magazzino di poesia
Gioia Perrone
Prepararsi
a tutto Poesie 2008 - 2009
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spagine
spagine - magazzino di poesia 05.2
Gioia Perrone Prepararsi a tutto Poesie 2008 - 2009 (Questa che pubblichiamo, contrassegnata dal numero 5.2 è la seconda parte di una trilogia che si concluderà nelle prossime uscite del “Magazino di poesia” di Spagine La prima parte ,con il titolo “Lettere lontanissime - poesie 2007 - 2008” è stata pubblicata il 24 novembre scorso. M.M.)
Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce
PREPARARSI A TUTTO 2008-2009
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Storia d’amore del cervello e del fuoco La curva dorsale gonfia, la spina fulgida era il mio organo eretto dentro a dare la velocità del fulmine, ti ho detto il demone torna intatto, come il boomerang dietro indietro quando, come un matto spella il naufrago. La papaia calda del tuo cranio pulsa a ritmo di materia ventosa dall’abisso vedo sorgere ora un palmo di mano, ora un pezzetto di voce, ora un nano bieco e non so’ da dove chiama: quella calda cosa arroventata che fa rumore di caramella che da lontano fischia forte che tu spacci per una torta coi canditi che tu spacci per uvetta allo spuntino di mezzanotte è bufera, anatra impallinata poesia di primavera. * Vorrei mostrarti certe mattine il mio petto come un peschereccio pieno di cose che ancora si dibattono di cose azzurre, di un altro mondo. Prepararsi a tutto
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pagina 6
Vorrei fermare tutto quanto farti un pacchetto, un omaggio di questa strana abbondanza che nel letto non lascia traccia nemmeno una goccia di risonanza. Lasciamo che i nostri corpi, seguano il destino dei corpi e facciano la piccola guerra tutte le parole cadranno domani come un buon autunno per caso vedremo ancora luccicanti plastiche tra l’erba della strada a dirci che siamo gazze a darci spunti di poesia. Questo spirito dentro a un tubetto non sta piÚ nella pelle di uscire questo amore umano senza delicatezze ci esplode sui denti come un airbag. Ora sembra quasi che il mio cervello voglia finalmente tacere un moto nudo e muto, noto soltanto alla soglia del cielo: arriva la voce arriva come il vento nelle porte ma noi non ascoltiamo piÚ lasciamo scivolare i calzini e le camicie ci inoltriamo per una strada scoscesa...
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pagina 7
Storia d’amore di Irma e Aldo Al ritorno i cani vagabondi annusano l’erba di aprile. Diciamo a voce bassa che abbiamo udito il grido di Irma mentre cade l’amore dalla torre, perchè non ci chiamino giovani sofisticate, o peggio, giovani intellettuali. (sono solo un cappotto con una persona dentro!) perché non indovinino ciò che amiamo. Oh, tremiamo: non sappiamo più dove guardare da ogni parte preghiamo qualcuno che venga a cercarci la notte, a pensarci è sempre dispari.
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pagina 8
Storia d’amore del cinema russo I cinema in cui ti addormenti, le strade vuote dove nascono le poesie sono la stessa visione. I prati di Russia, le pellicole come le giungle e come il carbone si infrattano nelle unghie, si mischiano al sangue. Ti avrei detto molte volte, come dalla cabina di Carver: ci osserviamo e per un poco non succede nulla. Tutto è prolungato cincischiano gli angoli, fanno paura fanno saltare i bambini come saltano la corda fanno tremare gli occhi come i pacchetti regalo Io non voglio pensare a questo moncherino di coda a questo tasso alcolico pianeggiante che è la passeggiata che ci separa. * (sogno) Davanti all’ospedale dei matti (così diceva il cartello nel corridoio) aspettavo che il medico uscisse a darmi il verdetto e pure in verità che tu, miracolosamente spuntato, venissi a parlarmi. spagine
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pagina 9
(poesia) Ci aspettano giorni liberi sciolti da numeri decadi influssi lunari senza l’ascendente delle ore, del fuoco con l’aria E nessuno che ci dica del tempo e di appartenere a una dimora celeste. Ecco, il cielo di piombo Prono a donarsi, nel mistero senza eguali perché senza mistero: limpido caso godente che nemmeno un appiglio ci infligge ci lascia così Soli. Ho chiesto una penna al barista il mio oroscopo si accascia al tavolino: dice che arriva un’amore. Il mio amore è arrivato da un pezzo a chiedersi cosa significhi essere la tua carne, perfettamente posizionarsi tra orbita e ciglio, sentire come ti arriva la voce. E se muoio, ora per un refolo dì a mia madre che ho lasciato vicino al letto la poesia del cielo aperto.
