Focus 338 - Dicembre 2020

Page 1

Mensile: Austria € 8,20 / Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo (cont.), Spagna € 7,00 / MC, Côte d’Azur € 7,10 / Germania € 10,00 / Svizzera Chf 8,90 – C.T. Chf 8,40 / USA $ 12,00. Poste Italiane / Spedizione in A.P. D.L. 353-03 art. 1, Comma 1 / Verona CMP

SCOPRIRE E CAPIRE IL MONDO

338

21 NOVEMBRE 2020 DICEMBRE 2020 € 3,90 IN ITALIA

NUMERO SPECIALE IN OCCASIONE DEL FESTIVAL

FOCUS LIVE ABBIAMO CHIESTO A

LUCA PARMITANO

DI IDEARE CON NOI IL GIORNALE DI QUESTO MESE

UN ASTRONAUTA IN REDAZIONE

MISSIONE

SPAZIO TERRA L’ESPERIMENTO LO SCIENZIATO PARALIZZATO CHE DIVENTERÀ UN CYBORG

ASTRONOMIA COME SI CERCANO I PIANETI DOVE PUÒ ESSERCI LA VITA

EMERGENZE VIRUS DI OGGI E DI DOMANI: LA LEZIONE DI COVID-19

SCARICA LA APP INQUADRA E ANIMA LA COPERTINA!


338 DICEMBRE 2020

www.focus.it

Scoprire e capire il mondo PRISMA

13 Gli insetti in numeri 14 Piccola fisica 19 Il caro estinto 20 La foto curiosa 23 Come natura insegna 24 Parlare col gatto 26 Prisma sonoro

17

Come è andata la missione MOSAiC

Riusciremo a contare tutti gli alberi del mondo

23

dossier frontiere 34 ORGANI STAMPATI IN 3D

La promessa per il futuro è offrirci cuori o polmoni creati per ogni malato.

40 DIVENTERÒ UN CYBORG

Lo scienziato Peter Scott Morgan, malato di Sla, sta testando un vero avatar di se stesso, che comunica al suo posto.

CACCIA DI ALTRI 60 AMONDI

Oltre il Sistema solare sono stati scoperti più di 4mila pianeti. Ospiteranno anche la vita?

68 SPAZIO ALLE INVENZIONI

Andare nello spazio porta vantaggi per tutti. Grazie alle tecnologie sviluppate che entrano negli oggetti di tutti i giorni. E migliorano la nostra salute.

46 A LEZIONE DAL VIRUS

Quali insegnamenti possiamo trarre da Covid-19?

52

RITORNO DAL FUTURO

Quando si rientra dallo spazio, non ci si può riposare.

58 I NUMERI DELL’ESA

Satelliti, missioni, astronauti: lo sforzo titanico dell’Agenzia Spaziale Europea.

84 E SE ALESSANDRO MAGNO...

90 ORDINE E DISORDINE

storia

... non fosse morto così giovane?

comportamento

Il primo è utile e rende il lavoro più semplice. Ma non deve essere eccessivo. Il secondo è meglio non diventi un sistema. Sebbene un po’ di caos aiuti.

In copertina: Foto grande; Lauren Harnett/Nasa/Jsc: In basso da sinistra; stampa 3D, Reuters/Contrasto; Nasa; Reuters/Contrasto.

74 L’UNIVERSO INVISIBILE

La materia oscura è uno dei grandi misteri della scienza moderna: da che cosa è composto il cosmo?

81 QUESTO È FOCUS LIVE

Come assistere – dal vivo o in differita – all’edizione 2020 del nostro festival.

46

Il vaccino non farà sparire SARS-Cov2, ma ne ridurrà la circolazione Focus | 3


96 E COME ESTINZIONI scienza

La storia della vita sulla Terra è un lungo percorso di morti e rinascite. Ma all’orizzonte potrebbe esserci un’altra estinzione di massa. Causata da noi.

128

104 IN CHE LINGUA FISCHI?

mondo

Sono almeno 70 le lingue tradizionali fischiate. Nate quando non esistevano cellulari e bisognava comunicare a distanza. Molte sono ancora in uso.

