E book peter

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RACCOLTA DEI NOSTRI TESTI LIBERAMENTE ISPIRATI AD UN CAPITOLO DEL LIBRO INTITILATO “ LA POMATA SVANILINA”


CONSEGNA DI LAVORO

SIAMO ALLE PRESE CON L’ENNESIMO SOGNO DI PETER…….. Immagina, come Peter, di metterti a cercare nel cassetto di casa tua che raccoglie tutto il ciarpame e gli oggetti caduti in disuso. Cosa troverai? Cosa ne farai? Cosa succederà? Gioca con la fantasia imitando lo stile di scrittura dell’autore; se vorrai, potrai anche copiare alcune frasi che ti piacciono particolarmente e inserirle nel tuo testo. Ricorda però che dovrai essere originale trovando nel cassetto un altro oggetto che non sarà la pomata svanilina, ma qualcosa che ti permetterà di creare la tua storia facendo sembrare reali e possibili le situazioni più assurde. Divertiti e ricorda ciò che hai imparato sulla descrizione: utilizza diversi organi di senso per renderla più completa, la tecnica dell’elencazione, la descrizione soggettiva e tutto ciò che tu vorrai.


UN MAGICO TRENINO Era una tranquilla domenica di un pomeriggio d'inverno, me ne stavo beatamente sdraiata sul mio letto a leggere un libro, quando ad un tratto sentii un rumore provenire dall'armadio. Subito pensai che il mio gatto vi si era infilato dentro in un momento di mia distrazione. Decisi quindi di lasciarlo lì ,chiuso dentro, per dargli una punizione. Dopo qualche minuto sentii di nuovo lo stesso rumore, ma io non andai ad aprire l'armadio. Ad un certo momento vidi il mio gatto entrare in camera e feci un balzo giù dal letto domandandomi cosa potesse essere quel rumore che fino a qualche secondo prima mi faceva ridere mentre ora mi spaventava da morire. Decisi di farmi coraggio e di andare ad aprire l'anta dell'armadio. Mi tremavano le gambe e il mio gatto, che era vicino al mio letto, mi guardava, con quegli occhioni azzurri sembrava volesse dirmi qualcosa. Quando finalmente aprii l'armadio, cadde ai miei piedi la scatola del trenino elettrico che mi regalò mio nonno quando ero piccola. Decisi allora di montare i binari e rimettere in funzione quel trenino che non usavo più da almeno quattro o cinque anni! La locomotiva del trenino si illuminò, iniziò a fischiare ed io ero terrorizzata. Uscì del fumo grigio dalla


parte davanti della locomotiva e non riuscivo proprio a capire cosa stesse succedendo, chiamai mio babbo che era al piano di sotto, ma non mi sentì, ero spaventata ma nello stesso momento molto incuriosita di quello che stava succedendo. Dalla locomotiva del trenino continuava ad uscire fumo, non più grigio ma un fumo chiaro e sembrava che avesse la forma di una vignetta, come se fossi dentro ad un fumetto contenente un messaggio. Di chi poteva essere questo messaggio? Mi sembrava di vedere all'interno del fumetto alcune lettere ma mi apparivano molto ma molto indecifrabili. Forse era un messaggio che veniva da molto lontano, da una persona a me cara che adesso non c'è più ? Dopo pochi secondi iniziò a girarmi la testa e caddi in un sonno profondo, ero ai piedi del letto e vicino ai binari del trenino. Mi risvegliai dopo poco e pensai di avere fatto solo un brutto sogno ma forse, e ne sono convinta, da quella locomotiva proveniva un messaggio di mio nonno, quel mio nonno che almeno cinque anni fa mi regalò il trenino elettrico. Cosa mi avrebbe voluto dire tramite il fumo e le lettere che avevo intravisto all'interno di quella vignetta grigio azzurra non l'ho mai capito, ma ogni tanto, anche adesso, mi piace ricordare quel momento di paura ma allo stesso tempo molto bello.


LA LENTE INGRANDENTE Oggi ho finito i compiti presto e mi sto annoiando un sacco.Mio babbo è a lavoro, mia mamma sta aiutando mia sorella nei compiti e io non ho niente da fare, così mi sdraio sul letto con gli occhi socchiusi cercando di farmi venire in mente qualcosa. Dopo un tempo che mi è parso infinito decido di andare a frugare nel cassetto che raccoglie tutto ciò che viene trovato sul pavimento. Dentro ci sono gli oggetti più svariati come corone svedesi (la moneta usata in Svezia), graffette, penne scariche, matite spezzate (dalle mie forbici) e morsicate,…insomma tutto quello che dovrebbe essere buttato e che per un motivo o un altro viene conservato. Mentre frugo dentro trovo una lente d’ ingrandimento un po’ vecchiotta, col manico in argento e la lente grande come la mia mano.”Visto che c’ è il sole andrò fuori ad arrostire le formiche” penso senza alcuna incertezza. Oggi però sembra che le formiche siano in letargo.Finalmente ne vedo una e quando punto la lente su di lei succede una cosa incredibile: incomincia a crescere finché non sposto la lente.Ora è grande come una matita. Giro la lente e noto che dietro c’ è incisa una scritta:” lente ingrandente”. Ora che so a cosa serve la lente posso ingrandire ciò che mi pare. Sono stesa sul prato in mezzo ai fiori e penso a cosa potrei ingrandire. Adoro il loro profumo: è fresco e delicato e vorrei tanto dormire dentro ad un fiore. Mentre la mia mente è attraversata da questo pensiero mi convinco che magari posso ingrandirne uno e


farci un pisolino.Tengo ferma la lente sul fiore finché ha le dimensioni di un letto. Mentre ci entro i petali sembrano seta e conciliano il sonno. Dopo un pisolino di due ore ricomincio a pensare a cosa ingrandire e mi viene in mente che ho sempre desiderato cavalcare un uccello. Allora prendo la lente e quando un passero mi vola davanti lo ingrandisco finché non è alto come un cavallo. Dopodiché gli salto in groppa e lui decolla librandosi in aria. Il vento che mi accarezza dolcemente e un piccolo senso di vertigine rendono questa esperienza la più bella che abbia mai vissuto. Era incredibile vedere il mondo dall’alto. Sotto di me……continua la descrizione…..Il sole è tramontato e atterriamo nel giardino. La giornata è finita e, dopo aver rimesso nel cassetto la lente mi trascino nel letto. Ma appena chiudo gli occhi mia mamma mi sveglia dicendo che è ora di cena e che avevo dormito tutto il pomeriggio. In oltre la lente ingrandente non c’ è e tutto ha di nuovo le dimensioni originali.


