Il campo di esperienza I discorsi e le parole

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IL CAMPO D'ESPERIENZA "I DISCORSI E LE PAROLE" a cura di MONICA BATTINI

Relazione corso – concorso riservato di scuola materna gennaio 2000


Alcuni riferimenti teorici relativi all' APPRENDIMENTO DEL LINGUAGGIO Distinguiamo tra due impostazioni fondamentali, che si sono succedute nel tempo: APPROCCIO COMPORTAMENTISTA Considera il linguaggio come "comportamento verbale" e pone l'imitazione come base dell'apprendimento del linguaggio. Secondo tale prospettiva il bambino impara il linguaggio orale grazie alla sua tendenza all'imitazione e alla sua capacità di stabilire delle associazioni (attraverso l'imitazione il bambino impara non solo a pronunciare correttamente le parole ma si appropria anche di forme linguistiche grammaticalmente corrette e attraverso l'associazione tra suoni e oggetti giunge al significato delle parole). In coerenza con tali principi, si riconosce un ruolo esclusivo e prioritario dell'ambiente, che fa sì che, grazie anche ai meccanismi di rinforzo messi in atto, il linguaggio del bambino sia sostanzialmente una copia del modello adulto. La teoria comportamentista è stata profondamente messa in discussione dalla approccio "innatista" di CHOMSKY All'inizio degli anni '60 Chomsky avanza l'ipotesi che esista nell'uomo una predisposizione innata specifica per apprendere il linguaggio, in quanto postula che nella mente umana vi siano fin dalla nascita dei principi intrinsechi atti a fornire delle strutture invarianti che costituiscono la pre-condizione del linguaggio. In seguito poi all'esposizione costante ad una determinata esperienza linguista (ed è qui che incidono i condizionamenti culturali e sociali) il soggetto acquisirebbe anche la capacità esecutiva di produzione linguistica. In altre parole: la competenza è innata, la produzione è appresa. Il contributo di Chomsky alla psicologia dell'apprendimento del linguaggio fu quello di indicare in modo convincente che gli aspetti più interessanti e sofisticati del linguaggio implicano meccanismi più complessi dell'imitazione o del condizionamento, nonostante che anche questi meccanismi siano coinvolti. APPROCCIO COGNITIVISTA Come accennato sopra, la concezione comportamentista è stata ritenuta insufficiente a spiegare la complessità della grammatica sviluppata dal bambino. Si è scoperto infatti che il linguaggio del bambino devia in maniera sistematica da quello dell'adulto (vedi ad esempio le "iperregolarizzazioni": casi in cui il bambino applica una regola a casi che non seguono tale regola e che pertanto non può aver sentito dall'adulto). Le ricerche, sempre più numerose, segnano il diffondersi di un nuovo orientamento di studi nell'ambito della psicologia, detto "cognitivismo" che sostiene che sottostanti ai comportamenti osservabili ci sono i processi mentali, cognitivi, non immediatamente percepibili, ma che implicano un lavorio continuo e costruttivo dell'individuo sulle informazioni che gli provengono dall'esterno (che


vengono elaborate, trasformate, immagazzinate, recuperate). Ne consegue il riconoscimento del fatto che il bambino non apprende il linguaggio mediante un'attività di imitazione passiva di modelli adulti, bensì attraverso un processo di costruzione attiva che, pur prendendo necessariamente origine dal linguaggio adulto, ne implica una rielaborazione cognitiva. Nell'ambito di questo approccio sono emerse due indicazioni teoriche decisive per l'impostazione degli studi successivi e per le implicazioni educative che indirettamente ne derivano: 1) il linguaggio è una capacità cognitiva in stretta relazione con i processi fondamentali della percezione, dell'attenzione, della memoria, dell'apprendimento e del pensiero; il sistema linguistico, in quanto sistema di organizzazione cognitiva dell'individuo, è quindi strettamente collegato con le categorie del pensiero. (A proposito del rapporto tra pensiero e linguaggio, classiche sono le posizioni di Piaget e Vigotsky, che brevemente accenniamo: - Piaget: sostiene che il linguaggio si afferma nel bambino come espressione del pensiero e si pone rispetto ad esso in rapporto di dipendenza (lo sviluppo del linguaggio riflette lo sviluppo del pensiero). In particolare il linguaggio sarebbe un sottosistema della capacità simbolica dell'individuo e che pertanto metterebbe in luce la competenza del bambino di fare uso di simboli verbali. - Vigostsky: la sua concezione rispetto alla relazione tra pensiero e linguaggio è opposta rispetto a quella piagetiana. Si può dire infatti che per lui il "pensiero dipende al linguaggio": il linguaggio, inteso in senso interiorizzato, serve non solo a regolare l'azione ma anche il pensiero (dapprima viene usato per risolvere e accompagnare le soluzioni relative a determinate attività e successivamente all'inizio dell'azione stessa come intenzione e progettazione). 2) il linguaggio non è una capacità meramente individuale, ma anche sociale, poiché chi lo acquisisce e lo usa lo fa entro un ampio contesto interazionale, che influenza da vari punti di vista tale acquisizione e tale uso. Ricordiamo brevemente la posizione di Bruner a questo proposito: il linguaggio viene acquisito all'interno del contesto di una struttura comunicativa prelinguistica già esistente che collega il bambino e l'adulto. L'acquisizione del linguaggio comincia quando la madre e il bambino creano un "formato" prevedibile di interazione reciproca, che può servire per comunicare e costruire una realtà comune. Le relazioni sociali rappresentano dunque la vera radice dello sviluppo linguistico (e cognitivo) del bambino, in quanto è a partire da quelle che il bambino impara poi la grammatica, a far riferimento, a significare e a realizzare in modo comunicativo le sue intenzioni; tuttavia l'apprendimento del linguaggio non avviene per semplice imitazione ma grazie ad una estensione delle regole apprese durante il rapporto con gli adulti.


IDEE PEDAGOGICO-DIDATTICHE sull'apprendimento del linguaggio Le impostazioni teoriche sopra accennate possono essere correlate a tre "teorie" ingenue, non scientifiche, o convinzioni circa i modi con cui il linguaggio viene acquisito, che hanno importanti implicazioni di natura pedagogica e didattica. Vediamole: 1) IL PARLARE E' UN'ATTIVITA' NATURALE Un certo numero di persone ritiene che imparare a parlare sia una questione prevalentemente "naturale" e che il bambino ascoltando gli altri, apprenda gradualmente a padroneggiare la lingua. In una certa misura questa convinzione può essere messa in relazione con alcune teorie linguistiche, in particolare quelle di scuola chomskiana, che, come abbiamo accennato, ipotizzano che l'acquisizione del linguaggio sia legata all'utilizzazione di dispositivi mentali innati nella mente del bambino e in un qualche modo "attivati" dal semplice contatto con la lingua. Da questa concezione deriva la convinzione che acquisire il linguaggio sia una questione di contatto con il tipo di informazione adatta (piuttosto che, ad es., una questione di comunicazione e di motivazione a comunicare): elaborando attivamente il materiale linguistico che gli fornisce l'ambiente, il bambino inizia ad utilizzare delle regole con cui struttura ed interpreta i messaggi verbali. 2) IL LINGUAGGIO VA INSEGNATO Una tendenza opposta a quella sopra indicata è costituita da quanti ritengono che il linguaggio vada soprattutto insegnato. In particolare si tratta di insegnare la pronuncia delle parole, nuovi termini e nuove espressioni; il bambino impara attraverso le correzioni e attraverso il modello fornito dall'adulto. Questa convinzione sembra avere il suo punto di appoggio nelle teorie comportamentiste che sostengono che l'apprendimento del linguaggio avviene attraverso l'imitazione del modello adulto e grazie ad attività di rinforzo. Conseguentemente si ritiene che l'apprendimento del linguaggio sia facilitato dal saper graduare opportunamente la difficoltà dei messaggi indirizzati bambini o la complessità dei comportamenti verbali a loro rivolti; si ipotizza inoltre come centrale l'interiorizzazione (prodotta dall'imitazione o dalla correzione) dei modelli linguistici offerti dall'adulto. 3) COMUNICANDO SI IMPARA A PARLARE Una terza tendenza pedagogica è costituita da quanti ritengono che l'apprendimento del linguaggio sia essenzialmente una questione di comunicazione, in cui il parlare con gli altri (adulti o bambini) riveste un ruolo centrale. E' quindi attraverso situazioni di interazione e di conversazione che


avviene l'apprendimento del linguaggio, nelle quali il comportamento dell'adulto ha un ruolo centrale. L'adulto parla con il bambino cercando di comprendere il significato di quanto egli sta dicendo e cercando di aggiungere qualche informazione o di porre domande che siano in continuità con quanto il bambino ha già detto; la correzione viene considerata inopportuna e, piuttosto che chiedere al bambino di ripetere le frasi adulte, è l'adulto stesso che le ripete offrendone una più adeguata riformulazione. Seconda questa concezione (che possiamo collegare con un approccio di tipo cognitivista) l'apprendimento del linguaggio avviene non per semplice influenza del modello offerto dall'adulto, ne' per la presenza di dispositivi innati, ma attraverso processi di "costruzione" attiva del bambino, realizzati sulla base delle informazioni linguistiche che egli riceve e della varietà delle situazioni comunicative a cui partecipa.


