magazzino di poesia
Gioia Perrone
La razza
della luce Poesie 2010 - 2012
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spagine
spagine - magazzino di poesia 05.3
Gioia Perrone La razza della luce (Questa che pubblichiamo, contrassegnata dal numero 5.3 è la terza parte di una trilogia - di 2scritture gettate nel web” da Gioia Perrone - che si conclude con questa uscita del “Magazino di poesia” di Spagine. La prima parte, con il titolo “Lettere lontanissime - poesie 2007 - 2008” è stata pubblicata il 24 novembre scorso. La seconda parte con il titolo “Prepararsi a tutto - poesie 2008-2009” è stata pubblicata il 15 dicembre 2013 ) M.M.
Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce
Plancton 2010
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pagina 5
Ho un minareto un acquario di plancton una micro coreografia che avanza, fa piccoli passi il moltiplicato esercito americano inconsapevole del grande musicale tip e tap e tip e tap mentre scorre “by this river” mi sento strana. * Un giorno ti racconterò della guerra d’Abissinia mescolerò i deserti e i silenzi delle foto chissà se starò sfavillante o rintanata confonderò la distanza galattica a quella di una vecchia telefonata e tu sarai la Luce documentaria. * Ora sei l’armata genetica tutto quello che abita dopo l’abitato anche dopo gli sfollati anche dopo i deportati e io non sono più poeta, sono la medium dell’Hammond e tu il coagulo dei musici. * O tutto. O niente. Così si scrive. Così si vive. La raccolta differenziata giace gelata nel bagagliaio. Plancton
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pagina 6
* Si sente solo il brusìo costante del dolore inferto e avuto. La faccia di Rodolfo Graziani e Monica Lewinskysi alternano con casualità comica. Questa giostra di icone è la vera vita interiore. * Intorno a noi le stanze serrate abbiamo si, scritto romanzi d’avventura appesi all’appendice nei bar pieni di voce ma anche inventato il vuoto dello spazio circoscritto miliardi di oggetti simpatici dalle forme curvilinee sono diventati la fauna di questo vuoto inventato. *** «Vedete questo puntino intermittente? É il cuore che batte». Come la lucina di un aereo lontano di notte, mi hai detto. * Quando muoiono le eroine dei romanzi altrui, dove vanno? A Parigi. Come tutti i morti del resto. Sono tutti lì a Parigi. * spagine
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pagina 7
Prima sei un indizio, poi sei un’immagine, poi sei un suono, poi sei un immagine. * Un serpente marino e un gatto simile al mio, ma bianco e d’oro partorivo nei sogni. Una cosa che bisbiglia diceva «Stai attenta agli alberi segnati in quest’aiuola, sono velenosi» ed io mi scostavo, e mi univo al gruppo di gente. Mi svegli nella notte, prendi a tiro la mia guancia, non la lasci finché non ti dico : anche io, amore mio. * Non dimenticherò mai l’inizio di questa vita: seduti nell’estate fottut sulla spiaggia, 10 grammi prima dell’alba. * Penso a quando il mondo era un treno che aspettavo sdraiata sui binari cartelloni pubblicitari, alti come mulini, sponsorizzavano “MARTINI” * Petrolio. Gasolio nero. Anatre zuppe. Anatre dal becco storto, quasi morte. Plancton
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pagina 8
Questa non sarà la storia della buonanotte. * Fin da ora tieniti forte a ogni istante il sangue scorre, è un abitudine: tu che ancora sei compagno della luce vieni vieni al buio, al nostro buio pazzesco. * Mi hanno detto che la vita cambierà ora. Non avevo dubbi, cambia tutto posto sempre. * Un giorno saremo diversi. Avremo un appartamento con 4 stanze, musica latino americana alla radio, un altro lavoro. Un giorno saremo gli stessi. * Chi non salta è poeta! Perché il poeta è il meno poeta! Un polpetta è ! Una polpetta che crede di essere un sole. E invece è una piccola polpetta.