LA SPILLA RIMPICCIOLENTE Quel sabato fu un sabato particolare, un sabato … incredibile. Di pomeriggio inoltrato, mentre stavo guardando la televisione, afferrai il telecomando per cambiare canale, ma mi accorsi che le batterie erano scariche. Mi incamminai così verso la cucina e cominciai a rovistare in un cassetto. Stranamente non trovai le batterie, ma qualcosa di meglio. Tra le mille cianfrusaglie lì dentro, intravidi appena “un oggetto di metallo” e guardando meglio, mi accorsi che era una spilla. Incuriosito la presi e la osservai per bene. Era di forma circolare con lo sfondo rosso e in mezzo aveva una grossa “P”. Naturalmente non seppi resistere alla tentazione di appuntarmela e far vedere a tutti come mi stava, ma ci fu un problema. Scommetto che avete già capito cosa intendo e, se non è così, non vi resta che ascoltare questa storia … Appena la indossai, vidi la stanza ingrandirsi, ingrandirsi sempre di più … sentivo che il cuore mi batteva a mille e avevo le farfalle nello stomaco. Ci rimasi di stucco e mi paralizzai. Fu solo quando arrivò mia mamma in cucina che diceva:” Riccardo, perché non hai spento la televisione e dove sei?” che capii che non era la stanza ad essersi ingrandita … ero io che mi ero rimpicciolito! Di dieci volte, per la precisione, ero”niente” in confronto ad una scarpa,ed ero paragonabile ad una formica. Inizialmente mi sembrò tutto troppo incredibile per essere vero, mi sentivo come uno di quei super eroi che potevano rimpicciolirsi di quante volte volevano. Ma fu poco dopo che mi resi conto che non era poi tutto così incredibile come pensavo. Infatti, provai a strillare:” Mamma hai un figlio minuscolo” , ma ovviamente non mi sentì, così continuò a


cercarmi per tutta la casa, uscendo dalla cucina. Ognuno di noi, avrebbe tranquillamente pensato che se mi fossi tolto la spilla, tutto sarebbe tornato normale, invece no, me la tolsi ma non cambiò niente. Avevo molta paura, lo devo ammettere, ma forse l’ effetto, ora che non avevo più la spilla, sarebbe stato temporaneo … Quello che voglio dire è che un’ occasione così capita una sola volta nella vita e io non volevo sprecarla. Raggiunsi, lentamente, molto lentamente, il gatto che stava in salotto e cominciai a scalare la sua lunga pelliccia; sembrava letteralmente di essere sul più morbido e peloso cuscino gigante mai “visto”. Una volta che raggiunsi la cima del dorso di Macchia gli tirai il pelo per farlo muovere (lo so che non è una bella cosa da fare al proprio gatto, ma, insomma, non avevo fatto tutta quella strada per niente) e subito me ne pentì, infatti il gatto partì come una razzo e salì velocissimo tutte le scale, mentre io mi tenevo a malapena alla sua coda dopo essere scivolato per il suo incredibile scatto. Nel giro di qualche secondo ci trovammo così sul letto di mia sorella, nella sua camera, che come sempre nel sabato pomeriggio, era vuota. Al posto, però, di Giada, trovai la sua “infinita” collezione di bambole sul letto che mi fissava con fare minaccioso. Ma questa volta era diverso, cominciarono a prendere vita e a trattarmi come una di loro, nonostante fossi molto più piccolo. Cominciarono subito a ricamarmi vestitini e ad invitarmi a fare shopping negli armadi della stanza e non potei rifiutare, anche se rimasi di stucco dalla diversa reazione che ebbero su di me. Passarono le ore e, ad un certo punto, sbucò dalla porta della stanza Giada. Appena guardò nell’ agolino dove mi trovavo,


insieme alle altre bambole che si rimisero a posto, feci finta di non esistere, restai immobile, non volevo che mia sorella sapesse di questa storia; sicuramente mi avrebbe ricattato per cercare di trovare una soluzione all’ accaduto. Ad un certo punto, Giada afferrò una delle sue piccole amiche per pettinarla e io, urtato, caddi dal letto lungo e disteso sul pavimento, dove lei, “prendendomi” per una formica, mi calciò. Attraversai la stanza, le scale di nuovo, facendo un capitombolo da “ Paperissima Sprint”, rimbalzai nel salotto e mi ritrovai nuovamente in cucina, con le batterie del telecomando in mano e la televisione accesa in salotto.


UNA BATTERIA MOLTO STRANA Dopo essere tornato a casa da una lunga giornata di scuola, in cui mi avevano interrogato e per giunta la prof di matematica aveva fatto una verifica a sorpresa, mi recai nel mio salotto per guardarmi la di TV e anche per rilassarmi un po’. Presi il telecomando e cliccai il tasto per accendere la TV ma notai che no si accendeva e decisi allora di aprire il coperchio per guardare se era tutto a posto , ma notai subito che mancava un batteria e da quel momento pensai dove avrei potuto trovarne una nuova. Mi venne in mente il cassetto dove tenevamo tutte le cianfrusaglie della casa allora andai in cucina e lo aprii. Notai che c’era un disordine quasi peggio della mia stanza dopo un’ora di ricerca inesauribile trovai la famosa pila che mi serviva per accendere il televisore e allora, senza pensarci due volte, la presi e la inserii dentro il telecomando, ma pur cliccando sui tasti la TV non i accendeva. Per fortuna era ora di fare merenda, e allora senza indugio, andai a mangiarmi un gustoso panino e quando tornai in salotto notai con grande stupore che il telecomando re sparito. Dopo cinque minuti quando mi girai per guardare il tavolino, lo vidi sopra di esso e pensai che quella pila aveva il potere di tele trasportare gli oggetti. A quel punto mi venne un colpo di genio: potevo fare uno scherzo alla mia sorella maggiore. Potevo fare in questo modo: entrare nella sua stanza, prendere il suo gioco preferito, infilarci la pila e il mio bellissimo scherzo sarebbe riuscito e ora bastava metterlo in pratica e cosÏ fu.


Tutto si svolse secondo i piani , appena entrata non vide più il suo gioco e si mise subito a piangere, ma per fortuna il suo gioco ritornò ma la mia sorella era molto furba e astuta e mi chiese come avevo fatto. A quel punto gli dissi che tutto era successo estato grazie a quella pila dai magici poteri, gliela mostrai ma lei subito me la prese e andò da mamma e papa per spiegare loro la storia. Ero già disperato e mi sentivo in preda al panico quando mi ritrovai a sedere sul divano col telecomando in mano e la televisione accesa sul mio cartone animato preferito. Avevo sognato ad occhi aperti! Fu la prima cosa che pensai. Tutto sembrava normale se non fosse per il fatto che…il coperchio del telecomando era aperto e dentro mancava una delle batterie… Avevo sognato o tutto era vero?


LA CHIAVE DEI SOGNI…

Quel martedì mattina mi svegliai contrariata: non avevo sognato neanche quella notte. Tutti i miei amici sognavano castelli maestosi, principesse radiose come una giornata primaverile, orchi affamati…. Io no. Arrivai anche a pensare che la mia fantasia si fosse chiusa in una camera del mio animo e non volesse più uscirne! Fu proprio quel giorno che mia madre mi chiese di andare in cantina a prenderle una bottiglia di olio. Scesi le scale che portavano di sotto, quindi entrai nella cantina; non cercai l’ interruttore per accendere la luce e mi diressi direttamente nel posto in cui ricordavo ci fossero le bottiglie di olio, perché volevo far presto, infatti quel luogo mi incuteva paura, da sempre. Nel buio di quella stanza intravidi qualcosa che doveva essere una scatola, era impolverata, lo notai toccandola per aprirla; non resistetti alla tentazione di frugarci dentro, quindi ci infilai una mano a caccia di qualcosa di insolito. La mia mano si chiuse attorno ad un tappo di sughero ancora impregnato dal profumo del vino, lo guardai meglio e vidi che su di esso era scarabocchiata una data, doveva essere il ricordo di un giorno importante, ma non avevo tempo per indagare perciò lo lasciai andare. La mia mano non voleva dar tregua a quegli oggetti, quindi pescai qualcos’altro, era un pezzo di carta ruvido al tatto e sottile, spiegazzato, lo avvicinai ai miei occhi e mi accorsi che si trattava di una vecchia foto in bianco e nero: ritraeva due bambini che sembravano fratelli, guardai meglio, uno di loro sembravo io!