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pagina 10
La luce è densa e diffusa al mattino, che va dal bianco al panna al giallino sottile. Il barocco è un’abito da sposa una cravatta color salmone, meglio i muri butterati di Via Palmieri: la percorro come si scrive una frase ricurva, impervia, difficile da spiegare a un bambino. Solo quest ’ora solare è perfetta per voler bene alle strade, per voler bene un poco a questa città. Si fa osservare bene, il muratore e l’indiano hanno uno sguardo maestrale. - Questa è la Chiesa di S.Luigi! - mi fa uno che sbuca, uno sulla sessantina. - Deve vedere dentro quant’è bella! Ed è chiusa da anni! La sera scende e le vetrine sono tutte uguali. Non è più nessuna città, piazza Duomo si riempie la bocca di parole coi fari sparati, Santa Croce è una epidemia latente di prodigi vanitosi. L’Orient Express è un treno che fischia e non parte mai mai lungo via Palmieri senza luce. - Questa è la Chiesa di S. Luigi - mi dice il signore grigio e il sorriso allungato - Si la conosco questa Chiesa, e deve vedere all’interno..! - gli faccio - Ma che dice, è chiusa da anni! Lei è di Lecce? Io sono di Lecce - Sì... senta vuole dire qualcosa alla mia te spagine
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pagina 11
lecamera? - mostro la telecamera. - Nno... io non sto bene con la testa. E poi con le cose che succedono…!Ieri un ragazzo si è buttato di sotto, dal balcone, verso Porta Napoli! La sera invece sulla via che porta alle vetrine e alle grandi firme e agli uffici di quelli messi bene, c’è uno che da anni è seduto solo, guarda il vuoto, anzi a volte si copre la faccia col maglione così non vede più niente. Nel bicchiere davanti a lui ci ha messo una pietra. La sera invece e poi la notte percorriamo tutte queste vie. Certi giorni non si può camminare dalla gente. Certa gente in certe vie sfuma in un ombra. Certe vie quando non c’è un cane, eccetto un cane grosso e peloso di nome Mina, fanno paura di notte. Ci sono i fantasmi delle vecchie insegne. Forse i poeti sono vivi, ma la poesia non viene in mente. Solo quest’umido e i segni dell’inverno che è passato. Un lungo lungo inverno, come il collo di una bottiglia da trequarti. Di cani tanti, certe sere, e facce di studiosi puliti, e fregnacce di volantini per studenti, un negozio africano chiuso per lutto. La città a memoria, la città ruota di criceto. Tommaso di notte piscia per strada, si abbassa i pantaloni vicino al bar ricolmo e la fa così. Poi comincia il suo discorso complicato che se lo porta via il vento. Nessuno può salutarlo. Tutti possono salutarlo men Prepararsi a tutto
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tre piscia per la strada e parla al vento. Ciao Tommaso! Ma dove sei finito? Perché pisci tra la gente? Perché cazzo pisci, Tommaso, tra la gente? - Con le cose che succedono... si è buttato di sotto, così giovane…. E poi io sono emotivo. Che ci devo fare? - mi dice quel signore nella luce. Mi saluta. Sparisce. La telecamera filtra la notte. Le pietruzze marce finiscono in posti oscuri dove un poco le senti cricchiare, solo a un certo punto, dove le strade sono più scure, spalmate sui portoni di locali chiusi per fallimento, e sotto ai piloni di cemento delle zone a traffico limitato.
