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Maira Marzioni
Parto a Novembre *
spagine
spagine - magazzino di poesia 08
Maira Marzioni Parto a Novembre
Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce
Nono mese dell'anno romano e ora undicesimo dell'anno civile. Ha la durata di 30 giorni, il primo (di) n., Ognissanti, il 2 (di) n., il giorno dei Morti *** Nelle rappresentazioni medievali Novembre veniva raffigurato come una giovane fanciulla che raccoglieva la legna con un sacco in spalla
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pagina 5
PRIMO Piovono petali e foglie il vento spoglia le soglie.
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pagina 6
DUE É tornato quel novembre Quello dei piedi contratti del peso sugli occhi e sulle mani Immobilità secca Si squaglia il colore dei quadri incorniciati ogni pianta scorda il seme torna il suono dei vuoti interni il grido stipato senza che uscisse la verità urlata in cantina per non disturbare gli ospiti in soggiorno Torna opaca la retina mi spengo non spero smarrisco.
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pagina 7
TRE Da giorni il corpo molle mi dorme ai piedi le ossa asciugate la pelle a tre veli.
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pagina 8
QUATTRO Sento le ombre.
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pagina 9
CINQUE Giano m'ha spezzato le vertebre Mi si è incastrato un desiderio tra denti e alluce.
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pagina 10
SEI Saremo bellissimi fino a cent’anni Dicevi A pensarci ora non chiacchieravamo mai.
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pagina 11
SETTE Se scovo tra le foto della gente alla fine trovo un altro pugnale Sempre tuo Sempre su me Tu non sai Io distintamente acuto sottile Un niente.
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pagina 12
OTTO Vado da SanPietro e Paolo a camminarci dentro magari mi scaccia la pietra che c'ho al centro.
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pagina 13
NOVE Da dieci giorni ogni notte contemplo il tuo fantasma in sogno Stamattina t’ho pianto fuori spero funzioni.
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pagina 14
DIECI Oggi è un giorno che non c'è.
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pagina 15
UNDICI “Negli antichi calendari lunari giapponesi, la nona lunazione veniva comunemente denominata la lunazione delle braccia tese� Manichino senza foglie abito un corpo vuoto di voglie morte leggera eppure se sfrondo albero rimango in fondo.
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pagina 16
DODICI Non esistono vuoti innocenti.
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pagina 17
TREDICI Oggi invece di fare l'amore dovremmo contarci le giunture delle ossa.
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pagina 18
QUATTORDICI A volte la mia finestra non si chiude femmina di tigre.
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pagina 19
QUINDICI L' isostaticitĂ indica che un generico corpo nello spazio possiede un numero di gradi di vincolo pari al numero dei suoi gradi di libertĂ .
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pagina 20
SEDICI Alla stazione Termini uscita della metro b c’è il bar delle donne coi capelli corti che parlano sole Una ha la pelle scura corpo grasso vestito stretto appoggia sermoni sorridenti nel vuoto Non guarda nessuno negli occhi Nessuno la guarda Gesticola a dio L’altra ha una t-shirt bianca e sporca come i capelli arcigni gli occhi Rivolge un rosario di imprecazioni all’altra da sè Non risponde nessuno Bestemmia a io Alla stazione Termini uscita della metro b ascolto il blues delle donne coi capelli corti Siamo sole Loro ed io.
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pagina 21
DICIASSETTE Siamo formiche dentro la vita degli altri al massimo facciamo il solletico e forse se ne accorgono.
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pagina 22
DICIOTTO In via San Lazzaro la signora Lea raccoglie in una busta le cicche che trova in terra se la guardi ti incenerisce.
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pagina 23
DICIANNOVE Il ministro Lombroso colpito da raffiche di vento annega nell’acqua dei nomi Isola che non serve alle carte del ministro Lombroso facce e lingue non sue nugoli di persone in mezzo a rocce Una manciata di voti di nomi con finali anomale Né deduce stranezza di comportamenti brutalità sottesa pastori miniere donne chine Il ministro Lombroso sbaglia tutti i nomi ha paura dell’acqua dei paesi della terra che si sgretola La bocca inciampa ed è l’unica verità nel comunicato ufficiale del ministro Lombroso.