Ma subito dopo capii che era il mio papà da piccolo con sua sorella. Decisi di pescare un’ultima cosa…passai le mie dita su qualcosa di freddo e liscio, doveva essere un metallo, forse ferro o ottone, riconobbi la forma di un cuore che poi continuava su una linea retta che si interrompeva con due sporgenze a forma di rettangolo, una più lunga e l’altra leggermente più corta; la strinsi con più decisione. Troppo piccola per essere una chiave inglese e troppo grande per essere un cucchiaino. Mi affrettai a capire cosa fosse, sollecitata dai richiami di mia mamma che non sapeva dove fossi finita. Intanto i miei occhi si erano abituati un po’al buio che mi impediva di vedere bene, riconobbi all’istante l’inconfondibile fattura di una chiave d’ottone. La riposi velocemente nella tasca dei miei jeans. Sono stata sempre attratta dalle chiavi fin da quando ero piccola, tanto che i miei genitori dovevano nasconderle in scaffali alti dove non potevo arrivare per evitare che le infilassi nella toppa di qualche porta e mi chiudessi in qualche stanza. Trascorsi il resto della giornata a cercare di capire cosa potesse aprire quella misteriosa chiave e anche quando, sopraggiunta la sera, mi stesi sul letto stringendola tra le mani, chiusi gli occhi immaginando i possibili forzieri che avrebbe potuto aprire. Riflettevo in silenzio e all’improvviso il soffitto mi sembrò più vicino, guardai la punta dei miei piedi: era sospesa nell’aria come il resto del mio corpo, stavo fluttuando nel vuoto. Cominciai a scalciare e ad agitare le braccia per la paura e lo stupore, perciò la chiave mi cadde sul letto e su di lei caddi io. Realizzai che con la chiave stretta tra le mani e un po’ di concentrazione potevo volare. Un sorriso si accese


sul mio volto. La mattina dopo quando mi svegliai non trovai piÚ la chiave‌ MAGICA! All’improvviso tutto mi parve chiaro: finalmente avevo sognato! Quella luccicante chiave dorata aveva aperto lo scrigno dei miei preziosi sogni.


LA PENNA FORTUNATA Ecco un nuovo testo da scrivere, che barba! Il compito di oggi è la descrizione di un oggetto che, con l’uso della mia fantasia, faccia diventare qualcosa da irreale a reale, tutto questo accompagnato da simpatia. Non ce la farò mai e appena arriverà la mamma a casa so già che mi sgriderà per non aver concluso ancora nulla. Cercherò la mia penna “fortunata” con la speranza che mi aiuti lei dandomi qualche idea. Ora il problema è che non so dove l’abbia messa, confusionaria come sono. Ti cercherò nel mio cassetto preferito dove metto tutto quello che non mi va di sistemare al posto giusto. Il mitico e tanto odiato cassetto dalla mamma che si trova dentro al mio armadio dove nascondo la mia “confusione”. Ho quasi paura ad aprirlo perché temo che tutto mi cada addosso. Eccoti finalmente, chissà chi ti aveva messo dentro la tasca dei pantaloni estivi che non mettevo da anni… I pantaloni si sono ristretti o sono cresciuta io, ma tu penna sei ancora come prima, multicolore, viola, verde, marrone, rosso, azzurro, nero, il colore blu si è un po’ sbiadito, il cuore rosso è ancora attaccato al tappo, Cenerentola, la Bella Addormentata e Bella stanno ancora ballando e tu funzioni ancora molto bene. Mi ricordo che sei stata la prima cosa che mi sono comprata con i miei soldi. Che soddisfazione!!! Inizio a scrivere la prima cosa che NON mi viene in mente, rileggo e strappo il foglio, e così continuo per il secondo, il terzo, poi mi volto e vedo tutto il pavimento pieno di fogli


strappati. Mi sto arrabbiando: “mi aiuti o no penna?”. Riprendo il quarto foglio, non mi arrendo, ma quasi… chiudo gli occhi per un secondo, cercando di concentrarmi. Sento che qualcosa nella mia mano inizia a muoversi, mi sembra che la penna stia facendo dei “ghirigori” tipo cerchi. Apro gli occhi, guardo il foglio e vedo che la penna sta scrivendo questo testo da sola e, a passo di danza, volteggia sul foglio che ora non è più bianco. Leggendo scopro che ciò che scrive è ciò che sto pensando in questo momento. Ecco fatto, nessuna fantasia, ma sola realtà, il testo è finito e si è scritto da solo. Non vedo l’ora che arrivi a casa la mamma, sarà felice, ma si accorgerà che non l’ho scritto io, la penna non ha la mia calligrafia, lo ricopierò al computer così non scoprirà mai il mio segreto… Grazie penna!!!!


IL CASSETTO MAGICO SONO NELLA MIA CAMERA CHE GIOCO AL COMPUTER QUANDO SENTO DEI RUMORI PROVENIRE DAL CASSETTO. APRO PER VEDERE COSA PUO' ESSERE E VEDO UN FOGLIO MUOVERSI. HO PROVATO UN PO DI PAURA .LO ALZO E MI RITROVO UN MIO PICCOLO VECCHIO ROBOT DI PLASTICA CHE SI MUOVE, SCRUTO A FONDO E IN MEZZO A MATITE, PENNE, COLORI, COLLA, RIGHELLI, GOMME E CIANFRUSAGLIE VARIE MI RITROVO ALTRI DUE ROBOT NELLA STESSA SITUAZIONE, OVVERO, CON MIA GRANDE SORPRESA SI MUOVONO ANCHE LORO. STRANO, PERCHE' NON LI AVEVO MAI VISTI MUOVERSI FINO AD ORA, ANZI PENSAVO CHE NON AVESSERO NEANCHE LE BATTERIE, INVECE ADESSO SONO LI' CHE FRULLANO COME PAZZI E INIZIANO A FARE A BOTTE TRA DI LORO, SEMBRA DI ESSERE IN UN'ARENA. PROVO A TOCCARNE UNO, MA CON LA SUA SCIABOLA MI COLPISCE LA MANO PROVOCANDOMI UN DOLORE ALLUCINANTE. ALLORA PROVO A FERMARNE UN ALTRO, MA COL SUO COLTELLINO MI PUNGE UN DITO E INIZIA AD USCIRMI IL SANGUE COME SE MI FOSSI PUNTO CON UN AGO. SPAVENTATO CHIAMO LA MAMMA . QUANDO ARRIVA MI TRANQUILLIZZA, MI METTE UNA MANO SULLA SPALLA E MI SCUOTE PER SVEGLIARMI: INFATTI MI DICE CHE E' STATO SOLO UN SOGNO BIZZARRO. E MI SENTO SUBITO MEGLIO. QUELL’INCUBO ERA FINITO.


La Matita Spaziale La domenica è il mio giorno preferito perché il pomeriggio posso giocare con i miei amici in giardino. Ma quello era un giorno d'inverno in cui la pioggia e la noia erano le uniche cose presenti. Ero in cerca di un qualcosa per passare il tempo e allora pensai di curiosare nel cassetto della cucina... Quello era il punto più misterioso della casa, perché sembrava un pozzo senza fine. Appena aprii il cassetto una nuvola di polvere mi avvolse e con la vista un po' annebbiata intravidi una miriade di cose tutte ammassate. Tra tutto quel ciarpame scorsi una matita con su scritto: NON USARE. E come di norma fanno i bambini, la presi tra le mani ed iniziai a disegnare su un foglio: un sole splendente e un bambino attento a non far scappare il suo aquilone. Pensavo fosse successo quello che accade nei film d'azione alla James Bond dove, le matite possono diventare un'arma letale, mentre invece mi accorsi che non era altro che una semplice matita. La noia stava per prendere il sopravvento quando, tra le scure nubi, filtrò un raggio di sole che illuminò la stanza; sorpresa, mi avvicinai alla finestra e tra un bagliore e l'altro intravidi un bambino. Era come quello che avevo disegnato: con l'aquilone in mano e un sorriso a trentadue denti. Senza pensare, scattai di corsa in cortile con la matita e il foglio tra le mani e continuai a disegnare: una farfalla...e lei apparve, un albero e si materializzò, una bicicletta e con un “puff” fu


