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Non firmò i suoi QUADRI. E non conosciamo né date né luoghi in cui è nato e morto

suo quadro. E soprattutto Cecco è l’unico dei quattro della “schola” di Caravaggio di cui non si conoscono né luogo né data di nascita e di morte. Anche al suo vero nome – Francesco Boneri – si è risaliti solo all’inizio degli anni Novanta. Per questo si parla di mistero nei suoi riguardi. «È come se su di lui fosse calata una damnatio memoriae», spiega Gianni Papi, storico dell’arte che ha scritto due monografie sull’allievo, modello e pittore: lo studia e insegue da più di trent’anni.

MISTERI ROMANI. Un censimento parrocchiale del 1605 rivela che un certo “Francesco garzone” abitava con Caravaggio nelle sue stanze in affitto a Roma, in vicolo San Biagio. I due risultavano prendere la comunione insieme a messa, secondo quel documento ecclesiastico. Ma che cosa faceva un garzone di un pittore all’epoca? Macinava i colori, montava le tele sui telai: seguiva una sorta di apprendistato durante il quale familiarizzava con le basi del mestiere. Posare come modello per il maestro poteva far parte dei doveri e dormire con lui non era cosa rara nel mondo degli artisti seicenteschi. L’apprendistato col Caravaggio per il giovanissimo Cecco doveva però essere stato ben diverso: senza alcuna regola, l'unico modo di imparare era osservare il maestro mentre dipingeva dal vero, senza mai disegnare prima, in un’ambigua mescolanza di arte e vita.

Sembra che i due fossero anche compagni di avventure nelle taverne. Da lì venne, probabilmente, il soprannome di Cecco del Caravaggio, che lo bollò per secoli come un marchio indelebile, un segno di possesso. «In realtà Francesco Boneri in quanto artista venne citato due volte, dopo la morte di Caravaggio», continua Papi. «Nel 1619 si trovava nelle liste degli appartenenti all’Accademia di San Luca, e nel 1617 risultava negli elenchi dei debitori di un ingrosso di merci romane».

Un’altra traccia in questo intricato puzzle è un documento processuale, nel quale Agostino Tassi, buon pittore dell’epoca che nel 1614 lavorava al Casino di Bagnaia, nella villa acquistata dal potente cardinale Montalto, raccontava che Cecco aveva fatto parte della sua

Lezione imparata équipe. Tassi (accusato di adulterio), dichiarava di aver lavorato e dormito nella stessa stanza con lui. Cecco doveva ormai essere un artista affermato, se ingaggiato da un tale committente.

Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio, Cacciata dei mercanti dal Tempio, 1613-1615. È uno dei dipinti più importanti attribuiti al modello-allievo, ispirato alla Conversione di Matteo del maestro. Qui sotto, il suo Ritratto di giovane con il colletto a lattuga (Autoritratto?), 1615-16.

TROVATO! Dal 1620 si perde ogni traccia di Cecco del Caravaggio alias Francesco Boneri. Fino a quando il grande storico dell’arte Roberto Longhi, riscopritore anche di Michelangelo Merisi, nel 1943 con talento rabdomantico dichiarò che quattro dipinti prima attribuiti ad altri caravaggeschi erano invece dell’allievo modello del genio lombardo. Longhi però continuò a chiamare l’autore riscoperto della Resurrezione, dell’Amore al fonte, della Cacciata dei mercanti dal Tempio e del Flautista con il solito soprannome. E lo considerava di origine fiamminga o francese. Poi si fece una scoperta che cambiò tutto.

«Nel 1989 fu pubblicata una notizia minore sugli onorari agli artefici della Cappella Guicciardini, nella chiesa di Santa Felicita a Firenze», racconta Papi. «Piero Guicciardini, ambasciatore dei Medici a Roma, nel 1619 aveva reclutato a Roma tre pittori, commissionando a ciascuno una pala d’altare nella cappella di famiglia. Dai pagamenti risulta che oltre a Gherardo delle Notti, noto fiammingo, vi avevano lavorato Spadarino e Francesco Buoneri, o Boneri. Quest’ultimo, in sei documenti di pagamento veniva chiamato Boneri; tranne nell’ultimo, in cui era citato come Francesco “del Caravaggio”». Bingo! Nel 1991 lo studioso rivelò la vera identità di Cecco e che la Resurrezione presentata nel 1943 dal Longhi era la pala eseguita per Piero Guicciardini, ai tempi giudicata inadatta dal committente e venduta al ben contento cardinale Scipione Borghese, grande estimatore di Caravaggio.