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pagina 13
Storia d’amore del silenzio e della bambina Sull’erba i fotoni, lo sai vanno giù bene come alcune canzoni: ora preme il dente del sole sulla pelle dei prati così che ne escono 100 papaveri l’ora. Dovrei desistere con sano disimpegno alla parola. Fare la poesia del silenzio e passare in rassegna le finestre bianche cogli incroci orizzontali e verticali. Non cercare altra vetta più somma che la semplice linea che si tocca: il bianco e la visione attraverso. Oh, respira! ti trovo unico grano di suono nel vaso di vetro verdone nel tuono coagulato della storia del partire. Era la storia della bambina, non fatta in tempo a uscire dalla stanza della porta sbattuta più volte sulla testa la festa occlusa degli occhi, se vuoi puoi bagnarti del platino lucido, le plastiche del glamore violaceo sono bruciate come incensi all’altare pettinate scrime di venticinquenni. Sto stancando le parole a dire - parto Prepararsi a tutto
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che vadoviadiqui e ovunque si dirama una pupilla assolata uno spicchio, una ironica paura. Lontano, noi disegnati in un fumetto, pronunciamo cose che riguardano la meraviglia nuvole di fumo ed esclamazioni lontano. Ecco sto per perdermi ho dimenticato gli intenti sento ancora frusciare un po’ di innocenza sento ancora il sorriso che vuole suonar lenti dirigibili sorvolano gli occhi.
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Storia d'amore della notte evasa Non mi ingannano i forni della provincia: i biscotti già prendono a gonfiarsi, si alza l'odore e sento che da quest'attesa nascerà la poesia della notte evasa che si cala giù sulle tempie tali e quali a praterie. Cancellerò molte righe, nell'insicurezzapenserò che è il momento, poi esiteròmentre tutto è già accaduto e bevo l'ultimo sorsomentre la stupita orbita degli occhisa che dovrà separarsi dalla visioneil mio piede e la mia mano tremano automatici e raccolticome si canta un inno.come si inceppa un tasto.
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Storia d’amore del resoconto e del verde E alla fine ci siamo accorti di quanto il verde ramarro era entrato in noi? a furia di mimetizzarci sui tavoli, dove ancora molecole come arazzi ronzano spettinandosi in mille fantasie, dove ancora gira la slot degli occhi arborei e dove giungle iniziavano canzoni. Gli animali che ho sognato hanno code lunghe, scimitarre baffi obliqui o pance arroventate: questo era il souvenir del giallo grano e strade per le città per le vite non ancora consumate. Questo era anche il nome dei figli vagabondi non arrivati con uno sguardo appena flebile, seppur intatto poi il cranio spelato dell’estate chiude il verso l’asfalto esala odori fin sopra le narici, ogni cosa comincia la sua sparizione io sulla panchina, penso a queste cose insieme.
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I cani attraversano tutta la campagna annusano l’aria la direzione esatta sbucano infine sulle statali si schiantano con le ruote anteriori delle auto in corsa chi sulla nuca, chi lungo la spina dorsale: rimangono distesi per tutte le ore necessarie a sciogliersi sotto il sole per le formiche avide e per i miei occhi umidi di sogni sul pelo dell’acqua appena affiorati gonfissimi annegati giovinetti nudi. * Sarebbe tutto normale sotto questa tangenziale to love Somebody senza dritta e nello stereo (solo vuoto giallo solo la lucertolina della pineta la telefonata dalla voce sommessa di Vito che “è meglio se mi opero le emorroidi” proclama.) senza questa voglia di vomitare nel mare, denudarsi! Vomitare! Prepararsi a tutto
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auscultare il verde silenzio senza piÚ richiami spifferi ammiccanti, allergie, ammutinamenti toracei Sarebbe tutto al suo posto, se non fosse che certe sere piove anche sotto certi portici e sembra che non si possa parlare, dire il miscuglio che un attimo viene lento violetto poi indaco e pure sembra di essere una certa marca di apparecchi registratori per maree e visitatori occasionali Sarebbe tutto regolare se solo non mi avessi lasciato questo codice impossibile quest’ assenza di rabbia ossessione in un deglutire questo viso sospeso per le strade che mi porto questa allegria di un attimo che non fa arrossire.
