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Figli di altri soli

Le nuove immagini astronomiche ci mostrano altri pianeti e altri sistemi solari anche molto diversi dal nostro. Nella speranza di riuscire a trovare presto un “gemello” della Terra.

MONDI LONTANI

La stella HIP 65426, vicino alla quale orbita un pianeta, in un’immagine del James Webb Space Telescope. Sotto, come appare a differenti frequenze.

La scoperta di pianeti extrasolari – cioè osservati intorno ad altre stelle, diverse dal Sole – è sembrata a generazioni di astronomi un sogno impossibile da realizzare. La ragione di questo scetticismo era dovuta anche al pregiudizio che tutti i sistemi planetari fossero simili al nostro, nel quale i pianeti più vicini al Sole (Mercurio, Venere, Terra e Marte) sono di piccola massa e i giganti (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) sono lontani e freddi. Se tutti i sistemi extrasolari avessero questa configurazione, sarebbe per noi molto difficile scoprirli, perché i pianeti ci apparirebbero come oggetti estremamente deboli vicinissimi a stelle brillanti. La sorprendente scoperta, avvenuta nel 1995, del primo pianeta extrasolare, chiamato 51 Pegasi b, è dovuta in parte al genio e alla perseveranza dei suoi scopritori (Michel Mayor e Didier Queloz, insigniti del premio Nobel nel 2019) ma soprattutto al fatto che la natura ha molta più fantasia di noi. 51 Pegasi b, infatti, è un gigante grande quasi come Giove ma vicinissimo alla sua stella, intorno a cui orbita in soli quattro giorni circa. Gli effetti gravitazionali sulla stella sono molto più evidenti e quindi alla portata dei nostri strumenti.

A Migliaia

Da allora è partita una intensa attività di ricerca, grazie alla quale sono stati scoperti oltre 5mila pianeti orbitanti intorno alle stelle della Via Lattea. Molti di loro sono simili a 51 Pegasi b, cioè sono vicini alla loro stella e sono spesso grandi e caldi a causa della intensa radiazione che ricevono. Per esempio, il sistema planetario Trappist-1 (v. immagine nella prossima pagina) è così compatto che potrebbe essere interamente contenuto nell’orbita del nostro Mercurio, e ruota intorno a una stella molto più piccola e fredda del Sole. A causa dei limiti della nostra strumentazione, non siamo ancora in grado di osservare sistemi solari come il nostro, in cui i pianeti sono lontani dalla loro stella e sono spesso freddi. Pur con questi limiti, l’esistenza stessa di sistemi planetari così diversi ci ha dimostrato quanto le nostre idee su come nascono i pianeti fossero ingenue. Studiando questi sistemi, abbiamo capito che la formazione dei pianeti avviene da una nube di gas e polveri che si addensa dando origine contemporaneamente alla stella e a un disco intorno a essa. Da questo disco nascono i pianeti, la cui crescita avviene in un tempo molto rapido in termini astronomici (tra 20 e 50 milioni di anni) sia per addensamento del gas presente sia per accrescimento dei frammenti solidi (polvere e “ciottoli”) che compongono il disco.

Durante questo processo, i pianeti possono persino migrare, cioè spostarsi da orbite lontane a vicine o viceversa. Questi meccanismi così complessi possono portare anche alla formazione di sistemi molto diversi dal nostro.

Studiare Le Atmosfere

Mentre la ricerca di nuovi sistemi planetari continua, gli astronomi hanno già lanciato una sfida ancora più incredibile: quella di studiare le caratteristiche non solo dei pianeti ma persino dell’atmosfera che li avvolge, che è lo scrigno che ci dischiude la storia della loro formazione.

Le specie chimiche che si trovano nell’atmosfera di un pianeta dipendono infatti dalla composizione della nube primordiale in cui si esso si è formato (e quindi sono legate alla natura della stella), ma sono influenzate anche dal materiale che il pianeta ha raccolto nel corso della sua vita e dalla radiazione

Sistemi A Confronto

Il sistema planetario Trappist-1, a 40 anni luce da noi: è composto da pianeti giganti che orbitano molto vicino alla stella (le orbite sono ingrandite di 25 volte). Nella parte bassa, il Sistema solare interno a confronto.

