Focus Storia 170 - Dicembre 2020

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

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° n 170 dicembre

VIVERE E MORIRE A

SPARTA

I RIVALI DI ATENE NON ERANO SOLO GUERRIERI FORMIDABILI: AMAVANO LA LIBERTÀ, RISPETTAVANO LE DONNE E SAPEVANO GODERSI LA VITA

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QUATTROCENTO DANZE, BATTUTE DI CACCIA, GIOCHI: ALLA CORTE DEGLI SFORZA

CINEMA

LA GRANDE AVVENTURA DEL SONORO, FRA POLITICA E PRIME DIVE

TRAME ITALIANE CINQUANT’ANNI FA IL GOLPE FERMATO ALL’ULTIMO ISTANTE


Dicembre 2020

focusstoria.it

Storia

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rano coraggiosi, austeri, invincibili. Gente guerriera, allevata per esserlo e pronta a tutto. Questo si è sempre detto, e scritto, sugli Spartani. E da qui siamo partiti per provare a rileggere il loro mondo affondando un po’ di più lo strumento dell’indagine storica, a caccia di indizi che potessero smontare, se non il mito, tanti luoghi comuni. Ci siamo riusciti? In parte. La leggendaria forza militare di Sparta, e della sua falange, ha solo trovato conferma. E anche la spietata educazione che gli adulti infliggevano ai loro figli ancora bambini è un fatto. Ma poi, sgombrato il campo dalla cattiva fama che la propaganda filoateniese le costruì attorno, abbiamo raccontato che Sparta aveva un’anima “democratica” sia dentro le sue mura sia nei confronti dei popoli vinti; sapeva coltivare i piaceri della vita (e sì, i suoi guerrieri, nel curarsi le lunghe chiome, erano anche vanitosi!); e aveva una considerazione estremamente moderna (e forse unica fra le civiltà antiche) per la donna. Buona lettura! Emanuela Cruciano caporedattore

RUBRICHE 4 LA PAGINA DEI LETTORI

6 NOVITÀ & SCOPERTE

9 BIOGRAFIE D’AUTORE

10 UNA GIORNATA DA... 12 MICROSTORIA 14 CHI L’HA INVENTATO?

ARCANGEL

62 DOMANDE & RISPOSTE 97 AGENDA

Il quadro Leonida alle Termopili di Jacques-Louis David (1748-1825).

MONDADORI PORTFOLIO/DE AGOSTINI PICTURE LIBRARY

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CI TROVI ANCHE SU:

In copertina: un oplita greco in una moderna ricostruzione.

IN PIÙ... SOCIETÀ 16 Liberi di lasciarsi

In Italia il divorzio è diventato legge solo nel 1970. E prima?

22 SuCULTURA Beethoven

10 aspetti poco noti del grande compositore.

RINASCIMENTO 26 Alla corte degli Sforza

La bella vita milanese.

IN PILLOLE 64 1960: l’anno dell’Africa

LA FORZA DI SPARTA

32 Mitica superpotenza

Le origini e l’inarrestabile ascesa di Sparta, la città-Stato che 2.500 anni fa dominava il Peloponneso. E come tramontò, diventando immortale.

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Sparta vs Atene: il derby di Grecia

Lo scontro di civiltà fra la democratica Atene e l’oligarchica Sparta fu frutto della propaganda. Si trattò di una lotta per la supremazia fra due città entrambe straordinarie.

44 Taras la polis d’Italia

Fu un gruppo di coloni spartani a fondare Taranto, che presto divenne ricca e potente. Tanto da tenere testa per un po’ anche a Roma.

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A scuola di guerra

Gli spartiati erano destinati alle armi fin da piccoli e venivano cresciuti secondo regole spietate. Ma l’educazione era pubblica, collettiva e obbligatoria.

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Invincibili

Come e dove combatterono gli uomini di Sparta? Ecco tutti i fronti, da quello antipersiano alla guerra contro Atene.

I 17 Paesi africani che ottennero quasi contemporaneamente l’indipendenza.

70 LaMEDICINA bomba dell’Aids

Gli esordi dell’epidemia che segnò un’epoca.