IL LINGUAGGIO come "SISTEMA": aspetti costitutivi e funzioni Negli Orientamenti si parla di aspetti costitutivi e di funzioni del linguaggio ASPETTI COSTITUTIVI DEL LINGUAGGIO: linguaggio inteso come "sistema formale", governato da regole implicite, che si applicano anche se non si sanno descrivere; tali regole riguardano i seguenti aspetti: - aspetto fonologico (il riconoscimento e la pronuncia dei suoni linguistici o fonemi, unità minime della lingua) - semantico-lessicale (la conoscenza del significato e l'uso delle parole) - morfo-sintattico (costruzione delle frasi)

LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO: il linguaggio inteso come "sistema funzionale", che comprende: - le regole di proiezione semantica che assicurano l'associazione tra strutture cognitive e strutture linguistiche; - le regole pragmatiche relative alle modalità d'uso del linguaggio L'esistenza del sistema funzionale amplia il concetto di "competenza linguistica" e lo fa diventare "competenza comunicativa" Le funzioni del linguaggio individuate dagli Orientamenti sono: - funzione regolativa - strumentale uso della lingua per agire sugli altri; si è soliti distinguere l'aspetto strumentale (quando si usa per soddisfare i propri bisogni materiali, quindi chiedere per ottenere cose o prestazioni desiderate per sé) da quello regolativo (quando si usa per controllare il comportamento altrui) e, comandare, agire sul loro - funzione personale uso della lingua per parlare di sé: esprimere i propri sentimenti, pensieri, stati d'animo, sensazioni, gusti, ecc. e le proprie esperienze - funzione interpersonale uso della lingua finalizzato a stabilire rapporti con gli altri e quindi a realizzare una buona comunicazione tra chi parla e ascolta (rispetto delle regole sociolinguistiche e uso di formule, codici e registri appropriati)


- funzione euristica - referenziale - argomentativa uso della lingua per rapportarsi con la realtà esterna: prenderne coscienza, conoscerla, capirla, descriverla, spiegarla funzione euristica: per esplorare, prendere coscienza, interpretare la realtà funzione referenziale: per riferirsi senza ambiguità a eventi e relazioni funzione argomentativa: per spiegare, ragionare, discutere - funzione immaginativo-poetica uso della lingua per esprimere l'"immaginario": partendo dal proprio mondo interiore caratterizzato fantasie si giunge alla capacità di usare l'immaginazione per creare testi linguistici fantastici o poetici - funzione metalinguistica uso della lingua per riflettere sulla lingua stessa (parlare della lingua e spiegarla).


FINALITA' - OBIETTIVI - INDICATORI di OSSERVAZIONE del campo d'esperienza "I DISCORSI e LE PAROLE" Da una lettura degli Orientamenti '91 ricaviamo le seguenti indicazioni in merito a: FINALITA': - acquisizione della fiducia nelle proprie capacità di comunicazione ed espressione - disponibilità a riconoscere il diritto degli altri alle proprie idee e opinioni - impegno a farsi un'idea personale e a manifestarla - sforzo di ascoltare e comprendere - disposizione a risolvere i conflitti con la discussione - consapevolezza della possibilità di esprimere le medesime esperienze in modi diversi OBIETTIVI (abilità da acquisire): - prestare attenzione ai discorsi altrui e nel cercare di comprenderli - farsi capire dagli altri : pronunciando correttamente le parole indicando appropriatamente oggetti, persone, azioni ed eventi formulando frasi di senso compiuto - analizzare e commentare figure di crescente complessità - descrivere una situazione ad altri - dar conto di una propria esperienza e nel rievocare un fatto - riassumere una breve vicenda presentata sotto forma di lettura o racconto INDICATORI DI OSSERVAZIONE rilevazione delle competenze in relazione ai possibili contesti di uso del linguaggio, quali: - conversare - narrare eventi personali o piccole storie - comprendere ciò che viene raccontato o letto - usare un metalinguaggio


ALCUNI "CONTESTI" SIGNIFICATIVI per lo sviluppo delle competenze linguistiche: - conversazione e discussione - narrazione - metalinguaggio CONVERSAZIONE E DISCUSSIONE Perché la conversazione a scuola? Possiamo individuare almeno tre validi "motivi": 1) sviluppare competenze conversazionali, cioè imparare, attraverso la conversazione stessa, ad interagire verbalmente; appropriarsi quindi delle: "REGOLE" DELLA COMUNICAZIONE VERBALE: - condividere un oggetto di discorso - fornire un contributo che tenga conto del precedente messaggio dell'interlocutore - assumere un ruolo comunicativo complementare a quello di chi ha preceduto - alternare i turni di intervento Si contribuisce in questo modo allo sviluppo della funzione interpersonale del linguaggio 2) scambiarsi informazioni attraverso il dialogo, cioè imparare a condividere dei significati con gli altri In altre parole ciò vuol dire riuscire a parlare di un "argomento", anche quando questo è costituito da elementi non presenti nell'immediato contesto comunicativo. Per fare ciò è necessario che il bambino diventi consapevole di ciò che egli può lasciare implicito e ciò invece che è necessario che espliciti per poter essere compreso dall'interlocutore. La conversazione e il confronto con gli altri è un contesto privilegiato di costruzione della conoscenza. La conoscenza è infatti un processo "sociale": discutendo insieme ad altri il bambino giunge infatti ad elaborare idee e concetti. La conversazione può considerarsi allora un momento di messa a punto comune di conoscenze e saperi in funzione di un accrescimento che ricade su tutti i partecipanti


Abbiamo quindi una promozione della funzione euristica e referenziale del linguaggio. 3) sostenere e giustificare il proprio punto di vista La "disputa" (un altro tipo di confronto in cui i bambini dialogano senza riferirsi all'immediato contesto e che implica ad es. il disaccordo tra due punti di vista o tra due opposte intenzioni) crea la necessità di giustificazioni e spiegazioni e spinge i bambini a comunicarsi la propria conoscenza di regole fisiche, sociali, morali, per tentare di convincere il partner. In questo modo il bambino sviluppa le sue capacità in relazione alla funzione personale ed argomentativa del linguaggio

CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE E' importante che l'insegnante promuova molteplici situazioni di conversazione in funzione dei diverse "funzioni" assunte dalla conversazione. Ciò significa differenziarle in relazione a numero di partecipanti, presenza o meno dell'adulto e ruolo da lui assunto CONVERSAZIONE DI GRUPPO regolata dall'insegnante: utile per sviluppare un senso di appartenenza, per condividere informazioni e proposte dell'insegnante, per fare brevi resoconti personali. Il grande gruppo, com'è noto, ha però dei limiti, che possono venire superati con la CONVERSAZIONE A PICCOLO GRUPPO regolata dall'insegnante: facilita lo scambio comunicativo, rende possibile confronti ravvicinati tra bambini, aiuta i più "timidi" ad intervenire, permette all'insegnante di fare interventi rivolti a singoli bambini (vedi interventi per facilitare la comunicazione) CONVERSAZIONE INDIVIDUALE regolata dall'insegnante: oltre permettere interventi individualizzati dell'insegnante, è un importante strumento che gli permette di indagare le idee e conoscenze dei bambini e dunque di capire come costruiscono la loro conoscenza. CONVERSAZIONE TRA PARI Recenti ricerche hanno dimostrato che l'interazione tra pari è un potente strumento anche per lo sviluppo linguistico del bambino, dato che il linguaggio, più o meno riferito ad azioni reali o simboliche, ne costituisce l'essenziale strumento di mediazione. Ecco che allora risulta importante sollecitare le interazioni verbali tra bambini, che si realizzano soprattutto nelle situazioni di gioco (molto stimolanti sul piano comunicativo sono i giochi simbolici e di finzione, ma anche i giochi con materiali: ad es. le costruzioni o giochi da "tavolo")


PER FACILITARE la conversazione: ATTEGGIAMENTO e RUOLO DELL'INSEGNANTE Tipo di linguaggio usato E' importante che l'insegnate utilizzi un linguaggio "adeguato"; ciò vuol dire: - usare parole appropriate per nominare e descrivere - utilizzare termini che fanno riferimento alle conoscenze, linguistiche e non, dei bambini - offrire al bambino una serie di sollecitazioni utili all'ampliamento del lessico e della strutturazione delle frasi - utilizzare un linguaggio più o meno complesso a seconda dell'età degli interlocutori Tipo di intervento Al fine di facilitare la conversazione, va evitato un comportamento di tipo direttivo, cioè un comportamento che implicitamente sottintende una superiorità dell'insegnante rispetto al bambino; ciò può esprimersi concretamente in: - dirigere l'interazione verbale in modo eccessivo (es. porre continue domande, non lasciare spazi e tempi sufficienti per la risposte) - intervenire continuamente nelle interazioni fra bambini (con correzioni o per richieste di spiegazioni) - utilizzare un linguaggio "chiuso", cioè non prendere in considerazione significati e implicazioni possibili dei messaggi dei bambini (aspettarsi da una domanda una sola ed unica risposta, quella prevista dall'adulto) Al contrario sono da favorire strategie tese a manifestare interesse e sforzo di comprensione verso chi sta parlando, quali quelle che offrono all'interlocutore la possibilità di riflettere su quanto già detto per apportarvi aggiunte, precisazioni correzioni. A tal fine l'insegnante può usare le seguenti strategie (utili anche a favorire la continuazione della conversazione e/o focalizzare l'attenzione di tutti su un tema importante): - ripetizione - rispecchiamento (ripetere, rielaborandolo e riaggiustandolo, quanto è stato detto) - riformulazione (esprimere in modi diversi quanto è stato detto) Il ruolo dell'insegnante diventa dunque quello di stimolare e facilitare la conversazione, con interventi che la arricchiscono e la fanno progredire, del tipo:


- dare contributi (offerta di informazioni) sull'argomento di conversazione che apportano aggiunte o specificazione di quanto detto dai bambini - individuare gli aspetti problematici di una situazione di cui si sta parlando, avanzando ad es. richieste di spiegazioni rispetto a quanto detto dai bambini - sollecitare il confronto dei punti di vista sottolineando le diverse opinioni che sono venute emergendo nel discorso

AMBIENTE E' importante la predisposizione di un "ambiente" stimolante inteso in senso fisico e non luoghi di conversazione: - prevedere spazi idonei per la conversazione guidata (è importante utilizzare uno spazio che consenta una disposizione spaziale dei partecipanti che facili l'interazione, tipo la disposizione a cerchio) - strutturare la sezione attraverso l'allestimento di angoli "tranquilli" (spazi piccoli e raccolti) con materiali tali da facilitare l'interazione verbale tra bambini "clima" ed atmosfera: - cercare di creare un clima sereno e rilassato, che non solo "tolleri", ma promuova le interazione verbali tra bambini; - disponibilità dell'insegnante all'interazione verbale con i bambini; ciò vuol dire: esplicitarla con comportamenti concreti, accettare gli interessi dei bambini prestando attenzione alle cose che dicono, essere disposto ad interagire con i bambini senza assumere un ruolo direttivo

ARGOMENTO di conversazione Non è da sottovalutare il fatto che la "riuscita" o meno della conversazione guidata dipenda anche dalla scelta degli argomenti. I "temi" costituiscono un forte fattore motivazionale, per cui devono essere in grado di interessare e coinvolgere i bambini, (possono essere scelti magari prestando attenzione a quelli maggiormente presenti nelle loro interazioni spontanee)


