Le nuove avventure del Nautilus
LO SQUALO
Il capitano mi chiamò poco dopo verso l'ora di cena. Mi chiese: " Professore ha gradito l'uscita in mare aperto? Spero le sia piaciuto il mio territorio di caccia." " Devo ammettere che il mare riserva belle sorprese, ma può essere anche pericoloso: quelli erano magnifici esemplari di squalo, e se ci avessero attaccato saremmo stati spacciati." " Dunque lei non si fida di me, del mare." disse in tono canzonatorio. " Molte volte mi è capitato negli abissi di dover affrontare animali peggiori di quelli. Presto si accorgerà che il mare le riserva molte sorprese, di cui il genere umano non ne è ancora a conoscenza. " Fece un profondo respiro e riprese: " Le è stata data una
grande possibilità pensi ai tanti naturalisti che si sono rovinati la vita per scoprire scoperte sconvolgenti nei mari. A molti di loro io potrei far vedere il tanto agognato animale che hanno ricercato per tutta la vita, non trovandolo. " Concluse così il suo discorso. Io annuì col capo. in quel momento entrarono nella stanza anche Ned e Consiglio. L' arrabbiato fiociniere avanzò verso Nemo e gli disse: " Ma è impazzito, potevamo rimetterci la pelle con quei due bestioni una loro codata e ci avrebbero frantumati, o peggio. " Nemo con studiata lentezza rispose calmo: " Forse mi dovreste ringraziare, non vi ho forse avvertito del loro arrivo? " Temevo che Ned Land di lì a poco sarebbe esploso contro il capitano, così gli dissi: " Caro amico guarda che
il capitano ha ragione, senza il suo provvidenziale avvertimento non ci saremmo di certo salvati." Il fiociniere fece per aprir bocca ma, la richiuse subito con aria rassegnata. Continuò però a mugugnare a bassa voce. Dopo aver placato l’ animo battagliero di Ned ci sedemmo a tavola e iniziammo a mangiare. La cena era come le altre, a base di pesce succulento di cui però non saprei indicare il nome. Riconobbi però la frittura, formata da alcuni polipetti che avevo visto alcune ore prima nella foresta sottomarina. Non riuscì invece a identificare il budino violaceo che ci fu servito per dolce. Sazi tornammo nelle nostre camere. il comandante però mi fermò e mi chiese: " Le piacerebbe fare un'altra passeggiata sottomarina? Le vorrei mostrare una cosa che secondo me le
piacerà molto. " Incuriosito confermai a patto che venissero anche i miei amici. Nemo annuÏ. Passai la notte insonne in attesa della passeggiata. Ero ansioso come un bambino la notte di Natale. Aspettavo trepidante contando i secondi dell' orologio. Sentivo nella camera affianco dei movimenti e delle voci. Consiglio e Ned erano ancora svegli e chiacchieravano. Mi alzai e li raggiunsi. Gli raccontai dell' allettante proposta che ci aveva fatto il capitano e pensammo assieme a che cosa potesse essere quello che ci voleva mostrare Nemo finchè non crollammo addormentati. Il giorno dopo mi alzai eccitato. Corsi a svegliare i miei due amici. Tra borbottii sommessi e lamentele ci preparammo. Nemo ci fece venire a chiamare da un marinaio
circa un' ora dopo ci incamminammo lungo il largo corridoio che portava alla biblioteca. LĂŹ Nemo seduto ci attendeva. " Spero abbiate dormito bene, oggi dovremo camminare abbastanza." " SĂŹ , benissimo." Consiglio chiese: " A che ora partiremo oggi? " " Presto, il tempo di fare colazione e indossare gli scafandri." Mangiammo tutti abbastanza velocemente e cosĂŹ ci dirigemmo subito alla camera stagna. Calzammo le pesanti tute e ci mettemmo il casco. Notai Nemo prendere un piccolo coltello da subacqueo e metterselo alla cintura di piombo. La camera venne chiusa con uno scatto e in breve ci ritrovammo sommersi dall' acqua sul fondale roccioso. Notai che il paesaggio non era lo stesso del giorno prima, il
sottomarino doveva essersi mosso durante la notte. Incontravamo poche piante e animali. Andando verso il basso si potevano vedere grandi alghe fluorescenti emanare un tenue e fioco bagliore nell' acqua. Di tanto in tanto vedevo piccoli banchi di pesci muoversi nell'acqua zigzagando. Alcuni di questi erano simili a rocce e se si mettevano vicino a dei sassi non si vedevano. PiĂš volte, mentre camminavo, vedevo spostarsi davanti a me questi animali. Scendemmo per altre due ore, poi all'improvviso vidi grandi montagne ergersi davanti a me. Avvicinandomi mi resi conto che in realtĂ era un' enorme parete di roccia liscia e compatta. Doveva essere un' isola. Nemo ci condusse parallelamente all' isola. All' improvviso vidi il capitano svoltare da un lato dove
c'era una caverna sottomarina. Vi entrammo. All' interno non si vedeva molto. La luce era emanata da tantissime alghe fluorescenti. Sembravano le luci di un' intera città. La caverna era molto grande: la volta era irregolare, in un punto si poteva notare una grande crepa. Credevo fosse quella la sorpresa che voleva mostrarmi il capitano. Invece Nemo mi indicò un anfratto buio della grotta. Aguzzai la vista e, quello che vidi mi fece venire la pelle d’oca. Lì si trovava infatti un enorme pesce, che classificai come squalo. Sembrava riposare tranquillo, così decisi di avvicinarmi per studiarlo meglio. Mai nella mia vita feci un gesto più sconsiderato di quello. Infatti ripresomi dalla paura mi era cresciuta dentro una grande curiosità per quell' animale. Non l'avessi mai
fatto: di colpo si mosse agile e prese a fissarmi con i suoi scuri occhi. Mi ero infatti dimenticato che gli squali fanno sempre riposare metà cervello alla volta. In preda al panico fissai il mio carnefice. Non mi ero sbagliato, era proprio della famiglia degli squali. Uno squalo tigre per la precisione. La testa sproporzionata al resto del corpo con la bocca semi aperta. Vi intravedevo bianchi denti aguzzi. L'enorme pinna caudale scuoteva lentamente l' acqua. Le due pinne dorsali e dell' addome erano immobili. Tutto il corpo era ricoperto da grandi strisce nere. Se fosse stato così sarebbe parso un normale squalo tigre, ma in realtà non lo era. Era poco più piccolo di uno squalo bianco, ad occhio e croce doveva misurare circa nove o dieci metri. Il più grande della sua specie
che abbia mai visto. Per un attimo tutto sembrò svanire: mi sentì impotente e spacciato di fronte a quella creatura. Un movimento alle mie spalle mi fece capire che Nemo e i miei compagni si erano avvicinati a me. Lo squalo sembrò non farci caso. Continuava a fissarmi. Immobile. Di colpo sentì qualcuno che mi sollevava e mi metteva al riparo dietro a un masso. Appena in tempo. Lo squalo si scagliò nel punto esatto dove ero prima. Con un brusco colpo di coda si girò veloce e si fiondò verso di noi. Incominciammo a correre spaventati. Lo squalo inesorabile si avvicinava. Nemo prese il suo coltello e lo fece scintillare nell' acqua. Il riflesso accecò il bestione per un attimo. Veloci, iniziammo a nuotare a più non posso verso un piccolo boschetto di alghe.