74 LaCINEMA prima voce

Dria Paola è stata la prima diva del sonoro.

PORTFOLIO 78 Van Gogh

L’artista inquieto e geniale celebrato in una grande mostra.

PERSONAGGI 84 Vedove arrabbiate

La sete di vendetta di sei spose in nero.

88 LaCONFLITTI guerra dei trent’anni Fra azeri e armeni del Nagorno-Karabakh è ancora scontro.

TEMA 92 LaGRANDE congiura del principe Il golpe Borghese del 7 dicembre 1970.

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LA VOCE DI FOCUS STORIA

I NOSTRI PODCAST S

Diamo un nome al Risorgimento Vorrei far conoscere ai lettori di Focus Storia un grande progetto di digitalizzazione della memoria, affidato a insegnanti e studenti delle scuole: il Progetto Torelli (sopra, la homepage), dal nome del fondatore e primo presidente della Società Solferino e San Martino. Si tratta di oltre 680mila nomi, dal 1848 al 1870, da tutta Italia, che un centinaio di ragazzi e alcuni preziosi volontari da mezza Italia stanno continuando a trascrivere, nonostante il Covid 19, perché il lavoro si svolge tutto da remoto. La missione è titanica: dare un nome a tutto il Risorgimento. Il progetto di archiviazione è aperto a chiunque voglia aderire. Quei nomi che stiamo trascrivendo sono anche i “mattoni” con cui fu edificata la Torre di San Martino, sorta grazie ai contributi di tante famiglie di reduci dalle campagne risorgimentali. I nomi di tutti i soldati del Risorgimento vennero allora trascritti in archivi cartacei dalla Società Solferino e San Martino; abbiamo già provveduto a fotografare ogni singola pagina e ora stiamo procedendo con la trascrizione di quelle pagine e con la loro messa online. Sono disponibili, in un grande database digitale, già la metà dei nomi, ecco il link per accedervi: www. solferinoesanmartino.it/progetto-torelli/ricerca. Abbiamo inoltre avviato collaborazioni importanti, con enti come le Civiche Raccolte Storiche di Palazzo Moriggia a Milano, l’Accademia di Belle Arti di Firenze e il Museo del Risorgimento di Bologna per questo progetto. Per ciascun nome viene generato un diploma come quello che nell’Ottocento veniva rilasciato dalla Società Solferino e San Martino ai soldati che parteciparono alle campagne risorgimentali. Gaetano Montalto, Roma

iete appassionati di re, regine e principesse? Allora siamo sicuri che sarete incollati alla quarta stagione di The Crown, la serie televisiva che racconta su Netflix il fidanzamento e i primi anni di matrimonio tra il principe Carlo d’Inghilterra e Diana Spencer. Proprio alla casa reale inglese abbiamo dedicato una serie di puntate della “Voce di Focus Storia” in cui ci accompagna la

giornalista ed esperta di “affari reali” Enrica Roddolo. La prima puntata è dedicata ai primi tempi del regno di Elisabetta II, la seconda proprio all’era di Lady Diana. La terza e ultima

I NOSTRI ERRORI Su Focus Storia n° 168, a pag. 33, nel riquadro “Punizione austriaca” abbiamo scritto erroneamente che il Patto di Londra fu siglato il 26 aprile del 1916, invece che nel 1915. Su Focus Storia n° 166, a pagina 97, nell’articolo “Francesco d’Assisi - In Sogno, La Voce Di Dio”, a proposito della prigionia di San Francesco viene citata erroneamente la data del 1154, invece fu fatto prigioniero nel 1202.

invece arriva ai giorni nostri, ai cosiddetti new royals di Casa Windsor, con una lunga digressione dedicata anche alle residenze reali. Sempre in ascolto. Per seguirci visitate la pagina www.focus. it/storia/podcast ma cercateci anche su Spotify (bit.ly/ VoceDellaStoria) e su Apple Podcasts. Il podcast è a cura del giornalista Francesco de Leo.