Lo storico dell’arte troverà altri due dipinti di Francesco Boneri alias Cecco del Caravaggio nella collezione della storica famiglia bergamasca Pesenti. E grazie a ricerche anagrafiche si iniziò a 

Il suo VERO NOME era Francesco Boneri e forse era di Alzano Lombardo

capire che Francesco Boneri era originario della provincia bergamasca, con tutta probabilità di Alzano Lombardo (sì, proprio il comune tristemente noto per il Covid), dove i Boneri erano molti. Sembra che la sua famiglia conoscesse i Merisi ed è quindi probabile che a 12-13 anni i genitori abbiano mandato Francesco a studiare pittura a Roma, affidandolo a Caravaggio, poi tanto importante per la sua vita e la sua arte. Così diventò il Francesco garzone, il boy who laid with him, e il modello dai ricci castani, le guance rotonde e le orecchie perfette che il maestro ritrasse nella nutrita serie di quadri del periodo romano. Nonché uno dei più dotati tra i suoi seguaci.

SECONDA VITA. «Probabilmente, quando Caravaggio fuggì a Napoli per l’omicidio Tomassoni, Francesco lo seguì», ipotizza Papi. «Sarebbe stato pericoloso per lui rimanere a Roma, proprio perché era così fortemente legato all’artista condannato». Ma quando Caravaggio morì misteriosamente cercando di tornare a Roma, Francesco, ormai libero, si affermò come pittore. Producendo circa 29 opere, a quanto si sa fino a oggi, tra Roma e Napoli.

Francesco Boneri lavorò per committenti importanti, come il cardinale, Montalto che gli commissionò un prestigioso San Lorenzo, ancora oggi nella chiesa romana della Vallicella. E si ritrarrà anche lui, come il maestro, in due occasioni. Nel Ritratto di giovane uomo con colletto a lattuga, che sta nientemeno che alla Galleria degli Uffizi di Firenze e lo mostra adulto, serio. E se osservate nelle pagine precedenti la Cacciata dei mercanti dal Tempio lo vedrete: l’ultima figura sulla sinistra, il “dandy” con il cappello rosso che guarda la scena tra lo snob e lo sdegnato è l’autore, Francesco Boneri.

Della sua fine, però, non sappiamo nulla. Dal 1620, Cecco scompare senza clamore. «Morto?

Tornato a Bergamo, dalla famiglia, cambiando lavoro? Forse andato in Spagna, visto che alcuni suoi quadri vengono da lì?», si chiede Papi.

C’è quindi ancora molto da scoprire sull’allievo e modello preferito di Caravaggio. Magari si troveranno anche altri suoi dipinti. Ma per ora restano le sue opere audaci, sensuali e iperrealiste, su cui è stata organizzata la prima mostra (v. riquadro a destra). E il suo viso, il suo corpo, ritratti tante volte dal Merisi, che lo ha consegnato alle vette più alte della storia dell’arte. •

Ammiccante

Nell’audace San Giovanni Battista di Caravaggio,1602. un giovanissimo Cecco, nudo, ci sorride malizioso. Il modello era allora un adolescente di non più di 15 anni.

La mostra

ABergamo, l’Accademia Carrara presenta Cecco del Caravaggio. L’allievo modello, prima esposizione mai dedicata al più misterioso seguace e modello del grande genio lombardo. In mostra sono visibili ben 19 su 29 opere di Cecco, due magnifici dipinti del Merisi dei 7 che lo ritraggono da ragazzino in soggetti sacri (il San Giovanni Battista dei Musei Capitolini e il Davide e Golia della Galleria Borghese) e una serie di quadri di artisti cui il giovane pittore si ispirò e che da lui furono influenzati. Il percorso dell’esposizione comprende 41 opere e si divide in sei parti: Caravaggio, Cecco, Un rivale e gli amici; La radice lombarda: Giovanni Gerolamo Savoldo; Cecco del Caravaggio; I comprimari; L’influenza di Cecco; A Bergamo, dopo Cecco: Evaristo Baschenis.

Tra le opere di Francesco Boneri alias Cecco spiccano la Cacciata dei mercanti dal Tempio, Tributo della Moneta, gli scandalosi e sensuali Amore al fonte e San Giovanni Battista al fonte, San Lorenzo, Martirio di San Sebastiano, Fabbricante di strumenti musicali (“logo” della mostra) e Sibilla Eritrea. Tutti lavori che rendono bene l’idea del naturalismo spietato e crudo, dell’originalità negli impianti iconografici e del virtuosismo pittorico che raggiunse l’allievo di Michelangelo Merisi. E altro ancora. I visitatori potranno infine ammirare, nelle sale rinnovate del museo bergamasco, opere di Savoldo, Spadarino, Manfredi, Finson, Baschenis, Valentin de Boulogne e altri interessanti autori caravaggeschi. (www.lacarrara.it, fino al 4 giugno).

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