Nemo intanto distraeva lo squalo. Raggiungemmo la nostra meta appena in tempo. Lo squalo probabilmente si era stancato di attaccare Nemo che ne approfittò per nuotare verso di noi. Fortunatamente lo squalo sembrava averne avuto abbastanza di noi e così ritornò nella caverna. Facemmo tutti un respiro di sollievo. Ritornammo stanchi verso il Nautilus felici che la nostra avventura fosse finita. Ci liberammo degli scafandri non appena fummo a bordo e io chiesi al capitano:" Ma, lei sapeva che c'era un enorme squalo lì dentro? " Rispose divertito:" Certamente, era quella la sorpresa che volevo mostrarle. Se fosse stato più cauto professore, lo squalo non l' avrebbe attaccato. Comunque le ho portato un ricordo della sua avventura" .
AprĂŹ la mano. Vi teneva appoggiato un bel dente di quella creatura. Felice lo ringraziai e mi congedai nella mia stanza. Anche Ned e Consiglio seguirono il mio esempio e si misero a dormire sulle poltrone del salotto del Nautilus, stanchi. Camillo
IL RITORNO
Mi alzai con estrema fatica pensando ancora che fine avesse fatto il Nautilus, se fosse ancora una volta riuscito a cavarsela con l’audacia e la calma infinita del capitano Nemo, o se si fosse arreso al gigantesco e implacabile
Maelstrom.
Sentivo
attorno a me una puzza di pesce che pensavo di non aver mai sentito fino ad allora, uscii dalla casupola tutto infreddolito, le mie gambe ebbero usato
tutta
la
mia
energia
per
camminare, le trascinavo contro il terriccio umido e fangoso del posto. Buttai l’occhio per capire qualcosa di piÚ di quel posto, vidi due facce
familiari,quelle di Consiglio e quella di Ned Land, seduti su due tronchi di legno d’abete, levigati come si deve; davanti a loro un fuoco alto e ben alimentato con attorno rocce che lo incorniciavano. Accanto a loro intravidi due cappelli marroni fatti con pelle di lontra marina, sia Consiglio che Ned avevano la barba non troppo lunga di colore grigio opaco, il piÚ alto tra i due teneva in mano uno stecchetto di legno con due salmoni conficcati, a mio
parere
bruciavano
appena
pescati,
lentamente
sul
che caldo
focolare; mi feci la vaga idea che lui
fosse il capo, infatti era l’unico che parlava ai miei due fidi compagni. Mi feci coraggio e con le mie ultime forze
mi
avvicinai
senza
creare
nessun rumore. Consiglio si voltò di scatto, come se avesse fiutato il mio odore, subito dopo, si alzò e mi corse incontro come fa un figlio col padre. Vidi scendere una lacrimuccia dai suoi occhi color verde speranza, che brillavano al sole come un diamante ancora grezzo. Mi abbracciò così forte che
per
alcuni secondi mi mancò il respiro, si voltò
allora
anche
Ned,
il
mio
fiociniere preferito, che mi salutò come un militare al suo generale.
Scesi dalle braccia muscolose di Consiglio,
che
dopo
il
viaggio
intrapreso si aveva fatto un fisico che prevedeva di due bicipiti a forma di palla di cannone con le vene che si riuscivano
a
vedere,
sembravano
molto forti, infatti lo erano , le sue spalle erano enormi, la sua massa muscolare
nello
stomaco
era
grandissima, a Consiglio il viaggio aveva fatto solo che bene. Ned mi comunicò la notizia che circa due ore dopo c’era un battello che partiva da qui e portava a Bergen. Per poi prendere la coincidenza che portava a Dunkerque, nel nord della Francia e da lÏ proseguire in treno fino ad
arrivare a Parigi. A quella notizia avrei fatto i salti di gioia, ma mi dovetti trattenere, perché sapevo che dovevo preparare tutto quello che ci sarebbe servito per l’ennesimo viaggio, ma stavolta giocavamo in casa e il che mi rassicurava. Il
porto
distava
centocinquanta
da
metri.
noi
solo
Mentre
camminavamo Ned Land ci annunciò:” Facciamo presto, non voglio dormire in camera con uno sconosciuto” e io non capendo chiesi: ”Dormire!?Ma quanto dura il viaggio?”. Mentre Ned stava per rispondere, Consiglio che si sentiva escluso dalla conversazione, mi rispose: ”Dura precisamente tre
ore” e io ancora inquieto dissi “Ma se il viaggio dura solo tre ore perchè dobbiamo dormire, tra tre ore sono solo
le
proferì:”
sette”, Se
Ned
mi
arrabbiato
avessi
lasciato
parlare ti avrei spiegato che qua fa notte presto”. Tra
una
chiacchiera
arrivammo
al
porto
e e
l’altra qui
ci
accorgemmo che per entrare serviva il biglietto, così Consiglio disse:” Io distraggo il controllore e voi entrate, questa cosa l’ho letta in un fumetto”. Io e Ned volevamo assolutamente tornare
a
casa
e
quindi
lo
ascoltammo. Consiglio iniziò a ballare davanti al controllore e lui, credendo
che avesse bevuto, lo bloccò lì per due minuti , giusto il tempo per entrare. Il controllore pensava che fosse ubriaco e lo allontanò, io ero preoccupato per lui, nel voltarci ci scambiammo uno sguardo d’intesa e gli chiesi “ Ma come hai fatto?” ”Ho
i
miei
trucchetti,
ma
ora
abbiamo altre cose a cui pensare” Consiglio aveva con sè anche le chiavi di una cabina la numero cinque: entrammo
e
lasciammo
i
nostri
bagagli, era già notte così andammo a dormire. Ci svegliammo, e subito ci dissero
di
prepararci
eravamo arrivati in porto.
perché
Foto del porto di Bergen Per
raggiungere
Dunkerque
il
battello partiva 10 minuti dopo e per la nostra fortuna l’entrata era gratis e non bisognava pagare il biglietto. Il battello stava per partire e noi eravamo già saliti: il viaggio durò sette ore e nelle prime tre io e Consiglio ci mettemmo a parlare del piÚ e del meno, mentre Ned affilava la sua fiocina. Per pranzo nessuno
aveva del cibo, allora Ned prese la sua amata fiocina e iniziò a cacciare: prese sgombri, mante e anche dei merluzzi che condividemmo con gli altri. Finalmente eravamo arrivati in Francia: mi tremavano le gambe.