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Le gemelle dei mari Ho apprezzato l’articolo relativo al transatlantico Andrea Doria pubblicato su Focus Storia n° 166. Pochi sanno che l’Andrea Doria aveva una gemella, la Cristoforo Colombo (sotto), praticamente identica, rimasta in attività fino al 1977. Nel corso della sua esistenza venne riverniciata di bianco, poi ceduta al Venezuela, infine smantellata nel 1983. Tra i suoi “passeggeri” più illustri la Pietà di Michelangelo prestata per una mostra a New York. Filippo Inzani

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CONFLITTI Nel Nagorno-Karabakh si combatte per due princìpi inconciliabili: integrità territoriale o autodeterminazione dei popoli. Ma lo scontro fra azeri e armeni ha anche pretesti storici. di Riccardo Michelucci

La GUERRA dei trent’anni

In trincea

Un soldato armeno in prima linea il 25 ottobre 2020, durante i combattimenti nella regione separatista del Nagorno-Karabakh. A destra, armeni in trincea vicino alla città di Martuni (NagornoKarabakh) nel 2016. 88

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REUTERS/CONTRASTO

IN MEZZO. Anticamente il Nagorno-Karabakh era abitato sia dagli armeni sia dagli azeri, ma la mancanza di fonti certe rende complessa l’analisi della sua evoluzione storica. Gli armeni rivendicano la presenza di resti architettonici religiosi di epoca medievale risalenti ai cosiddetti melikhati del Karabakh, entità feudali governate dalla nobiltà armena che si estinsero agli inizi del XIX secolo. L’Azerbaigian rievoca invece l’antica storia del khanato (territori governati dai khan, sovrani di origine mongolica, tipici dell’Asia Centrale) creato dai Persiani intorno alla città di Shusha nel XVIII secolo e che nel 1822 fu annesso dall’Impero zarista. Oggi l’area è abitata in gran parte dai discendenti degli armeni che vi giunsero nell’Ottocento dall’Est della Turchia e dalla Persia. Dopo le guerre russo-ottomane (lunga serie di conflitti terminata solo nel secolo scorso) e russo-persiane (l’ultima conclusasi

nel 1828), gli zar vollero dotarsi di una zona cuscinetto lungo i confini meridionali dell’impero e pensarono di crearsela mettendo dei cristiani a bloccare l’espansione musulmana. Nel 1918 Armenia, Georgia e Azerbaigian proclamarono l’indipendenza ma appena due anni dopo, la neonata Unione Sovietica riprese il controllo sul Caucaso Meridionale decretando la nascita della Repubblica socialista sovietica transcaucasica. È in questo momento che emerse per la prima volta la questione del Nagorno-Karabakh, poiché Yerevan (capitale dell’Armenia) era intenzionata ad annettere la regione data la popolazione in maggioranza armena che la abitava.

INSIEME PER FORZA. «Le attuali tensioni risalgono in gran parte ai primi Anni ’20 del XX secolo, quando Stalin decise di incorporare il territorio del Nagorno-Karabakh nella neonata Repubblica dell’Azerbaigian», spiega il professor Aldo Ferrari, storico dell’Università di Venezia e coautore del recente saggio Storia degli armeni (Il Mulino). «Sebbene gli armeni fossero circa l’80 per cento della popolazione del NagornoKarabakh, le politiche sovietiche delle nazionalità determinarono l’inserimento della regione nella repubblica azera e nel 1923 decretarono la nascita dell’Oblast’ autonoma del NagornoKarabakh (Nkao). Stalin lo fece per conquistarsi i favori dei turchi e dei popoli circostanti, ma gli armeni l’hanno sempre considerata una decisione ingiusta sia storicamente sia demograficamente. Così, a partire dalla Perestrojka (Anni ‘80, ndr) hanno cominciato a manifestare contro questo inserimento non voluto all’interno dell’Azerbaigian». Per circa settant’anni il regime sovietico aveva difeso lo status quo riuscendo a far sì che i rapporti tra armeni e azeri restassero  sostanzialmente pacifici. Ma il sogno armeno

AFP/GETTY IMAGES

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ra un conflitto “congelato” dal 1994 dopo sei anni di tensioni, violenze e scontri. Ma l’offensiva lanciata nel settembre scorso dalle truppe dell’Azerbaigian contro postazioni militari armene l’ha riacceso in pochi giorni, coinvolgendo mezzi pesanti, fanteria e artiglieria. La regione contesa è quella del Nagorno-Karabakh, un’enclave armena e cristiana all’interno dell’Azerbaigian musulmano che si estende su una superficie di circa 4.400 chilometri quadrati in una zona montagnosa nel Caucaso Sud-orientale. In gioco, oggi, ci sono le risorse energetiche del Mar Caspio e gli interessi di Turchia, Russia e Occidente, ma le radici del conflitto affondano nella contesa secolare tra gli Imperi zarista, persiano e ottomano. Come sempre accade in questi casi, entrambi i popoli ritengono di avere un diritto storico da vantare sulla regione.