Come funziona il Mose di Venezia

111 COMUNICARE CON IL TATTO

tecnologia

La ricerca della Lega del Filo d’Oro per le persone sordocieche.

95

114 QUESTI PAZZI PAZZI RECORD

società

Un aiuto per essere più efficaci? In edicola con Focus il manuale per migliorare la produttività

Pistole ad acqua enormi, vasche da bagno a motore... Per entrare nei Guinness, oggi i primati bisogna soprattutto saperseli inventare!

104 Una gara di fischi in Irlanda del Nord

RUBRICHE

6 L’oblò 121 Domande & Risposte 145 MyFocus 151 Giochi

128 COME FERMARE IL MARE

tecnologia

Dai grandi sbarramenti olandesi al Mose di Venezia, fino ai piani futuristici di chiusura del Mare del Nord. Così l’uomo mette un freno alla forza delle onde.

136 LA DOMESTICAZIONE DELLE PIANTE

natura

Il pomodoro delle origini era come un mirtillo. E le banane avevano i semi. Così frutta, verdura, cereali sono stati modificati dall’uomo.

124 Perché le balene sono così grandi?

4 | Focus

Ci trovi anche su:


Focus

L

FRONTIERE

o scorso agosto, il 62enne esperto di robotica Peter Scott Morgan, affetto da Sla, malattia che immobilizza progressivamente tutti i muscoli del corpo compresi quelli facciali, ha raccontato di volersi trasformare in un cyborg, sostituendo man mano gli organi che non funzionano più. E dopo essersi fatto applicare un miniventilatore al collo per garantire la respirazione e un tubo nello stomaco per l’alimentazione, mira a “indossare” un esoscheletro intelligente per tornare a camminare. «Entro due anni», ha scritto nel suo blog, «avremo innovazioni rivoluzionarie in questo campo, perché la tecnologia esiste già». SENSORI A INFRAROSSI La sfida più audace sulla strada del “ritorno alla normalità” che Scott Morgan sta affrontando riguarda però la capacità di comunicare. Nel 1996, passò alla storia il caso del giornalista francese Jean-Dominique Bauby che, nonostante fosse stato

colpito dalla sindrome locked-in (il cervello resta attivo mentre il corpo è immobile), scrisse il best seller Lo scafandro e la farfalla, dettandolo lettera per lettera a una persona che interpretava il movimento dell’unico muscolo che ancora gli funzionava, quello della palpebra sinistra. Da quell’epoca, però, scienza e tecnologia hanno permesso ad altre persone in condizioni simili di uscire dal silenzio. A beneficiarne per esempio è stato uno degli scienziati più famosi del mondo, Stephen Hawking, anche lui affetto da Sla e per questo privo dell’uso della parola dal 1985: dapprima in grado di usare un dito per selezionare 15 parole al minuto pronunciate da un sintetizzatore vocale, si è dovuto poi affidare, per comunicare, al movimento della guancia sinistra, rilevato da un sensore a infrarossi posizionato sugli occhiali. Poi nel 2015, a causa del peggioramento della malattia, si è ridotto a scrivere solo due parole al minuto, e ha chiesto ai ricercatori di Intel, che quindici anni prima avevano creato per lui un’efficiente interfaccia uomo-macchina, di trovare nuove e più adatte soluzioni.

Trasformatemi in CYBORG Con la collaborazione degli scienziati di Intel, l’esperto di robotica Peter Scott Morgan, malato di Sla, sta testando un vero avatar di se stesso, che comunica al suo posto. INNOVATRICE Lama Nachman, direttrice dell’Anticipatory Computing Lab di Intel. Ha permesso a scienziati come Hawking e Scott Morgan, colpiti da Sla, di comunicare e scrivere libri.

40 | Focus

Intel

di Marco Consoli


SPIRITO INDOMITO A sinistra, Scott Morgan con il supporto che gli permette di stare in piedi, seduto e sdraiato (sopra, il suo aspetto nel 2005, prima che si ammalasse di Sla).