davanti ai miei occhi. Il ragazzo si rivolse a me con uno sguardo amichevole e disse: “Che ne dici di costruire una casa sull'albero?” ed io con un sguardo d'intesa risposi: “Più che costruirla, io la disegno!”. Detto e fatto. Era davvero graziosa: le finestrelle rosse come il tetto e all'interno c'era un delizioso odore di legno di pino, davvero fantastico! Ci sedemmo sulle sedie pensando a cos'altro di strabiliante avremmo potuto fare... Dopo numerose consultazioni, decidemmo che la cosa migliore era raffigurare una piscina, con il trampolino...si intende! Dopo il “puff” apparve la nostra meravigliosa piscina. Mi ci tuffai divertita, ma mi accorsi che il mio nuovo amico non era poi così contento. Gli chiesi il perché del suo comportamento e lui mi spiegò che non poteva bagnarsi perché il colore si sarebbe sbiadito. Lo capii e comprensiva, mi asciugai. Costruimmo, o meglio disegnammo un razzo per andare sulla Luna; ma quando la vidi un brutto pensiero mi oscurò la mente. Questo significava che si avvicinava la sera e quindi, tra poco, i miei genitori si sarebbero sporti dalla finestra e a quel punto sarebbero stati guai. Guardai attentamente la matita cercando un modo per risolvere ciò che avevo combinato. Ad un tratto mi accorsi che sul capo della matita c'era una gomma. Il mio amico mi spiegò: “Quella è la gomma che serve a cancellare i disegni che hai fatto...quindi anche me”. Non voleva dirmelo perché se lo avessi cancellato non ci saremmo più rivisti. Le stelle avevano iniziato a comparire nel cielo e decisi che era ora di cancellare i miei disegni. Rimaneva solo il mio


amico quello che da una giornata noiosa l'aveva trasformata in una delle più belle esperienze della mia vita. Quello che era apparso un semplice bambino, con un aquilone in mano, si era trasformato in un vero amico. Avevamo fatto un patto che consisteva nel cancellarlo, poi però ogni domenica d'inverno lo avrei ricalcato, così non si sarebbe mai sentito solo. Iniziai a passare la gomma sul suo corpo, ero quasi arrivata alle braccia quando lui mi fermò: “Aspetta, sarebbe scortese da parte mia lasciarti così!” Mi abbracciò e scomparve come per magia. Rientrai in casa, presi un' altra matita e tornai a disegnare il mio nuovo migliore amico,poi appesi quel disegno nella mia camera... perché come dice il proverbio: “non si giudica un libro dalla copertina”: quel disegno non era molto bello, ma per me aveva un grandissimo significato. Io mantenni sempre la promessa, infatti ancora oggi, ogni domenica,prendo la Matita Spaziale, un foglio bianco ed ecco fatto.


LA BOMBOLETTA SPRAY Era un normale pomeriggio d’estate. Non avevo nessuno con cui giocare, mia sorella era dagli amici, i mei genitori al lavoro ed io ero sola. Non avendo niente a cui pensare o cosa fare, mi alzai e mi diressi verso il cassetto della cucina per giocherellare con qualcosa che avrei trovato. Lo aprii. Dentro si trovava di tutto e di più: filo di spago, carta velina, crema, posate, giocattolini delle macchinette, biglie. Nell’ angolo del cassetto, messa in disparte, c’era una bomboletta non tanto grande, dal colore grigio chiaro con un disegno raffigurato: alcune nuvole con schizzi di colore qua e là. “Una delle solite bombolette che usano i ragazzi che hanno tempo libero da sprecare” pensai. Ma qualcosa mi spingeva ad usarla. La presi e mi diressi nel giardino dove c’erano rimasugli di cartoncini bianchi che mia sorella usa il sabato pomeriggio quando ha tempo libero. Mi accomodai in un angolo del giardino con la bomboletta spray in mano e il foglio davanti a me. Non ero un’artista esperta, ma me la cavavo. Provai a disegnare una stella, ma dalla bomboletta comparve una piccola pallina azzurrina chiara che divenne sempre più grande. Non credevo ai miei occhi. “ Che strana cosa era quella?”. Seduta feci un balzo indietro sbattendo contro il muro. La nuvola uscita dalla bomboletta aveva un aspetto soffice. Spalancai gli occhi incredula. Mi avvicinai e sì, era una nuvola! Volevo avventurarmi in qualcosa di nuovo. Salii e notai un volante: iniziai a muoverlo e, pian piano, mi ritrovai nell’enorme distesa


azzurra. Intorno a me c’erano nuvole grandi e piccole. Mi stesi sull’enorme cuscino e osservai il cielo chiaro e luminoso. Ero immersa nei miei pensieri, quando sentii qualcosa di pesante in testa. Un libro caduto dal cielo?. Un cuscino uscito da chissà dove?. Sentivo due piccole puntine che si muovevano liberamente sulla mia testa, poi non le sentì più , ma percepivo una palla pelosa . Di sicuro non poteva essere mio cugino Kennet. Scossi la testa e vidi la palla alzarsi nel cielo: era un piccolo uccello dalle zampette appuntite, dagli occhi piccini e dal corpo paffuto e peloso. Piccole gocce incominciarono a cadermi in testa. Stava iniziando a piovere. Mi lavai prima del dovuto senza trascorre il tempo con mia sorella a parlare di chi si sarebbe dovuto fare la doccia per primo. Trascorsi circa venti minuti a fluttuare sospesa nell’aria, mentre grosse gocce d’acqua scivolavano sul mio fragile corpo. Ma arrivò la parte più divertente e interessante. Non pioveva più, ma splendeva il sole. Al di sotto di me c’era un grande arcobaleno composto da tanti colori, usai il volante: indietreggiai di qualche nuvolata(passo)e mi appoggiai sull’arcobaleno. Scivolai come fanno i bambini sullo scivolo. Più’ veloce di così non si poteva. Atterrai sul suolo, su un campo verde pieno di fiori. Non c’erano case e botteghe ma solo fiori, alberelli e piccole capanne qua e là: sembrava di essere nel paese delle meraviglie. La nuvola “parcheggio’” come un’automobile ai piedi dell’arcobaleno. Scesi e mi stesi sull’erba assaporandone un filo in bocca. Pensavo


a come ritornare a casa, ma non mi sarebbe dispiaciuto rimanere qui ancora per un po’. Mi ero stesa con gli chiusi, poi sentìi un respiro delicato accarezzare la mia pelle. Aprìi gli occhi e vidi una fanciulla: aveva gli occhi azzurri, i capelli biondi circondati da una coroncina di rose ed un abito color rosa acceso. Mi alzai e la guardai. Più’ o meno doveva avere la mia età. “Come ti chiami piccina? “ le domandai. “Sarai tu piccina! “disse per poi pestarmi il piede destro. Caddi col sedere sull’erba. La dolce fanciulla in realtà si era rivelata una brutta strega prepotente. “Scusa “dissi con aria di disprezzo e lei guardandomi fece un ghigno. Mi alzai. “Mi chiamo Giulia, e tu nanetta? “mi domandò con fare altezzoso. “Bassotta, mi chiamo Peter! “dissi, lei mi fissò. Iniziammo a correre come dei cagnolini per tutto il campo.Trascorremmo il tempo a correre e a scherzare. Infine crollammo stanchi sull’erba a parlare. Improvvisamente gocce d’acqua mi finirono in faccia: era impossibile, stava ricominciando a piovere. Giulia era lì, divertita e compiaciuta con un secchio in mano ed io ero seduta con le spalle al muro, tutto bagnata. Lasciai rotolare il secchio sull’erba e senza dire una parola me ne ritornai in casa. Raccolsi la bomboletta spray e la rimisi al suo posto. Forse avevo immaginato tutto, come era mia abitudine fare. Era davvero uscita una nuvola dalla bomboletta? Rimasi nel dubbio e decisi di non prenderla più in mano.