Foto
di
Durkunque Scendemmo dal battello, eravamo felici. Si era fatto tardi, era sera, eravamo esausti. Dovevamo trovare un riparo dove passare la notte, ma
non avevamo i soldi, non avevamo cibo…avevamo
solo
i
vestiti,una
fiocina, un coltellino e poco altro. Ci incamminammo, trovammo un parco desolato, non c’era nessuno, nemmeno un
lampione,
panchina,
così
solo ci
una
vecchia
sedemmo.
Ci
stavamo annoiando. così chiesi:”Ora come facciamo, ci manca il cibo, l’acqua ed un letto?”. Ned rispose: ”Per una volta possiamo anche non mangiare
e
dormire,
possiamo
dormire qui”. Non dissi nulla. Erano quasi le 22 e 30, quando una vecchietta nel chiudere le finestre ci vide e ci chiese: “Avete bisogno di un posto letto?”
Noi, mezzi addormentati, scrollammo la testa su e giù per dire si. Ci fece salire, ci presentammo e ci diede da bere e da mangiare. Dopo mangiato, ci fummo addormentati subito. Il risveglio fu piacevole, con la colazione a letto, però ci dovevamo muovere perché dovevamo andare in stazione, diretti a Parigi. Ci incamminammo; durante il tragitto chiesi ai passanti dove fosse poiché non avevamo una minima idea della città.
Dopo
mezz’ora
stazione,
per
arrivammo salire
sul
alla treno
facemmo la stessa cosa per salire sul battello. Ora ci aspettavano minimo quattro
ore
per
arrivare
alla
magnifica Parigi. Nel gruppo c’era una tensione palpabile, io Ned e Consiglio ci guardavamo, senza dire nulla, forse non sapevamo di cosa parlare, forse era solo attesa. Ci venne detto che il treno sarebbe arrivato a destinazione entro tre ore, tre ore di insofferenza, almeno il panorama fuori
era
stupendo,
credo
che
abbiamo passato tantissimo tempo a guardare fuori dal finestrino.
Mancava solo un ora, eravamo stanchi di stare seduti, non ne potevamo più. Avevamo fame. Io feci un pisolino, ma dopo poco Ned mi svegliò perché mancavano solo 10 minuti all’arrivo. L’attesa
non
insofferente.
era Il
lunga,
treno
ma
rallentò,
sempre di più, si fermò. “Finalmente siamo arrivati!” esclamammo in coro. Eravamo strafelici. Misi il piede a terra e mi sentii la persona più felice del mondo. Non facevo altro che ripetere: ”Che bello! Siamo Parigi“.
Matteo, Sara, Alex
Il sogno di una vita Ormai da giorni stavamo girando a vuoto nell’Atlantico, oceano immenso. Ancora mi ricordavo quel passaggio nel
Mediterraneo
che
avevamo
percorso in soli due giorni: anche se avevamo avevamo
navigato potuto
velocemente,
osservare
molte
specie di pesci, relitti di navi e tante altre cose misteriose. Il mio sogno, da piccolo, era sempre stato
quello
di
viaggiare
nelle
profonditĂ del mare e prenderne tutte le ricchezze, come un pirata!
Ogni
sera, da quando ero nel sottomarino,
pregavo
che
il
mio
desiderio
si
avverasse… ma fino ad ora non era mai accaduto. I giorni trascorrevano lentamente, o leggendo
libri
in
biblioteca,
o
chiacchierando tra noi come quando le ragazze spettegolano fra loro; la noia si faceva sentire, finchè Ned mi svegliò bruscamente
con
una
notizia
strabiliante: ”L’ho trovato! Il tuo sogno si avvererà” “Di che parli?” chiesi ancora addormentato. Ned mi porse il libro, e disse: ”Ecco, leggi!”. Lessi quell’articolo e… non ci potevo credere!! Il mio sogno si sarebbe avverato!
“Ma è proprio vero?” chiesi esaltato “Certo! Ed è proprio qui vicino a noi situata a circa due miglia dalla costa portoghese
nei
pressi
delle
isole
una
nave
Azzorre. L’articolo
parlava
di
affondata con un carico di tesori, mai delle isole Azzorre. Andammo subito a riferire tutto a Nemo per chiedergli se era possibile, secondo lui, organizzare una missione esplorativa. Acconsentì e ci inoltrammo negli abissi dell’oceano.
Arrivati
nella
zona
indicata, indossammo le nostre tute da immersione e ci spingemmo a nuoto
verso
il
fondale.
Sembrava
tutto
tranquillo, quando una folta colonia di pesci
piranha
ci
attaccò:
ci
difendemmo in tutti i modi con i nostri coltelli, ma l’oscurità del mare profondo sarebbe stata la nostra tomba se un branco di delfini non ci avesse tratti in salvo spaventando con la propria stazza
quei
piccoli,
ma
temibili
pesciolini. In ogni modo ci rendemmo conto di esserci molto allontanati dal sottomarino
e,
spaventati
per
l’accaduto, eravamo pronti a tornare indietro e a rinunciare una volta per tutte al nostro proposito. A malincuore certo...ma nessuno di noi era disposto
a rimetterci la pelle. Proprio in quel momento vidi Nemo dimenarsi e farmi segno
perché
guardassi
tra
la
vegetazione. Sì!! Sì! La prua della nave faceva capolino semisommersa dalle alghe, era diventata tutt’uno con il mare ed ospitava miriadi di pesci cui offriva rifugio. Non potevamo credere ai nostri occhi: quel relitto giaceva lì, abbandonato,
ma
era
talmente
pullulante di animali e vegetali da sembrare un essere vivente. Il corpo della
nave
aveva
una
frattura
importante e l’albero maestro era spezzato, ma si vedeva che era stata un’imbarcazione
imponente.
Senza
nemmeno
consultarci,
decidemmo
all’unisono di entrare: il ventre della nave ci attirava come una calamita. Cos’altro potevamo fare? Facendoci
strada
cercando
di
arrivammo
con
cautela
rimanere
in
quello
tutti che
e
vicini, doveva
essere stato un grande salone e lĂŹ, in bella mostra, trovammo un baule. Era tutto arrugginito e chiuso con un grande
lucchetto.
