lecce nei giorni 11, 12 e 13 giugno 2015 giunge quest'anno alla sua 8a edizione

Pe(n)sa differente promuove la cura di sé e vuole essere un invito a un percorso di costruzione personale che passi attraverso la resistenza alle attuali forme di mercificazione e omologazione. Una celebrazione della soggettività che si manifesta come diritto al pensiero critico, alla differenza e alla variazione. Per valorizzare l'unicità e la novità che ogni persona essenzialmente è, con le sue possibilità espressive e la propria peculiare bellezza.

Pe(n)sa differente. Festeggia il tuo peso naturale! è una campagna di sensibilizzazione, informazione e formazione su anoressia, bulimia, obesità e altre in/differenze che ha preso l'avvio nel 2008 Il Festival, che rappresenta il momento culmine all'interno del programma ministeriale nazionale della campagna di sensibilizzazione e informaGuadagnare la Salute. Rendere facili le scelte sa- zione, è strutturato quale format che propone una lutari. Conosciuta a livello internazionale, Pe(n)sa narrazione complessa che impiega molti linguaggi. differente è stata pensata nell'ottica di una gene- Si svolge su differenti piani di senso al fine di stirale necessità di riduzione dell'incidenza e della molare dialogo, riflessione e creare community. prevalenza di patologie che riguardano una alte- Coniuga in sé iniziative ed eventi culturali, sociali, rata percezione del sé, emozionale e corporeo. artistici e sportivi rivolti alla popolazione generale Progettata e organizzata da ONLUS Salomè, as- con l'obiettivo di sensibilizzare sul concetto del sociazione scientifico-culturale e Big Sur, labora- peso naturale, sulla sana alimentazione, sull'attività torio di immagini e visioni, con la direzione fisica salutare, sui messaggi ambigui relativi all'imscientifica di Caterina Renna, si configura quale magine corporea proposti dai media, dal mondo azione di prevenzione dei disturbi dell'alimenta- della moda, dello spettacolo e della bellezza, sulla zione e dell'obesità, ma non solo. Pe(n)sa diffe- differenza intesa come valore. Contempla, inoltre, rente, celebrando la differenza, del pensiero e della iniziative ed eventi scientifici rivolti agli operatori socorporeità, vuole promuovere la costruzione di ciali e della salute, finalizzati all'informazione e alla quegli anticorpi necessari per non cadere vittime formazione. della fuga da se stessi, della non accettazione, del- Il Festival quest'anno ospita professionisti del l'analgesia emotiva, dell'intolleranza, di tutto ciò campo scientifico, letterario, sociologico e artisti che in generale produce comportamenti a rischio quali scrittori, attori, registi, fotografi, illustratori, balo violenza verso sé e gli altri, laddove, l'esposi- lerini. zione alla differenza e all'alterità non è altro che il In particolare, durante il Festival ha luogo il 3° terreno condiviso della possibile uguaglianza e del- Forum nazionale delle associazioni sui disturbi l'impegno reciproco a produrre insieme le condi- dell'alimentazione vanta la collaborazione del zioni di una vita vivibile. Coordinamento nazionale disturbi alimentari (ItaPe(n)sa differente, manifestazione unica in Italia è lia), AFDAS-TCA (Association française pour le déin linea con eventi che si svolgono in altri Paesi veloppement des approches spécialisées aux quali Eating Disorder Awareness Week in Ca- Troubles du comportement alimentaire - Président nada, International No Diet Day in Inghilterra, I'm Philip Gorwood) e FNA-TCA (Fédération Nationale beautiful the way I am negli Stati Uniti, il cui tratto des Associations) e ha quale obiettivo quello di distintivo è la capacità di mettere in relazione l'ap- mettere in dialogo differenti realtà aprendo a nuovi proccio scientifico con quello divulgativo e artistico e più comprensivi punti di vista intorno a fenomeni scegliendo una modalità di comunicazione infor- complessi come i disturbi alimentari, l'obesità, la corporeità, la differenza emozionale e mentale. male, diretta e coinvolgente.

Agli operatori socio-sanitari è rivolto l'incontro scientifico Questioni etiche, cliniche e medico legali nel trattamento dell'anoressia nervosa e di altri gravi disturbi dell'alimentazione, è organizzato dalla ASL Lecce (Evento ECM C1867.1).

Le mostre e gli spettacoli artistici concorrono a dipingere le differenti possibilità espressive e creative della corporeità di ognuno, laddove questa non viene ridotta a mero strumento di definizione del sé che risponde a canoni estetici standardizzanti, ma viene intesa come parte integrante e comunicativa della personalità tutta, nella sua irriducibile peculiarità. Molti degli eventi artistici sono organizzati in collaborazione con i Laboratori espressivi del Centro per la Cura e la Ricerca sui DCA (DSM, ASL Lecce). Nell'ottica di una generale necessità di riduzione dell'incidenza e della prevalenza di queste patologie, 'Pe(n)sa differente. Festeggia il tuo peso naturale!' si propone di valorizzare l'unicità dell'essere persona e la bellezza autentica che non sono determinate da un numero sulla bilancia, quanto piuttosto dall'accettazione e l'espressione del sé inteso come unità psichica, fisica, emozionale e intellettuale che ha bisogno del giusto nutrimento non solo in termini di alimenti ma anche di attività fisica e di esperienze sociali e culturali che aiutino a maturare la propria autonomia accrescendo l'autostima. Sensibilizzare sull'accettazione del proprio peso naturale e della propria corporeità può aumentare la consapevolezza circa i messaggi predisponenti i disturbi dell'alimentazione proposti dai media e dall' industria della dieta. La parola del claim 'Pe(n)sa' contiene in sé due accezioni, l'una si riferisce al peso che è determinato da molti fattori tra i quali quelli genetici e che quindi non può essere un numero ideale valido per tutti, e l'altra si riferisce alla necessità di pensare, ciascuno con la propria testa, al fine di elaborare il proprio modo originale di essere nel mondo.

Ciascuno di noi fa una differenza!


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