Anche questione di nome ’intreccio storico che riguarda da secoli questo territorio è già descritto dal nome Nagorno-Karabakh (letteralmente “giardino nero di montagna”). Il termine “Nagorno” ha origine slava e significa “montagna”; “Karabakh” è invece una parola turca traducibile con “giardino nero”. È dunque anche per motivi storico-linguistici che le autorità di Stepanakert, capitale dell’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh, prediligono il termine “Artsakh”, nome della provincia dell’antico regno di Armenia (II secolo a.C.-IV d.C.). L’Azerbaigian utilizza invece il nome azero Khankendi per indicare la capitale. Ufficioso. Formalmente il Nagorno-Karabakh è una regione dell’Azerbaigian inglobata all’interno del suo territorio ma mantiene un collegamento diretto con l’Armenia attraverso i territori azeri occupati dalle truppe armene lungo i suoi confini occidentali. La Repubblica dell’Artsakh – che ha assunto ufficialmente questa denominazione in seguito a un referendum costituzionale del 2017 – è stata riconosciuta soltanto da tre Stati non appartenenti all’Onu. Secondo i dati ufficiali più recenti ha una popolazione di circa 148.000 abitanti, in gran parte composta da armeni.

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MONDADORI PORTFOLIO/BRIDGEMANART

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Come ieri

Soldati e tensione per le strade di Shusha, nel 1993. Qui nel 1992 gli armeni ottennero un’importante vittoria sugli azeri.

della riunificazione con Yerevan non è mai svanito e nella seconda metà degli Anni ’80 parve sul punto di avverarsi. Si era nel pieno delle politiche di “disgelo” di Gorbaciov con il conseguente allentamento del controllo russo sulla regione. Finché, nel febbraio 1988, il Soviet del Nagorno-Karabakh chiese formalmente ai Soviet supremi dell’Unione Sovietica, dell’Armenia e dell’Azerbaigian di riconoscere il proprio trasferimento entro la giurisdizione della Repubblica armena. E la situazione precipitò.

IL CAOS. Nel giro di pochi giorni si moltiplicarono manifestazioni, scioperi e proteste di piazza che presto degenerarono in aggressioni feroci. Le violenze raggiunsero un punto di non ritorno con il pogrom di Sumgait del febbraio 1988, in cui bande armate di azeri assaltarono i

RUSSIA

GEORGIA

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CASP

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AZERBAIGIAN ARMENIA TURCHIA

Nagorno-Karabakh

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Uno dentro l’altro

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I territori di Armenia e Azerbaigian con l’enclave armena del Nagorno-Karabakh (in giallo) e l’exclave dell’Azerbaigian Naxçıvan.

IO

Il bilancio: 30mila morti e un milione di profughi quartieri armeni (vedi riquadro nell’altra pagina). Mosca era ormai incapace di gestire l’ordine pubblico e nel novembre 1989, in concomitanza con la caduta del muro di Berlino, rinunciò definitivamente all’amministrazione speciale sulla regione, che tornò sotto il diretto controllo di Baku (la capitale azera). Il mese dopo, il Soviet supremo armeno promulgò l’atto di annessione del Nagorno-Karabakh scatenando di nuovo la violenta reazione dell’Azerbaigian. La contesa sfociò in un conflitto etnoterritoriale durato circa cinque anni e mai realmente concluso, che ha provocato quasi 30mila morti e oltre un milione di profughi, tra armeni costretti a spostarsi dall’Azerbaigian e azeri indotti ad abbandonare il territorio dell’Armenia e dei distretti vicini. Sul piano strettamente bellico, gli armeni del Nagorno-Karabakh appoggiati dalla Repubblica armena sconfissero l’Azerbaigian e conquistarono un’indipendenza di fatto con il nome di Repubblica dell’Artsakh. Da allora i due Paesi non hanno mai raggiunto una pace definitiva ma soltanto un cessate il fuoco periodicamente scosso da scontri armati. L’accordo sottoscritto il 5 maggio 1994 prevedeva l’interruzione delle ostilità e il rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ma da allora permane una situazione di latente conflittualità