Lo
forzammo
riuscendo ad aprirlo: pietre, gemme preziose, collane di perle, gioielli d’oro apparvero ai nostri increduli occhi. Immersi
le
mani
nel
baule
per
accertarmi che ciò che vedevo fosse
vero, ma non feci in tempo a godermi quella sensazione che le assi della nave
cominciarono
a
cedere
crollandoci addosso. Non avevamo alcuna intenzione di lasciare quel tesoro lÏ sotto e perderlo per sempre: io, Ned e Nemo l’afferrammo con tutta la
forza
che
avevamo
e
lo
trascinammo fuori...un attimo dopo la nave collassò su se stessa. Ora davvero sembrava quello che era, un relitto. Eravamo
felici,
ma
esausti:
dove
avremmo trovato le forze per tornare al sottomarino? Per fortuna Consiglio, rimasto sulla nave e non vedendoci
arrivare, aveva persuaso l’equipaggio a cercarci. Di lÏ a poco vedemmo infatti il faro che scandagliava il fondale e fummo tratti in salvo. Ciro, Lorenzo, Maria
L’INCONTRO DEGLI ABISSI
Il giorno dopo l’esplorazione della città di Atlantide, Arronax, insieme al suo fidato amico Consiglio decise di effettuare un altro viaggio all’interno.
Durante l’immersione per l’esplorazione nella metropoli, Arronax e Consiglio, presi dalle immense bellezze della città sommersa, finirono per smarrire la via di ritorno al sottomarino . Presi dal panico iniziarono a gesticolare e a sbracciarsi tentando disperatamente di comunicare,ma
niente. Senza la parola non riuscivano a capirsi. Così Arronax decise di prendere in mano le redini della situazione. Afferrò Consiglio per un braccio e cercò di calmarlo, ma nonostante questo la situazione non migliorò, era tardi, erano stanchi, e subito dopo sentirono qualcosa di gigante che si muoveva alle loro spalle...si girarono lentamente col sudore che scendeva dalla fronte, con i brividi che correvano lungo la schiena. Non credevano ai loro occhi! Era una piovra enorme con otto enormi tentacoli, viscidi e gelatinosi che avanzavano in modo scoordinato e sempre più veloci.
Quasi in un batter d’occhio la schifosa creatura si trovò alle loro calcagna. I due iniziarono a correre più veloci che mai, quando ad un tratto…un orrendo tentacolo afferrò i due amici e pochi aggettivi potevano descrivere ciò che stavano provando. “Aiuto! Aiuto!” le urla venivano soffocate dalle tute quando ad un tratto l’enorme mostro li scaraventò a terra . “Ma che diavolo è questo affare?” fu l’unica frase che in quegli attimi balenò nella mente di Arronax mentre entrambi, immobili, erano sicuri che
quelli sarebbero stati i loro ultimi momenti di vita. L’essere ripugnante si rotolava su se stesso più e più volte, ma senza staccare mai gli occhi dalle sue due vittime. Era inutile non avevano più via di scampo...Erano spacciati. nel mentre a bordo del Nautilus...
“Capitano, non trova che forse sia passato un po’ troppo tempo!” “Un po’ troppo tempo da che cosa scusi?”
“ Dai su! Si da tante arie e poi non è in grado di capire da solo che sono ormai passate troppe ore da quando Consiglio e Arronax sono usciti dal Nautilus per l’esplorazione di Atlantide?” “Comincio a preoccuparmi!” affermò Ned Land più volte. Il volto di Nemo risultava indifferente, assente. E questo a Ned dava abbastanza sui nervi. “Ma lo vuoi capire o no, due nostri amici ora si trovano in mare da troppo tempo, potrebbero aver finito le riserve di ossigeno…” intanto in mare... I due si alzarono freneticamente e gesticolando come delle piovre si misero a correre a più non posso cercando disperatamente un nascondiglio.
“Quella casa là!! Quella casa là!!” Tentò più volte di urlare di comunicare ma niente, il casco non faceva udire alcun suono. Quindi si limitò come prima ai gesti . Con un enorme bracciata indicò il nascondiglio perfetto e i due si accamparono al suo interno. Il cuore batteva fortissimo ad entrambi. Avevano paura. Troppa paura. Rimasero nascosti nella casa. Erano pietrificati quando, ruotando lievemente il capo, lo videro… L’occhio colorato di sfumature giallastre strane e spaventose, mostrava una cupa pupilla nera, erano pietrificati…la paura fece gelare loro il sangue. Il mostro li osservava come se capisse che erano lì, ma non volesse fare le cose troppo semplici.
Ma l’unica cosa che capivano era che quella cosa li stava osservando e forse li avrebbe presto uccisi. “E se ci prendesse? E se ci mangiasse?”Arronax non riusciva a togliersi dalla testa le immagini del cefalopode che divorava le loro membra. Così chiuse gli occhi. Ma appena li riaprì il mostro non c’era più! Pensando di avere scampato il pericolo i due cercarono di uscire ma…
Di nuovo sul Nautilus “Basta capitano, so che io e lei non andiamo molto d’accordo e trovo giusto che lei scelga cosa debba fare io! Quindi io ora prendo una di quelle tute là in fondo e vado a cercare i miei amici . Lei viene con me o no!?” Silenzio totale… Ned guardò Nemo con disprezzo e si diresse verso la camera di espulsione sbattendo i piedi. Aprì la porta e quando fece per richiuderla sentì un tonfo, si girò e vide il capitano Nemo che la fermava con una mano. “Non può fermarmi!” Ned esclamò questa cosa quando vide che Nemo invece di fermarlo si stava mettendo la tuta.” Nessuno dopo
essere salito sul Nautilus viene abbandonato” un sorrisetto illuminò il viso di Ned. In mare intanto, la situazione non migliorava... Quell’essere era ancora li e ricominciò ad inseguirli . Arronax e Consiglio capirono di essere di nuovo spacciati quando videro comparire in mezzo alla strada Ned e Nemo con in mano due arpioni . Allungarono sempre più il passo fino a riuscire finalmente a raggiungere gli amici. Si rifugiarono alle loro spalle, mentre loro impugnarono l’arnese e lo indirizzarono verso il mostro. UNO… DUE...E TRE!!! I segni con le dita del professore fecero intendere il
conto alla rovescia ai due bersaglieri che presero la mira e, con un solo colpo a testa, stesero la creatura la quale cadde a terra ma ancora muovendo i tentacoli. Un’ attesa pesante diventò silenzio profondo. I brividi erano incessanti. Ma gesti di gioia, salti e sospiri di sollievo accompagnarono il momento in cui la bestia smise di muoversi . Ora questa faccenda si era finalmente risorta al meglio . Ma rimaneva un problema… come si tornava al Nauntilus? Beh, una lecita domanda… Nemo prese Arronax e Ned prese Consiglio, Nemo tirò con violenza una corda legata al suo busto che il professore e il suo maggiordomo non
avevano neanche notato con tutto il trambusto… Ad un tratto la corda cominciò a trascinare i quattro e in meno di dieci minuti si ritrovarono di nuovo dentro al Nauntilus . Ancora scossi per l’avventura Arronax e Consiglio raccontarono tutto a Nemo e Ned che risero a crepapelle. Ciò nonostante la faccenda venne chiusa lì. Nonostante questo, il viaggio proseguì e di Atlantide non se ne sentì più parlare.