Come Si Studiano

A destra, come vengono rilevati i pianeti extrasolari dal Webb Telescope. Quando uno di questi pianeti passa davanti alla stella, l’intensità registrata diminuisce. Webb è così sensibile che riesce talvolta a registrare perfino la luce che passa attraverso l’atmosfera del pianeta in transito.

A sinistra, la luce assorbita da Wasp-96b, scomposta nelle varie lunghezze d’onda (l’estensione dei colori), mostra picchi dovuti alla presenza di vapore acqueo e altri gas.

Intensità luminosa della stella, che ne determina la temperatura e induce complesse reazioni chimiche nell’atmosfera.    La sfida in questo caso è ancora più impegnativa che quella della “semplice” scoperta dell’esistenza del pianeta. Non a caso, tra i primi obiettivi del telescopio spaziale Webb è stato scelto il pianeta Wasp-39b, un gigante grande quasi quanto Giove ma che orbita vicinissimo alla sua stella (percorre la sua orbita in soli 4 giorni terrestri), tanto che la sua temperatura in superficie è di circa 800 °C. Wasp-39b si trova a 700 anni luce da noi. Per studiarne l’atmosfera, si osserva la stella mentre il pianeta le passa davanti (v. riquadro in alto). Durante il transito, il pianeta assorbe una parte della luce della stella: una specie di piccola eclisse. Se il pianeta ha un’atmosfera, anche questa assorbirà in parte la luce della stella. Non la oscurerà del tutto, ma ne cambierà i colori e le proprietà, esattamente come l’atmosfera della Terra arrossa il Sole al tramonto, quando la luce ne attraversa un lungo tratto. La differenza tra la luce della stella con e senza il pianeta davanti contiene quindi le “impronte digitali” dell’atmosfera del pianeta. Per estrarne l’informazione, è necessario scomporre la luce in tutti i suoi colori, ovvero ottenere quello che i fisici chiamano uno “spettro” (v. grafico in alto a sinistra). Le molecole e gli atomi presenti nell’atmosfera assorbiranno solo alcuni di questi colori, consentendoci di capire quali molecole sono presenti e in quali quantità. Questo effetto è straordinariamente piccolo e solo gli strumenti più sensibili possono rilevarlo.

Tanto Vapore

I dati raccolti da Webb hanno surclassato quelli ottenuti in precedenza dai telescopi terrestri e ci hanno portato novità sorprendenti. Innanzitutto, abbiamo scoperto che l’atmosfera di Wasp-39b contiene diverse nubi: circa il 70% della luce è assorbito da queste nuvole, che cambiano colore e densità man mano che si scende verso la superficie. L’atmosfera è ricca di acqua, o meglio (data la temperatura) di vapore. Abbiamo poi scoperto che l’atmosfera è anche ricca di potassio e povera di carbonio. Questo è importante perché ci racconta come è cresciuto il pianeta: il potassio è abbondante nella polvere e nei

Luce della stella con il pianeta davanti piccoli “ciottoli” di cui era ricco il sistema solare di Wasp-39b nei primi anni della sua vita, mentre il carbonio è abbondante nel gas da cui si è inizialmente formata la stella. L’abbondanza di potassio ci dice quindi che Wasp-39b, dopo essersi formato insieme alla sua stella, è ulteriormente cresciuto catturando la polvere e i “ciottoli” lungo la sua orbita. Infine, a differenza di quanto gli astronomi si aspettavano, l’atmosfera del pianeta è praticamente priva di metano. Questo è molto sorprendente, perché i pianeti giganti del nostro Sistema solare sono al contrario ricchi di questo gas. Forse la luce intensa della stella o altri fattori sconosciuti ne hanno decretato la mancanza.

A Caccia Della Vita

Wasp-39b, come ci viene svelato da Webb, è un mondo affascinante, sebbene alieno e inospitale. Ma l’obiettivo finale delle ricerche sulle atmosfere planetarie è quello di scoprire pianeti come la Terra e di verificare se nella loro atmosfera si trovino tracce di vita extraterrestre. Serviranno probabilmente strumenti ancora più sensibili di Webb, come il futuro telescopio europeo da 40 metri ELT, e servirà una approfondita comprensione di come si formano le atmosfere: per questo i lavori di Webb sono fondamentali. Soprattutto serve che l’universo collabori e dimostri di essere un posto ospitale e ricco di vita. Per fortuna la natura ha sempre più fantasia di noi…

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