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VENTI Formaggio cavava dai suoi animali pietra alzava per raccogliere pioggia Terra era la sua Raccontava a chi per caso, quasi mai, lo trovava Vento riconosceva Ogni gesto a ritmo di quel sole Pesci buoni per quella stagione La barca al porto quando avvertivano gli uccelli Mare era il suo Anima a forma di roccia, crinale, platano. Espropriato è il paesaggio Seppellito sotto le rovine Annacquato di versioni ufficiali Sfilacciato da parole inutili Deriso dall’italiano pulito, senza carne. E lui ora non sa più nulla più non è sua la Terra il Mare.
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VENTUNO Mi piacciono le rovine purchè oneste.
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VENTIDUE Due strati ha il cielo oggi in uno c’è il tramonto l’altro corre scuro Collage di orizzonti non attacco me a nulla. Riempio la vasca di acqua annego nel vapore salta la stazione della radio salta il fulmine il tuono Salta tutto Sto bene Mentre fuori è inferno, trasformo lo strato di tormento in umano vivere a stento.
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VENTITRE L'ho incontrata pi첫 volte in posti diversi nell'arco di ore. Lei cammina, camminava ogni volta pantaloni gialli e una camicia verde addosso Lei cammina bassa e grassoccia abita il giorno come fosse fiore con su giallo verde e osso.
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VENTIQUATTRO C’era poca legna una brace viva senza fuoco ho soffiato per molto tempo Nel calibrare il soffio giusta misura occhi ad altezza della brace si fa arancia, poi gialla non arde Io continuo Poi in un attimo da un soffio esce una fiamma È un momento preciso È quando il fiato si ritira quando ormeggia il respiro non chiede più non spera più.
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VENTICINQUE È un funerale quotidiano di desideri la morte È privazione del godimento leggero la certezza che quello che posso È scorticare un pezzo di ferita al giorno Sarà per questo che mi aggrappo al nonnulla La pianta viola ha resistito alla tormenta l’impalcatura non è caduta le gambe camminano c’è l’acqua che bolle sul fuoco Aspetto qualcuno ed è già qualcosa.
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VENTISEI In ogni desiderio mancato muoio e rinasco di fiato.
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VENTISETTE Bisognerebbe restare in equilibrio Tra intenzionalitĂ e imprevedibile tra volontĂ e perdizione A ogni passo falso del controllo fuoriesce magma non richiesto Ad ogni certezza di visione di sĂŠ compare un fantasma allo specchio Bisognerebbe ricomporsi in assetto di ramo Coriacea certezza Esposizione al cadere Vedere quello che rimane quando tutto attorno annega. Bisognerebbe farsi ramo e piega.
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VENTOTTO Eravamo tutti lĂŹ attorno, non si muoveva alito, una cozza nuda sbavava sul davanzale.
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VENTINOVE Sto come quando sotto la pioggia di gocce colorate che sembravano venirmi addosso le schivavo per paura che mi bruciassero, poi riportavo in alto gli occhi aspettando il fuoco successivo, forse mi avrebbe bruciato poi a un certo punto tre colpi senza colori uno dietro all'altro, bianchi e poi pi첫 nulla. 1, 2, 3, Fine
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TRENTA Come ultima chance ci sedemmo a tavola, ci cucinammo la noia di vivere, aspettando che le mele diventassero cuori nuovi da dividere.
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spagine - magazzino di poesia 08 Dicembre 2013
Il Fondo Verri è in via Santa Maria del Paradiso 8.a a Lecce (cap 73100) telefono 0832-304522 fondoverri@tiscali.it Spagine è su issuu.com/mmmotus https://www.facebook.com/perspagine
Maira Marzioni è nata a Chiaravalle di Ancona il 17 agosto 1980 attualmente vive nel Salento
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