NAUTILUS
Era ormai una settimana che eravamo bloccati su quell’isola affollata di persone a noi sconosciute, che ci avevano salvato la vita e a cui eravamo immensamente grati. Io, Consiglio e Ned Land avevamo comprato tre biglietti per ritornare verso la nostra amata Francia. Ritornammo a casa. Quando arrivammo era passato un anno dalla partenza con l’Abraham Lincoln. Quando tornammo mi dedicai alle mie stupende collezioni, alla Babyrussa, agli amici, alla famiglia e al meritato riposo. Al mio ritorno sulla terra ferma pensai a tutte quelle avventure che avevo vissuto negli splendidi fondali marini e che solo io e l’equipaggio del Nautilus avevamo potuto notare, così
pensai che avrei dovuto raccontarle in un libro. Alle porte dell’anno nuovo ci ritrovammo io e Consiglio in una nave da crociera per festeggiare con amici la fine del 1866, quando, per coincidenza incontrammo il fiociniere Ned Land, anche lui tornato a casa dopo la travolgente avventura. Mi incamminai verso il fiociniere e iniziai a parlare di cose vaghe, frivolezze del tipo: -“Com’è andato il ritorno verso casa?” - “Bene, a te?” rispose lui. Si avvicinò anche Consiglio e lo salutò, parlammo per altri dieci minuti del più e del meno, poi ad un tratto Ned si rabbuiò e, con tono serio e preoccupato, disse: - “Hai sentito le voci che girano sul nuovo mostro marino? O meglio dire sul fantomatico narvalo gigante?”
Mi sentii una fitta al cuore, per poi ribattere balbettando innervosito - “Dicerie, Mr Land”. Non era proprio lui la persona che non credeva nell’esistenza di queste creature?” - “Lo so bene, ma…” rispose il fiociniere in modo furtivo e sospettoso. - “Mr Land pensi che sia il ritorno del Nautilus…?” domandò il giovane Consiglio con grande serietà e preoccupazione. Mastro Ned Land annuì. Io risposi freneticamente a quella assurda e insensata teoria con un - “ Impossibile! Il Nautilus è stato inghiottito dal Maelstrom! Il capitano Nemo mi raccontò più volte che qualunque cosa fosse travolta dal Maelstrom era spacciata!”
-”Sì, ma temo che sia riuscito a scappare dalle grinfie di quel vortice d’acqua che per secoli ha inghiottito navi e quant’ altro.”
Dopo quelle parole il mare si ingrossò, le onde da piccole come erano
diventarono sempre più imponenti facendo oscillare la nave e scricchiolare le travi in legno. Si intravide la sagoma di qualcosa di enorme, mastodontico che ogni secondo si faceva sempre più grande sotto la nave che sembrava ormai inesorabilmente destinata ad andare a picco. Ad un tratto l’imbarcazione iniziò ad oscillare pericolosamente. Il capitano ed i marinai si precipitarono al timone. -“A tutta dritta! Macchina avanti!” disse urlando il comandante. Ma la fregata non fece in tempo ad andarsene che due cascate enormi d’acqua si abbatterono su di noi come un treno, rovesciando gli uomini e spezzando le scialuppe.
Fui lanciato in aria e mi ritrovai in mare. Ritornai a galla e mi aggrappai ad un pezzo di legno umido. Cercai di trovare la nave, ma mi accorsi dopo poco che era stata distrutta. Cercai con gli occhi i miei compagni; quando li trovai poco più avanti di me urlai - “Sono qui!” Ad un tratto l’acqua iniziò a tremare, Ned e Consiglio stavano affogando, io andai sott’acqua per salvarli, con tutta la schiuma che c’era intravidi una cosa enorme. Non credevo ai miei occhi: quello era il Nautilus.
Tornarono a galla e il Capitano Nemo ci tirò un salvagente per poterci aggrappare, ci trasse in salvo, ci fece asciugare e ci diede un tè caldo per poterci riscaldare. Nemo disse: “Allora siete ancora miei prigionieri e questa volta non riuscirete mai più a scappare!” Ned e Consiglio risposero all’unisono: “Tu credi che noi staremo qua a servirti e riverirti come degli schiavetti e, se
pensi che noi lo faremo, sei solo un povero illuso!” “E come pensate di andarvene dal Nautilus?” Ned, Consiglio ed io ci guardammo. Dopo tre minuti rispondemmo alla domanda del Capitano Nemo, dicendogli che ancora non sapevamo come, ma sapevano che prima poi saremmo scappati da quell’orribile posto. Il capitano Nemo disse: “Io vi lascerò liberi se continuerete a salpare i mari con me e il Nautilus.” Ned, Consiglio ed io domandammo: “Per quanto tempo dovremo prendere il largo con lei e il suo sottomarino?” Nemo rispose : “Per due anni.” Andammo in un angolo a riflettere e discutere della soluzione che ci aveva appena proposto Nemo, ci girammo e
rispondemmo con fermezza che avremmo accettato il suo patto, purchè lo avesse mantenuto. Sono passati due lunghi anni e Ned, Consiglio ed io siamo ancora a bordo del Nautilus e non sappiamo se ritorneremo mai a casa. Il nostro destino è quello di solcare il mare per sempre, prigionieri in una gabbia dorata che è il Nautilus e delle mille avventure che ci attendono. Forse non era meglio morire?? Riccardo Bagnolini Alessia Gorini Martina Masciulli
Il ritorno alla normalitĂ
Eravamo sul punto di partire, quando notai che Consiglio scrutava minuziosamente il mare, mentre il suo volto si faceva di tanto in tanto piÚ pallido; preoccupato lo scossi leggermente, per controllare che stesse bene, ma fece un cenno di indifferenza. Andai per ritentare, ma ancora nulla, nel mentre maestro Land scrutava attentamente i vari veicoli marini, per cercare il nostro. Dopo circa una mezza dozzina di minuti sentii una vocina fioca, che andava intensificando. Non capendo subito da chi provenisse non mi preoccupai, ma qualche secondo dopo udii Consiglio sussurrare: - Nemo no, no, Nemo‌-
- Tranquillo, non vedremo mai più quell’essere maligno- dissi. - No, no Signore mi creda.- Ma a che cosa dovrei credere?!- Lì, lì, lui è lì- Saranno i segni della stanchezza, non c’è nulla- Signore, Signore si volti- per accontentarlo lo feci. Il mio sguardo era fisso verso quel mare agitato, coronato da un cielo minaccioso, pieno di natanti frustati da quel mare arrabbiato, infuriato, che pareva volesse dare una lezione all’uomo. Dopo qualche istante il mio sguardo incrociò quello del capitano, in preda al panico, quasi risucchiato dal mare, mentre un gelido brivido mi attraversò rapidamente il corpo. Ma rassicurai i miei compagni dicendo che comunque era ancora troppo lontano
per raggiungerci una volta saliti sul veicolo che, intanto stava approdando al porto. In pochi minuti eravamo a bordo, il momento tanto atteso era finalmente arrivato, da molto aspettavamo di imbarcarci per il Sud Europa. Ci sedemmo su una delle panche di ferro, in preda all’ansia che quel disgraziato potesse raggiungerci. Infatti nessuno osò continuare il discorso. Stavo per parlare quando sentii una gelida mano bagnata posarsi sulla mia giubba di pelle e trasalii mentre mi voltai fulmineo. Non potevo credere ai miei occhi. Era davvero successo. Era davvero lui. Era fuggito al Maelstrom. Ed era qui solo per vendicarsi. Un sorrisetto maligno gli spuntò sul volto, affannato, andò per parlare, ma qualcosa lo bloccò.