LA NARRAZIONE: COMPRENDERE e RACCONTARE storie La narrazione è un "contesto" fortemente significativo per lo sviluppo delle competenze linguistiche in quanto favorisce lo sviluppo delle capacità di raccontare e comprendere il linguaggio orale. Ha il vantaggio inoltre di essere al tempo stesso un importante fattore motivazionale per l'apprendimento, considerato il forte interesse che i bambini dimostrano fin da piccoli per tale attività. Non sono nemmeno da sottovalutare le implicazioni emotive, affettive e cognitive che le attività di narrazione includono. Il tema della narrazione si collega ad argomenti ampi e complessi quali "letteratura per l'infanzia" e "approccio al libro", "competenze narrative dell'insegnante", ecc. ecc.. che richiederebbero una trattazione approfondita a parte. In questa sede ci occuperemo solamente di due aspetti relativi alla narrazione di storie: 1) la comprensione 2) il racconto e l'invenzione

COMPRENSIONE DI STORIE I meccanismi che stanno alla base della comprensione delle storie - evidenziati dalle ricerche sull'argomento - sono i seguenti: 1) conoscenza del "genere" del discorso, cioè delle storie in quanto particolare testo strutturato secondo determinate regole. Si tratta naturalmente di una conoscenza implicita: la struttura tipica delle fiabe, attraverso l'esperienza di ascolto, viene ricostruita e incorporata in un modello mentale di cui il bambino non ne ha consapevolezza, ma che tuttavia lo guida nel processo di comprensione permettendogli di compiere anticipazioni sul tipo di informazioni in arrivo e facilitare il recupero delle informazioni in memoria. 2) spiegazione, ossia ricostruzione della concatenazione causale delle azioni e degli eventi narrativi Questa complessa elaborazione cognitiva si avvale in gran parte delle conoscenze specifiche sul "mondo" disponibili in chi ascolta. Le conoscenze che l'ascoltatore possiede intorno all'argomento del testo o alla situazione rappresentata dalla storia, gli permettono dunque di collegare informazioni, di capire che alcune azioni sono la conseguenza di altre o il motivo per azioni successive. 3) inferenza, cioè aggiunta di informazioni al testo. Ciò permette a chi ascolta di compiere anticipazioni sull'informazione in arrivo o di collegare una nuova informazione con una precedentemente incontrata.


INTERVENTI E STRATEGIE DELL'INSEGNANTE L'insegnante può cercare di agevolare la comprensione di storie adottando tutta una serie di "attenzioni" in riferimento alla complessità del testo e al tipo di storia, utilizzo di illustrazioni, modalità di narrazione, ecc. Può inoltre stimolare un "atteggiamento attivo" dei bambini, che facilita la comprensione, adottando le seguenti strategie : TIPO DI INTERVENTO

ESEMPIO DI METODOLOGIA

Attivazione di conoscenze sull'argomento della storia

Conversazione prima della lettura di una storia. L’insegnante chiede ai bambini di comunicare le proprie conoscenze sull’argomento e aggiunge informazioni nuove, cruciali per la comprensione del testo.

Produzione di inferenze

Costruzione di collegamenti tra informazioni "vecchie" e informazioni "nuove"

Costruzione di un "sommario" durante il racconto Facilitazione della comprensione del testo

Si ascolta una storia divisa in 3-4 brani; al termine di ogni brano l’insegnante chiede ai bambini di prevedere che cosa «succederà dopo». Le previsioni sono richieste quando si è ascoltata la narrazione di almeno un episodio. Si ascolta una storia divisa in brani che terminano con un evento «problematico» (non immediatamente spiegabile sulla base di quanto fino a quel momento è stato narrato). Si chiede ai bambini di spiegare questo evento. Si ascolta il brano successivo e si chiede ai bambini di valutare se la loro spiegazione era corretta o se intendono modificarla. Si ascolta una storia divisa in brevi episodi; al termine di ogni episodio l’insegnante chiede ai bambini di rievocare «che cosa è successo». Presentazione di una storia, con immagini che ne illustrano i fatti centrali; termini ed enunciati che possono risultare di difficile comprensione vengono sostituiti da parafrasi; la comprensione dei legami causali tra gli eventi narrati viene facilitata attraverso l’esplicitazione degli scopi e delle conseguenze delle azioni dei personaggi.

Utilizzazione di strategie di controllo dell'interpretazione del testo

Dopo aver ascoltato una breve storia presentata senza le illustrazioni, si chiede ai bambini di individuare le immagini che illustrano fatti narrati dal testo, separandole da immagini di fatti che non sono stati narrati.

Differenziazione tra fatti narrati dal testo e che "sarebbero potuti accadere" ma che non sono stati narrati

Dopo aver ascoltato il primo brano di una storia si chiede ai bambini di prevedere "che cosa succederà dopo", scegliendo tra alcune illustrazioni difatti plausibili. Dopo l’ascolto del brano successivo si chiede ai bambini quale previsione fosse giusta e si eliminano le immagini che illustrano eventi non narrati

Approfondimento della comprensione di un testo

Rievocazione di storie ascoltate, attraverso giochi di drammatizzazione o giochi con immagini.


RACCONTARE e INVENTARE STORIE La capacità di raccontare è una abilità molto complessa che si sviluppa progressivamente. Ricerche condotte sull'argomento (Halliday) mostrano come essa abbia origine da "resoconti" all'interno di dialoghi con l'adulto in cui il bambino non si limita a scambiare delle informazioni ma tenta anche di evocare un evento passato per condividerlo e riviverlo con l'altro. In tali contesti l'adulto ha un ruolo fondamentale di sostegno: attraverso processi di interazione verbale aiuta il bambino ad organizzare e strutturare il suo racconto. Il racconto di storie, tuttavia, ha implicito tutta una serie di competenze che vanno oltre (pur includendole) il raccontare in senso lato; le storie costituiscono infatti un genere di discorso distante dal contesto reale della comunicazione e che richiede l'attivazione di procedure di esplicitazione linguistica tipiche degli usi più formali della lingua. In sintesi, la capacità di raccontare storie implica: 1) consapevolezza che la narrazione è un particolare "genere" di discorso (una sorta di "monologo"), che si differenzia profondamente dal dialogo (il narratore costruisce un testo autonomo da quanto è stato appena detto e che non richiede di essere completato dal parlante successivo) 2) utilizzo di procedure di esplicitazione linguistica dei contenuti del discorso (tali da permettere all'ascoltatore di comprendere il racconto: necessario esplicitare i contenuti del discorso, il "chi" e il "che cosa" di cui si sta parlando, che non possono essere attinti dal contesto come avviene nella conversazione) 3) riconoscimento del carattere "specifico" degli eventi delle storie (la storia crea una realtà fittizia, fantastica, ma in un qualche modo verosimile, tale da poter essere pensata e creduta) 3) composizione narrativa (ideare una "trama", organizzare gli eventi in sequenza, esplicitare i nessi causali, dare coerenza e coesione al discorso, ecc.) INTERVENTI E STRATEGIE DELL'INSEGNANTE MODALITA' di CONDUZIONE DELLE ATTIVITA' Le attività svolte con i bambini dovrebbero tener conto di una «valutazione» iniziale delle loro competenze narrative in modo tale da permettere: a) la conduzione di attività con piccoli gruppi (formati con bambini talvolta di «abilità» omogenee, talvolta di abilità miste); b) la scelta di alcune attività differenziate (ad esempio, i bambini con più basse competenze dovrebbero essere maggiormente coinvolti in attività di gioco simbolico);


c) un più frequente coinvolgimento di alcuni bambini in esperienze che li sollecitino all’invenzione e alla narrazione. TIPO DI INTERVENTO - favorire il contatto con un "patrimonio" di testi narrativi L'ascolto di testi narrativi è una condizione importante per imparare a narrare e per diventare sensibili a scelte lessicali e stilistiche tipiche di questo particolare genere di discorso. Per cui è rilevante che l'insegnanti racconti e/o legga storie ai bambini, creando così l'"abitudine" verso quel particolare tipo di testo. Il piacere di ascoltare non dovrebbe essere disturbato da richieste di spiegazioni, riassunti, di rievocazioni (che possono essere invece richiesti in altri tipi di contesti) - promuovere il gioco simbolico Il gioco del "far finta che …" e la drammatizzazione sono infatti situazioni favorevole per la costruzione verbale di storie, essendo l'invenzione di trame fantastiche e la necessità di farsi capire dall'ascoltatore (esplicitazione dei referenti e dei nessi causali) condizioni essenziali per lo svolgersi stesso di tali attività. - utilizzare "tecniche" per l'invenzione di storie L'insegnante può favorire i processi di composizione ed invenzione di storie utilizzando le seguenti "tecniche" (molte delle quali provengono dal lavoro di Rodari) Giocare con il finale della storia • scegliere il finale preferito • immedesimarsi nel personaggio e concludere la storia • cambiare il finale sulla base della variazioni del personaggio (es. il lupo diventa buono) "Manipolare" storie raccontate: • rovesciare il tema fiabesco (ruoli o funzioni) • inserire un elemento nuovo che ne modifichi la struttura Inventare storie sulla base di: • immagini in sequenza • cambiando l'ordine di sequenza di immagini di storie raccontate • immagini strane o ambigue • elementi di stimolo (personaggi, ambienti, azioni ) • binomio fantastico (parole, oggetti suoni, ecc. no immediatamente collegabili tra loro) • ipotesi fantastica (cosa succederebbe se …) • spunti iniziali dati dall'insegnante