:) UN SOGNO AD OCCHI APERTI :( Era il… no scusate, la data precisa non la ricordo, ma so che era un sabato, un sabato come tutti gli altri. Stavo cercando di rilegare un diario , mi occorreva del feltro, così cercai per tutta la casa, ma niente : il feltro non si trovava. Allora decisi di andare a rovistare nei cassetti della mia cucina e iniziai ad aprirli. Ritrovai vecchi oggetti dei quali non ricordavo nemmeno l’esistenza. Mi soffermai a guardarne uno in particolare, si trattava di un oggetto bizzarro:era una scatoletta in argento dalla forma circolare consuscritto “ pasta intelligente” così la mia curiosità prese il soppravvento e la aprii. All’ interno trovai una pasta dal coloregrigio polvere, era appiccicosa, la posai nella scrivania e cercai di pensare a che cosa potesse servire. Decisi di leggere le istruzioni, nel retro della scatoletta c’era scritto: “Ascoltare il piccolo genio ed esprimere tre desideri”. Non compresi la scritta, così preferii andare a giocare fuori in giardino. Dopo cena ritornai nella mia stanza e guardai nella mia scatoletta, ma la trovai vuota. Cercai sotto al letto, ma non trovai alcuna traccia della pasta intelligente , alzai lo sguardo e vidi… un piccolo omino di pasta. Sbattei le ciglia due volte: ero totalmente basita, scettica, non riuscivo a credere a ciò che stava succedendo. Non riuscii a domandargli nulla prima che lui iniziasse a criticare la mia stanza : “Ehm… scusami, questa sarebbe la tua stanza ? Per caso è passato un tornado qua dentro? E’ un vero disastro.” Io, offesa e arrabbiata, gli risposi: “Ehi, io adoro la mia stanza così com’è . E tu chi saresti signorino?” Lui rispose: “Io sono il genio della scatola ed esaudirò tre dei tuoi desideri, scegli con prudenza perché non sono concessi


ripensamenti.” Tutto era magnifico! “Posso … no forse è meglio …” stavo finalmente decidendo quali desideri esprimere quando piombò nella mia camera Andrea incolpandomi di aver rotto la sua macchina telecomandata. “Martina lo so che sei stata tu a rompere il mio gioco, ora me la ricompri o lo dico al babbo!” Cercai di fargli capire che non era un buon momento, ma lui insistette e così pronunciai quella parola che mai e poi mai avrei dovuto emettere: “Andrea vorrei che tacessi per una buona volta, non è il momento giusto.” Detto questo, il genio della scatola mise al posto della bocca di mio fratello una serratura e buttò via la chiave.Ero troppo preoccupata a pensare al genio che mi dimenticai di mio fratello. Decisi di non perdere la testa, scelsiconvinta il mio secondo desiderio, ma arrivò la mamma che mi rimproverò per non aver terminato i compiti. Le promisi che avrei fatto il compito più tardi, ma lei fu irremovibile e così pronunciai quella maledetta parola : “Mamma perfavore devo finire un lavoro importantissimo …vorrei che cucinassi tantissimi biscotti, dolcetti, torte..” La mamma allora se ne andò a cucinare ininterrottamente … il genio mi stava prendendo in giro! Decisi di non pensarci più e di non arrabbiarmi perché avevo letto tra le righe delle istruzioni che prendersela con un genio avrebbe portato brutte conseguenze. Avevo rimasto il mio ultimo desiderio e dovevo sceglierlo con estrema concentrazione. Stavo per esprimerlo quando… il babbo agitato entrò in camera mia perché era passato in cucina, aveva visto la mamma che continuava a sfornare biscotti e voleva una spiegazione. Ancora una volta quella parola uscì senza comando dalla mia bocca: “Babbo te lo spiego più tardi ora … vorrei che continuassi concentrato a guardare la


tv.”Lui si catapultò nel divano a seguire attentamenteil documentario che adorava. Ero infuriata, così scesi di sotto e vidi la mia famiglia … erano tutti pazzi: Andrea senza parole, la mamma sembrava un robot e il babbo aveva occhi solo per la TV… ed io ero la colpevole! Andai a dormire nella mia stanza con il desiderio che tutto tornasse come prima. Aprii gli occhi e mi ritrovai nell’esatta posizione delle 9.30 della mattina ed ero impegnata a rovistare nei cassetti della cucina alla ricerca … del feltro!


LO SPECCHIETTO MAGICO Era una domenica pomeriggio molto noiosa, non sapevo che fare ; quando decisi di andare a frugare nel cassetto più pieno di camera mia. Una volta lì , quando lo aprii, fui sommerso da tutto quel ciarpame che e vi si trovava dentro.A quel punto iniziai a rovistare dentro al cassetto, e vi trovai di tutto : vecchi mostriciattoli, origami, vecchi disegni, piccoli peluche e tante altre cose che non mi serviranno mai, comunque sono sempre miei ricordi. Ma ad un certo punto mi soffermai su un piccolo specchietto di colore viola con su scritto nell' etichetta nel retro “LE MAGIE DI MAGO GIOACCHINO”.Provai a puntarmelo in volto ,ma non successe niente, pensavo che deformasse il volto, però a quanto pare non faceva niente di che. Dopo 1 o 2 minuti che avevo in mano lo specchietto vidi che un po' di peli mi stavano uscendo dalle orecchie e un po'dal mento. Iniziavo a insospettirmi, però pensai che era uno specchio che faceva diventare pelosi. Ad unb certo punto notai che i miei denti stavano ingiallendo e diventando storti , la pelle iniziò a diventare verdastra e i miei capelli stavano diventando più lunghi e sporchi.Non capivo in che cosa mi stessi trasformando, ma una cosa l'avevo capita , no mi stava trasformando certo in qualcosa di bello. Infine afferrai il concetto, non ero più un dolce ragazzo bensì uno spaventoso troll rugoso e verde . Dallo spavento lanciai via lo specchio che finì ai piedi di mia mamma.


In quel momento mi tappai le orecchie sapendo già che avrebbe gridato talmente forte che l'urlo sarebbe stato sentito da tutto il vicinato.Così fece, mi sembrò quasi che le pareti tremassero, e per fortuna che mi ero tappato le orecchie! Quando si calmarono le acque cercai di farle capire che era il trucco dello specchio che consisteva nel trasformare le persone che vi si specchiano nei personaggi non esistenti che odiano di più, semplicemente per fare uno scherzo.lò Mentre le spiegavo il trucco guardai la sua faccia incredula , ma quando ebbi finito vidi nel suo volto un sorriso e a quel punto incominciammo tutti e due a ridere a crepapelle. Sinceramente non mi ricordavo di quello specchietto e … DEL TRUCCO CHE RISERVAVA!