Luca Parmitano

Intel

È fondamentale portare alla luce anche le tecnologie con risvolti etici controversi. Perché, se una tecnologia esiste, non si può pensare di non utilizzarla: se diventa applicabile, le persone la vorranno usare e vorranno sapere in che modo. Occorre quindi cominciare a parlarne per arrivare a regolamentarla. Solo così l’impiego sarà poi quello più giusto Focus | 41


SCANSIONAMI Il viso di Scott Morgan è stato scansionato in modo che, diventando immobile, fosse possibile creare un avatar che dallo schermo parlasse con le sue stesse espressioni. Sotto, Stephen Hawking al lavoro.

PREDIRE LE PAROLE «Il suo problema non era solo aumentare la velocità della comunicazione ma usare il computer per scrivere e-mail, fare ricerche su Internet, scrivere libri», spiega Lama Nachman di Intel, direttrice dell’Anticipatory Computing Lab dell’azienda, e a capo del team incaricato di aiutarlo. «La gran parte dell’interazione con un pc richiede il movimento di un mouse, che è difficile da emulare, perciò abbiamo riscritto il software per consentire a Hawking di selezionare tra una serie di opzioni a seconda che dovesse scrivere, comunicare a voce, navigare sul Web e così via. Inoltre abbiamo migliorato il programma in grado di predire e completare le parole in base al contesto, aumentando così la velocità della performance». Anziché spostare il cursore utilizzando la guancia e muoverlo per aprire i vari menu a tendina per poi selezionare un file, Hawking poteva con un solo comando attivare la ricerca del file o altre funzioni. Questa esperienza ha condotto alla realizzazione di un soft­ ware chiamato ACAT, che i ricercatori di ogni parte del mondo possono modificare per trovare soluzioni adatte ai differenti bisogni delle persone in difficoltà. «Una delle sfide maggiori riguarda il fatto che ciascuno di loro è diverso», spiega Nachman. «Per esempio, persone con la stessa malattia, diciamo la Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica), riescono a muovere muscoli diversi, e quindi è necessario usare tecnologie differenti per catturare il movimento di una palpebra, un sopracciglio o altro ancora, trasformandolo in input per comandare il computer». Enormi passi avanti sono stati fatti in questo campo grazie a sensori a infrarossi, telecamere che catturano meglio le sfumature dei movimenti facciali, software di autocompletamento dei vocaboli e di sintesi della voce, ma una spinta ulteriore potrebbe venire ora dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale. 42 | Focus

Horst Friedrichs/Anzenberger/Contrasto

Cardiff Productions

Peter Scott Morgan permette al sistema, che lavora con l’intelligenza artificiale, di indovinare che cosa sta per dire. E di imparare dagli errori

IPOTIZZARE LE RISPOSTE È a questo che ha pensato Peter Scott Morgan, quando ha contattato proprio Nachman per trovare un modo di continuare a comunicare col mondo. «Per Peter all’inizio abbiamo usato il tracking degli occhi, che con Hawking non funzionava, e con cui poteva selezionare le parole sul monitor per rispondere alle domande», spiega la scienziata. «Ma anche usando un software predittivo, per completare più velocemente le parole e la frase, la comunicazione era comunque molto lenta. Per questo abbiamo creato un sistema basato sull’intelligenza artificiale in grado di ascoltare la domanda, comprenderla, e ipotizzare una risposta in base all’argomento trattato, che lo stesso Peter può manipolare a piacimento, selezionando le parole per scegliere quella da affidare al sintetizzatore vocale. Per ottenere ciò abbiamo dovuto addestrare il sistema, in modo che le risposte non fossero troppo generiche, permettendo al software di imparare dall’utilizzo che Peter ne fa». Quando l’intelligenza artificiale lavora insieme all’essere umano la comunicazione che ne deriva, per il momento, non può che essere un com-


Channel4

COL RESPIRATORE Peter Scott Morgan nella sua casa nel Devon (Regno Unito). Per facilitare la respirazione, si è fatto impiantare un apparecchio in gola che però gli impedisce di parlare. Al suo posto parla il suo avatar (nello schermo che ha sul petto), che riproduce alla perfezione il suo viso e la sua voce, cambiando anche il tono.