METALINGUAGGIO Che cosa si intende propriamente per capacità metalinguistica?. Particolarmente efficace, oltre che generalmente accettata, è la spiegazione fornita da C. B. Cazden (1983), secondo il quale la competenza metalinguistica è la capacità di riflettere sul linguaggio stesso considerato come oggetto di analisi. Egli distingue tra linguaggio inteso come modalità “trasparente” di comunicazione e di pensiero e linguaggio come oggetto “opaco” di riflessione. Il linguaggio assume una forma “trasparente” quando viene utilizzato dall’individuo come strumento per la realizzazione dei propri scopi (di comunicazione, di espressione, di organizzazione del pensiero, ecc.): in tal caso l’attenzione (sia di chi parla che di chi ascolta) si focalizza sul significato e gli elementi strutturali del linguaggio vengono totalmente ignorati. Ma, grazie alle capacità metacognitive proprie del genere umano, il linguaggio può assumere anche una dimensione “opaca”: l’individuo, in tal caso, presta attenzione alle sue caratteristiche costitutive che diventano oggetto di analisi e di riflessione. Per chiarire meglio il concetto potremmo dire che il metalinguaggio è il linguaggio che riflette su se stesso, il che equivale a dire che il linguaggio diventa il mezzo attraverso cui l’individuo esprime le sue conoscenze sul linguaggio stesso, scritto o orale che sia. La competenza metalinguistica può riferirsi ad aspetti del linguaggio sostanzialmente diversi fra loro, ad es. fonologici, ortografici, grammaticali, sintattici, lessicali, intonazionali, funzionali (Zucchermaglio 1991). Pertanto risulta più corretto considerare la conoscenza metalinguistica una capacità composita, caratterizzata da varie “sotto-abilità”, praticabili a diversi livelli di competenza, che, pur avendo un elemento in comune (il riferimento al linguaggio come oggetto di riflessione) sono di varia natura e possono, dunque, richiedere tempi di sviluppo non omogenei fra loro. Una puntuale precisazione circa la natura multiforme della capacità metalinguistica ci viene data da R. Grieve, W. Tunmer e C. Pratt (1983), i quali indicano i principali ambiti che costituiscono, a loro parere, tale capacità. Sei sono le abilità metalinguistiche da loro individuate, e precisamente: 1) dare giudizi sul linguaggio, ossia formulare valutazioni sulla forma, la complessità, l’adeguatezza di determinate espressioni linguistiche; 2) applicare regole linguistiche ed esserne consapevoli (cioè riuscire, seppur approssimativamente, a darne una spiegazione); 3) correggere espressioni linguistiche (il che implica la consapevolezza degli aspetti che ne determinano l’erroneità); 4) fornire interpretazioni al linguaggio, cioè spiegare il significato di parole o frasi (anche attraverso l’uso di sinonimi o parafrasi);


5) segmentare unità linguistiche, ossia suddividere una frase nelle parole che la costituiscono (segmentazione lessicale) o una parola nei fonemi fonemi che la costituiscono (segmentazione fonetica); 6) giocare con il linguaggio (cioè esercitarsi su determinati aspetti del linguaggio, es. fonologici e grammaticali, attraverso l’uso di giochi di parole). E' importante rilevare che alcune ricerche hanno riscontrato uno stretto legame tra alfabetizzazione e capacità metalinguistiche. In particolare una ricerca di Pontecorvo, Tonucci e Zucchermaglio (1984) ha rilevato che esiste una correlazione positiva tra livelli iniziali di consapevolezza metalinguistica e livelli finali di lettura e scrittura in I elementare. Tale considerazione indusse a considerare il grado di consapevolezza metalinguistica posseduto dal bambino all'ingresso nella scuola elementare un buon predittore del successivo livello di apprendimento della lingua scritta. In altre parole la capacità metalinguistica fu vista come un elemento in grado di facilitare il processo di alfabetizzazione. Tuttavia il rapporto non è chiaro in quanto è stato dimostrato che la consapevolezza metalinguistica si accresce attraverso l'uso della lingua scritta (Ehri 1975) per cui potrebbe essere vera anche l'ipotesi inversa (e cioè che tale consapevolezza sia conseguenza dell'alfabetizzazione). Le due ipotesi comunque non si escludono a vicenda: è plausibile pensare che il possesso di un livello minimo di capacità metalinguistica sia un prerequisito indispensabile per un apprendimento efficace della lettura e della scrittura e che dall'altro lato l'incontro con la lingua scritta contribuisca a sviluppare e ad arricchire la consapevolezza linguistica.

CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE L'esigenza fondamentale rispetto alla proposta di attività metalinguistiche è di collocarle all'interno di una dimensione ludica. Non è pensabile infatti, data la giovane età dei soggetti, che la riflessione sulla lingua possa avvenire attraverso contesti formali di insegnamento/apprendimento. Si tratta invece pensare a situazioni ed attività che possano in un qualche modo sostenere e ampliare la naturale tendenza all'esplorazione propria del bambino che si realizza, anche nei confronti della lingua, sotto forma di gioco. Naturalmente man mano che aumenta l'età dei bambini è possibile ed auspicabile che tali attività, oltre a divenire più complesse, possano avere una collocazione più formale, che tuttavia almeno nella scuola dell'infanzia non dovrebbero assumere in il rischio è che diventino "esercizi" privi di significato per i bambini. Per avere un'idea del tipo di attività vedere l'ipotesi di lavoro seguente (presentata a scopo puramente esemplificativo)


Scuola materna "H.C. ANDERSEN"

Anno scol. '99/2000

SEZIONE 5 ANNI IPOTESI DI LAVORO SU

ESPERIENZE METALINGUISTICHE FORNIRE INTERPRETAZIONI AL LINGUAGGIO COMPETENZA

ESEMPI DI ATTIVITA'

SPIEGARE IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE

Gioco delle "parole che non so": consegnare ad ogni bambino una "paletta" con un punto interrogativo; l'insegnante legge o racconta qualcosa e i bambini la alzano tutte le volte sentono una parola che non conoscono. Il significato della parola può essere spiegato dagli altri bambini o dall'insegnante. Inventare frase che contenga la parola nuova Gioco dell'"extra-terrestre": facciamo finta che un extraterrestre ci mandi dei messaggi per conoscere il significato di alcune parole che non esistono nel pianeta dove vive …. Chi vuole aiutarlo?

RICONOSCERE E TROVARE SINONIMI o SOMIGLIANZE SEMANTICHE TRA LE PAROLE.

Gioco delle "parole gemelle" o "amiche": anche le parole possono avere delle parole simili, che hanno un significato quasi uguale …. Chi trova il gemello di "dire" ? … di casa? …di via? La tombola dei sinonimi: si preparano delle cartelle con sopra degli oggetti o delle azioni che possono essere chiamati in più modi; i bambini devono coprire la parola sia che venga chiamata in un modo o in un altro.

RICONOSCERE E TROVARE I CONTRARI

Gioco delle parole "nemiche": trovare le parole che "fanno i pugni" tra loro. I contrari possono essere rappresentati graficamente oppure mimati. Si possono utilizzare delle carte o fare dei cartelloni. Oppure costruire un domino.

CHIEDERE INFORMAZIONI SU PAROLE SCONOSCIUTE

RICONOSCERE E TROVARE DIVERSE FORME DI POLISEMIA - OMONIMIA (parole che hanno diversi significati o oggetti diversi che hanno lo stesso nome)

Si può partire ad es. facendo notare che ci sono bambini che si chiamano alla stesso modo ma sono persone diverse; trovare poi dei nomi di persona che hanno anche un altro significato es. Viola, Remo, Margherita, Linda, Chiara. Analizzare poi quei nomi che hanno più di un significato: es. vite, penna, gru ….E' possibile realizzare un "libro" con queste parole (per illustrare visivamente il concetto)

APPLICARE REGOLE LINGUISTICHE

RICONOSCERE E TROVARE MASCHILE - FEMMINILE

RICONOSCERE E TROVARE PLURALE - SINGOLARE

Invitare i bambini a trovare il femminile di alcuni nomi maschili e viceversa (es. i mestieri al maschile e al femminile), facendo attenzione a mettere sempre l'articolo. Prendere in considerazione nomi che restano uguali al maschile e al femminile o vengono usati solo in uno dei due generi (es. insegnante, serpente, tigre) Scoprire insieme ai bambini ai bambini che il nome delle piante è al maschile, mentre il nome dei frutti corrispondenti è al femminile Scoprire nomi con significati diversi al maschile e al femminile (foglio/foglia , vela/velo, porta/porto, mazza/mazzo ….) Gioco del trasformare le cose da " una a tante " (o viceversa) .. .ricordarsi di mettere gli articoli …


CORREGGERE ESPRESSIONI LINGUISTICHE COMPETENZA

ESEMPI DI ATTIVITA'

RICONOSCERE "ERRORI" GRAMMATICALI O SINTATTICI

Gioco della "maestra ubriaca": la maestra racconta delle cose che gli sono successe, ma fa degli errori. I bambini devono riconoscerli e correggerli. Gioco del "bambino distratto": la maestra legge la "lettera" di un bambino distratto che scrive facendo degli errori (stesso gioco di prima) Utilizzare racconti con "errori" (vedi Rodari)

GIOCARE CON LE PAROLE COMPETENZA MODIFICARE LE PAROLE CON SUFFISSI

MODIFICARE LE PAROLE CON DIMINUTIVI, ACCRESCITIVI, VEZZEGGIATIVI, DISPREGIATIVI INDIVIDUARE PAROLE CHE DERIVANO DA ALTRE (che hanno lo stesso PREFISSO):

INVENTARE PAROLE NUOVE

RICONOSCERE ED INVENTARE DEI NEOLOGISMI FANTASTICI, cioè parole nuove derivate dal cambio di un fonema.

ESEMPI DI ATTIVITA' Racconto "Signorone e Signoretto" : "C''era una volta un signorONE che era capace di trasformare le parole attaccandosi alla fine … trasformava la cassa in cassone , la porta in portone, la carta in cartone ecc…. con lui c'era anche un signorETTO che trasformava … il collo in un colletto, il rosso in un … la cassa in un …, il fumo in un …. l'arco in un ….. . il cavallo in un …. (il racconto può essere visualizzato con immagini o disegni) Gioco del "trasformare i nomi dei compagni": giocare con il loro nome facendoli diventare: piccoli, grandi, arrabbiati, graziosi … (es. Monica monichina - monicona - monicaccia - monicuccia)

"Costruire" le "famiglie" delle parole che derivano tutte da una stessa parola Es. cartellone delle parole derivate da MANO: manica , manopola, maniglia, manico, manette … o da CAMPANA: campanello, campanile, campanaro, campanula, campanella UNENDO INSIEME DUE PAROLE CONOSCIUTE: Gioco degli animali fantastici: creare nuovi animali partendo da alcuni già conosciuti, combinando insieme parti di parole …. Se la TARTARUGA (animale lento) si sposa con le LEPRE (veloce) il loro piccolo si potra' chiamare … TARTALEPRE (come sarà questo animale?) …. ecc. ecc. (si possono usare delle figure di animali da abbinare insieme) e così potremo avere il LEOGURO, l'IPPOGUARO, il LEOFANTE ecc…Il gioco può avvenire al contrario cioè partendo già dalla combinazione di due nomi fare indovinare i "genitori" (per facilirare utilizzare immagini di animali) AGGIUNGENDO SUFFISSI O PREFISSI (es. lo spennello - lo stemporale - vedi "Parole nuove" di Rodari)