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pagina 9
A tavola, io mio padre e mia madre. Io per gioco taglio il volto di mia madre con un coltello, lei non si fa niente, lo taglio in varie parti come fosse una torta. Non esce sangue, non succede nulla, come fosse una torta. Mio padre è solo un po’ contrariato, e mi dice, no che fai…! Ma lo dice come avessi versato la bottiglia di vino sulla tavola… (Sogno notturno, anno 2007)
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pagina 10
(...) Devo riconoscere ogni cosa e nessuna cosa è dove l’avevo lasciata. Tutto è nuovo, tutto è imperfetto. Ci sono i bambini che correvano sul marciapiede di fronte l’albergo. Dalla stanza si sentivano le grida i giochi. Io aspettavo alla finestra che il bambino sbucasse correndo e poi un altro, allora scattavo. Li ho fermati a mezz’aria, come grilli tutto gambe, solo i piedi, piccoli piedi, si vedono nitidi. (Stralcio, anno 2007)
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pagina 11
Il posto vero, fisico, è un'altra cosa. E’ un posto che non esiste quando il sole tramonta, perché la mia pellicola non è così sensibile. Mi ricordo con ricordo doppio, ma niente di esatto e di chiaro, solo questa chiara sensazione che siamo in due in qualche luogo a pensare, a ricordare l’esperienza di esistenza, senza immagini nitide. Poi niente. Al risveglio come sempre la lampada era accesa. (Stralcio, anno 2008)
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pagina 12
Ho sognato che arrivavo in stazione di sera e chiedevo per un treno per Lecce. Seduta all’esterno del vagone con altri rischiavo di cadere giÚ col treno in movimento, ma mentre scivolavo altri mi hanno acciuffata. Poi fermata che era mattina in una stazione sul mare, piena di luce, insieme a turisti e bagnanti. Aspettavo la coincidenza. Mi dicevano che per salire sul treno dovevo bagnarmi in mare perchÊ le rotaie erano dopo un tratto di acqua. Dove stavo andando? (Sogno notturno, anno 2007)
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pagina 13
LA RAZZA DELLA LUCE 2011-2012
pagina 14
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pagina 15
Rialto Solo l'acqua è nostra sorella. il destino dice croce sulle strade in croce. Ne valeva la pena distruggere tutto. * Archivi, ispiratemi! vi mostrate schivi, o avvolti dal pornografico alone vi librate vivi, senza nome o la vostra data ultima stanza del sangue è semichiusa, creduta morta. O la vostra luce soffia che il vestito muove Mi fermo e voglio ancora quadrato al quadrato pazzia fermata, fermati! In semisogno sorrido sono tutti voi, sono viva sono l’appartenenza sono la morta che si specchia sono la vecchia magia affusolata offuscata teenager. Non aspettavo altro da vedere una e tutte ho chiamato l’altro mondo: ragazze sorridenti, hostess, ginnaste tutte a ripetere il sigillo della razza della luce. La razza della luce
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pagina 16
DieFramma Ditemi ora come farete col sushi del venerdì - le maree dipendono dalla luna e anche rune, dune, pietre ovali non dicono che poche storie Bukowski fuma e anche tu fumi e non la smetti mai io vi guardo e sento crescere l’ipocondria e la felicità. Ditemi come faccio a trattenermi ditemi finalmente che sta sul serio arrivando questo vento e datemi un gobbo perché io legga bene il cubitale arrivo della prima estate di nostro figlio. * La verità è che ho una fottuta paura dell’home mode movie; i filmini di famiglia sono una mina per me ed io, senza appurare alcun motivo certo, mi trovo a fare d’artificiere, con questa paura qui su per l’esofago e su per la lingua. L’immagine sgranata, dove noi come cartucce usate, eppur sempre sigilli di spari e pur sempre eco di momenti pullulanti) frantumi di passato che vanno per la stanza come sonnambuli attraverso lo schermo, come luce strapassata di stella spagine
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pagina 17
attraverso il nero spazio, arriviamo al nocciolo che duole; sotto le gengive del tempo che rimane, sotto le coperte oculari del nostro fottuto cuore-baluardo.