Il prossimo passo sarà consentire a un software di leggere i pensieri e comunicarli agli altri

promesso. «È una scelta personale: Stephen Hawking voleva il controllo su ogni singola parola, mentre Peter è pronto ad abbracciare i suggerimenti dell’IA. Bisogna considerare che l’atteggiamento di una persona può essere serio, sarcastico, divertente, e cambia in base al contesto e dunque il sistema deve imparare le sfumature della nostra personalità e usarle in modo appropriato».

CERVELLO CHE PARLA Quanto alla voce, che è parte dell’identità di una persona, anche qui sono stati fatti passi da gigante: «Peter ne utilizza una che è stata creata a partire dalla propria, registrata quando ancora poteva parlare, grazie al software Cereproc. Questo è un altro campo in cui si stanno facendo enormi progressi, che consentiranno di replicare la voce di chiunque a partire da una quantità di dati sempre più ridotta». Il futuro delle tecnologie di questo tipo è pieno di promesse ma apre anche nuove sfide e interrogativi, visto che si parla sempre di più dello sviluppo di sistemi che trasformano il pensiero in input per le macchine. «Le interfacce cervello-computer apriranno nuovi scenari, soprattutto per chi ha la sindrome locked-in e quindi non può muovere proprio nulla, ma siccome il segnale misurato sull’encefalo attualmente non è molto accurato, c’è bisogno di addestrare il computer per essere sicuri che interpreti correttamente la lettera, la parola, la frase o l’immagine visualizzata dalla persona. Inoltre, dato che si tratta di sistemi da cui dipendono tutte le funzioni quotidiane dell’individuo, è necessario che siano affidabili e preservino la privacy di chi li utilizza». La storia di Peter Scott Morgan è stata descritta da alcuni me44 | Focus

dia come quella di chi vorrebbe fondersi con l’intelligenza artificiale o addirittura sopravvivere al proprio corpo, caricando la propria coscienza online. Del resto, c’è anche chi è convinto che questo prima o poi succederà: Michael Graziano, professore di neuroscienze a Princeton, per esempio, ritiene che sia solo questione di tempo e che si potranno “scannerizzare, mappare e archiviare i dati di ogni connessione neuronale del cervello di una persona”. L’opportunità per gli scienziati di rendere possibile questo scenario, dice però Nachman, è una questione da discutere con chi si occupa di bioetica: «posso dire che noi non abbiamo intenzione di creare un’intelligenza artificiale che si sostituisca all’essere umano, ma una che collabori con lui, con un reciproco apprendimento e una progressiva evoluzione». Frontiere della ricerca scientifica e tecnologica che hanno una ricaduta per tutti: «Aiutare persone con varie forme di disabilità permette di spingere al limite la tecnologia, perché i problemi da risolvere sono tanti quanti quelli degli individui in difficoltà», dice Nachman. «Soluzioni come il riconoscimento visivo, la sintesi vocale e la predizione dei vocaboli possono rivelarsi utili per ognuno di noi: basti pensare ai sistemi di riconoscimento della voce, inizialmente progettati per aiutare chi non può più muovere le mani, e ampiamente utilizzati oggi nella funzione di assistente vocale sullo smartphone».


ORDINE

comportamento

È utile e rende il lavoro più semplice ed efficiente, lo dicono vari studi. L’importante è che non sia eccessivo.

TEST HAI BISOGNO DI ORDINE? RISPONDI ALLE DOMANDE INQUADRA LA PAGINA CON LA APP

DENTRO E FUORI Una scrivania ordinata aiuta a concentrarsi, perché spesso la mente, in un ambiente caotico, si mette in allarme.

90 | Focus

Shutterstock

INFO A PAGINA 5


Meglio che non diventi un sistema (e che non si esageri), ma a volte un po’ di caos può aiutare la produttività.

Getty Images

di Elena Meli

TRA MILLE PENSIERI Il disordine adolescenziale è la spia del fatto che le connessioni del cervello sono in continuo rimodellamento.