LA TORCIA MAGICA Era una domenica più noiosa della altre, quindi decisi di andare in cerca di oggetti in disuso: mi ha sempre divertito “razzolare” tra le vecchie cianfrusaglie di famiglia e quel giorno mi sentivo come un esploratore in partenza per un viaggio tanto atteso. Andai in cantina e un vecchio comodino di legno decorato con bassorilievi e molto impolverato al momento, attirò la mia attenzione. Lo aprii e nel primo cassetto c’erano fili che solleticavano le mie dita, lampadine fulminate, una trappola per topi e…tanta polvere! Le dita erano già nere e un po’ unte a causa del grasso incontrato in un angolino del cassetto: che fastidio! Ma ecco, trovai una torcia: era diversa dalle altre che avevo avuto, sembrava da poliziotto. Aprii il cassettino per le pile e vidi che era vuoto, però, da grande curioso, provai comunque ad accenderla. Cliccando il tasto di accensione usciva un raggio di luce quasi abbagliante ed io mi chiedevo come potesse funzionare senza pile, ma in quel momento non importava. La presi e tornai in casa: avevo trovato qualcosa di interessante. Volli provare di nuovo se funzionava e la puntai su mio fratello: non solo faceva luce, ma mostrava una specie di film sulla persona su cui si puntava. Rivelava


magicamente il suo stato d’animo, le intenzioni e i pensieri. Vidi a cosa pesava mio fratello e logicamente era sua intenzione urlare per farsi sentire dai genitori e incolpare me, ma per fortuna riuscii a fermarlo mettendogli una mano sulla bocca. Subito dopo la volli provare sui miei genitori, ma appena la puntai su mio babbo la torcia non fece più luce. All’inizio mi dispiacque un sacco… poi pensai che era meglio non conoscere la vita privata degli altri e pensare a migliorare la propria. Quindi in fondo in fondo la mia non fu proprio una sconfitta o una disgrazia perché la vita è fatta così: alcune cose si sanno prima che accadano e altre invece ti prendono diciamo in “contropiede”. Sinceramente preferisco vivere in modo fiducioso e ottimista, piuttosto che alla ricerca di bugie.


“Le Magiche Mentine” Solitamente, nei sabati di estate, aiuto la nonna a cucinare e insieme prepariamo qualcosa d buono per pranzo. Un pomeriggio stavamo impastando le tagliatelle, quando mia nonna mi chiese di prendere un mattarello da uno dei cassetti della cucina. Guardai gli strettissimi cassetti bianchi che stavano sotto il lavandino, non sapevo bene come un mattarello poteva entrare lì dentro, ma non esitai e inizia ad aprirli tutti. Il primo cassettino era pieno di inutili cianfrusaglie come viti, chiodi e tante altre cose piccole…. gli occhi si fermarono su un barattolino per marmellata pieno di pasticche bianche, pensai che fossero solo medicine del nonno, invece mi sbagliavo: erano mentine!!! La nonna ne aveva tante in casa, dovevo assolutamente mangiarne una, era una giornata afosa e avevo bisogno di rinfrescarmi, così, in silenzio svitai il tappo e ne presi una, la buttai frettoloso in bocca e chiusi con cautela il barattolo. Il sapore della mentina era strana e d’improvviso la stanza mi sembrò girare come una trottola. Mi voltai verso la nonna, era ancora lì a rimirare l’impasto per le tagliatelle senza battere ciglio, cercai nel secondo cassetto il mattarello che mi aveva chiesto e glielo porsi, ma lei rimase immobile, allora la chiamai: - Nonna?!- non rispose… guardai fuori dalla finestra il cielo, le nuvole non si muovevano, guardai l’orologio e le lancette erano ferme. Cos’era successo? Ero un po' disorientato, mi diedi un


pizzicotto, speravo fosse un sogno, ma evidentemente non lo era… AVEVO SERIAMENTE FERMATO IL TEMPO!... uscii agitato fuori di casa e la realtà confermò l’ipotesi, corsi a casa e passando in giardino incontrai una farfalla librata in mezzo all’ aria e un’orda di moscerini immobili che avrei potuto facilmente eliminare, ma non era il momento. Ritornai in casa e in cucina c’era un fornello acceso con le fiamme sospese sotto una padella che non sfrigolava, il gatto era alla finestra fisso come una statua di cera. Corsi euforico alla scatolina di mentine, avevo fatto un’incredibile scoperta: avevo trovato il segreto del tempo. Raccolsi una caramella, la guardai e cadendomi dalle mani mi scivolò in bocca e rividi il mondo girarmi attorno, ma lentamente. - Allora l’hai trovato il mattarello? – la voce della nonna mi risuonò nella testa, mi ritrovai fermo davanti ai cassetti, la nonna mi fissava – Scusa nonna mi sono incantato -.


IL PROFUMO DEL SILENZIO Mi chiamo Giovanni e sono un ragazzino come tanti altri, ho undici anni, e non riesco proprio a non litigare con mia sorella Angela. Un giorno mi fece arrabbiare così tanto che per non far male a nessuno dovetti uscire dalla sala e andarmene via, così decisi di andare in ufficio. Mi incuriosirono tre cassetti: aprii il primo e ci trovai solo una cosa, una piccola bottiglietta strana tutta rossa con scritto sopra:” Il profumo del silenzio” la presi e ne diedi una spruzzata al mio gatto che stava miagolando e notai che smise di miagolare all’improvviso. Allora presi il profumo corsi di sotto e, appena vidi mia sorella, le feci l’ultimo dispetto e lei subito iniziò a gridarmi, e in seguito mi disse:” Allora non dici nulla?” Io risposi dicendo: ”Ti volevo soltanto dire addio per sempre!”, glielo spruzzai su tutto il corpo e in un attimo non si sentì più nessun rumore nessun lamento o miagolio. Ma non avevo pensato alle conseguenze: cosa avrei detto ai suoi amici, alle maestre, ai nostri genitori?? Come si poteva giustificare la sua improvvisa scomparsa? Ma trovai la scusa che lei stava scrivendo una lunga storia e aveva bisogno di concentrazione, silenzio, per cui non parlava, non si faceva vedere da nessuno e non voleva che nessuno la disturbasse. Ma passava il tempo e sembrava che io fossi figlio unico; mia sorella diventava sempre più invisibile a tal


punto che, i miei genitori, mi comprarono un cane per farmi sentire meno solo. Ma io, anche avendo quel cane che desideravo da tanto, sentivo dentro di me una parte che mi mancava: MIA SORELLA. A questo punto corsi a cercarla e quando la trovai iniziai a chiamarla a voce alta, ma niente, lei non mi rispondeva. All’ improvviso mi misi a piangere e un attimo dopo ecco che mi cominciò a girare la testa e caddi a terra come un salame. Ma per mia fortuna era solo un sogno … e volete sapere cos’ è che mi ha svegliato? Ovviamente mia sorella che stava sbraitando nella mia camera. Allora corsi da lei, l’abbracciai e le diedi un bacino e dal quel giorno continuammo a volerci sempre molto bene, anche a distanza.