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pagina 18
Non sapevo di L. Io da qui, da questo posto di latte dove mi trovo, da dove aspetto ogni cosa, dove veglio il sonno e dove si mischia la gioia le feci la musica, dove la e congiunzione è un equivoco dove il demonio ha perso la strada e la vita è felice e piena di mancanza, un aerostato. Da qui dico, dove alcune cose non si aprono mai più e alcuni frammenti tacciono e sorridono perduti per sempre dai loro recinti sparigliati meschini e senza cartelli, non sapevo che L. era morta e che è sottoterra da sei mesi buoni, che stava già morendo da viva mentre io aspettavo mio figlio che stava ancora nel buio e nella mia immaginazione e nei colori e l’incarnato che è il mio stesso incarnato: mentre io mi incarnavo e aspettavo, quella signorina delicata, quella signorina leggera e colta e distinta, quella signorina piena di dolcezza coi capelli castani cercava le parole buone per dire al suo figlio nervoso al suo figlio impaurito Che non è niente/Che passerà/Che succederà qualcosa di bellissimo/ Che a scuola avrà molti molti amici. Gli Ofisauri non sono affatto una specie estinta, nemmeno però siamo qui a pettinare ispirazioni fissando il campanile una domenica mattina: con delicatezza spagine
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pagina 19
deflagrerà lungo lo scarico acquoso del sorriso-bomba (ero una colombella, una colombella innocentissima!) Questa poesia mi servirà a riempire lo scarto la distanza di questa luce e poi anche (forse) l’idea della terra sulla faccia. Coi piedi nel latte aspetto di fare questo e quell’altro solo dopo che lui si prende il sonno piano piano….
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pagina 20
Penso sempre Penso sempre ai morti alle mani sottili dei morti alla strada scalcinata tra loro e il loro amore perduto a quella buca dove inciampiamo. Cerco sempre nel cielo un movimento un impercettibile segmento che non mi so spiegare: in quell'incerto distolgo gli occhi e sto meglio. * Orrore e colore questo vedono gli occhi e vedranno. Si slargano al buio perchè cercano il tempo non hanno appigli non hanno mai risposta nello spettro un sorriso di tanto aspetto e aspetto e aspetto * Stai qui sul mio petto fuori lampeggia qualcosa.In cucina la bottiglia vuota è sfiorata dai fantasm ilontano nella neve qualcuno grida forte lontano nel tempo qualcuno piange piano qui, se metti orecchio nel mio seno custode delle cose prime. spagine
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Stai qui senza paura, stai qui all'ascolto ti carezzerò cantandoti qualcosa. Se iniziassimo a salire. Risalire nel buio tagliare l'oscuro fino all'apice pistillo come piccole cavallette sugli steli ondulati, potremo ambire allora, al chiarore? Se invece di cambiare discorso io finalmente riuscissi a fare il fottuto discorso della morte, e così magistrale e pulito come falena lo fa quando secca al freddo della notte. * Se la luce ci colpisce se è la luce a colpire se è il nome che da alle cose a quelli che poi le guardano, sarà lei la morte buia? Sarà poi questo colpire e colpire le domeniche di gennaio che ci fa finire? Corpo a corpo sei venuto alla luce la finestra che si apre è questa cosa la pelle le mammelle-veliero che succhi che erano astro-navi delle ombre ora piccole sfere nel lago della pazienza. Sotto rosseggiano le creature pesciolut non nostre come nella poesia di Palov gitano tra i filari - Lì si celebra il giorno dell'errato e del contaminato ma questa è un 'altra poesia è la poesia della luce e dei colpi che ci da addosso. La razza della luce
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Poesia del piano Sto imparando il fare piano poggiare il tallone e la pianta una transiberiana dalla camera da letto al soggiorno una transiberiana rumorosa tra Via Coniger e il bar delle riunioni alcoliche. Ora è tutto spirito è il momento di farlo di fare piano piÚ piano L'arte di non svegliarti è simile al passo guardingo di chi vede il passero fragile e limpido posarsi ed ipnotico s'avvicina s'avvicina prima che voli.
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Poesia del salto Scrivo perché sono i morti che mancano perché il salto è infinito e senza un gancio e siamo tra ciò che è atavico e quel che stiamo cercando ed entrambe le cose amiamo.
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Poesia d'origine Ora le origini non sono pi첫 cose incarnite, cornici per fotografie ferme ferme, scritture col passamontagna. Ora che la casa non ha pi첫 allegria ogni tanto galleggia il tuo sorriso come da qui si vedono le sagome dei monti d'Albania. Ora che non sei invecchiata questo no, solo lontana, ingoiata sulla scia ostinata.