MONDADORI PORTFOLIO/ZUMA PRESS

Dopo le bombe

STANISLAV KRASILNIKOV/TASS/SIPA /MONDADORI PORTFOLIO

Preghiera nella cattedrale di Shusha, danneggiata dai bombardamenti azeri (ottobre 2020). A destra, una donna di Stepanakert (Nagorno-Karabakh) difende la sua casa con un fucile, durante i bombardamenti azeri (ottobre 2020).

sulla linea di demarcazione tra l’autoproclamata repubblica dell’Artsakh e l’Azerbaigian, che in varie occasioni è sfociato in episodi di violenza.

SITUAZIONE ESPLOSIVA. «Sul piano storico, culturale e demografico gli armeni hanno nella regione un peso maggiore rispetto agli azeri», sottolinea Ferrari. «L’Azerbaigian insiste sul rispetto della propria integrità territoriale, mentre l’Armenia invoca invece il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Entrambi i principi sono riconosciuti dal diritto internazionale, sebbene siano in netto contrasto tra loro. Ma dal punto di vista giuridico ancora oggi il Nagorno-Karabakh fa parte dell’Azerbaigian». Gli scontri tra armeni e azeri che stiamo vedendo oggi sono i più violenti degli ultimi anni e rischiano di innescare tensioni ben oltre i confini dei contendenti. Conclude Ferrari: «Quel conflitto che un tempo era “congelato”, sta diventando pericoloso perché l’Armenia, da sempre vicina a Mosca, fa parte dell’alleanza militare russa ed è un alleato della Russia nel Caucaso Meridionale. L’Azerbaigian è invece alleato della Turchia, membro della Nato. La situazione è dunque potenzialmente esplosiva anche a • livello internazionale».

Volontari

Un soldato armeno di inizio secolo, addestrato dall’esercito russo per combattere gli ottomani.

Una spirale di sangue

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l pogrom contro gli armeni compiuto a Sumgait nel 1988 è considerato la miccia del conflitto in Nagorno-Karabakh. I massacri iniziarono il 27 febbraio nella città situata alle porte di Baku. Gruppi di estremisti azeri assaltarono in pieno giorno i quartieri abitati dagli armeni scatenando una feroce caccia all’uomo. Armati con mazze di ferro, asce, coltelli e taniche di benzina devastarono decine di case, negozi e botteghe, facendo ripiombare per due giorni la comunità armena nel clima del genocidio del 1915. Il numero totale delle vittime dei disordini non è mai stato accertato: secondo alcune fonti furono almeno trecento. Dopo la strage, Gorbaciov convocò i capi di partito delle due regioni e incaricò la segreteria del Comitato centrale del Pcus di studiare il caso del Nagorno-Karabakh per cercare di evitare che gli scontri degenerassero in una guerra aperta. Ma fu tutto inutile. Occhio per occhio. I fatti di Sumgait segnarono una frattura insanabile e da quel momento in poi si moltiplicarono le azioni vendicative di rappresaglia. Un altro violento pogrom anti-armeno si verificò nel gennaio 1990 a Baku, dov’erano rimaste poche migliaia di armeni, perlopiù vecchi e malati. Le violenze causarono decine di morti e spinsero Mosca a dichiarare lo stato di emergenza e a inviare le truppe sovietiche per tentare di ristabilire l’ordine. Due anni più tardi, il 26 febbraio 1992, furono invece le truppe armene ad attaccare il villaggio di Khojaly, non lontano da Stepanakert, decimando la popolazione azera. Con quel massacro l’esercito armeno volle vendicare le vittime di Sumgait, di cui proprio in quei giorni ricorreva il quarto anniversario.