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L'ultimo incontro Dentro è l’arnia puntuta il tuo muso a scavare per cacciarti dalla bocca ho spinto sul motore ho volato ma io non sono una donna più un insetto e il rettile che se lo divora più il gesto del nuotare a pelo di mare poi giù, con la lunga coda come quelle creature dell’alba, senza orientamento. C’è una natura che mi fa stare sul fondal temere il pendio cambiare colore alle branchie… Un attimo dopo lo sciame andava in fila come lontano da me. Gli occhi di tua madre implosi di umido e dei piccoli gesti della vita intera, erano grumi specchiati di forza mentre la tramontana faceva suonare tutti gli uccelli del giardino come sonagli inventati dai maghi per far ridere i bambini. * Prepararsi a tutto
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Dopo, quando mi siedo al tavolino del bar corniciato dalle piante anonime davanti al Marrachesh Indian, non trovo piÚ il senso di scrivere la storia. Certo nel camminare il pensiero scrive, in qualche pagina insondabile e immediatamente archiviata nel profondo, tutta questa storia. Qui seduta non so dirla, la storia che chiede di essere autentica e chiede cortesia e aderenza come i passi, con un filo di palpebra non si dona che al pensiero, come la scrittura fosse solo un bamboccio latino in cerca di un trastullo. l’alluce fa le prove, fa le piroette, per vedere dove inizia il dolore. Intanto sta scendendo il fresco e tutto è amplificato. Le vene hanno desiderio di una musica. Ma se solo mi accorgo di avere di nuovo sembianza, come svegliata, mi sento morire: cosa avrai pensato lungo l’autostrada? Il grigio sfrecciante tra le nostre corsie corrose da cani schiattati dal viola imperturbato del cielo e da una lunga curva calma di coltello. Se solo potessi ancora sentire le baler nelle marine tristi, tra la gente alienata la tua immagine allora non mi farebbe spagine
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paura. Sarei ancora la bambina felice Sarei ancora un piccolo frutto. * Anche solo un nocino oltre me ed è la muraglia: non potrai capire, ma una campana suona e io corro amore, e un dito mi tocca in mezzo alla fronte. * Riconoscerei la tua testa in mezzo a mille teste di cuoio di verdure di flora sopra la fuligine di corde di chitarra e la bruma che attanaglia e sopra piÚ sopra dove la carjoca era mollusco giallo e il tuo amore sonante gallo.
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La lunga estate calda All’alba di quel giorno ero diventata la dea verde delle chitarre elettriche la dea bambina della macchina battente e tu la telescrivente tim tum del sole che sorge e il messaggio era chiaro nel brillio mastodontico del piombo e del viola Sconvolti, il mare non bagnava le tempie, asciutte e rigide pronte all’attacco a distanza guardavamo il sole meno acceso che noi a sbattere i pugni senza piangere nell’acqua agitata a pigiare l’uva salata del nuovo mare Il primo capitolo dell’estate calda faceva così... dobbiamo accettarlo dobbiamo accettare l’imprevedibile e la natura sciolta di queste viscere da dei, la scelta è fatta. Tieni la scelta. Tienila tesa nel vento! tieni la lacrima prima, la prima lacrima nubile, la prima lacrima azzurra! tienila tesa all’interno. All’interno. spagine
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Che non esca niente, ancora non è un incantesimo piacevole. Ma tieni tutto ben teso Presto sarà come fare pipì come lasciare andare il fiato, tossire bene in pubblico: Sei più felice? Hai vinto la meccanica? Sono una Dea con occhi mezzo azzurri, con fianchi che ballano ancora però, fatti piccoli, oggetti innocui (non fulmini, terremoti, non lunghi tagli cinesi) scatolini, rotelle, fogliettini, cose improbabili usate per giocare una sera sferrano colpi su colpi su colpi mi sento mancare.