FRUGO NEL CASSETTO E TROVO... Mi sveglio la mattina con la voglia di aiutare mia mamma che sta ripulendo gli armadi, decido di rendermi utile, mi faccio da una parte e inizio dal cassetto dei ricordi, in soffitta. Infilo la mano dentro e tra tutto il ciarpame, mi ritrovo in mano il famoso ciuccio che avevo quando ero piccola. Mi piaceva tanto e la mamma dovette dirmi che lo aveva mangiato il topolino, mentre invece lo aveva nascosto per farmi smettere di usarlo. Lo lavo e lo metto in bocca e questo mi piace perchÊ mi fa ritornare ai vecchi tempi e riprovare il gusto per il quale andavo matta. Poi ritorno a cercare, trovo tanti piccoli oggetti che mi fanno andare indietro nel tempo e rivivere tutti i momenti piÚ magici della mia vita come ad esempio foto, scarpine, vestitini e tanto altro. Alla fine, mi saltano all’occhio una scatola di cerottini che non avevo mai visto prima e che oltretutto hanno un


nome molto strano: “Magic Form”. La curiosità, mi porta ad aprirne uno e vedo che sopra c’è stampato uno smile sorridente. Visto che è così carino, decido di mettermene uno. Subito dopo, mi sento rigenerata, fresca, bella e piena di super poteri, provo meraviglia ed emozione, vado poi a farlo vedere a mia mamma, scendo le scale e mi accorgo che mi sentivo leggerissima, come una libellula e mi sembrava di camminare sopra alle nuvole Mi accorgo che quel cerottino, aveva davvero dei poteri magici. Decido di portarne subito uno a ciascun componente della mia famiglia e, a un certo punto, sembra che i pensieri e le preoccupazioni siano svaniti nel nulla, lasciando solo pensieri positivi. Mi ritrovo in soffitta davanti al cassetto aperto, con la scatola dei cerotti aperti e mi rendo conto di aver sognato ad occhi aperti. I cerotti sono solo cerotti e questo mi sembra chiaro: avevo viaggiato nel fantastico mondo dell’immaginazione!


Il cassetto e le bambole Caldo, faceva caldo, così caldo la mia pelle sembrava sfrigolasse . Andai in cucina a prendere un bicchiere d’ acqua, anche se era una scusa per non essere coinvolto da mia sorella Kate nei sui giochi con le bambole .I miei pantaloni s’ impigliarono in una maniglietta di un cassetto. La aprii e tra una marea di oggetti, fui attirato da una bambolina simile a me, una bambolina Peter; la presi e di botto mi rimpicciolii: ero diventato piccolo e la bambolina era diventata alta,in pratica era avvenuto uno scambio di corpi. Ero sorpreso quasi spaventato ; si vedeva che non ero io ; si poteva vedere benissimo che il me alto era fatto di lana ,dai suoi intrecci e spessore. Kate arrivò di fretta urlando :_ PETER !! . L’altro me disse :_ Sì Kate, cosa vuoi?. Rispose con tono da prepotente :_ Voglio sapere che vestito mettere per la festa della mia bambola. Peter con occhi sgranati come se volesse dire “ non ce la faccio più” andò in salotto con Kate a decidere . Io urlai , ma nessuno mi sentì, allora con la mia poca forza cercai di avanzare, purtroppo a metà strada crollai sfinito; Sentivo le mie gambe molli come spaghetti cotti era impossibile ; volevo tornare normale . Vedermi da lontano mi fece capire che se la aiutavo a giocare significava che ero un bravo fratello. Mi misi a sorridere felice . TOC TOC ,era Kate che , dopo avermi bussato la testa come per dire “ci sei?”, era venuta in cucina a cercarmi per


chiedermi se potevo tornare in salotto con lei a decidere quale abito era meglio di quale. Allora io le mostrai il mio sorriso e senza perdere tempo corsi nel salotto a giocare con lei e con le sue bambole , ma prima presi la bambolina Peter e la rimisi nel suo cassetto.


IL LIBRO DEI PAESAGGI VERI Era sera, non trovavo il mio libro che dovevo leggere per la scuola, intitolato “Frankestain il mostro“, ovviamente non mi stavo impegnando a cercarlo, io odiavo leggere, ma lo facevo perché altrimenti mio babbo mi avrebbe sgridato, per lui era di principale importanza mi ricordo ancora le sue esatte parole, “Se non leggi resterai ignorante per sempre” oppure “più leggi adesso più intelligente sarai domani” era proprio un fanatico della lettura. Sentii dei passi sulle scale, era lui, misi la mano nel cassetto della scrivania per afferrare un libro qualsiasi pur di non essere sgridato, prima toccai qualcosa di liscio e tondo, probabilmente un vasetto, ma non mi serviva, in seguito sentii al tatto qualcosa che assomigliava ad un libro di grandi dimensioni, scrutai dentro al cassetto ma no, non avevo voglia di leggere la Bibbia, mio padre era ormai davanti a me, allora in fretta e furia tentai ancora ed estrassi il primo libro che mi capitò tra le mani. Dissi a mio babbo “stasera leggo questo”, e tranquillo se ne andò in camera da letto, anche lui con il suo libro in mano. Quello che avevo trovato era un libro che pensavo poco interessante, con la copertina rigida, le pagine che lo componevano erano poche, ma era molto grande, supposi che parlasse di paesaggi, visto che sulla copertina c’era la fotografia di una città vicino al mare e il titolo era “I paesaggi più belli del mondo”.


Decisi di sedermi sul divano per guardarlo più comodamente, lo sfogliai velocemente, per darci un’occhiata e sentii che sprigionava quel buon profumo di libro nuovo. Quando analizzai per bene la prima pagina, tirai un sospiro di sollievo, era pieno zeppo di immagini e aveva poche parti scritte era la mia serata fortunata. Quando voltai pagina vidi in primo piano la fotografia a colori di un laghetto molto grazioso, con sopra due meravigliosi cigni che si divertivano a schizzare acqua da tutte le parti. Ebbi una strana sensazione, l’immagine sembrava molto realistica, quasi vera come se potesse prendere vita. Avvicinai sempre di più l’immagine al mio viso per osservare meglio, mi stropicciai gli occhi e in quel momento fui bagnato da alcuni schizzi d’acqua. A quel punto mi spaventai e scaraventai il libro lontano, non potevo credere a quello che avevo sentito, cosa poteva essere successo? Ero troppo curioso, quindi senza pensarci, ripresi il libro in mano per capire se era stato un sogno o realtà. Ritornai alla pagina con l’immagine del laghetto e la scrutai con più attenzione: era emozionante, non potevo credere ai miei occhi, ma che razza di libro era quello? Toccai l’immagine con un dito e vidi, anzi non lo vidi più: il mio dito era scomparso dentro l’immagine. Era stata un’emozione unica, ebbi paura che il mio dito scomparisse per sempre, ma la sensazione non era


spiacevole e preso il coraggio, senza pensarci due volte, mi lanciai all’interno della pagina. Mi ritrovai proprio lì, sulla sponda del laghetto, dentro la fotografia; ricordo che era un posto paradisiaco, meraviglioso, la trasparenza dell’acqua brillava al riflesso del sole, neanche mezzo mozzicone di sigaretta per terra, neanche un sacchetto o una cartaccia, era bellissimo, bastava una panchina e quei due cigni bianchi per godersi quell’attimo di pace e relax. Non c’era neanche una imperfezione nei loro lunghi colli che finivano con due occhietti neri e un becco allungato di colore arancione acceso. Era tutto perfetto fin quando non mi risvegliai sulla sedia del bagno ad osservare la vasca piena d’acqua con sopra due paperelle di gomma che galleggiavano.