Violenza chiama violenza

Manifestanti azeri in piazza a Baku per ricordare le vittime del massacro del 26 febbraio 1992: le truppe armene trucidarono gli abitanti del villaggio di Khojaly per vendicare l’eccidio di Sumgait (1988). 91

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Contrasto (2)

I GRANDI TEMI IL GOLPE BORGHESE

La mente

Il principe Junio Valerio Borghese (1906-1974, nell’altra pagina, con la sigaretta): uscito dal Msi, fonda nel 1968 il Fronte Nazionale e nel dicembre 1970 organizza il golpe. In alto a destra, il 17 marzo 1971 il quotidiano Paese Sera rivela all’Italia il tentativo di golpe.

La notte del 7 dicembre 1970 la democrazia italiana rischiò di cadere per un tentativo eversivo. Ecco chi lo organizzò e perché rinunciò. di Riccardo Michelucci

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l 7 dicembre 1970, in una notte flagellata dalla pioggia inizia l’operazione “Tora Tora”. Niente a che vedere con l’attacco giapponese a Pearl Harbor, è solo una fonte di ispirazione per il nome. Siamo a Roma, e Tora Tora è un tentativo di colpo di Stato. A dirigerlo, il principe Junio Valerio Borghese (1906-1974), dalle stanze della sede romana del Fronte Nazionale, il movimento politico di estrema destra che lui stesso ha fondato due anni prima. Il complotto è stato pianificato nei minimi dettagli per dare l’assalto ai centri nevralgici del Paese. I bersagli principali sono il ministero della Difesa, il ministero dell’Interno, la Rai, le centrali telefoniche e quelle telegrafiche. Obiettivo: scatenare il caos nel Paese colpendo il cuore dello Stato; il piano prevede infatti anche il rapimento del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e l’assassinio del capo della Polizia Angelo Vicari.

I PROTAGONISTI. Tra i congiurati ci sono figure affiliate ai movimenti neofascisti e membri di spicco dell’Esercito e del Corpo forestale. Il comando operativo è in un cantiere edile del quartiere di Montesacro,

La congiura del

principe

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ma un altro gruppo aspetta ordini nella palestra dell’Associazione paracadutisti al comando dell’ex tenente Sandro Saccucci. Un commando si introduce nell’armeria del Viminale impossessandosi di armi e mitragliatrici. Nel frattempo il generale dell’Aeronautica Giuseppe Casero e il colonnello Giuseppe Lo Vecchio hanno preso posizione al ministero della Difesa e una colonna di automezzi con a bordo 200 forestali armati è arrivata vicino al centro di produzione Rai di via Teulada. Anni dopo si verrà a sapere che per assassinare Saragat e Vicari erano arrivati apposta dalla Sicilia killer di Cosa Nostra. Borghese ha già pronto il proclama da leggere a golpe avvenuto: “Italiani, l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di Stato, ha avuto luogo. La formula politica, che per un venticinquennio ci ha governato e ha portato l’Italia sull’orlo dello sfacelo economico e morale, ha cessato di esistere. Nelle prossime

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CONTRASTO (5)

I militari erano davanti ai ministeri chiave e alla sede della

CRO N O LO G I A

Un lungo braccio di ferro

Settembre 1968: Junio Valerio Borghese fonda il Fronte Nazionale con lo scopo di “sovvertire le istituzioni dello Stato con disegni eversivi”.

1969: inizia la progettazione del golpe. Vengono formati gruppi clandestini armati con stretti rapporti con alcuni vertici militari.

7-8 dicembre 1970: scatta l’operazione Tora Tora, ma il principe Borghese la blocca all’improvviso.

1971: la Procura di Roma spicca i mandati d’arresto per Borghese e altre menti del golpe con l’accusa di usurpazione dei poteri dello Stato.

1974: viene riaperta l’istruttoria e la Procura spicca nuovi ordini di arresto.

1977: inizia il nuovo processo per 48 imputati.