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TRANS - EUROPE – EXPRESS (poesia su musica dei Kraftwerk) L’assenza è ancora un evento tremulo una scheggia del soprassalto ora mi prende una paura che anche questa minima cosa enormemente, possa finire. Ognuno guarda altrove, in una camera diversa la luce colpisce il taglio degli occhi le fronti spropositatamente alte: guardo uno ad uno i volti plastici dei Kraftwerk con le scrime umide e di lato con guance rosee e artificiali sulla copertina di Trans-Europe-Express... Europe endless è una laboriosa purezz statiche foreste mentali verdi sopracciglia da supereroi. Ho mutato l’angoscia in puro elio triste. Come ti dicevo, sopraffatta come sono dal vedermi vivere non è più la questione di dire o fare qualcosa di giusto per me (domina la scena, la sua geometria) non importa quanto fa male ciò che pensi o dici: da una poltroncina trasparente, sospesa più in alto spagine
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guardo pensiero, posizione, dinamica. Se mi uccidi ed è bello, io da lì, guardando, approvo: il cinema vive una vita autonoma. * Una porta sbatte e sei tu con la coda abnorme che ancora scuoti i muri di ogni casa dove credo mollemente di abitare. The hall of mirrors sono le onde crudeli, quel cupo amniotico dove si ha riparo dalla spietata opalescenza del vero arcobaleno. Cos’è il vero arcobaleno? É il sangue che amiamo far scorrere è il dolce sorriso con cui abbiamo ammazzato l’innamoramento con cui camminiamo per le strade! perdonateci! non possiamo che essere nudi, qui, davanti a voi. Questo muro liquido è il buco di commozione in cui cado pensando al nero che ti porti, alla ninnananna sporca senza azione. * Showroom dummies è le labbra sottili Prepararsi a tutto
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da rettile che ancora guardo sulla copertina: iniziano a parlarmi nel loro disegno pur dicono la violenza di certecosebanali che minano l’equilibrio dello stomaco ci sono vanità certi gridi foschi dove sguazzate cercando di arrivare! ma dove volete andare! statevene saldi, se potete, in una silenziosa calma scomposta modestia. alla somigliano che di quelle Cristo! La notte usciamo senza museruole così come un ricordo, mi arriva Trans Europe Express una elettrica acconciatura da mutante di cui ci vestiamo cambiando colori e forme: ridiamo al punto da essere pure locomotive gettate nel buio e da uno all’altro pizzo della pianura arriva l’attimo in cui ognuno sente questo suono lungo e ognuno sorride di paura ma tu non avere paura non avere paura non avere paura di me. La frenata di un treno ci risucchierà, avremo ossa scheggiate e potenti spagine
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nulla saprà come svegliarci! * Dio, quanta brava gente mi parla le parlo e non sa in che mondo di metallo mi sono cacciata Metal on Metal. Metallo facile, metallo leggero l’assenza è metallo e aeroplano tutto pompa più veloce, quando è bui sento il tuo ansimare, quando è luce tutto il perimetro delle cosce pulsa a ritmo della cosa che sai della liberazione che sai! Ora sono sola, dritta come un’antenna sottile come le cravatte di questi giovani tedeschi dalle mascelle scolpite, i nasi regolari: vorrei bagnarti con saliva della metamorfosi per farti vedere i suoni del metallo e sentire la carne dei fiori... * Franz Shubert è la pioggia che ha in guazzato tutto. Una debolezza viene lungo le dita viene voglia di lasciarsi ricoprire dall’erb come un copertone abbandonato alla gita con pic-nic del 1970 Perché piangi? Perché ho un po’ di arretrati. Perché non ci sono? Prepararsi a tutto
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Perché esserci è essere ben interpretati. * Quando è arrivato settembre la bestia non smetteva e non smetteva di alitare aveva mille specchietti e rossetti alcune alucce d’anatra appena ingerita al ciglio delle labbra. La bestia dello specchio non aveva mai sonno aveva deciso di costruire la strada, ed ogni cosa che passava sugli occhi non alterava il progetto. Un giorno le ho domandato cos’era che la teneva dritta come una formidabile spina: - la lucidità vaga - mi ha risposto. * Ogni giorno, in questa nuova casa, che è una vecchia casa dai vetri del terrazzo tetti color panna, antenne in equilibrio, una palma lontana che è tutta scompigliata da questo vento. Tu sei il fantasma d’indaco seduto al tavolo Guardi con me fuori, verso la palma che dondola non diciamo niente non possiamo sentirci. * Questo luogo della mente diventato un verde spagine
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di boati un Vietnam di istanti eternamente caduti ad esplodere è stata la rivolta è stata la salsedine è stato l'indice a ridurre a icona è stato il mancato morire per un pelo per il troppo ridere e l'assideramento (vodka lemon mischiata a birra nove gradi). Questo luogo della notte in cui ti ho lasciato è stata la rivolta è stata la rincorsa la risata della linea appena sotto l'occhio la mente - camera grandangolo acquoso sui moti vede la scena scritta a pelo d'aria. I fantasmi delle case si strusciano alle porte hanno code come i gatti, morbide lungh segnano il confine di questa solitudine tra me e la lampada accesa cercano di parlarmi, cercano di amarmi con tutte le loro flebili forze.