DUE ANELLI PARTICOLARI

Eravamo in casa da mia nonna quando li trovai;stavo rovistando in cucina,nel Cassetto del Ciarpame,quando vidi luccicare qualcosa in fondo ad esso; incuriosita scartai penne senza inchiostro,tappini di pennarelli dimenticati,fogli ingialliti dal tempo,puntine e altri mille oggetti abbandonati lì da chissà quanti anni;trovata la fonte di quel luccichio,mi rigirai gli anelli tra le mani ammirando gli emblemi raffiguranti un'aquila ad ali spiegate,simbolo di libertà; mi accertai che la nonna Ines stesse ancora dormendo,quindi presi i due oggetti d'oro e chiamai Asia sottovoce. Ne prendemmo uno ciascuno,li infilammo al dito e andammo in giardino; appena fuori vidi che anche lei aveva trovato qualcosa nel cassetto del salotto, qualcosa che si ricollegava con gli anelli:era una vecchia foto di famiglia,datata 1945,che immortalava i miei bisnonni che si tenevano la mano,sotto l'albero dietro di noi; la nostra attenzione però fu catturata dalle loro mani unite, perché portavano gli emblemi che avevamo trovato noi; in quel momento non prestai molta attenzione allo sfondo,ma poi, dopo un'attenta analisi, mi colpì il fatto che la casa non c'era e dietro ai nonni una contadina seminava i campi, ma i suoi vestiti erano medioevali; guardai Asia e vidi lo stesso stupore, e allo stesso tempo terrore,che avevo dipinti io in faccia,quando esclamò:-C'è qualcosa che non funziona nella foto!-


UNA PENNA MISTERIOSA Era lunedì e stranamente mi svegliai di buon umore, anche se molto assonnato, forse perchè avevo sognato che mia sorella era stata rapita dagli Umpa-Lumpa, mentre io mangiavo cioccolata insieme a Willy Wonka, ma non è questo il fatto centrale (anche se vorrei che lo fosse). Mi ricordai poi che, il giorno prima, mi era finita la penna blu mentre svolgevo il compito di grammatica, così mezzo sveglio e mezzo addormentato andai in terrazza e aprii l'armadio dove tengo le mie scorte di materiale scolastico, insieme a migliaia di vecchi CD anni ottanta e iniziai a rovistare nelle scatole. All'improvviso sentìì un fastidioso dolore e mi accorsi che mi ero tagliato il mignolo con un foglio F-4; nonostante ciò continuai imperterrito nella mia ricerca finchè non trovai una penna nera carbonio che non avevo mai visto, neanche nelle pubblicità di Media Shopping; non c' erano né scritte ne marchi, solo un pulsante a scomparsa che faceva uscire una punta a sfera talmente sottile che appena si vedeva!


Non feci caso all'estetica e alle stranezze della penna e la misi nell'astuccio insieme a tante altre cose poco interessanti. Così, con la voglia e l'entusiasmo che caratterizzano ogni mio Lunedì, andai a scuola col pullman. Dopo essere entrato in classe e avere aperto il quaderno di italiano, quando fu il momento di scrivere un tema, appena la sfera toccò il foglio di carta l'inchiostro della penna biro si sparse dappertutto emanando uno strano odore, fumo e lo stesso sfrigolio dell'olio bollente che frigge in padella fino a che non iniziò a corrodere il foglio e il banco Ero immobilizzato dallla paura e il liquido stava per cadermi addosso...... Non sapevo cosa fare, avrei voluto alzarmi e correre via lanciando quella penna terribile il più lontano da me, ma la paura aveva reso le mie gambe due macigni di pietra e lo sguardo si era fatto annebbiato, rendendo tutti i contorni degli oggetti e delle figure dei miei compagni sfuocati e confusi.”Lorenzo!!!” Sentii gridare e subito mi ritrovai nel mio letto assonnato e stanco, forse era meglio dormire altri cinque minuti!


Il Portale Ero seduto nella scrivania della mia cameretta e intanto scrutavo il cassetto: c’erano tante cose e all'improvviso mi ritrovai in un mondo virtuale e in questo mondo c’erano personaggi che nella realtà non esistevano per esempio il gioco di Mario, o personaggi dei cartoni animati e anche mostri. E allora esplorai il mondo virtuale e per caso ritrovai dietro di me un enorme mostro con delle grandi fauci e una fame terribile che inoltre voleva prendere la mia anima. Allora trovai un modo per sbarazzarmi di quel mostro; chiamai il mio personaggio immaginario preferito, Mario che mi salvò dalla mia orribile fine. Infatti Mario per metterlo al tappeto, diede un pugno mostruoso al Mostro che scivolò su una banana e sbattè la testa perdendo i sensi. Intanto io e il mio amico scappammo subito prima che il Mostro si risvegliasse e giungemmo a un tunnel spazio-temporale che ci condusse in un altro mondo. Così continuò il nostro viaggio e intanto giungemmo a un castello maestoso e bellissimo che era quello di Cenerentola, un personaggio molto noto e apprezzato da tutti i bambini. Entrammo io e Mario con grande stupore e un po' di inquietudine: nella sala principale vedemmo enormi quadri e tanti tavoli con dei posti a sedere, inoltre c'era una grande quantità di cibo. Successivamente entrammo nella parte principale del castello dove ci ospitò Cenerentola stessa. Era una donna alta, bionda e alla vista molto bella. chiacchierammo un po' dopodiché ci condusse nei sotterranei dove c'erano degli scheletri. Infatti la povera Cenerentola aveva paura di aprire la porta perché all'interno la stanza era infestata da questi scheletri mostruosi e pieni di malvagità. Così io e Mario ci facemmo coraggio e combattemmo al massimo delle nostre forze per difendere e salvare la principessa da questi mostri. Dopo averli sconfitti, la principessa ci ringraziò offrendoci


l'ingresso per il mondo successivo e così entrammo nel portale. Era molto grande e molto buio, ma per fortuna ne uscimmo subito. Entrando dal quel mondo vidi il cielo azzurro e le nuvole bianchissime e così consigliai al mio amico Mario di farsi una bella riposata. Lui mi rispose che dovevamo sbrigarci e di affrettarci a uscire perché lui aveva delle commissioni da fare. Così ci sbrigammo e incontrammo uno strano personaggio di nome Giovanni che, dopo alcune noiose e lunghe chiacchiere, ci condusse verso la direzione del portale ma ci consigliò di fare attenzione perché c'erano alcuni Goblin di guardia nei dintorni. Così io e il mio amico Mario ci armammo e marciammo verso il luogo come se fossimo stati dei soldati. Così incontrammo alcuni stregoni che facevano a La guardia a una torre alta quanto un grattacielo. Chiedemmo loro quale fosse la direzione del portale e ci risposero che dovevamo prima scalare quella torre alta, dato che non aveva porte di ingresso. Successivamente chiedemmo loro aiuto e loro, per aiutarci, ci diedero delle ventose speciali che ci permisero di scalare la torre. Arrivati in cima trovammo una porta chiusa fatta interamente d'oro. Il problema, però, era come aprirla dato che non possedevamo la chiave. Così grazie al mio intuito riuscii, per caso, ad aprirla grazie ad un mattoncino che era vicino alla porta. Entrammo e incontrammo un genio. Era alto e muscoloso e possedeva, per giunta, dei poteri sovrannaturali. Ci chiese cosa facevamo lì e Mario gli rispose che avevamo un bisogno urgentissimo di entrare nel portale per raggiungere il mondo reale. Lui capì la situazione e per farci entrare ci propose tre indovinelli; se rispondevamo correttamente a tutti e tre i quesiti ci avrebbe dato in cambio l'uscita del portale. Il primo indovinello consisteva in un gioco di parole legato alle iniziali di tre frutti tropicali, il secondo, invece, era un quesito di matematica sulle potenze, e infine il terzo e il più difficile era un indovinello di storia sugli antichi Egizi. Grazie all'aiuto del mio amico Mario e alle sue conoscenze riuscimmo, dopo tanta fatica, a rispondere correttamente a tutti gli


indovinelli e a entrare finalmente nel portale. Prima di entrare, però, dovetti tristemente salutare il mio amico Mario dato che lui doveva ritornare nel suo mondo. Quando ritornai in camera mia, pensai per un attimo che fosse un sogno, ma mi ricordai del ciondolo che mi aveva regalato Mario all'inizio del viaggio. CosÏ, ancora oggi, quando guardo bene quel ciondolo ricordo con nostalgia quelle avventure fantastiche passate insieme al mio amico e che non dimenticherò mai in vita mia.


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