O

Il disordine sovraccarica la mente, e la distrae da

rganizzare scrivanie improvvisate per lavorare o studiare gomito a gomito coi familiari: negli ultimi mesi la pandemia ci ha costretto spesso in spazi più ristretti del solito, a fare i conti con la propensione per l’ordine, nostra e altrui. C’è chi lavora sereno solo su un tavolo sgombro e in stanze minimali, chi invece vive circondato da un guazzabuglio di carte, libri e suppellettili. Ma l’ambiente esterno può influenzare le prestazioni del cervello? Il disordine in casa o in ufficio può essere “creativo” o al contrario ci confonde le idee? INCAPACI DI PROGRAMMARE La ricerca scientifica per lo più dà ragione a Marie Kondo, la guru giapponese dell’arte del riordino che in quattro e quattr’otto rassetta armadi, dispense e case intere con precisione chirurgica: tanto che Elizabeth Sander, psicologa della Bond University in Australia, ha per esempio dimostrato che l’ordine, la bellezza

e l’assenza di caos dell’ambiente in cui lavoriamo è correlato a risposte cognitive ed emotive migliori. «La disorganizzazione non piace al cervello perché drena le sue risorse e riduce la capacità di concentrazione: pile di fogli, tazze sporche, oggetti buttati alla rinfusa sulla scrivania distraggono la mente, creano una specie di sovraccarico di informazioni visive che compromette anche la memoria di lavoro». La produttività e la chiarezza di pensiero ne risentono, come ha confermato uno studio del Princeton Neuroscience Institute: indagando l’attività cerebrale di alcuni volontari in ambienti domestici e lavorativi più o meno confusionari, Stephanie McMains ha verificato che fare ordine regala una miglior capacità di attenzione e di elaborazione delle informazioni, con un beneficio netto sulla resa cognitiva. Come se non bastasse, un ambiente disorganizzato e caotico porta anche a rimandare di più le incombenze: chi ha una scrivania sommersa di carte e faldoni buttati là senza un criterio preciso tende a procrastinare più di chi lavora fra

Mondadori Portfolio

ORGANIZZATA Marie Kondo ha fatto della sua abilità nel riordino degli spazi una professione, quasi una filosofia. I suoi metodi sono diventati libri di successo.

CONSIGLI PER LA CASA, L’UFFICIO E L’HOME OFFICE

1

Quando si decide di riordinare, mai puntare al riordino di tutta la casa in una volta sola: occorre iniziare da uno spazio o un mobile piccolo, procedendo per tappe. Per ogni oggetto, chiedersi sempre se è davvero utile e dove serve, per trovare la sistemazione ideale a tutto.

92 | Focus

2

Tutti gli oggetti dello stesso tipo dovrebbero essere messi nello stesso posto: il cassetto della scrivania dedicato a fogli, quaderni e blocchi per appunti va separato da quello in cui si tengono buste, inserti e cartelline, la libreria va suddivisa a settori diversi per argomento o genere, e così via.

3

Creare un “cassetto misto”. Serve per tutti gli oggetti non assimilabili ad altri: è bene però non averne troppi (se ci sono tanti oggetti di uno stesso tipo, vanno classificati in un cassetto apposito) e può essere un’utile “ginnastica mentale” riorganizzarli di tanto in tanto spostando le cose.


