MOZZAFIATO Eravamo al campo per l’allenamento invernale di nuoto. Era già il secondo anno che frequentavo IL CORVO insieme ad alcune mie amiche. La scuola si era divisa in vari gruppi, io e le mie amiche fummo divise. Capitai nel gruppo con a capo l’istruttrice più brava del campo, era soprannominata LA RED, perché quando era ancora in gara stracciava i suoi avversari come se li ammazzasse veramente. Alcuni giorni dopo si scoprì che una ragazza del mio stesso gruppi di nome Sherri era morta. Non si sapeva nulla sulla sua morte. Era un mistero, finché dopo due giorni iniziarono a girare delle voci. Per alcuni la colpevole era l’istruttrice, infatti una delle mie amiche mi venne a bisbigliare all’orecchio :” Stai in guardia all’istruttrice!”. Poi se ne andò.In quel momento l’istruttrice mi sorrise, quel sorriso che poco prima mi confortava mi apparve all’improvviso e lungo la schiena mi attraversò un brivido di paura. A poco a poco cercai di allontanarmi da lei che sempre più mi inquietava e ogni suo gesto verso di me mi angosciava in modo indescrivibile. Un giorno l’istruttrice mi prese da parte e mi iniziò a parlare.Mi portò sul molo un posto lontanissimo da campo. Tremavo. Il mio cuore batteva fortissimo. Mi sentivo in pericolo e sapevo che se avessi urlato nessuno mi avrebbe sentito. La mia istruttrice tirò su col naso. : “ Mia nonna diceva sempre che se cadi nell’acqua gelata, il fiato ti si mozza e il cuore ti si ferma.” Guardò giù, verso le acque scure.” E' stato davvero terribile” mormorò la sua voce. Eravamo in piedi sul molo con i nostri doppi calzettoni, strette l’una all’altra per scaldarci. era la prima volta che mi trovavo così vicina all’acqua da quando Sherri era morta. Erano passati due giorni, e quello strano gelo invernale non si era ancora sollevato dal lago. Posai la testa sulla spalla dell’istruttrice. Era la più vicina al luogo dell’incidente quando era accaduto. “Avresti dovuto sentirla urlare” disse l’istruttrice, il petto che le si gonfiava. Ebbi un brivido. L’avevamo sentita tutte, al campeggio, ma non volli contraddirla. Avevo creduto che fosse l’ululato strozzato di un animale che veniva aggredito. “Non è stata colpa tua” dissi, cercando di consolarla. L’istruttrice non rispose nulla. Allora sollevai il capo, e vidi il suo ghigno. La mia bocca si spalancò e lei mi spintonò giù dal molo con le mani aperte. Caddi. L’acqua gelida mi penetrò le vene. Quel poco che ero riuscita a vedere con quelli che un tempo erano occhi mi sembrò spaventoso. Non doveva finire così. Quella non poteva essere ma fine, ma quella di un’altra persona che l’avrebbe