Optical-Art nell'opera grafica di Enzo Mari

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PREMESSA

“Non so bene come abbia fatto, ma è sempre stata l’arte, per prima, a modificare il nostro modo di pensare, di vedere, di sentire, prima ancora, certe volte cento anni prima, che si riuscisse a capire che bisogno c’era.” (U. Eco, prefazione al catalogo della mostra Arte Programmata, Arte Cinetica, 1962)

La Gestaltpsychologie, o psicologia della forma, è un ramo di indagine psicologica che si è sviluppato nei primi decenni del XX secolo. L’ambito di ricerca riguarda gli aspetti fisiologici e mentali del rapporto tra l’essere umano e il mondo reale che viene percepito visivamente (secondo le leggi di organizzazione: vicinanza, somiglianza, buona forma,esperienza passata) sulla base della forma complessiva le cui proprietà dipendono dalle relazioni che collegano tra loro le singole parti. In campo artistico, partendo da questo tipo di ricerche sulla percezione, dalla fine degli anni ‘50 e in particolare durante gli anni ’60 del novecento, presero avvio in Europa ricerche visivo- cinetiche su cui più tardi pose le sue basi l’ Optical Art. Questa strana forma d’arte, basata su studi ottico -visuali e logico –matematici, influenzò molti ambiti di produzione progettuale come la grafica, la comunicazione visiva, il design e l’architettura. In questa breve ricerca si è cercato di spiegare i principi generatori dell’Op Art, i metodi di lavoro utilizzati per la progettazione dei manufatti e di valutare come tutti questi aspetti, abbiano potuto influenzare, o per meglio dire, essere fondamento delle realizzazioni, in campo grafico, di Enzo Mari. Vengono accennate e riprodotte opere d’arte appartenenti alla corrente per poterne ricavare esempi di metodo e programma progettuale e non per svilupparne una critica semiotica.


COS’È L’ARTE CINETICA ? A partire dal 1960 l'espressione ARTE CINETICA entra nel vocabolario degli storici e dei critici d'arte e viene utilizzato per definire opere BI e TRIDIMENSIONALI in MOVIMENTO REALE e in MOVIMENTO "VIRTUALE". Si tratta di opere che si muovono effettivamente e di opere in cui, l'occhio dello spettatore, è guidato, ossia, di oggetti in cui i fenomeni ottici del movimento svolgono una funzione predominante o che richiedono una partecipazione attiva dello spettatore che, con il suo spostamento o con la manipolazione, va a modificarne l'assetto plastico. Di fatto le opere d'ARTE CINETICA, secondo una classica classificazione, si possono suddividere in tre gruppi: - il gruppo delle opere stabili con effetti ottici; - il gruppo delle opere che richiedono il movimento fisico dello spettatore; - il gruppo delle opere che sono esse stesse in movimento. In Italia, Umberto Eco definiscono l'ARTE CINETICA come “un genere di arte plastica in cui il movimento delle forme, dei colori e dei piani è il mezzo per ottenere un insieme mutevole e quindi lo scopo dell'arte cinetica non è quello di ottenere una composizione fissa e definitiva.” (“Arte programmata”, introduzione al catalogo della mostra, Milano, 1962) L'opera d'ARTE CINETICA viene inoltre definita dallo stesso Eco "opera aperta", come un “genere formato da una costellazione di elementi, in modo che l'osservatore può rivelare, attraverso una scelta di 'interpretazioni', differenti combinazioni possibili e dunque differenti possibilità di distinte configurazioni: al limite, l'osservatore interviene effettivamente modificando la modificazione reciproca degli elementi.”

Victor Vasarely, Eridan-Co, 1963


I GRUPPI EUROPEI Le ricerche sull’ARTE CINETICA e VISUALE, vennero condotte principalmente in Europa, tra gli anni ’57 e ’65, da gruppi di studiosi e artisti provenienti da diversi percorsi formativi dal cui incontro, si sviluppava la ricerca e la progettazione sistematica delle opere d’arte. Il ’57, però, non deve essere considerato come l’anno di nascita di questi studi visto che, non molti anni prima, alcuni artisti europei operavano già, con metodi propri, sul CINETISMO VISUALE. Le avanguardie storiche come il Costruttivismo, il movimento De Stijl, il Neoplasticismo e il Bauhaus, ad esempio, furono precursori di queste nuove idee che coinvolgevano sia la PRODUZIONE ARTISTICA che quella GRAFICOCOMUNICATIVA.

