magazzino di poesia
Elena Ghigas
Scritti poetici
e svergognati
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spagine - magazzino di poesia 02
Elena Ghigas Scritti poetici e svergognati
Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce
Caro Mauro, ti mando questi scritti. Ho fatto un salto a San Cesario una o due settimane fa, non ricordo, e sono arrivata mentre leggevi le parole di Leandro, mi è rimasto impresso il passo in cui diceva una cosa del tipo "su brutti, la natura cussÏ l'ha fatti". Avevo scritto delle cose pensando al Santuario della Pazienza, alla pazienza come resistenza, a come mi sento io quanto torno, e oggi - 2 novembre - che festeggiano i vivi, i morti, i morti vivi e i vivi morti, ho pensato di affidare a te questi pensieri. Un saluto affettuoso Elena Ghigas
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RESISTENZA
C’è un residuo di emolinfa, ancora forse nel rovescio della frenesia del fare. I giorni sono diventati lunghi, si trascinano appesi alle campane con suoni digitali. Sono giorni da insetto accecato di luce velenosa, nell’afrore di olive e vermi alla diossina, tra pietre anemiche che non sono più familiari, né estranee. Il sud è uno stato mentale quando torni, non abita alcuna zolla di terra a novembre, si sostanzia di assenze, è una litania cronica. Scritti poetici e svergognati
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È l’inatteso, lo stupore che unisce l’iride alla parola. La mitologia sveglia della meraviglia è tautologia di lucertole qui. Ma bisogna cercarle, le lucertole non si mostrano a tutti, reclamano nobiltà e hanno ragione. Le visioni dei sopravvissuti della scienza si fermano a Leuca, nell’infinitamente piccolo e infinitamente grande, nel riscatto della piccolezza di fronte alla grandiosità di questa idea di dio che lega insieme gli eoni. Un leitmotiv della storia: prima era chiesa, oggi pixel, qui cicale, bianchezza e morte, senza filosofia. Eppure qualcosa si ostina a vivere, resiste alla temperatura della propria distruzione, è eroina eroica distillata per i partigiani dell’interiorità dell’eros.
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pagina 7
Altrove il tempo non contempla sospensioni, è un tempo che consuma tempo: qui l’eversione si è nascosta nella pausa anacronistica del silenzio. L’abbandono è preludio di fortezze più durature. Il fermarsi delle ore per non ripetersi ciechi, per carpire il taglio fulmineo della direzione. Così, sull’altra sponda, indietreggia il torero, prima di sferzare il colpo. (Mettere a fuoco. Tirarsi fuori almeno un istante. Morire per nascere). Ma qui non si muore, non è difficile vivere da morti. Il dolore è fuorimoda nel tempo della psicologia del benessere, e lo è ancora di più se c’è troppa luce a novembre. Restano pietre senza luccichio nella durezza del sole che scarnifica impietoso, mostra il tempo. Scritti poetici e svergognati
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Ma se in questa luce cruda a picco si fa viva la sensualità degli interstizi nelle pieghe, allora fascinazione acquista il gusto della durata. La macerazione del mosto insieme alle vinacce è diventata pietra filosofale: il piacere s’è fatto finalmente maturo ed è corposo, aderente, per palati educati. Non è contemporanea la bellezza dei vecchi, eppure io (che sono viva?) la riconosco al convivio dei miei amici anemici. Il pittore ci ha insegnato che non può esistere arte contemporanea perché è una parola scompagnata da aggettivi cronici: l’eternità si mostra con discrezione solo a chi si nutre di incertezza e non si ostina a credere nell’autogenesi, l’eternità si mostra con discrezione a volte, a novembre, a sud.
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FILOSOFIA DEI SENSI
Violante aveva due bocche: la quiete azzurra del Tritone e l’eloquenza del Grillo Le bocche erano due linee: il diluvio orizzontale della costanza, la perpendicolare viva mitragliante della presenza Cercava il gesto, la carta per disegnarsi Si dissolveva con eleganza naturale di fronte a tutte le intenzioni Deponeva la matita prima di temperarla Fissava un piede nero al sole, etiope, per la poesia dei tratti Gironzolava nel santuario della pazienza Si curava con il colore dell’acqua un colore di convalescenza, che attende.
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NEL SANTUARIO DELLA PAZIENZA
Nel santuario della pazienza ho trovato una foglia paripennata composta e morbida adagiata al suolo con eleganza naturale Nel santuario della pazienza ci sono uomini con gli occhi stanchi impressionati in iridescenze irregolari dalla violenza della storia colpiti al cuore della pupilla dalle bugie della democrazia Nel santuario della pazienza c'è il mio cane biondo che sogna la libertà Nel santuario della pazienza ci sono tutti i pazienti che non voglio avere con loro mi mescolo fino a confondermi alla rotta dell'abisso Nel santuario della pazienza ci sono molti pianoforti scordati che aspettano di essere suonati pazienti e muti Scritti poetici e svergognati
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Nel santuario della pazienza c'è il colore dell'acqua quando il cielo non è chiaro d'un colore euforico né plumbeo con minaccia di pianto c'è il colore della sospensione come il cielo meditativo sopra Berlino Nel santuario della pazienza ci sono le speranze in gocce sferette di illusione ninnoli di zucchero filato per adulti che corrompono le bocche imbrigliano la lingua in ragnatele dolci sospendono parole frattali tentativi di dire nell'impossibilità del dire Nel santuario della pazienza ci sono le lucertole contaminate di casa mia folgorate dal sole a raggi catodici di casa mia Nel santuario della pazienza ci sono uomini e donne e donne e donne e uomini e uomini e altri infiniti connubi che aspettano un segno di resurrezione dall'essere uno e due uno e due spagine
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Nel santuario della pazienza c'è un altare rivolto all'orizzonte e uno sguardo orizzontale sognante nella linea retta della durata amaro spaventato ma ancora vitale di una vitalità indiretta Nel santuario della pazienza c i sono tutti i misteri e l'unico con il suo naturale nonsenso miracolo quotidiano uomo Nel santuario della pazienza i rosari son fatti di spine e si prega a intervalli regolari con equilibrio e moderazione Nel santuario della pazienza non ci sono bambini non ce ne saranno mai
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spagine - magazzino di poesia 02 Novembre 2013
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Elena Ghigas è nata a Galatina (Lecce) il 26 marzo del 1984. Vive e non lavora a Roma
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