I neologismi possono essere introdotti, ad es., inventando una storia: "C'era una volta un bambino che pronunciava le parole in modo strano, invece di dire coccodrillo diceva coccoBrillo " " " arcobaleno " arcobalenA " " " mortadella " mortaBella


GIOCARE CON LE PAROLE: ASSONANZE, RIME, FILASTROCCHE COMPETENZA PAROLE IN RIME

ASSONANZE FONETICHE: (parole che hanno un solo fonema diverso, che determina un significato diverso)

INDOVINELLI IN RIMA

FILASTROCCHE

ESEMPI DI ATTIVITA' Rime con i nomi dei bambini Le CARTE delle RIME: visualizzare attraverso immagini coppie di parole in rima tra loro; con le carte si possono fare i seguenti giochi: - l'insegnante tiene le prime carte delle coppie e distribuisce le altre ai bambini; legge una delle sue carte e il bambino che ha la parole in rima deve leggerla ad alta voce ed accoppiarla; - l'insegnante dispone le prime carte delle coppie in fila e distribuisce le carte ai bambini (oppure vengono disposte di fronte, oppure dà tutte le carte mescolate) i bambini devono accoppiarle Con le parole delle carte mostrate ai bambini a coppie si possono inventare delle prime frasi in rima Si può costruire anche il DOMINO delle RIME Es. di assonanze fonetiche: pozzo pizzo pazzo pezzo puzzo pizza pazza pezza puzza Utilizzare queste parole per inventare rime o filastrocche

Proporre alcuni semplici indovinelli, in cui la ricerca della soluzione è aiutata dalla rima. Proporre ai bambini alcune semplici filastrocche e farle memorizzare attraverso il GIOCO, in vari modi: - l'insegnate si interrompe e lascia dire la parola in rima ai bambini - l 'insegnante dice la prima strofa e i bambini rispondono - i bambini si dividono in due gruppi e dicono una strofa per ciascuno; - si recita la filastrocca un "pezzo" per ciascuno; - oppure la filastrocca può essere accompagnata da movimenti o "suggerita" da immagini ecc. ecc. ; - provare a recitare la filastrocca saltando un pezzo e vedere se i bambini se ne accorgono … oppure mettere insieme pezzi di filastrocche diverse …. Scrivere una filastrocca con un "misto" di parole e immagini e leggerla insieme indicando con il dito. . CONTINUAZIONE di una filastrocca (aiutati dall'insegnante): . MANIPOLAZIONE di una filastrocca : cambiare in alcune parti una filastrocca conosciuta; comporre una filastrocca nuova unendo insieme pezzi appartenenti a filastrocche diverse . PRODUZIONE DI FILASTROCCHE Produzione di filastrocche non-sense con tecniche varie: - Parola guida: l'insegnante mostra l'immagine di un oggetto e sollecita i bambini a trovare delle rime con quella parola e poi, attraverso la mediazione dell'insegnante, si costruisce la filastrocca - Più parole guida: si scelgono più parole e si trovano le rime e poi si costruisce la filastrocca


SEGMENTARE UNITA' LINGUISTICHE COMPETENZA SEGMENTAZIONE DELLA PAROLA IN DUE PARTI

SEGMENTAZIONE SILLABICA

SEGMENTAZIONE FONETICA

ESEMPI DI ATTIVITA' Gioco del mago che riesce a trasformare le cose spezzandone il loro nome … ad esempio riesce a trasformare un animale feroce in un animale mite … da GATTOPARDO a GATTO PARDO (un gatto che si chiama Pardo) …. Oppure trasforma un bambino in due bambini … da MARIOLINO a MARIO e LINO Gioco del " TIFO": un bambino per volta sceglie uno sport e lo mima … gli altri fanno il tifo scandendo sillabicamente il nome con il battito delle mani "E' arrivato un bastimento carico di …."BA" : trovare dei nomi che iniziano con quella sillaba Indovinare il nome dei compagni (o di oggetti nascosti) dalla pronuncia delle lettere iniziali del nome Attività specifiche sui FONEMI, da proporre eventualmente alla fine …: - Scoperta che variando il fonema iniziale di una parola si possono ottenere parole nuove Es. su un cartellone visualizzare degli elementi (a cui si può scrivere a fianco il nome) che si differenziano solo per l'iniziale e poi chiedere ai bambini … "si assomigliano queste parole? Che cosa cambia da una parola all'altra? Qual è il suono uguale? E quale invece è diverso?) - Scoperta che aggiungendo un fonema iniziale ad una parola si ottiene una parola diversa (partendo da una parola, invitare i bambini a trovarne della altre cambiando il suono iniziale) - Scoperta che cambiando un fonema all'interno della parole, se ne cambia il significato (vedi assonanze fonetiche)


APPROCCIO ALLA LINGUA SCRITTA Cosa dicono gli Orientamenti? "Il primo accostamento alla lingua scritta … è ormai avvertito come un nucleo qualificante per l' attività educativa della scuola dell'infanzia, sia come avvio all'incontro col libro e alla comprensione del testo sia come interessamento al sistema di scrittura, nei cui confronti il bambino elabora congetture ed effettua tentativi sin da quando inizia a differenziarlo dal disegno. Il processo di concettualizzazione della lingua scritta inizia quindi prima dell'ingresso nella scuola elementare ed è sostenuto dall'immersione in un ambiente ricco di fonti di informazione e di immagini, capace si stimolare anche la curiosità per la lingua e i modi di scriverla"

Per comprendere appieno le affermazioni contenute nel testo degli Orientamenti occorre rifarsi alle ricerche condotte da studiosi di approccio cognitivista; esse possono sostanzialmente ricondursi a due filoni di indagine, in corrispondenza con quanto già precedentemente evidenziato in relazione all'acquisizione del linguaggio orale, e cioè: 1) il linguaggio è una capacità cognitiva, che viene appresa mediante un processo di costruzione attiva. Questo principio è stato utilizzato da alcuni ricercatori per cercare di comprendere i processi di acquisizione del linguaggio scritto; in questo ambito è stato dimostrato non solo che il processo di "costruzione" si verifica anche in relazione al linguaggio scritto, ma anche, e soprattutto che tale modalità attiva di appropriazione ha inizio molto prima che se ne inizi un apprendimento sistematico (quindi prima dell'ingresso nella scuola elementare). All'interno di questo filone si possono ricondurre quegli studi che hanno evidenziato le fasi di concettualizzazione che portano alla costruzione del codice alfabetico (vedi poi). La motivazione relativa al "perché" questo processo avvenga "precocemente" e soprattutto senza essere il risultato di un insegnamento formale può essere meglio compresa se si considera il secondo filone di indagine: 2) il linguaggio è una capacità sociale, acquisita in un contesto interazionale, che lo influenza da vari punti di vista. Gli studi condotti, riferiti a questo aspetto, hanno evidenziato il carattere specifico dell'ambiente che circonda i bambini della nostra società: si tratta di un ambiente fortemente "alfabetizzato", cioè caratterizzato dalla presenza costante della lingua scritta, non solo in ambiti specifici ma anche in situazioni e luoghi della vita quotidiana. E' proprio questa "immersione" in un ambiente alfabetizzato che conduce il bambino ad iniziare molto presto attività di riflessione sulla lingua scritta e quindi a divenire consapevole dei suoi scopi e del suo significato. Tali studi si sono maggiormente rivolti ad indagare le conoscenze e competenze del bambino sulla lingua scritta Gli studi principali (che hanno dato origine alle ricerche in questione) sono quelli condotti da E. Ferreiro e A. Teberosky, riportate nel testo "La costruzione della lingua scritta" (che rappresenta un testo-chiave sull'argomento) in cui vengono indagati entrambi i suddetti aspetti e a cui ampiamente ci riferiremo.


APPRENDIMENTO DELLA LINGUA SCRITTA:

APPROCCI A CONFRONTO E' necessario fare una breve premessa che ci permetterà di inquadrare in un quadro più completo l'argomento in questione. Possiamo dire che due concezioni riguardanti l'apprendimento della lingua scritta si sono succedute nel tempo (anche se in realtà la seconda non ha totalmente soppiantato la prima) che corrispondono a modi diversi di intendere i processi di lettura e scrittura in senso lato. Tali concezioni hanno influenzato anche l'approccio rispetto alla questione del "rapporto" tra bambino in età prescolare e lingua scritta: CONCEZIONE TRADIZIONALE o "SEMPLIFICATA" DECIFRARE trasformare un'espressione scritta in una orale, rispettando determinate regole di associazione e corrispondenza tra segni e suoni

CONCEZIONE INNOVATIVA O "ALLARAGATA" RICERCARE ed ESTRARRE SIGNIFICATI dal testo (basate sulle aspettative, di varia natura, che il soggetto necessariamente possiede rispetto al testo)

TRASCRIVERE combinare le lettere in modo da dare origine a parole e frasi corrispondenti all'espressione orale

COMPORRE TESTI SCRITTI (utilizzare un linguaggio decontestualizzato, non dipendente dal contesto)

prevalentemente di natura PROCESSI PERCETTIVA IMPLICATI (discriminazione visiva ed uditiva) e MOTORIA (coordinazione oculo-manuale)

prevalentemente di natura COGNITIVA (ipotizzare e verificare possibili significati, utilizzare strategie compositive, produrre testi diversificati in funzione della situazione comunicativa , ecc.)

LEGGERE

SCRIVERE

APPROCCI in età prescolare

1) sviluppo dei PREREQUISITI (percettivo-motori) 2) ANTICIPAZIONISMO: metodi per la "lettura precoce" (es. Doman)

"APPROCCIO INIZIALE ALLA LINGUA SCRITTA" (emergent literacy) in riferimento agli aspetti cognitivi (concettualizzazioni, conoscenze e competenze)

(N.B. è bene precisare che lo schema cerca di evidenziare le diversità prevalenti tra le due concezioni; la posizione "allargata" non vuole negare che nella lettura e scrittura siano anche presenti processi di natura percettiva e motoria, ma mostrare che di per sé sono insufficienti a spiegarne la complessità.)