Le nuove sperimentazioni indagavano sul movimento della luce e sul colore, sulla progettazione metodologica del lavoro, sulla comunicazione visiva come fenomeno ottico-psicologico e le opere prodotte, venivano definite OPERE DI

ARTE TOTALE.

Quest’ARTE CINETICA e PROGRAMMATA, venne denominata a livello internazionale OPTICAL ART o “OP ART” e si contrapponeva, con la sua ricerca, alla cosiddetta ARTE INFORMALE nota come POP ART. I giovani studiosi e operatori di questo movimento, tendevano a lavorare in gruppo perseguendo, in base alle diverse conoscenze, un determinato scopo di ricerca. In Francia, nel ’57, nasce il Gruppo Equipo 57 e agli inizi del ’60, il Groupe de Recherche d’Art Visual, che lavoreranno l’uno, sull’ “interactivité de l’espace” e l’altro, attraverso dichiarazioni di poetica e scritti vari, sulla messa a punto un metodo di lavoro collettivo che indaga sulle probabilità ottico-percettive e sul rapporto arte-società. Negli stessi anni, a Parigi, operavano ed esponevano artisti come Victor Vasarely, Agam, Bury, Soto, Tinguely che parteciparono ad una mostra denominata “Le Mouvement” nell’aprile del ’55. Le opere esposte si distinguevano per la loro dinamicità ricreata attraverso l’utilizzo di nuovi materiali e un uso differenziato del colore; fu per quella occasione che Vasarely pubblicò il suo Manifeste Jaune nel quale dichiarava: […] LA COMPOSIZIONE PURA è ancora una “plastique” piana dove rigorosi elementi

astratti, poco numerosi ed espressi in pochi colori (opachi o brillanti e piatti) posseggono, su tutta la superficie, la stessa quantità plastica completa: POSITIVANEGATIVA. Ma, per effetto di prospettive opposte, questi elementi fanno nascere e

svanire, di volta in volta, un “sentimento spaziale” e dunque, l’illusione del movimento e della durata.[…] Il “lontano” condensa, il “vicino” dilata, reagendo così sulla qualità COLORE-LUCE. Noi possediamo dunque, l’utensile e la tecnica, ed infine la scienza per tentare l’avventura plastico-cinetica.

Victor Vasarely, Composizione , 1962

Victor Vasarely,

Manifeste Jaune , 1955


Contemporaneamente, in Italia, più precisamente a Milano, il movimento MAC lavora per la creazione dell’ARTE TOTALE e ORGANICA

sotto l’influenza di personalità come Munari e Veronesi.

Bruno Munari, in particolare, fu molto attivo come operatore culturale ideando, presso lo Studio Danese (Milano 1962), la rassegna Arte Programmata e scendendo in polemica con Vasarely, a proposito dei suoi Negativi-Positivi. Infatti, già dal 1945, cinque anni prima rispetto alla pubblicazione del Manifeste Jaune, Munari aveva realizzato i suoi primi negativi-positivi che vennero esposti a Parigi (1951), a Milano (1952) e a Roma (1953). Le sue opere nascevano dall’eliminazione dell’opposizione interno -esterno, avanti –indietro e lo stesso artista ne spiega il funzionamento creativo sulla rivista Domus (1952, n° 273) e su quella francese Art d’ Oujourd’ hui sulla cui copertina, venne inserito un negativo-positivo dell’artista italiano. Il dibattito culturale che ne

Bruno Munari,

Negativo– positivo, 1951

seguì tentò di chiarire perché, un artista come Vasarely, non fosse al corrente di queste sperimentazioni già in atto prima di proporre le stesse idee come metodo nel suo manifesto. Tra il 1960-’65 in Italia, sulla scia del MAC, sorsero diversi gruppi: Gruppo T e Gruppo MID a Milano, Gruppo N a Padova, Gruppo Uno e Gruppo 63 a Roma.