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Poesia dei pesci Tu prendi i pesci strappati dal mare e l'aria che manca, lo spaesamento. E prendi l'amare come si torna al di dentro e l'aria che manca, lo spaesamento. * Valgono come orme i colori delle t-shirt e di passi ce ne sono sulle litoranee ai guard rail disastrati ai ciuffi verdi bruciacchiati Non fai che limare questo picco di calze smagliate buchi bianchi dove ancora non si scrive, non fai che scoprire dalla risacca i segni di conchiglie, non fai che smaltire i quindici alcolici sogni poco edificanti del cuore e ci lasci nel troppo sole in una trasparenza senza eguali.
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1. Il campanello del camposanto ha suonato all'imbrunire, i morti dovranno affrettarsi a tornare all'ovile. 2. COSA FA LA POESIA - Mi fa segnare parole in fretta sulla carta del giornale e sulle buste del pane; - Mi fa congelare sulla rubrica "casadesign" appesa all'orologio della fotografia, che segna le cinque meno un quarto, per quella sua luce perfetta e vaga, dalla finestra della fotografia. 3. DOVE SONO I POETI Valli a trovare! Metti del pane nelle buche degli scogli, usciranno come escono guardinghi i granchi color mare. 4. La domanda nel vuoto. La distanza dagli occhi. La fame del pane 5. Da piccola avevo paura della parola "poesia", si scrivevano parole in fila, ebbasta. La poesia non si toccava! La poesia era roba altra, roba alta, lontana. Mai nominata, la poesia. Solo capogiri, spettacoli di strada, benzina per fachiri. Ora la parola "poesia" la lancio in aria, la segno, la fermo, la giro, la soffio e la faccio spagine
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allontanare via, dove capita. E mi sembra giusto. (PerchÊ mi ha dato e mi deve non so chi è piÚ strozzino) * I morti della televisione si sono persi in qualche strada dei nostri sogni. Nel punto migliore della notte sorridono come turisti intelligenti felici di tradire il tragitto del touring. Quando moriremo andremo nel mezzo di una diretta grossi fari accecheranno i nostri occhi, qualcuno ci metterà della cipria fino a farci scomparire, poi si aprirà una porta e senza che nessuno ce lo venga a dire irresistibilmente ci incammineremo nei sogni dello sciacallo e del burbero del puro e dello strozzino del bigotto e del socievole del frocio inconsapevole, del guerriero, del musico, del deficiente.
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Poesia della fine in sogno Universitari stesi al sole su terra soffice ed arata come lucertole che si crogiolano, come neri di Harlem senza poesia che li canti. Capelli lunghi e morbidi terra soffice sole caldo, giovani al sole in un campo di sole. All'orizzonte esplode un piccolo fungo si irradia nel cielo il fungo boato e la luce schizzano migliaia di punte nere nell'aria disegnano un arco ricoprono il cielo ricadono a terra, soffice terra infilzano i giovani distesi nel campo punte nere su maglie chiare come lucertole che stanno nel sole, come neri di Harlem senza poesia che li canti.