fascicoli impilati per priorità. «La disorganizzazione e la tendenza a temporeggiare hanno un fondo comune: mettere a posto le proprie cose scegliendo che cosa buttare o meno richiede tempo ed è un compito che molti non amano», spiega Joseph Ferrari, docente di psicologia alla DePaul University di Chicago (Usa) che ha dimostrato come chi è più disordinato tenda a rinviare gli impegni in ufficio, finendo però per essere anche più insoddisfatto delle proprie performance lavorative. IL “MACELLO” METTE PIÙ A DISAGIO LEI L’effetto negativo sul cervello della disorganizzazione degli ambienti sembra dipendere dallo stress indotto dal caos: volenti o nolenti, una stanza confusa e disordinata ci mette inconsciamente in allarme. Aumenta infatti il livello dell’ormone dello stress, il cortisolo, con un effetto ancora più evidente nel sesso femminile che forse dipende dal retaggio culturale. «Le donne si sentono spesso responsabili dell’ordine e quando non riescono provano maggior disagio», specifica Darby Saxbe, psicologa dell’Università della California del Sud (Usa) che ha studiato gli effetti del disordine sul grado di stress. Tutto questo ha conseguenze non solo sull’attività cognitiva, che peggiora, ma anche sul benessere in generale: alcune ricerche dimostrano che dormire in stanze disordinate per esempio facilita la comparsa di disturbi del sonno, rendendo più difficile addormentarsi o favorendo brutti sogni, e vivere in una casa caotica fa ingrassare perché si tende a mangiucchiare di più. Un ambiente confusionario può poi mettere alla prova le relazioni personali, perché, stando a dati raccolti da ricercatori del Dipartimento di Psicologia della Cornell University statunitense, il disordine impedisce di interpretare correttamente le espressioni e le emozioni dell’altro, finendo per provocare pure più litigi e discussioni. Gli altri per giunta ci giudicano proprio in base all’organizzazione dei nostri spazi: uno studio statunitense dell’Università del Michigan ha dimostrato che entrare in un ufficio ordinato (libri sugli scaffali, carte ben impilate, cartacce nel cestino) porta a giudicarne il proprietario più coscienzioso e affidabile rispetto a chi lavora in uno spazio disorganizzato (con libri per terra, fogli sparsi e così via). L’apparenza conta insomma: l’impressione, spiegano gli autori della ricerca, è che si tratti di una persona negligente e pure più irritabile e difficile da gestire. Vale perfino per l’abbigliamento: chi è poco curato viene considerato meno preparato, competente e perfino intelligente di chi si presenta in ordine, stando a dati raccolti da Eldar Shafir dell’Università di Princeton.

4

L’organizzazione per similitudine vale anche per i documenti nel computer, da mettere in cartelle che contengano solo i file di uno stesso argomento. Lo stesso vale per i faldoni di carte, che poi è bene sistemare secondo un ordine temporale (di solito si lavora con i più recenti, per arrivare a quelli vecchi basta ricordare quando ce ne siamo occupati).

5

GENIO UGUALE CAOS?

La scrivania in ordine per dare il massimo sul lavoro? Una usanza degli ultimi decenni. Prima, al genio era sempre associato uno spazio caotico e anzi, tavoli lindi erano segno di pigrizia mentale perché i cervelli brillanti non avevano certo il tempo per rimettere a posto libri e carte. Mark Twain, per dire, si faceva fotografare alla scrivania solo quando era ingombra di fogli; quella di Thomas Edison era famosa per il caos di foglietti che sbucavano da ripiani e scomparti. Qualcuno, pure nel secolo scorso, ha continuato a mantenere alto il vessillo dei disordinati dalle indubbie capacità mentali: lo studio di Albert Einstein a prima vista appare quasi impenetrabile, tanti sono i fascicoli e le scartoffie in ogni angolo, e pure Steve Jobs, spesso minimale nell’abbigliamento, aveva un home office che certo non si poteva definire ben organizzato.

Ap/LaPresse

ciò di cui deve occuparsi

LAVORO INTERROTTO La scrivania di Einstein com’era il 18 aprile 1955, giorno della sua morte.

Per risistemare facilmente dopo l’uso libri o cd già ben disposti in ordine (quello alfabetico è il migliore per ritrovare tutto), ogni volta che se ne prende uno estrarre leggermente quello di fianco, così che sia semplice ritrovare dove riporlo una volta usato.

6

Il contenitore portatutto vicino all’ingresso di casa o sulla scrivania dove mettere le chiavi, il telefono o gli occhiali è una buona soluzione per non perdere gli oggetti che più spesso si lasciano in giro e non sprecare tempo per cercarli.