“Opere d’arte animate e moltiplicate” mostra delle “Editions Mat” tenuta nel negozio Danese, 1960


Ciascuno di essi aveva una formazione culturale diversa, diversi metodi di ricerca che variavano sia nei contenuti che negli obiettivi. Un aspetto interessante della situazione italiana, paragonabile solamente a quella francese, è che, accanto ai gruppi, lavoravano artisti isolati il cui apporto all’ARTE CINETICA e VISUALE è stato molto importante. Essi si presentavano con opere specifiche come ad esempio le ricerche sul movimento di Veronesi, le “Sospensioni trasparenti” di Dorazio, la “Superficie rigata” e le altre “Superfici” trapunte di Castellani, i “Filtri” con rete metallica di Lo Savio; con i testi teorici, i Manifesti di Fontana, gli scritti di Mario Nigro sullo “Spazio totale”; con una disciplinata metodologia come le “invenzioni” di Munari, le rigorose ricerche sul design di Mari, i lavori aperti e programmati di Alviani, Dadamaino e Nanda Vigo. A questa situazione europea vanno aggiunti, dopo il ’60, altri due gruppi, sovietico e americano, che operavano nella stessa ricerca; essi erano l’Anonima Group e il gruppo Dvizenie. Con motivazioni diverse essi sperimentavano una didattica artistica tendente a responsabilizzare il pubblico. I sovietici ricorreranno allo spettacolare, gli americani al pragmatismo storicistico. Per l’Anonima Group il principale obiettivo era il superamento della spazialità tridimensionale cubista, per ottenere una strutturazione visuale continua da sperimentare percettivamente; per il collettivo del Gruppo Dvizenie, invece, era quello di sviluppare un’arte cinetica e visuale totale: dal quadro, al teatro, alla musica, all’architettura. Merita considerazione anche la situazione jugoslava, importante soprattutto per aver realizzato a Zagabria la mostre Nove Tendencije considerate come punti di riferimento per le ricerche cinetiche e visuali europee al loro primo apparire. Queste mostre hanno segnato un primo punto di contatto tra operazione artistica e intervento critico, all’interno di una problematica estetica precisa. L’ideologia del FARE viene messa a confronto con la SOCIETÀ, naturale destinataria del linguaggio della visione. Il PROBLEMA ARTE E SOCIETÀ diventa sempre più determinante tanto che, alcuni gruppi, ricorreranno all’inchiesta tramite questionari sul pubblico fruitore delle loro mostre. Questo poteva essere visto come il segno che il rapporto tra ARTISTA - OPERA - FRUITORE era diventato ormai un fatto sociologico da esaminare su nuove basi ovvero: realizzazione, indeterminatezza, variabilità, ordine, comunicazione. Ora “Realtà Fisica” e “Realtà Estetica” dell’oggetto artistico fanno parte di un unico processo operativo, analizzabile.

METODI DI RICERCA E LAVORO IN GRUPPO Nei metodi di lavoro dei gruppi si possono distinguere almeno tre momenti precisi, che ne caratterizzano nitidamente l’autonomia e l’immagine: le MODALITÀ di ORGANIZZAZIONE del lavoro di RICERCA, le convergenze metodologiche sui DATI TEORICI E PROGRAMMATICI nelle dichiarazioni di poetica, l’ESAME SOCIOLOGICO del fare artistico e il suo conseguente RAPPORTO OPERA-FRUITORE. Tutto questo veniva sperimentato e verificato mediante tecniche industriali per ricreare effetti ottici e di movimento, e di congegni meccanici, luminosi, elettromagnetici, oltre a classici accostamenti di colori netti a linee, punti, forme geometriche che destano nell'osservatore reazioni ottiche e psicologiche. Il fruitore di un'opera OP viene invitato a completarla con il suo personale intervento. Le opere che vengono realizzate sono un tentativo di ottenere, attraverso trame strutturali diverse, effetti più di carattere psicologico che estetico.