Mise la mano bagnata in tasca e tirò fuori qualcosa. Era un temperino. Compresi che era finita, che non c’era più niente da fare. Lo vidi avvicinarsi. Deciso, ma con mia grande sorpresa, fece cadere l’oggetto appuntito. Non lo raccolse, ma si gettò con lui in terra e scoppiò a piangere. Il suo volto si riempì di lacrime, per quanto fosse già bagnato, disperato, come un bambino che aveva perduto la madre. Noi tre, increduli, pensando di essere ormai spacciati ci commuovemmo a quell’umile atto, alla fine doveva essere stato un uomo che doveva aver sofferto tanto e in un modo o nell’altro ci aveva fatto vivere esperienze indimenticabili. Per gran parte della giornata stette accovacciato, piangendo e non chiedendo nulla a nessuno. Riflettei
sull’accaduto durante le gite nel Nautilus dalle esplorazioni, alla caccia, fino alla raccolta delle perle, ed una lacrima mi scese giù per la guancia. Ormai era giunto il calar del dì quando mi tornò in mente una delle giornate nel sottomarino: ero nel corridoio quando vidi Nemo scoppiare in lacrime davanti ad una foto, su cui erano raffigurate una donna con tre bambini. Magari voleva tornare dai suoi familiari, ma nulla mi distolse dal fare considerazioni puramente tecniche con Nemo e qualche chiacchierata con Ned Land e Consiglio. Calò la notte e il cielo, sempre più minaccioso, spingeva i passeggeri ad andare nelle proprie cabine per riposarsi. Verso le undici dissi ai miei compagni: - Ragazzi direi di andare in cabina, per non rischiare di prendere la febbre!-
- Ottimo- disse Consiglio. - Sono d’accordo- continuò Land. Nemo impassibile rimase nella sua posizione senza aprire bocca e noi, quasi impauriti, non lo coinvolgemmo più di tanto. La mattina seguente il capitano mi prese un secondo in disparte per parlarmi. Raggiungemmo la prua dell’imbarcazione per iniziare la conversazione e solamente quando fummo arrivati nel punto in cui il natante si faceva più stretto cominciammo a parlare. Esitando un tantino aprimmo il discorso: - Signor Arronax lo so che i nostri rapporti non sono dei migliori, ma lei mi deve aiutare.- L’ascolto- risposi. - Beh, prima di salire sul Nautilus, persi mia moglie e i miei tre figli, litigando
fortemente con mio fratello, lui vive a Parigi e crede che io sia morto.- E io cosa posso farci? Le faccio le mie più sincere condoglianze, ma non saprei proprio come aiutarla.- Magari non so, lo conosce, è abbastanza importante a Parigi, lei non è di lì?- Certo, Parigi è la mia città natale, ma ciò non vuol dire che ne conosca tutti gli abitanti, comunque provi a dirmi…- Si chiama Jorgie Blanche- Non ci credo?! Com’è piccolo il mondo, ahahah. Lui è il mio medico, sa per un certo periodo ho avuto vari problemi muscolari, dovrei avere l’indirizzo del suo ambulatorio, nella mia villa a Parigi.- Lei è il migliore!-
Raccontai tutto ai miei compagni, che rimasero basiti dal mio nobile gesto, avevo perdonato quell’uomo ! Arrivammo a Parigi e i due fratelli si ritrovarono, noi tre diventammo amici inseparabili e la storia sembrava essersi conclusa al meglio, ma....le cose saranno veramente andate cosÏ ?
Valducci Ginevra Casadei Viola Casadei Kevin
IL MAR ROSSO -Cosa sta guardando, signore?- mi domandò Consiglio curiosamente perché voleva capire che cosa stessi facendo. -Sto guardando il planisfero. In qualche modo, questo libro è lo strumento più utile per essere vicino alla madrepatria.- risposi, sfiorando delicatamente la pagina dedicata alle colline di Champagne.
Mi capitava spesso, la notte, di ricordare la mia fattoria, i miei genitori, i miei parenti...dopo tutta una vita passata sui libri, mi ero accorto che l’unica domanda che volevo porre era: qual è lo scopo della mia vita? Il giorno dopo mi svegliai di buon umore per la giornata che verrà e, come prima cosa, guardai fuori dall’oblò: ci trovavamo nel 60° parallelo e la prossima destinazione era sconosciuta. Iniziai a immaginare in quale mare fossimo finiti:-Isole delle Bermuda, Messico, Islanda, ma dove siamo finiti?Dopo un po’ di tempo, con molta fortuna, scoprii la nostra prossima meta: -Mar Rosso!- esclamai felice. Avevo trovato per puro caso l’atlante personale di Nemo, le mete
contrassegnate con frettolosi segni di grafite. L’ultima avventura l’avevamo vissuta nell’Oceano Atlantico, dove Ned aveva tentato (invano) di fuggire. Erano settimane che attendevo una nuova impresa assieme a Consiglio, Ned e Nemo. Decisi a non riferire al capitano la mia scoperta, ma di condividerla con gli altri due “prigionieri” del Nautilus. -Ho sempre desiderato andare nelle acque del Mar Rosso!- esclamò Consiglio estasiato. -Mah. Io spero solo che questa volta sia l’ultima tappa della nostra “gita scolastica”.- bofonchiò il canadese. -Sono sicuro che si ricrederà, Ned! Ho sentito dire che più di dieci milioni di pesci popolano quelle acque! Non vedo l’ora di poter osservare e
classificare un anthias, o un pesce chirurgo, o...Mentre Consiglio elencava tutta la nomenclatura della fauna marina del posto, e mentre Ned agitava energicamente il capo, la mia testa era da un’altra parte : mi sembrava già di vederla, la barriera corallina, con tutti i pesci piÚ rari: i blennidi, le castagnole, i pesci pagliaccio, i delfini, le murene, le anguille‌ -Vedo che avete scoperto la nuova destinazione del Nautilus.- disse Nemo, in piedi sulla porta. Nella stanza cadde un silenzio imbarazzante. -Non era mia intenzione, capitano. Io...- cercai di giustificarmi -Alle quattro di domani pomeriggio faremo sosta allo stretto di Aden. Lo attraverseremo, ed avremo modo di osservare, seppur da lontano, i territori
dell’Etiopia, dello Yemen, del Sudan e dell’Arabia Saudita.- ci informò Nemo ignorando le mie scuse.