Il comandante della Xa Mas

Nell’altra pagina, da sinistra: Mussolini e Junio Valerio Borghese a Milano, nel 1944; reparti della Guardia forestale del colonnello Berti, che prese parte agli eventi del 1970; Borghese, comandante della Xa Flottiglia Mas: durante la Seconda guerra mondiale il principe, ufficiale della Regia Marina, condusse blitz spettacolari a Gibilterra e nel porto di Alessandria d’Egitto.

Rai. Mancava solo l’ordine di Borghese, che non arrivò ore vi verranno indicati i provvedimenti più immediati e idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della nazione. Le forze armate, le forze dell’ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della nazione sono con noi, Giulio Andreotti mentre possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli che volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Soldati di terra, di mare e dell’aria, a voi affidiamo la difesa della patria e il ristabilimento dell’ordine interno”. Quel proclama non sarebbe mai stato letto.

Gli americani

1984: la Corte d’Assise assolve tutti gli imputati con formula piena.

1993: durante il processo a Giulio Andreotti per associazione mafiosa emerge il coinvolgimento di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta nel golpe.

2004: desecretati i documenti che provano come l’ambasciata Usa in Italia fosse a conoscenza del piano golpista prima della sua messa in opera.

Due uomini chiave della Casa Bianca, forse coinvolti negli eventi: Kissinger (con gli occhiali), allora consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Nixon, e l’allora ambasciatore Usa a Roma, Graham Martin (a sinistra). Nel tondo, Giulio Andreotti.

CONTRORDINE. Il golpe era ormai in fase avanzata quando lo stesso Borghese fermò tutto. Le armi restarono al Viminale, la Forestale tornò a Cittaducale – da dov’era partita – e i paracadutisti rientrarono in palestra. Perché il contrordine? Qualcuno ipotizzò che fosse stata la pioggia scrosciante di quella notte a far saltare i piani. Le vere motivazioni furono politiche. Borghese scappò all’estero per evitare l’arresto e dalla tv svizzera rivendicò il progetto mancato. «Il principe informò i suoi che l’operazione era saltata per la mancata collaborazione di ufficiali che avrebbero dovuto aprire il portone del ministero della Difesa», spiega Nicola Tonietto,  storico dell’Università di Trieste. 95

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CONTRASTO (3)

Ci vollero anni per capire che non si trattava di un golpe da operetta, ma di un vero piano eversivo «Ma secondo una delle tesi oggi più accreditate, a fermarla sarebbero stati gli americani, il cui coinvolgimento è emerso nei processi degli Anni ’90 sulle stragi di piazza Fontana e piazza della Loggia. Anche i vertici dei servizi segreti, con i quali il principe intratteneva rapporti, si convinsero a interrompere l’operazione e sfruttarono la situazione come monito in funzione anticomunista. Infatti si dice che quella notte i dirigenti del Pci non dormirono nei loro letti. Borghese ha raccontato in un memoriale che a dare il contrordine non fu lui, ma il dirigente della Rai Gilberto Bernabei, su ordine di Andreotti». Nell’immediato gli italiani rimasero all’oscuro del tentato golpe. L’8 dicembre il governo e i poteri dello Stato si comportarono come se niente fosse accaduto. L’ordine fu di non parlarne o di minimizzare. Si scoprì tutto tre mesi dopo, quando il quotidiano Paese Sera il 17 marzo 1971 uscì con il titolo: Scoperto piano di estrema destra. Il giorno dopo, il sostituto procuratore di Roma Claudio Vitalone firmò i mandati d’arresto per

tentativo di insurrezione armata contro lo Stato nei confronti degli esponenti della destra extraparlamentare Mario Rosa e Sandro Saccucci, dell’affarista Giovanni De Rosa e dell’imprenditore edile Remo Orlandini. Il 19 marzo viene raggiunto da un mandato anche Borghese, che si era rifugiato nella Spagna franchista. La Procura fu poi costretta ad archiviare l’indagine per mancanza di prove. L’istruttoria venne riaperta nel 1974, quando il ministro della Difesa Giulio Andreotti consegnò un rapporto del servizio segreto militare che gettava nuova luce sul piano eversivo. Il processo fu istituito solo tre anni più tardi e nel 1984 la Corte d’Assise d’appello assolse da tutte le accuse un’ottantina di imputati tra generali, colonnelli e neofascisti. La Cassazione confermò le assoluzioni sostenendo che il tentativo eversivo era riconducibile a un “conciliabolo di quattro o cinque sessantenni”, e spiegò persino che la presenza di una colonna di mezzi militari e quasi 200 uomini della Forestale appostati davanti alla Rai era stata una coincidenza.