Ritroviamo esempi di MOVIMENTO VIRTUALE, del cinetismo come puro fenomeno ottico, nel gruppo di opere degli artisti del GRAV che, su una superficie omogenea, con l'ausilio di forme geometriche anonime, colorate o meno, e composte a sequenza all'interno di una griglia a scacchiera, creano strutture instabili e ambiguità percettive. Nell'opera di Julio Le Parc la serie è formata da un modulo costituito da un quadrato e un cerchio inscritto: sia la posizione del cerchio all'interno del quadrato, sia la posizione di alcuni quadrati all'interno della griglia risultano leggermente eccentriche, facendo leggere nello scacchiere una forma romboidale in rotazione. Lo stesso cinetismo è ottenuto da Francisco Sobrino mediante una serie di quadrati di diverse dimensioni e colori inscritti in altrettanti quadrati modulari, mentre Joel Stein ottiene una sequenza di vibrazioni diagonali in un lavoro in cui diventa

Julio Le Parc

importante la componente cromatica, essendo il modulo sempre ripetuto in modo identico a livello formale. La percezione di un movimento rotatorio illusorio è più evidente nelle opere di Horacio Garcia Rossi e Jean Pierre Yvaral, in cui l'effetto è dato da un accrescimento progressivo e ordinato di uno stesso elemento. L'instabilità del campo è ottenuta invece da griglie di rette parallele che si incrociano con angolazioni diverse nelle opere di Francois Morellet o da semplici incroci di

Opere di:Joel Stein e Francisco Sobrino

fasci di linee che sembrano emanare pulsioni luminose nelle realizzazioni di Franco Grignani e Edoer Agostini. Anche le opere che rivelano la loro struttura temporale relativamente allo spostamento dello spettatore danno dimostrazione del movimento virtuale e in particolare quelle di Alberto Biasi, Hans Jörg Glattfelder, Franco Costalonga, Antonio Asis. Biasi ottiene l'effetto marezzato con la sovrapposizione di

Opere di:Horacio Garcia Rossi e Jean Pierre Yvaral

due griglie di linee riportate su supporti diversi e distanziati, l'uno opaco e l'altro trasparente. L'occhio dello spettatore in posizioni diverse percepisce forme e vibrazioni diverse mentre Costalonga sfrutta l'effetto del rispecchiamento di un cilindretto colorato su uno specchio semisferico, che si riempie di colore in quantità variabile in ragione del punto di vista. L'opera di Glattfelder è formata da una serie di rilievi modula-

Opere di:Francois Morellet e Franco Grignani

ri, piramidi a base quadrata, dipinti a temi diversi di colore che ad una visione frontale risultano integrati in un insieme armonico e invece si separano e si riuniscono di volta in volta allo sguardo di uno spettatore che si sposti da destra a sinistra o viceversa; mentre al centro si scorge la totalità delle variazioni cromatiche, ai lati l'oggetto sembra monocromatico. Altre opere, di carattere plastico, richiedono la partecipazione attiva dello spettatore che va a modificarne l'assetto mediante la manipolazione e lo spostamento di alcuni elementi, creando così nuove configurazioni. E' il caso degli oggetti di Nato Frascà, Mirella Forlivesi, Giuseppe Minoretti, Victor Simonetti. Abbiamo esempi di oggetti che sono essi stessi in movimento tra i lavori di Colette Dupriez in cui oggetti tridimensionali vengono mossi da un motore elettrico.


Opere di:Alberto Biasi e Franco Costalonga

Franco Grignani, Onda tipografica, 1953 -56

ESPERIENZE DI SPERIMENTAZIONE VISUALE Tra gli operatori italiani che hanno indagato in modo approfondito nel campo CINETICO -VISUALE,

sia pure su fronti diversi, vi sono in primissimo piano Franco

Grignani (1908-2000) e Enzo Mari (Novara,1932). Il primo introdusse in campo grafico -pubblicitario le sue personali ricerche deOpera di:Nato Frascà

rivanti dalla fotografia, esclusivamente bidimensionali: indagini sviluppate intorno alla dinamica della visioni e ai limiti della rottura percettiva. Il secondo realizzò prevalentemente opere nel campo dell’estetica del design applicando il medesimo impegno, rigore e metodo dell’indagine riservata alla produzione artistica di gruppo dell’ OP ART. L'approccio alla grafica e alla pubblicità da parte di Franco Grignani è quello della sperimentazione. Gli obiettivi che si pone sono Ia correttezza e Ia pulsione della comunicazione, il dinamismo della pagina e della scrittura. Tutto il suo lavoro è concentrato sulla ricerca di nuovi parametri visivi sottoponendo l’immagine e le lettere a tensioni, torsioni, compenetrazioni che danno vita ad una serie di psicostrutture modulari in cui le configurazioni lineari e planari si compongono in complessi rapporti spaziali. Il bicromatismo bianco e nero accompagna la sua ricerca portando le sue opere al limite di paradossi visivi.