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Ora l'anello di fuoco è limpido e stagliato, con un salto "OOP!" si passa attraverso! “Non esistono consonanze, ma solo dissonanze coraggiose!” (Jek, novembre 2008) Era di più che l'ottimismo. Era una gioia ammalata l'oro della pelle baccello per le viucole carnali della vita spettacolo. Come era difficile quella chitarra elettrica che si librava ondosa sopra le teste! ...e pensavamo che la vita fosse una caduta con rete sotto ...e invece era un planare adagio, senza fine. La luce mentre balliamo e poetiamo col martello facendo fiori di carta ai tavolini dei bar erauna bestia tremolante e finalmente si fermava lì proprio nelle nostre mani. # Dietro le porte nei sogni, striscioline di sangue: Tu non vuoi vedere chi è morto nella stanza spagine
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mi dici –andiamo - e così andiamo via. In certi stadi del sonno posso ancora ragionare con chi nemmeno mi chiede più il numero di targa il nome dell’assicurazione, o che ne so, che si lamenti del colpo di frusta. Una botta, è stata una botta tra l’estasi del superuomo-fata, l’uomo farfalla, la scarafaggia incline alla psicosi e il nostro nostro fegato pulsante e appigliato il nostro fegato in comune, avvolto nel pensiero dell’autostrada e dell’alba e incastonato nel suo cuore, il Suo, noi cristalli puntuti sappiamo a memoria il tono di quella voce, della crisalide e del battito feroce e cosa è stato e cosa è rimasto immutato. ## Vira pilota - dice la canzone che non scalfisce più mentre dall’alto come una campagna russa gialla e di bestie spappolate - piuttosto che darvele le ammazziamo! - gridano i kulaki Piuttosto che dare le lacrime date il silenzio Prepararsi a tutto
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miei dolcissimi triturati inconsci passati, morti sotto un autobus Bologna-Venezia miei dolcissimi delicati accostamenti, più che una vita ebbi un chirurgico intervento a cervello aperto ma ora ho ricucito ogni cosa. La mia pelle è incorrotta (pensavate che dovessi cantare una ferita?) No! No! Canto lo strappacuore sotto il tintinnio dell’apribottiglie! Canto la violenza vegetale del sorriso che si apre sulla striscia di luce. ### La sera nelle poesie viene in un balzo è la tigre plastificata e sospesa (lei non è lì a ricordare un bel niente è li perché ha un bel colore, signori poeti, e perché è meglio una tigre che un fottuto scaccia spiritelli orientale) E allora le punte dei pini ci fanno la ola sottile ci fanno la movenza di antenne percettive così che possiamo arrivare al pensiero del fuoco e i suoi occhi bazuka e grida : -Oh molle rimuginìo! Non sappiamo cosa farcene! E poi le parole finiscono ma solo il tempo di respirare. spagine
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#### Potevo vedere negli occhi, pelami di rami se solo mi affacciavo se solo volevo fare un esercizio di immunofelicitĂ . Brulica ancora tutto come lo avevamo lasciato a pochi giorni dalla battaglia di Algeri e nei treni che partono da Parigi, i cinesi si tolgono le scarpe infestando il vagone ma tu non temere una grande esplosione (leggi un romanzo e non pensare!) il paesaggio si culla e poi dorme tranquillo davanti al treno del tuo spavento la notte ha questo sonno leggero che una sillaba riesce a guastare.
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Quanti amori sono morti, piÚ tardi, molto piÚ tardi quando noi convincevamo il negoziante al contratto conveniente o a volte, girando le strade per bancarelle a un euroecinquanta a libro (che pensiamo ad un volto, alla vecchia strada di casa alla vita cambiata alla gabbietta per gatti alla donna argentina che ci insegnò a camminare) Ecco, sotto a un treno oppure un'asfissia da caldaia rotta o un' epatite virale, un nonnulla. Loro han creduto di avere una visione di luce una lunga diffusa carezza una indicibile freschezza frizzante nessuno ne ha saputo piÚ nulla.
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spagine - magazzino di poesia 05 Dicembre 2013
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Gioia Perrone è nata a San Pietro Vernotico il 9 giugno 1984 vive e lavora nel Salento
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