Nemmeno il tempo di fargli qualche domanda che se n’era già andato, con la fretta e la freddezza con cui era venuto. Il giorno successivo, quando il sole era a metà del suo percorso, avvistammo all’orizzonte un battello di vecchia data: lo scafo era incrostato di
molluschi, la cinta immonda, la cabina esterna traballante e malferma. All’apparenza, pensammo che fossero normali pescatori (ne avevamo giĂ incontrati molti, lungo la via) ma il mio sesto senso mi diceva il contrario. -Credo che dovremmo immergerci, capitano.- suggerii a Nemo -Suvvia, signor Aronnax. Che male possono farci dei simpatici marinai egiziani?Un enorme boato percosse il Nautilus e tutti e due cademmo a terra. La nave egiziana ci stava bersagliando con bocche da fuoco e frecce incendiarie! -Non vorrei essere troppo avventato, signor capitano, ma credo che i suoi “simpatici marinaiâ€? non siano amichevoli!- puntualizzai allarmato.
Il capitano non emise parola. Sul suo viso le sopracciglia si erano incurvate verso gli occhi, i quali erano semichiusi, lasciando trasparire solo una striscia di pupilla. Nemo raggiunse il centro di controllo del Nautilus ed afferrò una grande leva di color bordeaux. -Vi consiglio di tapparvi le orecchie, signori.- proruppe seccamente. Io, Ned e Consiglio ci buttammo a terra e, pochi secondi dopo, non sentimmo altro che un fischio penetrante. Solo qualche minuto dopo, recuperato un briciolo di coraggio, mi alzai e traballando andai a vedere cosa stava succedendo fuori. Iniziò cosÏ un botta e risposta di colpi. Chi voleva intimidire e chi non voleva far capire di non essere debole e impaurito!
L’ imbarcazione egiziana continuò per un po’ a sparare colpi, ma vedendo che essi non cessavano, gettarono loro la spugna ed iniziarono ad allontanarsi. L’equipaggio del Nautilus, visto che l’attacco era partito ed era stato interrotto dalla nave egizia, decise di lasciar correre, ma avvertii chi di dovere che in quelle acque navigavano pirati. Ci immergemmo e proseguimmo la navigazione verso il Mar Rosso. Arrivati, rimanemmo stupefatti dalle quantità e specie di pesci che popolavano quel mare. Ammirammo tartarughe e delfini danzare in quelle acque. Osservammo con attenzione la colorata barriera corallina che con i suoi colori brillanti dava un tocco di vivacità al mare.
Incantati da queste bellezze dimenticammo l’amarezza che avevamo vissuto poco prima. Anche il capitano Nemo rimase stupefatto dalle bellezze e dimenticò sia l’attacco della nave egizia, sia il fatto che io avessi sbirciato in informazioni riservate che riportavano le mete del Nautilus. Mariasole, Luca, Anita
Titolo???? Eravamo esausti. Quella sera avevamo assistito ad uno spettacolo assai sconvolgente, e ora cullati dalle onde ci stavamo muovendo verso un banco di cavallucci marini. Consiglio era appena entrato:” È davvero strano vedere così tanti cavallucci vicino alla superficie” disse continuando a sfogliare il suo libro sulle diverse creature marine. Mi alzai, e insieme andammo in cabina. Stavamo per stenderci sul letto, quando il sottomarino fece un giro veloce su se stesso, e ci trovammo sotto sopra. Guardai dall'oblò, non vedevo niente, una corrente bianca e piena di migliaia di bolle mi copriva la vista. Uscii dalla cabina e mi avviai velocemente verso quella del capitano.”Waw",non ero mai
entrato lì; un’ enorme vetrata che occupava la metà dello spazio, mi mostrava un meraviglioso oceano che non avevo mai osservato così. Una sabbia fine come polvere depositata dal tempo era chiazzata qua e là da coralli antichi. Erano depositati in modo assai strano e particolare, come se fossero stati messi lì da qualcuno appositamente. Guardai meglio… dei mutandoni ? “Triangolo dei mutandoni” esclamò il capitano Nemo. Una leggenda narra che chiunque ci sia entrato, non ne sia più uscito, se non in mutande e senza più una nave. Tutti e due rimanemmo zitti finché arrivò Consiglio che ci informò che eravamo vicini ad un isolotto di circa due miglia di lunghezza. Sarebbe stato meglio sbarcarvi e valutare la situazione. Riemergemmo e con una scialuppa
raggiungemmo la stretta lingua di terra che ci avrebbe ospitato quella notte. Ci accampammo sotto una roccia incurvata ,dove trascorremmo il tempo dormendo a turni. All’ alba ,un vento fortissimo, iniziò a coprirci di sabbia e decidemmo immediatamente di imbarcarci per trovare riparo sotto il mare. Dopo mezz'ora di corse frenetiche eravamo al sicuro sotto la superficie, quando ci accorgemmo che dagli oblò non filtrava più nessuna luce: sopra di noi un’ enorme balena ci oscurava. Per evitare di scontrarci le puntammo contro il faro di segnalazione, ma forse l’ accecammo e lei spaventata, con un colpo di coda, mosse una corrente tale che il sottomarino andò a sbattere contro un masso. Il capodoglio si dileguò nel blu del mare, mentre noi dovemmo
correre a tamponare la crepa che quello scontro ci aveva procurato. Appena chiusa la falla ,il masso iniziò a farci oscillare, poi, scivolò sotto di noi: non era uno scoglio ma un enorme granchio dalla corazza tempestata di gioielli! Non ci potevamo credere: davanti a noi c'era quello che tutti i marinai chiamavano “El dorado”, la leggenda dei mari del Sud! In silenzio ci guardammo, e con pochi gesti ci posizionammo pronti per catturarlo. Il capitano Nemo fece indietreggiare il Nautilus e Consiglio azionò le turbine: l’ avremmo schiacciato sul fondo per poi bloccarlo con la rete. Il grande granchio probabilmente ci lesse nel pensiero, e con la sua chela enorme afferró il nostro sottomarino e comincio a girare e girare: ci sembrava di stare in una
lavatrice! Qualcuno svenne e tutti vomitammo per un bel po’, fino a quando il Nautilus ritrovò stabilità. Tornammo in superficie verdi e con gli occhi fuori dalla testa. Eravamo tornati nel punto dove, il giorno prima eravamo stati inghiottiti dal vortice. Storditi decidemmo che quella storia sarebbe rimasta un segreto, e non la raccontammo mai perché eravamo certi che nessuno ci avrebbe creduto. ASIA/NICOLE/ANNA
LA VIPERA DI MARE
Ormai eravamo arrivati nel fondale del Pacifico a circa 4200 metri di profondità ed io mi trovavo nella sala pilotaggio assieme al capitano Nemo. Qua e là si ergevano dorsali oceaniche tanto alte da raggiungere e superare la superficie del mare. Ad un tratto scorsi tanti piccoli crateri, le cosiddette fumarole, così li aveva chiamati il capitano Nemo. Erano piccole fessure nel suolo, ma assai profonde ed ogni tanto emanavano vapore, ma proprio mentre stavo osservando quelle meraviglie della natura notai delle ombre non particolarmente grandi. Decidemmo di avvicinarci con cautela col Nautilus, ma proprio in quel momento sparirono nel buio più totale.