Franco Grignani, Dissociazione dal bordo, acrilico, 1970


L’attività di Enzo Mari, invece, inizia con ricerche sulla percezione visiva, legate molto più all’ARTE PROGRAMMATA rivolgendosi poi alla grafica, al design e all’architettura. Max Bill scrive di lui in un testo pubblicato in un catalogo ‘Mostra Studio Danese’ (ottobre-settembre1959): “[…]Le sue strutture stanno nel punto d’incontro fra pittura e plastica; lo spazio predomina sul colore; gli elementi delle sue opere sono: identiche dimensioni e loro progressiva trasformazione, tridimensionalità nella costruzione, ingrandimento di una superficie fino al quintuplo mediante lamelle poggiate verticalmente, mutazione del quadro a seconda del punto di vista di chi osserva e del suo movimento nello spazio. […] Enzo Mari si è creato questi metodi per esprimere obbiettivamente le sue idee nel concreto.” E’ anche da queste considerazioni che si può capire il metodo di lavoro di Enzo Mari, comune a quello dei gruppi di artisti OPTICAL, nei quali vi è una approfondita riflessione sui significati di PROGETTO e FORMA. Per quanto riguarda i suoi lavori nel campo delle comunicazioni visive si nota come abbia l’inclinazione ad esprimersi attraverso immagini chiare; il campo della grafica gli offre l’occasione di vedere tradotte nel concreto quelle capacità di isolare e focalizzare il nucleo del messaggio in solo quello che serve, e su di esso impostare la costruzione dell’enunciato in perfetto equilibrio tra coerenza alle regole di produzione e rispetto delle leggi sulla percezione visiva raggiungendo il massimo grado di informazione con il minimo degli elementi, spogliando le immagini di ogni carattere che non è diretto al nocciolo del messaggio. In Funzione della ricerca estetica, riguardo la comunicazione visiva, Mari scrive che “il grado di comprensione di ciò che viene recepito visivamente varia a seconda del linguaggio usato dal progettista o dal grado di conoscenza del fruitore dell’opera; l’eliminazione di ogni immagine superflua è la premessa per attuare l’immagine coordinata.” La progettazione nel campo della comunicazione visiva da parte di Enzo Mari comprende importanti interventi di grafica editoriale, manifesti, agende, packaging, marchi, biglietti d’auguri e calendari. Tra i calendari va ricordato quello perpetuo a fogli mobili (1962) in cui la lastra d’alluminio che svolge la funzione di supporto per i fogli mobili in PVC, interagisce con la percezione esatta della tipografia in Helvetica, disegnando, nel diventare sfondo-figura, la griglia invisibile che dà ordine all’intera composizione.

Programma numerico

Struttura 743, alluminio anodizzato, cm 120x120x10

Calendario perpetuo a fogli mobili Formosa (prog. 677) per Danese

Calendario perpetuo Timor (prog. 823) per Danese

Pantera e paesaggio naturale: definizione degli aspetti tipologici e caratteriali, Edizoni Danese, 1957 –1965


Nella Collana di Classici e di Saggi progettata per Adelphi (1963-64) il rigorosissimo lavoro

Collana di Classici e Saggi, Adelphi,1963– 64

per definire l’identità della collana ha implicato la messa a punto di ogni minimo elemento che tradizionalmente interviene nella percezione dell’oggetto del libro: logotipo, tipografia, proporzione e gerarchia dei testi, coperta, sovraccoperta, custodia.Mari, pur rimanendo Copertina per una collana di saggi, Borninghieri, 1968

all’interno della tradizione, mette in atto un sottile rifiuto del classico lavorando per rinnovare l’immagine del libro con elementi tradizionali della tipografia. Nell’importante lavoro che egli condusse per la casa editrice Boringhieri, costruì, sull’idea di rigore scientifico, l’identità dell’intera casa; riuscì a rendere unitaria l’immagine di ogni collana, dando carattere all’insieme e allo stesso tempo illustrando, con la sintesi di un colpo d’occhio, ciò di cui trattava il libro. Nelle copertine per la collana Universale Scientifica (dal 1965), deciso un programma generale di scomposizione e moltiplicazione

