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EPS Ambientalisti e cacciatori

LA STAGIONE VENATORIA È ALLE PORTE MA I PROBLEMI RESTANO SUL TAVOLO

L’inutile scontro tra ambientalisti e cacciatori

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Con l’avvicinarsi dei calendari regionali per la prossima stagione della caccia si acuiscono, come ogni anno, i contrasti mai del tutto sopiti tra politica, associazioni ambientaliste e venatorie. Mentre la politica appare sempre più mossa da logiche elettorali, le associazioni ambientaliste risultano per la maggior parte ferme su posizioni di anacronistica e incomprensibile protezione integrale senza se e senza ma. Le associazioni venatorie, dal loro canto, appaiono sempre più in caotico movimento nel tentativo di inseguire l’idea di una impraticabile deregolamentazione. La ricerca di un giusto equilibrio si rivela, quindi, impresa a dir poco ardua, tanto che i confronti tra le parti si risolvono nella maggior parte dei casi in ricorsi davanti ai tribunali amministrativi. La virulenza della contesa - che negli anni passati ha ripetutamente intasato le aule di giustizia - è quest’anno resa più aspra dai contrasti prodotti dalla pubblicazione, a dicembre 2021, della revisione del documento previsto dall’articolo 7 della direttiva Uccelli con cui le istituzioni comunitarie fissano i periodi prenunziali (ossia la migrazione verso le zone di nidificazione). Periodi durante i quali viene interdetta l’attività venatoria. Il recente documento europeo, frutto di un lavoro d’aggiornamento iniziato nel 2018, sta producendo come era prevedibile reazioni (a dir poco) scomposte. Da un lato troviamo parte delle associazioni venatorie che ne contestano i contenuti e gli obbiettivi lamentando l’assenza di evidenze scientifiche nelle indicazioni fornite dall’Ispra. Anche le associazioni ambientaliste non sono soddisfatte e ritengono i contenuti della direttiva troppo permissivi e asserviti agli interessi della lobby dei cacciatori. Giova però ricordare che le date riportate nel documento comunitario avrebbero quantomeno la necessità di approfondimenti ed aggiornamenti, liberi dagli interessi, per quanto legittimi, di entrambe le parti. Vista l’incomunicabilità tra i diversi portatori di interesse, è necessario trovare una soluzione che eviti inutili contenziosi legali. Quanto indicato nel documento Ue non può ritenersi - come qualcuno invece vorrebbe - un mero suggerimento, bensì un insieme di indicazioni vincolanti e rispondenti a ciò che è previsto dalla vigente legge 157/92 (ancorché datata e bisognosa di adeguamento) con il divieto di prelievo delle specie migratorie durante il periodo prenunziale. Considerato che, in assenza di diverse indicazioni, è del tutto improbabile ottenere modifiche del documento comunitario e che, quindi, lo scontro in corso non potrà produrre alcun effetto, sarebbe ragionevole ipotizzare che i contrapposti schieramenti comincino a confrontarsi seriamente ragionando molto meno di pancia e molto più con la testa. Sarebbe opportuno che le parti si rendessero finalmente promotrici di concrete misure di conservazione e corretta gestione della fauna selvatica, e si facessero parte attiva nella realizzazione di misure di ripristino e conservazione degli habitat naturali. Un tale approccio rappresenterebbe una svolta nelle politiche ambientali di cui il settore primario ha fortemente bisogno. L’interesse di conservazione dell’habitat e delle specie in declino non può e non deve essere battaglia di pura demagogia, ma il risultato della presa di coscienza che la biodiversità è un bene comune, che va difeso senza la criminalizzazione dell’attività venatoria. Criminali sono invece la perdita degli habitat, l’inquinamento dell’aria e del suolo, l’uso indiscriminato di pesticidi e diserbanti e i cambiamenti climatici prodotti dalle attività umane. Questi sono i temi su cui ci vorrebbe un serrato e costruttivo confronto.

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