Focus | 93


Mondadori Portfolio

POTENTE ANTISTRESS Quindi il cosiddetto “decluttering”, ovvero rimettere in ordine i propri spazi di vita, ha effetti positivi sul benessere e la produttività? Pare proprio di sì: studi del Dipartimento di Psichiatria e Scienze Comportamentali dell’Università di Washington (Usa) hanno mostrato che riordinare aiuta a concentrarsi perché toglie il rumore di fondo che compromette la capacità di attenzione del cervello. Come sottolinea l’autrice, Brenna Renn, «Pensiamo di essere multitasking, ma in realtà passiamo soltanto da un compito all’altro: così, se lo sfondo all’home office è un lavello colmo di piatti o una lavatrice di panni da piegare, la nostra mente sa di doversene occupare prima o poi e fatica di più a focalizzarsi sugli altri compiti. Riordinare è la soluzione, ancora di più per chi soffre d’ansia ed è quindi costantemente in stato di iper-vigilanza: per queste persone gli oggetti fuori posto possono essere una fonte di disagio ancora maggiore». Secondo la psicologa, perfino i disordinati più impenitenti possono riuscire nel decluttering: spesso il disordine deriva dall’eccesso di cose e dall’iper-attaccamento che proviamo per ciò che possediamo, che ci impedisce di separarci dagli oggetti e così rassettare stanze e scrivanie. La soluzione? «Innanzitutto acquistare di meno, poi iniziare a mettere ordine un mobile o una stanza alla volta», consiglia lo psicologo Joseph Ferrari. Anche l’ordine, però, è negli occhi di chi guarda: per qualcuno il mucchietto di posta sul mobile all’ingresso non è disordine, per altri le chiavi di casa fuori posto possono già suscitare fastidio. E ci sono poi momenti della vita in cui il caos sembra quasi la norma: chi ha un adolescente in casa sa che spesso è bene non aprire la porta della sua camera.

Per le persone ansiose vivere in un ambiente ordinato è meglio: non pensano alle cose da fare dopo

ANCHE LA CONFUSIONE HA I SUOI PREGI In effetti i giovanissimi sembrano convivere senza difficoltà con libri accatastati, panni sporchi e residui di cibo. «La confusione che circonda gli adolescenti è un problema solo per i genitori: è spesso uno dei mezzi scelti per prendere le distanze dalla

famiglia e si presenta in un momento cognitivo particolare, in cui c’è disordine anche fra le connessioni nervose, che durante l’adolescenza vengono continuamente modificate e rimaneggiate», risponde Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano. «Do-

Afp/Getty Images

CONDOMINIO PULITO, NIENTE CRIMINALI

FINESTRE ROTTE Secondo una celebre teoria basta una finestra rotta per avviare il degrado di un intero quartiere.

94 | Focus

Già nell’antica Grecia ordine e virtù erano inscindibili. Lo conferma la celebre “teoria della finestra rotta”, proposta per la prima volta nel 1982 dai due sociologi James Wilson e George Kelling: se l’ambiente è brutto e degradato siamo più portati a violare regole e leggi. Innumerevoli esperimenti lo hanno provato: se in un caseggiato c’è una finestra rotta che nessuno ripara, pian piano nella zona si cominciano irrimediabilmente ad accumulare rifiuti, poi compaiono le scritte sui muri. In capo a qualche tempo non è difficile che si verifichi nei dintorni qualche atto vandalico o un episodio di microcriminalità. Perché i “luoghi del disordine” possono essere la miccia che fa scoppiare l’atto

antisociale: quanto più un posto è trascurato, brutto e fatiscente, tanto peggio è vissuto da chi ci abita. Quartieri anonimi, male illuminati, senza una piazza per incontrarsi non incentivano buoni rapporti fra le persone ma anzi influenzano negativamente carattere e comportamenti, diseducano al rispetto, compromettono le relazioni sociali. La soluzione? Provare a percepire come nostri i luoghi della comunità: in un condominio un po’ lasciato a se stesso basta assegnare ai singoli inquilini parti di cui prendersi cura, come il cortile o un pezzetto di verde, per innescare un miglioramento dell’ambiente che farà bene alla mente (e alla sicurezza personale) di chi ci abita.