Copertina per la collana: Opere di Freud Borninghieri, 1968

delle immagini, Mari articola, con criteri che tengono conto del particolare contenuto di ogni volume, l’immagine di partenza. Il principio compositivo delle copertine per le riedizioni delle Opere di Freud (dal 1966),

Universale Scientifica schizzi preparatori, Boringhieri, dal 1965

sempre per Boringhieri, è tutto teso a eliminare qualsiasi elemento di distrazione e a concentrare tutta l’attenzione sul valore pregnante del testo infatti, nelle opere di psicanalisi, i margini stessi fanno convergere l’attenzione verso il centro frazionandosi in una successione di linee in progressione dimensionale che tendono a rovesciare gradualmente il rapporto tra figura e sfondo.

Copertine della collana Universale Scientifica, Boringhieri,1965

Programma numerico


Nelle collane Enciclopedia di Autori Classici (dal 1967) e Biblioteca di Cultura Scientifica (dal 1969) ogni parola, l’elemento della comunicazione che attinge a un linguaggio ampiamente codificato, viene isolata al centro del campo che contiene solo il titolo o nome dell’autore. La presenza della gabbia di impaginazione viene messa in evidenza da spessi margini netti che inquadrano l’intera superficie. Il principio della scomposizione e riorganizzazione modulare dei margini viene adottato anche per il manifesto per Olivetti(1967) in cui i dettagli fotografici di macchine da scrivere insieme a simboli tipografici, tagliati al limite della loro riconoscibilità, si succedono in una serratissima sequenza per tutta la lunghezza dell’opera.

Progetto grafico di “Lineastruttura” (rivista di architettura, design, arti visive),1965

Particolare dei manifesti Il grande numero e Il traffico, concorso XIV Triennale di Milano, 1968

Schizzi e manifesto Olivetti, 1967




BIBLIOGRAFIA

TESTI GENERALI •

IL GRUPPO ENNE: LA SITUAZIONE DEI GRUPPI IN EUROPA NEGLI ANNI 60, ITALO MUSSA, BULZONI EDITORE, ROMA, 1976

ARTE INDUSTRIALE – DANESE E LA SUA PRODUZIONE, STEFANO CASCIANI, ARCADIAEDIZIONI, 1988

SCRITTI SU ENZO MARI ·

PERCHÉ UN LIBRO SU ENZO MARI, FRANÇOIS BURKHARDT, FEDERICO MOTTA EDITORE, MILANO, 1997

·

ENZO MARI: IL LAVORO AL CENTRO, ANTONIO D’AVOGGA, ELECTA, FIRENZE, 1999

SCRITTI DI ENZO MARI ·

FUNZIONE DELLA RICERCA ESTETICA, ENZO MARI, EDIZIONE DI COMUNITÀ, MILANO, 1970

·

PROGETTO E PASSIONE, BOLLATI BORINGHERI EDITORE, TORINO, 2001

ARTICOLI ·

IN LOTUS : RIVISTA TRIMESTRALE DI ARCHITETTURA. - N. 115 (2002), P. 6-15 “I GRUPPI ALLEGORICI = THREE ALLEGORICAL GROUPS / ENZO MARI”

·

IN CASABELLA : RIVISTA MENSILE DI ARCHITETTURA E TECNICA. - N. 659 (1998), P. 76-83 “ENZO MARI : ALLEGORIE DI UNA SOCIETÀ DIVERSA, IL DESIGN È QUELLA COSA / ENZO MARI”

·

IN CASABELLA : RIVISTA MENSILE DI ARCHITETTURA E TECNICA. - 344, P. 28-32, 1970; CELANT, GERMANO - MARI, ENZO - FARINA MOREZ, RUGGERO: ”CRONACHE DI DISEGNO INDUSTRIALE”

ALTRI TESTI ·

IPOTESI DI RIFONDAZIONE DEL PROGETTO, ADI, MILANO, 1978

·

DESIGN & DESIGN, QUADERNO IN OFFSET, MILANO, 1979

·

PERCHÉ UNA MOSTRA DI FALCI, EDIZIONI DANESE, MILANO, 1989



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