Nel mirino

RETROSCENA. «Oggi possiamo sostenere con certezza il contrario», sostiene Tonietto. «Non fu quel gesto da operetta descritto dalla magistratura bensì un evento serio che, al pari di successivi, come la Rosa dei venti e il tentato golpe di Edgardo Sogno, va inserito nella “strategia della tensione” di quegli anni. Al golpe Borghese non parteciparono solo i gruppi di estrema destra intenzionati a prendere il potere, ma anche esponenti di alto livello dell’Esercito e dei servizi segreti». In seguito sono emersi inquietanti

Giuseppe Saragat, presidente della Repubblica, e Angelo Vicari, capo della Polizia, erano fra gli obiettivi dei golpisti. In alto, il processo agli attentatori nel 1978.

Giuseppe Saragat

Angelo Vicari

retroscena. Le rivelazioni dei pentiti mafiosi al processo contro Andreotti e il rapporto conclusivo della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 hanno documentato il coinvolgimento di Cosa Nostra, della ‘Ndrangheta e della loggia segreta di Licio Gelli. Il piano di Borghese fu il più grave attentato alla democrazia italiana organizzato nel Secondo • dopoguerra.

Il principe nero

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unio Valerio Borghese, classe 1906, soprannominato “il principe nero” a causa delle sue simpatie per la destra estrema, era davvero un principe, in quanto discendente della nobile famiglia Borghese. Negli ambienti militari era un personaggio molto noto. Ufficiale della Regia Marina durante la Seconda guerra mondiale, divenne comandante della Xa Flottiglia Mas al tempo della Repubblica di Salò. Le operazioni contro le navi britanniche condotte a bordo del suo sommergibile gli valsero una medaglia d’oro, ma al termine del conflitto fu condannato a dodici anni di reclusione per le repressioni anti-partigiane effettuate dalla Xa Mas. Fu avvelenato? L’Amnistia Togliatti (provvedimento promulgato nel 1946) lo riportò in libertà quasi subito. Dopo una militanza nel Msi (di cui fu presidente dal 1951), nel 1968 fondò il Fronte Nazionale ottenendo l’appoggio di ambienti politici, economici e militari vicini all’estrema destra. Dopo il fallimento del colpo di Stato, Borghese si rifugiò in Spagna e qui rimase fino alla morte, avvenuta a Cadice il 26 agosto 1974 in circostanze mai del tutto chiarite. Ufficialmente morì a causa di una pancreatite acuta ma secondo alcuni il “principe nero” fu avvelenato da persone a lui vicine per coprire presunte complicità dei servizi segreti. Il processo di primo grado agli imputati del tentato golpe si tenne tra il 1977e il 1978 .


NEI PROSSIMI NUMERI IN EDICOLA DAL 22 DICEMBRE CON TANTE ALTRE STORIE E PERSONAGGI LE ARMI SPORCHE

Gli antichi non esitavano a usare le armi batteriologiche, specie durante gli assedi (sotto quello di Gerusalemme nel 70 d.C.): animali infetti, cereali avariati, fonti avvelenate, fumi tossici...

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ANTICHITÀ

COSTRIZIONI

Da dove viene la parola di cui tanto si discute in questi giorni? E quando è stata applicata nei secoli questa dura misura di limitazione della libertà? In Francia hanno iniziato nel Trecento, in Italia l’ultima volta è stata il 17 ottobre scorso.

PRIMO PIANO

DANTE, UN CERVELLO IN FUGA

Il padre della nostra lingua visse in esilio per 20 anni, privato dei beni e della sua casa. Perché in un’Italia scossa dal conflitto tra guelfi e ghibellini, Dante si schierò. Viaggio nel Basso Medioevo, il tempo in cui visse il Sommo poeta, e nelle sue vicende meno note.

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Accertamento Diffusione Stampa Certificato n. 8433 del 21/12/2017

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