LA COSTRUZIONE DEL CODICE ALFABETICO

" I LIVELLI DI CONCETTUALIZZAZIONE" Ferreiro e Teberoskye hanno evidenziato che la costruzione del codice alfabetico (cioè il cammino verso la scoperta del funzionamento del sistema alfabetico di scrittura) avviene secondo precisi livelli di concettualizzazione, cioè si caratterizza in tappe sequenziali ciascuna delle quali caratterizzata da specifiche competenze e idee o "teorie" ipotizzate dai bambini. 1) differenziazione tra disegno e scrittura • Comprensione che la scrittura non è la rappresentazione figurativa dell'oggetto, ma una rappresentazione del nome (il testo è considerato come una sorta di "etichetta" del disegno che porta scritto il nome dell'oggetto) • Criterio della quantità minima (una scritta può essere letta solo se ha almeno 3 caratteri) e della varietà interna (una scritta non può essere letta se i caratteri che la compongono sono tutti uguali tra loro) • Primi tentativi di scrittura: linee ondulate e continue in cui si inseriscono forme chiuse o semichiuse (imitazione del corsivo) o cerchi e linee rette discontinue (imitazione dello stampato) • Tentativi di corrispondenza figurativa tra la scrittura e l'oggetto a cui si riferisce (es. uso di una maggior/minor quantità di segni grafici o di "caratteri" più o meno grandi in relazione alle caratteristiche dell'oggetto) 2) inizio di considerazione delle proprietà grafiche del testo • Si continua a credere che il testo rappresenti o il nome dell'oggetto o una proposizione associata all'immagine (ipotesi che solo i nomi possano essere scritti e non anche i verbi e gli articoli ..) • Utilizzo di "proprietà fisiche" del testo (lunghezza, conoscenza di alcune lettere, disposizione su due righe, quantità di frammenti di una riga) per confermare o scartare anticipazioni fatte attraverso l'immagine • Ipotesi che "poter leggere cose differenti deve esserci una differenza oggettiva tra le scritture" 3) ricerca di una corrispondenza tra frammenti grafici e segmentazioni sonore • Si inizia a prestare attenzione alle parti che costituiscono la scritto e di metterle in relazione con l'enunciato orale; ciò avviene sia nella "lettura" che nella "scrittura"; per fare ciò viene in genere elaborata una "ipotesi sillabica" (attraverso cui si cerca, con varie strategie, di far corrispondere la sillabazione al testo) 4) passaggio dall'ipotesi sillabica a quella alfabetica • Abbandono dell'ipotesi sillabica e passaggio da quella alfabetica favorita dal "conflitto" che si avrebbe tra questa e il criterio della quantità minima e/o la lettura e scrittura del proprio nome (scritto alfabeticamente)


CONOSCENZE E COMPETENZE in relazione a lingua scritta e processi di letto-scrittura Sono state indagate tutta una serie di conoscenze e competenze, di varia natura, che pur non costituendo propriamente la lettura e la scrittura in senso stretto, rientrano tuttavia in tali processi contribuendo a renderli più efficaci. Gli ambiti indagati sono i seguenti: - interpretazione dell’atto di lettura (capacità di distinguere l'azione del guardare da quella del leggere e quindi consapevolezza che la lettura può essere un atto silenzioso) - anticipazione in funzione del supporto materiale (capacità di attribuire significati al testo in funzione del contesto in cui si trova) - composizione di testi (indagata attraverso la dettatura di testi e che si concretizza in capacità di narrazione, di gestione del processo di composizione e uso di un linguaggi decontestualizzato) - famigliarità con il materiale scritto e le sue convenzionalità (ad es. riconoscimento e denominazione delle lettere dell'alfabeto, discriminazione fra lettere e numeri, conoscenza della direzione dello scritto, conoscenza della funzione degli spazi bianchi tra una parola e l'altra ecc.) Le ricerche hanno dimostrato che i bambini dai 3 ai 6 hanno non sono "tabula rasa" rispetto a questo tipo conoscenze e competenze, che vengono da loro conquistate progressivamente attraverso interazioni significative con l'ambiente circostante. Si è osservato inoltre esse sono, entro una certa misura, indipendenti rispetto all’acquisizione del codice alfabetico; il loro apprendimento, infatti, pur essendo relazionato alle concezioni generali sulla lingua scritta sviluppate dal soggetto, non dipende da capacità oggettive di lettura e scrittura. In altre parole, affinché esse possano svilupparsi, non è necessario che il bambino abbia raggiunto determinati livelli di lettura e scrittura autonoma. Conoscenze e competenze di grado elevato sulla lingua scritta possono infatti essere presenti in soggetti che non sanno ancora leggere e scrivere convenzionalmente (anche se, naturalmente, è logico ipotizzare che le capacità di lettura e di scrittura in senso stretto possano contribuire al loro sviluppo). Occorre precisare infine che mentre la conquista del codice alfabetico essenzialmente il risultato dell’attività di costruzione propria del soggetto, le conoscenze e le competenze sulla lingua scritta, invece, risentono maggiormente dell’influenza dell’ambiente circostante, nel senso che sono in maggior grado determinate da fattori culturali e sociali.


CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE Naturalmente è sottinteso, ma è bene ricordarlo, che l'approccio alla lingua scritta nella scuola dell'infanzia non ha come obiettivo l’acquisizione delle abilità tecniche di lettura e di scrittura (ossia l’appropriazione del codice di scrittura), bensì la familiarizzazione con il linguaggio scritto e con i processi cognitivi implicati nella letto-scrittura. Ne consegue che l’insegnamento in questione non consiste nell’anticipo di obiettivi e metodologie tipiche della scuola elementare, ne’ nella utilizzazione di un nuovo “metodo” pensato appositamente per rispondere alle esigenze legate all’età dei soggetti a cui si rivolge e finalizzato ad insegnare a leggere e a scrivere nel senso convenzionale del termine. Un primo orientamento metodologico basilare che direziona la “prospettiva innovativa” è proprio la messa in discussione dell’utilizzo di un “metodo” inteso come una serie di procedure prestabilite, altamente organizzate, per insegnare la lingua scritta: in una prospettiva in cui è il metodo (e dunque l'insegnante) a dirigere in modo esclusivo l’insegnamento non c’è spazio ne' per le conoscenze e le competenze possedute dal soggetto, ne’ per percorsi individuali di costruzione autonoma che non seguano gli schemi indicati dall’esterno. Tutto ciò contrasta con un principio cardine della metodologia innovativa: mettere il bambino al centro del processo di apprendimento, il che significa sia assegnargli sistematicamente un ruolo attivo nei processi educativi sia rispettare le sue elaborazioni cognitive anche quando queste si discostano da quelle convenzionali. Il ridimensionamento del ruolo primario assunto tradizionalmente dal metodo di insegnamento non determina però una deresponsabilizzazione o annullamento della funzione docente: l’insegnante perde il suo ruolo di protagonista ma assume altri compiti che, pur essendo meno appariscenti, sono ugualmente estremamente importanti. In particolare, il docente deve essere in grado di creare un contesto educativo adeguato affinchè il bambino sia sollecitato ed aiutato nel suo processo di costruzione della lingua scritta. Sono principalmente due gli elementi considerati qualificanti per un contesto educativo in grado di promuovere e facilitare l’incontro del bambino con la lingua scritta secondo modalità, per così dire, “naturali”, che ricalcano quelle tipiche dell’apprendimento del linguaggio orale: l’organizzazione dell’ambiente e l’interazione sociale. AMBIENTE Agire sull'ambiente, inteso in senso "fisico" in modo tale che motivi cioè il bambino verso la lingua scritta e stimoli i processi di apprendimento vuol dire creare un “ambiente informativo adatto”: organizzare la sezione in modo tale che diventi estremamente ricca sia di strumenti di scrittura (ad esempio, fogli, biro, timbri, lettere mobili, macchina da scrivere, ecc.), sia di materiali scritti (riviste, giornali, libri, cartelloni, etichette, didascalie, ecc.), a cui i bambini possano accedere agevolmente.


INTERAZIONE SOCIALE Sostenere l’importanza delle condizioni ambientali non equivale necessariamente a credere che il bambino solamente grazie ad una "immersione" in un ambiente "alfabetizzato" possa, del tutto spontaneamente ed autonomamente, progredire nelle sue elaborazioni concettuali. Per raggiungere tale scopo è ritenuta indispensabile l’interazione sociale sia con l’adulto che con i coetanei. A fianco dell’organizzazione dell’ambiente, dunque, altro compito essenziale che l’insegnante deve svolgere per creare un contesto educativo ottimale è fare in modo che il bambino sia costantemente partecipe di una serie di scambi sociali aventi come oggetto di discussione e riflessione la lingua scritta e i processi di lettura e di scrittura. Ruolo dell'adulto L’adulto il quale può svolgere almeno due funzioni fondamentali: quella di “modello passivo” e di “mediatore attivo” L’adulto riveste il ruolo di “modello passivo” quando diventa oggetto di osservazione da parte del bambino. E’ evidente che il bambino, pur non partecipando direttamente, può imparare molto dalla semplice osservazione di atti di lettura e di scrittura compiuti da persone competenti. Pertanto, se tale opportunità gli viene fornita sistematicamente, è possibile che si verifichi un ampliamento delle sue conoscenze e delle sue competenze senza che sia necessario un intervento specifico diretto rigidamente dall’insegnante. L’adulto può svolgere comunque anche un’azione più esplicita rispetto a quella di “modello passivo” senza che ciò implichi necessariamente direzionare rigorosamente ed unilateralmente l’apprendimento del bambino. E’ quanto l’adulto compie assumendo il ruolo di “mediatore attivo” tra il bambino e la lingua scritta. Il compito di mediazione non è un'azione di insegnamento, ma una funzione di aiuto e di facilitazione, che favorisce ed agevola il contatto del bambino con la lingua scritta, ma anche, e soprattutto, sostiene e promuove la formazione di conoscenze ed elaborazioni concettuali ad essa inerenti. L’adulto in quanto “mediatore” non "dispensa" insegnamenti uguali per tutti, ma cerca di lavorare con il bambino all’interno della sua “area di sviluppo potenziale”, secondo quanto indicato da Vygotskij. L’adulto fornisce cioè un "aiuto individualizzato” in quanto calibra il suo intervento alle reali competenze, conoscenze e concettualizzazioni del soggetto. E’ bene precisare però che le modalità di interazione tra adulto e bambino non devono necessariamente essere di tipo collaborativo in quanto possono anche essere - ed in alcuni casi è necessario che lo siano - di tipo "oppositivo". Se si considera, infatti, il conflitto cognitivo un potente fattore capace di far progredire l’apprendimento, l’azione di aiuto dell’adulto consiste anche, paradossalmente, nella “messa in crisi delle elaborazioni concettuali prodotte dal bambino, cioè nel fornire sollecitazioni che entrino in contrasto con le ipotesi da lui formulate in grado di portarlo quindi, in modo più efficace rispetto ad un intervento esplicito, verso forme più evolute di concettualizzazione.