Getty Images

Getty Images

UN AIUTO DAI DUE LIBRI IN EDICOLA CON QUESTO NUMERO DI FOCUS

AL LAVORO Sopra: a sinistra uno chef in una cucina, in Germania; a destra un artigiano nella sua bottega, in India. L’ordine può dipendere anche dal mestiere e dall’ambiente culturale.

vrebbe far riflettere di più l’assenza di oggetti e l’ordine estremo, che spesso è una corazza nei confronti dell’emotività». In generale è proprio dagli eccessi che bisogna guardarsi, come aggiunge Massimo Di Giannantonio, presidente della Società Italiana di Psichiatria: «I segnali di disagio sono sempre quelli estremi: il disordine che diventa confusione e accumulo di oggetti, l’ordine che diventa ossessione maniacale per la pulizia e il “vuoto” attorno. In questi casi è opportuno chiedersi se ci sia un disturbo emotivo, altrimenti il disordine, adolescenziale o meno, non deve preoccupare troppo. Intanto perché comunque esistono profili di personalità campo-indipendenti, ovvero chi è poco influenzato dalle componenti ambientali per la performance mentale: queste persone hanno buone prestazioni di attenzione, memoria di lavoro ed elaborazione cognitiva pure in ambienti dove c’è confusione, visiva o sonora (anche il rumore è considerato disordine dal cervello, ndr). Inoltre l’ordine estremo di chi vuole fogli e penne allineate sulla scrivania può essere indice di rigidità, mentre la flessibilità nell’organizzazione degli spazi, che a un osservatore esterno può sembrare disordine, a volte sottintende creatività. Se naturalmente non si scivola in un caos in cui ci si perde». C’è insomma spazio per un piccolo elogio del disordine: uno studio di Kathleen Vohs dell’Università del Minnesota (Usa) ha sottolineato che qualche volta lavorare in uno spazio disordinato può avere i suoi vantaggi, perché favorisce la generosità e il pensiero non convenzionale oltre a stimolare nuove idee. Invece chi ha scrivanie impeccabili tende a fare quel che ci si aspetta da lui ma non di più. Del resto se lo chiedeva anche Albert Einstein, che lavorava sempre immerso in una babele di fogli e libri: «Se una scrivania ingombra di cose è segno di una mente ingombra di pensieri, di cosa è segno una scrivania completamente vuota?».

L’ORDINE MENTALE CHE FAVORISCE PRODUTTIVITÀ E COMUNICAZIONE In edicola con questo numero di Focus, in vendita a 12,90 euro ciascuno, trovate due best seller di Roberto Re, uno dei migliori formatori italiani, il cui lavoro è proprio rendere le persone più efficienti, anzi – come lui stesso dice – più efficaci. Nati per gli ambiti di lavoro, questi manuali contengono in realtà consigli per diventare persone incisive in molte situazioni. Il primo dei due libri si intitola proprio I segreti della produttività e dell’efficacia e insegna in termini chiari a sfruttare al massimo il proprio tempo e le proprie capacità. Innanzitutto automotivandosi e contemporaneamente tenendo a bada le distrazioni che potrebbero rendere improduttiva la giornata, smettendo di rimandare i compiti più sgraditi. Il manuale insegna poi come mettere a fuoco i propri obiettivi e come fissare le priorità, scegliendo tra le varie incombenze della giornata. Consiglia di puntare sul fare le cose meglio, non sul farne di

più. Occorre inoltre gestire il tempo nel modo migliore, ma senza dimenticare il benessere fisico e psichico senza il quale essere efficienti diventa molto difficile. Il secondo libro, I segreti della comunicazione, mette invece l’accento sul nostro modo di farci capire dagli altri, per renderlo più efficace. Innanzitutto il manuale aiuta a comprendere il valore delle parole e soprattutto a usare quelle giuste al momento giusto. Diventando così persuasivi. Certo, l’obiettivo è con-vincere, ma nel senso di “vincere insieme” perché una discussione proficua migliora entrambi gli interlocutori. Per arrivare a questo risultato, ricorda Re, è necessario saper comunicare le proprie emozioni e tenere sempre conto di quelle degli altri; imparando a riconoscere anche i segni del linguaggio del corpo, soprattutto i movimenti delle mani. Infine, il manuale si sofferma sulle tecniche per imparare a parlare in pubblico senza timori e come valorizzare se stessi agli occhi altrui.

Focus | 95


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.