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Poesia lungomare Dopo quello, scarpette perdute, infanzia dei fiori nei bar: vetrine di donne finte che indossano vera biancheria hard da donna nel saliscendi di Lisbona terrazze di Alfa ma ghirlande di Alabama. Non ho intrapreso che una strada intorno ad una strada ho camminato dentro l'indovinello e per districarlo ho piegato fogli nelle tasche e non ho spezzato alcun fuscello alcun verso semmai dimenticato l'essenziale Fotografie di te mio amore che sei John Wayne in un quadro di Hopper estroverso puro, verde blu davvero (Costantinopoli è una mosca nella tequila ormai) e sfiorandoci e ridendo ignari dentro a quell'altra vita insieme e dentro a quel piombo di pistola che per me ancora s'incurvami spara ad ogni sogno. Dopo quella rappresaglia, quel terraio Portogallo, ma tutto chiuso dentro a un giorno, pochi giorni, un gennaio dato in pasto agli urli, ecco, dopo questo, arrossisco ancora e ho perso troppe braccia d'altri e troppi strapp itroppi pugni la brezza nell'aiola, nel salmastro colossale del mattino. Se Ilaria mi guarda da dentro a un tubiccoloio sono quella con la gonna a fiorini, sia chiaro anche a quelli che non hanno capito da che parte guardare! Sono quella lungomareIlaria sa decifrare, lei anche donna-lungomare fino a quando La razza della luce
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non finisce il lungomare, lungo qualsiasi cosa ancora torna e mi da cenno, ecco, arrivano i morti, gli assenti, gli scriventi, i senza vocali strozzati, arrivano quelli coi baffi e coi pugnali le telescriventi le senti, gridano "I LOVE U" come facevamo noi, un giorno fa torna allo schermo, torna a Sorrento dammi in mano il tempo. (per Ilaria SeclĂŹ)
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Poesia dei dieci anni Dieci anni fa ero un'altra creatura ed era un inverno senza senso un inverno falso. Si poteva stare in riva al mare con addosso una giacchetta e tutto qui Si poteva iniziare a scrivere qualche poesia e tutto qui. E ancora non si sapeva e iniziava la lunga discesa la lunga abbagliante discesa verso il giorno in cui ci saremmo dimenticati di tutto eccetto forse un insolito caldo, un caldo falso falso dieci passi fa. * Eravamo sfacciati. Era come un particolare tipo di bellezzalafacciatosta. Facevamo l'amore con le parole raramente ci facevamo capire. Era un esercizio acrobatico, tutto qui. Con la morte, con la strada piena di Caso, con un camminare senza sosta. Ma piĂš che randagi, eravamo sfacciati. Sfacciavamo anche gli altri l'energia li sovraeccitava! li stupiva li innamorava. Ci innamoravamo, era un particolare tipo di esercizio. Esercitavamo il balbettĂŹo balbettavamo e le cose balbettavano. Balbettavano forte. Non capivamo piĂš niente. Ci sentivamo stanchi, un anno erano sette La razza della luce
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anni come i cani. Pischelli strausati, vissuti cento vite. Nemmeno una. Ecco quella poesia, quella poesia fuoco fuochino, quella poesia acqua buco d'acqua. Non solo acqua. Ecco, ci ha dato una strada in mezzo alla nebbia di novembre dicembre gennaio all'ospedale di - starsene - qui. Eravamo sfacciati. Eravamo da curare. Mo' curiamo meno la dizione e non ci curiamo di diciture evocazioni citazioni del grida e stoppa! Stoppa ora! Dell'eccentrico intrico e del buco. Abbiamo un'altra bellezza Abbiamo 100 anni in un giorno Abbiamo una faccia dura Abbiamo paura. Non abbiamo paura. Alcuni amici l'ho persino, non sono morti, ma non parlano piÚ, non con me. Si perdono come le sciarpe un giorno, o qualsiasi altra cosa. Io sono la stessa, sono un'altra. Un'altra stessa Non serve gridare. Non gridate. * Quel maledetto verdino ci è entrato nella carne, nella carne degli occhi cosÏ ora guardiamo a tutto, come tutto fosse di morbido verde trasparente e carnoso. spagine
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Fare una bagaglio e andare a morire di nostalgia più là dove tutto può far più male dove tutto è una meraviglia ambulante, una festa letta da qualche parte... Poi ti ostini a discioglierti nel barbablù della terra, ma di più nel platino del grano, dietro casa e sembri sola lontanae sembra altrove, ma invano.
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Poesia del quasi due Mancano pochi centimetri a un metro. L'uno, la misura, il quasi due, si plana da qualche parte vertiginosamente. Ha espressioni da uomo, tutto stretto nel succo, tutto quello che sarà , che è stato. Che era dentro e che ho cacciato, ma come si caccia un sogno fuori e poi come il risveglio a riprendere il tatto col mondo. Io intanto percepisco forte, e prima, ho frequenze limpide e so chi chiama e quando, da chi viene la voce sovraumana.