RAPPORTO TRA PARI Un altro tipo di interazione capace di suscitare conflitti cognitivi è il confronto con le concettualizzazioni elaborate dai compagni. L’interazione tra i pari, in determinate circostanze, può rivelarsi più proficua rispetto all’interazione con l’adulto, In tal caso, infatti, il bambino si raffronta con sistemi concettuali più vicini al suo di quanto non lo siano le scritture convenzionali adulte e, conseguentemente, le informazioni che ne può trarre sono più facilmente assimilabili. L’intervento dell’adulto, invece, può fornire soluzioni distanti dal modo di pensare del bambino, con il rischio di non far presa su di lui o, al contrario, di mandarlo completamente in crisi. In altre parole i coetanei sono in grado, per così dire “naturalmente”, di fornire sollecitazioni adeguate per il soggetto dalle quali, eventualmente, possono nascere conflitti cognitivi la cui natura, però, è tale da renderli controllabili dal soggetto stesso. Il rapporto tra pari può anche essere caratterizzato da forme collaborative (risoluzione collettiva di determinati compiti difficilmente risolvibili individualmente). Si realizza quando i bambini lavorano in gruppo su determinati aspetti della lingua scritta e interagiscono per la realizzazione di un prodotto (ad esempio, la dettatura di una storia, l’anticipazione di un testo, ecc.). Considerato però che i bambini hanno difficoltà a cooperare efficacemente per la risoluzione di un compito, assume dunque importanza fondamentale, ancora una volta, la capacità gestionale dell’insegnante che, oltre a guidare l'interazione, deve essere in grado di organizzare i gruppi in modo tale da consentire un reale scambio tra i bambini (gruppi numericamente equilibrati ed sufficientemente eterogenei sul piano delle competenze)

ATTIVITA' DIDATTICHE Proponiamo alcune attività concrete, realizzabili nella scuola materna, finalizzate a favorire l’incontro del bambino con la lingua scritta e con i processi di lettura e di scrittura. E’ compito dell’insegnante inserire tali attività in contesti significativi per il bambino. I bambini, infatti, per riuscire pienamente a capire “a cosa serve” la lingua scritta (ed essere conseguentemente motivati ad apprenderla) devono sperimentare come realmente e concretamente essa viene socialmente utilizzata. E’ assolutamente da evitare, al contrario, un uso fittizio del linguaggio scritto, cioè slegato dalle reali funzioni che esso adempie, ed unicamente finalizzato al suo apprendimento: ciò lo renderebbe totalmente insignificante per il bambino Concretamente, dunque, si delinea per l’insegnante una duplice necessità: da un lato riuscire a sfruttare didatticamente tutte le possibili occasioni (che normalmente si presentano nella vita quotidiana della scuola) che includono l’utilizzazione della lingua scritta per esigenze concrete (ad esempio, l’arrivo di una circolare, la presentazione di un certificato medico, l’invio di una cartolina, ecc.); dall’altro promuovere attività comunicative e cognitive in cui l’utilizzo del linguaggio scritto


si dimostra più funzionale rispetto all’uso di quello orale (ad esempio, la registrazione di osservazioni scientifiche, l’uso del calendario, la compilazione e la lettura di tabelle, ecc.). Le attività didattiche che ci accingiamo a proporre, dunque, vanno pensate come inserite in contesti caratterizzati dall’uso funzionale della lingua scritta. Attività di anticipazione del significato Tale tipo di attività abitua il bambino ad avvicinarsi al testo scritto prestando attenzione, prima che all'esattezza della decodifica, al suo possibile significato (non è pensabile invertire tale percorso - secondo quanto spesso accade alla scuola elementare -, cioè prima imparare a decifrare e poi ricercare il significato del testo, poichè si corre il forte rischio che una volta che il bambino ha acquisito l’abitudine di trascurare il significato, questa si stabilizzi permanentemente). Naturalmente affìnchè l’attività di anticipazione del testo sia realizzabile è necessario che lo scritto da interpretare sia inserito in un contesto noto ai bambini, poiché altrimenti questi non saprebbero come fare a formulare la previsione richiesta loro. L'anticipazione è un processo cognitivo che si differenzia infatti dal semplice "indovinare a caso" in quanto consiste propriamente nella eliminazione delle alternative improbabili. Tale eliminazione si basa sulle aspettative che il soggetto ha elaborato sul tipo di testo che ha davanti - aspettative determinate soprattutto dalla conoscenza delle caratteristiche del supporto materiale che contiene il testo. Abbiamo anche precedentemente specificato come un ambiente atto a favorire l’incontro del bambino con la lingua scritta dovrebbe essere “alfabetizzato”, cioè enormemente ricco di scritte di ogni genere. Per renderlo tale è opportuno trasferire nella scuola quei materiali scritti presenti nell’ambiente esterno con cui il bambino ha contatto quotidiano in quanto è proprio su questi che il bambino dovrebbe iniziare l’attività di osservazione e riflessione linguistica. Per “materiale scritto” non devono intendersi solo i supporti tradizionalmente considerati in funzione esclusiva del testo di cui sono portatori (ad esempio, libri, fumetti, riviste, quotidiani, ecc.); nella sezione possono anche essere presenti - chiaramente all’interno di contesti didattici organizzati e finalizzati - anche altri supporti testuali (ad esempio, scatole di generi alimentari, di giocattoli, di detersivi, di medicinali, ecc., oppure targhe di automobili, insegne di negozi, cartelloni pubblicitari, segnali stradali, ecc.). E’ proprio sulle scritte presenti in tali materiali che potrebbe avere inizio l’attività di anticipazione del testo in quanto esse presentano un duplice vantaggio: da un lato sono inserite in un contesto preciso, molto spesso accompagnato da immagini o altre forme grafiche di cui il bambino può servirsi come aiuto per anticipare il testo; dall’altro lato, i loro supporti facendo parte della vita quotidiana sono familiari al bambino e ciò determina la possibilità che egli si serva delle conoscenze e delle esperienze precedenti per cercare di attuare la previsione. La previsione del testo - lo abbiamo già rilevato - ha come obiettivo specifico


abituare il bambino a ricercare il significato del testo. Occorre però precisare che durante tale attività l’attenzione dei bambini potrà rivolgersi anche a determinati aspetti strutturali delle scritte oggetto di interpretazione. E' probabile infatti che quando i bambini hanno raggiunto un livello elevato di costruzione della lingua scritta inizino ad attuare anticipazioni non più esclusivamente sulla base di indicazioni contestuali, ma anche riferendosi ad informazioni e conoscenze propriamente testuali. Ciò costituisce una normale e positiva evoluzione in quanto se è vero che la lettura è un processo di anticipazione del significato del testo, è altrettanto vero che la previsione in questione necessita di una successiva verifica. Ascolto della lettura di testi (compiuta dall'adulto) Tale attività consente al bambino, senza dover necessariamente attendere di saper leggere autonomamente, di entrare in contatto con il linguaggio “decontestualizzato” tipico dei testi scritti. Esperienze sistematiche di ascolto di testi scritti forniscono al bambino la possibilità di “sentire” le caratteristiche del linguaggio scritto, cioè le tipiche modalità di espressione e di comunicazione scritta Un’altra motivazione fondamentale che sta alla base del proporre l’ascolto della lettura di testi alla scuola materna consiste nell’opportunità di far nascere, fin da età precoce, il piacere alla lettura - piacere che, sicuramente, costituisce una delle motivazioni più importanti a leggere in senso generale. La lettura compiuta dall’insegnante è una modalità di lavoro abbastanza consolidata nella scuola materna, ma occorre precisare che in genere il testo scritto letto dall’insegnante è quello appositamente creato per i bambini; si tratta, cioè, di fiabe, storie, racconti, ecc., che, tra l’altro, vengono spesso raccontati piuttosto che letti. Pur riconoscendo e confermando l’importanza che l’ascolto di tali testi riveste per il bambino, si ritiene opportuno ampliare la lettura a diversi generi testuali, essendo ciascuno di essi caratterizzato da uno stile e da un registro ben preciso di linguaggio scritto. Pertanto l’insegnante potrà leggere ai bambini non solo testi di fiabe e di racconti, ma anche brevi articoli di giornali, ricette, avvisi per i genitori, lettere inviate alla classe, testi composti dai bambini stessi, ecc. La necessità che i testi da leggere ai bambini siano di vario genere deriva anche dal fatte che grazie ad essa i bambini entrano in contatto, fin da subito, con una lingua scritta “reale”, prodotta per rispondere ad esigenze specifiche e concrete, e gli permetterà di comprendere gli usi e le funzioni della lingua scritta, cioè le diverse motivazioni per cui si scrive e si legge. Non sono comunque assolutamente da sottovalutare tutte quelle conoscenze che l’adulto può trasmettere indirettamente al bambino tramite la lettura di testi. Se, ad esempio, l’insegnante davanti ai bambini seguirà con il dito quanto sta leggendo, ciò consentirà loro non solo di imparare a riconoscere ciò che può o non può essere letto, ma anche di individuare l’orientamento spaziale della lettura; allo stesso modo l’osservazione da parte dei bambini dell’insegnante che legge potrà dare loro utili informazioni su come manipolare un libro e sfogliare le pagine.