Ci allontanammo. Forse il giorno seguente saremmo potuti tornare per cercare risposte su quello strano avvenimento. Passai la notte insonne a pensare, mi passavano mille idee e pensieri per la testa. Cosa potevano essere quelle creature? Sempre se lo erano. Forse avevo visto male, ma non dovetti aspettare molto prima dello spuntare dell’alba. Alle cinque della mattina il capitano Nemo irruppe in camera : -SVEGLIA!!!! -Sono pronto, pronto per partire, sissignore. -Oh, signor Aronnax, come siamo mattinieri oggi! E’ diventato un
marinaio a tutti gli effetti!! Ma ora basta parlare, un altro giorno è giunto! Non ne sono sicuro, ma quelle parole mi avevano fatto uno strano effetto, aveva chiaramente detto che ero diventato un marinaio. Mi sentivo molto orgoglioso e pensavo di essermi proprio meritato quelle parole, con la fatica e il sacrificio. Successivamente mi diressi verso la grande sala dove mi aspettavano Consiglio e Ned. Mentre facevo colazione mi attirò un libro scientifico nella biblioteca situata di fronte al grande tavolo di legno massello. S'intitolava “CREATURE DEL PACIFICO”, proprio quello che faceva al caso mio. Mentre stavo camminando verso la sala pilotaggio, aprii il libro in una pagina: in alto a destra presentava un
sottotitolo in grassetto “Piccole creature”; vi erano numerose immagini di pesci, alcuni con nomi davvero bizzarri, come ad esempio il Xiphophorus Helleri, noto anche come Xifoforo, oppure la Poecilia Sphenops. Ad un tratto il Capitano Nemo interruppe la mia lettura. Presto! C’è ancora quella cosa! Iniziai a correre verso la sala pilotaggio dove il giorno precedente avevo osservato i piccoli crateri; lì c’erano già Ned e Consiglio ad aspettarmi che osservavano sbalorditi il vetro, così mi avvicinai. Vi erano un insieme di pesciolini che nuotavano tutti intorno ad una massa fluorescente. Ma cos’era?
Io e Nemo non perdemmo un secondo, ci infilammo gli scafandri e andammo a vedere la strana materia compatta. Erano più di diecimila uova, una attaccata all’altra, ma era giunto il momento di far riaffiorare il Nautilus per far entrare l’aria pura ed eliminare quella rarefatta. Decidemmo di andarcene e di ritornare il giorno successivo. Ricordo esattamente lo stupore che provai nel non rivedere le uova. Forse le correnti oceaniche le avevano spostate, o forse qualcosa o qualcuno di spaventoso le aveva mangiate… Io e il capitano, a quel punto, andammo a vedere da vicino, ormai mi ero abituato a quella pesantissima muta subacquea.
Ad un certo punto sentii qualcosa sfiorarmi, un senso di inquietudine mi travolse. Non feci in tempo a condividere il mio brutto presentimento a Nemo che una fitta mi colpì la caviglia e caddi a terra. Quando ripresi i sensi vidi il capitano attaccato da tre pesci davvero mostruosi, non particolarmente grandi, ma con molti denti sporgenti e affilati come rasoi. Non riuscivo ad alzarmi, la mia gamba tremava, inoltre, lo scafandro si era danneggiato. Da lì a poco sarei morto perchè l’acqua avrebbe invaso la muta, sempre se i pesci prima non mi avessero divorato, mentre giravano attorno a me.
Proprio al limite delle mie forze, notai uno di quei mostri cadere al mio fianco: erano arrivati Ned e Consiglio, chiusi gli occhi. Quando mi svegliai vidi tutto nero, poi bianco, poi sfocato e infine ecco, davanti a me tutti i miei amici e il capitano Nemo che mi disse: “Bella ferita, non ti preoccupare, non è troppo profonda”. La mattina seguente tornò a farmi visita, mi spiegò che quei pesci si
chiamavano “vipere di mare” ed erano i più temibili del Pacifico, pure uno squalo non si sarebbe avvicinato. Quella volta la fortuna era stata dalla mia parte. Ancora un pensiero però mi tormentava: a quale pesce appartenevano quelle uova? Beh, non dovetti aspettare troppo per scoprirlo in quanto nei giorni seguenti io e la mia squadra riuscimmo ad acciuffarne una decina, ma solo una di queste si schiuse. Non era un semplice esemplare, no, era speciale, di un nero intenso. Molto probabilmente voi che in questo preciso momento mi state ascoltando, conoscete già il nome scientifico di questo pesce, ma pensate bene, prima di voi, qualcuno lo ha scoperto per poi farvelo conoscere, questo sono io.
Decisi di classificarlo con il nome di Black Moor, scrissi le sue caratteristiche nel vecchio libro di scienze, come da lĂŹ in poi avrei fatto con qualsiasi altro esemplare non identificato. A quanto pare il libro non era ancora concluso perchĂŠ molte altre avventure e altri incontri mi aspettavano...
Sofia, Giorgia, Margherita