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Seguimi Mentre leggo un saggio su Ghirri e la Puglia, viene a galla negli occhi qualcosa. Un'immagine, non so che tipo di immagine possa essere, non è solo un'immagine. É come un'onda liquida, acquatica, una specie di bestiola che se ne torna al mare, o da dove proviene e ti chiama. É un'immagine sonora. Il suono sono i miei passi sull'asfalto sbrecciato di una marina sull'Adriatico. L'immagine è una apnea sonnambula. Seduta la ricordo ma di questo non ne sono sicura, di più si fa ricordare, mi tiene. E sembra che la sua volontà sia quella di bagnare e trascinare. Quel suo passo, il passo dell'immagine del mio passo, è autonomo e anomalo. Seguimi! - Va dicendo. Non dice - Ti ricordi? Ma - Seguimi! Il taglio del fotogramma è la visuale del mio sguardo che guarda i miei piedi camminare nella sera e calzati di sandali. É la strada silenziosa delle case vicine al lungomare, in un punto dell'estate tra le scogliere nere e spente di Sant'Andrea e San Foca. Ho parcheggiato l'auto e mi avvicino al lungomare gremito di turisti e la gente del posto. Che ci faccio lì da sola? -Seguimi! Che immagine è un'immagine che prende vita come un motorino, una macchinetta, una macchina immaginata, vista due volte? Una macchina che ti guarda, ti porta e che La razza della luce
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devi seguire pena qualche strana conseguenza catastrofica? Seguire è scrivere. Ricordare è inseguire, vedere è essere ricordati. Uno scalpicciare di passi che erano i miei, non lo sono più, eppure ero io che li guardavo e li camminavo. Tantomeno in questa sorta-ricordo in cui vanno e vanno come un film proiettato chissà dove. Ero sola quella sera, in quell'angolo al margine del nero della scogliera. Seguimi!E che zucchero sotto la pelle perdersi a guardare la fiumana di agosto, da sul muretto della marina senza sentire mai la propria voce pronunciare una parola. Mescolare questa cosa propria all'anonimo getto delle voci e poi sparire, in silenzio,seguire il rumore del proprio passo, come un proprio alter ego e con quel suono-doppio raggiungere il lido, la festa. Dove vanno i passi? Dove vanno? Dove volete portarmi? Al tuo centro. Mi rispondono. Che non è proprio al centro, è un tantino più in là. Il centro, il crocevia, la base del merletto, dove tutto canta: il merlo nella gabbia, la penna chiesta in prestito, il libro marrone di Antonio Verri, le vecchie pareti di una vecchia casa, l'odore della camicia bagnata che quella sera era lontana, sotto portici scuri e senza brezza, e che sarebbe ritornata come torna il destino e non come fanno, dicono, le tortore. Dove tutto canta e tutto torna. spagine
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Poesia per un abbazia Cosa farò nel cuore della notte nel culo buio del babbuino con la tonaca mentre il governo piazza antenne da Oklahoma a Taranto, intercetta chi sparla di una donna, bacia cose impronunciabili compra missili cinesi. Tutto questo mistero ci lambisce, ci disegna, ci nutre, ci distrugge bolla, bolla leggera che tra poco ci esploderà sul viso le radici poi, non hanno dato fiori ma calli duri duri calli a furia di stare, dell'ostinato stare sulle litoranee d'amore o nel chiuso uovo. Pazienza. E suono. Suono e sonno! Ritrovaci vicini sotto l'albero del pino tra i santi sbrecciati, squagliati dall'arsura. Trovaci qui in attesa dell'onda altoparlanti ansimanti, stremati bloccati in volo.
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Poesia di chi sfiata Vita-mostro invincibile tricheco mobile carezze trattenute supremo ridere convulsioni della mano sospesa. Silenzio, suono per pochi, per poco ancora: non fare niente proprio niente finchè siamo qui! Il giro-ruota la lunga nuotata chissà chi prima sfiata chi avràun piombo per cuore, chi si inabissa chi sfata il rosso del cielo chi guarda la nave negli occhi chi brillerà senza esplodere.
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spagine - magazzino di poesia 05.3 Febbraio 2014
Il Fondo Verri è in via Santa Maria del Paradiso 8.a a Lecce (cap 73100) telefono 0832-304522 fondoverri@tiscali.it Spagine è su issuu.com/mmmotus https://www.facebook.com/perspagine
Gioia Perrone è nata a San Pietro Vernotico il 9 giugno 1984 vive e lavora nel Salento
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