Attività di scrittura spontanea I bambini molto spesso si dedicano spontaneamente ad attività di scrittura (naturalmente intesa in senso non convenzionale); il loro modo di scrivere è la messa in opera delle ipotesi e delle concettualizzazioni sulla lingua scritta da loro elaborate. Per tale motivo si ritiene indispensabile che anche alla scuola materna il bambino possa dedicarsi liberamente alla scrittura poiché attraverso tale attività egli è indotto a lavorare sulle modalità di costruzione della lingua e a sperimentarne soluzioni concrete. E’ importante, dunque, che l’adulto incoraggi i tentativi di scrittura spontanea dei bambini; ciò può avvenire solamente a condizione che egli, non considerandosi l’unico "depositano" della lingua scritta, accetti e rispetti i modi di scrittura “alternativi” dei bambini, senza voler precocemente insegnare ed imporre modi convenzionali. Ciò può esprimersi ad esempio attraverso rassicurazioni e comportamenti concreti che dimostrino che qualsiasi tipo di scrittura da lui prodotta verrà accettata. Tuttavia per favorire la scrittura spontanea non dovrebbero essere messe in atto sollecitazioni troppo pressanti poiché altrimenti verrebbe a cadere la naturalezza propria di tale attività; in caso contrario, diventando fortemente diretta dall’insegnante, essa perderebbe le sue stesse caratteristiche peculiari che la rendono auspicabile. Ci riferiamo in particolare al fatto che le attività di scrittura spontanea sono “modulate secondo i livelli di concettualizzazione raggiunti e le abilità sviluppate dai bambini” (ciascuno la realizza secondo le proprie possibilità) - condizione che, molto probabilmente, non verrebbe mantenuta se essa fosse fortemente guidata dall’insegnante. Quanto sopra affermato non esclude che l’attività di scrittura spontanea necessiti di stimolazioni. Esse saranno, però, per lo più di tipo indiretto: consisteranno innanzitutto nel non scoraggiare, bensì sostenere, i tentativi di scrittura del bambino mostrando interessamento nei loro confronti e nel creare un ambiente scolastico che solleciti il bambino verso la scrittura. Un ambiente idoneo a tal fine dovrà essere non solo ricco di materiali di scrittura accessibili ai bambini stessi, in modo che essi possano, del tutto liberamente, scrivere quando ne sentono il bisogno, ma anche fortemente carico di modelli di scrittura da cui il bambino possa prendere spunto per la sua attività. L’intervento diretto dell’adulto è invece particolarmente opportuno dopo che i bambini hanno scritto spontaneamente. Se l’insegnante, infatti, chiede ai bambini di interpretare, cioè di “leggere”, quanto da loro scritto potrà ottenere utili informazioni sul livello di concettualizzazione raggiunto dal singolo bambino (cioè sulla “teoria linguistica” da lui elaborata) - informazioni che gli permetteranno di calibrare e modulare il suo intervento. Anche il confronto tra pari che si realizza in relazione alle scritture prodotte è estremamente significativo in quanto da' luogo ad analisi, giustificazioni e ad una serie di interazioni verbali che possono essere di tipo oppositivo e conflittuale (ma anche di tipo collaborativo) e portare a progressi sul piano evolutivo.


Attività di composizione di testi In genere, nella pratica tradizionale, viene rivolta attenzione al processo di composizione solamente dopo che il bambino ha imparato a trascrivere, cioè dopo che si è appropriato delle regole del sistema alfabetico di scrittura. Tale iniziale focalizzazione sul codice include però il rischio che il bambino perda di vista le finalità della scrittura e, conseguentemente, venga a mancare la motivazione a scrivere. Affinchè quanto sopra ipotizzato non si verifichi, è ritenuto consigliabile impegnare il bambino in compiti di costruzione di testi ancor prima che egli abbia sviluppato la capacità di scrittura autonoma. La tecnica che consente tale lavoro è la dettatura di testi ad uno “scriba”, cioè ad un adulto che si assume il compito di trascrivere ciò che viene composto da uno o più bambini. Attraverso il compito di dettatura di testi si intende familiarizzare i bambini con i problemi specifici relativi al processo di composizione di testi scritti - processo che viene considerato parte essenziale dell’alfabetizzazione. La precipua difficoltà dell’attività di dettatura di testi nasce dal fatto che il linguaggio usato per comporre deve possedere le caratteristiche proprie della “lingua che si scrive”, che sono diverse da quelle della lingua orale. Per far ciò il bambino deve essere in grado di “decontestualizzare” il linguaggio, adottando soluzioni linguistiche che convoglino il significato in modo autonomo dal contesto. Tale capacità è posseduta molto raramente dai bambini prescolari, anche se opportune stimolazioni educative e particolari condizioni di lavoro (ad esempio, l’interazione tra i pari) possono contribuire efficacemente ad incrementarla. Occorre inoltre considerare che, non esistendo un unico modello di lingua scritta, il grado di decontestualizzazione del linguaggio può variare a seconda del tipo di testo scritto. Infatti, il genere e il registro dello scritto dipendono dallo scopo per cui si scrive, dall’argomento trattato e dal reale destinatario a cui tale scrittura è diretta. Pertanto, esiste una diversificazione dei tipi di testo (e dei “linguaggi" in essi utilizzati) determinati dalle particolari condizioni della situazione comunicativa. Tale discorso determina la necessità che nella pratica scolastica siano introdotte molteplici sollecitazioni didattiche per lo scrivere, corrispondenti a situazioni reali di comunicazione scritta, dunque estremamente diversifìcate in relazione agli scopi, agli argomenti, ai destinatari. I bambini potranno dettare ad un adulto non solo storie e racconti, ma anche testi di vario genere: ad esempio lettere e cartoline indirizzate ad amici, inviti per le feste rivolti ai genitori, ricette sperimentate da conservare o da inviare ad altre persone, le regole di un gioco, le istruzioni per l’uso di un oggetto. L’importante è che i bambini abbiano ben chiaro la situazione comunicativa (è ciò dipenderà anche da quanto più essa sarà reale, non artificiosa), ossia la motivazione che induce a scrivere e le persone a cui ci si rivolge. La diversificazione dei compiti di scrittura sarà elemento che contribuirà a far sì che il bambino sia sempre più consapevole delle funzioni della scrittura, cioè comprenda che la lingua scritta può servire per comunicare, per esprimersi, per ricordare, per organizzare il proprio pensiero, per inventare ecc.


Nei compiti di composizione di testi tramite la dettatura lo "scriba" può svolgere un ruolo essenziale; egli, infatti, non dovrebbe limitarsi esclusivamente a trascrivere quanto dicono i bambini, ma dovrebbe assumere anche una funzione di mediazione, cioè di aiuto e facilitazione nei confronti del compito che i bambini stanno eseguendo, oltre che di indicazione di problemi specifici che necessitano di riflessione da parte loro. L’intervento dell'adulto può dirigersi verso due direzioni: da un lato può focalizzare l’attenzione dei bambini verso le caratteristiche del linguaggio che viene utilizzato e, conseguentemente, se queste risultano essere non idonee, aiutarli nella formulazione di soluzioni linguistiche più adeguate; dall’altro può aiutarli a familiarizzarsi con i processi implicati nella composizione, con le esigenze e le possibilità offerte dalla scrittura (es. chiedendogli preventivamente di organizzare le idee circa ciò che vuole scrivere, oppure, rileggendo ciò che è stato scritto, di formulare giudizi su quanto composto ed, eventualmente, di modificare ciò che ritiene non adeguato). Viene allegato una ipotesi di progetto didattico strutturato in base alle attività sopra indicate (collegato agli argomenti e alle attività della progettazione di sezione)


Scuola materna "H.C. ANDERSEN"

Anno scol. '99/2000

SEZIONE 5 ANNI IPOTESI DI LAVORO SU

SCRITTURA SPONTANEA

COMPOSIZIONE E DETTATURA DI TESTI

ASCOLTO DELLA LETTURA DELL' INSEGNANTE

PROPOSTE DIDATTICHE

RICERCA DI SIGNIFICATI (ANTICIPAZIONE DEL TESTO)

"APPROCCIO ALLA LINGUA SCRITTA"

I "SUPPORTI" DELLA LINGUA SCRITTA LE SCATOLE (alimentari, detersivi, giocattoli, ecc.)

+ +

LA PUBBLICITA'

IL CERTIFICAT O e la RICETTA del MEDICO

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CARTA D'IDENTITA' E PATENTE

LE SCRITTE NELLA SCUOLA +

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LE SCRITTE DELLA CITTA' +

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I SEGNALI STRADALI I CARTELLI "INFORMATIVI" (con simboli e scritte ) I LIBRI (ILLUSTRATI)

in biblioteca in biblioteca


SCRITTURA SPONTANEA

COMPOSIZIONE E DETTATURA DI TESTI

ASCOLTO DELLA LETTURA DELL' INSEGNANTE

PROPOSTE DIDATTICHE

RICERCA DI SIGNIFICATI (ANTICIPAZIONE DEL TESTO)

TESTI DIVERSIFICATI

FUMETTO +

+

+

+

RICETTE +

+

+

+

ARTICOLO DI GIORNALE STORIE E RACCONTI VARI

Attività in biblioteca

Attività in biblioteca

IL MESSAGGIO (al personale e ai bambini della scuola, ali genitori ..)

+

+

LA CORRISPONDENZA (es. bambini di un altra scuola materna o elementare)

+

+

REGISTRAZIONE DI DATI (es. il calendario, le regole di un gioco, le istruzioni per l'uso di un oggetto o giocattolo)

+

+

SITUAZIONI COMUNICATIVE

LE DIDASCALIE (ai propri disegni, a cartelloni di gruppo, ad illustrazioni varie…)

+

CONFRONTO CON "MODELLI" DI SCRITTURA: il nome proprio - dei compagni - dei famigliari - nomi di cose o oggetti scelti dai bambini ("banca delle parole") scritte presenti nell'angolo strutturato ATTIVITA' SPONTANEA CON MATERIALE DI SCRITTURA VARIO INTERVISTE sul LEGGERE/SCRIVERE Alcune semplici "verifiche" sul LIVELLO DI CONCETTUALIZZAZIONE


BIBLIOGRAFIA utilizzata Margherita Orsolini 1988 "Guida al linguaggio orale" Editori Riuniti Angela Chiantera - Annamaria Rosetti 1984 "L'adulto e il linguaggio del bambino"", La Nuova Italia Clotilde Pontecorvo 1983 "Raccontare, conversare, discutere" in "Una scuola per i bambini" La Nuova Italia Emilia Ferreiro - Ana Teberosky 1985 "La costruzione della lingua scritta nel bambino", Giunti Barbera Marina Formisano - Cristina Zucchermaglio "Area linguistica", in 1989 Pontecorvo (a cura di) "Un curricolo per la continuitĂ educativa dai quattro agli otto anni" La Nuova Italia Margherita Orsolini - Clotilde Pontecorvo (a cura di) 1991 "La costruzione del testo scritto nei bambini" La Nuova Italia Giacomo Stella - Francesco Nardocci ( a cura di) 1983 "Il bambino inventa la scrittura" Franco Angeli Editore Cristina Zucchermaglio Guerra 1991 "Gli apprendisti della lingua scritta" Il Mulino


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