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Genio e voracità (sessuale)

L’attrice Isabelle Adjani è divenuta nota al grande pubblico nel 1988 con il film dedicato a Camille Claudel (1864-1943): è con il suo volto che il mondo ha conosciuto il lavoro della scultrice, sorella del poeta Paul Claudel e musa di Auguste Rodin. Musa e vittima. Camille era diventata allieva dello scultore nel 1883 e gli era divenuta indispensabile, tanto da contribuire al suo lavoro. Lei ispirava il maestro e ne era influenzata. In breve si innamorò di lui. Professione musa. Una passione durata una decina d’anni, a dispetto del lungo legame che Rodin aveva con la compagna Rose Beuret, che gli era al fianco dal 1864 e che gli aveva dato un figlio,

Auguste-Eugène, mai riconosciuto dal grande scultore. Rodin mise in posa Camille come prima aveva modellato il viso di Rose, come dopo avrebbe scolpito il corpo magro di Gwen John, le forme floride di due sorelle ciociare, Anna e Adele Abbruzzese, la raffinata duchessa di Choisel e tante altre. Tutte muse e amanti.

Nel 1992 il rapporto con Camille finì. Qualcuno raccontò che lei aveva avuto quattro figli da Rodin. Di certo per lui perse la ragione. Anche se fu aiutata dall’artista a vendere qualche scultura, lo riteneva responsabile del suo mancato successo. La sua personalità paranoide fece il resto: fu internata in manicomio nel 1913.

Rodin, all’inizio del 1917 sposò Rose, appena un paio di settimane prima che lei morisse. Nove mesi dopo era finito al creatore anche lui. Camille Claudel morì di stenti in manicomio nel 1943, mentre la guerra infuriava e nessuno pensava a dar da mangiare ai poveri pazzi rinchiusi in quelle stanze, senza alcuna assistenza.

Amava le sue giornate parigine, l’indipendenza di cui poteva godere nella piccola mansarda vicina al cielo

in memoria di Whistler, che aveva fondato la società internazionale degli scultori di cui Rodin era divenuto presidente. Usò Gwen come modella. La mise in piedi, una gamba sollevata su un ceppo, e ne plasmò la posa audace nei panni della Musa nuda, senza braccia (questo il titolo dell’opera, oggi esposta di fronte al Musée Rodin di Parigi). E come avveniva con implacabile monotonia, lo scultore trasformò la modella in amante. Non era la prima, non sarebbe stata l’ultima (v. riquadro sopra). Ma Gwen forse non lo sapeva.

L’opera, che rappresentava l’arte protesa a scalare la montagna della fama, avrebbe dovuto essere esposta a Londra, lungo il Tamigi, ma fu bocciata dalla commissione, che gli preferì la copia di un gruppo scultoreo, I borghesi di Calais (oggi nel parchetto vicino alla Westminster Abbey). Intanto il gabinetto di posa era diventato la loro alcova.

In posa

Monumento a Whistler. Musa nuda, braccia tagliate (1908), di Auguste Rodin, che per l’opera usò come modella proprio Gwen John.

GRAFOMANE. Nonostante avesse 40 anni più di lei, Rodin divenne l’oggetto esclusivo degli interessi di Gwen. Era il suo maestro e mentore e contribuiva alle spese dell’affitto. La gallese dipingeva, posava, e intanto apprendeva dal migliore. E scriveva, scriveva, scriveva. Gli indirizzava le sue lettere appassionate... Duemila, pare! Era ossessionata da Rodin e lui ne fu sopraffatto, ponendo fine alla loro relazione. Lei continuò a scrivergli ancora, ogni giorno, per il decennio successivo. Dormiva poco, dipingeva e lo andava a cercare, nel giardino della casa di famiglia, alla stazione, nelle strade di Meudon, dove lui si era ritirato con la famiglia. Mentre lo scultore era ancora vivo, Gwen trovò un altro ammiratore: nel 1909 John Quinn, facoltoso avvocato di New York, aveva avuto modo di ammirare i suoi quadri a Londra. Si offrì da allora di acquistare qualsiasi suo lavoro. Per la pittrice gallese, che a Parigi viveva quasi di stenti, era la svolta. Non doveva più fare la modella e riuscì persino a comprarsi una piccola casa. Dove? A Meudon, a due passi dalla magione dove Rodin viveva con la moglie, e dove oggi c’è una sede del museo a lui dedicato.

Mentre lo scultore si sposava, Gwen si ritirò dalla vita sociale, chiudendosi nella sua piccola stanza-atelier (in alto, a destra). Il suo studio vuoto, ma pieno di oggetti che la raccontavano, viene oggi considerato un piccolo capolavoro. La curatrice Katie Hessel, autrice del volume La storia dell’arte senza gli uomini (Einaudi) spiega che in quella tela Gwen John mostra cos’è il modernismo. «Sta dicendo: queste sono le mie cose, sono una donna, posso fare i miei soldi, posso vivere da sola e posso essere un’artista, posso finanziare la mia carriera professionale. Se non fosse per donne come lei non avremmo i lavori che abbiamo. Hanno dipinto la loro storia».

Eppure, lei che a Londra aveva vissuto appieno l’ambiente artistico, sebbene al centro della scena ci fosse sempre suo fratello, a Meudon si chiuse in casa e si rivolse alla religione. Dipingeva ragazze e suorine (a destra), gatti e stanze vuote. “Dipingo finché è buio”, scriveva, “poi ceno e leggo per circa un’ora e penso alla mia pittura e poi vado a letto. Ogni giorno è lo stesso. Mi piace molto questa vita”. Chi lo sa se parlava sul serio o se cercava di dissimulare un disagio profondo. Gwen divenne comunque quello che oggi la critica definisce una grande pittrice spirituale.

PASSIONI RESPINTE. Si innamorò di nuovo, della sua vicina di casa, la russa Vera Oumançoff che con la sorella Raissa e il marito di lei, il filosofo Jacques Maritain, animava un importante cenacolo intellettuale. Di nuovo, Gwen non fu ricambiata. A testimoniarlo ci sono le lettere. Dopo una breve malattia fece un viaggio al mare. Gwen John morì a 63 anni a Dieppe, sulla costa della Normandia. I suoi lavori, spesso tenuti per sé senza interesse a venderli, sono oggi oggetto di culto. •

Il suo studio

Un dipinto fra i più emblematici di Gwen John, Un angolo della stanza dell’artista a Parigi (19071909), all’87 di Rue du Cherche-Midi. In bella vista, il suo parasole.

Le suore Augustus John posa nel suo studio a Fordingbridge (Inghilterra). Dietro di lui, un dipinto della sorella: è del 1915 ed è dedicato a una suora del convento di Meudon (qui sopra).

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